1.11.21

Che strano è l'essere umano. Litiga con i vivi e regala fiori ai morti.

 



Oggi   nei  giorno  dei  morti  concordo  con l'amica  

Che strano è l'essere umano.
Litiga con i vivi e regala fiori ai morti.
Rimane per anni senza parlare con un vivo e quando muore, gli rende omaggio.
Non ha tempo per andare a trovare un vivo, però rimane un giorno intero ad una veglia. Non chiama, non abbraccia, non si interessa di un vivo, però si dispera di fronte ad un morto. Sembra
quasi che la cosa più preziosa sia la morte... e non la vita.
Poi ci sono quelle persone meravigliose,
che le persone le celebrano da vive ..
e quando purtroppo queste persone vanno via ,
non si dimenticano di loro o si ricordano di loro solo una volta all ' anno,ma curano la loro tomba sempre... come se fosse la loro casa !!


Non sempre è così, almeno per e vero che molte persone vanno solo una volta all'anno a portare i fiori sulla tomba dei loro cari, ho detto questo perché nella tomba dei miei nonni paterni e sempre bella pulita e con tanti fiori dei nostri giardini, e pensiamo a loro con tanto affetto. Quelli materni quando possiamo perchè si trovano in citta lontane , ma il pensiero rimane .
cocordo  con il  commento  di   

Alessandra Canu
I parenti, gli amici, le persone in generale, vanno amate e rispettate da vive. Serve una carezza,un bacio, un,io ci sono,da vivi,un fiore va regalato da vivi , dopo ,fa bene solo a chi rimane ,magari xché la coscienza, si fa sentire

“Fate con comodo, noi vi aspettiamo qua”, il monologo perfetto di Luciana Littizzetto sul ddl Zan di mstra che esiste un altra italia più avanti dei nostri politicanti

 colonna  sonora
cara democrazia- Ivano Fossati
Altritalia-Mcr 


Proprio   come  dice  la  canzone    citata   : << C'è un'AltrItalia che vive e si diffonde\Non la trovi sui giornali, la TV ce la nasconde  >>  Infatti  le  manifestazioni     pro  Ddl  zan ,  questa  vignetta     di Pietro vanessi  



ed   il monologo  della   Littizzetto   lo  dimostrano


da   https://www.nextquotidiano.it/

“Fate con comodo, noi vi aspettiamo qua”, il monologo perfetto di Luciana Littizzetto sul ddl Zan | VIDEO

In 2 minuti e 40 secondi, Luciana Littizzetto parla di quanto accaduto in Senato e spiega ai parlamentari che la popolazione civile è molto più avanti di loro

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Littizzetto monologo ddl Zan

Un discorso che parte da quel vergognoso coro da stadio, con tanto di standing ovation pochi istanti dopo aver approvato la tagliola (con voto segreto) che ha affossato il ddl Zan. Luciana Littizzetto, dallo studio di “Che Tempo che Fa” (RaiTre) impiega solamente due minuti e quaranta secondi per dare una versione – praticamente perfetta – di quel che è accaduto la scorsa settimana a Palazzo Madama. E non solo quei beceri festeggiamenti, ma anche l’analisi della società che dimostra, nel suo quotidiano, di essere avanti anni luce rispetto alla classe politica che ci rappresenta (o che dovrebbe farlo).

“L’applauso è partito per festeggiare l’affossamento del ddl Zan, la legge contro l’omotransfobia. In quest’anno in cui l’Italia vince in tutto il mondo, anche nel Mondiale di pasticceria, purtroppo perdiamo in casa. E perdiamo nella gara più importante, quella di far sentire tutti uguali e tutti rispettati. Mi spiace perché questo disegno di legge era forse pieno di imperfezioni, ma bastava mettersi d’accordo e modificarlo. E poi era una legge per dare diritti in più, per aggiungere. Non per togliere. Per tutelare la diversità e l’inclusione. Pillon spillava gioia da tutti i pori, aveva il farfallino spanato come una corona di crisantemo. Mancava che gli si staccasse dal colletto e gli si posasse sull’inguine come la farfalla di Belen. Ma almeno lui è coerente. Cioè, è sempre stato contrario alla legge e ci ha messo la faccia. Io non sopporto quelli che dicono ‘ero d’accordo sul principio, ma c’era un dettaglio che non mi quadrava, così ho votato contro’. E non sto parlando di Renzi che era in Arabia Saudita, che come si sa è il faro dei diritti civili di questo pianeta. Se mi chiedi due posti dove mi sento libera, quelli sono Amsterdam e Riad. Io dico gli altri, quelli che hanno votato no mentre un minuto prima dicevano sì. Quelli che sono a favore delle leggi civili solo il giorno del gay Pride, o il giorno prima delle elezioni. Sentire queste discussioni di fino su quel ‘qualcosa che non quadrava’ mi stupisce, perché quando c’è da prendere i soldi della Finanziaria i senatori piazzano dentro la qualunque. Sui diritti, invece, si trasformano in precisetti che vanno a vedere il pelo nell’uovo col microscopio del CERN. Le leggi già ci sono e le tutele pure? Perfetto, allora facciamo una cosa rivoluzionaria: inseriamo l’educazione sentimentale e sessuale nelle scuole, obbligatoria anche per i più piccoli. Perché è da lì che parte tutto. Tutto, tuttissimo parte da qui. L’unica cosa che mi consola, è che intanto la società è già più avanti di voi. Quei diritti sono nella testa della maggioranza delle persone. Per cui potremmo dirvi: ‘Carissimi, fate con comodo. Noi vi aspettiamo qua’”.

Perché questo è. Quando si dice – un mantra delle destra – che la politica è completamente scollata dalla società civile, è una verità. Perché sono proprio i politici (di destra e di sinistra) a non avere la minima percezione delle esigenze di quella popolazione che li ha votati. Anche per tutelare i diritti di tutti.

