Di Giorgio Schultze ho parlato parecchio in questi giorni, qui e altrove: in occasione del 25 aprile, delle sparate di Salvini e del governo su sicurezza e immigrati, dalla crisi a riarmo e occupazione, passando per la lotta contro l'ignominiosa "riforma" scolastica, il nucleare, discriminazioni d'ogni tipo (cfr. la nota al seguente post) e incipiente pauperizzazione. In ogni caso, cliccando sul suo nome, gli interessati possono scaricare il programma completo.
La mia insistenza ha però ragioni precise, che esulano dall'amicizia personale e dalla stima verso un uomo onesto e preparato. E, se ci pensiamo, i miei interventi non sono nulla in confronto alla pletorica kermesse di gigantografie, video, tg asserviti, talk show tramutati in spot elettorali, divi e divette compiacenti, che ci circondano e ci mostrano un'unica realtà: Berlusconi, Berlusconi e ancora Berlusconi.
Un Berlusconi ancora, e convintamente, sostenuto dai poteri forti, da Confindustria alla Cei, mentre l'onnipresente Brunetta, dopo gli attacchi ai dipendenti pubblici, ai rom e ai poliziotti "panzoni", adesso scioglierebbe l'Antimafia, e chissà che prima o poi (più prima che poi) non ci riesca: "Troppo ideologica", si capisce. La giunta milanese l'aveva capito per prima, l'efficienza forzista-ciellina è d'altronde proverbiale. Affrettatevi a guardare il link, il video è già stato censurato.
La manifestazione contro i tagli della Gelmini, ieri al Provveditorato milanese, ha visto gli umanisti in prima linea.
D'altro canto, il malessere della sinistra delusa non può essere colmato dai soliti volti stanchi e riciclati, da litigiosi gruppuscoli fuori del tempo e della storia, privi peraltro di qualsivoglia programma concreto che non si riduca all'aduso slogan: non votate il Cavaliere.
Sebbene da sempre impegnato in campagne per i diritti umani e civili, Giorgio è una figura nuova per la maggioranza degli elettori. Questa volta scende direttamente nell'agone politico, con la schiettezza che lo contraddistingue. Riporto pertanto con piacere l'intervista da lui rilasciata a Orizzonte Universitario, che non a caso ha come sottotitolo Gli ideali e innerva l'agire di Giorgio in ogni campo. Buona lettura!
Una Marcia che attraversi il mondo per ricreare una coscienza nonviolenta. Un evento storico, che segni l’uscita dalla “preistoria umana”, che ha fatto della violenza lo strumento per la risoluzione delle questioni sia personali che nazionali. Una Marcia che per la prima volta ha l’ambizione di smuovere i governi dei paesi attraversati con 5 precise istanze politiche: “Il disarmo nucleare a livello mondiale, il ritiro immediato delle truppe di invasione dai territori occupati, la riduzione progressiva e proporzionale delle armi convenzionali, la firma di trattati di non aggressione tra paesi, e la rinuncia dei governi a utilizzare le guerre come metodo di risoluzione dei conflitti” (www.theworldmarch.org). Ne parliamo con Giorgio Schultze, portavoce europeo della Marcia Mondiale e candidato indipendente con Italia dei Valori alle prossime elezioni europee. Ci incontriamo a Milano, nel locale Umanista Punto d’Incontro.
- Che cos’è la Marcia Mondiale e quali sono i suoi obiettivi?
«È la prima Marcia che si organizza proprio con l’obiettivo di coinvolgere tutto il pianeta. Vogliamo coinvolgere tutte le nazioni, sia sul piano istituzionale, che su quello di associazioni e anche singoli cittadini con interventi nelle scuole o in altri ambiti della vita quotidiana. Il percorso originale, che partiva da Wellington il 2 ottobre 2009 per terminare a Punta de Vacas, nelle Ande argentine, il 2 gennaio 2010, si è andato via via intessendo fino a diventare un fiume in cui stanno convergendo una serie di iniziative. Un’équipe base di circa 100 persone farà tutto il percorso e verrà accompagnata da eventi in ogni paese attraversato. Dalle attuali 500 città già mobilitate si pensa di poter arrivare a migliaia, a patto che le iniziative nel calendario si svolgano in contemporanea, perché altrimenti tre mesi non bastano. La Marcia vuole essere un momento di sensibilizzazione su un tema fondamentale: è necessario ed urgente avviare un processo di pace con una metodologia nonviolenta. Andare a ripescare concetti propri del Corano, della Bibbia o del Talmud, come la regola aurea “tratta gli altri come vorresti essere trattato” o “chi uccide una persona uccide l’intera umanità così come chi salva una persona salva l’umanità”, concetti semplici ma rimasti sepolti sotto secoli di barbarie; serve proprio a segnare il superamento della preistoria umana. Al primo posto, come priorità assoluta, la Marcia Mondiale avrà il disarmo nucleare. Uno può dire, con tutti i problemi del mondo perché proprio il “disarmo nucleare”? Perché in questo momento siamo davvero ostaggi - non sempre consapevoli - di questa nuova corsa al riarmo, che può provocare reazioni a catena sul piano mondiale».
