5.6.21

i gesti valgono più di parole Escluso dalla cerimonia di diploma perché ha le scarpe da ginnastica, il prof gli da le sue e resta scalzo   La storia di Daverius Peters


La storia di Daverius Peters, un 18enne che stava per essere escluso dalla cerimonia dei diplomi solo per un paio di scarpe indossate senza pensare che non rispettavano le regole della sua scuola in Usa. La sua salvezza è stato John Butler, un educatore della scuola che ha deciso di togliersi le sue scarpe e darle al ragazzo restando per tutta la cerimonia scalzo.

   da    https://www.fanpage.it /


ESTERI 4 GIUGNO 2021  09:07di Antonio Palma


Aveva atteso tanto quel giorno e si era preparato e vestito con cura per l’appuntamento così quando alla cerimonia del diploma di scuola superiore si è visto sbarrare la porta di ingresso da un addetto perché aveva le scarpe non adatte la delusione è stata tremenda. È la storia di Daverius Peters, un 18enne che stava per essere escluso dalla cerimonia dei diplomi solo per un paio di scarpe indossate senza pensare che non rispettavano le regole della sua scuola, la Hahnville High School di Boutte, nello stato della Louisiana, in Usa.  In suo soccorso fortunatamente è arrivato uno dei suoi professori che ha deciso di dargli le sue rimanendo scalzo ma permettendogli di partecipare alla consegna dei diplomi.



“Usando sono stato fermato ero sconvolto", ha ricordato Peters  al Washington post, aggiungendo: “Mi sono sentito umiliato. Volevo solo andare sul palco e prendere il mio diploma". L’unica sua colpa è sta quella di non aver bene compreso cosa significava presentarsi con scarpe eleganti scure. Il diciottenne infatti si è presentato con scarpe in pelle nera e con suola bianca ma chiaramente da ginnastica. 




"Pensavo di poterle indossare perché sono nere", ha spiegato il ragazzo aggiungendo di aver rispettato il resto delle linee guida che prevedevano di indossare camicia e cravatta bianche, oltre a pantaloni eleganti scuri. La sua salvezza è stato John Butler, un educatore della scuola che però era presente in qualità di genitore visto che la figlia si diplomava lo stesso giorno. "Certo, mi sembrava folle. Non c'era niente di eccentrico nelle sue scarpe" ha spiegato l’uomo che, dopo aver parlato con l’addetto della scuola senza successo, ha deciso di togliersi le sue scarpe e darle al ragazzo restando per tutta la cerimonia scalzo. “Era il momento più importante della sua vita fino a quel momento, e non glielo avrei lasciato perdere per niente" ha dichiarato l’uomo


 

                                             Antonio Palma

4.6.21

IO, SAMAN DI © Daniela Tuscano

 LEGGI  ANCHE 

Non conosco l' #urdu , lingua parlata in #Pakistan . Ma so che, in #arabo, non esiste il verbo #essere . Non si dice: "sono insegnante, sono muratore, sono donna" ma "io insegnante, io muratore, io donna". L'essenza sta nel pronome, racchiusa e quasi nascosta, o implicita, in sillabe rade e potentissime. Io, e basta. E questa è una delle tante contraddizioni d'una società imperniata su un collettivo noi, dove il singolo pare affogato, incomprensibile.
Ignoro, ripeto, sia così anche per l'urdu. Saman, ad ogni modo, non aveva dubbi. Voleva essere. All'occidentale? Ma Saman non intendeva scimmiottare nessuno. Saman "era" occidentale.
Prima ancora, però, Saman era Saman e non apparteneva a nessuno. Verbo incarnato che urlava il suo diritto, al punto da cambiare il nome - ma in Layla, non Silvia o Roberta -.
 Voleva lavorare, sposare un ragazzo diverso da quello destinatole dalla famiglia. Famiglia che aveva denunciato ripetutamente, vanamente. Il suo disperato Io contro il patriarcale Noi.
Saman-Layla, come #hinasaleem , come #sanacheema , era troppo, un corpo imprevisto. Andava perciò cancellato. Chi l'aveva fatta a pezzi è stato sorpreso così, armato di zappe e vanghe, nel retro del giardino dove stava già scavando una fossa. L' omertà del dominio che le avrebbe negato anche una lacrima furtiva.
Non troveremo, forse, quel corpo. Ma l'Io di Saman-Layla risorge ora in tutte le donne oppresse, affossate, reificate, e diviene coro. Perché ognuna conosce, nella sua ancestrale memoria, il grido di quell'Io sepolto.

                         © Daniela Tuscano

Disastri causati dal bisogno di arte nella storia.

Così come talvolta si chiama arte,  ovvero quella  che  i critici e  gli storici dell'arte   chiamano  arte concettuale cioè  <<  qualunque espressione artistica in cui i concetti e le idee espresse siano più importanti del risultato estetico e percettivo dell'opera stessa. Il movimento artistico che porta questo nome si è sviluppato dagli Stati Uniti d'America a partire dalla seconda metà degli anni sessanta e si è sviluppato in quasi tutto il mondo (Italia compresa)  ...  continua  su https://it.wikipedia.org/wiki/Arte_concettuale >> ,ciò che non lo è( dipende  dai punti vista  per  me  non lo è  essendo di formazione culturale  classico  \ moderna   anche   se  aperto   alle  nuove  forme  d'arte  ) può succedere che qualcosa di non artistico   visto che la  la definizione di   

arte
/àr·te/
sostantivo femminile
  1. 1.
    Qualsiasi forma di attività dell'uomo come riprova o esaltazione del suo talento inventivo e della sua capacità espressiva.
  2. 2.
    Qualsiasi complesso di tecniche e metodi concernenti una realizzazione autonoma o un'applicazione pratica nel campo dell'operare e part. di una professione o di un mestiere: a. poetica; a. militare; l'a. medica; l'a. del fabbro ferraio; mettersi a un'a, esercitare un'a, intraprendere, fare un determinato mestiere; essere dell'a, esperto o competente nell'ambito di un mestiere o di una professione; prov. impara l'a. e mettila da parte, nella vita ogni esperienza o conoscenza può sempre tornare utile.

     dovrebbe essere  chiara   , diventi improvvisamente e immotivatamente   tale . 


