http://it.wikipedia.org/wiki/Parco_naturale_regionale_Molentargius_-_Saline
Nostra patria è il mondo intero e nostra legge è la libertà
25.11.14
come fauna e tecnologia posso convivere il caso degli stagni di Molentargius ( Ca ) coni suoi fenicotteri
http://it.wikipedia.org/wiki/Parco_naturale_regionale_Molentargius_-_Saline
24.11.14
lo spot di Dario Cicchero contro la violenza sulle donne
ti potrebbe interessare sempre sullo stesso tema
https://www.youtube.com/watch?v=X9-JzCPbSUE
dall'autore
Questo è il mio piccolo contributo alla lotta contro la violenza sulle donne. Lo lascio di libero utilizzo in modo che se piace e colpisce possa raggiungere . Lo lascio di libero utilizzo in modo che se piace e colpisce possa raggiungere più posti possibili, chiedo solo il favore di citarmi (Dario Cicchero) come regista e ideatore dello SPOT e di citare gli interpreti:VALENTINA MARINO e DARIO CICCHERO (cioè io)Ringrazio il mio amore Valentina per la partecipazione a questo progetto.in caso possa servire una versione "FILE" la mando volentieri basta scrivermi alla mail:
inusfilm@yahoo.it esiste anche una versione "CORTOMETRAGGIO" che trovate sempre su questo canale youtube https://www.youtube.com/watch?v=-AZqDa1rG9M
qualunque giorno è buono per ricordare la Shoah e gli stermini dei Lager Nazi-Fascisti
Il 27 gennaio del 2015 si celebrerà il 70esimo anniversario della liberazione del campo di Auschwitz – Birkenau. Oggi Alle 18,30 a Trieste, la comunità ebrica della città e l'editore di La compagnia del libro porteranno al teatro Miela - con il sostegno del Comune e della provincia - dei testimoni della Shoah che racconteranno la loro storia.
Un'occasione per ascoltare le storie di alcuni , degli ultimi , sopravvissuti ad Auschwitz: Piero Terracina, Sami Modiano, Goti Bauer, Tatiana Bucci.
Nel corso dell'evento sarà presentato il libro La ragazza che sognava il cioccolato di Roberto Olla, conduttore, regista e scrittore che da anni raccoglie le testimonianze dei deportati. Il romanzo racconta la storia di Ida Marcheria, rapita a 14 anni dalla sua casa triestina e deportata ad Auschwitz il 7 dicembre del 1943. Sopravvisuta, decise di trasferirsi a Roma, dove aprì una cioccolateria, simbolo di rinascita e luogo di ritrovo per i deportati scampati alla Shoah.
Sempre nel capoluogo giuliano, domani alle 11 nella sala Tripcovich gli ex deportati incontreranno gli studenti delle Scuole secondarie.
da http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/
Arriva la balistica digitale: una nuova tecnica per scoprire gli autori di foto e video incriminati
da republica online del 24 novembre 2014
Arriva la balistica digitale: una nuova tecnica per scoprire gli autori di foto e video incriminati
Programma realizzato dal team italiano di ricercatori e poliziotti. "Ogni immagine identificata dall'impulso dell'apparecchio"
di CARLO BONINI
L'ultimo diaframma del forensics, la scienza applicata alla ricerca della prova nel processo penale, è caduto. Anche le foto e i video digitali hanno un'impronta, che li rende riconoscibili e unici da ogni altro fotogramma. E quell'impronta può essere ora associata, "oltre ogni ragionevole dubbio", alla macchina fotografica o allo camera dello smartphone che quell'immagine ha scattato o ripreso.
Una foto o un footage e una macchina. Una traccia che li lega indissolubilmente. Unica al mondo tra gli "n" apparecchi prodotti e le "n" immagini che catturano (solo nel 2013, è stato venduto 1 miliardo e 100 milioni di macchine fotografiche e sono state caricate 250 miliardi di foto su Facebook). Esattamente come un proiettile esploso da un'arma. Come la traccia lasciata su una superficie da un polpastrello. Come un frammento di Dna nella traccia biologica. Roba da stropicciarsi gli occhi. Che - per dire della ricaduta immediata e più significativa - cambierà per sempre la caccia a un crimine globale come la pedo-pornografia, dove la fotografia, i video, sono corpi del reato.
Ma che ha potenzialità altrettanto facilmente immaginabili nell'intelligence e nelle attività anti-terrorismo, dove, tirare il filo di che cosa è stato scattato o filmato consentirà di arrivare a chi ha pigiato l'otturatore. Ci lavoravano da oltre un lustro i laboratori della National Security Agency statunitense, a partire dall'intuizione e dal lavoro di ricerca un professore del Politecnico di New York, l'egiziano Nasir Memon e della professoressa americana J. Fridrick. Ne è venuto a capo un team italiano di ricerca che, "a costo zero" (tolte qualche decina di migliaia di euro per acquistare set di macchine fotografiche reflex e compatte) ha messo insieme le teste e le intuizioni del Dipartimento di Informatica dell'Università di Salerno, dell'Università di Roma e della Seconda Divisione della Polizia postale. E bisogna dunque vederli ora, "sbirri" e ingegneri, uomini e donne, seduti intorno a un tavolo circolare della scuola superiore di Pubblica sicurezza, sorridere di tutto il legittimo orgoglio "meridionale" di chi potrà dire che dalla Piana del Sele non arrivano solo le "mozzarelle di bufala più buone del mondo".
È un "meridionale" anche Carlo Solimene, direttore della seconda divisione della Polizia Postale e ricorda l'incipit di questa avventura visionaria con la semplicità di chi, sei anni fa, quando tutto è cominciato, decise di partire da una serie di domande impossibili: "Ci riusciamo a fare della "balistica digitale"? Insomma, se ho una foto, riusciamo a sapere con certezza quale macchina l'ha scattata? O, almeno, se ho 100 foto, riesco a sapere quante di quelle foto sono state scattate dalla stessa macchina?".
Giuseppe Cattaneo, professore del Dipartimento di informatica dell'Università di Salerno, la racconta così: "Bisogna partire da una premessa. L'americana Fridrick era riuscita a stabilire che il sensore ottico di ogni macchina fotografica digitale produce il suo "rumore". Unico e caratteristico, anche tra macchine di identico modello e marca. Il "rumore" è un impulso prodotto dal sensore a causa della disomogeneità dei wafer di silicio utilizzati al momento della costruzione del chip. E a causa di questa disomogeneità, i pixel investiti dalla stessa luce producono segnali elettrici leggermente diversi. Due foto di un identico soggetto scattate da due macchine fotografiche nello stesso istante e dunque nelle stesse condizioni anche di prospettiva che pure all'occhio umano appaiono identiche, in realtà sono diverse. Perché le imperfezioni dei pixel avranno reagito in modo diverso alla luce. Bene. Noi siamo partiti da qui. Avevamo bisogno di un filtro che portasse in evidenza nell'immagine le imperfezioni dei pixel e di un algoritmo e di un software che consentisse di trasformare tutto questo in una tecnica da applicare a grandi numeri di immagini e dunque di dare risposta alla domanda chiave. Date "n" foto e "n" macchine fotografiche come associare le une alle altre?".
