23.1.21

27 gennaio e 10 febbraio sfatiamo la vulgata che non ricordare in modo ufficiale voglia per forza dire dire negare o giustificare tali bruttezze

  Poichè  le  due    giornate  ( anche se   si dovrebbe parlare  di settimane   )  " rompi  " sono    vicine  e   spesso  , sic  ,  vengono celebrate  insieme  ho  deciso  di  portarmi avanti  🤣😃 e  di  bloccare  per    evitare  che  finisca     come in chiedi alla  polvere  di  J.fante  o   perso  fra  la  cronologia  internet  ,  un post  sul   10m febbraio    e    del perchè  lo celebro   .

Dopo  questo  spiegone  veniamo  al post  

 Anche se  sono  critico   verso  il  10 febbraio ricordo  tale   evento   e  cerco  di sfatare  la  vulgata   come    che  e cercar di capire cosa accadde nell'Adriatico in quegli anni e  farsi un idea   diversa   da  quella  ufficiale   non vuol dire necessariamente  giustificarla o    negarla  .La cristallizzazione istituzionalizzata   delle  memoria    delle  vicende   delle  foibe  in una ricorrenza nata a qualche anno dall'istituzione del Giorno della Memoria contiene in sé un'irrisolvibile contraddittorietà. Il 10 febbraio l'Italia si ferma a ricordare una comunità sradicata dal proprio territorio e accolta a fatica nel seno della nazione. Lo fa in una data che è al tempo stesso l'inizio della fine per gli italiani adriatici e l'imposizione di un trattato come vinti per l'intero Paese. Agli occhi degli italiani, digiuni dalla Storia e dalla conoscenza delle terre di confine, il ricordo diventa rivendicazione, in continuità diretta, geografica e politica, con il mito  della “vittoria mutilata”. L'iter per l'istituzione della ricorrenza, al tempo stesso, ne marca il senso politico. “Colonizzata” dalla destra post-fascista, accettata dalla sinistra post-comunista in nome della “memoria condivisa” - lo scotto da pagare per la consunzione dell'utopia – questa data “dialoga” con il Giorno della Memoria, quasi fosse contrapposta allo sterminio nazi-fascista. "Pareggiare la storia", equilibrare le morti, presentarsi come vittime dimenticando deliberatamente d'essere stati carnefici. L'uso politico della storia strumentalizza la tragedia d'una comunità, acuendo le divergenze, impedendo la comprensione. Ma  soprattutto  

Non è ancora uscito, ma il libro "E allora le foibe?" suscita già polemiche. Gobetti: "Sul tema si è imposta verità ufficiale fatta di stereotipi e luoghi comuni"

Lo storico Eric Gobetti è stato nuovamente al centro di attacchi da parte dei giornali e delle organizzazioni di destra per un libro che uscirà il 14 gennaio, intitolato "E allora le foibe?". Non è la prima volta che il suo lavoro di ricerca viene criticato perché in contrasto con la narrazione dominante sulle vicende del confine orientale. "Sul tema si è imposta una verità ufficiale fatta di stereotipi e luoghi comuni. Chi la mette in discussione è tacciato di negazionismo"


Infatti    concordo  con    quanto  dice  qui    su  https://www.ildolomiti.it/societa/2020 Raul Pupo uno  degli storici  citati   dai  "  seguaci  "    del  10  febbraio ufficiale  . 

 


Professor Pupo, cosa avvenne nel confine orientale negli anni della Seconda guerra mondiale e cosa si celebra nella ricorrenza del Giorno del Ricordo? 

È un periodo lungo quello che si ricorda nella celebrazione del Giorno del Ricordo, così come diversi sono i fenomeni al centro di questa ricorrenza. Si parte con gli infoibamenti, un'espressione in cui è forte la tendenza a semplificare e all'uso pubblico della storia. Si indicano le stragi avvenute a ondate nell'autunno '43 e nella primavera/estate del '45. Si ricorda poi l'esodo, un fenomeno lungo cominciato con lo sfollamento di Zara nel 1943 e concluso nel 1956. Vi sono poi le altre vicende del confine orientale, per cui si va indietro all'occupazione italiana. Complessivamente nel Giorno del Ricordo si commemora il collasso dell'italianità adriatica, di un intero gruppo nazionale, che per il 90% decise d'emigrare. I numeri precisi non si conoscono, si parla di alcune migliaia di scomparsi, tra i 3000 e i 5000, e di 300mila esuli. Sul tema, Italia, Slovenia e Croazia diedero vita a commissioni d'esperti, che si conclusero nel caso italo-sloveno mentre è rimasta in sonno quella italo-croata. Alla pubblicazione in Slovenia, in Italia non corrispose una pubblica comunicazione. Il Ministro degli Esteri, comunque, lo ha lasciato a disposizione degli studiosi. Su questo “collasso” vi è poi stato il tentativo di colonizzazione da parte della destra, un uso politico che si è inserito sullo spirito originario della legge di recupero e valorizzazione di una memoria per lungo tempo rimossa dalla scena pubblica. 

Uso politico della storia e semplificazioni nel linguaggio segnano questa ricorrenza. Non è forse l'accento sulla memoria a determinarne la problematicità? 

