Prezioso libro, La pazienza del giardiniere di Paolo Pejrone (Einaudi). Prezioso perché antico, secolare; perché dalle sue pagine si sprigionano aromi, e sentori: di Liguria, di viottoli, di mulattiere che s'inerpicano chissà dove, improbabili e impossibili, simboli di lotta e laboriosità. Specchi di pietra, che riflettono volti essenziali, affaticati e contratti, dove la frappola è bandita e persino il sorriso, parco, è attraversato da venature severe. Volti che coltivano, accudiscono, accolgono la natura, talora squillante, più spesso discreta, insinuante, capricciosa, elementare. C'è una strana, domestica maestosità negli aranci aggrappati ai cancelli di vetusti "casoni", proprio perché non chiedono nulla: non attendono l'elogio, non destano meraviglia e, quando questa scoppia, è imprevedibile, balenante, tra il verde cupo del fogliame e l'azzurro intenso di scaglie di mare. E' una felicità al tempo stesso segreta e dilagante; una felicità bambina.
Cancelli e casoni erano il mio mondo, anni fa. Erano la zia che raccoglieva gli ancor lunghi capelli in un'interminabile, finissima treccia d'aglio; e, con perizia da ricamatrice, li avvolgeva poi sulla nuca, a formare un sapiente chignon. Erano densi lucori d'olio, cucine come aie o rustici saloni, sempre un po' in penombra, bizzarre chiese laiche dove il rito si confondeva col ticchettio della pendola e le scarabattole degli avi. Santuari agresti, le cui divinità erano carciofi, carote, topinambur setosi e bitorzoluti. A quei tempi non amavo molto i fiori, perché li celebravano tutti; non le rose, riso d'amore, con quei nomi agghiaccianti di duchesse e regine. Preferivo di gran lunga gli alberi e l'orto, dove l'umano tornava humus, radice e terra, e conviveva tra filari di pomodori e viti, minuto, non invasivo. Restava voce, confusa nel giallo della zucca e il brillìo profondo dell'alloro. Pochi libri si occupavano di questa vegetazione, salvo quelli degli specialisti, mentre per me l'orto era essenzialmente poesia.
In quello di Pejrone ho ritrovato questa poesia. Nulla vi è escluso: non le buganvillee liberty delle ville signorili, non il buffo ombrello dei pini marittimi, non l'esotico delle palme scapigliate, e nemmeno le brutte "giardinetterie" delle nostre autostrade. E, appunto, l'orto, l'orto che ride, che ama e ricambia l'amore, che non è un vezzo decadente, ma famiglia, rispetto. Mitizzato o eccessivamente realistico, l'orto è sempre stato maltrattato dalla letteratura. E' stato dannunziano: artificioso, pietrificato, disossato e prepotentemente umano, anzi, super-umano; o ha significato indigenza, come i marci sterrati pasoliniani dove crescevano, stenti e acciaccati, cavoli fiori per miserabili deschi. Io, invece, nell'orto vedo pace, riconciliazione.
Ride l'orto, e splende il giardino, perché sono pieni: di vita, di ogni vita. Anche di quella insidiosa, che si fronteggia, direi si rigenera, con altra vita: dalla cicala al passero, alla cincia, al pettirosso. Giardiniere era Pascoli, giardiniere era Manzoni; e, quindi, eccelsi catalogatori. Ma non compilavano elenchi: dipingevano arcobaleni.
La pazienza è virtù vegetale, come la speranza. E rincuora, di quando in quando, sedersi sopra un sasso, e aspettare.
Questo blog vuole invece ricordare Paolo Borsellino, martire della legalità e della democrazia, che oggi avrebbe compiuto 70 anni (e Rocco Chinnici 85). Non oso chieder loro perdono per l'oblio degli italiani. Mi limito alla vergogna. Infelice quel Paese che ha bisogno d'eroi, ma disgraziato quel Paese che sceglie eroi sbagliati.
Esprimiamo la nostra solidarietà per queste persone che hanno visto tutto quel poco che avevano distruggersi in un secondo. C'è chi parla di più di 100000 morti.
Il sisma di magnitudo 7 della scala Richter si è verificato il 12/01/2010. L'epicentro è stato localizzato a 15 km a sud-ovest della capitale, Port-au-Prince. Crollate decine di palazzi, ci sono migliaia di vittime. Si scava tra le macerie alla ricerca dei dispersi.
Per le Donazioni
UNICEF:- c/c postale 745.000, causale: 'Emergenza Haiti'; - carta di credito online su www.unicef.it, - chiamando il numero verde UNICEF 800745000;- attraverso comitati locali dell'UNICEF presenti in tutta Italia (elenco sul sito-web http://www.unicef.it/).