Già, "l'algoritmo"... Cattaneo indica Gianluca Roscigno, 27 anni, phd di informatica all'Università di Salerno e una faccia da Henry Potter. E con lui, il professor Alfredo De Santis e il ricercatore Aniello Castiglione, gli altri maverick del progetto. È un fatto che, nell'estate del 2009, la ricerca parta con il nome di battesimo di "CHI" ( Camera Hardware Identification ). Nei laboratori della polizia postale vedono la luce tra diverse versioni del software e altrettanti test di laboratorio. 45 fotocamere, talvolta di identica marca e modello, fissano in contesti asettici, stagni rispetto alla presenza dell'uomo o di ogni altro possibile agente di disturbo, 4.584 immagini. Con un risultato: circa 3 immagini su 4 vengono correttamente associate alla specifica fotocamera che le ha scattate. Il 72,6% del campione. Dove lo scarto è dato soltanto da eventuali importanti manipolazioni della foto rispetto all'originale. Perché queste consentono di rendere difficile estrarre l'impronta.
Il progetto è stato presentato in questi giorni dal nostro Paese all'Unione europea con la richiesta di un finanziamento di 700 mila euro che ne consenta l'implementazione e la diffusione oggi in Italia e da domani su una scala "che - chiosa Solimene - può diventare decisiva quanto più non sarà soltanto di un singolo Paese, ma metterà insieme database fotografici e database delle macchine fotografiche sequestrate in uno spazio geografico importante dalle diverse polizie europee o addirittura di altri continenti. Esattamente come avviene oggi per i database con la raccolta delle impronte digitali dei pregiudicati o nella balistica del piombo, anche in quella digitale più saranno le foto e le macchine da associare, più l'arma che ora abbiamo diventerà cruciale".
Una foto o un footage e una macchina. Una traccia che li lega indissolubilmente. Unica al mondo tra gli "n" apparecchi prodotti e le "n" immagini che catturano (solo nel 2013, è stato venduto 1 miliardo e 100 milioni di macchine fotografiche e sono state caricate 250 miliardi di foto su Facebook). Esattamente come un proiettile esploso da un'arma. Come la traccia lasciata su una superficie da un polpastrello. Come un frammento di Dna nella traccia biologica. Roba da stropicciarsi gli occhi. Che - per dire della ricaduta immediata e più significativa - cambierà per sempre la caccia a un crimine globale come la pedo-pornografia, dove la fotografia, i video, sono corpi del reato.
Ma che ha potenzialità altrettanto facilmente immaginabili nell'intelligence e nelle attività anti-terrorismo, dove, tirare il filo di che cosa è stato scattato o filmato consentirà di arrivare a chi ha pigiato l'otturatore. Ci lavoravano da oltre un lustro i laboratori della National Security Agency statunitense, a partire dall'intuizione e dal lavoro di ricerca un professore del Politecnico di New York, l'egiziano Nasir Memon e della professoressa americana J. Fridrick. Ne è venuto a capo un team italiano di ricerca che, "a costo zero" (tolte qualche decina di migliaia di euro per acquistare set di macchine fotografiche reflex e compatte) ha messo insieme le teste e le intuizioni del Dipartimento di Informatica dell'Università di Salerno, dell'Università di Roma e della Seconda Divisione della Polizia postale. E bisogna dunque vederli ora, "sbirri" e ingegneri, uomini e donne, seduti intorno a un tavolo circolare della scuola superiore di Pubblica sicurezza, sorridere di tutto il legittimo orgoglio "meridionale" di chi potrà dire che dalla Piana del Sele non arrivano solo le "mozzarelle di bufala più buone del mondo".
È un "meridionale" anche Carlo Solimene, direttore della seconda divisione della Polizia Postale e ricorda l'incipit di questa avventura visionaria con la semplicità di chi, sei anni fa, quando tutto è cominciato, decise di partire da una serie di domande impossibili: "Ci riusciamo a fare della "balistica digitale"? Insomma, se ho una foto, riusciamo a sapere con certezza quale macchina l'ha scattata? O, almeno, se ho 100 foto, riesco a sapere quante di quelle foto sono state scattate dalla stessa macchina?".
Giuseppe Cattaneo, professore del Dipartimento di informatica dell'Università di Salerno, la racconta così: "Bisogna partire da una premessa. L'americana Fridrick era riuscita a stabilire che il sensore ottico di ogni macchina fotografica digitale produce il suo "rumore". Unico e caratteristico, anche tra macchine di identico modello e marca. Il "rumore" è un impulso prodotto dal sensore a causa della disomogeneità dei wafer di silicio utilizzati al momento della costruzione del chip. E a causa di questa disomogeneità, i pixel investiti dalla stessa luce producono segnali elettrici leggermente diversi. Due foto di un identico soggetto scattate da due macchine fotografiche nello stesso istante e dunque nelle stesse condizioni anche di prospettiva che pure all'occhio umano appaiono identiche, in realtà sono diverse. Perché le imperfezioni dei pixel avranno reagito in modo diverso alla luce. Bene. Noi siamo partiti da qui. Avevamo bisogno di un filtro che portasse in evidenza nell'immagine le imperfezioni dei pixel e di un algoritmo e di un software che consentisse di trasformare tutto questo in una tecnica da applicare a grandi numeri di immagini e dunque di dare risposta alla domanda chiave. Date "n" foto e "n" macchine fotografiche come associare le une alle altre?".
Già, "l'algoritmo"... Cattaneo indica Gianluca Roscigno, 27 anni, phd di informatica all'Università di Salerno e una faccia da Henry Potter. E con lui, il professor Alfredo De Santis e il ricercatore Aniello Castiglione, gli altri maverick del progetto. È un fatto che, nell'estate del 2009, la ricerca parta con il nome di battesimo di "CHI" ( Camera Hardware Identification ). Nei laboratori della polizia postale vedono la luce tra diverse versioni del software e altrettanti test di laboratorio. 45 fotocamere, talvolta di identica marca e modello, fissano in contesti asettici, stagni rispetto alla presenza dell'uomo o di ogni altro possibile agente di disturbo, 4.584 immagini. Con un risultato: circa 3 immagini su 4 vengono correttamente associate alla specifica fotocamera che le ha scattate. Il 72,6% del campione. Dove lo scarto è dato soltanto da eventuali importanti manipolazioni della foto rispetto all'originale. Perché queste consentono di rendere difficile estrarre l'impronta.
