23.12.24

LE ANIME BELLE ESISTONO E RESISTONO ... Lei si chiama Chiara Trevisan, ha 46 anni e di mestiere legge libri agli sconosciuti.

  da  

Mauro Domenico Bufi  21 dicembre alle ore 11:05 
il suo carretto carico di libri, frasi, parole, storie.
In testa un buffo cappello blu a falde flosce, nella voce un frammento di vita da regalare al mondo.
Si definisce “lettrice vis-à-vis” e da cinque anni la potete trovare in piazza Carignano, a Torino, con la sua cesta di libri e una scatola piena di frasi scritte su quadrati di carta. “Scegline cinque - dice a chiunque si avvicini - In base a quelle che senti più tue, ti leggerò un brano.” Un saggio, un classico, un racconto di Hemingway, i versi della Szymborska, non importa: Chiara ti ruba l’anima e te la restituisce in forma di  parole, riallacciando miracolosamente una relazione tra esseri umani a cui abbiamo rinunciato
Non è una semplice performance e Chiara non è solo un’artista di strada. Chiara è una archeologa delle relazioni sociali, un’artigiana della cultura che, pazientemente, ricostruisce reti emotive attraverso il potere di un linguaggio universale.
In quest’epoca di tenebre attraversate da odio, violenza e ignoranza, in cui metà degli italiani dichiara orgogliosamente di non aver letto neanche un libro in un anno, in cui la cultura è tornata ad essere vista con sospetto, Chiara è una lanterna accesa all’angolo della strada.
Non lasciamola spegnere per nessuna ragione.

Tigri romantiche, trapianti suini, bestemmiatori fatali, smemorati fedeli, babbi Natale atletici, docenti truffaldini e omicidi su Google







Il prof di Economia si laurea in Fisica sfruttando un errore e gli esami di un omonimo

L’accademico dell’anno è il prof. Sergio Barile, docente di Economia alla Sapienza sospeso dalla sua cattedra per aver ottenuto una laurea in Fisica senza aver dato nemmeno un esame. Come ha fatto? Grazia a un incredibile caso di omonimia. La vicenda inizia nel 2018 e ha radici in un errore informatico compiuto durante la migrazione di dati accademici: due carriere universitarie, appartenenti – caso più unico che raro – a persone con lo stesso nome e data di nascita, si sono sovrapposte. Sergio Barile ha fatto il vago: nel 2019 ha sfruttato la carriera del suo omonimo, ha pagato tasse arretrate per oltre 7mila euro e si è presentato bello bello a discutere la tesi di laurea in Fisica, pur non avendo mai sostenuto un esame in quella disciplina. L’irregolarità è stata scoperta da una funzionaria  della segreteria    al momento  di  registrazione della  laurea  , Barile è stato sospeso per sei mesi, con perdita di anzianità e interdizione dagli incarichi istituzionali. Ha fatto ricorso e ha perso, mentre il caso prosegue in sede penale.


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Perde la memoria dopo una truffa, lo ritrovano sotto choc al Circo Massimo: “Ricordo solo che tifo per la Roma”



Fratello romanista, io ti credo. Repubblica Roma racconta l’incredibile storia di Luciano D’adamo: “Non ricordava più nulla, nemmeno il suo nome. Ma la fede, quella sì, impossibile da dimenticare: ‘So da’ Roma’. Il 73enne smemorato che è stato soccorso dagli agenti di polizia al Circo Massimo era uscito dalla sua casa di Primavalle venerdì lasciando un biglietto: ‘Mi tolgo di torno, non servo più a niente’. Lo aveva scritto dopo un aver subito una truffa. Aveva risposto a un sms pensando fosse la sua banca. Invece si era ritrovato con il conto svuotato dei risparmi di una vita: 18mila euro”. Lo shock l’aveva spinto a uscire di casa e camminare senza meta, dimenticando pure il proprio nome. I familiari lo hanno cercato ovunque, coinvolgendo anche Chi l’ha visto?. È stato infine soccorso dagli agenti di polizia locale, che lo hanno trovato infreddolito. Alla domanda su quale squadra tifasse, ha risposto senza dubbi e con giustificato entusiasmo. Poi purtroppo si è ricordato dei risultati.




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La tigre Boris percorre 200 chilometri attraverso i ghiacci russi per ricongiungersi alla compagna Svetlaya


Boris e Svetlaya, due tigri Amur orfane, hanno scritto una smielatissima storia d’amore felino, perfetta per la programmazione natalizia. Salvati da piccoli dopo aver perso le madri per mano dei bracconieri, i due gattoni siberiani sono stati riabilitati in un centro specializzato dove hanno imparato a cacciare e sopravvivere senza contatti con gli umani. Crescendo insieme, sembrerebbe che si siano innamorati. Oggi, liberati a oltre 100 miglia di distanza l’uno dall’altra, hanno trovato il modo di ricongiungersi: Boris ha percorso circa 200 chilometri tra foreste, fiumi ghiacciati e lunghissime valli desolate raggiungere la sua amata. Non è stato un viaggio a vuoto: le due tigri, ricongiunte, hanno già dato vita a una cucciolata, nascosta in una tana tra gli alberi. Per le tigri Amur non è solo un romanzo rosa, ma una speranza di rinascita: si tratta di una specie in grave pericolo d’estinzione, con appena 485-750 esemplari rimasti in natura.




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New York Aveva donato il suo rene alla mamma, oggi si salva grazie al trapianto di un maiale geneticamente modificato


La vita è beffarda e incredibile: aveva donato un rene alla mamma trent’anni fa, oggi le salvano la vita con un rene di maiale. L’avveniristica operazione è stata realizzata con successo il 25 novembre presso il NYU Langone di New York: l’organo del suino geneticamente modificato è stato trapiantato a Towana Looney, 53 anni, in lista d’attesa dal 2017. È il terzo xenotrapianto realizzato negli Stati Uniti, destinato a pazienti non idonei a ricevere organi umani. I primi due sono falliti. Looney aveva donato un rene alla madre negli anni ’90, ma le complicazioni di una gravidanza avevano compromesso il suo rene residuo. Grazie al trapianto, Looney non ha più bisogno di dialisi ed è stata dimessa il 6 dicembre, dotata di dispositivi per il monitoraggio costante dei parametri vitali e sottoposta a controlli quotidiani. I medici sono ottimisti: questo caso incredibile rappresenta una possibilità di raccogliere dati importanti su rigetto, durata e funzionalità negli xenotrapianti.


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Gli assassini finiscono nelle foto di Google Maps e la polizia risolve un caso di cronaca nera fermo da 2 anni

Pensavano di aver fregato tutti, invece alla fine è arrivata Google. Le immagini della Street View sono state cruciali per risolvere un caso di cronaca nera in Spagna, nella provincia di Soria: l’automobile dell’azienda di Mountain View ha involontariamente fornito le prove decisive per provare l’omicidio di un cittadino cubano, che era stato denunciato come scomparso a novembre 2023. I due presunti omicidi, un uomo e una donna, sono stati arrestati e si trovano in custodia cautelare. Grazie alle foto della Street View, gli agenti hanno trovato due immagini di diversi prima, difficili da fraintendere: una mostrava un uomo che caricava un cadavere avvolto in lenzuola nel bagagliaio di un’auto, l’altra lo ritraeva mentre trasportava il corpo con una carriola. Seguendo questi indizi, la polizia ha ritrovato la vittima sepolta nel cimitero di Andaluz. La donna arrestata avrebbe avuto una relazione sentimentale con entrambi gli uomini coinvolti. Google non ha specificato se rimuoverà le immagini del crimine.



