il telefono a scuola no ma con giudizio



Fra le tante   boiate  che  dice il ministro (  ex  Dc  )  Fioroni  in questi  giorni  ha detto una cosa  giusta  . Infatti  ha tirato in ballo i reality show (  i programmi più  volgari e degradati che esistano in tv  insieme ad alcuni
Talk show di rai e mediaset  o mediasetrai ) ha chiesto aiuto a Rai e Mediaset ed  ha colpevolizzato ( non lo biasimo e  gli do  ragione non ha  tutti i torti insomma )  quella cultura volgare \trash-spazzatura ovvero quella  omologante e degradata che porta all'emulazione  i nostri giovani ragazzi\e sopratutto quele  dela generazione degli anni '80\90 ormai privi,SIC,di ogni spirito critico ( salvo pochissimi  che  vengono per questo derisi o considerati matti perchè non si omologano  e  mantengono  uno spirito critico perchè non si omologano  e  mantengono  uno spirito critico  e quindi ed isolati  dal branco  ) e di valori  morali,culturali  ed  etici   che non siamo  esclusivamente  quelli imposti dela  globalizzazione  neoliberista   come  :  la  raccomandazione in ogni campo ( lavoro  , studio , carriera , ecc ) ,dell'endonismo a  tutti i costi  dell'omologazione  forzata  e  e del consimismo più sfrenato  e  alla ricerca di un protagonismo a qualunque costo". Come quando ripresero in classe il perizoma della prof in cui tutti infilavano le mani, o l'insegnante sfottuto dagli alunni, che lanciavano oggetti sulla cattedra mentre lui faceva lezione. Come quando alcuni studenti,solo per citare il caso più noto,ridacchianti maltrattarono, picchiarono e filmarono in aula un compagno autistico e il video fini  su Youtube   nella categoria    video  divertenti ( io di divertente  non ci vedo gran che ) finì subito tra i più cliccati.
Però    se  non si coinvolgono le  famiglie  è una  battaglia persa .  infatti    sulla stampa onliner  di oggi  16\3\2007    c'è  una intervista  al preside  di Bari Ugo  Castorina  che dice  delle cose importanti 






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Preside Castorina, l'intervento del ministro sull’uso dei cellulari sembra deciso. Per vietarne l'ingresso a scuola bisognerà aspettare una legge, ma nel frattempo potrete sequestrarli fino alla fine delle lezioni. Non è un significativo passo avanti?
«Sicuramente. Il ministro Fioroni l'ho incontrato a “Porta a Porta”: se si priva il ragazzo del telefono – gli ho detto - non mi sembra che sia un reato. I telefoni costituiscono una distrazione continua. Nella mia scuola abbiamo già provato a impedirne l'utilizzo. Alcuni ragazzi ci hanno risposto: “Se mi togli il telefono, lo diPreside Castorina, l'intervento del ministro sull’uso dei cellulari sembra deciso. Per vietarne l'ingresso a scuola bisognerà aspettare una legge, ma nel frattempo potrete sequestrarli fino alla fine delle lezioni. Non è un significativo passo avanti?
«Sicuramente. Il ministro Fioroni l'ho incontrato a “Porta a Porta”: se si priva il ragazzo del telefono – gli ho detto - non mi sembra che sia un reato. I telefoni costituiscono una distrazione continua. Nella mia scuola abbiamqui  o già provato a impedirne l'utilizzo. Alcuni ragazzi ci hanno risposto: “Se mi togli il telefono, lo dico a mio padre, e ti faccio aspettare all’uscita”. Oppure: “Ti faccio scrivere una lettera dall'avvocato”. Il problema è sempre lo stesso: coinvolgere le famiglie».
Ci ha provato?
«A febbraio ho inviato una lettera ai genitori, spiegando che sarebbe stato meglio lasciare a casa i cellulari. Li pregavamo di munirli di una scheda telefonica. Per le emergenze abbiamo i telefoni della scuola. Speravo fosse l'occasione per un confronto».
