5.6.09

LA CHIESA E I REGIMI DI DESTRA


La componente del mondo cattolico italiano più sensibile ai valori democratici prova, e in alcuni casi esprime a chiare lettere, un sincero sgomento per l'assordante silenzio delle gerarchie vaticane di fronte al pericolo costituito per la legalità democratica dalla destra italiana. Per la verità, mi pare che questo stupore sia del tutto immotivato: l'atteggiamento attuale è, infatti, assolutamente coerente con quello tenuto di solito dal Vaticano nei confronti dei regimi autoritari di destra. Di seguito, qualche esempio tratto dalla storia del secolo scorso, cominciando col fascismo che, riguardandoci più da vicino, merita un'attenzione particolare.



In Italia nel 1922 Mussolini è appena arrivato al potere e mostra subito le sue intenzioni autoritarie proclamando alla Camera che poteva "fare di quest'aula sorda e grigia un bivacco di manipoli". La cosa non allarma il Vaticano, anzi il cardinale Gasparri, segretario di Stato, trova motivi per compiacersene e confida all'ambasciatore del Belgio presso la Santa Sede: "avvertire la Camera che resterà in funzione due anni, o solo due giorni, a seconda che si mostrerà ubbidiente o indisciplinata, è il colmo dell'audacia. Ma Mussolini ha terminato il suo discorso pregando Dio di assisterlo per portare a buon termine il suo arduo compito. Dal 1870 non si era più intesa, dalla bocca di un sovrano o di un ministro italiano, alcuna invocazione alla Divina Provvidenza. I liberali ... non si curavano della religione ... ed è un rivoluzionario convertito a dare l'esempio di un ritorno alle pratiche religiose. La Provvidenza si serve di strani strumenti per fare la felicità dell'Italia. Da parte mia, non rimpiango certo il parlamentarismo italiano, quando vedo Mussolini tendere risolutamente verso un governo conservatore".


Pochi mesi dopo, nella sua prima enciclica, Ubi arcano Dei, Pio XI, mettendo in guardia contro le agitazioni sociali e le ribellioni alle legittime autorità, sente il bisogno di sottolineare che esse sono più frequenti nei Paesi in cui è in vigore un regime basato sulla rappresentanza popolare, per il quale il papa pare non nutra particolare simpatia: "le forme di governo rappresentative, sebbene non condannate dalla dottrina della Chiesa (come non ne è condannata forma alcuna di regime giusto e ragionevole), pure è a tutti noto quanto facilmente siano esposte alla malvagità delle passioni". Non si può certo dire che con queste parole il papa abbia incoraggiato le forze politiche che si opponevano alla nascente dittatura.


Quando nel 1924, dopo l'assassinio di Matteotti, il fascismo sembra sul punto di crollare travolto dall'indignazione dell'opinione pubblica, tra i parlamentari popolari (privi del loro segretario, don Sturzo, già nel 1923 costretto dalle pressioni vaticane a dimettersi a causa della sua opposizione al nuovo ministero) e quelli socialisti si intavolano trattative per la formazione di un governo che possa succedere a Mussolini. Ma Pio XI coglie l'occasione di un Discorso agli studenti universitari cattolici per deplorare il possibile accordo: con una simile innaturale alleanza, infatti, i cattolici popolari porterebbero al potere il partito socialista, dichiaratamente favorevole alla detestabile separazione tra Stato e Chiesa, contrapponendosi per di più ai cattolici che si riconoscono nel partito fascista, e sarebbe "davvero penoso al cuore del Padre vedere buoni figli e buoni cattolici dividersi e combattersi a vicenda".


L'anno seguente, nell'enciclica Quas primas, Pio XI afferma che i governanti legittimi comandano per mandato di Cristo Re e conclude che, quanto più i cittadini saranno consapevoli che l'autorità viene dall'alto tanto più saranno pronti ad obbedire, e quindi si consoliderà una società ordinata e pacifica: "ancorché, infatti, il cittadino riscontri nei principi e nei capi di Stato uomini simili a lui, o per qualche ragione indegni e vituperevoli, non si sottrarrà tuttavia al loro comando qualora egli riconosca in essi l'immagine e l'autorità di Cristo". É appena il caso di ricordare che questo richiamo all'obbedienza valeva anche per quei cattolici italiani che ritenevano indegno e spregevole un capo di governo come Mussolini, che alcuni mesi prima in un discorso alla Camera si era assunto la responsabilità politica, morale e storica del delitto Matteotti.


Superato, quindi, il momento critico e messe definitivamente a tacere le opposizioni, Mussolini intensifica i rapporti col Vaticano, riuscendo nel 1929 a chiudere la questione romana. La Conciliazione tra Stato e Chiesa è indubbiamente un grosso successo per le due parti: da un lato rafforza il regime e dall'altro riconosce al cattolicesimo uno statuto privilegiato. Tralasciando gli aspetti più noti dell'accordo, può essere utile soffermarsi su quello economico. Da anni le finanze vaticane erano ridotte in condizioni disastrose e Mussolini aveva sempre mostrato grande sensibilità per questo problema: già nel 1924, e di nuovo nel 1925, aveva considerevolmente aumentate la rendita dei vescovi e la congrua dei parroci. Ma ora l'Italia versa alla Chiesa addirittura un miliardo in titoli e 750 milioni in contanti, e inoltre restituisce alcuni edifici ecclesiastici di enorme valore da tempo incamerati, esenta da ogni tributo le retribuzioni dovute a salariati e impiegati della Santa Sede e rinuncia ad imporre dazi doganali sulle merci importate dalla Città del Vaticano.


Non è necessario essere volgari seguaci di una concezione materialistica della storia per supporre che anche queste vantaggiose clausole finanziarie abbiano influito sull'entusiastico giudizio che sul Concordato appena firmato Pio XI espresse parlando ai professori e agli studenti dell'Università cattolica del Sacro Cuore: "Forse ci voleva anche un uomo come quello che la Provvidenza ci ha fatto incontrare, un uomo che non avesse le preoccupazioni della scuola liberale, per gli uomini della quale tutte quelle leggi ... erano altrettanti feticci ... tanto più intangibili e venerandi quanto più brutti e deformi. ... [Con lui siamo riusciti] a concludere un Concordato che, se non è il migliore di quanti ce ne possano essere, è certo tra i migliori".


In effetti, che Mussolini sia libero da scrupoli di tipo liberale è certo, e infatti ha già instaurato in Italia un regime totalitario, che ora si può consolidare con le elezioni plebiscitarie tenute proprio poche settimane dopo la firma dei Patti Lateranensi. Difficile negare che l'atteggiamento del Vaticano abbia aiutato il fascismo a mettere radici in Italia, tanto più che è un fatto riconosciuto dallo stesso Pio XI quando, in seguito alle violenze di stampo squadristico scatenate contro le associazioni dell'Azione cattolica, nell'enciclica Non abbiamo bisogno del 1931 accusa Mussolini di scarsa riconoscenza: anzi, vera ingratitudine "rimane quella usata verso la Santa Sede da un partito e da un regime che, a giudizio del mondo intero, trasse dagli amichevoli rapporti con la Santa Sede, in paese e fuori, un aumento di prestigio e di credito che ad alcuni in Italia e all'estero parvero eccessivi, come troppo largo il favore e troppo larga la fiducia da parte Nostra".


E tuttavia, neanche nel corso di questa crisi, che costituisce il momento di massima tensione col regime, e con questo documento, che è considerato la più chiara presa di distanza da esso, il papa ha intenzione di rompere col fascismo. Infatti dichiara che le sue critiche riguardano singole scelte, certamente gravi e detestabili ma che possono e debbono essere corrette, e conclude l'enciclica con la rassicurazione che "con tutto quello che siamo venuti finora dicendo, Noi non abbiamo voluto condannare il partito e il regime come tali".


In effetti, i buoni rapporti permangono anche quando nel 1935 Mussolini inizia la conquista dell'Etiopia. Si tratta con ogni evidenza di una guerra coloniale, e quindi ingiusta per la morale cattolica. All'estero tutti la giudicano così, ma Pio XI sembra dar credito alla propaganda governativa che la presenta come una guerra difensiva e, rivolgendosi a duemila infermiere, afferma: "Noi non crediamo, non vogliamo credere a una guerra ingiusta. In Italia si dice trattarsi di una guerra giusta: infatti, una guerra di difesa per assicurare le frontiere contro i pericoli continui e incessanti, una guerra divenuta necessaria per l'espansione di una popolazione che aumenta di giorno in giorno, una guerra intrapresa per difendere o assicurare la sicurezza materiale a un Paese, una tale guerra si giustificherebbe da sola". Così, quando gli Italiani, facendo uso anche di gas asfissianti, conquistano Addis Abeba e Mussolini proclama Vittorio Emanuele III imperatore d'Etiopia, in tutte le chiese si canta un Te Deum di ringraziamento.


E persino nel 1938, quando sono appena state approvate le leggi razziali, fortemente discriminatorie nei confronti degli ebrei, Pio XI sembra ritenere che il merito di aver approvato i Patti Lateranensi, di cui è ormai prossimo il decennale, possa coprire tutti i demeriti di Mussolini, a cui esprime sincera gratitudine in occasione di un discorso al Sacro Collegio: "Occorre appena dire, ma pur diciamo ad alta voce, che dopo che a Dio, la Nostra riconoscenza e i Nostri ringraziamenti vanno alle eccelse persone - cioè il nobilissimo Sovrano e il suo incomparabile Ministro - cui si deve se l'opera tanto importante, e tanto benefica, ha potuto essere coronata da buon fine e felice successo". Del resto la Chiesa, se rifiuta un antisemitismo di carattere razziale, ha per secoli coltivato un antigiudaismo di carattere religioso. Nel 1924, per citare un solo ma significativo esempio, padre Agostino Gemelli, fondatore e rettore dell'Università cattolica del Sacro Cuore, scriveva: "se morissero tutti i giudei che continuano l'opera dei giudei che hanno crocifisso Nostro Signore, non è vero che al mondo si starebbe meglio?".