(foto e video: da Che Tempo che Fa, RaiTre)

31.10.21

C’è un uomo che ha deciso di regalare a Napoli e al Napoli una statua di Maradona. Si chiama Stefano Ceci, ha 48 anni e forse è stato uno dei pochi veri amici di Diego

  da  repubblica  del  30\10\2021

 “Io, vero amico di Diego dono una statua a Napoli con il piede del Santo” L’intervista/ Stefano Ceci e i suoi vent’anni con Maradona

di Maurizio Crosetti 



C’è un uomo che ha deciso di regalare a Napoli e al Napoli una statua di Maradona. Si chiama Stefano Ceci, ha 48 anni e forse è stato uno dei pochi veri amici di Diego (che oggi avrebbe compiuto 61 anni), oltre che il suo socio in svariate avventure umane e commerciali. A Stefano, il campione concesse i

diritti d’immagine e questo ha scatenato una furibonda battaglia legale. «Ma io ho vissuto per vent’anni insieme a Diego, ho tutte le prove dei nostri contratti, infatti ho sempre vinto in tribunale e non temo certo i parassiti che sfruttavano Maradona da vivo, e vogliono sfruttarlo pure da morto».Lo dice al telefono da Dubai.

Signor Ceci, cos’è questa storia della statua?

«Il mio dono alla città e alla memoria della persona più importante della mia vita, un semplice grazie a chi adesso non c’è più. Una statua in bronzo dorato, a grandezza naturale, alta un metro e 67 come il mio fraterno compagno ritratto ai tempi del mondiale messicano. La mano sinistra e il piede sinistro sono stati riprodotti in 3D usando il calco che io stesso avevo fatto a Diego, le impronte le ho prese io, sissignori».

Un calco? In che senso?

«Io e lui sapevamo che un giorno il suo piede sinistro sarebbe stato venerato. Quando nascerà il Museo Maradona, piede e mano saranno riprodotti in oro. Ma anche chi toccherà il piede della statua, sfiorerà in qualche modo il piede vero di Maradona come se fosse, diciamo, quello di un santo».

Un santo? Non stiamo un po’ esagerando?

«Diego diceva: io sono napoletano dal giorno in cui sono arrivato qui. E sulla statua ci sarà scritto proprio questo: “Anch’io sono napoletano”.La esporremo allo stadio Diego Armando Maradona il 28 novembre, prima di Napoli-Lazio. La metteremo a centrocampo, poi sarà sistemata negli spogliatoi, nel punto dove gli arbitri incontrano i giocatori, così potrà essere vista in tivù prima di ogni partita. Pago tutto io, saranno più o meno 80 mila euro e sono onorato di farlo».

Chi era per lei Maradona?

«Un amico, un fratello, un sogno.

Infatti lo sogno ancora, almeno due volte a settimana. Sogno di essere a Napoli, di sporgermi dal balcone e vedere Diego lì sotto. Oppure stiamo per andare a un evento e lui mi ripete “Tanito, non ho voglia, andiamoci domani”. Ci siamo drogati insieme, insieme abbiamo vissuto a Cuba e Dubai, io abitavo al piano di sotto e tenevo sempre un walkie-talkie acceso, così lui poteva chiamarmi nel cuore della notte per un panino, “Tanito portami un sandwichito”, o per dirmi che si era spenta la tivù e se potevo riaccenderla. Purtroppo non riusciva mai a dormire. Di me diceva: toccatemi tutto, non Stefano perché per me il Tano è intoccabile.Lo ha ripetuto tante di quelle volte nelle interviste in tivù».

Gli eredi di Maradona la accusano di non essere il vero depositario di tutti quei diritti commerciali.

«Miserabili. Eppure continuo a mandare bonifici pari al 50 per cento di ogni affare concluso, come voleva Diego. Lui era lì sul letto, morto e ancora caldo, e c’era chi gli svuotava il frigorifero. Si sono fregati pure le cose da mangiare».

L’avvocato Matias Morla sostiene di essere lui il rappresentante di Diego sul mercato internazionale, e non lei.

«Morla registrò cinque marchi senza neppure dirlo a Maradona, una carognata, ma non l’omino che corre, non “D10S”, quelli sono miei! In otto anni ho fatto guadagnare quasi trenta milioni di dollari a Diego, e ora la metà spetta ai figli legittimi, poi arriveranno pure quelli naturali. Ho chiuso io i contratti per i videogiochi, per le slot machines, tra poco lanceremo una nuova linea di abbigliamento.

Ho portato io Maradona in Rai da Fazio, alla Fifa, al San Carlo di Napoli, a Londra, in Corea, in Marocco, ai Mondiali del 2014 e del 2018. Trentasette eventi abbiamo fatto, noi due. E dov’erano, i presunti amici? A Cuba, siccome non c’erano soldi non si vedevano neppure i parenti. Ma lui non ha smesso di pagarli, e non bastava mai».

Si parla di 200 o 300 milioni di dollari di eredità.

«Ma no, che fesseria. Nel 2012, quando siamo andati a Dubai, Diego aveva 8 milioni di dollari sul conto.Grazie a me ne ha guadagnati altri 26 milioni e 600 mila. Almeno 10 sono andati alla famiglia, quasi 6 negli ultimi 5 anni. Penso che adesso ci siano sui vari conti una ventina di milioni di dollari, non di più. E una quindicina sono spariti perché qualcuno li ha fatti sparire.Non esistono casseforti segrete. I cimeli importanti se li era già presi l’ex moglie Claudia, che li ha venduti: esistono due cause in tribunale, per questo».

Ormai è quasi passato un anno.Cosa le manca di più di Maradona?

«La quotidianità: io ero innamorato pazzo di Diego. Ho chiamato mia figlia Mara Dona per avere sempre Maradona in casa con me. Al mattino guardo ancora lo smartphone appena mi sveglio, è un riflesso condizionato, come se lì dentro potesse esserci un suo messaggio. Mi manca la voce, così stanca alla fine. Gli hanno fatto cambiare quattro case soltanto nell’ultimo anno, le signore figlie, per poi mandarlo a morire nella jungla. A Napoli c’è un proverbio che dice: il morto lo piangono tutti, ma nessuno se lo vuole portare.Quando lo vidi per l’ultima volta, Diego era nel ritiro del Gimnasia, la squadra che allenava. Aveva giocato a pallone, ma non c’era acqua calda per lavarsi: lo aiutammo io e Christian Jorgensen, il suo assistente. Scaldammo l’acqua sul gas della cucina, non c’era nemmeno lo shampoo. Ecco come viveva Diego. Quando sento dire “ma come è morto?”, io rispondo: non è morto così, è vissuto così, solo come un cane. Ha avuto tutto e non ha avuto niente».