Torino Il figlio bestemmia mentre gioca alla Playstation: la vicina di casa, esasperata, prova ad accoltellare la madre


Natale santo, ma non santissimo a Torino. Una gioviale signora di 60 anni ha accoltellato la vicina di casa dopo una lite per i continui schiamazzi del figlio trentenne della donna, che giocava alla Playstation gridando parolacce e bestemmie fino a tarda notte. Comportamento spiacevole, ne conveniamo, ma la reazione forse è un filo eccessiva. L’episodio è avvenuto in un condominio di corso Cincinnato. Infastidita dai rumori, la donna ha suonato il campanello dei vicini e ha tentato di colpire il 30enne con un coltello. La madre, cuore di mamma, si è messa in mezzo per schermare i colpi e ha riportato una ferita all’avambraccio. È stata medicata in ospedale e dimessa con pochi giorni di prognosi. La 60enne, denunciata a piede libero per lesioni, ha spiegato il suo esaurimento: “Non volevo fare del male, ma sono mesi che non dormiamo”. Anche il giovane lord passerà dei guai: la polizia ha trovato tre katana nella sua stanza, è stato denunciato per detenzione abusiva di armi.



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Kosovo In migliaia (compreso un pastore tedesco) corrono la “Run Santa Claus”, una maratona vestiti da Babbo Natale


Che caldo che doveva fare dentro quei costumi. Domenica scorsa migliaia di persone hanno partecipato alla nona edizione della maratona “Run Santa Claus” a Pristina, capitale del Kosovo. I partecipanti, vestiti da Babbo Natale, hanno corso per raccogliere fondi a scopo benefico. Cittadini e soldati: all’evento, oltre ai locali, hanno partecipato molti militari della missione di pace della NATO. Sfidare il sudore e il senso del ridicolo, ma a fin di bene: come ha spiegato l’organizzatore Jusuf Islami l’obiettivo della maratona, sin dalla prima edizione, è aiutare i bisognosi in un Paese pieno di problemi. Tra i partecipanti c’era anche Edward Berlen, un americano di Los Angeles che si trovava a Pristina per caso, in transito verso l’islanda, e si è unito alla corsa. Ha trovato curioso – dice – vedere un evento natalizio in una città a stragrande maggioranza musulmana (il 97% a Pristina). Tutti i partecipanti hanno ricevuto una medaglia, compreso un cagnone locale, un bel pastore tedesco, che ha completato il percorso insieme ai corridori.


graffiti sui muri due pesi e due misure il caso di Dario Buffa denunciato per aver cancellato da un muro svastiche e altri simboli nazifascisti e il caso di blu a cui no cancellano il suo muralers su ugo russo

Nel Paese al contrario, accade questo.
Questo giovane uomo di 32 anni è un operaio agricolo che di nome fa Dario Buffa(  foto a  sinistra  )  e ha fatto una cosa per cui in un Paese civile avrebbe meritato una medaglia: si è armato di bomboletta spray e con quella ha cominciato a cancellare le svastiche e i simboli nazifascisti dai muri della sua città,Massa.
Lo ha fatto in pieno giorno, a volto scoperto, come atto orgogliosamente antifascista.
Sapete com’è finita? Con un decreto di condanna a 4 mesi e 1.800 euro di multa per imbrattamento di suolo pubblico.
Fare delle svastiche è stato equiparato a chi le ha cancellate.
Dario ha deciso di andare così a processo per contestare la decisione nel merito e sostenere le sue idee. Fino in fondo.
 « Per me è una medaglia al valore, personalmente ne vado fiero ma non mi hanno fatto il processo e per una cosa del genere lo voglio” ha detto.
Sembrerà poco, ma è un gesto di enorme coraggio e di Resistenza civile di cui oggi, in questi tempi di spaventosa indifferenza, abbiamo bisogno. A questo ragazzo va tutta la solidarietà umana e politica. Grazie Dario ! »  Lorenzo  tosa  

la  seconda  storia     invece  viene dal  il  Fq  el  23\12\2024  

per chi  ha  fretta  

CHI È “BLU”? La sua vera identità resta tuttora sconosciuta, anche se il suo profilo su Wikipedia dice che è nato a Senigallia (Ancona) il 1º maggio 1980. Attivo da anni presentandosi sempre con quello pseudonimo, nel 2011 è stato indicato dal quotidiano inglese The Guardian “come uno dei dieci migliori esponenti dell'arte di strada in circolazione”. Blu ha incominciato a farsi conoscere a partire dal 1999 attraverso una serie di graffiti eseguiti a Bologna, nel centro storico, nelle zone adiacenti all'accademia di Belle Arti, e in periferia



29/02/20 LA RICOSTRUZIONE

Ugo Russo, 15 anni, nella notte del 29 febbraio 2020, insieme a un 17enne, aveva tentato di rapinare un militare dell'arma che si trovava in automobile con la fidanzata, in via Orsini a Napoli. Russo lo aveva minacciato con una pistola (che successivamente risultò essere una replica). La vicenda è ora al centro del processo che vede il carabiniere imputato di omicidio volontario



Domani notte arrivano i doni, e io vorrei scrivere una letterina per chiederne uno non a Babbo Natale, ma al sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi – che ricordo come mio intelligente rettore, alla gloriosa Federico II. Quello che è probabilmente il più importante street artist italiano, Blu, ha realizzato negli scorsi giorni un magnifico murale ai Quartieri Spagnoli, in via Croci Santa Lucia al Monte. Racconta la storia di Ugo Russo, il ragazzo di quindici anni ucciso da un colpo di pistola sparato da un carabiniere non in servizio, al quale stava rubando l’orologio minacciandolo con una pistola giocattolo.

SARÀ il processo a dire la verità giudiziaria su questo fatto terribile. Il murale di Blu, invece, dice già –




con la lingua inarrivabile, struggente e straziante dell’arte – l’immutabile verità esistenziale, morale, sociale della Napoli popolare, del suo rapporto col potere, delle sue vite a perdere. Blu ci mostra Ugo Russo: un ragazzo inseguito da enormi proiettili (non solo nell’ultimo giorno della sua vita, ma da quando era nato). Un ragazzo per cui chiedere «verità e giustizia». Un ragazzo: che rappresenta tutti i ragazzi come lui, anche quelli che per fortuna non hanno fatto la fine di Ugo.

Cometutti quelli che dipingono sui muri, Blu ha visto tante volte le sue opere cancellate. A volte le ha cancellate lui, per proteggerle dal mercato e dall’appropriazione. E almeno una volta è finito a processo, per un’opera che rappresentava la rapace speculazione del Tav, e che aveva dipinto su un pilone in Val di Susa. In quel processo, Blu fu assolto.