Con la Conciliazione Mussolini ha acquistato un merito indelebile anche per il nuovo papa. Nella Summi pontificatus del 1939, la sua prima enciclica, Pio XII infatti ricorda ancora con animo grato che dai Patti Lateranensi "ebbe felice inizio, come aurora di tranquilla e fraterna unione di animi innanzi ai sacri altari e nel consorzio civile, la pace di Cristo restituita all'Italia".


Della politica concordataria papa Pacelli è in effetti un convinto sostenitore, e già nel 1933, come segretario di Stato, aveva firmato il concordato con Hitler. Le trattative avviate dal Vaticano col governo tedesco inducono i vescovi, che avevano in precedenza espresso un giudizio fortemente negativo nei confronti del regime nazista, a modificare il proprio atteggiamento. Essi ricordano ora ai loro fedeli che debbono "adempiere con coscienza i propri doveri di cittadini, rifiutando per principio ogni comportamento illegale o sovversivo". La politica di Pacelli, letta in Germania come un avallo dato al nazismo, ha quindi provocato il disorientamento di milioni di cattolici tedeschi, che rinunciano ad ogni forma di opposizione, e la crisi del Partito del Centro Cattolico, che addirittura arriva all'autoscioglimento.


Deludendo le aspettative del Vaticano, Hitler non rinunzia però alle violenze contro i cattolici ma le proteste della Chiesa sono ormai inefficaci. L'enciclica di Pio XI del 1937, la Mit brennender Sorge, in cui il papa, accusando il governo tedesco di tollerare e addirittura favorire gli attacchi alla religione cristiana per sostituirla con la deificazione della razza e dello Stato, ribadisce che "il credente ha un diritto inalienabile di professare la sua fede e di praticarla in quella forma che a essa conviene" ma dichiara tuttavia di non avere perduto la speranza che finalmente il concordato possa trovare attuazione, può tutt'al più irritare Hitler ma non può certo mettere in difficoltà il regime. Del resto, il tono deciso delle parole del papa poco si accorda con l'atteggiamento conciliante mostrato nei mesi successivi in privato dal suo segretario di Stato, tanto che l'ambasciatore tedesco presso il Vaticano può comunicare al suo governo: "Pacelli mi ha ricevuto in modo decisamente amichevole e mi ha enfaticamente assicurato, nel corso della conversazione, che relazioni amichevoli e normali si sarebbero ristabilite il prima possibile".


Così il governo nazista continua a proclamare la religione del sangue, a perseguitare sacerdoti e sciogliere organizzazioni cattoliche, a imprigionare e uccidere ebrei, distruggendone case e sinagoghe: tutto ciò non induce il Vaticano a una condanna ufficiale. Anzi, divenuto papa nel 1939, nel comunicare a Hitler la propria elezione, Pacelli dà l'impressione che tutto in Germania vada per il meglio: "Noi stimiamo dovere del nostro ufficio dare notizia a Lei, come Capo dello Stato, dell'avvenuta nostra elezione. Al contempo Noi desideriamo assicurarla, fin dall'inizio del nostro pontificato, che restiamo legati da intima benevolenza al popolo tedesco affidato alle sue cure ... Nella cara memoria dei lunghi anni durante i quali, come nunzio apostolico in Germania, tutto abbiamo messo in opera per ordinare le relazioni tra Chiesa e Stato in mutuo accordo ed efficace collaborazione a vantaggio delle due parti ... Noi indirizziamo particolarmente in quest'ora al raggiungimento di tal fine l'ardente aspirazione che ci ispira e ci rende possibile la responsabilità del nostro ufficio".


Le atrocità commesse dal regime hitleriano negli anni successivi non sono sufficienti a convincere il papa ad abbandonare le ambiguità del linguaggio diplomatico. Solo nel giugno del 1945, quando la Germania sarà stata definitivamente sconfitta, Pio XII formulerà, in un'allocuzione al Sacro Collegio, quella chiara condanna che invano tante vittime della barbarie nazista avevano atteso nel corso della guerra: "Nutriamo fiducia che il popolo tedesco possa risollevarsi a nuova dignità e a nuova vita, dopo avere respinto lo spettro satanico esibito dal nazional-socialismo ". Peccato che queste parole siano state pronunziate con tanto ritardo!


Del resto, è ovvio che per il Vaticano non era facile rompere con i regimi fascista e nazista, di cui aveva negli anni precedenti appoggiata l'azione volta ad instaurare una dittatura di destra in Spagna. Nel 1936, infatti, il generale Franco, sostenuto da Germania e Italia, aveva dato inizio a una rivolta militare contro il Fronte Popolare che aveva vinto le elezioni. Ricevendo un gruppo di preti fuggiti dalla Spagna, Pio XI chiarisce subito da che parte sta la Santa Sede, mettendoli in guardia contro il pericolo di una possibile collaborazione dei cattolici con le sinistre, e invia la sua speciale benedizione "a quanti si erano assunti il difficile e rischioso compito di difendere e restaurare i diritti e l'onore di Dio e della religione", e cioè a coloro che si erano ribellati al governo legittimo.


É vero che in Spagna molti preti erano stati massacrati ad opera delle sinistre ma non pochi erano quelli massacrati dai militari ribelli. Eppure di questi ultimi Pio XI non sembra preoccuparsi, mentre nell'enciclica del 1937, la Divini Redemptoris, condanna senza mezzi termini il comunismo e le stragi perpetrate dai comunisti: "Il furore comunista non si è limitato a uccidere vescovi, migliaia di sacerdoti, di religiosi e di religiose ... Non vi può essere uomo privato che pensi saggiamente, né uomo di Stato consapevole della sua responsabilità , che non rabbrividisca al pensiero che quanto accade oggi in Spagna possa ripetersi domani in altre Nazioni civili".


Quando poi nel 1939 i legionari di Franco riportano la vittoria, Pio XII non perde tempo per esprimere con un radiomessaggio il suo entusiasmo e la sua fiducia nel nuovo governo: "Con immensa gioia ci rivolgiamo a voi, figli dilettissimi della cattolica Spagna, per esprimervi le paterne Nostre felicitazioni per il dono della pace e della vittoria ... I disegni della Provvidenza, amatissimi figlioli, si sono manifestati una volta ancora sopra l'eroica Spagna ... [Esortiamo i Governanti e i Pastori a insegnare i principi di giustizia contenuti nel Vangelo e] non dubitiamo che ciò avverrà: di questa Nostra ferma speranza sono garanti i nobilissimi sentimenti cristiani di cui hanno dato sicure prove il Capo dello Stato e tanti suoi fedeli collaboratori con la protezione legale accordata ai supremi interessi religiosi e sociali, in conformità agli insegnamenti della Sede Apostolica". Nelle carceri spagnole si trovavano allora oltre duecentomila prigionieri politici ma quei “nobilissimi sentimenti cristiani” non impedirono che ogni giorno a centinaia essi venissero portati davanti al plotone di esecuzione.


Anche in anni recenti l'opposizione al comunismo sembra agli occhi delle gerarchie vaticane un valore tale da permettere di chiudere gli occhi su illegalità, violenza e dittatura. Nel 1973, rovesciato il legittimo governo del socialista Allende, il generale Pinochet instaura in Cile la sua dittatura. Si tratta di un regime universalmente condannato per la sua ferocia dall'opinione pubblica democratica, eppure il papa Giovanni Paolo II non ha difficoltà, nel corso del suo viaggio in Cile del 1987, a presentarsi in pubblico a fianco di Pinochet, che dichiara che quando ha assunto la guida del Paese ha affidato "il successo della nostra missione a Dio e alla santissima Vergine del Carmelo". E nel 1993, in occasione del cinquantesimo anniversario del matrimonio del generale, il papa invia una sua foto con la seguente dedica: "Al generale Augusto Pinochet Ugarte e alla sua distinta sposa, signora Lucia Hiriarde Pinochet, in occasione delle loro nozze d'oro matrimoniali e come pegno di abbondanti grazie divine, con grande piacere impartisco, così come ai loro figli e nipoti, una benedizione apostolica speciale. Giovanni Paolo II". Ancor più calorosa la lettera del cardinale Sodano, segretario di Stato, che riconosceva negli sposi una coppia cristiana esemplare e rinnovava al generale "l'espressione della più alta e distinta considerazione". Come stupirsi quindi dell'intervento vaticano a favore di Pinochet presso le autorità inglesi e spagnole quando nel 1998 il sanguinario dittatore cattolico rischia di essere processato per i crimini commessi?


Non meno feroce la dittatura militare instaurata in Argentina nel 1976. Ma appena tre mesi dopo il golpe arriva la benedizione dell'allora nunzio apostolico Pio Laghi: "Il Paese ha un'ideologia tradizionale e quando qualcuno pretende di imporre altre idee diverse ed estranee, la Nazione reagisce come un organismo, con anticorpi di fronte ai germi, e nasce così la violenza. I soldati adempiono il loro dovere primario di amare Dio e la Patria che si trova in pericolo. Non solo si può parlare di invasione di stranieri, ma anche di invasione di idee che mettono a repentaglio i valori fondamentali. Questo provoca una situazione di emergenza e, in queste circostanze, si può applicare il pensiero di san Tommaso d'Aquino, il quale insegna che in casi del genere l'amore per la Patria si equipara all'amore per Dio". I generali colpevoli di genocidio, come Videla, Viola, Galtieri e Massera, tutti poi amnistiati dal presidente Menem, vengono ovviamente invitati dal nunzio apostolico Calabresi ai festeggiamenti ufficiali del 1991 per il tredicesimo anniversario dell'elezione di Giovanni Paolo II. E mentre Roma abbandona alla loro sorte vescovi come Angelelli, Gerardi o Romero, trucidati perché schieratisi con gli oppressi, gli ecclesiastici che per anni hanno mantenuto ottimi rapporti con gli aguzzini sono considerati in Vaticano degni di promozione: così monsignor Medina diventa vescovo castrense, monsignor Quarracino cardinale arcivescovo di Buenos Aires, e monsignor Laghi cardinale prefetto della Congregazione per l'educazione cattolica.Se questa è stata la politica della dirigenza ecclesiastica nel secolo scorso, non si capisce per quale ragione ci si dovrebbe attendere oggi una particolare sensibilità per i pericoli che corre la democrazia in Italia. Penso che i cattolici democratici farebbero bene, quindi, a proseguire nel loro impegno di difesa della legalità costituzionale senza preoccuparsi delle posizioni delle gerarchie vaticane, che hanno fermamente condannato i regimi totalitari comunisti ma non quelli fascisti. Se delle immani sofferenze provocate dai primi, da sempre combattuti, i responsabili della politica vaticana non portano il peso, di quelle provocate dai regimi autoritari di destra, di norma legittimati, essi sono senza dubbio oggettivamente corresponsabili. Somigliando, per quanto riguarda il campo politico, a ciechi che pretendono di guidare altri ciechi, questi uomini sono perciò da affidare alla misericordia del Padre, dato che spesso non sanno quello che dicono e che fanno.