È successo -ad esempio- nel 2017 alla Robert Gordon University (Scozia) dove è stata allestita la mostra “Look Again”: due studenti di informatica, Ruairi Gray e Lloyd Jack, hanno comprato e lasciato un ananas su un tavolo. Quando i due sono tornati a visitare l’esposizione quattro giorni dopo, la sorpresa: l’ananas era stato messo all’interno di una teca come una vera opera d’arte. Lo scopo della mostra era quello di "dare una seconda occhiata a ciò che ci circonda" e coloro che visitavano la galleria, in preda al tipico delirio analitico di chi capisce l'arte, credevano che, poiché l'ananas si degradava nel tempo, rappresentasse l'inevitabile sgretolamento della vita.

Incuriosito   ho  cercato in rete  ulteriori notizie    ed  in effetti la notizia  è  vera    ed   è realmente  successa 

   da  https://www.huffingtonpost.it/


11/05/2017 11:45 CEST | Aggiornato 11/05/2017 11:50 





l'ananas è un'opera d'arte: lo scherzo di due studenti diventa parte dell'esposizione
Ad Aberdeen due studenti si sono presi gioco dei visitatori



Lo hanno posizionato lì per gioco e non si aspettavano certo di vederlo esposto in una teca. Ruairi Gray, studente 22enne in TUtt, e il suo amico Lloyd Jack hanno lasciato il frutto esotico in una delle sale dell'esposizione "Look Again: Visual Art and Design Festival" nella Robert Gordon University di Aberdeen (Regno Unito).
I due, vedendo uno spazio vuoto, hanno pensato di prendersi gioco dei visitatori, lasciandogli credere che quell'ananas fosse una delle opere in mostra. A quanto pare lo scherzo ha funzionato: qualcuno ha dato loro retta, inserendo l'ananas all'interno di una teca.

Per i curatori della mostra resta un piccolo mistero chi abbia spostato la teca, ma hanno deciso di stare al gioco. Natalie Kerr, tra i organizzatori di Look Again, ha raccontato al Press and Journal di essersi allontanata per 10 minuti e di aver trovato l'ananas dentro la teca.Una cosa simile si era verificata lo scorso anno al Museo d'Arte Moderna di San Francisco, dove il 17enne TJ Khayatan aveva lasciato a terra i suoi occhiali, ingannando i visitatori del museo.

quindi  tutto è arte  ?


anche egli errori nel caso del video sopra o delle provocazioni come quella di cui si parlato in questo post . occhio però che definire Arte letteralmente qualsiasi cosa a definire arte il nulla, il passo è breve.






Il destino di Saman sotto la soglia minima di indignazione Il dramma di una giovane donna islamica non scalda il pur facilmente infiammabile discorso pubblico


Pur non essendo completamente d'accordo con gli interventi sotto riportati perchè : 1) non è l'intera sinistra debole o filo islamica ma una determinata parte d'essa 2) come fa notare il commento di Fabrizio Formica all'articolo dell' https://www.huffingtonpost.it/ del 3.6.2021 da me riportato << l' indignazione sia al minimo non deve sorprendere. La opinione pubblica è abituata al fatto che se lo strupratore è extracomunitario, metterlo in evidenza è RAZZISMO .... segnalare alla GdF i vucumprà è RAZZISMO....bocciare ragazzi stranieri o non dare cittadinanza italiane a chi non spiccica tre parole in croce di italiano è RAZZISMO. Segnalare assembramenti o disprezzo per le regole COVID da parte di extracomunitari è RAZZISMO....far pagare il biglietto in treno a passeggeri stranieri sprovvisti è RAZZISMO...Ne consegue che indignarsi con dei pachistani [ in questo caso ] per aver fatto un orrendo crimine, sarebbe RAZZISMO. La gente lo ha capito e sta zitta. >> e piuttosto che essere accusata dai " buonisti " d'essere razzista o xenofoba . 3) potrebbe anche trattarsi di non voler far parte di quelle Di indignazioni guidate ed a uso e consumo di certa politica e di certa stampa, sempre pronta a spronare rabbia o viceversa a quitare rabbia a loro piacimento, ne abbiamo vista troppa. Per cui la gente è indifferente alle fonti non credibili che manovrano e manomettono questa rabbia cavalcandola a scopi elettorali .


ANSA



I social, qualche giorno fa, si sono riempiti di indignazione perché una donna, Aurora Leone, comica del gruppo The Jackal, ha denunciato di essere stata cacciata dalla cena dei convocati per la Partita del Cuore perché le donne non erano ammesse, e, quando lei ha risposto che anche lei era tra i convocati della partita di beneficenza, le hanno risposto che le donne “non possono giocare a calcio”. Donne e uomini sui social, molto prima che lo facessero i giornali e le televisioni, hanno fatto un casino, tant’è inconcepibile che si dica una fesseria del genere. La storia è stata elevata a simbolo, scelta come terreno di battaglia per il riequilibrio dei rapporti tra uomo e donna, mentre la storia di Saman non ha scaldato di un grado il pur facilmente infiammabile mondo del discorso pubblico.