E invece che cosaPreside Castorina, l'intervento del ministro sull’uso dei cellulari sembra deciso. Per vietarne l'ingresso a scuola bisognerà aspettare una legge, ma nel frattempo potrete sequestrarli fino alla fine delle lezioni. Non è un significativo passo avanti?
«Sicuramente. Il ministro Fioroni l'ho incontrato a “Porta a Porta”: se si priva il ragazzo del telefono – gli ho detto - non mi sembra che sia un reato. I telefoni costituiscono una distrazione continua. Nella mia scuola abbiamo già provato a impedirne l'utilizzo. Alcuni ragazzi ci hanno risposto: “Se mi togli il telefono, lo dico a mio padre, e ti faccio aspettare all’uscita”. Oppure: “Ti faccio scrivere una lettera dall'avvocato”. Il problema è sempre lo stesso: coinvolgere le famiglie».
Ci ha provato?
«A febbraio ho inviato una lettera ai genitori, spiegando che sarebbe stato meglio lasciare a casa i cellulari. Li pregavamo di munirli di una scheda telefonica. Per le emergenze abbiamo i telefoni della scuola. Speravo fosse l'occasione per un confronto».
E invece che cosa è successo?
«Si sono sentiti vittime di un sopruso: hanno organizzato una manifestazione, all'uscita della scuola, bloccandomi all'interno. Non hanno compreso che si trattava di un intervento educativo. Il nervo scoperto è tutto lì: nel rapporto tra la scuola e la famiglia».
Il ministro prevede la sottoscrizione, all'inizio dell'anno, di un «Patto sociale di corresponsabilità»: le famiglie risponderanno direttamente dell'operato dei figli. Sono previste anche sanzioni pecuniarie. Qual è il suo giudizio?
«Bene. Ma il patto funziona se alle spalle dell'alunno c'è una famiglia presente. E quando non c'è? E' necessaria una sinergia con altre istituzioni. Magari con gli assistenti sociali. Se non fosse che il territorio è vasto e l'organico è scarso. Così ci sono bambini che restano abbandonati per strada. La nostra scuola già applica un patto, sottoscritto all'inizio dell'anno, con il quale la famiglia si impegna a osservare il nostro regolamento d'istituto. Ma se la famiglia è assente, il patto chi lo rispetta? E' per questo che sono stato aggredito».
Si spieghi meglio.
«Ho convocato i genitori di una ragazza che non frequentava la scuola. Avrei dovuto denunziare l'inadempienza alla magistratura, ma prima, ovviamente, ho provato a convincere la sua famiglia. La ragazza è madre. Per questo non frequenta l'istituto. Ma noi abbiamo la scuola serale, forniamo le baby sitter e quindi poteva frequentarla. Il nostro tentativo, però, non è stato gradito. E' stato visto come un'interferenza. Secondo i familiari, il preside doveva farsi i fatti suoi. Esistono contesti dove l'aggressività dei genitori è superiore a quella dei figli. Forse hanno bisogni materiali irrisolti».
Per fronteggiare il problema del bullismo sono state inasprite le sanzioni: la sospensione, infatti, potrà superare i 15 giorni. Si arriva anche all'esclusione dallo scrutinio e dalla maturità. Poi ci sono misure più pedagogiche: pulitura delle aule oppure piccole manutenzioni. E’ d'accordo?
«Assolutamente sì. La scuola ha il compito di promuovere, non di bocciare, ma promuovere significa far crescere. Quindi bisogna dare agli alunni tutto ciò che serve a crescere. Sanzioni incluse».
è Preside Castorina, l'intervento del ministro sull’uso dei cellulari sembra deciso. Per vietarne l'ingresso a scuola bisognerà aspettare una legge, ma nel frattempo potrete sequestrarli fino alla fine delle lezioni. Non è un significativo passo avanti?