Elio Rindone




LA CHIESA E I REGIMI DI DESTRA

La componente del mondo cattolico italiano più sensibile ai valori democratici prova, e in alcuni casi esprime a chiare lettere, un sincero sgomento per l'assordante silenzio delle gerarchie vaticane di fronte al pericolo costituito per la legalità democratica dalla destra italiana. Per la verità, mi pare che questo stupore sia del tutto immotivato: l'atteggiamento attuale è, infatti, assolutamente coerente con quello tenuto di solito dal Vaticano nei confronti dei regimi autoritari di destra. Di seguito, qualche esempio tratto dalla storia del secolo scorso, cominciando col fascismo che, riguardandoci più da vicino, merita un'attenzione particolare.

In Italia nel 1922 Mussolini è appena arrivato al potere e mostra subito le sue intenzioni autoritarie proclamando alla Camera che poteva "fare di quest'aula sorda e grigia un bivacco di manipoli". La cosa non allarma il Vaticano, anzi il cardinale Gasparri, segretario di Stato, trova motivi per compiacersene e confida all'ambasciatore del Belgio presso la Santa Sede: "avvertire la Camera che resterà in funzione due anni, o solo due giorni, a seconda che si mostrerà ubbidiente o indisciplinata, è il colmo dell'audacia. Ma Mussolini ha terminato il suo discorso pregando Dio di assisterlo per portare a buon termine il suo arduo compito. Dal 1870 non si era più intesa, dalla bocca di un sovrano o di un ministro italiano, alcuna invocazione alla Divina Provvidenza. I liberali ... non si curavano della religione ... ed è un rivoluzionario convertito a dare l'esempio di un ritorno alle pratiche religiose. La Provvidenza si serve di strani strumenti per fare la felicità dell'Italia. Da parte mia, non rimpiango certo il parlamentarismo italiano, quando vedo Mussolini tendere risolutamente verso un governo conservatore".

Pochi mesi dopo, nella sua prima enciclica, Ubi arcano Dei, Pio XI, mettendo in guardia contro le agitazioni sociali e le ribellioni alle legittime autorità, sente il bisogno di sottolineare che esse sono più frequenti nei Paesi in cui è in vigore un regime basato sulla rappresentanza popolare, per il quale il papa pare non nutra particolare simpatia: "le forme di governo rappresentative, sebbene non condannate dalla dottrina della Chiesa (come non ne è condannata forma alcuna di regime giusto e ragionevole), pure è a tutti noto quanto facilmente siano esposte alla malvagità delle passioni". Non si può certo dire che con queste parole il papa abbia incoraggiato le forze politiche che si opponevano alla nascente dittatura.

Quando nel 1924, dopo l'assassinio di Matteotti, il fascismo sembra sul punto di crollare travolto dall'indignazione dell'opinione pubblica, tra i parlamentari popolari (privi del loro segretario, don Sturzo, già nel 1923 costretto dalle pressioni vaticane a dimettersi a causa della sua opposizione al nuovo ministero) e quelli socialisti si intavolano trattative per la formazione di un governo che possa succedere a Mussolini. Ma Pio XI coglie l'occasione di un Discorso agli studenti universitari cattolici per deplorare il possibile accordo: con una simile innaturale alleanza, infatti, i cattolici popolari porterebbero al potere il partito socialista, dichiaratamente favorevole alla detestabile separazione tra Stato e Chiesa, contrapponendosi per di più ai cattolici che si riconoscono nel partito fascista, e sarebbe "davvero penoso al cuore del Padre vedere buoni figli e buoni cattolici dividersi e combattersi a vicenda".

L'anno seguente, nell'enciclica Quas primas, Pio XI afferma che i governanti legittimi comandano per mandato di Cristo Re e conclude che, quanto più i cittadini saranno consapevoli che l'autorità viene dall'alto tanto più saranno pronti ad obbedire, e quindi si consoliderà una società ordinata e pacifica: "ancorché, infatti, il cittadino riscontri nei principi e nei capi di Stato uomini simili a lui, o per qualche ragione indegni e vituperevoli, non si sottrarrà tuttavia al loro comando qualora egli riconosca in essi l'immagine e l'autorità di Cristo". É appena il caso di ricordare che questo richiamo all'obbedienza valeva anche per quei cattolici italiani che ritenevano indegno e spregevole un capo di governo come Mussolini, che alcuni mesi prima in un discorso alla Camera si era assunto la responsabilità politica, morale e storica del delitto Matteotti.
Superato, quindi, il momento critico e messe definitivamente a tacere le opposizioni, Mussolini intensifica i rapporti col Vaticano, riuscendo nel 1929 a chiudere la questione romana. La Conciliazione tra Stato e Chiesa è indubbiamente un grosso successo per le due parti: da un lato rafforza il regime e dall'altro riconosce al cattolicesimo uno statuto privilegiato. Tralasciando gli aspetti più noti dell'accordo, può essere utile soffermarsi su quello economico. Da anni le finanze vaticane erano ridotte in condizioni disastrose e Mussolini aveva sempre mostrato grande sensibilità per questo problema: già nel 1924, e di nuovo nel 1925, aveva considerevolmente aumentate la rendita dei vescovi e la congrua dei parroci. Ma ora l'Italia versa alla Chiesa addirittura un miliardo in titoli e 750 milioni in contanti, e inoltre restituisce alcuni edifici ecclesiastici di enorme valore da tempo incamerati, esenta da ogni tributo le retribuzioni dovute a salariati e impiegati della Santa Sede e rinuncia ad imporre dazi doganali sulle merci importate dalla Città del Vaticano.
Non è necessario essere volgari seguaci di una concezione materialistica della storia per supporre che anche queste vantaggiose clausole finanziarie abbiano influito sull'entusiastico giudizio che sul Concordato appena firmato Pio XI espresse parlando ai professori e agli studenti dell'Università cattolica del Sacro Cuore: "Forse ci voleva anche un uomo come quello che la Provvidenza ci ha fatto incontrare, un uomo che non avesse le preoccupazioni della scuola liberale, per gli uomini della quale tutte quelle leggi ... erano altrettanti feticci ... tanto più intangibili e venerandi quanto più brutti e deformi. ... [Con lui siamo riusciti] a concludere un Concordato che, se non è il migliore di quanti ce ne possano essere, è certo tra i migliori".

In effetti, che Mussolini sia libero da scrupoli di tipo liberale è certo, e infatti ha già instaurato in Italia un regime totalitario, che ora si può consolidare con le elezioni plebiscitarie tenute proprio poche settimane dopo la firma dei Patti Lateranensi. Difficile negare che l'atteggiamento del Vaticano abbia aiutato il fascismo a mettere radici in Italia, tanto più che è un fatto riconosciuto dallo stesso Pio XI quando, in seguito alle violenze di stampo squadristico scatenate contro le associazioni dell'Azione cattolica, nell'enciclica Non abbiamo bisogno del 1931 accusa Mussolini di scarsa riconoscenza: anzi, vera ingratitudine "rimane quella usata verso la Santa Sede da un partito e da un regime che, a giudizio del mondo intero, trasse dagli amichevoli rapporti con la Santa Sede, in paese e fuori, un aumento di prestigio e di credito che ad alcuni in Italia e all'estero parvero eccessivi, come troppo largo il favore e troppo larga la fiducia da parte Nostra".
E tuttavia, neanche nel corso di questa crisi, che costituisce il momento di massima tensione col regime, e con questo documento, che è considerato la più chiara presa di distanza da esso, il papa ha intenzione di rompere col fascismo. Infatti dichiara che le sue critiche riguardano singole scelte, certamente gravi e detestabili ma che possono e debbono essere corrette, e conclude l'enciclica con la rassicurazione che "con tutto quello che siamo venuti finora dicendo, Noi non abbiamo voluto condannare il partito e il regime come tali".

In effetti, i buoni rapporti permangono anche quando nel 1935 Mussolini inizia la conquista dell'Etiopia. Si tratta con ogni evidenza di una guerra coloniale, e quindi ingiusta per la morale cattolica. All'estero tutti la giudicano così, ma Pio XI sembra dar credito alla propaganda governativa che la presenta come una guerra difensiva e, rivolgendosi a duemila infermiere, afferma: "Noi non crediamo, non vogliamo credere a una guerra ingiusta. In Italia si dice trattarsi di una guerra giusta: infatti, una guerra di difesa per assicurare le frontiere contro i pericoli continui e incessanti, una guerra divenuta necessaria per l'espansione di una popolazione che aumenta di giorno in giorno, una guerra intrapresa per difendere o assicurare la sicurezza materiale a un Paese, una tale guerra si giustificherebbe da sola". Così, quando gli Italiani, facendo uso anche di gas asfissianti, conquistano Addis Abeba e Mussolini proclama Vittorio Emanuele III imperatore d'Etiopia, in tutte le chiese si canta un Te Deum di ringraziamento.