Da qualche giorno, le pagine di cronaca dei quotidiani, accreditano fortemente l’ipotesi che Saman – diciottenne di origine pakistana – sia stata ammazzata. Non si hanno sue notizie dalla notte del primo maggio, quando è scomparsa, dalle parti di Novellara, in provincia di Reggio Emilia. Scavando nella sua vita, si è scoperto che la famiglia le ha impedito di proseguire gli studi (era arrivata in Italia nel 2015, aveva imparato in fretta l’italiano, finendo la terza media) e poi ha combinato per lei un matrimonio
con il cugino che vive in Pakistan. Lei ha detto di no e se n’è andata via di casa per alcuni mesi, salvo poi tornarci, l’11 aprile, per prendere la carta d’identità e – pare – andarsene all’estero (con un ragazzo di cui si era innamorata, aggiungono le cronache più informate).Un video, girato nella notte del 29 aprile dalle telecamere di sorveglianza, mostra lo zio che esce di casa insieme ad altre due persone, con un sacco azzurro, due pale e un piede di porco, in direzione del campo in cui lavorano i famigliari di Saman. Un altro video, acquisito più recente, mostra Saman che esce di casa con i genitori, il 30 aprile, e va nella stessa direzione in cui il giorno prima è andato lo zio. Dopo dieci minuti i genitori tornano a casa, ma lei non è più con loro. Il giorno dopo, il padre e la madre prendono un aereo e tornano in Pakistan. Gli inquirenti hanno fatto due più due e dedotto che lo zio, il 29 aprile, avrebbe scavato la buca dentro cui, il 30 aprile, avrebbe occultato il cadavere di Saman, che i suoi genitori gli avevano consegnato viva, per farla ammazzare. E la loro ricostruzione è confermata dal fratello di Saman: sedici anni, al momento protetto in una struttura segreta. “Una svolta nelle indagini”, hanno titolato i giornali nelle pagine di cronaca. Mentre il mondo della discussione pubblica, soprattutto quella sensibilissima dei social, era infiammata da un’altra polemica: la targa a Carlo Azeglio Ciampi a Roma, senza la g nel secondo nome dell’emerito Presidente della repubblica.







Ieri il Quotidiano Nazionale – uno dei quotidiani le cui cronache si leggono con maggiore sgomento – ha intervistato una consigliera del partito democratico di Reggio Emilia, Marwa Mahmoud, italiana di origini egiziane, musulmana e velata, che ha detto che “la sinistra ha timore di intervenire sui temi dei diritti negati alle donne islamiche”. Ha sostenuto che “sono temi delicati e complessi” in cui si rischia sempre di “essere strumentalizzati e additati come razzisti”. Ma, ha aggiunto, “si è tergiversato troppo, preferendo agire con paternalismo, assistenzialismo e accoglienza. Che, sia chiaro – ha detto –, va bene. Ma non basta. Tutto il resto è diventato tabù”. Parole, anche queste, che non hanno smosso un capello del mondo di sopra, quello in cui il discorso pubblico si accalora. Chiamo Luca Ricolfi per chiedergli che idea s’è fatto lui di questa storia e scopro (mi era sfuggita) che l’intervista di Marwa Mahmoud era in realtà una risposta alla riflessione che lui aveva fatto il giorno prima, interrogato dallo stesso giornale sul perché la sinistra e le associazioni per i diritti delle donne non si occupino della vicenda. Ricolfi aveva detto che c’è una ragione buona e una cattiva del silenzio. “La ragione buona è che al momento non si sa come siano andate effettivamente le cose. La ragione cattiva è che la sinistra ha un occhio di riguardo per l’Islam, e teme che i lati più imbarazzanti di quella cultura, e in particolare il suo modo di trattare la donna, compromettano il progetto politico di diventare i rappresentanti elettorali di quel mondo”. Questo, però, non spiega perché la cacciata di Aurora Leone dalla partita del cuore scateni il finimondo – non nella politica, ma nell’umore pubblico – mentre la presunta uccisione di una donna immigrata dal Pakistan, in circostanze che sarebbero così atroci, lascia piuttosto indifferenti. Mi dice Marina Terragni, femminista storica, che “il caso è strano” perché, quando in circostante simili, venne uccisa Hina Saleem (il padre la accoltellò e la seppellì nel giardino di casa, a Brescia, con il capo rivolto verso La Mecca) ci fu una sollevazione. Non lo ricordavo. Successe nel 2006: più a ridosso dell’11 settembre, che del #Metoo. Forse, colpì perché c’era un altro clima, un altro Occidente, quello ferito dal terrorismo islamico? Sicuramente colpisce, oggi, che il neo-movimento delle donne, che nei social ha trovato la propria piattaforma di rivendicazione permanente, si è prefisso di ridisegnare i rapporti tra uomo e donna tracciando daccapo i confini del consenso sessuale. Anche il sospetto del limite oltrepassato scatena, ogni volta, reazioni intransigenti. Mentre di fronte alla questione del consenso di una donna a un matrimonio scelto da altri, nel quale ne va della sua vita e della sua morte, non si sente il bisogno di dire assolutamente nulla, non solo di paragonabile alle febbri che ci assalgono quando si tratta di un’attrice di Hollywood: ma proprio nulla.Mi dice Luca Ricolfi che ieri ha avuto una ”illuminazione”, che risponde in parte all’osservazione che gli ho fatto, cioè che il perimetro del silenzio non è solo politico, ma è parecchio più esteso, e comprende una vasta gamma di fatti che sono esclusi dai nostri sentimenti: non ci toccano, come persone, come individui di un paese democratico, abbiente, occidentale ed europeo. “Mi son fatto l’idea – dice Ricolfi – che ci sia una questione di classe. Noi discutiamo, ci accapigliamo, per episodi che coinvolgono quelli che noi sociologi chiamiamo gli strati centrali della società. Se un fatto tocca i ceti medio alti, i ceti medio alti ne parlano. Se riguarda i poveracci, i ceti medio alti continuano a parlare degli affari propri”.


L’osservazione è amara, ma non si può evitare di prenderla in considerazione, ipotizzando che, se le cose stanno così, la conclusione è che di tutta la discussione sul rapporto tra uomini e donne che si è fatta in questi anni si è sedimentato in fondo soltanto questo: che se sei una donna bianca, benestante e famosa, e degli uomini bianchi, altrettanto benestanti e famosi, ti dicono che non puoi giocare a calcio, i maschi bianchi e imbecilli non la passeranno liscia; se, invece, non sei una donna bianca ma immigrata (anche se l’occidente ti è spuntato nell’animo, nella sua promessa di libertà), se la tua religione è quella islamica, e non sei ricca né famosa, e ti rifiuti di dire sì a un matrimonio combinato da maschi, con uno che vive in un altro Paese, devi sapere che corri il rischio che ti uccidano. E se ti uccidono, puoi starne certa, potrai contare sul fatto che la questione rimarrà di stretta competenza delle autorità giudiziarie e della polizia. Perché gli altri – la maggior parte di essi – staranno facendo chiasso per qualcosa di sicuramente più importante della tua vita.