«Sicuramente. Il ministro Fioroni l'ho incontrato a “Porta a Porta”: se si priva il ragazzo del telefono – gli ho detto - non mi sembra che sia un reato. I telefoni costituiscono una distrazione continua. Nella mia scuola abbiamo già provato a impedirne l'utilizzo. Alcuni ragazzi ci hanno risposto: “Se mi togli il telefono, lo dico a mio padre, e ti faccio aspettare all’uscita”. Oppure: “Ti faccio scrivere una lettera dall'avvocato”. Il problema è sempre lo stesso: coinvolgere le famiglie».
Ci ha provato?
«A febbraio ho inviato una lettera ai genitori, spiegando che sarebbe stato meglio lasciare a casa i cellulari. Li pregavamo di munirli di una scheda telefonica. Per le emergenze abbiamo i telefoni della scuola. Speravo fosse l'occasione per un confronto».
E invece che cosa è successo?
«Si sono sentiti vittime di un sopruso: hanno organizzato una manifestazione, all'uscita della scuola, bloccandomi all'interno. Non hanno compreso che si trattava di un intervento educativo. Il nervo scoperto è tutto lì: nel rapporto tra la scuola e la famiglia».
Il ministro prevede la sottoscrizione, all'inizio dell'anno, di un «Patto sociale di corresponsabilità»: le famiglie risponderanno direttamente dell'operato dei figli. Sono previste anche sanzioni pecuniarie. Qual è il suo giudizio?
«Bene. Ma il patto funziona se alle spalle dell'alunno c'è una famiglia presente. E quando non c'è? E' necessaria una sinergia con altre istituzioni. Magari con gli assistenti sociali. Se non fosse che il territorio è vasto e l'organico è scarso. Così ci sono bambini che restano abbandonati per strada. La nostra scuola già applica un patto, sottoscritto all'inizio dell'anno, con il quale la famiglia si impegna a osservare il nostro regolamento d'istituto. Ma se la famiglia è assente, il patto chi lo rispetta? E' per questo che sono stato aggredito».
Si spieghi meglio.
«Ho convocato i genitori di una ragazza che non frequentava la scuola. Avrei dovuto denunziare l'inadempienza alla magistratura, ma prima, ovviamente, ho provato a convincere la sua famiglia. La ragazza è madre. Per questo non frequenta l'istituto. Ma noi abbiamo la scuola serale, forniamo le baby sitter e quindi poteva frequentarla. Il nostro tentativo, però, non è stato gradito. E' stato visto come un'interferenza. Secondo i familiari, il preside doveva farsi i fatti suoi. Esistono contesti dove l'aggressività dei genitori è superiore a quella dei figli. Forse hanno bisogni materiali irrisolti».
Per fronteggiare il problema del bullismo sono state inasprite le sanzioni: la sospensione, infatti, potrà superare i 15 giorni. Si arriva anche all'esclusione dallo scrutinio e dalla maturità. Poi ci sono misure più pedagogiche: pulitura delle aule oppure piccole manutenzioni. E’ d'accordo?
«Assolutamente sì. La scuola ha il compito di promuovere, non di bocciare, ma promuovere significa far crescere. Quindi bisogna dare agli alunni tutto ciò che serve a crescere. Sanzioni incluse».
successo?
«Si sono sentiti vittime di un sopruso: hanno organizzato una manifestazione, all'uscita della scuola, bloccandomi all'interno. Non hanno compreso che si trattava di un intervento educativo. Il nervo scoperto è tutto lì: nel rapporto tra la scuola e la famiglia».
Il ministro prevede la sottoscrizione, all'inizio dell'anno, di un «Patto sociale di corresponsabilità»: le famiglie risponderanno direttamente dell'operato dei figli. Sono previste anche sanzioni pecuniarie. Qual è il suo giudizio?