Sulle vicende di giuliani, istriani e dalmati ha operato per lungo tempo una generale amnesia, a partire dal dopoguerra. Per gli esuli e i parenti degli scomparsi è rimasta una ferita. Il Giorno del Ricordo agisce in questo senso su un lutto non elaborato, recuperato e valorizzato, come detto, ma su cui poi si è prepotentemente inserito un uso politico. L'utilizzo di un linguaggio banalizzante e semplificatorio ne è l'esempio. Si parla tanto di foibe perché impattano maggiormente sull'opinione pubblica, ma nella categoria di infoibati si comprendono anche persone uccise in altri modi o scomparse. Si parla di pulizia etnica, ma se fosse stata davvero una pulizia etnica ci sarebbero attualmente in quei territori circa 100mila italiani. Infatti quando parliamo di italiani in questi territori ci riferiamo a italiani d'elezione, non a italiani etnici. Paradossalmente “pulizia etnica” è un termine riduzionista, una semplificazione che finisce per essere un boomerang per chi la fa. Si guardino i cognomi degli esuli, ci si renderà conto di questo concetto. Con l'istituzione della legge il racconto di queste storie è delegato alle associazioni di profughi, variegate al proprio interno, alla rete degli istituti della Resistenza e agli enti locali. È chiaro che in quest'ultimo caso le maggioranze politiche influiscono in modo più o meno evidente. La problematicità delle iniziative, d'altronde, si ritrova proprio nell'accento che si fa sulla memoria. Nella caccia ai testimoni, sempre di meno, si mettono in difficoltà queste persone. Non si può, in aggiunta, far spiegare da un figlio di un infoibato come funzionano le stragi. Bisognerebbe che ci fosse sempre uno storico o un esperto accanto al testimone, perché va bene quando la memoria fa memoria, ma quando la memoria fa la storia è un disastro. 

Tutti gli anni, a margine del Giorno del Ricordo, il dibattito pubblico viene percorso da opposte prese di posizione che negano o ingigantiscono il fenomeno degli infoibamenti. Quanto e perché è problematica questa ricorrenza?

La scelta del 10 febbraio è tutta politica. Nello spirito delle associazioni dei profughi è una data che segna l'inizio della tragedia, una data simbolicamente molto forte. Dal punto di vista storico, però, è estremamente problematica. Il governo italiano è oggetto del Trattato di pace, l'Italia è un Paese sconfitto e sul banco degli imputati. C'è inoltre il grosso limite d'essere vicini al Giorno della Memoria, segno che tra alcuni proponenti ci fosse l'idea di metterli sullo stesso piano. È una data infelice, se ne deduce, ma non era facile trovarne un'altra. Le ricorrenze si pongono spesso all'incrocio tra due fenomeni: la ricerca dei testimoni e il vittimismo come esaltazione della vittima. Queste due ricorrenze ne sono il simbolo. Riguardo ai diversi atteggiamenti nei confronti dei fenomeni al centro di questa ricorrenza, nel mio libro del 2003 ("Foibe", scritto con Roberto Spazzali) vengono avanzate alcune categorie come quelle di “negazionista” e “riduzionista”. Categorie scivolosissime da usare con attenzione, visto che il negazionismo è un reato punito per legge, e che rischiano d'essere utilizzate per ogni critica. C'è un grosso equivoco, a mio giudizio, e consiste nel fatto che cercar di capire cosa accadde nell'Adriatico in quegli anni non vuol dire giustificare.

  

lo ricordo oltre a quanto  ho già detto precedentemente  nei post  preparatori  [  I II  ]  a  tali  giornate   perchè : 1) combatto l'uso strumentale  e politico      di  tali  complesse  e dolorose  vicende  ., 2) perchè  essendo  La memoria, come un fiume carsico, percorre le profondità della terra prima di ritornare alla luce. E quando lo fa, spesso, è prorompente. La memoria degli italiani adriatici, silenziata e rimossa nell'Italia del dopoguerra - lacerata dalla guerra civile, ferita da vent'anni di regime, spaccata politicamente e socialmente dalla Guerra fredda - è esempio significativo. ed  io    sono cresciuto   con  ciò . Da  un lato  mio nonno e  i miei  prozii paterni    che   coltivavano  la  vulgata   come  eccidi    comunisti    sulle  foibe      e  mio padre  e mio  zio     che la contrastavano  . 3)   perchè ancora    non si è  fatto  i conti  con il nostro passato   dimenticando che siamo stati "noi"   ad  averle  innescate   e  poi   tacerle    ed  ora  usarle  strumentalmente   Ma  soprattutto   

Smontare la narrazione ufficiale e i miti cristallizzati attorno alle complesse vicende del confine orientale diviene così di decisiva importanza per la memoria pubblica del nostro Paese. “Ai problemi complessi vanno date risposte complesse – conclude – se non creassimo dunque un Olimpo di martiri, con date e così via, avremo un Paese più libero e democratico”.  (   Eric Gobetti    su https://www.ildolomiti.it/societa/2021  ,  di cui  ho citato  sopra  l'incipit  , per   l'articolo   integrale  qui 

al prossimo 10  febbraio  


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