La vita di fianco a sé “Il nostro amore nato danzando uno contro l’altra” Per odio e per amore, una vita per la danza divisa in due.Timofej Andrijashenko e Nicoletta Manni, primi ballerini della Scala


repubblica  31/10/2021
CRONACA
Storie italiane La vita di fianco a sé “Il nostro amore nato danzando uno contro l’altra” Per odio e per amore, una vita per la danza divisa in due.
Timofej Andrijashenko e Nicoletta Manni, primi ballerini della Scala

                                 di Dario Cresto-Dina
Questa è la storia di Timofej Andrijashenko, detto Tima, nato 27 anni or sono a Riga in Lettonia, primo ballerino della Scala; e di Nicoletta Manni, 30 anni, di Galatina, provincia di Lecce, prima ballerina della Scala.
Insieme Timofej Andrijashenko, 27 anni e Nicoletta Manni,
30 anni, alla Scala durante il Don Chisciotte.
I due ballerini sono compagni di scena e nella vita

Compagni sulla scena e nella vita, a volte avversari. Come è accaduto nel loro primo incontro.
Tima : «Era il 2012, un concorso nel quale io ero ancora studente mentre lei faceva già parte di un corpo di ballo. Noi allievi la ammiravamo come professionista, eravamo in soggezione. Non ebbi il coraggio di avvicinarla e lei non mi filò. La rividi alla Scala, in una sala prove.
Tutto cominciò quel giorno».
Nicoletta : «Ci siamo conosciuti da nemici. Io arrivai prima, lui secondo. Anche dopo non mi accorsi che mi stava corteggiando, ci volle un po’ di tempo per rendermi conto che avevo trovato l’amore in famiglia».
T .: «Lei è una compagna eccezionale, una giovane donna incredibile. E una cuoca straordinaria, l’ho detto e ora mi aspetto gli attacchi social…».
N .: «La professione è parte fondamentale della nostra vita, ma quello che più ci unisce è la complicità che abbiamo trovato, l’equilibrio che siamo riusciti a costruire tra lavoro e privato.
Siamo molto diversi, ma questo ci aiuta fino a renderci complementari. La più rigorosa sono senza dubbio io».
T .: «Nella danza sono stato catapultato, per punizione. Sono stato un bambino iperattivo, insofferente alle regole. Con gli amici del cortile giocavo ovunque a calcio, poi facevo nuoto, karate, bob, pallanuoto e beach volley. Da un giorno all’altro mio padre mi annunciò che mi aveva iscritto all’Accademia statale di danza classica a Riga. Imparerai la disciplina, mi disse. Per me fu uno shock, nella mia testa di bimbo ne avevo una percezione stereotipata, come di una cosa da femmine. Provai l’amaro dell’odio».
N .: «Vivevo nella frazione di Santa Barbara, credo che abbia non più di cento abitanti. Diciamo che sono figlia d’arte, la mia mamma è una insegnante di danza. Così ho cominciato a due anni e mezzo.
All’inizio l’ho vissuta come un gioco, ma presto ho capito che era quello che volevo fare nella vita.
Avevo dodici anni quando chiesi a mia madre di portarmi alla Scala per un’audizione. Mi presero».
T .: «Poi è scattato qualcosa, dopo il primo saggio di fine anno. Mi sono reso conto che in scena ero veramente a mio agio e che, guardandomi indietro, mi ero divertito tantissimo fino ad allora anche se faticavo ad ammetterlo. Il mio entusiasmo, la mia energia incontrollata avevano trovato un fuoco, una traiettoria».
N .: «La danza impone disciplina e armonia ai movimenti, ma forma anche a livello caratteriale. Un ballerino è un ballerino in ogni cosa che fa».
T .: «Alla fine dei cinque anni di Accademia ho vinto una borsa di studio per il Russian Ballet College di Genova. Il primo anno lontano da casa è stato difficile, implorai mia madre: voglio tornare, è troppo dura. Ricordo che una sera al telefono rispose così alle mie lacrime: calmati, dormici su, pensa a qualcosa di bello. Vedrai che domani andrà meglio, poi mi chiami e ne riparliamo. Non lo pensavo possibile, eppure il giorno dopo mi sono svegliato più forte. A 16 anni ho perso mio padre, un dolore terribile dal quale mi sono risollevato solo grazie alla danza. Ci misi dentro la sofferenza e la rabbia e vinsi il Moscow International Ballet Competition nella categoria juniores, le nostre Olimpiadi che si svolgono ogni quattro anni sul palco del Bolshoi».
N . «Trasferirmi a dodici anni dalla mia piccola realtà a una città come Milano è stato un enorme cambiamento, ma l’ho vissuto come il realizzarsi di un sogno. È stato bello dunque, nonostante il sacrificio di vivere lontano da casa, in un convitto di suore. Oggi, ogni volta che metto piede su un palco, riesco a trasmettere un’emozione al pubblico, mi nutro di un applauso, sento di essere completamente ripagata delle fatiche che sopporto ogni giorno».
T .: «Non posso elencare i tanti che mi hanno messo a disposizione il loro talento, ma non dimentico il mio primo maestro di danza a Riga e poi Irina Kashkova che mi ha permesso di fare il salto di qualità e di venire a studiare stabilmente in Italia. È stata la mia seconda madre artistica. Si incontrano molte persone nel nostro mestiere e tutte sono preziose. È una delle cose che mi ha insegnato la danza: saper attingere dall’arte di tutti.
Un ballerino non smette mai di imparare, dal più anziano come dal più giovane. E questo, in automatico, ti insegna a avere rispetto dell’altro».
N .: «Posso dire di essere stata molto fortunata perché a 17 anni sono entrata nella Compagnia di Berlino. Era il mio primo lavoro dopo il diploma alla Scala e lì ho trovato una ballerina che ho sempre amato molto, Polina Semionova.
Un’artista unica, umile ma di grande spessore, che mi ha insegnato a considerare ogni successo un punto di partenza. Sono prima ballerina dal 2014, ero molto giovane, avevo solo 22 anni. Da lì è cominciato un percorso bellissimo che mi porta ogni giorno a superare un passaggio successivo».
T .: «Spesso mi domando se ho imparato la disciplina e l’armonia. Non trovo risposta, so che ora conosco quali sono le mie responsabilità, qual è il mio posto a questo mondo.
L’armonia è un po’ come la pace, non la troverò mai fino in fondo. La perfezione non esiste, è solo una sirena che ti chiama, ti lusinga e non puoi non seguirla, anche se sai che non la raggiungerai mai.
Ma sono felice, questo sì, ora posso dire di essere felice».
N .: «Più si ha e più si vuole. Credo sia importante non smettere di porsi dei traguardi, degli obiettivi, di rincorrere i desideri. Ne ho tanti: ruoli da danzare, palchi da solcare e anche sogni di vita privata. Ma sono ancora giovane e credo che potrò raggiungere, lo spero, ancora molto. Ho avuto tantissimo dalla Scala e dall’Italia, sogno di danzare in tanti teatri come il Bolshoi dove sono stata invitata nel 2019. Il mondo di un ballerino è immenso».
T .: «Oggi mi sento alla Scala un Moschettiere del Re. Diventerò un grande ballerino? Non credo di esserlo, ma ho avuto l’opportunità di diventare un artista. E anche per questo non esistono classifiche».
Questa sera Nicoletta Manni e Timofej Andrjashenko saranno al teatro degli Arcimboldi di Milano nell’ultima del “Don Chisciotte”, a dicembre alla Scala per “La bayadère” e a gennaio in tv su Raiuno ospiti del programma di Roberto Bolle “Danza con me”.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Insieme
Timofej Andrijashenko, 27 anni e Nicoletta Manni, 30 anni, alla Scala durante il Don Chisciotte. I due ballerini sono compagni di scena e nella vita