LA CROCE ROSSA ITALIANA: - Conto Corrente Bancario C/C BANCARIO n° 218020 presso: Banca Nazionale del Lavoro-Filiale di Roma Bissolati -Tesoreria - Via San Nicola da Tolentino 67 - Roma intestato a Croce Rossa Italiana Via Toscana, 12 - 00187 Roma. Coordinate bancarie (codice IBAN) relative sono: IT66 - C010 0503 3820 0000 0218020 Causale PRO EMERGENZA HAITI- Conto Corrente Postale n. 300004 intestato a: Croce Rossa Italiana, via Toscana 12 - 00187 Roma c/c postale n° 300004 Codice IBAN: IT24 - X076 0103 2000 0000 0300 004 Causale: Causale PRO EMERGENZA HAITI - Donazioni on line È anche possibile effettuare dei versamenti online attraverso il sito web della CRI www.cri.it all'atto della scelta del progetto selezione "Pro emergenza Haiti".
LA CARITAS: Per sostenere gli interventi in corso si possono inviare offerte a Caritas Italiana tramite C/C POSTALE N. 347013 specificando nella causale: "Emergenza terremoto Haiti".
ALTRE
UniCredit Banca di Roma Spa, via Taranto 49, Roma - Iban: IT50 H030 0205 2060 0001 1063 119 Intesa Sanpaolo, via Aurelia 796, Roma- Iban: IT19 W030 6905 0921 0000 0000 012 Banca Popolare Etica, via Parigi 17, Roma- Iban: IT29 U050 1803 2000 0000 0011 113 CartaSi e Diners telefonando a Caritas Italiana tel. 06
Prodotti: Haiti e' uno dei paesi piu' poveri del pianeta - e' classificato al 148 posto su 179 secondo l'Indice di Sviluppo Umano dell'UNDP - e fatica a riprendersi da anni di violenza, insicurezza e instabilita' e da una lunga serie di calamita' naturali.
Mi sento stanca, di quella stanchezza buona, profonda, lineare, fisicamente intatta e indisturbata, che si compiace del suo molle sopore. L'automobile mi riporta a casa. E' sufficiente socchiudere gli occhi, ed eccomi sola. Con un unico accompagnatore: Renato Zero e la sua musica.
Il mio amore per lui, che dura ormai da oltre trent'anni, nacque in sventagliate oasi di luce: al mare, in estate, lo ascoltai la prima volta; sempre al mare, tempo dopo, lo vidi in tv: ed era proprio Capodanno, un Capodanno del '78 trascorso ancora in famiglia, assieme a un cugino già adolescente. Poi ancora al mare, finalmente dal vivo. Allora esilissimo, irriverente, sfacciato, fin troppo provocatorio, un capolavoro di glam e di follia, il giovanotto nudo, come in seguito l’avrei chiamato, portava avanti una protesta tutta intima dove il sesso celava una spiritualità inattesa, da bimbo ferito.
Quel desiderio di colore non era nato forse in un’anima troppo costretta al buio? Di “anime buie” avevo appunto parlato in un post del maggio scorso ispirato a Salvami, brano antichissimo riproposto anche nell'ultimo tour di Zero, conclusosi poco prima di Natale. Lo scorso dicembre milanese è stato, a tutti gli effetti, un mese "renatesco", iniziato con l’imprevedibile Zero Day allo Iulm e suggellato da tre trionfali concerti. Renato – anche coreografo - ha concepito il palcoscenico come un immenso ventaglio, che si apriva e si chiudeva con la maestosità e la leggiadria di enormi ali di farfalla, dal ritmo cadenzato, solenne e mellifluo insieme; e impreziosito da ologrammi dove comparivano gli antichi costumi di scena e le copertine dei suoi numerosi album. Uno show essenziale ma ricco, di musica e di voce, talora potente talora carezzevole, sofferta e grintosa, ma mai invasiva, sempre calibrata. Con la maturità Zero, che non è mai stato immune da certi barocchismi, sembra voler rinunciare all’orpello con la consapevolezza che, su quel palco, basta davvero solo lui. E avanza, anche. È significativo che abbia aperto questo suo nuovo percorso con Vivo, tratto da quell’album fatale che, da solo, gli avrebbe comunque regalato un spicchio d’eternità nel mondo della musica moderna: Zerofobia. Si trattava, già dal lontano ’77, d’un manifesto programmatico, tanto più efficace quanto involontario.