- In che frangente pensi si sia corso il rischio di un conflitto nucleare?
«Ad esempio, quello che è successo a Gaza. Durante l’ultimo dei virulenti scontri che si protraggono ormai da decenni, (“Operazione piombo fuso”, ne ha parlato anche Orizzonte Universitario, ndr) è comparsa per la prima volta questa dichiarazione da parte ovviamente di una minoranza del governo israeliano: “perché non utilizzare una bomba atomica su Gaza?”, che è come dire che Brescia tira una bomba su Bergamo. È un concetto che segue quella logica demenziale dell’eliminazione fisica del proprio nemico».
- In questo caso qual è la risposta nonviolenta che verrebbe proposta? Cioè, in che modo la Marcia Mondiale può suggerire una risposta ad un conflitto come quello israelo-palestinese?
«Per fortuna - e questo è uno degli aspetti più straordinari dell’evento - con la Marcia sono state messe in moto quelle associazioni pacifiste e nonviolente, per ora minoritarie, che stanno cercando di trovare una soluzione che preveda la convivenza civile tra i due popoli. Se ci si riesce in Israele-Palestina bisognerebbe riuscirci in tutto il mondo. Uno potrebbe dire che tutto questo è già stato scritto ed è già stato detto, ma non si fa per motivi economici e politici di fondo. Mai come in questi ultimi otto anni la curva di vendita di armi negli Stati Uniti e non solo è cresciuta in maniera tanto vertiginosa. L’incremento annuo è stato del 3,4% per arrivare ad un totale del 40% tra il 2001 e 2009. Anche l’Italia ha avuto un ruolo vendendo armi all’Iraq, all’Iran ai palestinesi e agli israeliani. Dietro questi fortissimi interessi lobbistici non ci sono quei valori, che non appartengono solo agli umanisti ma sono parte di un bagaglio culturale di popoli di tutto il mondo, come la convivenza pacifica e il dialogo. Quest’idea di introdurre come necessità una metodologia che imponga il dialogo, diventa indispensabile e la Marcia è un mezzo per far tornare questi problemi alla ribalta, anche mediatica. Pensiamo allo stesso concetto di “guerra di confine”. È assurdo nel XXI secolo! Pensate solo ai flussi migratori di questi ultimi anni, alla rapidità con cui stanno cambiando le società... ».
- Dalle zone di guerra dolorosamente note, siamo passati a problemi che riguardano l’Europa più da vicino. Oltre alla violenza mossa contro i migranti, quali sono le altre situazioni che richiedono una soluzione nonviolenta?
«La prima è il conflitto nei Balcani. Questa è ancora una guerra calda, che serve a mantenere irrisolta, nel cuore dell’Europa, una situazione che così si dimostra vantaggiosa solo per il traffico di armi, di droga e di persone. I focolai di guerra diventano zone di interesse mafioso-militare. La Marcia anche in questo caso vuole sollevare il problema per cercare una soluzione nuova, né violenta, né armata».
- Arriviamo all’Italia. Prima di tutto quando passerà la Marcia? Cosa è previsto dal calendario?
«Per ingresso, che ipotizziamo circa per il 5 di novembre a Trieste, quindi dal ramo della Marcia proveniente dai Balcani, si farà un passaggio in quella che è stata definita la A4, cioè Trieste, Vicenza, Brescia, Ghedi (dove si chiederà la chiusura dell’aeroporto militare che ha al suo interno 40 testate nucleari), per terminare a Novara e Cameri dove ci sono i costruendi F35 che rappresentano un altro lato inquietante della nostra economia industriale. Un altro spezzone proveniente dal Nord Europa si congiungerà a quello “balcanico” a Milano, per poi passare da Firenze e Roma. Questo era già parte del percorso originario, ma la cosa più interessante è che in zone come Bari o la Sicilia si sono sviluppati nuovi appuntamenti. Basti pensare che in Sicilia si è già tenuto il forum per il disarmo del Mediterraneo che ha visto coinvolti ricercatori, professori e rappresentanti politici. È il segno della comprensione che il Medio Oriente, affacciandosi sul Mediterraneo, è più parte dell’Europa che dell’Asia, è parte integrante della nostra “geografia sociale”. Le iniziative, come si vede, sono numerose e non interesseranno solo le città da cui passerà la Marcia».