un insegnante celebra il matrimonio di una sua allieva ., ragazze che mandano a fncl il ragazzo fedifrago e se ne vanno insieme on the road ., genitori che non abortiscono ed accettano il figlio cosi com'è .

 da  https://storiedeglialtri.it/storie/



insegnante


Lei è Monia. Vive a Treviso, in Veneto. È il suo primo giorno alle scuole Medie. Mentre chiacchiera con i compagni, un giovane sconosciuto fa il suo ingresso in aula. Buongiorno, sono il vostro professore di Italiano, chiamatemi Matteo, siate buoni, è la mia prima esperienza. Monia e gli amici lo guardano increduli. Cosa vuole questo? Sta scherzando? È troppo giovane per insegnare. E sia, fatti sotto forestiero. Cercano di coglierlo in fallo con le domande più assurde, di fargli perdere la pazienza con le prese in giro. Matteo para i colpi con l’autoironia, poi passa al contrattacco. Invece della solita lezioncina, racconta storie, esperienze di vita, canta, dice barzellette, crea, avvolge, coinvolge. Monia ne prende atto, quelle lezioni sono davvero fighe. Passa tre anni fantastici, l’ultimo giorno di scuola prima del liceo scoppia in lacrime. Prof, come farò senza di lei? Rimangono in contatto. quando Monia ha un
dubbio, Matteo la aiuta a sbrogliarlo. Diventa una guida, un punto di riferimento. Monia lo ripaga con la frase più bella che un’alunna può dire al suo maestro. Prof, lei mi ha ispirato, voglio seguire le sue orme, insegnare e fare la differenza nelle vite degli studenti, come lei ha fatto nella mia! Ci riesce, grazie ai consigli di Matteo, ottiene una cattedra a Londra. È il 2014. Monia torna in Italia per il matrimonio di un amico. Sarà l’atmosfera romantica, ma Nadir, il fotografo degli sposi, le sembra proprio carino. Si lanciano occhiate, sorrisi, poi si appartano e, cos’altro c’è da aggiungere, si piacciono. Escono insieme, la relazione cresce, finché Nadir la raggiunge a Londra e le chiede di sposarlo. Monia tocca il cielo con un dito. Fissa la data, sceglie location e invitati. È tutto perfetto, eppure manca qualcosa. È un giorno speciale e vuole avere vicino la persona che l’ha aiutata a diventare la donna che è. Prende il telefono. Pronto, prof Matteo? Le andrebbe di celebrare il mio matrimonio? Dall’altra parte c’è silenzio, risate, commozione, e ancora risate. È l’ottobre del 2021. Monia sposa il suo Nadir sotto gli occhi lucidi e orgogliosi di Matteo, un insegnante, un amico, un maestro di vita. Infatti Al matrimonio erano presenti anche altri compagni di scuola. Il professor Matteo li ha salutati così: «Officiare il matrimonio di una ex alunna è stato il voto più bello».

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ognuno di noi può lasciare un segno, grande o piccolo nella vita di chi incontra, anche se si ferma per poco tempo.

Lei è Raffaella. Ha 27 anni, fa l’insegnante. Parte dalla Sicilia, gira in lungo e in largo la penisola come supplente alle Elementari, fino a quando approda a Firenze. È amore a prima vista! Finalmente ha una classe tutta sua. I bambini sono impegnativi, ma Raffaella è piena di entusiasmo. Gli fa digerire l’inglese con l’aiuto di un pupazzo, decora le verifiche con faccine sorridenti. Intanto conosce Luca, sboccia l’amore, il rapporto cresce, lui propone di trasferirsi a Viterbo, il suo


luogo d’origine. Raffaella ha il cuore spezzato, ma dopo tre anni dice addio ai suoi amati alunni. La vita scorre. È il 2021. Raffaella ha 43 anni, continua a insegnare, si è sposata e ha messo al mondo due bambine. Sogna di fare un salto a Firenze, per rivedere e riabbracciare le sue colleghe, con le quali ha mantenuto i rapporti. Riesce a ritagliarsi qualche giorno tutto per sé. Parte, arriva in albergo, mentre aspetta il resto della comitiva, naviga su Facebook. Ha ricevuto un messaggio da un ragazzo. Sono passati dieci anni, ma riconoscerebbe quel faccino ovunque. Emanuele, uno dei suoi ex alunni. Maestra Raffa, quanto tempo, come sta? Sarebbe bello organizzare una rimpatriata, quando potrebbe venire a Firenze? Raffaella non riesce a crederci. È una coincidenza incredibile! Oggi, posso oggi, sono già qui! Si gode il ritrovo con le colleghe, poi si scusa, e corre dai suoi bambini. Sono cresciuti. Emanuele, Flavia, Irene, e Kevin nel frattempo sono diventati adulti. Raffaella dà un calcio al pudore e si tuffa tra le loro braccia. Sotto le barbe folte e le gambe lunghe, ritrova i sorrisi di quei cuccioli di nove anni. I suoi ragazzi raccontano dei sogni e dei progetti, di quello che era, di ciò che è stato e di ciò che sarà. Raffaella ascolta incantata. Li trova belli, dentro e fuori. Non indossano più i grembiulini, ma i loro occhi sono pieni d’amore. Quello che lei ha seminato, ha germogliato dei fiori meravigliosi. La giornata vola via in fretta, vorrebbe fermare il tempo, almeno rallentare, può solo immortalare il momento in una foto ricordo. Ragazzi, io sto in mezzo! Ora riguarda le loro facce, gli sguardi, le espressioni, il suo sorriso. Può una immagine catturare la magia di un incontro?