Renato è vissuto e sopravvissuto, spingendosi oltre sé stesso, accettando qualche compromesso secondo alcuni suoi detrattori, i quali però ignorano sempre il tributo che l’artista deve pagare all’uomo, soprattutto nel caso di Zero, nel quale i due momenti sono spesso mescolati. Ho percepito onestà in questo spettacolo, che ha voluto essere popolare ma non piacione, ammiccando al pubblico senza però arruffianarselo troppo. Unica concessione al Renato “per tutti” (mi verrebbe da dire: “per famiglie”), I migliori anni della nostra vita, fra l’altro interpretata con classe, e una spruzzata, di cui invero non si avvertiva il bisogno, del Dono con Mentre aspetto che ritorni. Ma chi sperava nei grandi classici da stadio, Cercami, Magari, Amico da intonare sventolando cuoricini luminosi – e sempre prescindendo dalla vena inquieta che quei pezzi pure presentano –, è rimasto a bocca asciutta. Non c’è stato spazio nemmeno per Il cielo, pensata come il naturale compimento di Salvami e sbocciata, inattesa e commossa, da un groppo di sfrenatezze disperate, ma tramutata poi, con gli anni, in una liturgia da stadio, più chiesastica che religiosa; per il Renato “asciutto” che si avvicina ai sessanta, un po’ acciaccato ma con la voglia, ancora disarmante e fanciullesca, di confidarci i suoi timori, simili (auto)celebrazioni non hanno più molto senso.
“Poco zucchero”, direbbe Faust’O; poiché il Renato autentico sta altrove, in un remoto ma mai sopito antro da sibilla. E sa ancora graffiare, irridere e provocare. Non più un’ambigua libellula dalle ali di nerofumo, ma l’ormonauta del sesso senza perifrasi, diretto e prosaico; quindi, inerme. Non un nuovo crooner come ha inopinatamente azzardato qualcuno, ma il soul man che si diverte davvero a duettare con Mario Biondi (Non smetterei più) e Fiorella Mannoia (quest’ultima, interprete anche di una personale versione di Cercami).
Un’altra gioventù non è una replica. Renato ha una solidità ancestrale, da bravo figlio della terra. È vitale come un sessantenne, non vispo come un ragazzino. Non gli saremo mai abbastanza grati per questa sua ostinazione a non parodiarsi, a rimanere sempre e comunque ciò che è, nel bene e nel male. Nonostante abbia già tutto scritto. Giunto al successo nel ’77, il suo in verità era già un approdo. Nella sua precedente gipsoteca musicale, incompiuta, e perciò geniale e fascinosa, aveva ormai affastellato di tutto: il primo (e l’unico) ad aver affrontato in termini appropriati la pedofilia, con un brano restituito in questo tour, grazie al chitarrista Fabrizio “Bicio” Leo, all’originaria matrice rock, nervosa e tragica, cronachistica e smembrante, accompagnato da un video in cui migliaia di occhi infantili dalla consistenza di molluschi si disfacevano sotto mani tramutate via via in artigli e adunchi rami secchi. E, su tutto, il lungo lamento di Renato, straziante ma senza dolorismo, cristallino e lesivo come una vetta aguzza.
Era comparsa la già ricordata Salvami, ma pure bislacchi provini incisi chissà come, un po’ nonsense, un po’ futuristici, un po’ nevrastenici come 113 che qui Renato ha rivestito da canzone “vera”, con accompagnamento carioca e relativo poncho-volant incorporato. E il Cristo che si sfarina di Potrebbe essere Dio risale al 1980.
Tutto si conclude con Gli unici, una dedica al pubblico, o anche a sé stessi, per essere ancora qui, soddisfatti e ammaccati, ma tutto sommato integri. E curiosi della vita. Con Mi vendo, nel modo in cui l'aveva presentata, Renato avrebbe potuto benissimo chiudere la sua avventura artistica: in effetti, in seguito, nulla è rimasto più uguale nella musica italiana. Ma quel personaggio che poteva vivere, o ansimare, solo di frenesia (M. Del Papa), che "piaceva ai camionisti" come lui stesso ha ricordato, era necessariamente destinato a durare nei cupi bagliori d’una notte, dopo averne assorbito i miasmi incrostati e bituminosi. “Ho sempre avuto la sensazione che se fossi arrivato fino ai 18 anni avrei avuto un mazzo così – ha dichiarato Renato in una recente intervista -, poi, quando ho visto che arrivavo a trenta, ho detto sarò come Gesù, me ne andrò a 33. Passati i 33, mi sono reso conto che stava succedendo qualcosa di strano. Poi, ora che ho festeggiato i 59 anni, non so più spiegarmelo”. E grazie al cielo resta questo stupore, e la grandezza e la fatica del tempo che avanza. Senza che il Nostro sia diventato un umorista. Intanto, sono giunta a casa. Ho concluso il mio viaggio e mi sono accorta di non essere affatto sola, come pensavo all'inizio; con me ho portato volti, ma anche case, marciapiedi, fermate del metrò, rimpianti. Vapori. Lo devo a lui, agli amici che hanno condiviso questa mia passione, nonché ai compagni di viaggio di Renato (Giampiero, Roberto, Mariano) che mi hanno permesso di condividere con tanti questa nuova, erratica avventura.