E persino nel 1938, quando sono appena state approvate le leggi razziali, fortemente discriminatorie nei confronti degli ebrei, Pio XI sembra ritenere che il merito di aver approvato i Patti Lateranensi, di cui è ormai prossimo il decennale, possa coprire tutti i demeriti di Mussolini, a cui esprime sincera gratitudine in occasione di un discorso al Sacro Collegio: "Occorre appena dire, ma pur diciamo ad alta voce, che dopo che a Dio, la Nostra riconoscenza e i Nostri ringraziamenti vanno alle eccelse persone - cioè il nobilissimo Sovrano e il suo incomparabile Ministro - cui si deve se l'opera tanto importante, e tanto benefica, ha potuto essere coronata da buon fine e felice successo". Del resto la Chiesa, se rifiuta un antisemitismo di carattere razziale, ha per secoli coltivato un antigiudaismo di carattere religioso. Nel 1924, per citare un solo ma significativo esempio, padre Agostino Gemelli, fondatore e rettore dell'Università cattolica del Sacro Cuore, scriveva: "se morissero tutti i giudei che continuano l'opera dei giudei che hanno crocifisso Nostro Signore, non è vero che al mondo si starebbe meglio?".

Con la Conciliazione Mussolini ha acquistato un merito indelebile anche per il nuovo papa. Nella Summi pontificatus del 1939, la sua prima enciclica, Pio XII infatti ricorda ancora con animo grato che dai Patti Lateranensi "ebbe felice inizio, come aurora di tranquilla e fraterna unione di animi innanzi ai sacri altari e nel consorzio civile, la pace di Cristo restituita all'Italia".

Della politica concordataria papa Pacelli è in effetti un convinto sostenitore, e già nel 1933, come segretario di Stato, aveva firmato il concordato con Hitler. Le trattative avviate dal Vaticano col governo tedesco inducono i vescovi, che avevano in precedenza espresso un giudizio fortemente negativo nei confronti del regime nazista, a modificare il proprio atteggiamento. Essi ricordano ora ai loro fedeli che debbono "adempiere con coscienza i propri doveri di cittadini, rifiutando per principio ogni comportamento illegale o sovversivo". La politica di Pacelli, letta in Germania come un avallo dato al nazismo, ha quindi provocato il disorientamento di milioni di cattolici tedeschi, che rinunciano ad ogni forma di opposizione, e la crisi del Partito del Centro Cattolico, che addirittura arriva all'autoscioglimento.

Deludendo le aspettative del Vaticano, Hitler non rinunzia però alle violenze contro i cattolici ma le proteste della Chiesa sono ormai inefficaci. L'enciclica di Pio XI del 1937, la Mit brennender Sorge, in cui il papa, accusando il governo tedesco di tollerare e addirittura favorire gli attacchi alla religione cristiana per sostituirla con la deificazione della razza e dello Stato, ribadisce che "il credente ha un diritto inalienabile di professare la sua fede e di praticarla in quella forma che a essa conviene" ma dichiara tuttavia di non avere perduto la speranza che finalmente il concordato possa trovare attuazione, può tutt'al più irritare Hitler ma non può certo mettere in difficoltà il regime. Del resto, il tono deciso delle parole del papa poco si accorda con l'atteggiamento conciliante mostrato nei mesi successivi in privato dal suo segretario di Stato, tanto che l'ambasciatore tedesco presso il Vaticano può comunicare al suo governo: "Pacelli mi ha ricevuto in modo decisamente amichevole e mi ha enfaticamente assicurato, nel corso della conversazione, che relazioni amichevoli e normali si sarebbero ristabilite il prima possibile".

Così il governo nazista continua a proclamare la religione del sangue, a perseguitare sacerdoti e sciogliere organizzazioni cattoliche, a imprigionare e uccidere ebrei, distruggendone case e sinagoghe: tutto ciò non induce il Vaticano a una condanna ufficiale. Anzi, divenuto papa nel 1939, nel comunicare a Hitler la propria elezione, Pacelli dà l'impressione che tutto in Germania vada per il meglio: "Noi stimiamo dovere del nostro ufficio dare notizia a Lei, come Capo dello Stato, dell'avvenuta nostra elezione. Al contempo Noi desideriamo assicurarla, fin dall'inizio del nostro pontificato, che restiamo legati da intima benevolenza al popolo tedesco affidato alle sue cure ... Nella cara memoria dei lunghi anni durante i quali, come nunzio apostolico in Germania, tutto abbiamo messo in opera per ordinare le relazioni tra Chiesa e Stato in mutuo accordo ed efficace collaborazione a vantaggio delle due parti ... Noi indirizziamo particolarmente in quest'ora al raggiungimento di tal fine l'ardente aspirazione che ci ispira e ci rende possibile la responsabilità del nostro ufficio".

Le atrocità commesse dal regime hitleriano negli anni successivi non sono sufficienti a convincere il papa ad abbandonare le ambiguità del linguaggio diplomatico. Solo nel giugno del 1945, quando la Germania sarà stata definitivamente sconfitta, Pio XII formulerà, in un'allocuzione al Sacro Collegio, quella chiara condanna che invano tante vittime della barbarie nazista avevano atteso nel corso della guerra: "Nutriamo fiducia che il popolo tedesco possa risollevarsi a nuova dignità e a nuova vita, dopo avere respinto lo spettro satanico esibito dal nazional-socialismo ". Peccato che queste parole siano state pronunziate con tanto ritardo!

Del resto, è ovvio che per il Vaticano non era facile rompere con i regimi fascista e nazista, di cui aveva negli anni precedenti appoggiata l'azione volta ad instaurare una dittatura di destra in Spagna. Nel 1936, infatti, il generale Franco, sostenuto da Germania e Italia, aveva dato inizio a una rivolta militare contro il Fronte Popolare che aveva vinto le elezioni. Ricevendo un gruppo di preti fuggiti dalla Spagna, Pio XI chiarisce subito da che parte sta la Santa Sede, mettendoli in guardia contro il pericolo di una possibile collaborazione dei cattolici con le sinistre, e invia la sua speciale benedizione "a quanti si erano assunti il difficile e rischioso compito di difendere e restaurare i diritti e l'onore di Dio e della religione", e cioè a coloro che si erano ribellati al governo legittimo.

É vero che in Spagna molti preti erano stati massacrati ad opera delle sinistre ma non pochi erano quelli massacrati dai militari ribelli. Eppure di questi ultimi Pio XI non sembra preoccuparsi, mentre nell'enciclica del 1937, la Divini Redemptoris, condanna senza mezzi termini il comunismo e le stragi perpetrate dai comunisti: "Il furore comunista non si è limitato a uccidere vescovi, migliaia di sacerdoti, di religiosi e di religiose ... Non vi può essere uomo privato che pensi saggiamente, né uomo di Stato consapevole della sua responsabilità , che non rabbrividisca al pensiero che quanto accade oggi in Spagna possa ripetersi domani in altre Nazioni civili".

Quando poi nel 1939 i legionari di Franco riportano la vittoria, Pio XII non perde tempo per esprimere con un radiomessaggio il suo entusiasmo e la sua fiducia nel nuovo governo: "Con immensa gioia ci rivolgiamo a voi, figli dilettissimi della cattolica Spagna, per esprimervi le paterne Nostre felicitazioni per il dono della pace e della vittoria ... I disegni della Provvidenza, amatissimi figlioli, si sono manifestati una volta ancora sopra l'eroica Spagna ... [Esortiamo i Governanti e i Pastori a insegnare i principi di giustizia contenuti nel Vangelo e] non dubitiamo che ciò avverrà: di questa Nostra ferma speranza sono garanti i nobilissimi sentimenti cristiani di cui hanno dato sicure prove il Capo dello Stato e tanti suoi fedeli collaboratori con la protezione legale accordata ai supremi interessi religiosi e sociali, in conformità agli insegnamenti della Sede Apostolica". Nelle carceri spagnole si trovavano allora oltre duecentomila prigionieri politici ma quei “nobilissimi sentimenti cristiani” non impedirono che ogni giorno a centinaia essi venissero portati davanti al plotone di esecuzione.

Anche in anni recenti l'opposizione al comunismo sembra agli occhi delle gerarchie vaticane un valore tale da permettere di chiudere gli occhi su illegalità, violenza e dittatura. Nel 1973, rovesciato il legittimo governo del socialista Allende, il generale Pinochet instaura in Cile la sua dittatura. Si tratta di un regime universalmente condannato per la sua ferocia dall'opinione pubblica democratica, eppure il papa Giovanni Paolo II non ha difficoltà, nel corso del suo viaggio in Cile del 1987, a presentarsi in pubblico a fianco di Pinochet, che dichiara che quando ha assunto la guida del Paese ha affidato "il successo della nostra missione a Dio e alla santissima Vergine del Carmelo". E nel 1993, in occasione del cinquantesimo anniversario del matrimonio del generale, il papa invia una sua foto con la seguente dedica: "Al generale Augusto Pinochet Ugarte e alla sua distinta sposa, signora Lucia Hiriarde Pinochet, in occasione delle loro nozze d'oro matrimoniali e come pegno di abbondanti grazie divine, con grande piacere impartisco, così come ai loro figli e nipoti, una benedizione apostolica speciale. Giovanni Paolo II". Ancor più calorosa la lettera del cardinale Sodano, segretario di Stato, che riconosceva negli sposi una coppia cristiana esemplare e rinnovava al generale "l'espressione della più alta e distinta considerazione". Come stupirsi quindi dell'intervento vaticano a favore di Pinochet presso le autorità inglesi e spagnole quando nel 1998 il sanguinario dittatore cattolico rischia di essere processato per i crimini commessi?

