16.3.07

Senza titolo 1699




L'unico commento che mi   sento di fare    su  questo ennesimo intervento  della chiesa   sule politiche  italiana   è  lasciato   a questa  vignetta  e   a questa frase  : << Assentire o dissentire è prerogativa di chi vive in un sistema democratico. In un regime autoritario, dissentire può essere considerato un crimine. Il che ci rende la vita parecchio difficile, a volte pericolosa, senz’altro mai monotona >> ( Aung San Suu Kyi, nobel  per la pace dnel 1991  da Lettere dalla Birmania (Sperling & Kupfer). Capisco che la chiesa  s'opponga  perchè va' contro i suoi valori  e sia libera  di dirlo e di affermarlo  anche  apertamente , ma  non  d'intervenire    con tali  pressioni  nelle faccende  di  uno stato  .  A voi ogni ulteriore  commento pro o a favore




 


Monsignor Negri: «Niente comunione ai politici pro Dico»


«Chi celebra l'Eucaristia non può poi tollerare e consentire leggi che sono evidentemente eversive dell'antropologia personale e familiare che dall'Eucaristia scaturisce». Dai microfoni di Radio Vaticana, il vescovo di San Marino-Montefeltro, Luigi Negri, spiega e chiarisce il richiamo del Papa alla «coerenza eucaristica» contenuto nella «Sacramentum caritatis» in cui Ratzinger ha invitato i politici cattolici a non votare le leggi «contro natura» come i Dico. «il culto gradito a Dio non è mai atto meramente privato, esso richiede la pubblica testimonianza della propria fede» intima Benedetto XVI ai politici italiani.
Ma cosa significa in termini concreti? Niente comunione per i politici cattolici che sostengono i Dico. «Non c'è da gridare allo scandalo se da questa centralità dell'Eucaristia vengono tirate conseguenze di carattere sociale sulla vita della famiglia, sulla sua responsabilità, sui suoi diritti educativi – spiega infatti monsignor Negri - l'Eucaristia è il fondamento dell'ecclesiologia, ma è anche il fondamento di un'antropologia, di un'esperienza umana che non è vissuta fuori dal tempo ma nella storia, nelle circostanze economiche, politiche, sociali, ambientali». «Ecco allora – spiega Negri - c'è un legame fra l'Eucaristia e la società, c'è un legame fra l'Eucaristia e coloro che nella società si assumono la responsabilità molto impegnativa di portare questa antropologia adeguata, come avrebbe detto Giovanni Paolo II, dentro la vita sociale».
Intanto la discussione sui Dico continua. Sul versante parlamentare il senatore dei Ds Cesare Salvi, presidente della Commissione giustizia di Palazzo Madama, ha ribadito che « i Dico non sono su un binario morto»: «Stiamo lavorando in Commissione giustizia - ha spiegato Salvi -, faremo una seduta a settimana, appena la discussione generale sarà conclusa avremo un comitato ristretto dal quale cercare di trovare un testo unificato che possa avere una condivisione larga in Parlamento».
Però i “teodem” affilano le armi. Sempre più certo che il 12 maggio gli “anti-dico” scenderanno in piazza per celebrare il “family day”(giovedì sera a Crotone la "prova generale" con 3mila persone in piazza) con la benedizione delle gerarchie ecclesiastiche . Famiglia Cristiana che «manifestazioni pacifiche e rispettose, per affermare pubblicamente le proprie convinzioni,qualunque esse siano, costituiscono il sale della democrazia».
Non tutti i cattolici però sembrano aderire in toto a questa visione. Il cardinale Carlo Maria Martini, ex arcivescovo di Milano, sottolinea la necessità della Chiesa di «confrontarsi con i non credenti»: «Bisogna farsi comprendere ascoltando anzitutto la gente, le loro necessità, problemi, sofferenze, lasciando che rimbalzino nel cuore e poi risuonino in ciò che diciamo, così che le nostre parole non cadano come dall' alto, da una teoria, ma siamo prese da quello che la gente sente e vive, la verità dell'esperienza, e portino la luce del Vangelo». Posizioni che Martini ribadisce in una intervista a Repubblica: «La Chiesa non dia ordini, serve il dialogo laici-cattolici».
Inoltre organizzazioni come le Acli hanno tenuto a ribadire l'autonomia dell'associazionismo proprio sul “famiily Day”. «La nostra adesione dipende dal documento finale» ha detto il presidente delle Associazioni cristiane lavoratori ialiani, Andrea Olivero, riferendosi al fatto che .un “comitato di saggi” del mondo cattolico è stato incaricato di stendere un “manifesto” a sostegno della famiglia che costituirà la piattaforma della manifestazione.
Intanto cento esponenti cattolici torinesi hanno scritto una lettera aperta al cardinale Poletto in cui c’è una aperta critica al comportamento della Cei che - a giudizio dei firmatari - sta assumendo un ruolo improprio: «L’intervento nel dettaglio sulle decisioni politiche, col dare ai laici prescrizioni che non attengono alla missione episcopale» finisce per «ostacolare il necessario pluralismo». Così facendo l’episcopato assume «posizioni opinabili di una parte dei credenti contro gli altri, dividendo la chiesa e pretendendo di imporre uniformi scelte politiche». Una presa di posizione forte che arriva in una realtà come quella di Torino dove i rapporti tra il vescovo e i cattolici laici non sono facili. Due giorni fa infatti Poletto ha cancellato un incontro in programma con esponenti della Margherita e il giornale della Curia ha attaccato la proposta della giunta Bresso sulle unioni di fatto.
Polemiche e distinguo però anche nei Ds e in Rifondazione. Un gruppo di 19 militanti omosessuali della Quercia (in primis il deputato Franco Grillini) ha scritto una lettera aperta a Piero Fassino, Francesco Rutelli e Romano Prodi nella quale lamentano «continui attacchi alla dignità degli omosessuali italiani», lanciano «un accorato appello per il rispetto degli omosessuali» e chiedono «garanzie al costituendo Partito democratico, a partire dallo statuto». Ricordando le ultime dichiarazioni di Paola Binetti e Rosy Bindi sugli omosessuali, i firmatari spiegano: «Un partito non può che essere una comunità di donne e uomini liberi che si rispettano e che scelgono di costruire percorsi condivisi e battaglie comuni. In questo momento noi purtroppo non ci sentiamo affatto rispettati, tutelati da queste aggressioni continue che ci arrivano dall'interno, ora persino dal nostro governo. In un partito con chi ci discrimina e ci nega anche solo il rispetto e la dignità non potremmo mai entrare». ».
Caso anomalo invece quello di Massimo Colombo, dirigente di Rifondazione che si è dimesso dal partito in Liguria perché (dice il Giornale) sui Dico «il Papa ha dato una linea chiara, che intendo seguire. Purtroppo contrasta con le scelte del partito. Ma io credo nei valori della famiglia, ciò che dicono Chiesa e Vangeli per me deve essere uno stile di vita ».