… sono le tracce dell’amore che lasciano nostalgie gli indelebili ricordi che a volte fanno male , e tra i padri fondatori e i maestri del pensiero han per te un’arte antica che ancora vive …
… è un tesoro che regna in molti cuori e giustifica le mille occasioni di momenti emozionali si perdono nel vuoto in un solo grido , è la voce dell’anima che sale da quella croce …
… sono tracce che dal nulla mi distoglie e dal mio canto triste afferro e ferro ferri di cavallo, un gioco del pensiero che da sfogo ai poeti maledetti agli uomini che vivono nell’egoista sfera …
… e con mani tese abbraccio i confusi questi arrivano da lontano e camminano a piedi nudi, su di un barcone si sono avventurati e in cerca di una patria la dignità le ha lasciati soli …
… e farà sognare a sera le menti pure felicemente in epoche future, il ricordo di te e le incerte storie delle mie attese e di un anello ci fa catena …
… sono tracce che tu donna lasci su questa terra in un piazzale di una piccola fermata: qui ti perdi e ti innamori fingi di addolorarti e ti consoli per un uomo fai le pazzie poi ti accorgi che non è sincero …
… tracce che a volte si sporcano nel fango ,di sangue! imbrattate di melma fan ristagno, ma poi a porgerti gli omaggi è sempre il vagabondo e a capo chino si schifa e mendica perdono …
… e vorrei e lo desidero con tutto il mio cuore di raggiungere te e le bianche mete, i miei versi cantarli sempre all’infinito varchino l’ oceano e si posano su fogli colorati …
… sono i ricordi che ognuno lascia prima di morire una parte di noi ha le ali e al di là si sente meno solo, una presenza dell’anima in ognuno fa dimora traccia un percorso di una vecchia storia …
… lascio tracce ovunque c’è cammino ci sei tu e non mi vedo , nel mio cantuccio ora faccio nido aspetto mezza notte e vi saluto.
Miei cari amati amici blogger, il giorno di Santo Stefano sono andata a fare la classica passeggiata serale a Piazza Navona, come ogni anno ,se resto a roma per le feste. La tristezza, desolazione, angoscia, rabbia e rimpianti impazzano nella mente, nel cuore e nell'anima ... Ma chi l'ha ridotta così?! ... A chi dobbiamo questo squallore che nemmeno nel paesino più abbandonato è paragonabile, chi ha permesso tutto ciò?! ... Mi spiego. La nostra bellissima piazza era famosa per il suo mercatino. Popolato esclusivamente da veri artigiani che arrivavano ogni anno da ogni regione d'italia. Artigiani del pane, con dolciumi e antiche tradizioni, artigiani della pelle, del legno, del vetro, ceramica, stoffa, monili, bigiotteria finissima, intagliatori, tutto rigorosamente fatto a mano e mille altre cose. Tante idee regalo davvero piacevoli, per non parlare dei dolciumi, dal classico castagnaccio al croccante, torrone e zucchero filato, lacci di liquerizia, lupini, olive, bruscolini, giuggiole e more. Le caldarroste con la vecchietta o vecchietto tipo befana. Caldarroste nostrane, cotte a carbonella. E ancora, dove sono finiti gli artisti di strada? .. Dai burattinai, marionette, mangiatori di fuoco, acrobati, danzatori e suonatori che arrivavano da ogni parte del mondo con i loro spettacoli???? .. E i famosi pittori, paesagisti, ritrattisti e caricaturisti????? ... Tutto sparito ed io vorrei sapere perchè! ... Sapete cosa c'è oggi al loro posto? ... tanti mini bar ambulanti che vendono panini in plastica, ciambelle giganti fritte con un olio che olio non è, fatte da indiani del bangladesh al servizio dei cinesi che gestiscono gli affari e forniscono gli ingredienti, altri indiani che vendono giocattoli cinesi luminosi e tossici, bancarelle tutte uguali con dolciumi di dubbia provenienza e fabbricazione. Souvenir scadenti, orribili riproduzioni del colosseo made in cina. Insomma di tradizionale non c'è più nulla, il made in cina impazza con mille schifezze, poveri bambini odierni che non vedranno mai i vero natale di Piazza Navona, una volta famoso nel mondo. Le signore vestite da befana, vere artiste di strada che improvvisavano spettacoli insieme ai babbi natali, oggi uno fisso e fintissimo solo per la foto di rito con tanto di slitta, credo cinese anche quello e nulla più, tutto sparito in una bolla di sapone da anni. Mi chiedo perchè e a chi dobbiamo questo scempio. Il mercatino con relative bancarelle ha un senso solo se vengono proposti prodotti artiginali rigorosamente genuini e regionali. Trasformare una tradizione in una delle piazze più belle di roma per vendere ciarpame cinese o similari è delittuoso. Fuori i nomi dei responsabili che l'hanno permesso, le mafie sono annidate ovunque e in ogni luogo. Di antico è rimasta solo la giostrina con i cavalli, sembra presa in ostaggio da una finitissima modernità nonchè nociva e orribile, spariti anche le tradizionali cartomanti e i maghi, divertente modo per farsi predire ll futuro nell'anno che verrà. Dimenticavo i prestigiatori e la cosa più belle di tutte, la poesia e il romanticismo che sono andati a farsi benedire, i giochi di luce proiettati sulle facciate dei palazzi e i concerti, tutto cancellato, perchè?!!