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Morgan, Abi e Bekah hanno scoperto di non essere le uniche. Il loro fidanzato usciva in contemporanea con ben sei ragazze.



Lei è Morgan. Vive a Boise, negli Stati Uniti. Ha 21 anni. È fidanzata con un compagno di università, vanno d’amore e d’accordo, parlano addirittura di matrimonio, ma da qualche tempo lui ha impegni improvvisi, e accampa le scuse più improbabili per darsela a gambe. Morgan cerca di trattenersi, ma un tarlo la divora. Recupera le password ed entra di nascosto nei suoi social. Legge le
conversazioni, e like dopo like finisce nella pagina di una certa Abi. Il suo profilo è pieno di foto in cui si bacia con un tipo. Nulla di male, se non fosse che quello è il suo fidanzato. Non è possibile, non riesce a credere ai suoi occhi. È proprio lui! Morgan scrive alla ragazza del profilo e la mette davanti all’amara realtà. Abi pensa a uno scherzo, ma le prove sono schiaccianti. Entrambe si rendono conto di essere state tradite e ingannate. E se non fossero le uniche? Uniscono le forze, scavano nel web, finché spunta un’altra ragazza di nome Bekah. Anche lei ignara di tutto. Morgan, Abi e Bekah fanno una videochiamata. Si guardano negli occhi, piangono, imprecano, ridono, piangono di nuovo. Proprio in quel momento, Morgan sente bussare alla porta, e chi si ritrova davanti? Il suo caro ragazzo, che con sorriso candido le porge un bel mazzo di fiori. Buongiorno amore, volevo farti una sorpresa! A Morgan prudono le mani, ma resta calma e gli mostra il telefono. Tesoro, anch’io ho qualcosa per te, mi sono fatta delle nuove amiche, le conosci? Abi e Bekah lo salutano dallo schermo. Il ragazzo sbianca, fa spallucce, non ci prova neanche a inventarsi una scusa. Morgan gli sbatte la porta sulla faccia. Dal monitor si sentono risate e urla di approvazione. 
Tutto è chiarito, finalmente, il casanova è stato smascherato, ma nessuna di loro riesce a riattaccare. Continuano a parlare, sorridono, scoprono che hanno qualcos’altro in comune. Amano viaggiare, possibilmente in buona compagnia. Oggi Morgan, Abi e Bekah girano gli Stati Uniti a bordo di un vecchio pulmino. Hanno perso un ragazzo, per fortuna, ma hanno trovato una splendida amicizia. Vuoi mettere?

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Danilo ha affrontato un percorso psicologico che l’ha aiutato ad accettarsi. Oggi studia Psicologia, vuole essere di supporto per chi sta male.


Loro sono Cristina e Giorgio. Vivono a Oristano, in Sardegna. 


Hanno 24 anni, sono sposati e desiderano un figlio, che non arriva. Dopo undici lunghi anni di tentativi, finalmente il test è positivo, ma la gravidanza non supera i primi mesi. Marito e moglie si stringono nel dolore, ritentano e per la seconda volta si preparano all’arrivo di un bel maschietto. Tutto sembra andare per il meglio, finché all’improvviso qualcosa va storto, e devono dire addio al loro piccolo. Per i medici non c’è un motivo. Succede e basta. Sono parole di circostanza, Cristina non può accettarle, c’è in ballo la sua vita. Si sottopone a esami approfonditi, scopre di avere un problema all’utero. Va sotto i ferri, e sopporta le cure senza battere ciglio. Diventerà mamma, lo sente. È il 2000. Nasce Danilo. Cristina e Giorgio lo guardano increduli. Ce l’hanno fatta. Sarebbe tutto perfetto, se non fosse che il figlio ha una malformazione rara che gli causa un problema fisico importante. Deve essere operato. Il suo pianto disperato risuona per i corridoi dell’ospedale, mamma e papà sono straziati, rischiano di impazzire. Dopo settimane appesi a un filo, finalmente vedono la luce. 
Possono portarlo a casa, ma non è finita. Danilo dovrà subire ancora tanti interventi, gli renderanno la vita migliore, ma avrà sempre dei problemi. Cristina e Giorgio stringono il loro piccolo tra le braccia, vogliono proteggerlo da quelle brutte parole. Lo curano, lo coccolano, gli danno tutto l’amore di cui sono capaci, ma Danilo soffre, piange, ogni operazione è uno strazio. Mamma e papà sono lacerati, impotenti. Come si può sopportare tutto questo? Si maledicono, si incolpano. Che razza di genitori siamo, abbiamo messo al mondo un figlio solo per vederlo soffrire? Che futuro potremo mai offrirgli? Le risposte a tutte le loro domande le porta in dono la vita. Danilo cresce, affronta con coraggio le terapie, accetta il suo corpo, impara a sopportare il dolore. Oggi ha 21 anni, è un ragazzo sensibile, pieno di amici e di sogni. Non si vergogna a raccontare la sua storia, e mostra con orgoglio le sue cicatrici. Gli ricordano che è vivo, e che ha due genitori meravigliosi. Mamma e papà lo amano più di ogni cosa.

l'orso marsicano fa il bagno nella fontana della villa comunale prima di andare in letargo

da https://roma.repubblica.it/cronaca   29\10\2021

 Le foto di Vania Tramontozzi sono diventate virali. Da mesi gli orsi marsicani danno spettacolo nelle antiche strade di San Donato Val di Comino, centro di 1.200 abitanti della provincia di Frosinone

Da mesi gli orsi marsicani danno spettacolo nelle antiche strade di San Donato Val di Comino, centro di 1.200 abitanti della provincia di Frosinone, al confine con l'Abruzzo, e questa volta un orso è arrivato a fare il bagno nella fontana della villa comunale. Una scena subito immortalata, con immagini scattate da Vania Tramontozzi, che stanno facendo il giro del web. Il borgo è all'interno del Parco nazionale d'Abruzzo e gli animali hanno iniziato a girovagare sempre più spesso nel centro abitato.