"Finalmente ho una casa con Camilla, la ragazza che amo". Lieto fine nella storia di Malika, la ragazza cacciata dai genitori perché lesbica e Picchia la moglie per una lite sulla spesa: i figli di 4 e 7 anni la convincono a denunciare il “papà cattivo”


 di cosa  stiamo parlando  



Cacciata di casa il 4 gennaio 2021 per aver confidato ai suoi genitori di amare una ragazza, Malika Chalhy si è rivolta a Fanpage.it per denunciare l'ingiustizia subita. Dopo il nostro servizio, in cui abbiamo pubblicato in esclusiva i messaggi audio contenenti insulti e minacce di morte da parte della madre, la 22enne di Castelfiorentino ha ricevuto il supporto di migliaia di persone, con una raccolta fondi che ha superato i 130mila euro. Grazie alla somma ricevuta, Malika ha potuto così affittare una casa a Milano dove attualmente vive con la fidanzata Camilla e con Frenk, un cucciolo di bulldog francese.

  da   https://www.fanpage.it/  3 GIUGNO 2021  10:45 di Maria Elena Gottarelli 


“Per me è come rinascere”: sono le parole di Malika Chalhy, cacciata dai genitori per aver dichiarato la sua omosessualità, a due mesi dall’uscita del nostro servizio. Grazie alla raccolta fondi organizzata in suo sostegno, la 22enne di Castelfiorentino ha potuto affittare un appartamento a Milano, dove ora vive insieme alla fidanzata, Camilla, e al loro cucciolo di bulldog francese, Frenk. Malika e Camilla ci hanno aperto le porte di casa loro e ci hanno parlato della loro nuova vita insieme.    Amo ogni angolo di questa casa, che non è certo un attico o una reggia… Ma per me, è enorme!". Così Malika Chalhy, la ventiduenne di Castelfiorentino cacciata di casa lo scorso gennaio dai genitori per aver dichiarato di essere omosessuale, oggi ai microfoni di Fanpage.

 


                       in foto: Malika Chalhy e la fidanzata Camilla, Milano, giugno 2021

"Amo ogni angolo di questa casa, che non è certo un attico o una reggia… Ma per me, è enorme!". Così Malika Chalhy, la ventiduenne di Castelfiorentino cacciata di casa lo scorso gennaio dai genitori per aver dichiarato di essere omosessuale, oggi ai microfoni di Fanpage. La nuova vita di Malika inizia a Milano, dove si è trasferita da poco insieme alla fidanzata Camilla e al cucciolo di bulldog francese, Frenk. "La famiglia che mi sono scelta", dice Malika senza esitazioni, a tavola.


                       in foto: Frenk, il cane di Malika e Camilla

"Io e Camilla siamo finalmente libere di amarci"

La casa, presa in affitto grazie alla raccolta fondi aperta a gennaio dalla cugina di Malika, è luminosa, con un ampio terrazzo che è già stato abbellito con dei fiori. Mentre parla della sua nuova vita con Camilla, la giovane non riesce a smettere di sorridere: "Qui a Milano io e Camilla possiamo finalmente amarci liberamente". La giovane coppia si è conosciuta nell'estate del 2020. E' stata proprio Camilla a far scoprire a Malika la sua omosessualità: "All'inizio non riuscivo a capire cosa mi stesse succedendo, cosa provavo quando la vedevo. Poi però mi è stato chiaro: mi ero innamorata". "Il 27 agosto ci siamo messe insieme e non ci siamo più staccate un attimo", continua. Mano nella mano, le due raccontano i giorni difficili del coming out di Malika. "In quel periodo non facevo che rassicurare Malika, le dicevo di stare tranquilla, che i genitori l'avrebbero presa bene, probabilmente molto meglio di quanto si aspettasse. Mi sbagliavo", racconta la fidanzata 25enne.E' stata proprio lei, Camilla, ad aver ascoltato per prima i messaggi vocali pieni di odio inviati dalla mamma di Malika dopo il coming out, molti dei quali contenevano insulti e minacce di morte dirette a lei. "All'inizio mi sono sentita male, ovviamente, anche perché quelle parole provenivano da una persona della stessa età di mia madre, che avrebbe potuto essere la mia. Poi però ho capito che quella donna non sapeva niente di me, di chi ero, né di quello che potevo dare a Malika", continua Camilla.

"Le dicevo: ‘Lasciami non posso darti la vita che meriti'. Per fortuna non lo ha fatto"

Durante il racconto di quei giorni, in cui le due non smettono mai di tenersi per mano, Malika si commuove. "Camilla c'è sempre stata, anche quando le dicevo di lasciarmi perché non avrei potuto darle la vita che si meritava. Mi è sempre rimasta vicino, anche la sera in cui avevo deciso di farla finita e venne a prendermi sull'argine di un fiume". Mentre ricorda quella notte, che era la prima, quella del 4 gennaio, quella in cui era stata cacciata di casa senza vestiti e senza soldi, Malika non trattiene le lacrime. "Tornate a casa di Camilla, lei ha avuto un mancamento. Poi ci siamo sdraiate sul letto insieme al cane, Peppi, entrambe con le mani sulla sua zampa, e Cami mi ha detto: ‘Non sei sola, ci siamo io e Peppi, siamo tutto'. E mi sono sentita meglio". "Paradossalmente, quella è stata al tempo stesso la notte più brutta e la più bella, quella in cui ho rischiato la vita ma anche quella in cui sono stata salvata"."Non potevo fare a meno di sentirmi in colpa – confida Camilla – perché mi sembrava in qualche modo di averle rovinato la vita. Che se non fosse stato per me, per il fatto che si era innamorata di me, non sarebbe stata cacciata di casa". Sia Malika che Camilla si sono reciprocamente sentite in colpa, vittime della paura di fare involontariamente del male all'altra. "Ma per fortuna non mi hai ascoltata quando ti ho detto di lasciarmi", dice Malika con gli occhi ancora lucidi, ma sorridente, abbracciando con lo sguardo la loro nuova casa. Intanto, Frenk sonnecchia nella sua cuccia.