«Bene. Ma il patto funziona se alle spalle dell'alunno c'è una famiglia presente. E quando non c'è? E' necessaria una sinergia con altre istituzioni. Magari con gli assistenti sociali. Se non fosse che il territorio è vasto e l'organico è scarso. Così ci sono bambini che restano abbandonati per strada. La nostra scuola già applica un patto, sottoscritto all'inizio dell'anno, con il quale la famiglia si impegna a osservare il nostro regolamento d'istituto. Ma se la famiglia è assente, il patto chi lo rispetta? E' per questo che sono stato aggredito».
Si spieghi meglio.
«Ho convocato i genitori di una ragazza che non frequentava la scuola. Avrei dovuto denunziare l'inadempienza alla magistratura, ma prima, ovviamente, ho provato a convincere la sua famiglia. La ragazza è madre. Per questo non frequenta l'istituto. Ma noi abbiamo la scuola serale, forniamo le baby sitter e quindi poteva frequentarla. Il nostro tentativo, però, non è stato gradito. E' stato visto come un'interferenza. Secondo i familiari, il preside doveva farsi i fatti suoi. Esistono contesti dove l'aggressività dei genitori è superiore a quella dei figli. Forse hanno bisogni materiali irrisolti».
Per fronteggiare il problema del bullismo sono state inasprite le sanzioni: la sospensione, infatti, potrà superare i 15 giorni. Si arriva anche all'esclusione dallo scrutinio e dalla maturità. Poi ci sono misure più pedagogiche: pulitura delle aule oppure piccole manutenzioni. E’ d'accordo?
«Assolutamente sì. La scuola ha il compito di promuovere, non di bocciare, ma promuovere significa far crescere. Quindi bisogna dare agli alunni tutto ciò che serve a crescere. Sanzioni incluse».
co a mio padre, e ti faccio aspettare all’uscita”. Oppure: “Ti faccio scrivere una lettera dall'avvocato”. Il problema è sempre lo stesso: coinvolgere le famiglie».
Ci ha provato?
«A febbraio ho inviato una lettera ai genitori, spiegando che sarebbe stato meglio lasciare a casa i cellulari. Li pregavamo di munirli di una scheda telefonica. Per le emergenze abbiamo i telefoni della scuola. Speravo fosse l'occasione per un confronto».
E invece che cosa è successo?
«Si sono sentiti vittime di un sopruso: hanno organizzato una manifestazione, all'uscita della scuola, bloccandomi all'interno. Non hanno compreso che si trattava di un intervento educativo. Il nervo scoperto è tutto lì: nel rapporto tra la scuola e la famiglia».
Il ministro prevede la sottoscrizione, all'inizio dell'anno, di un «Patto sociale di corresponsabilità»: le famiglie risponderanno direttamente dell'operato dei figli. Sono previste anche sanzioni pecuniarie. Qual è il suo giudizio?
«Bene. Ma il patto funziona se alle spalle dell'alunno c'è una famiglia presente. E quando non c'è? E' necessaria una sinergia con altre istituzioni. Magari con gli assistenti sociali. Se non fosse che il territorio è vasto e l'organico è scarso. Così ci sono bambini che restano abbandonati per strada. La nostra scuola già applica un patto, sottoscritto all'inizio dell'anno, con il quale la famiglia si impegna a osservare il nostro regolamento d'istituto. Ma se la famiglia è assente, il patto chi lo rispetta? E' per questo che sono stato aggredito».
Si spieghi meglio.
«Ho convocato i genitori di una ragazza che non frequentava la scuola. Avrei dovuto denunziare l'inadempienza alla magistratura, ma prima, ovviamente, ho provato a convincere la sua famiglia. La ragazza è madre. Per questo non frequenta l'istituto. Ma noi abbiamo la scuola serale, forniamo le baby sitter e quindi poteva frequentarla. Il nostro tentativo, però, non è stato gradito. E' stato visto come un'interferenza. Secondo i familiari, il preside doveva farsi i fatti suoi. Esistono contesti dove l'aggressività dei genitori è superiore a quella dei figli. Forse hanno bisogni materiali irrisolti».