In particolare sono due gli orsi che sono stati notati negli ultimi tempi lungo le strade del paese, sempre alla ricerca di cibo, e a quanto pare continuano a scorrazzare anche in questi giorni, poco prima di andare in letargo.

Sorpresa: la generazione TikTok ricomincia a leggere. Su consiglio dei social



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Dipendenza tecnologica, i consigli dell'esperto: Il cellulare mai prima dei 13 anni"




Cellulari e social riportano i ragazzi dentro le librerie. Un fenomeno, chiamato BookTok, che sta rivoluzionando il mondo dell'editoria. E che mostra quanto gli adolescenti siano in cerca di storie in cui riconoscersi, come spiega il docente di psicologia Gianluca Daffi

                               di Cinzia Lucchelli

All'ultimo salone del libro di Torino lo stand di Sellerio è stato assediato da ragazze e ragazzi in cerca del libro con "James Dean in copertina": Una vita come tante di Hanya Yanagihara, pubblicato in Italia nel 2016,  è andato esaurito in breve tempo.

L'immagine della copertina, che in realtà non raffigura James Dean, negli anni è rimbalzata sempre più frequentemente sui social. Negli Stati Uniti sui tavoli di Barnes & Noble sono comparsi cartelli con la scritta #BookTok a fianco dei libri consigliati su TikTok. Amazon ha aperto sul suo sito la sezione chiamata "Internet Famous", con elenchi di titoli che chiunque abbia trascorso del tempo sul social riconoscerebbe. Spie di un fenomeno che si chiama BookTok. Alimentato dai video pubblicati sul social TikTok da giovanissimi lettori, sta rivoluzionando il mercato dell'editoria. Risvegliando la vendita di libri anche non di recente pubblicazione come La canzone di Achille, rivisitazione dell'Iliade di Omero di Madeline Miller (Marsilio).Telefonini e social accusati di allontanare i ragazzi dalla lettura riportano dunque i ragazzi dentro le librerie. Cosa sta succedendo? "Gli adolescenti cercano storie in cui raccontarsi e in cui rivedersi. Il dubbio che può venire a noi adulti è che quelle che raccontiamo loro siano povere. Ci stanno dicendo che la necessità del racconto è ancora viva. Li immaginiamo interessati ad altro, a oggetti come scarpe e vestiti, ma quello che sta succedendo ci fa capire che in realtà sono interessati al racconto dietro l'oggetto, alla narrazione dietro la copertina", dice Gianluca Daffi, docente di Psicologia all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e Brescia. I frequentatori di Tiktok seguono i consigli di lettura dei loro coetanei più che di un insegnante o di un genitore. Tanto da far lievitare le vendite di alcuni libri, così come i post su Instagram di Chiara Ferragni in visita agli Uffizi avevano fatto lievitare gli ingressi di un weekend del 24%. È  cambiata la percezione dell'autorevolezza? "Non la metterei su questo piano. Sono cambiati i canali attraverso cui si cercano informazioni. Ma è del tutto normale. Gli adolescenti si affidano a canali orizzontali più che verticali, chiedono un consiglio di lettura a un amico non a un padre o a un nonno.  C'è sempre un confronto con i pari". Anche l'emulazione sui social, spiega l'esperto, non è nulla di nuovo: Internet, la rete, è il "grande gruppo".

Instagram, istruzioni per l'uso. Lo psicologo: "Come riconoscere ed evitare le insidie"

È una questione di contenuti ma anche di linguaggio. Che invece è cambiato. I ragazzi su TikTok postano video di libri infarciti di segnalibri sfogliati velocemente, recensioni di pochi secondi affidate a parole e stelline, foto di copertine di cinque volumi che fanno piangere. Video brevissimi, di 15 o 60 secondi, che attorno all'hashtag #BookTok raggiungono oggi più di 24 miliardi di visualizzazioni. "Se un adulto per scegliere un libro ha bisogno di una recensione scritta o di una presentazione, comunque di uno stile verbale, un ragazzo si affida a un modo più visivo e rapido, più sintetico ed efficace. Un tempo si parlava di stili cognitivi, ognuno ne ha uno e cambiano con il tempo", spiega il docente. Ma se lo stile è diverso,  la sostanza no. BookTok, conclude l'esperto, non è un fenomeno inatteso o nuovo. Alla base c'è il bisogno di raccontarsi dei ragazzi per sentirsi parte di qualcosa. Tiktok è un mezzo, protagonista è il libro, la cultura che è viva e gira. "Poco importa che poi i ragazzi non leggano il libro, intanto sono entrati in una libreria e lo hanno comprato, se lo trovano a casa. A disposizione magari dei genitori che lo leggeranno. La cultura è anche questo, la cultura gira".

30.10.21

il mondo è impazzito ed la censura ed i divieti anacrostici non risolvono certo la cosa .

colonna  sonora
CCCP Fedeli alla linea - Morire
Articolo 31 - Fotti la censura

Come  dicevo  sia  nei post  precedenti    in cui parlavo del fenomeno  SquidGame   (   I  II  )   sia   nel titolo  del post   : i  divieti  ,  le  censure  , ecc.    oggi  con la nuova  rivoluzione  digitale  e  con  il  facilissimo accesso alle  tecnologie  (   brutto vezzo   di  padrini  , genitori  di regalare e  comprare 

 :  smartphone , tablet , iPod , ecc. ai figli o nipoti fin dalle elementari ) dove tutti minori compresi accedono a tali contenuti servono ben poco e risultano vista la facilità con cui vengono dribblati ed elusi a ben poco ed addirittura il famoso \ famigerato Facebook pur di guadagnare con la pubblicità diffonde e alimenta l'odio come dice l'articolo di  repubblica     del  30\10\2021   intervista aWalter Quattrociocchi,  capo del Center of Data Science and Complexity for Society (Cdsc) dell’università La Sapienza di Roma. È uno dei ricercatori europei più importanti nello studio delle piattaforme della Silicon Valley .