Genitori di Malika: aperta un'inchiesta

Per quanto riguardo riguarda la vita di Malika, attualmente si sta impegnando attivamente nella lotta per i diritti delle persone LGBTQ+ e per l'approvazione del ddl Zan. Mentre Camilla termina gli studi in Economia e si prepara ad affrontare il primo stage, Malika riflette sul suo futuro lavorativo: "Voglio iniziare a lavorare, fare qualcosa di attinente a quello che ho studiato. Per adesso, sono felice anche solo di sapere di avere questa possibilità". Quanto ai genitori, Malika dice di non averli più sentiti. Dopo il nostro servizio del 9 aprile, la Procura di Firenze ha aperto un'inchiesta e i genitori di Malika dovranno rispondere di violenza privata.


 

                       Maria Elena Gottarelli



proprio  mentre  finivo di copiare  questa  storia    mi  è arrivata      via messanger  questa  qua    da  https://www.thesocialpost.it/  del   4.6.2021

Picchia la moglie per una lite sulla spesa: i figli di 4 e 7 anni la convincono a denunciare il “papà cattivo”



04 giugno 2021 15:35
Agg: 04 Giugno 2021 16:26
Cristiano Bolla
Cronaca Italia








Un 33enne di Foggia è stato arrestato dopo una denuncia per maltrattamenti in famiglia. Le vessazioni nei confronti della moglie, pare, sarebbero andate avanti per anni, ma sabato scorso è caduta la proverbiale goccia che ha fatto traboccare il vaso. A risultare decisivi, secondo quanto viene riportato, sarebbero stati i figli della coppia.
Non era la prima volta, ma si spera possa essere l’ultima: dopo 7 anni di presunti maltrattamenti e pestaggi, una giovane donna e madre ha denunciato il marito di 33 anni. Le fonti riportano che tutto è scattato sabato 29 maggio: tra i due sarebbe scattata una lite riguardante la spesa, sembra infatti che la donna avesse annunciato che stava andando a farla assieme alla madre e ai figli.
Questo avrebbe fatto scatenare per qualche motivo l’ira del 33enne, che le avrebbe sferrato un pugno in faccia.
La donna, si apprende, ha riportato una lesione al labbro superiore, forse l’ultima di una serie subita nel corso degli anni di questa relazione descritta come molto violenta. Questa volta, però, ha deciso di dire basta ed ha trovato il coraggio di denunciare il marito, anche grazie al sostegno dei figli.
Foggia, 33enne picchia la moglie: i figli spingono per la denuncia È questo il lato particolarmente emozionante della triste vicenda di Foggia. Le fonti riportano infatti che a infondere coraggio e spingere la madre a denunciare il marito sarebbero stati i figli, di 4 e 7 anni. Il maggiore soprattutto avrebbe provato a difendere la madre dall’ennesima aggressione, per poi incitarla a denunciarla. I due, secondo quanto viene riferito, avrebbero detto una frase come: “Denuncialo, papà fa il cattivo“. A quel punto, la donna si è presentata dai Carabinieri del Comando Stazione di Foggia-Porta San Severo per denunciare il 33enne, poi arrestato su mandato del Gip per maltrattamenti in famiglia.
Ricordiamo che in Italia è attivo il numero 1522, un servizio pubblico promosso dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per le Pari Opportunità. È gratuito, attivo 24 h su 24, accoglie con operatrici specializzate le richieste di aiuto e sostegno delle vittime di violenza e stalking. La chiamata è gratuita anche da cellulare o si può parlare direttamente con qualcuno tramite il sito.

non serve essere accademici per filosofare

 


come al solito ogni volta che condivido 
 


  o copio da internet argomenti di filosofia ed antologica molti \e di voi mi chiedono  se, alcuni in buona fede perché vogliono approfondire  le FAQ  molti perché ma anche molti  mandroni pigri  da non provare a vedere se in un blog  ci sono  FAQ , sono laureato o in filosofia o ho una solida  base filosofica  altri se sono laureato in scienze politiche . In realtà la mia conoscenza filosofica è scolastica ed per giunta insegnata male  e  di conseguenza con poco impegno da parte  mia . infatti  il 28 preso  ad l'unico esame di filosofia che ho dato all'università  è  frutto oltre al mio mettere il culo  sedere sulla sedia per passarlo e non laurearmi  troppo tardi ( anche poi non ce lo fatta a mettere in atto tale proposito , ma questa è  un altra storia che prima o poi  racconterò  ) oltre ad  t ripetete ciò  che  studiavo  e farmelo spiegare da un mio amico laureato e prof  di filosofia alle superiori  da mia zia pedagogista ed ex preside  di scuola (un tempo si chiamavano così  ) elementari
 Le mie condivisioni  provengono oltre che da persone affini ( ma non necessariamente ) da gruppi \pagine  psicologici e filosofici  e di storia e sono anche frutto di  : letture varie    delle diverse culture politiche e culturali  nuove e vecchie ( sono cresciuto durante la fase finale della 1 guerra fredda    1945\7  fino  al 1989\ 92 ovvero Usa contro Urss e paesi non  allineati,  nello scontro  tra fascismo e comunismo , cattolici progressisti \sociali e cattolici conservatrici per concilio  vaticano II  ) ,auto analisi  / messa in discussione, vecchie sedute d'analisi psicologica ( Sophia analisi ) ,esperienze personali ,    letture  di opere politiche e filosofiche  , ascolto di trasmissioni culturali   musica cantautorale e non solo ad argomenti introspettivo ed filosofico (  vedi esempio Battiato ) scambi d'opinione con alcuni amici  laureati  in filosofia  (in particolare il nostro Cristian Porcino  autore  di saggi interessanti non accademici  come i cantautori e  la filosofia  da Battiato a  Zero   vedi   foto di copertina    a  sinistra  ) ed insegnanti della materia ma anche semplici appassionati  senza pregiudizi e preconcetti culturali ed ideologici ascoltando o leggendo anche se  in alcuni casi  dopo alcune righe  o alcuni minuti d'ascolto  sbadiglio perché  troppo i filosofi sono  (soprattutto il primo ) filosofi da salotto  come Fusaro o  troppo accademici  come Cacciari chiamati  solo per fare ascolti  in tv .