L’opera

LA SENTENZA

dice che «considerando il pregio estetico dell’opera e la fama del suo artefice in rapporto con la banalità del supporto su cui è dipinta, un anonimo muro di cemento che sorregge un cavalcavia ferroviario, questo giudice ritiene che il dipinto non costituisca ‘imbrattamento o deturpamento’ ai sensi dell’art. 639 c.p. il cui evento tipico consiste nell'alterazione in senso peggiorativo dell’aspetto esteriore o della nettezza della cosa altrui mentre nel caso di specie siamo di fronte ad un’opera di pregio firmata dalla mano di un artista di fama che va piuttosto a recare ornamento, visibilità e valore ad un opera pubblica grigia e anonima. L’autore pertanto va assolto dal reato contestato». Mi permetto di ricordare che partecipai a quel processo, come teste della difesa. La sentenza, nel passaggio subito prima di quello citato, lo registra, ricordando come il sottoscritto avesse spiegato al giudice che «l’autore è conosciuto a livello internazionale come ‘Blu’: uno degli esponenti più significativi della street art in Italia nonché uno dei più importanti d’europa. Le sue opere, di contenuto sociale, sono molto apprezzate e aggiungono valore alle strutture dove sono realizzate».

EBBENE, lo vorrei ripetere oggi al sindaco Manfredi: anche questo murale di Blu è un capolavoro, e cancellarlo sarebbe imperdonabile. Con tutta la retorica profusa sulla cura e sulla bellezza delle città, e con i pochi soldi che ci sono perché quella retorica si avveri, che senso ha andare a distruggere un’opera così bella, importante, gratuita? Ma c’è qualcosa di più profondo, e di ancora più importante. L’ugo che sfreccia in bicicletta nel murale di Blu è in fuga dal mondo degli adulti: un mondo remoto e irriducibilmente altro. Un mondo che gli ha preso tutto: alla fine, anche la vita. Un muro ci divide da questi ragazzi: la loro lingua, le loro aspirazioni, il loro universo simbolico sono lontani dai nostri. E i rari adulti che, con parole o opere, riescono ad attraversare questo muro, ad essere accettati, vanno incoraggiati, premiati, sostenuti: non puniti, o ‘cancellati’.

NESSUNA opera memoriale commissionata dal Comune o dallo Stato potrebbe essere accettata, anzi amata, come questa di Blu è amata dalla gente del quartiere, dalla famiglia e soprattutto dai coetanei di Ugo. Una pittura che costruisce nessi ed empatia come scuola e istituzioni non riescono nemmeno ad immaginare. La storia di Ugo, le infinite storie come la sua, sono ferite sanguinanti che provocano altre ferite. Se c’è una cura, un balsamo, un lenimento, perché gettarlo via? In questi tempi di guerra, si ha la sensazione che non si riesca ad uscire dalla logica della rappresaglia anche in altri ambiti della vita collettiva. Va bene, il murale non era autorizzato: ma è una cosa grande. Un dono. Una benedizione. Come si fa a pensare che da un’altra, da un altro rifiuto, da un’altra ‘prevaricazione’ agita da una istituzione, dagli adulti negazione (non importa se in nome della legge: anzi, peggio), possa venire fuori qualcosa di buono? Quel che ovunque sembra impossibile, a volte a Napoli invece si avvera. Chissà che, in questo Natale, il regalo collettivo del sindaco Manfredi ai suoi concittadini più cari, perché più fragili e irraggiungibili, sia la grazia per questo pezzo di muro dipinto. Che rappresenta uno dei pochi casi in cui un muro può renderci tutti più umani.

Jovanotti: "Mozart e Tony Effe sono colleghi" - a Belve 17/12/2024

lo so che continuare a parlare del caso del famoro rapper finisce per annoiare , generare risposte ed considerazioni benaltriste , insomma fargli solo pubblicità . Ma davanti a certe castronerie che neppure mia nipote di 15\18 anni che ascolta musica simile eviterebbe non riesco a tacere

Caro Jovanotti alias Lorenzo Cherubini Anche nelle provocazioni o nell'ironia ci dev'essere un minimo di cultura di base .Infatti tra lo 0.55 e 2.30 hai detto una castroneria

 

Infatti ha  ragione  il prof  di storia  dell'arte  



Luigi Agus
10 h ·


[...] L'arte è una disciplina umanistica e come tale pretende delle scelte, siano esse qualitative, contenutistiche, formali o di altro genere. Pensare che tutta la musica, così come tutta la poesia, tutta la pittura, tutta la scultura o tutte le altre espressioni umane siano uguali e da mettere sullo stesso piano è non solo una falsità, ma una idiozia! Ecco perché paragonare Mozart a un certo Tony Effe è una bestemmia, perché è una valutazione tanto superficiale, quanto spocchiosa. Si tratta di un nichilismo figlio di un tempo in cui la maggioranza di analfabeti funzionali pretende di dominare secondo un falso senso di democrazia. Uno non vale un altro, perché altro è sempre diverso da uno. Ma qua andiamo già oltre e forse andrebbe tradotto per i minus habens.
  ed  aggiungo   io     stai paragonare la merda  alla cioccolata . 

22.12.24

Il regalo per i 100 anni di nonna Lidia: la laurea mai ritirata. «Costava 30 mila lire, non potevo spenderle» ., Stuprata e ripresa da 16 persone, la sua famiglia: "Devi stare muta"., Quando la realtà supera i sogni: il miracolo dei ragazzi problematici e delle periferie che trovano tutti lavoro



«Una volta, durante un esame di Morale avevo l’impressione che il professore guardasse il pulviscolo atmosferico. Allora mi fermai e smisi di parlare. Lui mi disse di andare avanti e io risposi: “No finché non mi ascolta”. Ero ben sfrontata da giovane! Adesso sono arrivata ai 100 anni e un mese e andiamo avanti».
Qualche giorno fa, nella casa di Lidia Oldani, alla Maggiolina a Milano, c’erano 32 invitati. I suoi cinque figli, Maria Teresa e Edoardo, Stefania, Andrea e Luca e poi quindici tra nipoti e pronipoti, dai 2 ai 48 anni e altri famigliari. Sul tavolo un regalo inaspettato: la pergamena originale del suo diploma di laurea in Magistero all’Università Cattolica, con la data del 7 febbraio 1950. Non lo aveva mai ritirato. «Allora la pergamena costava circa 30 mila lire (circa 575 euro attuali). Mi ero appena sposata ed era una spesa che non volevo affrontare e non volevo chiederli ai miei genitori, che già avevano pagato la retta universitaria. Mi dicevo ”Lo chiederò se mi servirà per ottenere un lavoro”. E invece poi sono arrivati i figli e mi sono dedicata a loro» racconta Lidia, che gode di buona salute e ha una memoria vividissima.
Ai figli aveva detto della laurea rimasta nel cassetto e loro l’hanno sorpresa con questo regalo. «All’università avevano la pergamena originale della laurea e ci hanno riconsegnato anche il suo diploma delle magistrali» spiega Luca. Oggi ritirare un diploma costa 100 euro più 16 di bollo, ma alla famiglia della signora non hanno fatto pagare nulla. Lidia, che all’epoca abitava in corso Garibaldi, visse gli anni universitari durante la Seconda Guerra Mondiale. «La nostra famiglia era sfollata a Caglio, in Valsassina. Al mattino prendevo il treno a Asso e venivo a lezione. Se c’era un’incursione aerea, il convoglio si fermava e fuggivamo nelle campagne, racconta.
All’epoca, nei corridoi di largo Gemelli si potevano incontrare i fondatori, padre Agostino Gemelli e Armida Barelli. «Conobbi solo lui: lo vedevamo girare su una sedia a rotelle. Aveva un’aria austera e la fama di grande severità». Tutt’altro ricordo ha invece del grande poeta David Maria Turoldo, all’epoca studente di Filosofia. «Molto simpatico e spiritoso. Un uomo di grandissima intelligenza. Gli dicevamo: peccato che hai fatto il prete». Fino agli anni 60, le studentesse indossavano un grembiule nero. «Salivamo una scala riservata solo alle donne, in cima c’era la stanza coi grembiuli. Il mio fidanzato e futuro marito Domenico Rossotti studiava al Politecnico e si fermava ai piedi di quella scalinata».