Ora  E' vero che  un mondo     sempre  più  impazzito   vedere    oltre  all'allarmante    diffusione  di    :  femminicidi  e\  violenza  di genere  ,    stupri e  violenze  di  branco  contro i  più deboli  ed   i recenti     casi  di  cronaca  : 

  • Cagliari  un  cuoco  \  panettiere   sgozzato   per  motivi  sentimentali  da  un marito  geloso  
  • Ercolano       due  ragazzi  uccisi  ( a  mo'   di  esecuzione  mafiosa  )   dallo stesso proprietario  perchè scambiati  per  ladri   visto che  stazionavano  in macchina  vicino   alla  sua  villetta  

e  quindi  si tratta  di un  emergenza  sociale    ma   la   censura  ed  i  divieti  non servono  . Serve  una  battaglia  culturale   e di legalità .  Una  guerriglia  contro  culturale  .
 Infatti     concordo con   la risposta  di Francesco  merlo   

Caro Merlo, come ha ragione la Signora Acciarito!
Se si dà retta ai moralisti la televisione e il cinema sarebbero chiusi oppure ci farebbero vedere le vite dei Santi. La Signora Acciarito cita Fellini, io Gualtiero Jacopetti ¹ che, all’epoca, con i suoi film di “notte” eccitò la fantasia di noi adolescenti. Non erano “capolavori” per l’epoca (dovremmo aprire un dibattito sul termine capolavoro) ma oggi sono cult per cinefili, “saccheggiati” da molti registi e lascio perdere Tarantino. L’oscenità e la violenza sono nell’occhio di chi guarda. La censura democristiana stoppava Fellini ma non si pronunciava sui porno e li lasciava passare.
Qualcosa, a proposito di censura, si è fatto. Ma poi si vieta ai minori di 18 anni l’ultimo film di Mordini, “La scuola cattolica”. Squid Game passerà. Lascerà traccia? Vedremo.
Non esiste la buona censura. E “Squid game” lascerà molta più traccia del suo Jacopetti.


Scommetto che   mi chiederete  cosa  proponi  .   Ho già    risposto più volte    ai vecchi tromboni  e ai censori   vedere   archivio del blog   in particolare   questo post : << La nuova pubblicità Dietor Dietorelle è all’insegna del bacio  sotto    tutte le  sue  forme    crea    rigurgiti  bacchettoni   e dei soliti  ben pensanti  >>   ed  il   secondo  post  (    il secondo   url   di quelli citati     nelle  prime   righe del post  d'oggi  )   sulla serie Squidgame     ma poiché  potreste  scambiare   i miei rimandi  per  una  via  di fuga   ed  eludere la risposta alle   vostre  domande    ecco    che rispondo pubblicamente   anziché  privatamente  ad  una  email  giuntami  da poco  ( N.B   per  rispettare richiesta  di   privacy   il nome  riportato sotto è un nome  di  fantasia  )  



Spett Giuseppe
Lei qualche tempo fa ha condiviso su twitter un post in cui si paragonava la censura di un capolavoro come la Dolce vita all’eventuale censura di una serie violentissima come quella coreana ? Un adulto può vedere quello che vuole, ma dare in mano ad adolescenti e bambini materiale esplosivo come Squid Game è un vero reato. E non si dica che spetta ai genitori e a i nonni controllare. I ragazzi trovano sempre il modo di eludere la sorveglianza.
Anna


Gentile Signora \ ina Anna  
Forse il paragone riportato nel post che ho condiviso è un po' improprio visto i contesti culturali e storici totalmente diversi . Ma è utile per capire come in Italia si faccia ricorso in maniera ipocrita alla censura ed a divieti ormai sempre più vetusti con le innovazioni tecnologiche . Infatti basti vedere che si chiede la censura o i divieti a senso unico . Io che sono per la libertà e contro ogni proibizionismo sono sono fra quelli che pensano , con buone ragioni , che una sola puntata del Grande fratello e simili faccia più danno di tutta la serie Squid Game . E' vero sarà pure inadatta ai ragazzi sotto i 14 , ma non mi sembra il caso di proibirla o censurarla . Certo concordo parzialmente : con lei quando dice : << dare in mano ad adolescenti e bambini materiale esplosivo come Squid Game è un vero reato.>> cosi come lo è dare senza filtri il cellulare con internet e i social a bambini di 8\12 anni senza prima averli educato all'uso . Nei miei post non sto dicendo << che spetta ai genitori e a i nonni controllare. I ragazzi trovano sempre il modo di eludere la sorveglianza. >> non mi fraintenda , ma prima di lasciarli liberi educarli criticamente . Quindi Aiuti i suoi figli e i suoi nipoti a capire senza : tabù , altarini , quello che vedono o leggono ma lasci perdere la censura che, tra l’altro, alla fine promuove tutto ciò che vuole proibire . Infatti tali serie e tali programmi hanno successo , indipendentemente dalla loro  bellezza o bruttura ( dipende dai punti di vista ) ma dalla grandissima pubblicità che gli stata fatta sia con le recensioni e le critiche

[... ] Ricezione critica
Rotten Tomatoes ha assegnato alla serie una valutazione media di 8,1 su 10, basata su 43 recensioni.[25] Su Metacritic, la serie ha un punteggio medio ponderato di 75 su 100 basato su 10 critici, indicando "recensioni generalmente favorevoli".[26]
Risposta pubblica
Joel Keller del New York Post affermò che la serie è «creativa». La descrisse come avente «una narrativa serrata e una storia che ha il potenziale per essere tesa ed eccitante» e concluse la recensione dicendo che «[Squid Game] prende una nuova idea e la trasforma in un dramma elettrizzante; speriamo che continui a creare la tensione che abbiamo visto negli ultimi venti minuti, durante tutta la stagione».[27] Jonhaton Wilson, recensendo per Ready Steady Cut, affermò: «a parte l'essere allungato un po' troppo sottile in alcuni punti, direi che [Squid Game] merita tutti gli elogi che sta per ottenere».[28] Pierce Conran, del South China Morning Post, assegnò un punteggio di 4,5 stelle su 5 e affermò: «nel complesso, questa è ancora una schiacciata selvaggiamente divertente da parte di Netflix Corea, che (probabilmente) sarà adottata in tutto il mondo, come lo sono stati i suoi predecessori».[29] Hidzir Junaini, del New Musical Express, assegnò un punteggio di 4 stelle su 5 e affermò: «intelligenza tematica a parte, Squid Game è una serie che mette grande tensione ("a white-knuckle watch"), grazie al suo elemento di competizione viscerale».[30] La serie venne però anche criticata per la sua somiglianza con il film giapponese As the Gods Will, uscito nel 2014. In risposta alle accuse di plagio, il regista Hwang Dong-hyuk dichiarò di aver iniziato a lavorare alla sceneggiatura della serie già nel 2008 e che la somiglianza della serie con il film (di cui era venuto a conoscenza durante le riprese) era soltanto casuale.[31][32] . [...]  segue  su    https://it.wikipedia.org/wiki/Squid_Game