P.s
non do consigli  perché





con questo ė veramente tutto . alla prossima 

3.6.21

Allatta il figlio e le chiedono di coprirsi: la reazione della mamma è sorprendente

sara  pure  diu di 3  anni  fa   ma  sempre  una bella storia   si tratta  

Allatta il figlio e le chiedono di coprirsi: la reazione della mamma è sorprendente
La donna americana stava allattando il bimbo di 4 mesi in un ristorante in Messico, quando le è stato chiesto di coprirsi. Lei per tutta risposta ha fatto un gesto geniale



Una risposta divertente e sagace quella della mamma a cui in Messico è stato chiesto di coprirsi mentre allattava (Credits foto: Instagram)


Melanie Dudley si trovava a cena a Cabo San Lucas, Messico. Con lei, anche il suo bambino di 4 mesi, attaccato al seno della donna. Ad un certo punto la mamma originaria di Austin, Texas, e madre di due gemelli di 4 anni, è stata avvicinata da un uomo che le ha chiesto di coprirsi. Lei, per tutta risposta, ha preso un foulard e si è coperta la faccia.
A documentare l'esilarante replica della donna è stata la sua amica Carole Lockwood, postando l'immagine della mamma con il viso coperto su Facebook. "È stato un uomo che le ha chiesto di coprirsi, faceva caldissimo e c'era una forte umidità - scrive Lockwood sul suo profilo, invitando i suoi utenti a condividere - Ne ho davvero abbastanza delle persone che intimidiscono le donne che allattano in pubblico".
Anche la spiritosa mamma ha commentato l'episodio, dicendo: "Ero con la mia famiglia in vacanza, di solito sono attenta quando allatto e cerco di essere discreta. Ma in questo caso ero nel retro del ristorante e nessuno mi avrebbe davvero vista. Allattare è già difficile al naturale, non c'è bisogno di aggiungere altre complicazioni".

sarò sfigato ma sono libero

Verrà un tempo in cui gli uomini impazziranno, ed al vedere uno che non sia pazzo, gli si avventeranno contro dicendo:  Tu sei pazzo!  (Sant'Antonio abate)  

 
 Sono arrivato alle  stesse conclusioni di Massimo Gramellini  ( vedere l'articolo che riporto 
 sotto )Venivo considerato  un tipo stravagante / un matto quando misi nel manifesto  del blog l'inno frigideriano   (  dell'omonima  rivista   e comunità
rieccolo  per  i nuovi  iscritti o per   chi  mi segue  via  facebook  


o tutte  le volte che ho messo questo video di (una delle poche cose belle che ha fatto ) Nanni Moretti



inizialmente  ci rimanevo male e soprattutto  piangevo   richiudendomi in me  stesso  quando  i matusa  mi dicevano che devo essere normale  . ma poi grazie all'analisi e auto  analisi ho imparato  a far scivolare via e ad andare  avanti e come l'omonima canzone di Ligabue  , a dirmi , non tempo per noi  . quindi l'articolo  di Gramellini   che qui  riporto  conferma ed rafforza il mio pensiero  e il mio viaggio  nelle strade della vita

Il  caffe   di  M.Gramellini  1 giugno 2021, 07:07 - modifica il 1 giugno 2021 | 07:08

Lungi da me l’intenzione di dare ulteriore spago alla ragazza del volo Ibiza-Bergamo che ha sputazzato e inveito contro gli altri passeggeri perché si ostinavano a chiederle di indossare la mascherina. Però mi ha colpito la parola con cui ha inteso mortificare una delle sue vicine di posto: «Sfigata». Ormai è l’epiteto preferito dai prepotenti in missione per conto di Io. Affiora sulle labbra di chi lascia l’auto in doppia fila come di chi, sul treno, guarda i video a pieno volume ignorando l’invenzione delle cuffiette. Il Superuomo e la Superdonna (questo è uno dei pochi campi in cui vige la parità) si sentono talmente nel giusto da affibbiare la patente di «sfigato» a chi subisce le conseguenze della loro ingiustizia. Tutto gira talmente intorno a loro che alla fine gli gira anche la testa. E si convincono che chi rispetta e pretende che si rispettino le regole non lo fa per convinzione, ma solo perché non osa infrangerle. Ai loro occhi il «bravo cittadino» è una persona complessata e infelice che non conosce il vitalismo insito nella trasgressione ed è vittima di un lungo elenco di frustrazioni che si riassume in quell’aggettivo colmo di disprezzo e sparato in faccia come una sberla: «Sfigato!». Si direbbe però che certi esempi di audacia siano tali solo finché il rischio rimane basso. Appena la situazione si fa seria, sono spesso «gli sfigati» a rivelare dosi insospettabili di resilienza, mentre i Superominidi finiscono a piagnucolare sotto il sedile.

2.6.21

AnnaIberti non invecchia mai di © Daniela Tuscano



C'è qualcosa di strano in questa ragazza. Che è bellissima, che appartiene al passato, ma non ne è prigioniera. Ha solo sé stessa. Non è sposata, non deve render conto a nessuno dei suoi gesti irruenti e ribelli. Ribelli perché prepolitici, perché il pugno è duro ma gentile, non è venuta a scalzare un potere con un altro, semplicemente è sorta e viene spontaneo domandarsi dove fosse fino a questo momento. Non è una #CheGuevara dal basco stellato, non proclama l'avvenire, è essa stessa profezia. Anna Iberti è stata un momento raro, o forse unico: un'epifania, una dea. Un capolino che mostra per un solo istante l'altra faccia, non della luna, ma della nostra amata terra, come è sempre stata nelle sue viscere profonde. Come dovrebbe essere. In lei il bello corrisponde al vero; alla portata di tutte e tutti, poiché nella sua carnalità è spirito. Vivi sempre Anna Iberti, vivi nella ingenua fierezza di ognuna di noi, con quel tuo pugno dibattuto in aria e l'altro che agguanta la carta, la sentiamo scricchiolare, con quel cumulo di parole vane, che tu trituri, e sei fenomeno, un giugno interminabile.