Il progetto è stato presentato in questi giorni dal nostro Paese all'Unione europea con la richiesta di un finanziamento di 700 mila euro che ne consenta l'implementazione e la diffusione oggi in Italia e da domani su una scala "che - chiosa Solimene - può diventare decisiva quanto più non sarà soltanto di un singolo Paese, ma metterà insieme database fotografici e database delle macchine fotografiche sequestrate in uno spazio geografico importante dalle diverse polizie europee o addirittura di altri continenti. Esattamente come avviene oggi per i database con la raccolta delle impronte digitali dei pregiudicati o nella balistica del piombo, anche in quella digitale più saranno le foto e le macchine da associare, più l'arma che ora abbiamo diventerà cruciale".
Staffetta Romana per Kobane
23.11.14
Si possono conciliare valori e profitto? Ce lo svela l’imprenditore che produce Fernet-Branca
Rispondo alle domande che sorgeranno da chi : 1) si basa solo sul titolo ., 2) legge l'articolo se gli interessa il tiutolo riprendo l'argomento tratto nel precedente post ( è la terza storia ) .
Ecco che una delle risposte potrebbe venire da questo articolo pubblicato dal portale BuoneNotizie.it il 21 novembre 2014
“Se avessi affrontato alla vecchia maniera le sfide che il mondo mi ha proposto, sono sicuro che non ce l’avrei fatta”. Lo afferma Niccolò Branca, imprenditore illuminato, presidente e amministratore delegato delle distillerie Branca (produttrice del noto Fernet-Branca), che durante un lungo viaggio in Indonesia ha trovato nella meditazione la sua teoria, quella “dell’economia della consapevolezza”. La soluzione alla crisi è possibile infatti anche percorrendo strade inconsuete. Lo spiega nel suo libro “Per fare un manager ci vuole un fiore” dove l’autore sfida il dogma occidentale del profitto infinito, senza sostituirlo con altri obiettivi utopici di tipo spirituale. In una società complessa come la nostra la sfida sta proprio nel riuscire ad applicare la consapevolezza, sviluppata grazie alla meditazione, per creare sì un profitto, ma che abbia come suo fondamento e corollario la felicità e il miglioramento delle condizioni di vita di tutte le persone coinvolte nel processo produttivo.
Niccolò Branca è alla presidenza dell’azienda dal 1999 ed è stato insignito di numerosi riconoscimenti, tra cui quello di Professore Onorario alla Universidad del Salvador di Buenos Aires, dove tiene lezioni di Economia. Pratica meditazione da 24 anni, dopo aver seguito maestri internazionali.
Lo stile unico della sua leadership hanno portato l’azienda ad un ventennio di successi, fatti di valori che oggi l’imprenditore ha voluto racchiudere nel nuovo spot dell’amaro più famoso del mondo. L’amore, l’amicizia, l’impegno e la libertà sono i valori profondi raccontati nella nuova campagna di Fernet-Branca con quattro suggestive storie che ripercorrono le tappe importanti della vita: brevi frammenti che fanno parte dell’esistenza di ognuno, sensazioni che, almeno una volta, tutti abbiamo provato.
O ne ricordiamo i famosi spot
Inoltre sempre buonenotizie it La storica azienda (è nata nel 1845 a Milano), ancora tutta italiana dopo oltre un secolo e mezzo, è leader nel settore degli spirits ed è presente in oltre 160 mercati con prodotti famosissimi come BrancaMenta, Punt E Mes, Caffè Borghetti e altri.
Vi invitiamo a visitare il sito di Fernet-Branca e le pagine social di Youtube, Facebook e Instagram.
un prof che insegna ai ragazi la fiducia in se stessi
se la notizia \post riportato di tale sito presa da un post condiviso con un mio contatto sul mio facebook proveniente da https://www.facebook.com/scuolazoo.official.page/photos/dovesse risultare vera sarebbe un buon metodo per insegnare filosofia ai ragazzi o educare i ragazzi
Un professore mostra un biglietto da 20 € e chieda ai suoi studenti: "Chi vuole questo biglietto? " Tutte le mani si alzano.
Allora comincia a sgualcire il bigl...ietto e poi chiede di nuovo: "Lo volete ancora?" Le mani si alzano di nuovo.
Getta per terra il biglietto sgualcito, lo pesta con i piedi e chiede: "Lo volete sempre?" tutte le mani si rialzano.
Quindi dice: "Avete appena avuto una dimostrazione pratica! Importa poco ciò che faccio con questo biglietto, lo volete sempre, perché il suo valore non è cambiato. Vale sempre 20 €”.
Molte volte nella vostra vita, sarete sgualciti, rigettati dalle persone e dagli avvenimenti. Avrete l'impressione di non valere più niente, ma il vostro valore non sarà cambiato agli occhi delle persone che vi amano davvero. Anche nei giorni in cui sentiamo di valere meno di un centesimo il nostro vero valore è rimasto lo stesso
22.11.14
Usa: la centenaria che vede per la prima volta il mare
Questa storia mi ha colpito perchè : << Perché perché perché perché perché... Ho l'impressione che sulla terra sprechiate troppo tempo a chiedervi troppi perché. D'inverno non vedete l'ora che arrivi l'estate. D'estate avete paura che torni l'inverno. Per questo non vi stancate mai di rincorrere il posto dove non siete: dove è sempre estate. >> ( dal film la legenda del pianista sull'ìoceano ) frase presa da aforismi .meglio.it più precisamente da qui
La sexy barista di Nuoro Valentina Loddo contro l'anoressia
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Leggendo questa storia secondo me la verità sta nel mezzo .
Ma ultimamente è moda tirare in ballo le malattie più disparate per appagare il desiderio di notorietà? Prima quell'idiozia delle secchiate d'acqua contro la SLA, poi quelli che si fotografavano con un calzino sul pene contro il cancro ai testicoli, l'altra settimana i selfie con i baffi contro il cancro alla prostata, ora questa che si denuda contro l'anoressia....qualcuno mi spiega che c'entra l'anoressia con queste foto da calendario sexy per camionisti , meccanici e calzolai ? Sinceramente non capisco.
Inizialmente ho pensato come un commento al post della pagina fb dela nuova sardegna : <<
Beh se voleva farsi notare ok..ma farsi pubblicita con una malattia come l' anoressia..>> Mai poi ho sentito Maria Grazia Loddo che ha raccontato al Tg di Videolina la sua nuova iniziativa per aiutare le donne con problemi di anoressia.E mi e sembrata sincera ed emancipata , provocatoria
Sempre a come si dice in tali commenti Sarà una brava persona...ma queste foto tendono o sono molto vicine i al porno... non vedo cosa possano centrare le tette in bella vista con completi succinti ..mutande stile vedo non vedo, pizzi e balle varie con l'anoressia. Foto un po' troppo spinte . Poi che sia una brava persona non ci metto becco perché non la conosco personalmente .