Domenico, futuro dirigente all’Ibm e Lidia amavano studiare insieme ai giardini della Guastalla. Si erano conosciuti in vacanza a Caglio. «Mi disse che mi voleva bene il 29 agosto del 1942 e nel 1950 ci siamo sposati». Anni universitari di cui ha bei ricordi. «Frequentavo la Fuci, federazione universitaria cattolica. Si andava a messa insieme in una chiesa vicino alla Rinascente. Degli esami avevo lo spauracchio di grammatica latina. Era un esame del primo anno, ma lo diedi all’ultimo. Presi 19, il docente consigliò di rifiutare ma io accettai, perché dovevo di lì a poco sposarmi. La media non fu rovinata: ho preso 110/110». La tesi in Antropologia sulla Valle del Brembo la scrisse a mano, mentre alle illustrazioni pensò Domenico. Lidia avrebbe voluto studiare Medicina (ma non si accedeva con la maturità magistrale) o fare la giornalista. Giornalista e medico sono diventate le sue due figlie. «La laurea mi è servita ad aiutare i miei figli negli studi», ma nella vita Lidia si è dedicata anche agli altri: per 30 anni da volontaria all’Oftal ha accompagnato i malati a Lourdes.

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Due giovani ragazze sono state vittime di uno stupro di gruppo a Seminara, piccolo centro della provincia di Reggio Calabria. Gli aguzzini, 16 in totale, includevano tre minorenni all’epoca dei fatti. Tra gli arrestati, secondo quanto riportato da Repubblica, figurano tre rampolli di famiglie legate alla ’ndrangheta, il figlio di un politico locale e persino il fidanzato di una delle vittim
Le violenze, pianificate con freddezza, hanno portato a una serie di abusi ripetuti. Le giovani sono state filmate e trattate "come se fossero cose", in un contesto di soprusi organizzati. Le intercettazioni effettuate dagli investigatori, inizialmente impegnati in un’indagine di ’ndrangheta, hanno svelato le conversazioni tra gli indagati, che discutevano dei loro piani via chat.La procura di Palmi, insieme a quella per i minorenni, ha ottenuto l’arresto di tutti i responsabili.
Il giudice delle indagini preliminari, nella sua ordinanza, ha sottolineato la pericolosità di tre degli indagati minorenni, descrivendoli come individui con "una personalità del tutto sganciata dalle regole del vivere civile e totalmente orientata verso il soddisfacimento dei più biechi istinti sessuali".Per una delle vittime, però, l’incubo non si è concluso con le denunce.




I familiari, invece di sostenerla, l’hanno attaccata, accusandola di aver "rovinato" tutti con le sue dichiarazioni. "Devi stare muta", le hanno detto, cercando di farle ritrattare, arrivando persino a urlarle: "Ma perché non ti ammazzi?".Le autorità, consapevoli delle difficoltà, hanno monitorato costantemente le due ragazze, intervenendo per proteggerle da ulteriori pressioni. Una di loro ha mostrato una forza straordinaria, continuando a collaborare con gli investigatori: "Ha combattuto da sola, è stata determinata e coerente nel suo racconto", hanno sottolineato gli inquirenti.

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   di Massimiliano Lussana 22-12-2024 - 09:38 tiscali news 

Quando la realtà supera i sogni: il miracolo dei ragazzi problematici e delle periferie che trovano tutti lavoro





                      