                                                       © Daniela Tuscano


30.5.21

Il Metodo Kominsky: Il tema della vecchiaia al cinema nell' ultimo decennio. L’intelligenza nel raccontare l’ultima età della vita, dissacrandola e avvolgendola di tenerezza. Con interpretazioni sapien

 chi lo dice che le serie tv su netflix sono solo trash ? dopo la grandissima La regina degli scacchi (The Queen's Gambit) ecco una grandissima ( tre stagioni intense ) il metodo kominsky .
L’interpretazione di Michael Douglas è come sempre maiuscola (eccezionale, in tal senso, il suo monologo sulla morte), così come l’alchimia con la ritrovata Kathleen Turner: insieme, i due sono davvero irresistibili.
La sceneggiatura riesce nell’intento di approfondire argomenti delicati   (   quasi tabù  che solo poche  film e poche  serie     tv    hanno  affrontato  fino in fondo  ) come la terza età senza appesantirsi troppo, facendo un po’ di sana autoironia sullo stato dell’industria cinematografica e non disdegnando temi più contemporanei. Una  film dove   e dramma  e  comicità    si mescolano abilmente  
Infatti


viene da chiedersi << [... ]Cosa distingue la comicità dal dramma? Qual è la distanza tra i due generi? Gli esseri umani parlano, piangono, hanno paura, ridono, s’infuriano. Quali di queste cose è più importante e degna della nostra attenzione? Nessuna. Sono uguali. Non interpretiamo la comicità. Non interpretiamo il dramma. Interpretiamo la verità. Interpretate la realtà del momento. Se devi stimolare una risata, succederà. Non dovete forzarla, anzi forzarla è la cosa peggiore che si possa fare >> da https://www.taxidrivers.it/181688/serie-tv/netflix-serie-tv/il-metodo-kominsky-la-recensione-delle-sue-tre-stagioni.html Questa serie tv , in particolare gli ultimi 6 episodi della stagione conclusiva insegna che non è mai troppo tardi per sognare, per credere in se stessi, per raggiungere quell’obiettivo che si è inseguito per una vita intera. Se l’assenza di Arkin nel primo episodio dell'ultima stagione aveva fatto temere un possibile calo qualitativo e un’inflessione nella capacità comica, nelle dinamiche tra personaggi e nella resa generale della serie con il rischio di far fallire un buon progetto , la chimica tra il solito gigantesco Michael Douglas e Kathleen Turner riesce nel difficile compito di non far rimpiangere il co-protagonista originale e dona all’opera di Lorre una nuova dimensione particolarmente riuscita. E' stato capace di non rovinare una intera serie proprio nell’arco di soli sei episodi e di raccontare una commovente storia sulla terza età, sulle dinamiche di Hollywood, sulla paura di morire o di ricominciare. Una storia di rimpianti e di seconde occasioni, di amicizie indissolubili e di amori complicati, narrata con l’umorismo e la leggerezza (senza però mancare mai di rispetto) tipici di un autore come Chuck Lorre

29.5.21

«IN FILA ALLA CASSA, UNA DONNA HA BISOGNO, UN SIGNORE L’ AIUTA CON DISCREZIONE»

 Riporto un testo così come l’ ho letto, senza  modifiche   o aggiunte ,  perché pur essendo   una  storia  che girà nel web  ,  dice  tutto  .Racconta  di come  Al tempo del Coronavirus, le file al supermercato non sono state solo teatro di litigi e baruffe.

“In fila alla cassa, il display segna 26,80€, la faccia stranita:
"Ah scusi ho dimenticato il bancomat, ho solo 25€ tolgo qualcosa".
Nel piccolo carrello non ci sono patatine o cibi inutili, vedo pane, pasta, latte, pomodori, carta igienica. L'imbarazzo per chi è distante appena un metro è palpabile, il volto di una mamma poco più che 50enne è corrucciato, deve scegliere cosa sottrarre ai propri figli. È così che assisto al più bel film italiano, reale più che neorealista, poco dietro un altro signore in fila: "Scusi, le è caduto qualcosa" La signora è sorpresa, a terra c'è una banconota da 10 euro, sa bene che non le appartiene Lo sguardo amorevole dell'uomo la convince, é troppo per lei dire che è sua. Non ha vestiti firmati ma non indossa stracci, non ha il trucco ma la sua faccia trasuda sacrifici. Il signore si piega, raccoglie la banconota e le dice: "Probabilmente è successo quando ha aperto il borsello". Ora sembra una bambina, é felice, soprattutto della sua onestà. Paga e uscendo sorride all'uomo che è davanti a me. Lo guarda per l'ultima volta e dice: "Grazie". Assisto e sono felice anch'io, ho capito la lezione. Quell'uomo avrebbe potuto dire: "Non si preoccupi faccio io". Invece ha scelto di preservare la dignità, sua e della signora.

 Ora  Chi ha fatto un beneficio taccia, lo ricordi chi lo ha ricevuto.” Ricordiamoci il bene si fa in silenzio ,il resto è palcoscenico . Mentre leggevo questa news trovata sulla home di Facebook  mi è venuto in mente che le buone notizie sono… a più piani. Primo piano: ho lasciato per intero la descrizione dell’ accaduto perché ce la potessimo gustare: la buona notizia come un sasso buttato nell’ acqua che buca la superficie e si allarga a cerchi concentrici. Secondo piano: uno sconosciuto in fila alla cassa nota che la signora che lo precede non ha tutti gli euro per pagare la spesa; la buona

notizia parte dal vedere, cioè dal non essere spettatori inerti. Terzo piano: i dieci euro che “colui che vede” getta a terra, come se fossero caduti dal borsello della signora, ci dice che la buona notizia è silenziosa, umile, senza bisogno di fanfare. Quarto piano: la signora capisce il “gioco” e regala il suo stupore, la sua gratitudine. Quinto piano: mentre esce, la signora esprime un grazie pieno di dignità e di franchezza; sa che un dono non è mai “meritato”. E grazie lo dicono coloro che vengono a conoscenza di questa “buona notizia”, non solo coloro che sono stati testimoni (in fila al supermercato) ma anche noi che ne veniamo a conoscenza grazie alla testimonianza.