Inizialmente ho pensato come un commento al post della pagina fb dela nuova sardegna : <<
Beh se voleva farsi notare ok..ma farsi pubblicita con una malattia come l' anoressia..>> Mai poi ho sentito Maria Grazia Loddo che ha raccontato al Tg di Videolina la sua nuova iniziativa per aiutare le donne con problemi di anoressia.E mi e sembrata sincera ed emancipata , provocatoria
Essa -- sempre secondo l'unione sarda -- I moralisti, le donne invidiose, gli ipocriti: li mette a tacere subito.
Maria Grazia Loddo, barista, curvy model, ovvero fotomodella non certo pelle e ossa. Riconosciuta a furor di popolo dai social network dispensa messaggi di incoraggiamento rivolti all'universo
E ora, la familiarità con la macchina fotografica vuole metterla, però, al servizio di chi allo specchio non riesce a guardarsi.
Dopo l'alluvione ha anche realizzato un calendario per la raccolta fondi. Oggi deve comunque combattere ancora tanto con i pregiudizi.
Troppe donne soffrono di disturbi alimentari e allora Maria grazia ha iniziato e portare avanti la sua personalissima battaglia contro anoressia e bulimia.
femminile. Maria Grazia Loddo, barista, curvy model, ovvero fotomodella non certo pelle e ossa. Riconosciuta a furor di popolo dai social network dispensa messaggi di incoraggiamento rivolti all'universo
E ora, la familiarità con la macchina fotografica vuole metterla, però, al servizio di chi allo specchio non riesce a guardarsi.
Dopo l'alluvione ha anche realizzato un calendario per la raccolta fondi. Oggi deve comunque combattere ancora tanto con i pregiudizi.
Troppe donne soffrono di disturbi alimentari e allora Maria grazia ha iniziato e portare avanti la sua personalissima battaglia contro anoressia e bulimia.
Mi chiedo a che situazione siamo arrivati se per una giusta causa bisogna usare il proprio corpo ( vedere l'url citato all'inizio del post ) .
come si resiste alla crisi e alle prepotenze dello stato ed i suoi apparati come equitalia che pretendono anche un centersimo d'arrettratto
La storia che ha ispirato il post è questa : << Equitalia pretende un centesimo dal Comune di Orune >>>
da Cronaca - la Nuova Sardegna
21 novembre 2014
21 novembre 2014
Il sindaco risponde con ironia: «Provvederemo subito al rimborso, non vorrei che il mio ente acquisisca fama di cattivo pagatore»
ORUNE. Leggendo la comunicazione di Equitalia, Michele Deserra, sindaco di Orune, [ foto sotto al centro ] per un istante avrà pensato a qualche errore di calcolo. Invece no, nessun errore. Peraltro l’importo era riportato sia nella lettera che nel prospetto di pagamento; un centesimo, a «restituzione delle somme anticipate ai sensi dell’art. 26, comma 1 del D.Lgs. 112/99».
Deserra ha provato, per tutta la mattinata di ieri, a contattare l’agenzia, ma senza successo. «Provvederemo subito al rimborso, anche perché il centesimo ci è stato chiesto con cortese sollecitudine – ha dichiarato con sottile ironia il primo cittadino – e non vorrei che il Comune di Orune acquisisca fama di cattivo pagatore e di ente moroso. Quello che mi lascia stupefatto sono due cose. La prima – ha detto – è che non solo si deve provvedere a saldare il debito celermente, con relativo ordinativo di pagamento; cosa che da sola ha un costo di gran lunga superiore al centesimo. Ma dovremo comunicare per iscritto a Equitalia l’avvenuto adempimento».
«Ho il massimo rispetto per i servizi di riscossione – ha proseguito – ammiro la precisione e la puntualità, e per quanto posso, mi adopero affinchè anche il Comune lo sia nei confronti dei cittadini e delle istituzioni. Sono però una persona pratica e vorrei capire – si chiede Deserra – perché Equitalia non ha trattenuto il centesimo dalle entrate che riscuote a nostro titolo e che provvede a versarci».
In effetti, come ha fatto notare mostrando l’ingiunzione di pagamento, l’incongruenza poteva essere regolarizzata con una semplice compensazione, come prospettato dagli stessi funzionari dell’agenzia. «Avremmo evitato perdite di tempo e iter burocratici che alla fin fine – ha detto – si traducono in costi ben superiori. Anche l’invio di una semplice lettera è sessanta volte l’importo richiestoci».
Ci sarebbe da ridire in quanto è una storia anche se a ruoli invertiti alla peppone \ don camillo che facevano ridere i mie nonni e bisnonni e me da bambino . Ma invece in tempi come questi c'è da paingere , anzi peggio da indignarsi , ma preferisco autocensurarmi per non scadere nel b ecero qualunquismo e volgarità gratuita abbassandomi al loro livello e poi ho come il video sotto
Ma fortunatamente mi rasseno con queste altre due storie .
La prima sempre dalla Nuova Sardegna
La prima sempre dalla Nuova Sardegna
Emigrare? Meglio allevare lumache
La scommessa di due giovani nuoresi: un terreno a Baddemanna, le prime 10mila chiocciole, e tanta buona volontà di Valeria Gianoglio
NUORO. «I nostri parenti? All’inizio soprattutto ci hanno detto che eravamo strani, ma noi abbiamo spiegato a tutti che lo stiamo facendo per crearci un posto di lavoro senza chiedere niente a nessuno. E perché non vogliamo essere costretti a emigrare come tanti nostri coetanei. Per questo abbiamo deciso di tornare alla campagna, per noi è il vero futuro».
Felpa sportiva, mani infilate nelle tasche per liberarsi dall’umido penetrante delle campagne di Baddemanna, Giampiero Salis e Gianni Barroccu, raccontano la loro avventura imprenditoriale con la naturalezza che deriva dalla passione unita a un pizzico di sana incoscienza.
Entrambi sui 36 anni, entrambi nuoresi, entrambi con la voglia di scrollarsi di dosso l’idea di un futuro senza lavoro, o con una occupazione stressante e priva di prospettive, qualche mese fa, i due amici hanno deciso di tentare il tutto per tutto e lanciarsi in un nuovo businness: quello della lumaca.
«È nato tutto per caso – spiegano, mentre sistemano alcune reti nel loro terreno a Baddemanna, a pochi chilometri da Nuoro uscendo dalla zona di Mughina – è nato perché volevamo fare un’attività tutta nostra, senza dover niente a nessuno, e senza lo stress che spesso nasce da un lavoro dipendente, o peggio dalla mancanza di un lavoro. Né volevamo fare come alcuni nostri amici che sono dovuti emigrare per trovare un posto».
E così, un bel giorno di diversi mesi fa, Giampiero Salis, di professione barista, e Gianni Barroccu, ex guardia giurata, dopo aver fatto le dovute ricerche di mercato su internet, capiscono che il business della chiocciola potrebbe fare al caso loro. Giampiero, del resto, ha un terreno di famiglia a Baddemanna, e il pallino di trasformarlo prima o poi in qualcosa di utile. E poi vuoi mettere la campagna con lo stress che nasce dallo stare tutti i giorni dietro il bancone di un bar? Così, i due amici nuoresi, si lanciano a capofitto nella nuova scommessa. Ma lo fanno per bene: seguono corsi di elicicoltura in alta Italia, cominciano a tessere rapporti con chi conosce il settore più di loro, imparano tutto quel che c’è da sapere su lumache, allevamento e dintorni. E partono alla grande. Siamo allo scorso febbraio e ai due amici tocca arare il terreno che hanno scelto per impiantare il loro allevamento di simpatiche chiocciole.