Non meno feroce la dittatura militare instaurata in Argentina nel 1976. Ma appena tre mesi dopo il golpe arriva la benedizione dell'allora nunzio apostolico Pio Laghi: "Il Paese ha un'ideologia tradizionale e quando qualcuno pretende di imporre altre idee diverse ed estranee, la Nazione reagisce come un organismo, con anticorpi di fronte ai germi, e nasce così la violenza. I soldati adempiono il loro dovere primario di amare Dio e la Patria che si trova in pericolo. Non solo si può parlare di invasione di stranieri, ma anche di invasione di idee che mettono a repentaglio i valori fondamentali. Questo provoca una situazione di emergenza e, in queste circostanze, si può applicare il pensiero di san Tommaso d'Aquino, il quale insegna che in casi del genere l'amore per la Patria si equipara all'amore per Dio". I generali colpevoli di genocidio, come Videla, Viola, Galtieri e Massera, tutti poi amnistiati dal presidente Menem, vengono ovviamente invitati dal nunzio apostolico Calabresi ai festeggiamenti ufficiali del 1991 per il tredicesimo anniversario dell'elezione di Giovanni Paolo II. E mentre Roma abbandona alla loro sorte vescovi come Angelelli, Gerardi o Romero, trucidati perché schieratisi con gli oppressi, gli ecclesiastici che per anni hanno mantenuto ottimi rapporti con gli aguzzini sono considerati in Vaticano degni di promozione: così monsignor Medina diventa vescovo castrense, monsignor Quarracino cardinale arcivescovo di Buenos Aires, e monsignor Laghi cardinale prefetto della Congregazione per l'educazione cattolica.Se questa è stata la politica della dirigenza ecclesiastica nel secolo scorso, non si capisce per quale ragione ci si dovrebbe attendere oggi una particolare sensibilità per i pericoli che corre la democrazia in Italia. Penso che i cattolici democratici farebbero bene, quindi, a proseguire nel loro impegno di difesa della legalità costituzionale senza preoccuparsi delle posizioni delle gerarchie vaticane, che hanno fermamente condannato i regimi totalitari comunisti ma non quelli fascisti. Se delle immani sofferenze provocate dai primi, da sempre combattuti, i responsabili della politica vaticana non portano il peso, di quelle provocate dai regimi autoritari di destra, di norma legittimati, essi sono senza dubbio oggettivamente corresponsabili. Somigliando, per quanto riguarda il campo politico, a ciechi che pretendono di guidare altri ciechi, questi uomini sono perciò da affidare alla misericordia del Padre, dato che spesso non sanno quello che dicono e che fanno.



Elio Rindone











SANE POLITICHE AMBIENTALI: ELEZIONI 2009 PER IL PARLAMENTO EUROPEO


Giorgio Schultze, candidato indipendente nella lista Italia dei Valori per le europee 2009, aderisce all'iniziativa dell'Associazione Culturale Pediatri intitolata "SANE POLITICHE AMBIENTALI".


Al link seguente trovate maggiori informazioni:

"Il nostro obiettivo è di accrescere la consapevolezza di come i problemi ambientali influiscano sullasalute e delle opportunità politiche, esistenti e future, a disposizione dei nuovi membri del ParlamentoEuropeo per migliorare la situazione", ha dichiarato Giacomo Toffol, coordinatore del gruppo Pediatri per un mondo possibile dell'ACP (http://pumpacp.blogspot.com), che ha diretto la campagna di sensibilizzazione in Italia. “Vogliamo inoltre portare a conoscenza dei cittadini le azioni che i nuovi membri del Parlamento europeo intraprenderanno in merito a queste problematiche durante il loro mandato”.

“Sarà nostro compito monitorare le risposte dei candidati alle Elezioni 2009 che verranno elettieurodeputati per verificare se manterrano nella pratica quanto ci hanno promesso sulla carta”, conclude Toffol.

Oche Selvatiche (una poesia di Mary Oliver)



Oche selvatiche







Non devi essere buono.

Non devi camminare sulle ginocchia

per cento miglia nel deserto in penitenza.

Devi solo lasciar che il dolce animale del tuo corpo

ami ciò che ama.

Raccontami della disperazione, la tua, ed io ti racconterò la mia.

Intanto il mondo va avanti.

Intanto il sole e i chiari cristalli di pioggia

si stan muovendo pei paesaggi, su praterie e profondi alberi,

su montagne e fiumi.

Intanto le oche selvagge, alte nel puro aere blu,

son di nuovo sulla rotta verso casa.

Chiunque tu sia, non importa quanto solo,

il mondo offre se stesso alla tua immaginazione,

come le oche selvatiche ti chiama, aspro ed eccitante -

annunciando ancora e ancora il tuo posto

nella famiglia delle cose.




Mary Oliver




Mary Oliver e il suo cane Percy


Senza titolo 1511

  L'AVETE LETTA LA FIABA L'ISOLA DEI NASI NERI ?  :-)


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4.6.09

Opposte latitudini


Dati i tempi calamitosi, abbandonarsi a eccessivi entusiasmi risulta, più che esagerato, imprudente. E proprio questo, d'altronde, è un indicatore assai eloquente della perversità del periodo attuale: la censura, o meglio l'auto-censura, della passione, dell'afflato mistico, dell'istinto potente e creativo.

Ma così va il mondo. Tuttavia, poiché tale ripiegamento sulle proprie ambasce non può che logorare, vogliamo cogliere intorno a noi segnali di speranza. E anche la rabbia, in tal senso, va intesa positivamente. Certa rabbia, almeno. Che non si rassegna, che vuol reagire. E altra rabbia, che sarebbe forse più appropriato definire dispetto o stizza (puerile, riottosa e pertanto pericolosissima) che, suo malgrado, è anch'essa positiva.

Sembra infatti che Osama Bin Laden, o chi per lui, in questo momento sia molto arrabbiato, anzi stizzito, anzi indispettito, anzi riottoso, puerile, pericolosissimo. Lo capisco, lo storico discorso ai musulmani del suo quasi omonimo Obama non può che spuntargli le armi. Hai voglia a latrare che Barack e Bush "sono la stessa cosa": evidente che non è così, e certo il barbuto miliardario annoiato che gioca con le bombe e i tagliagole rimpiange i bei tempi in cui alla Casa Bianca sedeva il suo corrispettivo wasp, tutto crocifissi, guerra "per la democrazia" e scontro di civiltà. Molto più facile e comodo, allora, ma George W. è tramontato: chissà che non lo segua, presto, lo stizzoso barbuto che sèguita a ululare alla (mezza)luna.

Rimane tanto da fare, beninteso. Tutto, o quasi: l'avanzata dei talebani in Pakistan che ha comportato il martirio in particolare delle donne, i colpevoli di Guantanamo che restano tranquilli e onorati nelle loro case, la guerra in Medio Oriente che prosegue. Ma, a volte, la forma è sostanza. Una frase, una parola, scatena un mondo di idee, sensibilità, azioni e aspirazioni. Obama ha molti amici e altrettanti nemici, dai razzisti alla potentissima destra neocon. Gli tocca persino succiarsi le fregnacce degli anti-abortisti, non di rado supportati o almeno benevolmente guardati dal Vaticano, che di fronte alla povertà incipiente, alla disoccupazione e alla guerra se ne sbattono l'anima, anzi approvano quest'ultima esattamente come sostengono con convinzione la pena capitale; e la scorsa settimana, in perfetta coerenza con la loro strenua difesa della Vita, hanno accoppato un medico reo di praticare quelli che essi definiscono con pio orrore "assassini".

Non amiamo l'agiografia, ma il Presidente dal nome islamico che recluta nel suo staff donne di valore, che proclama gli Usa "il più grande paese musulmano del mondo" (Oriana Fallaci si rivolterebbe nella tomba...) e, udite udite, osa persino dichiarare giugno "il mese dei diritti dei gay", un po' di simpatia la suscita. Se non altro perché queste sue prese di posizione mandano su tutte le furie i Bin Laden di cui sopra, i Ratzinger, i Berlusconi: che rispetto a lui ci stanno molto più antipatici. E sono pure più brutti, toh!

Qualcuno obietterà che la periferia Italia non meriterebbe nemmeno un cenno. E' vero, ma si dà il caso che noi ci si abiti, in questa oscura periferia, e i raffronti sorgono spontanei.

Perché qui va tutto a rovescio. A Milano Mohamed Ba, scrittore e attore senegalese [foto a destra], lo scorso mese protagonista di un appassionante Monologo dello schiavo all'interno dello spettacolo Traslochi e autore dello splendido Decalogo dell'intercultura, è rimasto vittima di un'aggressione da parte di balordi razzisti. Balordi razzisti, vale a dire gente perfettamente normale, però, cavolo, che fastidio quel negro. Allo stesso modo degli aggressori veronesi del procuratore Schinaia. La polizia ha fermato un diciassettenne, uno bravo, incensurato, tranquillo, tutto casa e scuola. Allo stesso modo degli omicidi di Nicola Tommasoli, che non era negro ma bianco, ma non bianco come loro. Portava l'orecchino, i capelli lunghi, forse era comunista, forse era pure frocio, forse semplicemente era alieno, estraneo, straniero come nel romanzo di Camus, forse rovinava il paesaggio. Tipi normali perché, adesso, proclamarsi razzisti non è più né esecrabile né meritevole di condanna. Lo si dice apertamente, vantandosene anche. E' diventata la norma, la regola, la giusta reazione dei bravi borghesi, dei figli affettuosi, d'impeccabili padri di famiglia. Ba e Schinaia se la sono cavata con un fracco di legnate, Nicola è morto. Sento già le proteste (stizzose) dei borghesi indispettiti: "Ma non siamo tutti così, noi vogliamo solo ordine". Solo ordine, certo, che diamine! E fingono di non capire, gli ipocriti, che non occorre far fuori materialmente qualcuno per alimentare odio e intolleranza. E' sufficiente accettare un sistema, appartenervi, sentirlo proprio. O, anche, lasciarselo vivere addosso, con indifferenza, con accidia.


In Italia la considerazione della donna è regredita a un'epoca pregoldoniana. E' tornata a essere puro corpo, meglio se fresco, freschissimo, quasi implume. Per le "altre", le diverse, nessun futuro e nessuna speranza. Anche in questo caso si è trattato di un processo cominciato una ventina d'anni fa, con la Milano da bere, i nani e le ballerine, le ragazze del Drive In, le ragazze Cin Cin dell'indimenticabile Colpo grosso con Umberto Smaila, le ninfette di Non è la Rai, le trasmissioni urlate, le corna in pubblico, la compravendita dei sentimenti, la morale liquida, le doppie, triple e mezze verità che corrispondono al nulla etico, contro il quale però nessun Ratzinger si scaglia mai, perché il patto d'acciaio tra la Chiesa e la destra è più che mai solido e, per quanto mi sembra, anche abbastanza manifesto: non condivido pertanto la definizione "accordo segreto" elaborata da "Repubblica". Ma tant'è.