Ho fatto un sogno e ho visto un miracolo. Che è un doppio sogno, anche se Schnitzler stavolta non c’entra. Il primo sogno realizzato è quello dell’incontro fra domanda e offerta di lavoro, che spesso si realizza grazie agli ITS, l’evoluzione virtuosa delle vecchie scuole professionali, con insegnamenti attivati su richiesta dei datori di lavoro, che in cambio si impegnano ad assumere un numero minimo di ragazzi partecipanti ai corsi, a volte cifre attorno al 90 per cento degli iscritti. Un circolo virtuoso che ha la sua capitale ideale a Genova nell’Accademia Italiana della Marina Mercantile guidata dal tandem fra Eugenio Massolo e Paola Vidotto e in generale nel sistema della Formazione in Liguria, che ha al centro del suo programma il fatto che la formazione deve essere finalizzata a trovare un lavoro ai ragazzi e non semplicemente ai formatori.
Il riscatto dei giovani
Insomma, stiamo parlando di una vera e propria miniera d’oro per i ragazzi disoccupati. Quelli che parlano bene parlerebbero di superamento del mismatch, lo squilibrio fra domanda e offerta di lavoro. Il secondo sogno, che procede in parallelo, è il riscatto di giovani per cui altrimenti il futuro sarebbe un’ipotesi, messi ai margini della società. E provo a raccontarvi come il sogno si è trasformato in miracolo, a Roma, a Genova ed è pronto a trasformarsi nella stessa splendida storia anche nel resto d’Italia. Ho fatto un sogno e non solo ho visto come sia possibile far incontrare domanda e offerta di lavoro ma, soprattutto, ho visto aiutare i ragazzi che hanno più problemi e vengono non nella totalità, ma in molti casi, da famiglie problematiche, con situazioni di povertà, mancanza dei genitori perché carcerati o con gravi problemi di salute o altri. Ho fatto un sogno e ho visto l’umanità di persone che ci credono, che ci mettono il cuore, che riconciliano con la positività della scuola e della formazione.
Il lavoro dell'associazione “Musica bene comune”
Partiamo da Roma, dove il lavoro di una straordinaria manager culturale, la numero uno in Italia, Manuela Litro, una sorta di regina Mida di cose e e persone, capace di trasformare in oro tutto ciò che tocca e soprattutto tutti coloro che sfiora, ha portato decine e decine di ragazzi delle periferie, Tor Bella Monaca, Laurentino 38, la scuola Manin dell’Esquilino che riesce a tenere insieme (e bene) 72 etnie diverse ad arrivare fino al Quirinale, sul Colle e sul monte dell’eccellenza con il suo coro giovanile. E il lavoro della sua associazione “Musica bene comune” anche fra i ragazzi di Amatrice è qualcosa che riconcilia con la passione e con la vita. Insomma, Manuela Litro è un soggetto da dizionario dei sinonimi della parola “amore”, il più bello esistente in natura, la persona migliore che abbia mai conosciuto.
L'organizzazione ELIS
Ma in parallelo, a Genova c’è un’altra storia bellissima che parte da un’eccellenza industriale e imprenditoriale come Anna Giuntini, che è una straordinaria imprenditrice del settore industriale che con la sua PH facility guida un’eccellenza assoluta, una realtà diffusa oltre i confini nazionali con brand tecnologici avanzati, ma, parallelamente, si è sempre occupata di sociale in termini di attenzione e di cultura aziendale. Insomma, fra le varie cose, Anna Giuntini si occupa da molti anni di un’organizzazione che si chiama ELIS, nata negli anni Sessanta sull’ispirazione di San JosèMaria Escrivà, il fondatore dell’Opus Dei – anche se qui non c’è niente di confessionale, ma molto di valoriale – visto che la struttura si occupa principalmente di portare ragazzi, provenienti per lo più da situazioni complesse, al raggiungimento di uno scopo professionale attraverso formazione tecnica in più settori didattici come meccanica, elettronica, edile, logistica, artigianale, ma anche alberghiera e altri importanti “mestieri” che possano assicurare loro un futuro.
L'incontro tra domanda e offerta
Tutto questo è avvenuto costruendo un centro e un vero e proprio Campus di eccellenza formativa a Roma, che oggi ospita anche una sede secondaria del Politecnico di Milano, a cui aderiscono, in qualità di stakeholder, anche le più grandi aziende italiane di straordinario valore da Eni ad Enel, Autostrade per l’Italia, Fincantieri, Poste Italiane, Leonardo e tante altre, l’argenteria di famiglia del mondo dell’impresa italiana, come fatturato e numero di dipendenti. Stiamo parlando quindi di un’organizzazione di matrice cattolica nell’ambito dell’Opus Dei. Ma sbaglierebbe completamente chi pensasse a una struttura religiosa o tesa al proselitismo, visto che si concentra solo sul lavoro e sull’educazione alla vita didattica, lavorativa e sociale dei ragazzi.
Anna Giuntini e i progetti ELIS
E qui lascio la parola a Anna Giuntini: “Ho partecipato a diversi progetti ELIS ma quello che più mi ha entusiasmato è “Distretto Italia”, voluto un anno e mezzo fa dalla presidenza Tomasi e da altre aziende come la mia, che si è occupato sia di descrivere una vera e propria mappa di esigenze e fabbisogni di figure professionali e industriali necessarie allo sviluppo del paese e delle giovani generazioni, sia dell’indispensabile loro orientamento nelle esperienze didattiche al fine di non disperdere scolarità in campi che non portano, per questi giovani, ad alcuno sbocco lavorativo”.Il modello sociale del Comune di Genova
Tutto questo è stato presentato anche al Ministero dell’Istruzione e del Merito, durante il quale è stato presentato il modello sociale del Comune di Genova, unico nel suo genere in Italia, portato avanti dall’allora assessore ai Servizi Sociali Lorenza Rosso, che sono i “Centri di Educazione al Lavoro” - CEL nell’acronimo - nati per scongiurare l’abbandono scolastico e riportare nella vita delle nuove generazioni il valore dei “mestieri”, “da tempo – spiega Anna Giuntini - dimenticato in quei salotti buoni che straparlano di socialità e inclusione, tra un aperitivo e una cena fornita dai loro filippini, senza minimamente rendersi conto del danno culturale commesso dalle loro auliche chiacchiere negli ultimi trent’anni. Ho trovato sorprendente come la “laicità” di una iniziativa comunale, costruita attentamente per ragazzi ai margini della società, parlasse la stessa lingua di una comunità di matrice cattolica e, ancora di più, come la “religiosità” di un Centro didattico e formativo, nato per ragazzi altrettanto disagiati, ne sapesse definire gli stessi scopi morali e umani”. Vedere lavorare questi ragazzi, vedere i loro occhi mentre realizzano le loro opere, mentre piegano il ferro, è il miglior riassunto di questa storia.

Danyart New Quartet fiori e tempeste








Ieri è stato presentato il nuovo lavoro discografico dei Danyart New Quartet, formazione jazz capitana da Daniele Ricciu, in arte Danyart, sax tenore, compositore e autore delle otto tracce di “Fiori e
tempeste”, il nuovo disco del quartetto.che vede la luce con l'etichetta Isulafactory. Il concerto di presentazione del nuovo disco si è tenut o sabato 21 dicembre (ore 21)nell'auditorium della Casa del Fanciullo, in piazza Spano. di tempio pausania .
La partecipazione all’'eento organizzato dall’associazione culturale Carta Dannata Insieme a Danyart, si sono e sibiti Simone Sassu (pianoforte),Lorenzo Sabattini (contrabbasso) e Antonio Argiolas (batteria).  ha  presentato la serata la scrittrice e giornalista Daniela Piras [  foto  a  destra  ] , mentre Riccardo Mura  [  avevo problemi  di  luce   avenso  il  cellulare  e non la  macchina  fotografica  ]  ,   ha  curato    il reading del concerto.








IL disco è composto da 8 brani originali scritti da Ricciu, con l'arrangiamento,e l'interpretazione realizzati da Simone Sassu in solo di una traccia, “Nonostante la vita”, che chiude la tracklist del disco. Tante sonole novità rispetto al primo lavoroprodotto in studio, “La Musica mi ripara”, risalente al 2018. Tante quante le vicissitudini del tempo trascorso che hanno segnato con tratti comuni la vita di milioni dipersone nel pianeta. Atmosfera, questa, che viene evocatà in “White Hair”, scritta da Ricciu proprio nei primi giorni del 2020, quando la pandemia iniziò a cambiare il destino e gli orizzonti di vita di gran parte dell'umanità.Una sorta di riconciliazione con la natura e l'ordine feriti dalle contingenze del reale ha ispirato, invece, “Love Natura”, dovele note del contrabbasso quasi duettano con il sax. Tutti temi cantautorali che confermano l’attenzione di Ricciu verso l'attualità, affidati a composizioni strumentali, come accade in“Lampedusa”, isola solare e mortifero approdo per uomini e donne che reclamano una vita migliore. 
Un ottimo  concerto   fra  jazz classico  e  jazz  moderno      ricco soprattutto   nella  seconda  parte  ricco  di emozioni  . Ed  ironia   come dimostra  il  pezzo Walzer  della   sfortuna    trovate  sotto il  video  da  me  girato 




 molto  bella   la  poesia   letta     e recitata      da  Riccardo Mura    e  scrita  da  Daniela  Piras  e  che  trovate  sotto per  gentile  concessione  di  Riccardo  




 non so  che   altro    aggiungere  se non d'ascortarlo  e  comprarvelo 

21.12.24

il problema non è tony eff ma un altro visto che anche le paladine delle pseudo femministe che gridano alla censura dove non c'è insomma chi come dolce nera lo difendono invocando la censura o dicendo come Dolcenera: " Tony Effe mi fa sesso perché non pensa ciò che dice sulle donne. Le sue canzoni seguono la moda "