«Lo abbiamo arato – spiegano – e poi ci abbiamo piantato cavoli, bietola e trifoglio. Le lumache ne sono ghiotte. Quando le piantine arrivano ai circa 15 centimetri di altezza, allora sullo stesso terreno mettiamo le lumache-fattrici, quelle che poi figlieranno. Siamo partiti con un quintale di fattrici, corrispondono a circa diecimila lumache, laprima raccolta l’abbiamo fatta ad agosto scorso, poi abbiamo venduto le fattrici a Sassari. Poi abbiamo continuato ad allevare le chiocciole piccole e le abbiamo raccolte qualche settimana fa, a ottobre».
Sono giornate piene, insomma, quelle dei neo-allevatori di lumache. Piene, a volte un po’ faticose, ma per fortuna ricche anche di altrettante soddisfazioni. «Che dire? Gli affari, dopo un inizio “a passo di lumaca” stanno cominciando a ingranare. Le lumache ce le chiedono dalla Francia, qui in Sardegna ovviamente dal Sassarese dove ne consumano tante, e da noi ce le chiedono per tantissime sagre, cortes apertas, spuntini di caccia. La nostra grande soddisfazione è che siamo riusciti a fare tutto da soli, senza dover chiedere favori a nessuno. Certo, avremmo sperato in qualche contributo per i nuovi agricoltori ma in futuro contiamo di avere qualcosa. L’altra grande soddisfazione è stata quella di essere riusciti a “convincere” le lumache ad adattarsi anche a vivere in un terreno in collina come il nostro e in mezzo agli alberi. E per il futuro abbiamo tanti progetti».
Scelta coraggiosa questta di Gianni Barroccu e Giampiero Salis che hanno preferito resistere e non emigrare cioè hanno preferito fare come la tavola , riporta qui a sinistra , di Sergio Staino tratta da Bobo Novecento capitolo sul fasismo
La seconda invece è presa da http://www.ijobs.it/13487/brunello-cucinelli.htmlun imprenditore non neccessariamewnte capitalista o capitalista democratico decide di
Brunello Cucinelli è il titolare dell’omonima azienda italiana, eccellenza nazionale nel mondo del cachemire. La notizia di oggi, tuttavia, non è legata alla straordinaria qualità dei suoi prodotti, quanto il fatto che il manager abbia deciso di ripartire il proprio utile aziendale con tutti i suoi dipendenti.
“Questo vuole essere un dono di famiglia” – ha precisato Cucinelli a chi gli domandava le ragioni di questo gesto di forte significato, in un contesto di enorme criticità quale quello attuale – “qualcosa che va al di là dell’azienda che è quotata in Borsa, abbiamo voluto dare un premio a chi è cresciuto insieme a noi e l’abbiamo comunicato ai dipendenti”
Ma quale sarà il “premio” che ogni dipendente riceverà in busta paga? Il bonus si aggira intorno ai 6 mila euro a testa, per una cifra che farà sicuramente piacere a tutti i 783 stipendiati della società.
I meglio informati ricorderanno che questa non è la prima notizia meritevole per la quale Brunello Cucinelli sale alla ribalta delle cronache. Tra gli anni ’80 e gli anni ’90, la società era stata protagonista dei lavori di restauro e di riqualificazione del Borgo medioevale di Solomeo (città nella quale ha sede la società), mentre tra il 2002 e il 2008 l’azienda è parte integrante delle attività di supporto alla realizzazione del complesso “Foro delle Arti”, con un teatro, un anfiteatro e un giardino pensile, oltre al finanziamento del restauro della casa dell’Accademia, sede della Biblioteca Neoumanistica. Più recentemente, nel 2011, la società ha finanziato i lavori di restauro dell’Arco Etrusco di Perugia.
Nel 2012, la società ha fondato la Fondazione Brunello Cucinelli, finalizzata ad iniziative culturali pertinenti all’ideale etico ed umanistico, con pubblicazione di saggi e studi specialistici, istituzione di borse di studio, corsi di aggiornamento e di formazione culturale.
Uno schiaffo in faccia a quelli che hanno svuotato le aziende, le hanno messe in concordato è lasciato alla fame tantissimi lavoratori !
Imprenditore divide con i propri dipendenti 5 milioni di utili dell’azienda
Brunello Cucinelli ha deciso di dividere il proprio utile societario con tutti i dipendenti. Ogni stipendiato riceverà così un bonus da 6 mila euro sulla propria busta paga.
“Questo vuole essere un dono di famiglia” – ha precisato Cucinelli a chi gli domandava le ragioni di questo gesto di forte significato, in un contesto di enorme criticità quale quello attuale – “qualcosa che va al di là dell’azienda che è quotata in Borsa, abbiamo voluto dare un premio a chi è cresciuto insieme a noi e l’abbiamo comunicato ai dipendenti”
Ma quale sarà il “premio” che ogni dipendente riceverà in busta paga? Il bonus si aggira intorno ai 6 mila euro a testa, per una cifra che farà sicuramente piacere a tutti i 783 stipendiati della società.
I meglio informati ricorderanno che questa non è la prima notizia meritevole per la quale Brunello Cucinelli sale alla ribalta delle cronache. Tra gli anni ’80 e gli anni ’90, la società era stata protagonista dei lavori di restauro e di riqualificazione del Borgo medioevale di Solomeo (città nella quale ha sede la società), mentre tra il 2002 e il 2008 l’azienda è parte integrante delle attività di supporto alla realizzazione del complesso “Foro delle Arti”, con un teatro, un anfiteatro e un giardino pensile, oltre al finanziamento del restauro della casa dell’Accademia, sede della Biblioteca Neoumanistica. Più recentemente, nel 2011, la società ha finanziato i lavori di restauro dell’Arco Etrusco di Perugia.
Nel 2012, la società ha fondato la Fondazione Brunello Cucinelli, finalizzata ad iniziative culturali pertinenti all’ideale etico ed umanistico, con pubblicazione di saggi e studi specialistici, istituzione di borse di studio, corsi di aggiornamento e di formazione culturale.
Uno schiaffo in faccia a quelli che hanno svuotato le aziende, le hanno messe in concordato è lasciato alla fame tantissimi lavoratori !