E sale un'altra rabbia, verso le smaccate e irridenti ingiustizie, verso le promesse di cartapesta non mantenute, verso un'apocalisse prossima ventura che, però, non ha neppure i tratti d'una wagneriana grandezza ma somiglia al putridume accumulatosi a Palermo: non un fosco Moloch, ma una montagna di maleodorante zozzeria. Sembra che a metà degli italiani, la metà vincente (ripeto, non illudiamoci...), piaccia molto sguazzare in questa zozzeria; ci domandiamo per quanto tempo ancora. Intanto, lasciateci respirare la giovane America. E, se ci dànno degli esterofili, pigliamolo come un complimento.


Daniela Tuscano

Favola vera - 1

Scatola di ricordi


                                                          Disegno di franca bassi: "Scatola di ricordi"                                       



                                     


                                            "La bambolina"
In un paese lontano...lontano viveva una fanciulla di nome Prisca. La sua tristezza era ormai conosciuta da tutti nel villaggio, ma tutti le volevano bene. Aveva sempre una carezza, una parola buona per tutti, ma Prisca non riusciva a comprende perché sul suo bel volto non appariva mai un sorriso, eppure lei dentro era felice. Spesso si fermava dietro il trullo per odorare il profumo degli alberi di bergamotto e quando il sole tramontava si fermava per sentire il respiro della terra. Udiva le voce degli anziani che avevano faticato per lasciare quello spettacolo. Lo chiamavano "il giardino di Principessa".
Prisca aveva sentito tanti racconti di fate e folletti e sapeva che le radici di tali racconti affondavano in una terra lontana: la Tuscia. Nella terra rossa, l'antica terra dei Messapi, Principessa era venuta in un periodo della sua vita e si era fermata. Ormai gli anni erano passati veloci, gli oggetti dispersi. Di Principessa restava solo il giardino profumato, recintato da muretti a secco, posto alle spalle dell'antico trullo.
Spesso Prisca sognava, una bella fanciulla dai capelli color del sole, nel sogno le sorrideva e la prendeva per mano, poi insieme sedute sotto un antico albero di "fragno" aspettavano il calar del sole. Prisca giocherellava sempre con la sua mano e nel sogno la guardava piena di terra. La bella donna le sorrideva e le diceva di cercare una scatola nascosta nella terra rossa. Al risveglio la fanciulla si chiedeva se veramente doveva cercare una scatola nascosta nel terreno o doveva lasciare i suoi sogni e continuare la solita vita.
Un giorno dell'anno 2218, quando la primavera incominciava a scaldare la terra, improvvisamente il cielo si fece notte. Un fulmine spaccò in due l'antico fragno. Prisca pianse per giorni per la morte del bell'albero, accaduta in quella notte di tempesta. Anche l'antico albero si era arreso, restavano solo rami bruciacchiati e ancora alcune ghiande grandi come ambre. Una mattina, alle prime luci dell'alba, uomini armati di lance infuocate, finirono di abbattere l'antico albero. Prisca non capiva perché anche il tronco doveva finire in quel modo crudele. Solo una grossa voragine restava a ricordo del suo amico albero. Era così grande che una casa vi entrava dentro. A cosa serviva piangere? Ormai il suo bell'albero non c'èra più, restava intorno solo il profumo di bergamotto, che lei amava tanto. A Prisca piaceva alzarsi presto, prima che quelle macchine infernali iniziassero a sollevare la terra e che uomini armati di spade infuocate, iniziassero a tagliare i teneri rami. Non le piaceva affatto, si sentiva ferita nel profondo. Era estranea a quel mondo spesso crudele. A lei piaceva accarezzare con le sue mani i tronchi. Sentiva che dentro c'era la vita. Silenziosa girava intorno alla grande buca in parte illuminata dai primi raggi di sole. Vide qualcosa nel terreno che risplendeva. Prisca si chinò, scostò con la mano lo strato di terra che ricopriva l'oggetto e apparve una grande scatola di metallo. Ecco! Nella sua mente il ricordo del sogno... Seduta su una pietra, iniziò ad accarezzare il coperchio. Intimorita non sapeva se aprirlo oppure rimettere la scatola sotto uno strato di terra, senza svelare a nessuno il ritrovamento. Non ebbe il coraggio di aprirla e la nascose sotto il suo giaciglio. Di notte controllò più volte che la scatola fosse ancora al suo posto. Si addormentò e anche quella notte il sogno le venne d'aiuto. La stessa donna sorridente la prendeva per mano, le faceva un cenno e le diceva: "Prisca, ormai hai trovato la scatola puoi aprirla, ma la devi anche proteggere". La voce gentile smise di parlare, poi riprese come se la sua voce fosse un canto: "Prisca, dentro ci sono degli oggetti a me molto cari, li ho portati sempre con me. Semplici monili. Non sono d'oro, ma per me sono stati molto importanti". Il sogno continuò fino all'alba, quando le macchine avevano già ultimato la chiusura della grande voragine nel terreno. Uno sguardo veloce sotto il suo giaciglio per accertarsi che la scatola fosse ancora lì. Prisca, rimasta sola, si nascose in una camera dove c'erano vecchie cianfrusaglie, alzò delicatamente il coperchio e diede un rapido sguardo. Un profumo noto entrò nelle sue narici. Le sembrò di riconoscere il profumo del bergamotto. Una strana fibula di bronzo, una pallina colorata con disegni in azzurro ed una scritta: "Regnat Amor". Una collana con sfere colorate, ancora una collana con un uno strano pendaglio grigio, un vecchio lume rotto, una piccolissima bambolina dai capelli color del sole e tanti fogli scritti ordinati con le pagine numerate. Prisca iniziò a leggere quei fogli. Incuriosita accarezzò la piccola bambolina e sentì che dal suo stomaco saliva verso il volto uno strano solletico. Le labbra iniziarono a tremare. Prisca, scossa da un gesto repentino, alzò il suo avambraccio e, con la manica del suo vestito, spolverò un vecchio specchio, guardò dentro fino a trovare l'immagine e il suo viso s'illuminò di uno splendido sorriso. Era la prima volta che vedeva un sorriso sul suo volto. Incuriosita e felice continuava a guardare, voleva capire il significato di quegli strani oggetti e cosa volessero raccontare. Iniziò a leggere il primo foglio: “Quando troverai questa scatola, questo foglio ti svelerà cosa hanno significato per me questi oggetti. Sono una tua antenata. Il mio nome è Franca detta "Principessa". La scatola è appartenuta a mia madre Olga. Ci conservava i suoi sogni, i suoi ricordi di moglie, di madre felice. La piccola bambolina, la trovai in un vecchia casa nell'antica terra dei Sabini, dove avevo un casale dell'anno 1845. Una mia vicina, un'anziana donna, me la donò. Era priva di capelli. Tagliai una mia ciocca e le feci la parrucca. Con merletti antichi la vestii. Era povera e sola e nella mia casa trovò la sua nuova vita, il suo splendore. La fibula di bronzo a forma di chiocciola è appartenuta all’antico popolo dei Romani. Trovata sempre nel terreno vicino al casale, la tenevo sempre con me. Mi piaceva portare una fibula antica e spesso mi chiedevo chissà quale tunica fermava. La collana di sfere colorate era composta dai frutti essiccati della pianta del chinotto e del bergamotto. Mi piaceva quando la indossavo. Le sfere sprigionavano ancora quel profumo che io ho amato tanto. Ecco perché ho piantato moltissimi alberi di bergamotto in questa terra. Sai le nostre radici affondano nell'antica Tuscia e questo lume era di mia nonna Elisabetta. Mi dispiace che si sia rotto, ma l'ho conservato ancora per te. Quando lo prenderai in mano potrai vedere ancora la luce che manda. La collana con il pendaglio grigio è una sfera "Etrusca" trovata nel terreno. Come vedi sono oggetti molto antichi. Si tratta delle nostre radici. Bastano pochi oggetti per darti la sicurezza, non servono grandi tesori. Serve sapere che tutti abbiamo delle profonde radici, molto lontane. Sii fiera di te. Ama le piccole cose, ama e difendi la natura e ti sarà amica come lo è stata per me. Questi miei fogli sono storie vere. Leggile e raccontale quando incontri un bambino triste. Dagli un po' del tuo amore, una carezza. Non servono grandi doni, ma solo amore. Conserva con te questa mia scatola di ricordi. Mettici qualcosa di tuo e lasciala a una tua discendente, sempre se pensi che comprenda e la meriti. Altrimenti trova un bell'albero e nascondila bene. Un giorno qualcuno la troverà e saprà di noi". Franca Bassi
 




Questionario sulla religione, prof sospeso


 


Corriere della Sera.it
MILANO - Lo hanno sospeso per due mesi per avere distribuito tra i suoi studenti un questionario sull'ora di religione. Ma contro un atto che viene definito «ingiustificato e gravissimo» è stato promosso per mercoledì a mezzogiorno un sit-in di protesta davanti all'istituto in cui l'insegnante lavora, il liceo scientifico di «Righi» di Cesena. Destinatario del provvedimento - che prevede Leggi ancora...

JoyCut > La Stranissima Storia di Mr.Man continua nella Foresta degli Alberi Fantasma




Il Signor Uomo,
in cerca di Ossigeno,
si sposta dallo scenario SubUrbano
all'estrema desolazione
delle aree ambientali complessamente violentate.
Dove gli Alberi.
Come fantasmi soffocati.
Rappresentano l'unico rifugio.
L'unico non-luogo da Evocare.
La sola linfa da sfrondare.
Per Svanirci.
Disintegrandosi di Vita".

Decalogo dell'intercultura

1. Non avrai altro io all'infuori di te.


2. Non nominare la nazionalità degli altri invano.



3. Ricordati di valorizzare le feste di tutte le culture presenti nella tua città.



4. Onora la memoria dei tuoi nonni e raccontala ai tuoi ospiti.



5. Accogli spontaneamente il punto di vista degli altri, non imporre il tuo.



6. Non rubare la parola ai nuovi compagni, prima di tutto impara ad ascoltarli.



7. Non testimoniare sulla cultura degli altri se non ne sai niente.



8. Non desiderare solo la tua cultura: rischi la solitudine e l'arretratezza.



9. Non desiderare solo la cultura degli altri: rischieresti di far morire la tua.



10. Non uccidere le differenze culturali: sono la bellezza dell'umanità.






COGLIETE L'ATTIMO: ACCOGLIETE.