Ne approfitto per farvi i migliori auguri per uno strepitoso 2010, con un grido che viene dal cuore, ARIDATECE GLI ARTIGIANI DI CASA NOSTRA, GLI ARTISTI DI STRADA, I PITTORI, CARICATURISTI E MUSICISTI VERI DA SEMPRE PADRONI DI PIAZZA NAVONA .... CIAO
Miei cari amati amici blogger, il giorno di Santo Stefano sono andata a fare la classica passeggiata serale a Piazza Navona, come ogni anno ,se resto a roma per le feste. La tristezza, desolazione, angoscia, rabbia e rimpianti impazzano nella mente, nel cuore e nell'anima ... Ma chi l'ha ridotta così?! ... A chi dobbiamo questo squallore che nemmeno nel paesino più abbandonato è paragonabile, chi ha permesso tutto ciò?! ... Mi spiego. La nostra bellissima piazza era famosa per il suo mercatino. Popolato esclusivamente da veri artigiani che arrivavano ogni anno da ogni regione d'italia. Artigiani del pane, con dolciumi e antiche tradizioni, artigiani della pelle, del legno, del vetro, ceramica, stoffa, monili, bigiotteria finissima, intagliatori, tutto rigorosamente fatto a mano e mille altre cose. Tante idee regalo davvero piacevoli, per non parlare dei dolciumi, dal classico castagnaccio al croccante, torrone e zucchero filato, lacci di liquerizia, lupini, olive, bruscolini, giuggiole e more. Le caldarroste con la vecchietta o vecchietto tipo befana. Caldarroste nostrane, cotte a carbonella. E ancora, dove sono finiti gli artisti di strada? .. Dai burattinai, marionette, mangiatori di fuoco, acrobati, danzatori e suonatori che arrivavano da ogni parte del mondo con i loro spettacoli???? .. E i famosi pittori, paesagisti, ritrattisti e caricaturisti????? ... Tutto sparito ed io vorrei sapere perchè! ... Sapete cosa c'è oggi al loro posto? ... tanti mini bar ambulanti che vendono panini in plastica, ciambelle giganti fritte con un olio che olio non è, fatte da indiani del bangladesh al servizio dei cinesi che gestiscono gli affari e forniscono gli ingredienti, altri indiani che vendono giocattoli cinesi luminosi e tossici, bancarelle tutte uguali con dolciumi di dubbia provenienza e fabbricazione. Souvenir scadenti, orribili riproduzioni del colosseo made in cina. Insomma di tradizionale non c'è più nulla, il made in cina impazza con mille schifezze, poveri bambini odierni che non vedranno mai i vero natale di Piazza Navona, una volta famoso nel mondo. Le signore vestite da befana, vere artiste di strada che improvvisavano spettacoli insieme ai babbi natali, oggi uno fisso e fintissimo solo per la foto di rito con tanto di slitta, credo cinese anche quello e nulla più, tutto sparito in una bolla di sapone da anni. Mi chiedo perchè e a chi dobbiamo questo scempio. Il mercatino con relative bancarelle ha un senso solo se vengono proposti prodotti artiginali rigorosamente genuini e regionali. Trasformare una tradizione in una delle piazze più belle di roma per vendere ciarpame cinese o similari è delittuoso. Fuori i nomi dei responsabili che l'hanno permesso, le mafie sono annidate ovunque e in ogni luogo. Di antico è rimasta solo la giostrina con i cavalli, sembra presa in ostaggio da una finitissima modernità nonchè nociva e orribile, spariti anche le tradizionali cartomanti e i maghi, divertente modo per farsi predire ll futuro nell'anno che verrà. Dimenticavo i prestigiatori e la cosa più belle di tutte, la poesia e il romanticismo che sono andati a farsi benedire, i giochi di luce proiettati sulle facciate dei palazzi e i concerti, tutto cancellato, perchè?!!
Ne approfitto per farvi i migliori auguri per uno strepitoso 2010, con un grido che viene dal cuore, ARIDATECE GLI ARTIGIANI DI CASA NOSTRA, GLI ARTISTI DI STRADA, I PITTORI, CARICATURISTI E MUSICISTI VERI DA SEMPRE PADRONI DI PIAZZA NAVONA .... CIAO
C'era una volta una gatta che aveva una macchia nera sul muso e una vecchia soffitta vicino al mare con una finestra a un passo dal cielo blu. Se la chitarra suonavo la gatta faceva le fusa ed una stellina scendeva vicina vicina poi mi sorrideva e se ne tornava su. Ora non abito più là tutto è cambiato non abito più là ho una casa bellissima bellissima come vuoi tu. Ma io ripenso a una gatta che aveva una macchia nera sul muso a una vecchia soffitta vicino al mare con una stellina che ora non vedo più...