21.11.14
Grande Guerra. Pinotti: commissione per far luce su fucilazioni grande guerra
era ora un passo verso una memoria condivisa e una chiusura delle ferite ancora aperte ?
scopro solo ora parlando di fucilazioni e decimazione su i vari gruppi di fb dedicati al centenario della primna guerra mondiale questo articolo e questa iniziativa da parte dei nostri governanti
grazie della segnalazione di Fortunato Galtieri appartenente al gruppo di discussione su facebook https://www.facebook.com/groups/centenarioprimaguerramondiale
da http://archivio.internazionale.it/news/grande-guerra/
Grande Guerra. Pinotti: commissione per far luce su fucilazioni grande guerra 31 luglio 2014 10.20
Roma, 31 lug. (TMNews) – “I tempi sono maturi per un’accurata e scrupolosa operazione di giustizia storica e morale, lontana da preconcetti” sulla vicenda dei mille più soldati italiani fucilati durante la Grande Guerra. Lo ha affermato ad “Avvenire” la ministro della Difesa Roberta Pinotti, proponendo di “istituire un gruppo di lavoro per fare luce sui soldati italiani fucilati nel corso della Grande Guerra, vittime di singole esecuzioni o di decimazioni sommarie effettuate “sul posto senza processo”.
L’intervento del ministro della Difesa fa seguito a una inchiesta in due puntate del quotidiano cattolico sulle esecuzioni sommarie, le decimazioni e il rigore spietato della giustizia militare italiana durante la Guerra 15-18. “Avvenire” ricorda che in Francia e in Gran Bretagna già da tempo ci sono state iniziative pubbliche e legislative per «restituire l’onore» ai soldati fucilati “per dare l’esempio”.
L’iniziativa della commissione trova il consenso bipartisan del presidente della Commissione Difesa della Camera Elio Vito (Fi) e di quello del Senato Nicola Latorre (Pd).
Roberta Pinotti, nel suo intervento al quotidiano dei vescovi, ha ricordato che i soldati “vittime di tali esecuzioni sono spesso stati uccisi semplicemente per mantenere l’ordine tra le truppe stremate dalla fatica o ancor più banalmente per dare l’esempio ai commilitoni e oggi non figurano nemmeno nell’elenco dei caduti”.
Favorevoli a approfondire questa pagina buia della storia italiana si sono detti gli storici Nicola Labanca, Irene Guerrini, Marco Pluviano, Alberto Monticone, Roberto Morozzo della Rocca e Mimmo Franzinelli; l’ex ministro della Difesa Arturo Parisi e il generale di corpo d’armata dell’esercito Fabio Mini
le nuvole di De Andrè - di matteo tassinari
nei momenti di crisi o per evadere nom solo uso i fumetti o la fantasia , ma anche la musica . Ed è leggendo questo articolo \ post delll'amico Matteo che sono andato a riascoltarmi il disco anime salve
La sua storia è quella di un artista a tutto tondo (per dire che lo era anche nella vita) che aveva capito un grande segreto a cui i suoi colleghi non c'erano arrivati: la trasformazione della canzone o canzonetta, capire che con la musica si poteva far molto di più che passare 4 o 5 minuti ad ascoltare "acqua azzurra, acqua chiara" o "tutto il resto è paranoia", da eccesso di uso di cocaina. Ormai gli aveva scavato una parte della cartilagine destra del naso, come mancasse la parte ultima e sappiamo che i grandi consumatori hanno grossi problemi coi loro naselli, sgocciolano sempre, il fazzoletto sempre in mano, la paura che sia rimasto sul naso o labbra un pò di bamba e per questo lo gratti come avessi la mania di strofinarti le parti facciali centrali. I vizi si pagano, non solo coi soldi, quella è la meno, tutto è nella testa, tua, mia, vostra, nostra.
Vanno , vengono...
di Matteo Tassinari
Il problema vero è stato quello di concepire un album come Le nuvole, dove chi critica la società in cui vive ne è più che discretamente coinvolto e in parte responsabile. La contraddizione era in effetti solo apparente e derivava dal fatto di non volerla accettare mendicando dall'inconscio pudibondi istinti di dissociazione e di auto assoluzione.
"Afferrato il problema,
mi è stato facile
sdoppiarmi da un punto di vista oggettivo e quindi oggettivamente descrivere la vita dei porci continuando soggettivamente a fare il porco, tanto più che nessuno potrebbe descrivere il porcile meglio del maiale. Tenendo semmai presente soltanto una distinzione di carattere più quantitativo che non qualitativo: vale a dire che io, piccolo suino, avrei descritto i sentimenti e i comportamenti di suini molto più grandi di me", disse alla presentazione della conferenza stampa del cd Le nuvole come riferimento costante e misterioso sul senso della vita, oltre quelle bambagia, cosa c'è, già si chiedeva Aristofane? "Le nuvole sono un teatro permanente, uno schermo su cui proiettare le nostre visioni, ossessioni, premonizioni, profili e cornici tra la terra e il cielo", dichiarò Faber al Rockstar Magazine, ancora con la paura di dire una stronzata da dare in pasto ai critici musicali. Lui era molto vanitoso, come tutti, come te e tu e me, come loro e come essi.
Scritto con
Mauro Pagani,
Mauro Pagani,
una sorta di Brian Eno italiano, con interventi di Massimo Bubola (in Don Raffae'), il disco nasceva dopo due anni passati in Sardegna e le voci all'inizio del disco sono anche un omaggio all'inimitabile dizione profonda, scandita come la pietra, della gente di Sardegna. Per Faber era un momento difficile, tormentato. Nel 1989 era morto l'amico Emilio Fassio, e pochi giorni dopo a Bogotà anche il fratello Mauro. Il 7 dicembre dello stesso anno Fabrizio e Dori Ghezzi si sposarono dopo quindici anni di convivenza, in una cerimonia riservata. Il rapporto tra i due era profondo e stimolante, ammirevole per tutti quelli che avevano il piacere di condividere alcuni momenti con loro. Dori era la consigliera, l'altra faccia, la sponda, l'intimità, consolidata nei giorni del rapimento, giorni e notti passati insieme in una specie di capanno improvvisato.
La mel odia del
mediterraneo
In quello stesso anno Creuza de mà, venne definito il miglior disco italiano del decennio. Faber e Pagani venivano da un'esperienza decisiva. La ricerca e l'approdo al disco-capolavoro avevano radicalmente trasformato la storia musicale di De André, l'approccio da cantautore che bene o male era stato dominante. Non che De André non avesse sempre applicato la massima attenzione alla scrittura musicale, tutt'altro, ma Creuza era un enorme salto in avanti, era una sinfonia del Mediterraneo, un disco dove per la prima volta non era così determinante capire il testo, che infatti molti non capivano, visto che il dialetto genovese è una lingua a sé. Ma importava poco.