Mohamed Ba


 


 


Ecco invece come la pensa in materia Borghezio, europarlamentare leghista.


Due Italie, due mondi

Bella lezione, quella tenuta da Philippe Daverio lo scorso 31 maggio, alla Villa Manzoni di Brusuglio, nell'ambito del 3° Festival della Biodiversità. Un anfratto, quello dove sorge l'edificio, ancora tutto da scoprire: "E che, fra quindici anni o anche prima, diverrà mèta turistica tra le più ambite". Ma che ora, grazie anche a una cura dei privati non sempre negativa, ancora conserva il suo sobrio splendore. "La villa che ha ospitato Giulia Beccaria, Margherita Sarfatti, Anna Kuliscioff: non è un caso che donne simili, l'esatto contrario del modello allora imposto e che oggi è tornato prepotentemente di moda, avessero deciso di stabilirsi qui".

L'occasione ha fornito a Daverio lo spunto per osservazioni di carattere più generale o, meglio, ampio. "Il Sud milanese è luogo di marcite e fontanili, il Nord di fontane sorgive. In un luogo come nell'altro grande impulso all'economia venne fornito dai monaci. Fu nel Medioevo che venne delineata l'accidia come peccato capitale, che noi traduciamo come pigrizia, ma che, in realtà, è la lentezza a fare il bene, l'indolenza, l'indifferenza". Sempre i monaci combattevano la superbia e la vendetta, che invece, per i cavalieri teutonici, erano considerati virtù indispensabili. Tutto quanto per dire che il monachesimo s'impegnò moltissimo per frenare gli istinti al tempo stesso svogliati e belluini, alimentando parallelamente la collaborazione, la solidarietà, il senso di comunità.


Un senso di comunità che però, a un certo punto, s'incrinò: "Noi parliamo di contadini, i francesi di paysans. C'è una differenza sostanziale. Il contadino era colui che si trovava sotto la giurisdizione del comites (conte), il funzionario di Carlo Magno che, col tempo, in Europa divenne stanziale mentre nei territori italiani era itinerante; il contado, quindi, si adeguava ai voleri del comites di turno, alienandosi dall'originario senso di comunità. Il contadino divenne perciò simile al plebeo, un personaggio fuori del tempo e della storia, passivo, schierato col più forte".


"L'Italia è sempre stata divisa tra queste due 'fazioni'. Ogni tanto si scatenano fra di loro autentiche 'guerre civili'. Adesso sembra prevalere la parte plebea, aggressiva, intollerante, appiattita sui grandi numeri, ma noi abbiamo anche altro, perché non tirarlo fuori, una buona volta?".



Rino T.



BORGHEZIO

Ciao Massimo

                             


 



 

                                                Ciao Massimo...


Addio mio mare
lascio  la bici
smetto di lavorare
e vado a riposare.
Tra poco ti vedrò
da un'altro mare
é azzurro come te.


franca bassi


Passeggiata al contrario

Eravamo vicini, io ed te
come su un binario, avanzavamo
sognavamo su due mondi
senza mai confonderci.
Eravamo felici in certi momenti
eravamo storditi dall'amore
sordi di noi, invisibili ora.
Ti sfioravo nel tuo fare
ascoltandoti per ore
soffrendo per un dolore
un amore finito, solo.
Lentamente deformati
ingialliti dal sole
sfilacciati dal tempo
logorati all'anima
amore addio.

3.6.09

Senza titolo 1510

  L'AVETE LETTO IL LIBRO IL SEGRETO DEL MILLENNIO ?  :-)


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4-5\6\1989-4-5\2009 tiennamen

Si celebra  oggi  l'anniversario  della rivolta  di piaza  tiennamen   , aspettiamoci in solito  fiujme  d'inchiostro  che dice   e non dice  per  pi evaporare    fino al  prossimo  anniversario  .
Per  celebrare questo anniversario   , poichè due parole  sono  troppe  e  una  è poco lascio che  a parlare  sia  questa  foto  (  che    chi  all'epoca   aveva  13  anni   o  più ricordera  ,  per chi  non  la  conosce  o  non ricorda   c'è  sotto  l'url  con la  storia  )


eccovi i  link 

La  storia  della  foto 
it.wikipedia.org/wiki/Il_rivoltoso_sconosciuto

la  rivolta  (  con un  ottima biobliografia   e  rimandi  , e  fotografie    fra cui  quella  che  trovbate  qui ) it.wikipedia.org/wiki/Protesta_di_piazza_Tiananmen

intervista ad un cdv vegano

Ora  visto che sui Vegan  ci sono molti luoghi comuni , derisione ,  e pregiudizi   anche  ( esperienza personale in merito   )   anche  in  famiglie  t e  gente   olleranti  \  libertarie  disinformazione   ho deciso  d'intervistare  un mio  amico  \  compagno di strada  ,  collega  dellì'associazione  nord-sud  boittega  cittadina   del commercio equo e solidale  Giampaolo Scolafurru


1) come è avvenuto il tuo passaggio da vegetariano a vegano ?
In modo molto repentino, ho acquistato il libro "vegan la nuova scelta vegetariana per il corpo,la mente ,il cuore! edito dalla Giunti demetra, l'ho letto in un pomeriggio il giorno dopo ho deciso di non mangiare piu uova, latte e derivati.

 2) i tuoi familiari come hanno reagito ?
hanno fatto commenti abbastanza severi, però, ho fatto ugalmente la mia scelta.
3)riesci a resistere ? hai mai avuto cedimenti o ripensamenti ?
non devo resistere a nulla perchè comunque i cibi vegan soddisfano il mio gusto e il mio palato,qualche volta ho avuto dei ripensamenti riguardo ai formaggi, pensando che potevo contianuare a mangiarli acquistando da un contandino locale, però nel frattempo ho scoperto che anche i formaggi non mi attiravano piu!!!!
4)come ti comporti "in ambienti estranei " ( mense , ristoranti , mjatrimoni battesimi , cresime ) dove non puoi ( o e raro che lo possa fare ) seguire la tua dieta
Ai matrimoni preferisco non andare, anche perchè vedere la gente strafogarsi di tutto quel cibo, va contro i miei principi di sobrietà, quando devo andarci per forza, ovviamente trattasi di parenti o comunque persone di famiglia, con cui c'e una certa confidenza dico cosa voglio mangiare e allora partecipo! per quanto riguarda gli altri "ricevimenti" mangio cio che posso mangiare evitando gli altri cibi.
5) hai , da quando sei passato dal vegetariano semplice o vegetariano complesso ( vegano ) problemi di salute ?
la mia salute da quando sono diventato vegan è nettamente migliorata! nel frattempo però accanto a una dieta precisa e sana ho associato anche il nuoto!
6)che consigli daresti a chi vuole iniziare questo stil di vita ?.
il mio consiglio a chi vuole diventare vegan è quello di seguire scrupolosamente una dieta bilanciata e equilibrata come la si puo trovare sul sito www.vegpyramid.it ! inutile dire che oltre una convinzione prettamente salutilista è auspicabile avere convinzioni e sensibilità spiccate nei confronti dei non umani,comunque anche il motivo salutilistico e equo-sostenibile puo essere una buona partenza!
7)qualcosa d'aggiungere o da retificare

nessuna rettifica, anzi vorrei che le persone prendessero consapevolezza di cio che vuol dire essere oggi onnivori! a voi l'onere dell'informazione e della documentazione per convincersi, rimango cmq a disposizione per qualsiasi approffondimento al riguardo


Giuditta e Oloferne

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Artemisia Gentileschi è una starordinaria pittrice del seicento che giustamente figura, per la sua sagace e forbita "pennellata" tra le allieve di scuola Caravaggesca. I suoi quadri, una grande produzione artistica di grande pregio, raccontano attraverso le storie bibliche e profane la sua vita di giovane donna che vive un ambiente maschile e che ne viene travolta in tutti i sensi. Bene e Male sono trattati e figurati con gli occhi di chi è stata tradita dalla vita e ha dovuto subire l'oltraggio più blasfemo e turpe per una donna. Il quadro che più rappresenta questa sua voglia di rivincita è per chi vi scrive, senza dubbio, Giuditta e Oloferne, che colpisce per l'elevata dose di violenza che lo contraddistingue, per l'immediatezza dei soggetti raffigurati, per il gusto teatrale tipicamente barocco e per la sapienza con la quale vengono impiegati i colori, una sapienza già messa in evidenza da Roberto Longhi in un suo famoso saggio del 1916, Gentileschi padre e figlia. La freddezza e l'impassibilità di Giuditta, il suo sforzo nel tenere ferma la testa di Oloferne, il generale che a sua volta tenta di respingere la serva che aiuta la protagonista a decapitare il nemico; il tema era già stato affrontato, con la stessa veemenza, da Caravaggio, ma la tela proposta da Artemisia Gentileschi assume anche una connotazione autobiografica. In questa tela c'è la pittrice che ha subito una violenza e che non paga della Giustizia Umana vuole che il suo stupratore, un amico di famiglia che approfitta dell'ambiente comune di lavoro per dar sfogo alla sua voglia  di animale senza "padrone", abbia una punizione che la purifichi e le ridia la sua giovinezza violata. Non vuole sporcarsi del sangue del gigantesco OLOFERNE ( dal libro di Giuditta Antico testamento- Oloferne è il generale mandato da Nabucoidonosor, Re degli Assiri, per sottomettere i ribelli Giudei e trova morte per mano dell'eroina giudea, già provata dal dolore per la morte del marito, ma pronta a sacrificarsi per la salvezza del suo popolo; Giditta ( in ebraico La Giudea)  dopo aver fatto ubriacare di lei e di vino il generale, gli sottrae la scimitarra e invocando Dio con due colpi netti gli taglia la testa e getta lo scompiglio nel campo avversario che viene ad essere privato del suo condottiero...) Caravaggio aveva ritratto Giuditta raccontando di lei il suo ribrezzo e la necessità dell'atto brutale, le ha posto vicino una vecchia serva, la saggezza che suggerisce l'atto, e un Oloferne decisamente meno giovane e bello di quello ritratto da Artemisia. La pittrice, invece, ritrae un gigantesco Oloferne, giovane e bello, quasi bello animalescamente, e la serva diventa una giovane complice della Giustizia che lei cerca per se, ma non solo per se. La cerca per tutte le donne che devono nascondersi dietro gli uomini piuttosto che avere i mezzi per competere ad armi pari. E' una forma di Femminismo ante litteram!