Per fronteggiare il problema del bullismo sono state inasprite le sanzioni: la sospensione, infatti, potrà superare i 15 giorni. Si arriva anche all'esclusione dallo scrutinio e dalla maturità. Poi ci sono misure più pedagogiche: pulitura delle aule oppure piccole manutenzioni. E’ d'accordo?
«Assolutamente sì. La scuola ha il compito di promuovere, non di bocciare, ma promuovere significa far crescere. Quindi bisogna dare agli alunni tutto ciò che serve a crescere. Sanzioni incluse».

Inoltrer invece di sospenderli e bocciarli   che secondo dalla mia esperienza  scolastica  e  familiare ( mio padre  e  mia madre  ex professori  )   non serve  a  niente   visto che molti  video  ( ed  emulazioni varie  )   sono  atti vandalismo  ale strutture scolastiche   li   condannerei  come  ha fatto   un preside  di un liceo di Nuoro   ecco l'articolo del  Giornale  la  nuova sardegna del  15\3\2007  :
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Nuoro. Il preside di un istituto adotta un metodo ritenuto più efficace delle sospensioni Per punizione tinteggiano e puliscono l’aula  
«Insegniamo ai giovani la disciplina rendendoli partecipi della vita della scuola»Il mattino a lezione e da martedì prossimo rientri fuori programma

 NUORO. Al mattino con lo zaino e con i libri, al pomeriggio con i pennelli e i rulli per imbiancare, i guanti da lavoro e la spatola per raschiare le gomme da masticare attaccate sotto i banchi o dietro le sedie, abiti adatti alle pulizie perchè, va da sè, bisognerà pur ripulire dopo aver tinteggiato. Tremonti aveva inventato la contestata “finanza creativa”? C’è una scuola superiore a Nuoro dove preside e docenti hanno fatto di più. Hanno inventato le “punizioni creative”. Hanno deciso che le sanzioni disciplinari, le sospensioni ritenute spauracchio dei bad boys, non servano a nulla.

 Molto meglio convertirle in lavori socialmente utili come tinteggiare le pareti dell’aula o mettere a posto gli attrezzi che si usano in palestra. Partiamo dall’inizio. «Abbiamo avuto un problema disciplinare in una classe. Non legato al profitto, comunque non in tutti i casi. Avevamo due strade: applicare il regolamento in modo burocratico, e rifilare i canonici 5-10 giorni di sospensione. Oppure pensare a qualcosa che, anzichè allontanare i ragazzi dalla scuola, li rendesse ancora più partecipi e consapevoli », raccontano il preside e gli insegnanti della classe in questione. Di cui non diamo elementi identificativi per evidenti esigenze di tutela dei minori coinvolti. Che complessivamente sono quattro, quattro tra ragazzini e ragazzine - stessa classe - che al primo quadrimestre hanno rimediato 6 in condotta. Non che abbiano combinato qualcosa di terribile, sia chiaro, ma «una serie di comportamenti fastidiosi e infantili di disturbo, incompatibili con il rispetto reciproco e delle dinamiche interne alla classe», racconta il capo d’isituto. Che non vuole paternità speciali rispetto alle punizioni creative.