Creuza de mà scalinata che va al mare |
Il disco suggeriva
una inedita visione o revisione addirittura della musica italiana, come fosse bagnata dal mare, mossa e maestosa come una barca a vela, ricca di strade, rotte da riscoprire, frutto di un'etnia che come un doppiofondo viveva nei ritagli del paesaggio postindustriale italiano. Un traghetto che collegava porti lontani, immaginati come perle salgariane della fantasia esotica. Per una volta De André era stato veramente Ulisse, quello dantesco che va oltre le Colonne d'Ercole, nel senso del viaggio verso una meta non prevedibile, corsara, colma di sorprese tiranne e clementi, e quello omerico che gira l'universo per poi tornare a casa, forse più conciliante umanamente, ma profondamente diverso da appena 30 anni fa quella stessa visione. Difficile ipotizzare un seguito a un disco che, come all'unanimità si ritiene, ha segnato in modo indelebile la musica italiana. De André non rinunciò a quanto aveva acquisito, ma ora c'era di nuovo bisogno di parole, c'era bisogno di raccontare quello che stava diventando l'Italia.
Per questo Le nuvole è meno
omogeneo, organico, indifferenziato di Creuza, va da sé, ma proprio in questa polifonia di toni è il suo fascino. Si mettono lì, tra noi e il cielo, come stormi d'uccelli neri che volano compatti e senza paure. De André, perennemente autocritico, rimpiangeva la mancanza di unità dell'album, doveva essere un'intera opera, un concept, poi il filo si disperse in mille rivali creando un disco dai molteplici volti, disunito forse, ma ricco. Di dialetti ce ne sono ben tre diversi. C'è il nuovo De André con la sua nuova fonetica dialettale.
Ottocento
Così Mauro Pagani, che ha curato gli arrangiamenti e strumentistica varia adoperati in quel capolavoro che è 800, il tratto di satira più bello e creativo di questi ultimi anni, pur nella tragicità dei trattati, traffico d'organi, prostituzione, droga, ipocrisia, intellettuali che parlano solo per il loro "Io" vergognosamente dilatato (e mai che che nessuno paghi), spiega la genesi dell'album de Le nuvole:
"Tutto quello che avevamo tra le mani di nuovo trovò peso e collocazione, dai ricchi ateniesi di Aristofane, così simili ai nostri, all'ignavia di Oblomov, dall'incanto malinconico di Čajkovskij alla saggezza un po' guittesca e senza tempo del secondino Pasquale Cafiero". Il dove stavolta finì per essere l'Ottocento, l'Ottocento cattolico e borghese delle grandi utopie, del colonialismo e delle guerre senza senso, così simile per contenuti e scelte ai tempi odierni, in fondo solo un po' più veloci e molto più isterici. In Creuza in fondo ci eravamo divisi i compiti, lui i testi, io le musiche. Quando cominciammo a lavorare al disco nuovo ci rendemmo conto invece che con il passare degli anni il nostro rapporto si era fatto più profondo, che le nostre conoscenze sempre più si influenzavano e si intrecciavano a vicenda. Così stavolta tutto prese forma e identità davvero a quattro mani, chiacchierando, inventando, facendo e rifacendo. Soprattutto guardandoci intorno, con una attenzione al mondo del tutto diversa da quella del disco genovese.
OTTO
CENTO
Il primo brano de Le nuvole la parola è ironicamente aulica, la struttura ricorda l'opera buffa o la versione moderna de La gatta Cenerentola di Roberto De Simone nel 1976. In particolare il verso “quante belle figlie da sposar” ricorda da vicino il canto delle sorellastre di Cenerentola, ma il pezzo va da tutt'altra parte. Dietro lo stile antico c'è l'attuale.
*Cantami di
questo tempo*
*L'astio e il malcontento
*Figlio bello e audace
*Bronzo di Versace
*Figlio sempre più capace
Di giocare in borsa
Di stuprare in borsa
La caduta morale
C’è tutta l’Italia rampante del craxismo, quella che nella modernizzazione dettata dai tempi e i modi della crescente globalizzazione sta perdendo identità e senso della direzione. C’è l’orrore contemporaneo del commercio di organi, la caduta amorale nella turpitudine dell’opulenza, un frammento elegiaco del padre che ha perso il figlio suicida, ma è accecato dalla sua fraintesa condizione sociale “per ferirmi, pugnalarmi nell’orgoglio, a me che ti trattavo come un figlio”, una feroce danza macabra del gruppo sociale imbellettato che culmina in un grottesco canto jodel. Poi affonda nei vizi dilaganti del paesaggio sociale, come la corruzione politica, culturale ed economica. Doveroso ricordare che 800 è in ricordo all'amico poeta Ferdinando Carola, oppure versi tipo "la verdura di papà" è la maniera in cui Carola chiamava i figli, come anche "cantami di questo tempo/l'astio e il malcontento/di chi è sottovento/e non vuol sentir l'odore di questo motor,/che ci porta avanti/quasi tutti quanti/maschi femmine e cantanti,/su un tappeto di contanti/nel cielo blu", sempre per la propensione del poeta amico scomparso nel non divenire volutamente visibile e non entrare quindi nel meccanismo dei diritti d'autore e di prostituzione poetica.
*Moglie dalle larghe maglie
|
*Dalle molte voglie
*Esperta di anticaglie,
*Scatole d’argento ti regalerò!
*Ottocento, Novecento
*Millecinquecento, scatole d’argento
*Fine Settecento ti, regalerò!
*Quanti pezzi di ricambio,
*Quante meraviglie,
*Quanti articoli di scambio,
*Quante belle figlie da sposar!
*E quante belle valvole e pistoni,
*Fegati e polmoni,
*E quante belle biglie a rotolar!!!