NON SCAMBIATEMI PR BAMBINO SE OGGI , DEDICHERÒ IL POST AL MIO GATTO , MORTO DOPO 17 QUASI 18 ANNI DI COMPAGNIA .
Addio "frattelino " grazie x avermi accompagnato fin qui . Mi è dispiaciuto non averti potuto salutare bene prima d'uscire in giro per poi tornare e trovarti addormentato per sempre . Di non averti dato , visto quanti esami hai preparato con me , di vedermi laureato .in tempo . Comunque la tia morte sarà un incentivo per studiare e lavorare aLla tesi con più impegno
QU SOTTTO TROVATE DEI VIDEO SU DI LUI DA ME GIRATI , PRIAM CHE LA MALATTIA NE PRENDESSE COMPLETAMENTE IL SOPRAVVENTO
Ho visto Dio spargere polline sulla terra e con gran pazienza creare le api e il loro ronzio era una musica e ho chiesto loro un po' di miele, per farne una canzone, una canzone di prima foglia.
Poi mi sono seduto sull'erba ed Eva scioglieva i suoi capelli, bella più delle sue sorelle, bella con i suoi occhi sogno d'oriente e non c'era nessun serpente, solo un gufo che ci guardava mentre ci amavamo sotto l'albero del pane.
E poi abbiamo visto le formiche correre come delle dannate, correre ed erano in tante perchè era crollato il loro nido, per colpa di un'antilope dalle lunghe corna.
Erano mille e non cadevano erano mille e non s'uratavano, eppure correvano come matte sino al fiume di quel mondo dal sole giallo.
Eva ha capito che nessuna, nessuna superava la sua sorella che nessuna si permetteva di essere migliore d'un'altra sino al fiume sino al fiume.
Eppure sua sorella piantò dei pali sulla terra, eppure sua sorella disse è mia questa terra e forse per questo che poi è finita e forse per questo che poi siamo andati via e lei aspettava un altro figlio e lei era tanto diversa da me.
Sono una renna ubriaca con le corna troppo lunghe per colpa di una moglie che si finge gelosa per colpa di un destino crudele.
Sono una renna si una renna con il pelo delicato un mantello da far invidia a un industriale del borgo ma è mio e non lo lascio nemmeno in prova al figlio degenere di quel cornuto che sputa sugli stranieri.
Sono una renna giocosa colpita dal complesso d'Edipo fuggita alla sua emozione per colpa di un depravato che mi faceva lavorare come un dannato un pancione barbuto uscito dalla quinta strada o forse da un romanzo di Dostojevsky
E bevo per non pensare per non amare e per non ballare che i Lapponi danzano troppo troppo sul finire del giorno.
Bevo vino di Francia Corta ma non disdegno nemmeno un Primitivo di Manduria perchè sono una renna clandestina ma mai cretina.
Ho lasciato i primi passi nella terra di Tuscia il borgo antico di Civita ha visto i miei primi giochi. Nelle grotte Etrusche ho cercato la verità! Per anni mi sono persa… ho seguito le stelle l’alba e il tramonto. Sulle cime dei monti del Piccolo Tibet ho ascoltato il vento e fatto volare i miei aquiloni. Nella terra della Sabina ho cercato la mia strada. E nella terra rossa degli antichi Messapi per un po’ mi sono fermata. Gli amici di Ceglie con tanto amore mi hanno indicato la strada di casa. franca bassi
In un Paese civile e democratico non si può prendere “a pugni in faccia” il presidente del consiglio. E’ anche vero però, che in un Paese civile e democratico, il presidente del consigilio non sarebbe Silvio Berlusconi. (Matteo Gracis)
Neva a Prato: parla il consigliere comunale di opposizione Donzella
Oggetto:DOMANDA D’ATTUALITA’ SUI MANCATI INTERVENTI ONDE IMPEDIRE LA PRESENZA DI GHIACCIO NELLE VIE CITTADINE
Gli strumenti metereologici avevano matematicamente previsto anche con una certa precisione oraria,la nevicata del 18 Dicembre sera.
Pur tuttavia le vie del centro storico e le principali strade di scorrimento della nostra città sono rimaste coperte dalla neve,che poi ovviamente si è solidificata in ghiaccio.
Tutto ciò oltre la criticità più evidente verificatasi in Viale Nam-Din, ha provocato intasamento del traffico,impossibilità alla circolazione dei veicoli sia privati che pubblici e gravi difficoltà allo spostamento dei cittadini,impossibilitati a raggiungere il posto di lavoro,o ad esaudire le proprie necessità.
Molti pedoni sono rimasti vittima di traumi essendo scivolati sul ghiaccio che ricopriva i marciapiedi.
TUTTO CIO’ PREMESSO CHIEDO ALL’A.C.