 «Non ho inventato nulla, è previsto dallo statuto delle studentesse e degli studenti regolato da un decreto del preside». Ma la verità è che non lo si è mai applicato. «Guardi, sarebbe davvero stato molto più semplice mettere in atto le solite sanzioni disciplinari. Prendi 6 in condotta? Ti caccio da scuola. E dopo la sospensione, li avremmo riavuti ancora più esacerbati verso l’istituzione. Ma non è questo il punto», continua il capo d’istituto. Il punto è che «volevamo parlare con i ragazzi. Soprattutto renderli partecipi, responsabilizzarli. Allora abbiamo deciso di percorrere questa strada». C’è stato un consiglio di classe «non è stato un processo, sia chiaro. È stato un percorso comune, docenti, ragazzi, i loro genitori. Tutti hanno avuto la possibilità di parlare. Abbiamo chiesto loro di provare a mettersi nei nostri panni: diteci cosa avreste fatto». I ragazzi non sono stupidi: capiscono che bere la Coca Cola quando l’insegnante spiega, oppure alzarsi dal banco per buttare la gomma americana durante l’interrogazione del compagno, oppure ancora mordicchiare il panino mentre si fa lezione non è urbano. Farà forse figo, così gli altri ridacchiano, ma è una distorsione comportamentale. Come farli riflettere? Fuor di dubbio la punizione deve attraversare vari stadi «per fare un esempio, questa classe non ha mai partecipato all’assemblea d’istituto e invece non devono escludersi, se volete questa costrizione è una punizione creativa». Ogni giorno di sospensione comminato si trasformerà in tre ore di lavoro da rendere al pomeriggio. A scuola. «Nella loro classe, il loro ambiente. Noi pensiamo che tutti i ragazzi debbano sentire un senso di appartenenza. Per esempio, nelle loro camerette, dove magari regna il caos, loro si sentono in qualche modo protetti. E allora, perchè non farli sentire protetti anche a scuola, nell’aula? Potrebbe diventare un’altra tana», dicono gli insegnanti. Ecco perchè la tinteggiatura alla quale sono stati condannati sarà un momento costruttivo. I colori dell’aula li sceglieranno loro: chi l’ha detto che la classe debba essere per forza bianca, solo perchè lo prevedeva il capitolato d’appalto dei lavori? «La coloreranno magari di azzurro, di verde. Decideremo tutti insieme». Intanto qualcuno di loro capirà il valore del muro pulito, visto che l’ha dovuto ritinteggiare. E magari, prima di sporcarlo con penne o quant’altro, o di danneggiarlo ciondolando con le sedie che finiscono per scheggiarlo ci penserà due volte. Con il meccanismo del rispetto, potrebbe anche scattare quello della protezione. «Quando uno di loro si comporta male, non viene isolato dal resto del gruppo. Perchè è difficile, perchè per loro è importante il senso di appartenenza, ma se imparano le logiche della buona condotta, e delle regole, con la fatica vera, saranno più portati a osservarle e a farle osservare», dice il preside. Certamente è servito discutere. E coinvolgere le famiglie. «Anche quelle dei ragazzi che non hanno preso il 6 in condotta. Volevamo che capissero che erano fatti di tutti, e non solo di quelli che in quel momento erano più turbolenti», chiariscono gli insegnanti. Famiglie senza armi: «Qualche mamma ha avuto un crollo. Poi hanno capito che serve la loro collaborazione, hanno capito che il circuito è composto da noi, loro e i ragazzi. Difficile sarebbe stato anche dire di no».
 «I giovani sono portati a rispettare le regole del gruppo, anche quando non piacciono, la sfida è fargli apprezzare il buono che c’è nelle regole della scuola, che insegnano a riflettere, ad applicarsi, a studiare, a collaborare, e se vedono che c’è un ritorno, che il tempo speso insieme è piacevole, sarà una fatica accettabile».
 Funzionerà? «Il 6 in condotta ha già funzionato. C’è stato un bel cambiamento comportamentale, anche se ogni tanto cercano di rialzare la cresta. Fanno le prove di forze, vogliono vedere fin dove possono spingersi».
 Intanto, i quattro giovanotti e le ragazze inizieranno martedì con i turni di lavoro. Un’imbiancatina non ha mai fatto male a nessuno. E togliere da sotto il banco le gomme masticate che magari hanno attaccato loro, sarà un po’ schifoso, ma capiranno che d’ora in poi devono vigilare perchè nessuno appicichi le Brooklin.In classe non si mastica.