 
meglio preferisco  la posizione del  cardinal Martini  che   afferma  :




<< Bisogna parlare di cose che la gente capisce e ascoltare le sue sofferenze La Chiesa non dia ordini serve il dialogo laici-cattolici >>


ecco il testo tratto da repubblica  online 



Eminenza, a cosa si riferiva quando parlava della necessità di usare un linguaggio che la gente possa intendere non come un comando ma come una verità quotidiana?
"Credo che la chiesa debba farsi comprendere, innanzitutto ascoltando la gente, le sue sofferenze, le sue necessità, i problemi, lasciando che le parole rimbalzino nel cuore, lasciando che queste sofferenze della gente risuonino nelle nostre parole. In questo modo le nostre parole non sembreranno cadute dall'alto, o da una teoria, ma saranno prese per quel quello che la gente vive. E porteranno la luce del Vangelo, che non porta parole strane, incomprensibili, ma parla in modo che tutti possono intendere. Anche chi non pratica la religione, o chi ha un'altra religione".Lei ha sempre auspicato la nascita di una pubblica opinione nella chiesa, con la possibilità di discutere, anche di non essere d'accordo.
"Venendo a vivere qui a Gerusalemme io mi sono posto come se fossi in pensione, fuori dai doveri pubblici. Mi sono posto l'impegno di osservare rigorosamente il precetto del vangelo di Matteo, quello che dice non giudicare e non sarai giudicato. Quindi io non giudico, perché con quella misura sarei giudicato. Ma il mio auspicio va in quella direzione".
Molti pensano che la Chiesa sia in difficoltà di fronte ai cambiamenti imposti dalla modernità.
"La modernità non è una cosa astratta. In verità ci siamo dentro, ciascuno di noi è moderno se vive autenticamente ciò che vive. Non è questione di tempi. Il problema è essere realmente presenti alle situazioni in cui si vive, essere in ascolto, lasciare risuonare le parole degli altri dentro di sé e valutarle alla luce del Vangelo".
Lei ha parlato recentemente della necessità di promuovere la famiglia, un compito che ha definito "più urgente" rispetto alla difesa della famiglia. Con quali azioni si può raggiungere lo scopo?
"Promuovere la famiglia significa sottolineare che si tratta di un'istituzione che ha una forza intrinseca, che non è data dall'esterno, o da chissà dove. La famiglia ha una sua forza e bisogna che questa forza sia messa in rilievo, che quindi appaia la bellezza, la nobiltà, l'utilità, la ricchezza, la pienezza di soddisfazioni di una vera vita di famiglia. Bisognerà che la gente la desideri, la gusti, la ami e faccia sacrifici per essa".
Invece, in questa fase del dibattito politico, della famiglia attuale vengono più facilmente lamentati i modi in cui essa si discosta rispetto al modello ideale.
"Durante l'omelia ho parlato delle comunità che troppo spesso rimangono prigioniere della lamentosità. Il Signore vuole che noi guardiamo alla vita con gratitudine, riconoscenza, fiducia, vedendo le vie che si aprono davanti a noi. Quando andavo nelle parrocchie a Milano, trovavo sempre chi si lamentava delle mancanze, del fatto che non ci sono giovani. E io dicevo di cui ringraziare Dio per i beni che ci ha concesso, non per quelli che mancano. Dicevo che la fede, in una situazione così secolarizzata, è già un miracolo. Bisogna partire dalle cose belle che abbiamo e ampliarle. L'elenco delle cose che mancano è senza fine. E i piani pastorali che partono dall'elenco delle lacune sono destinati a dare frustrazioni e non speranze".



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