Quali sono state le cause per le quali l’assessorato e gli uffici competenti pur essendo al corrente dell’evenienza della nevicata,non hanno adottato i provvedimenti idonei a prevenire il suddetto stato di cose,a differenza di quanto a titolo d’esempio ha effettuato il Comune di Firenze.
Il Presidente del Gruppo Consiliare dell’Italia dei Valori
Riporto integralmente, e senza alcun commento, una lettera inviata al "Giorno" il 18 dicembre scorso, con relativa risposta del direttore di quel quotidiano.
***
Trieste, Risiera di San Sabba, proteste antifasciste in un'immagine d'epoca. Profetici quei segni d'interpunzione...
Ho scoperto che mio figlio è un estremista di destra
Ho scoperto che mio figlio di 14 anni frequenta gruppi di estrema destra, che sono razzisti. Per me è stato uno choc. Negli ultimi mesi vedevo che era cambiato ma non sapevo spiegarmi. Mi accorgo ora, e spero non sia troppo tardi, che ho colpe precise se ha sposato idee estremiste, perché in casa indichiamo con troppa facilità come simboli negativi il comunismo e gli immigrati. (Michele Cattaneo, Cremona)
***
Mai come in questi giorni scopriamo la necessità di tornare alla moderazione e all'uso controllato delle idee e delle parole. Il malessere prim'ancora che nei partiti è in noi stessi, siamo domincati dalle passioni e dall'intolleranza e i nostri figli sono quel che noi seminiamo. Forse inconsapevolmente, anche se non ci riconosciamo responsabili dell'odio, siamo diventati espressione di insofferenza nei riguardi del prossimo che consideriamo diverso da noi. Da qui ad arrivare alle derive razziste il passo è breve. Le parole sono pietre e lo sono anche quelle usate nelle conversazioni a tavola o in salotti con i figli e gli amici. I figli ci ascoltano e ci guardano come modelli, siamo noi i loro riferimenti. Se usiamo parole e concetti improntati all'intolleranza poi non dobbiamo sorprenderci che i nostri figli ci seguano su questa strada pericolosa. E lo dico con la pena personale di essere padre di un ragazzo, che non ha un'età diversa dal suo. (Giovanni Morandi, direttore de "Il Giorno")
Ciao amico lontano se puoi mandami da Pristina la tua neve. Racchiudila dentro una piccola scatola lascerò che il sole di Roma la trasformi in piccole gocce di rugiada. Con la mia fantasia cancellerò il cemento dalle strade ti regalerò tanto verde quel verde che in autunno si colora di giallo e di rosso quel verde che in primavera ti regalerà nuove gemme. Caro amico lontano e questo che manca alla tua città! Solo per te trasformerò i fili appesi in un pentagramma musicale. Cercherò un pennello gigante per cancellare:antenne parabole... e metterò alle finestre della tua città gerani di mille colori. Con la mia fantasia renderò la tua città più bella perché caro amico è questo che manca alla tua Pristina!
Questo blog e gli umanisti di tutto il mondo manifestano il più profondo sdegno per la profanazione avvenuta ieri ad Auschwitz e, augurandosi che i responsabili dell'infame gesto siano trovati e puniti col massimo rigore, esprimono solidarietà assoluta per gli ebrei e tutte le altre vittime della barbarie nazi-fascista.
L'ingresso di Auschwitz visto dall'interno (foto di Gabriele Muzzarini).
non muore nel tramonto,non viene sciacquata via dall’alba,
le ciglia battono cicloniche
portando repentini aggrappamenti
e sulla tua bocca inzuppata
dal sangue delle escoriazioni dei papaveri è nata
oh si fremo è nata l’ultima avventura
scala appoggiata al sole
e così dobbiam traballar per la gloria di qualcuno
che non ci ama
ma io L’ho buttata la al sole, voglio il sole
le corriamo incontro scherzando la sera
aspettare era più folle del gesto che abbiamo fatto
così noi correvamo incontro alla sua alba dalla notte
in bilico sul cratere dell’intimo tentativo
sudando antiche secrezioni rem.
Dentro la corsa affannosa sentir la tua dispnea
perché vuoi toccar il folle
fa vibrar le corde che ho attaccato alle stelle
ed essa sembra uscita dal mio sogno d’oro,
troppo lontana che non lo riesco ad acchiappare
hai già compiuto la magia del miraggio,
allora tenterò anche il salto ancestrale
del morir impaziente per veder Dio
come slancio fra i germogli cascanti,
e invecchia il tempo sui nostri sogni sempre vivi,
ora sulla tua pelle scorre un fiume di acque incoscienti
che vorticano nel mio ombelico,
un gesto solo fra noi
scrive un romanzo di mille e mille pagine,
il silenzio in quel attimo
sembra che stia zitto anche il respriro
e in gemito morente viene partorito il “mai più”,
no il tempo di muovere lo sguardo,
siamo nell’infinito sensuale
dove gli uccelli del paradiso sfrecciano via disorientati.