Recensione di Cento anni di solitudine di Gabriel Garcia Marquez

 Potrebbe essere un'immagine raffigurante il seguente testo "UNIVERSALE ECONOMICA FELTRINEL 진 GARCÍA MÁRQUEZ CENT'ANNI ANNI DI SOLITUDINE romanzo"

  
Il racconto narra le gesta della famiglia Buendia, ambientate nell'isolatissima città di Macondo, in Columbia.
Si raccontano le vicissitudini di sette generazioni di imprenditori, colonelli, pasticceri, vegenti, costruttori di strumenti musicali al cui capostipite José Arcadio si deve la fondazione della città. L'unico collegamento tra Macondo ed il "progresso", é dato dallo zingaro senza età Melquiades, che ad ogni arrivo a Macondo, porta con sé gli oggetti più disparati ed immaginabili, le invenzioni meravigliose che vanno da un cannocchiale ad un dagherrotipo ad un pitale di oro massiccio. Il momento più emozionante, a mio parere, é quello in cui José Arcadio porta i suoi figli in un baraccone degli zingari per far vedere loro il ghiaccio. Da vecchio, suo figlio Aureliano, comprenderà che il segreto di una buona vecchiaia non é altro che un patto onesto con la solitudine.

27.5.21

Funivia Mottarone, Serena e Mohammadreza non potranno essere seppelliti insieme

 leggi anche  


non sempre il silenzio è possibile soprattutto davanti a situazioni che non rispettano l'amore di due persone .Mi chiedo e chiedo alle rispettive famiglie se invece di seppellirli li cremassero e unissero le loro ceneri per spargerle nel vento . si risolverebbe la cosa e si rispetterebbe il loro amore


da  repubblica  online  del 27\5\2021

Per Serena Cosentino e il suo compagno, Mohammadreza Hesam Shahaisavandi cattolica lei, musulmano lui, per loro "servirebbe un cimitero civile che a Diamante non c'è", dice il parroco. E il legale della famiglia aggiunge: "Problemi anche burocratici e diplomatici" Funivia Mottarone, Serena e Mohammadreza non potranno essere seppelliti insieme

Sono morti insieme ma non potranno riposare insieme Serena Cosentino, la giovane borsista del Cnr originaria di Diamante, e il suo compagno, Mohammadreza Hesam Shahaisavandiuccisi entrambi dal crollo della funivia del Mottarone. Cattolica lei, musulmano lui, alla cosa non hanno mai badato. Ma da vittime di quella strage che si scopre provocata da una consapevole manomissione dei freni, quello a cui mai hanno dato peso diventa barriera. "La famiglia di Serena avrebbe voluto che anche il compagno fosse sepolto con lei ma non sarà possibile, servirebbe un cimitero civile" dice don Eugenio Hounglonou, il parroco che domani officerà le esequie della ragazza di Diamante e in questi giorni è stato a stretto contatto con la famiglia. 

Trincerati nella loro casa al centro del paese, lontani dai media, dai curiosi, anche dall'eco di quella notizia che non vogliono accettare, i genitori - elettricista lui, casalinga lei, notissimi e benvoluti in paese - rimangono in silenzio. "Sono distrutti dal dolore, soprattutto la mamma. Il padre cerca di resistere come può" dice il sacerdote, spiegando anche che durante i funerali sarà predisposta un'area all'interno della chiesa perché nessuno li disturbi. A Diamante, sarà lutto cittadino. Così ha deciso il sindaco e senatore di Idv Ernesto Magorno, che spiega: "Vuol essere un segno di estrema vicinanza alla famiglia e a tutti i suoi affetti. Nello stesso tempo, vigiliamo sugli sviluppi giudiziari e sul lavoro che in queste ore gli inquirenti piemontesi stanno portando avanti per fare luce su cosa sia realmente accaduto". E se ci sarà un processo, annuncia, "il Comune di Diamante è pronto a costituirsi parte civile nella doverosa affermazione della verità".  Sugli ultimi sviluppi giudiziari la famiglia non dice nulla. L'avvocato Amerigo Cetraro, cui si sono affidati, fa da muro e filtro. "Dopo il funerale si vedrà" dice. Al legale hanno delegato tutte le incombenze che la burocrazia in questi casi impone non solo per la ragazza, ma anche per il compagno che avrebbero desiderato far riposare con lei. Ma è complicato, spiega il legale. Non si tratta solo di problemi logistici e religiosi, ma anche burocratici e diplomatici.  È stato fatto tutto il più in fretta possibile, grazie anche alla collaborazione del Comune di Verbania, degli amici di Hesam che hanno contattato l'ambasciata e il consolato iraniano e della Farnesina. Ma la procedura è lunga. Dall'Iran, dove ancora vivono la madre e la sorella del ragazzo, raggiunte dagli amici del ragazzo, sono già partite le procure che permettono a qualcuno che non sia familiare di occuparsi della salma.  Ma ci vorrà tempo perché arrivino e vangano protocollate e dovranno essere tradotte ufficialmente, quindi trasmesse. Burocrazia che allunga a dismisura tempi e strazio. Solo dopo la salma potrà lasciare Verbania e iniziare il viaggio verso l'Iran. "I familiari di Hesam non lo hanno chiesto espressamente e personalmente io ho condiviso il desiderio espresso dalla famiglia di Serena, ma il diritto della sepoltura spetta ai familiari". Quando le carte faranno il loro corso, Hesam tornerà a casa. Anche se per lui casa era da tempo l'Italia, dove progettava di vivere con Serena. Lo dicono chiaramente i messaggi di cordoglio e saluto dei suoi amici e colleghi della Sapienza a Roma, dei professori che lo ricordano come uno studente brillante e persino della rettrice Antonella Polimeni, che scrive "resterà il ricordo indelebile di due giovani che si impegnavano con entusiasmo e serietà nella vita universitaria".

Manuale di autodifesa I consigli dell’esperto anti aggressione Antonio Bianco puntata SE SIETE IN PERICOLO, NON METTETEVI SPALLE AL MURO

  Per affroontare unaggressione in maniera adeguata non è sufficiente saper tirare bene un calcio, un pugno, o sapersi liberare da una presa...