Ugo Arioti


 

Poesia sperimentale di Natalia Bondarenko

donna crocifissa

Potrei camminare sulle pietre ardenti


per distrarre il mio spirito bollente,


o


dormire su un  letto di chiodi, senza mai svegliarmi,


– uno, fisso, mi sta lacerando la fronte.


 


Ma non posso camminare sull’acqua;


nel frattempo una semplice pozzanghera


si è trasformata in un oceano d’incomprensione.


 


Non sono Il Cristo.


 


Sono Una… quella, della  costola


una sua versione.


 


 


Natalia Bondarenko   24.05.2009

GLI UOMINI CHE ODIANO LE DONNE, IL FILM E IL LIBRO

                                           

I





Prodotto dalla Nordisk Film, uscito in Svezia a Marzo del  2009



SCRITTO e SCENEGGIATO Da: Nikolaj Arcel e Rasmus Heisterberg, 
DIRETTO Dal regista:   Niels Arden Oplev






TRATTO DAL ROMANZO:  Del giornalista e scrittore Svedese, Stieg Larsson, “Gli Uomini che odiano Le Donne” è il primo della trilogia  Millennium, divenuto un best sellers dopo la morte dell’autore.
Cast principale: Michael Nyqvist, Noomi Norén (nei panni, rispettivamente, del giornalista Mikael Blomkvist e della hacker Lisbeth Salander), Peter Haber e Lena Endre.





Sinossi:
 Sono passati molti anni da quando Harriet, nipote prediletta del potente industriale Henrik Vanger, è scomparsa senza lasciare traccia. Da allora, ogni anno l'invio di un dono anonimo riapre la vicenda, un rito che si ripete puntuale e risveglia l'inquietudine di un enigma mai risolto. Ormai molto vecchio, Henrik Vanger decide di tentare per l'ultima volta di fare luce sul mistero che ha segnato tutta la sua vita.l'incarico di cercare la verità è affidato a Mikael Blomkvist: quarantenne di gran fascino, Blomkvist è il giornalista di successo che guida la rivista Millennium, specializzata in reportage di denuncia sulla corruzione e gli affari loschi del mondo imprenditoriale.Sulle coste del Mar Baltico, con l'aiuto di Lisbeth Salander, giovane e abilissima hacker, (interpretata da Noomi Norén, fantastica rivelazione, un attrice dodata, e di rara abilità interpretativa, colpisce lasciando il segno) al suo fianco ribelle e inquieta, Blomkvist indaga a fondo la storia della famiglia Vanger. E più scava, più le scoperte sono spaventose...



Da alcuni anni gli Svedesi ci stanno mostrando che, non bisogna per forza essere americani per produrre buoni thriller e gialli di tutto rispetto, passando con disinvoltura dall'horror al fantastico come nel caso del bellissimo film "Fammi Entrare" sempre tratto da un romanzo di successo. Da sempre seguo questo genere che amo, come voi ben sapete e, che pare impossibile da realizzare in Italia, per pochezza di vedute produttive. Spesso penso al mio romanzo "Prendimi e Uccidimi"(buon successo nel mio piccolo, e tutti quelli che lo hanno letto hanno detto che non potevano staccarsi fno alla fine, due ore o al massimo tre per finirlo) e che ottimo film potrebbe diventare, ma adesso voglio parlarvi di questo film, (la trilogia di millenium, la sto ancora leggendo) che mi ha colpita per tempi registici e lo sviluppo narrativo della storia. Il film è girato come si usava fare anche da noi negli anni settanta, ossia con tempi lunghissimi per quanto l'occhio odierno è abituato sopportare, ma il coinvolgimento narrativo che naviga su tre diverse storie parallele, dopo quindici minuti di .... lentezza .... ti prende di prepotenza trascinandoti all'interno della storia, e da protagonista, mai da spettatore passivo. Questa è la cosa che ho apprezzato di più. Il film è bellissimo, carico di atmosfere. Coinvolgente, terrificante e disgustoso in alcune scene, vero e profondo per sentimenti umani e la pochezza delle "nostre" esistenze lasciate in balia degli venti per mancanza d'amore (altro tema a me caro). Non posso raccontare più di quanto è scritto nella sinossi, dovete solo andarlo a vedere e lo amerete come l'ho amato io. Il connubio: freddezza emotiva e passione ed odio, è micidiale ve lo assicuro. La protagonista femminile poi, è una rivelazione assoluta, finalmente un'attrice giovane che non s'impone sugli schermi per la misura di protesi siliconate al seno, ne per sculettamenti vari, o rinoplastiche, zigomi e labbroni, ma per la sua bravura, fascino e classe innata. Noomi Norén è la vera rivelazione del film, buca letteralmente lo schermo lasciandoti addosso la sua malinconica e struggente solitudine interiore, la sua fame d'amore ..... Buona visione a tutti, baci dalla sempre vostra Buona visione a tutti, baci dalla sempre vostra Rossella Drudi

diffidate dalle imitazioni http://www.diteloame.splinder.com

2.6.09

Schivitù moderna



schiavi moderni
E’ alquanto difficile ammetterlo, ma la verità è che non vi sono grosse differenze tra lo sfruttamento della schiavitù che praticavano gli antichi Greci, o gli antichi Romani, rispetto a quella praticata dall’occidente moderno nei confronti dei paesi del terzo mondo, se non per il fatto che quest’ultima è stata opportunamente mascherata dalla ipocrisia dei nostri governanti.

pesieri sparsi \ seghe mentali

prima, che  una  cosa  che  vale male  ,  si chiude  è meglio per  te  e  per tutti uelli che ti stanno attorno  .

La  porno  dipendenza   si può sconfiggere  : <<  devi capire   che  è  una cposa   che non  solo   non ti  dà  niente  , ma  ti  svuota  l'anima  >>  (  sms   di una  cdv.esterna   al nostro  blog    )  .  .Vero    a questo  c'ero arrivato anch'io  vedere post    basta  tette  e culi in tv  ,  ma  come   applicarlo    visto che continuo  a farne uso  ? 

 spesso  c'è  più logica   nell'assurdo   che nella  stessa realtà

Saper  mentire  è  un arte  . Infatti la menzogna  non può (  almeno  no n dovrebbe  ) cambiare    di continuo    dev'essere  credibile  , altrimenti  non è  più  tale   , ma  è  verità   . 

Senza titolo 1509


Cari Amici
per una buona causa
Vi prego di andare a visitare questo link
http://www.facebook.com/event.php?eid=106101375848&ref=mf
grazie Veronica


1.6.09

WiWa l'ITALIA e WiWa la LIBERTA'

La forma ha sovrastato la sostanza



Ugo Arioti


Viviamo in un mondo che guarda più all'apparenza, alla voce più forte, al gridatore di maggior fama, nessuno bada alla sostanza e ai valori che sottendono ogni nostro gesto. La parola in libertà, dicono, ma è un inganno. Troppe parole e slogan e atti dimostrativi nascondono il vuoto di pensiero e azioni eticamente corrette e oneste intellettualmente. Così succede che tutto diventi "ludos" e ogni cosa umana viene sovrapposta continuamente alle altre e in summitate il grido più forte che copre ogni opposizione senza vergogna e senza correttezza, senza ideali senza morale, puro grido di POTERE. Oggi la politica in Italia non è più il luogo delle scelte, ma sempre più il teatrino della vanagloria che serve solo a creare un popolo di tifosi ignoranti intorno a chi ha i mezzi e le possibilità di coprire con la sua voce la voce degli altri e con la sua forza, creata sull'inganno mediatico, il suo destino politico. Così passa la logica mafiosa del più forte, quasi un ritorno alle caverne, alla preistoria! Allora la crisi, il degrado, la mancanza di sicurezza o di solidarietà sociale diventano una sfrangiatura brutta e inutile che nessuno vuole vedere. Allora i genitori inculcano ai figli la regola della forma e i ragazzi vogliono e pretendono senza confronto, senza un dialogo vero. Tutto quello che è sgradevole viene eliminato, sottaciuto, scanzato, fino al giorno che la malasorte non tocca qualcuno di questi "scaramantici falsari tifosi del potere" che osannano il modello televisivo del CORTILE MEDIATICO e della lotta tra ragazzi per stabilire chi è più bravo, più bello, più FORMALMENTE ACCETTABILE DAI SELEZIONATORI DEL TEATRO POPOLARE DEMAGOGICO DEL BASTONE DI COMANDO. L'etica? la Democrazia? La solidarietà? la Giustizia? Il valore umano? Purtroppo in questa italietta felix  non sono altro che merci da vendere o da usare per perpetuare un campionato del POTERE che si preoccupa solo di se stesso e della sua immagine "forte". Così siamo dinuovo alle porte del FASCISMO, ma di un fascismo più pericoloso perchè travestito, con l'inganno mediatico, da volgare populismo masmediatico! Un populismo che si identifica con un solo uomo, pensate un pò! Allora, scusate se indulgo in un ottimistico pensiero colorato di vera ITALIA, spero che il mondo cattolico, quello sinceramente legato a Don Sturzo e ai suoi valori e il mondo socialista e democratico si sveglino in tempo, prima di dover tornare alla clandestinità e alla lotta PARTIGIANA, che qualche utile idiota, oggi solo per vendere libri, non vuole accettare per quello che è stata e non per i piccoli episodi di disturbo che si possono trovare in qualsiasi "Mondo"!


WiWa l'ITALIA e WiWa la LIBERTA' contro tutte le mafie e tutti i fascismi e le dittature


Ugo Arioti


per evitare chiamate indesiderate o messaggi molesti su whatsapp usate due schede una pubblica ed una privata

  questo post     di  Aranzulla     conferma    il consiglio      che  davo    in un post   (  cercatevelo  nell'archiviuo  dell'ann...