E' vero  che   dovrei non parlarne più   e  parlare  d'altro magari  di  cose  più importanti   perchè come ho  detto precedentemente  su queste pagine  gli è stato dato  troppo spazio    per  una  questione  poco  importante   \  di poco conto    rispetto   ai  veri  problemi    che ci  sono .  Ma   quet'analisi  di  Soumalia  Diawara   e l'intervento  (  evidentemente    se ne  approffitta  er  far parlare  di se      e farsi  pubblicità    gratuita  in vista  di    qualche  siuo  nuovo  lavoro  o  concerto  )    di  Dolce nera  

Negli ultimi giorni non si parla d’altro che di Tony Effe e delle sue canzoni! Io ne ho lette e sentite di tutti i colori, ma c’è una cosa che voglio dirvi  !
Vedete, il problema non è tanto perché Tony Effe sia stato o non sia stato invitato al concerto del capodanno di Roma, ma il vero problema è un altro. Tanto per darvi un'idea, questo è il testo di una delle sue canzoni più famose: «Lei la comando con un joystick / Non mi piace quando parla troppo / Le tappo
la bocca e me la f… Volano schiaffi da ogni parte (…) Sono Tony, non ti guardo nemmeno / Mi dici che sono un tipo violento/ Però vieni solo quando ti meno.»
Ecco, questo è uno dei cantanti più apprezzati degli ultimi tempi! Tony Effe viene ascoltato ogni mese
da ben 4 milioni di persone, su Youtube ne raggiunge anche il doppio. E allora mi dispiace dirlo, ma non è Tony Effe il problema! Perché se questi testi ottengono milioni e milioni di ascolti e di visualizzazioni, qualche domanda bisognerebbe iniziare a farsela!
Il vero problema di oggi si chiama ANAFFETTIVITÀ. Si chiama cinismo. Si chiama assenza di emozioni. L’incapacità di provare, comprendere, dar voce e riconoscere le proprie emozioni! Addirittura Jovanotti ha paragonato Tony Effe a Mozart. Ecco, è proprio questo il punto: in una società che chiama arte una banana appiccicata con del nastro adesivo al muro, non sono soltanto le idee e le emozioni che mancano, sono proprio i cervelli che hanno raggiunto il capolinea. Nella società del nulla, avanza il nulla… le canzoni sono imbevute di violenza e di frasi volgari per coprire il nulla che sono! Ed io che sono cresciuta ascoltando De Andre, Guccini, Cocciante, Battisti, mi domando: ma che diavolo è successo alle persone?
E aggiungo un’ultima cosa. Mentre il nulla avanza, l’incoerenza le fa da padrona. Si parla tanto di «femminismo» e poi tutte le cosiddette femministe di oggi hanno scelto di difendere queste canzoni. Gli artisti invece fanno a gara per esprimere solidarietà a Tony e si riempiono la bocca di parole come censura, perché nella società del nulla perfino le parole sono svuotate di senso, significato e valore. Che dire, forse Cattelan su una cosa almeno aveva ragione: siamo alla frutta. Letteralmente!

                                                           Professor X

  Condivido     come  Soumalia  Diawara  che  lo ha     riportato   nella sua  bacheca  (  vedi  sopra )    pienamente il contenuto di questo post e la preoccupazione che solleva. I testi come quelli citati non sono solo offensivi, ma rappresentano un sintomo di una società che sembra aver perso il contatto con valori profondi, con l’arte vera e con il rispetto per gli altri.Non si tratta di moralismo o di nostalgia per il passato, ma di una riflessione sul tipo di messaggi che scegliamo di promuovere e normalizzare.
L’anaffettività, il cinismo e l’assenza di emozioni di cui si parla sono problemi reali, e i numeri che questi artisti raggiungono sono un segnale allarmante. Se milioni di persone si identificano o trovano intrattenimento in testi che celebrano violenza, misoginia e vuoto, dobbiamo chiederci cosa stiamo sbagliando come società e  come    educatori   ed  genitori    visto   il  largo seguito  che  essi hanno   fra  i  giovanissimi   adolescienti . Ma  quello  che  mi  lascia  più  perplesso, appunto    sono  i  genitori     che    gli accomagnano    passivamente    per  di  più ,  senza  spiegargli  neppure    perchè   sono  portatori  di  disvalori   .  Infatti non è solo una questione di musica, ma di cultura. Come siamo passati da artisti che raccontavano la complessità della vita, dell’amore e del dolore, in cui  la  volgarità  aveva  un  suo  significato    ed  era  contrapposta  ad  un certo tipo  di morale   e  di cultura   retrograda \  bacchettona ,     a chi svuota le parole di senso e riempie le canzoni di volgarità gratuita e  senza  scopo   ? La risposta, forse, è che stiamo vivendo in una società che ha smesso di coltivare il pensiero critico e il gusto per ciò che è autentico e significativo e  dove  la trasgressione  era  trasgressione    ,la  ribellione   era  ribellione  ,  mentre oggi   è  solo  conformismo  .Infatti  un tempo i testi sessisti riempivano le canzoni dei Beatles, dei Rolling Stones, dei Doors … ecc  nessuno ci faceva caso o  quasi   perché erano testi veicolati da musica meravigliosa e immortale, capace di far passare la frontiera a quei piccoli dettagli sessisti, misogini o addirittura violenti . Indovinate chi cantava  « ma tu ancheggia un po’ meno e, vedrai, la pelle intatta a casa porterai » o  « alzati  la gonna   lasciati andare  fami  un  po'  vedere  cosa  c'è  da  fare   »   ed  altre  chje ora  non mi  vengono  in  mente  
Infine, l’incoerenza che si nota in chi difende certi artisti in nome della libertà d’espressione è evidente. La libertà è un valore sacro, ma non dovrebbe mai essere una scusa per legittimare messaggi che degradano le persone e sviliscono il linguaggio. È ora di alzare il livello del dibattito e di pretendere di più, non solo dagli artisti, ma anche da noi stessi come pubblico.
Infatti  proprio  mentre   finivo  di copiare  il suo post     ho  letto     le  dichiarazioni    di  Dolcenera: “Tony Effe mi fa sesso perché non pensa ciò che dice sulle donne. Le sue canzoni seguono la moda” .  Allora    gli chiedo    : Cara #dolcenera è troppo facile dare la colpa alla moda o al contesto storico . Allorase va di moda uscire con le mutande a capello esci pure tu oppure ti astieni ? .


madre parallela di pedro almodovar un ottima alternativa alla melassa natalizia

  non  esiste  la storia  muta  .  per  quanto le  diano fuoco . per     quanto la  frantumini  ,  per    quanto la  falsifichino  ,  la  storia  umana  si  rifiuta  di tacere