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Concludo  con  : 1)  un libro  di una persona  lontana  anni luce da me  e dal mio modo di pensare , ma  quando ha ragione  ha ragione  non  importa se  di destra   o di  sinistra  , se reazionario o progressista .  Si tratta del libro   "  i selvaggi con il telefonino "  di
Maurizio Blondet, già inviato speciale de Il Giornale e di Avvenire, ha pubblicato per Effedieffe «I nuovi barbari», «11 settembre colpo di Stato in USA», «Cronache dell’Anticristo», «L uccellosauro ed altri animali la catastrofe del darwinismo», «Chi comanda in America», «Osama bin Mossad», «La strage dei genetisti», «Schiavi delle banche», «Israele, USA, il terrorismo islamico». Dirige il giornale on-line www.effedieffe.com  di cui avete   e  sicuramente  avrete modo  di leggere  sul nostro blog  alcunio articoli  postati  dalla  cdv   lucia  Merli . Eccone alcuni estratti  : << (... ) 

Il selvaggio col telefonino è l’immagine del nostro scadimento come popolo: non è che torniamo alla barbarie (magari), ma affondiamo ogni giorno di più nell’amoralità, nella volgarità, nella bassezza soddisfatta, nell’ignoranza compiaciuta, nella grettezza e mancanza di rigore - mentale prima che morale.

Questo genere di regresso è avvenuto nella storia d’Italia per l’abdicazione o la corruzione delle classi dirigenti, il contentarsi di essere quello che già siamo, il non chiedere più niente a noi stessi.E’ la dittatura collettiva del «fellah» urbanizzato.«Fellah» è la parola egiziana che indica il bracciante agricolo, in Italia il «cafone».(....) la dittatura collettiva del «fellah» urbanizzato.«Fellah» è la parola egiziana che indica il bracciante agricolo, in Italia il «cafone».IL cafone d’oggi ha il telefonino (o la Mercedes, o la laurea alla Bocconi) ma la sua mente resta quella dello zappatore.Il suo repertorio di curiosità e di ambizioni resta limitatissimo: il sesso, il «mangiare», il «vestire», il calcio, sono tutto ciò che esige dalla vita.
Questo tipo umano è estraneo alla cultura, all’arte, al pensiero, alle attività umane alte che costituiscono la civiltà; per lui sono inutili, e ne frena e ne soffoca la comparsa nella società.

Come lo zappatore quando va alla fiera del paese, diffida dei competenti, degli intelligenti, e in generale della complessità della vita, mentre dà cieca fiducia ai venditori di amuleti: è lui che ha arricchito le infinite Vanna Marchi della nostra vita collettiva, politica, mediatica e spettacolare. E’ lui che impone il suo «stile»: la maleducazione, la rozzezza, la vile violenza e la svaccata ineleganza che chiama «Made in Italy».

Questo libro tenta di essere un manuale di aristocratizzazione, di ri-educazione alla civiltà, che dichiara il suo debito, tra gli altri, al filosofo-educatore della modernità, Ortega y Gasset.(...)  continua qui >>
2)  con 
un video  preso  da  metello   con  una dele  ultime  ( almeno fin'ora  )  inciviltà  fatte  a danno  di   una prof 








lo so che  violo il principio etico e morale   di cui avevo parlato in uno dei  post precedenti  e che mia madre  giustamwente  e non a  torto  mi dice  che  faccio  loro pubblicità creando  in chi mi legge la  voglia di emulazione  e imitazione , ma    c'è  auto  censura  e auito censura  e   a chi mi critica rispondo come hanno risposto a dele critiche    : <<  questa è la realtà vista in presa diretta senza filtri, tutelare i giovani vuol dire capirli e perdonarli prima che formattarli e giudicarli...>> da  un utente  di www.metello.com che ha  postato  il  video  di un  spogliarello scherzoso  fattto  da  una  compagna  di classe    e che trovate qui  su metello questo non vuol  dire  che  concordi  con  questi video  o con tali comportamenti incivili e  beceri




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