800,
Collasso sociale
Era il momento adatto per farla - spiega De André. Anche perché nonostante la lucidità che ti permette di intravedere l'avvicinarsi di un collasso della nostra società, di questa società di cui fai comunque parte anche se non vuoi, le maggioranze inglobano a priori del tuo pensiero". L'aspetto satirico era ribadito sulla copertina del live del 1991, con un profluvio di maschere. Pulcinella? Certo, c'è l'irriverenza delle maschere italiane della commedia dell'arte, ma un più antico senso della rappresentazione per metafora dato dal riferimento ad Aristofane. Certo, le nuvole per Aristofane sono occasione di un racconto acuto e persuasivo sui temi della società, la giustizia, il conflitto tra generazioni, il giusto e l'ingiusto, vita, filosofia, Dio, la campagna, la città, vita di risparmio e lusso sfrenato, il vecchio che si dimentica del nuovo come il fumo passa ogni fessura. Le nuvole sono come il fumo, divinità antiche, totem semoventi e mutevoli passaggi evanescenti, attimi di vita, periodici, storie, tutto e niente, libri e ridicoli tentativi di capirli.Collasso sociale
indolore
Lirismo d'Ottocento
Ottocento è un brano decisamente antiquato, fuori epoca, inattuale, passato, un'opera buffa che miscela numerosi ispirazioni musicali, il pezzo finisce con un brano cantato in jodeltirolese. Anche l'interpretazione vocale di De André è piuttosto anomala. Impostandola come si faceva nelle opere buffe con frack e papillon, al punto che il cantautore gioca a darsi aria di lirismo, coerente con l'andamento pseudo-operistico predominante nel brano. Ecco cosa disse De André alla presentazione del disco a Milano le motivazioni di questa scelta:"E' un modo di cantare falsamente colto, un fare il verso al canto lirico, suggeritomi dalla valenza enfatica di un personaggio che più che un uomo è un aspirapolvere: aspira e succhia sentimenti, affetti, organi vitali ed oggetti di fronte ai quali dimostra un univoco atteggiamento mentale: la possibilità di venderli e di comprarli. La voce semi-impostata mi è sembrata idonea a caratterizzare l'immaginario falso-romantico di un mostro incolto e arricchito"
A De André è successo
di essere divorato da una passione inarrestabile, di percepire come nessun'altro il potere della parola, la magia di lavorarla, levigarla laddove ci fosse il bisogno, svezzarla fino al punto giusto, in questo nessuno gli era sopra, fatto riconosciuto dai suoi stesi colleghi e amici, nonostante le tante rivalità e freddezze gratuite o vanitose, finché non emergeva "la parola", quella giusta, quella che aveva maggior potenza e significato, quella parola, non un'altra, fusa ad una nota che ne svelasse le risonanze, che ne amplificasse la vibrazione lirica e la completezza. Si pensa soprattutto al poeta, ma ci si dimentica che De André era la sua voce, una voce nitida che chiunque di noi ha in questo in testa, ferma, profonda, scolpita, diamantina come un bassorilievo che nei dischi e nei concerti riempiva l'aria con un'autorità che pochi hanno dimostrato, anzi, se paragonati a lui, direi proprio nessuno.La sua storia è quella di un artista a tutto tondo (per dire che lo era anche nella vita) che aveva capito un grande segreto a cui i suoi colleghi non c'erano arrivati: la trasformazione della canzone o canzonetta, capire che con la musica si poteva far molto di più che passare 4 o 5 minuti ad ascoltare "acqua azzurra, acqua chiara" o "tutto il resto è paranoia", da eccesso di uso di cocaina. Ormai gli aveva scavato una parte della cartilagine destra del naso, come mancasse la parte ultima e sappiamo che i grandi consumatori hanno grossi problemi coi loro naselli, sgocciolano sempre, il fazzoletto sempre in mano, la paura che sia rimasto sul naso o labbra un pò di bamba e per questo lo gratti come avessi la mania di strofinarti le parti facciali centrali. I vizi si pagano, non solo coi soldi, quella è la meno, tutto è nella testa, tua, mia, vostra, nostra.
Illusi d’esistenza
Il Capoclan e il Brigadiero
Don Raffae' è una tarantella brillante dalla prima nota, prodigiosa per l'idea, dotata di un'illuminate bizzarria, tutt'altra che tarantella, ha un livello di profondità che solo i poeti sanno raggiungere nel nostro pensiero. Stravagante, inatteso, lucente fra una un caffè e un Martini o una spremuta. Un affresco di una vita (?) che si svolge in carcere, fotografata con una precisione stilistica ed obiettiva, alata e ammirevole per la realtà dei contenuti del brano Don Rafaè. Un momento dei tanti, chiusi e ambientati tutti, carcerati e guardie a Poggioreale di Napoli. C'è un brigadiero e un capoclan, l'incontro fra due realtà apparentemente diverse, ma così non è. Il contropotere della camorra e l'assenza dello Stato sono temi antichi ormai. La vergogna ci sovrasta. Il brano era in qualche modo ispirato a Raffaele Cutolo, il quale spedi, conseguentemente, a De André tre lettere e un libro di poesie.
Tra le sue varie insoddisfazioni
c'era soprattutto La domenica delle salme. Era contento del testo (“Era tutto quello che avevo dentro e che sentivo di dover dire, un brano che mi soddisfa molto, fatto che capita raramente”) e ci mancherebbe che non lo fosse stato, ma lamentava una eccessiva semplificazione musicale. Qualcosa comunque che non andava, c'era sempre. E' il virus dei perfezionisti, gli insicuri, dei tenaci, che temono lo sbaglio, quindi anche orgogliosi fino al midollo, questi sono gli artisti fino in fondo. Penso a quanti brani di Fabrizio ci hanno aperto la mente, quante novità ha portato quando si era fermi al ciarpame e vecchiume di Claudio Villa o più beat alla Domenico Modugno, dove un briciolo di rivolta già s'intravvedeva. Essere artista non l'ha mai saputo nessuno chi sia. E' vero invece che ci sono diversi artisti, ognuno è un folle alla sua maniera. Come fai paragonare Van Gogh che si tagliò un'orecchio e il godurioso e ridondante Oscar Wilde? O come metti sullo stesso bilancino il ruvido Bukowski con il metafisico Kafka? Non c'è l'artista, ci sono gli artisti.
Il rispetto della parola
In realtà, se La domenica delle salme risalta come il testo più forte, quasi agghiacciante, dell'intera opera di De André, lo si deve anche alla sua scarna e spigolosa semplicità: un arpeggio di chitarra su cui il cantautore riversa una valanga di immagini violente, cupe, sferzanti. L'assenza di orpelli ne esalta la cattiveria, non ci si può distrarre in alcun modo. Le parole sono li, pesanti come macigni. Mauro Pagani sottolinea che la lentezza con cui procedeva il lavoro era dovuta alla precisione maniacale di De André e soprattutto al suo rispetto della parola.
Quanto giusto pensate che sia
Le virtù profetiche
di Faber
Ne avvertiva tutta la responsabilità, sapeva che dietro ogni parola ci poteva essere un senso, e questa tensione si avverte costantemente nella costruzione dei versi. Se il suo verseggiare è forte, carismatico, contagioso lo si deve al fatto che si percepisce perfettamente come ogni parola fosse meditata, pesata, metabolizzata a fondo. E per questo La domenica delle salme è una canzone che fa male, quasi fisicamente, e ha virtù perfino profetiche. De André sembra un predicatore amareggiato, a cui hanno tolto il beneficio della speranza. L'Italia pare sprofondare in una malsana palude di corruzione. Il potere qui è sinistro, malevolo, nudo, non ha maschere grottesche con cui coprire le sue vergogne.
Troie di regime
Vivandieri di cose vietate, portaborse, galoppini, lacchè, fiduciari, adulatori, scagnozzi, e lustrascapre, troie di regime, addetti alla nostalgia che accompagnano tra i flauti il cadavere dell'Utopia, Milano che galleggia in una bottiglia di orzata, viandanti che si rifugiano nelle catacombe. Dopo Anime salve, De André chiamò Mauro Pagani per un nuovo progetto, che doveva essere un Requiem dedicato al secolo che finiva e allo sfacelo sotto cui viviamo. Una parodia della nostra vita quotidiana, ignobile e ripugnante. Non fece in tempo a farci anche questo regalo. La malattia aveva già ideato il titolo per il Requiem di Faber: Le nuvole.
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