Come svegli dentro il sogno di una notte di Persia,
come far l’amore sotto la guerra mondiale dannata,
saremo come la fine di una cascata,
come la preghiera di un condannato a morte,
satellite perduto nel cosmo dalla base sii forte,
come l’innocenza di una lancia d’avorio per terra,
come lui in coma che non può più dir
ti voglio bene a chi ama,
un orchestra di tutti suicida d’amore diretta
da un eroe sedizioso dalla criniera bianca
che non verrà accolto ne da un Dio ne da un demone,
saremo come l’inspiegabile disteso sinuoso
sulla sponda opposta di un ruscello
delle acque dei ghiacciai,
saremo le urla di libertà portate
dai venti oceanici ad alcatraz,
come l’attesa che
la gloria scenda su la storia del mattino,
saremo come il drago albino portato
con sé da un tornado
sotto una pioggia di petali di iris,
vivi più del primo assaggio
della preda da un tigrotto,
vivi più dell’universo
e i fiumi stellati verranno a noi
e noi saremo come la richiamata del paradiso.
Strillerò al tramonto della luna il nostro spasmo
per le anime perdute per un bacio
che non doveva assaporarsi
e i monti sfideranno le profondità degli oceani
e il cielo sbatterà le sue immense ali,
io e te abbiamo fatto naufragar i sensi dell’esistenza
per una caduta
una caduta dalla scala verso il sole
nei fiumi vergini solo per continuare
a guardarci negli occhi,
qualcuno dovrà considerarlo.
ALESSANDRO IDISIUM
Amore della vita
Io vedo i grandi alberi della sera che innalzano i cieli dei boulevards, le carrozze di Roma che alle tombe dell' Appia antica portano la luna.
Tutto di noi gran tempo ebbe la morte. Pure, lunga la via fu alla sera di sguardi ad ogni casa, e oltre il cielo alle luci sorgenti ai campanili ai nomi azzurri delle insegne, il cuore mai più risponderà?
Oh, tra i rami grondanti di case e cielo il cielo dei boulevards cielo chiaro di rondini!
O sera umana di noi raccolti uomini stanchi uomini buoni, il nostro dolce parlare nel mondo senza paura.
Tornerà tornerà, d' un balzo il cuore desto avrà parole? Chiamerà le cose, le luci, i vivi?
I morti, i vinti, chi li desterà?
Alfonso Gatto
Cucina Spirituale
Bene, l’orologio dice che bisogna chiudere, ora Penso che farei meglio ad andare ora Mi piacerebbe proprio stare qui tutta la notte Le macchine brulicano nei dintorni tutte piene di occhi Le luci della strada condividono i loro splendori (il loro cavo riflesso) Il tuo cervello sembra confuso da una sorpresa sconvolgente C’è ancora un posto dove andare C’è ancora un posto dove andare
Lasciami dormire tutta la notte nella tua cucina spirituale/(della tua mente) Fammi scaldare la mia mente vicino alla tua graziosa stufa Scacciami piccola, e vagabonderò Barcollando nei boschetti di neon (in una siepe fluorescente)
Bene, le tue dita disegnano velocemente dei minareti* Parlano un alfabeto segreto Mi accendo un’altra sigaretta Imparo a dimenticare, imparo a dimenticare Imparo a dimenticare, imparo a dimenticare
Lasciami dormire tutta la notte nella tua cucina spirituale (della tua mente) Fammi scaldare la mia mente vicino alla tua graziosa stufa Scacciami piccola, e sarò meravigliato Barcollando nei boschetti di neon
Bene, l’orologio dice che bisogna chiudere, ora So che devo andare ora Voglio proprio restare qui Tutta la notte, tutta la notte, tutta la notte
Infatti c'è la laurea ( facciamo gli scongiuri prevvista per maggio ) , il lavoro , la salute e problemi in famiglia . Per il momento accontentavi di questa miao autoscatto via cellulare e questa frase di Jacopo Canevacci << La teoria è quando si sa tutto e niente funziona.La pratica è quando tutto funziona e nessuno sa il perché.In questo caso, abbiamo messo insieme la teoria e la pratica: non c'è niente che funziona... e nessuno sa il perché! >>mio amico e compagno di viaggio su facebook
Cari amici, nell'anno 2009, ho partecipato al X concorso letterario internazionale: "Tra le parole e l'infinito" ho ricevuto la "Menzione d'Onore" per la narrativa, mi sono classificata al VII posto. Questo premio desidero dividerlo con tutti voi. Grazie ai vostri commenti, ho continuato a scrivere giorno dopo giorno (notti comprese) sul PC, calcolando che ho iniziato a scrivere sulla tastiera esattamente il giorno 20 aprile dell'anno 2007 con il post "Madonna della Grotta". Anche se ci sono stati momenti tristi, ho continuato grazie a voi visitatori 72658. Grazie amici, anche questo per me è un miracolo. Franca bassi