                                                           Eduardo Galeano 

Cercando  un  film   non importa  il genere   a prescindere  dal genere  e dall'anno di realizzazione  ,
purché  alternativo   alle   tematiche  caramellose    del  natale  ,   su netflix  ho trovato il  penultimo  film  ( https://it.wikipedia.org/wiki/Madres_paralelas Madre  parallera  )    di Pedro  aldomovar  .  La  frase  riportata  come incipit   del  post   riassume    Madres paralelas è un film del 2021 scritto e diretto da Pedro Almodóvar Secondo l'aggregatore di recensioni Rotten Tomatoes, il film ha ottenuto un indice di apprezzamento del 96% e un voto di 8,2 su 10 sulla base di 215 recensioni. Su Metacritic, il film ha ottenuto un voto di 88 su 100 sulla base di 46 recensioni, indicando un'«acclamazione universale. Giudizi  \  recensioni   più che meritate . Uno dei film  , a mio avviso  più belli ed intensi del regist 




La  frase  riportata  come incipit   del  post   riassume      Madres paralelas è un film del 2021 scritto e diretto da Pedro Almodóvar .   Secondo l'aggregatore di recensioni Rotten Tomatoes, il film ha ottenuto un indice di apprezzamento del 96% e un voto di 8,2 su 10 sulla base di 215 recensioni. Su Metacritic, il film ha ottenuto un voto di 88 su 100 sulla base di 46 recensioni, indicando un'«acclamazione universale. Giudizi  \  recensioni   più che meritate . Uno dei film  , a mio avviso  più belli ed intensi del regista  .Infatti   secondo il regista : <<  Il film inizia con Janis che cerca un modo per aprire la tomba dove giace il suo bisnonno, assassinato durante la guerra civile spagnola, e termina tre anni dopo con l'apertura della tomba stessa.Al centro, il rapporto tra tre donne che si incontrano in una stanza d'ospedale prima che due di loro partoriscano. Janis, una donna di mezza età, è felice ed emozionata prima del parto; Ana, un'adolescente, è spaventata e traumatizzata dalla sua futura maternità; e Teresa, la madre di Ana.Quando restano sole, Janis cerca di trasmettere ad Ana tutto il suo entusiasmo e la sua gioia. Entrambe sono in una gravidanza non attesa, e saranno delle madri single. Quando Janis le dice che "non se ne pente", Ana invece le confessa che le dispiace e solo mesi dopo le spiegherà il perché. Madres paralelas parla degli antenati e dei discendenti. Della verità sul passato storico e della verità più intima dei personaggi. Parla dell'identità e della passione materna attraverso tre madri molto diverse tra loro: Janis, Ana e la madre di Ana, una madre egoista, priva di istinto materno, come lei stessa confesserà.Come narratore, in questo momento sono le madri imperfette quelle che più mi ispirano. Sono madri molto diverse da quelle che sono apparse finora nella mia filmografia.Per strane circostanze, Janis è costretta a vivere in piena contraddizione tra la verità storica (il suo bisnonno sepolto in una tomba) e la sua verità più intima, legata alla figlia. Il suo dilemma morale è al centro della storia e rende Janis un personaggio complesso, generoso, contraddittorio e persino meschino. È un personaggio molto difficile da interpretare perché ha sempre più di un volto, fino a quando il suo senso di colpa e la vergogna provocata dalla menzogna in cui vive la fanno esplodere.Nonostante tutti questi elementi appartengano al genere melodrammatico, ho deciso fin dalla sceneggiatura e dalla messa in scena che Madres parallelas sarebbe stato un dramma intenso e contenuto, difficile da interpretare, e con una protagonista che magari non è un modello da seguire ma che mi ha attratto proprio per questo. È il personaggio più difficile che Penélope Cruz abbia mai interpretato fino ad ora, sia con me sia senza di me. E probabilmente il più doloroso. Il risultato è splendido, come sempre Penélope ha dato il massimo. Al suo fianco, la giovane Milena Smit è la grande rivelazione del film. La purezza e l'innocenza della sua Ana accentuano le parti più oscure di Janis. Entrambe sono molto ben accompagnate da Aitana Sánchez-Gijón e Israel Elejalde. Alla fine, faranno tutti parte di una famiglia pittoresca e inattesa ma comunque vera e autentica. >> https://www.filmtv.it/film/202297/madres-paralelas/
Chi ha  visto   solo   alcuni  film  , ma  soprattutto   chi   vede  i film di  Aldomovar  solo  come rappresentate  delle tematiche  Lgbtq+  rimane  spiazzato  come  è successo  a  me  all'inizio perché  il mélo si spoglia, si asciuga e si fa dramma - umano e storico - con una posizione tanto netta e precisa da diventare quasi arringa, dichiarazione d’intenti, manifesto (rigoroso ma non didascalico, sia chiaro). E così Janis si ritrova per reazione a insegnare perentoria ad Ana - quasi ordinandoglielo - la necessità di Guardare e Sapere. Perché le ferite del passato si devono rimarginare ma le cicatrici non si cancellano e conoscere il passato e la Storia è un dovere morale ancora prima che un’esigenza. Un obbligo per posizionarsi consapevolmente nel mondo in cui si vive, per scegliere chi si vuole essere, per rendere possibile anche un assetto affettivo e relazionale tanto esteso e improbabile e inclusivo da diventare, probabilmente, l’unica prospettiva accettabile. Un mix perfetto   di dramma ,  amore  (  etero  e omo  )  amicizia ,  di ricerca  e coltivazione  della memoria  .

per  chi  volesse   farsi  un  ulteriore   idea    ecco  alcune delle    recensioni   ottenute  

20.12.24

«Io, maestra nera nella scuola italiana. Oggi c'è chi non si vergogna più di essere razzista» la storia di Rahma Nur

  corriere  della sera   tramite  msn.it  \  bing   



Rahma Nur insegna italiano, storia e inglese alla scuola elementare Fabrizio De André di Pomezia, Plesso Martinelli. Quest’anno ha la quinta elementare: «Un bel gruppo di studenti che mi sono coltivata piano piano. Mi dispiacerà lasciarli andare, ma il nostro lavoro è questo: dargli le ali per volare per conto loro».
 E’ arrivata in Italia a cinque anni dalla Somalia: erano i primi anni 70. La sua mamma era già qui e lei, che aveva avuto la poliomielite, venne per farsi curare e stare con la sua famiglia. L’idea era di
tornare a casa dopo qualche anno. E invece: scuole elementari, medie, magistrali in collegio dalle suore e in contemporanea Ospedale Spolverini, don Gnocchi, operazioni ripetute per poter rafforzare le gambe e stare in piedi con le stampelle. Poi il Magistero e l’impossibilità di fare i concorsi perché non aveva la cittadinanza. A vent’anni dal suo arrivo, nel 1989,  riesce a ottenerla e dal 1992 insegna felicemente a Pomezia. E’ sposata e ha una figlia di undici anni: «Questo è il mio Paese. Ho fatto qui le scuole».
Come sono stati gli inizi come maestra?

«Quando ho saputo che sarei andata a insegnare a Pomezia, sono stata a vedere la scuola con mio padre. Troviamo il collaboratore, gli spiego che sono la nuova maestra. Lui, molto gentile, ci fa entrare, ci racconta come funziona la scuola, giriamo per aule e corridoi e io lo saluto dicendo che tornerò nel giro di qualche settimana. Quando ho preso servizio vedevo gli insegnanti un po’ cauti nei miei confronti. Una volta entrati più in confidenza mi hanno detto che il collaboratore aveva detto loro che parlavo a stento italiano».