sia con " terrorismo mediatico da vecchi tromboni e retrogradi ( ovviamente sto facendo un discorso in generale non sto parlando di lei ) censori che per paura o incapacità non sanno fare i genitori i nonni e chiedono la censura ed i divieti anziche cercare di capire cosa attira tali figli /nipoti di tali programmi e cosi facendo amplificano lo stato di trasgressione ed il fascino del proibito ( soprattutto nei per i ragazzi e ragazzini ) il desiderio \ curiosità del vedere perchè è stata richiesta la censura . Quindi <<è evidente che >> secondo quanto dichiara a https://www.agi.it/cronaca/news/2021-10-30/squid-game-garanti-a-genitori-non-lasciare-soli-i-bambini-14368399/ Carla Garlatti, presidente dell'Autorità Garante per l'Infanzia << esiste un problema di controllo da parte degli adulti e, insieme, la necessità di trovare una risposta, in questo caso, a una serie di successo su scala planetaria. I genitori, trattandosi di video diffusi da una piattaforma di streaming, possono attivare sistemi di parental control, ma questo argine può saltare se le stesse sequenze sono condivise sui social, anche se va ricordato che sotto i 14 anni i bambini non dovrebbero poter accedere a tali piattaforme".>> Infatti <<< è plausibile - prosegue Garlatti - che possano comunque venire a contatto con tali contenuti, magari per il tramite di compagni di classe o di giochi>>. Per questo, conclude, sarebbe ( ed necessario ) opportuno che genitori ed educatori , invece di limitarsi a raccogliere petizioni che invitano a proibire o a cancellare dai palinsesti tali serie inizino a discutere insieme ai ragazzi ed ai genitori i motivi per i quali sono affascinati dai temi della competizione, della crudeltà, delle differenze sociali e della morte. << [... ] è infatti essenziale cogliere quali sono gli aspetti importanti di cui sentono la necessità di parlare e affrontarli con loro>>.
 
                    Cordialmente Giuseppe Scano

29.10.21

Calciatori gay, non solo Josh Cavallo: pochi coming out e tanti pregiudizi




Il coming out del centrocampista Josh Cavallo ha riaperto il dibattito sull'omosessualità nel calcio. Perché dichiarare il proprio orientamento sessuale fa così paura ? Negli anni si sono esposti sull'argomento Radja Nainggolan e il calciatore della Sampdoria e della nazionale svedese Albin Ekdal, con un bellissimo discorso sull'omofobia, in cui invitava a cambiare mentalità. Finora non sono stati molti i giocatori dei campionati maschili a rivelarsi. Il primo, nel 1990, è stato il britannico Justin Fashanu ma fu discriminato anche dalla comunità

nera a cui apparteneva.



 Negli anni si sono esposti sull'argomento Radja Nainggolan e il calciatore della Sampdoria e della nazionale svedese Albin Ekdal, con un bellissimo discorso sull'omofobia, in cui invitava a cambiare mentalità. Finora non sono stati molti i giocatori dei campionati maschili a rivelarsi. Il primo, nel 1990, è stato il britannico Justin Fashanu ma fu discriminato anche dalla comunità
nera a cui apparteneva. Tra gli altri che hanno fatto coming out ci sono il tedesco Thomas Hitzlsperger, che aveva giocato nell'Aston Villa, nella Lazio e nel West Ham: ha aspettato la fine della sua carriera calcistica per fare coming out, nel 2014. Rosario Coco risulta essere l'unico italiano omosessuale: ha contribuito a dar vita alla "Lupi Roma Outsport", una squadra di calcio gay-friendly.

La Divina Commedia torna a riveder le stelle., La battaglia dei writer per i muri da dipingere ., Boomer e generazione Z: la bocciofila a ritmo trap,. L'oasi nel mare di Taranto delle cozze etiche e green ., Nel parco dove si riscopre l'armonia del camminare ed altre storie

 

 La Divina Commedia torna a riveder le stelle
Verrà inviata nello spazio con la Sojuz 19, incisa su una tavoletta di titanio che un astronauta lancerà verso il sole. Come testimonianza fluttuante dell’ingegno umano

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Boomer e generazione Z: la bocciofila a ritmo trap

Al circolo pensionati Vanchiglietta c'è chi si trova per giocare a bocce e chi per partecipare a un contest musicale. Due generazioni a confronto

di Giulia Destefanis

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L'oasi nel mare di Taranto delle cozze etiche e green. Sul video magazine di questa settimana la storia della cozza tarantina: 




è unica al mondo e viene coltivata in un'oasi d'acqua, promessa di riscatto per la città, per il settore e per l’occupazione.


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Nel parco dove si riscopre l'armonia del camminare



Sulle colline alle porte di Roma è nato un centro specializzato nel riequilibrio motorio, dove si impara a percepire gli impulsi che i piedi mandano al cervello

di Francesco Giovannetti



Il paese che lavora l'argilla come gli etruschi



Castelviscardo tramanda le tecniche antiche: si modella a mano, la fornace è senza elettricità. E i manufatti sono preziosi per i restauri. Come quello del tempio di Alatri

di Francesco Giovannetti



La battaglia dei writer per i muri da dipingere



A Genova c’è voglia di street art. E se il Comune pubblica un bando per attirare firme internazionali, gli artisti locali rivendicano spazi per esercitare la creatività

di Massimiliano Salvo

«Il patriarcato è finito. Violenze in aumento per l’immigrazione illegale»: il discorso di Valditara alla Fondazione per Giulia Cecchettin. se stava zitto faceva più bella figura

«Occorre non far finta di vedere che l’incremento dei fenomeni di violenza sessuale è legato anche a forme di marginalità e devianza, in qua...