Le è mai capitato un episodio spiacevole con i colleghi?

«Tempo fa c’era una collega che durante il collegio dei docenti mi diceva: “Tu come la pensi, cioccolatino?”. Le sembrava di usare un vezzeggiativo. Le ho fatto notare che se voleva usare un tono affettuoso avrebbe potuto chiamarmi con un diminutivo: Rahmuccia, casomai. La collega si è offesa».

Aneddoti, ricordi, ferite di una maestra nera, per di più con le gambe rese incerte dalla poliomielite. Rahma Nur è appassionata di poesia, ha scritto racconti e saggi, l’ultimo nell’Alfabeto della scuola democratica (Laterza, a cura di Christian Raimo). E’ diventata insegnante per caso e per necessità: «Non era il mio sogno: studiavo lingue e volevo viaggiare, scrivere e fare l’interprete, però ho passato il concorso, volevo essere indipendente e avere un lavoro. C’erano già state troppe lungaggini».

Non aveva cercato altri posti?

«Avevo provato a fare qualche colloquio ma sono una persona nera e con disabilità. Mentre studiavo sono stata presso una signora che mi chiamava la sua “dama di compagnia”».

Lei l’ha avuta dura. Ritiene che i tempi siano cambiati?

«Ho vissuto momenti davvero tristi e difficili. Nel collegio dove ho fatto le superiori mi sono sentita sola e non capita. Gli assistenti mi dicevano: perché non torni nel tuo Paese? Una volta risposi a una di questi assistenti, allora ero più coraggiosa… Le dissi: siete voi che siete venuti nel mio Paese in Somalia, a farci colonia».

E oggi?

«Oggi ci sono più persone che approfondiscono: si parla di più di antirazzismo, antiabilismo, femminismo. Sono persone che studiano e si documentano. Dall’altro lato però vedo che non ci si vergogna più di essere definiti razzisti, anzi, ci sono molti che si sentono orgogliosi di dire: "questi non li voglio qui nel mio Paese". Sono persone che hanno paura di affrontare questi temi perché non hanno gli strumenti per capire e superare i pregiudizi.

E i bambini?

I bambini sono più curiosi che paurosi. I miei studenti sono più preoccupati perché io non posso accompagnarli in gita o al campo scuola visto che non ci sono strutture accessibili. Quando tornano hanno pudore a dirmi che si sono divertiti, perché sono tristi per me. Purtroppo, le scuole non sono organizzate per gli insegnanti disabili. Ma loro i bambini mi vedono come persona, mi disegnano con la mia carrozzina blu piena di stickers, per loro è normale».

Lei, avendo vissuto tra due culture, porta in classe qualcosa di diverso o anche di più di altri suoi colleghi?

«Credo di sì. Per esempio, oltre ai nostri autori classici faccio conoscere  sempre poeti e poetesse di lingua inglese non solo europee. Ho fatto con i bambini lavori sulla poesia afroamericana, o su Mahmud Darwish con la poesia “Pensa agli altri”; mi piace molto Nicky Giovanni, una poetessa e attivista americana che è appena scomparsa. Un altro progetto che i bambini hanno amato molto è quello sulla poesia “Homesick blues” di Langston Hughues: l’abbiamo ascoltata letta da lui, abbiamo provato a tradurla, ci abbiamo messo la musica, il blues. Bellissimo… Ma faccio anche Ungaretti».

Chi le ha dato una mano nei momenti di difficoltà?

«Ricordo due insegnanti. Adriana è stata la mia maestra a Roma: diceva alla mia mamma che non dovevo stare lì nell’istituto, perché ero super, capace e sensibile. Ma io avevo bisogno di cure, della fisioterapia e non c’era alternativa. E’ stata la prima a credere in me e a farmelo capire. Poi ricordo con affetto la prima collega che mi ha accolta e sostenuta, Carmela Crea. Temevo di non essere in grado di entrare in comunicazione con i bambini. Poi ho capito che, se io non avevo paura, loro mi avrebbero visto soltanto come colei che ama il proprio lavoro e ama trasmettere curiosità e amore per il sapere.

E ora come si trova in classe?

«In classe sto bene, è il mio luogo sicuro e spero sempre lo sia anche per i miei studenti ma siamo molto soli: se hai un gruppo non omogeneo di studenti formato da italiani, neoarrivati, seconde generazioni devi diversificare anche le attività, dividendo gli studenti in gruppi. Bisognerebbe potenziare l’insegnamento dell’italiano L2, non in orario extrascolastico, ma dentro la scuola, per dare a tutti la possibilità di lavorare insieme anche facendo cose diverse. Trovo poi che si tenda a non dare importanza all’acquisizione degli strumenti culturali, alla capacità di pensare criticamente. Ci chiedono concentrarci sul fatto che lo studente deve essere inserito nel mondo del lavoro: ma questo viene dopo, prima bisogna imparare a imparare e poi è possibile scegliere la propria strada».

E le sue colleghe, lei come le vede?

«Ci sono tantissime insegnanti sensibili alla diversità culturale: cercano di conoscere le realtà che hanno in classe, di capire la cultura e la religione. I testi sui quali formarsi ci sono, ma in generale in Italia prevale la paura della diversità: è più facile chiedere ai bambini di omologarsi e assimilare la nostra cultura. Ma lo studio della storia e della cultura è già previsto: la questione è come aprirsi anche noi agli altri, alle alterità che abitano le nostre aule».

E come si fa?

«Per cominciare dobbiamo saper pronunciare bene i nomi dei nostri alunni: saper dire bene Mohamed o Jasmine è un primo passo per creare incontro, chiedere al mio alunno che lingua si parla a casa, che cibo si mangia, quali sono le feste. Creare dei momenti in cui festeggiare anche le feste degli altri: lei ha mai sentito parlare della festa della primavera in Romania, per esempio? Da qui parte l’integrazione o meglio “l'accoglienza nelle differenze”, dal riconoscere i nostri alunni per aprire un dialogo. Siamo noi adulti, noi insegnanti, che dobbiamo aiutarli: se non siamo pronti noi, come possono essere pronti loro a vivere serenamente?»

Se potesse, che cosa cambierebbe nella scuola?

“Semplificherei. Ci sono troppi progetti che non portano a nulla, toglierei i soldi a quei progetti e li userei per far funzionare bene la scuola, per gli arredi e per la sicurezza”.


P.s

mentre leggendo  i  commenti   a  tale  notizia   non ho  saputo  controllarmi     ed  ho   risposto  a    questo  commentoi   idiota    e  fuorviante

Franz Pier11m  
Ma potrebbe andare in africa la c e tanto bisogno di insegnanti, invece di stare qui a dire stupidaggini.
@Franz Pier perchè invece non ci vai tu in africa . coi capisci perchè si fugge e si corrono rischi per venire qui e poi ne riparliamo . scusa dove sarebberoi le stupidaggini che dice , elencale grazie


Macché censura, Tony Effe è lo specchio del mondo quindi non rompete se va a san remo

Chiedo scusa per coloro avessero già letto i miei post su un fìnto ribelle o un nuddu miscato cu' niente ( cit dal film  I cento passi  ...