- Da chi sono proposte le varie iniziative che si svolgeranno nei tre mesi di Marcia Mondiale?
«Possiamo dire che in questo momento ci si sta muovendo su tre livelli: il primo è quello istituzionale. Stiamo chiedendo direttamente ai governi di aderire alla Marcia, impegnandosi a promuovere iniziative sulla nonviolenza in tutta la nazione per il 2 ottobre, come per esempio è accaduto in Bolivia e Cile con i presidenti Evo Morales e Michelle Bachelet. In altri casi, l’istituzione può anche essere la Provincia, il Comune o organismi minori, come nel caso di Milano e del suo hinterland. Il secondo livello è quello delle ong e delle associazioni nonviolente che si stanno occupando di organizzare una parte della Marcia. Queste associazioni si occuperanno anche di raccogliere del materiale che formerà una sorta di biblioteca vivente che accompagnerà tutta la Marcia. Il terzo ed ultimo livello riguarda la popolazione e se ne occupa il Comitato Promotore. In zone dove non ci sono associazioni e il governo se ne frega - prendiamo la Cina, ad esempio - ci sono studenti universitari che via email ci hanno contattato per diventare i promotori della Marcia nei diversi Paesi. Magari questi eventi non saranno visibilissimi, ma attraverso il materiale quotidianamente raccolto dalla parte giornalistica dell’equipe base, si potranno aggirare anche i divieti dei vari paesi, dato che da questo punto di vista la rete si è già dimostrata potentissima. Si potrebbero anche aprire dei varchi in quella che oggi è la dittatura dell’informazione. Sarà la testimonianza di un cambiamento nonviolento della storia. Ci siamo accorti, con grande sorpresa, che il mondo è pieno di piccoli Gandhi, ragazzi che stanno facendo battaglie incredibili, di cui non parla nessuno, e che il passaggio della Marcia renderà finalmente note».
- Cosa rispondi a chi parla ancora di pacchetto sicurezza e di emergenza clandestini e crede di essere minacciato da civiltà diverse e non riconosce il dialogo come risoluzione delle questioni internazionali?
«Credo che ci sia della cattiva fede nel dare responsabilità a chi non ne ha. Gran parte di questi “clandestini” sono persone che sfuggono da situazioni di fame e miseria, come per esempio dalla zona del Corno d’Africa, il Darfur, il Sudan. La fuga è l’unica via d’uscita per molti. Da lì la richiesta da parte di molte persone di essere accolte come profughi e rifugiati politici, diritto che è loro garantito sia dalla Convenzione di Ginevra che dalla Carta dei diritti dell’Uomo. Dall’altra parte è notorio che, anche qui in Italia, ci sono imprese mafiose che sfruttano gli immigrati proprio come se fossero schiavi, come ha testimoniato il giornalista Gatti. Perciò noi sosteniamo che l’Italia debba per forza dare una risposta adeguata alle convenzioni internazionali ed è chiaro che tutta la propaganda “è colpa dello straniero” non risolve il problema. Esistono questioni che vanno risolte a livello regionale e quando parlo di regione intendo l’Africa, l’Europa, l’Asia, ecc. Qui abbiamo anche la fortuna di avere il primo parlamento continentale ed è uno strumento per risolvere le questioni più importanti non solo a livello nazionale. In una situazione del genere non si può dare la colpa ai disgraziati che scappano, queste logiche sono punitive e spettacolari e mostrano il pugno duro con il più debole, con il disgraziato che non sa dove rifugiarsi.. Si risolvano invece i problemi laddove si creano ed eventualmente andiamo lì a scoprire quali sono le forme di violenza che costringono le genti a fuggire».
- In sostanza, quindi, quale credi possa essere una soluzione nonviolenta alla questione immigrazione, l’ultima delle emergenze del nostro paese?
«L’Italia si deve mettere in testa prima di tutto di rispettare le convenzioni internazionali a cui ha aderito, come la Convenzione di Ginevra sottoscritta nel ’51, condizione premessa affinché l’Italia si metta alla testa della regione Europa, luogo davvero di accoglienza e solidarietà e di risposta ai problemi delle persone. Dall’altra parte andiamo a vedere con gli altri paesi come si può fare a risolvere questo problema. Non credo che chi affronta le disavventure di un profugo lo faccia per il gusto di delinquere. Credo invece che sia solo in cerca di una speranza di vita. Chi vuole delinquere ha ben altri circuiti. Allora è una scusa che rientra nelle modalità violente di questo governo l’esprimere in modo pubblicitario delle soluzioni che non hanno nulla a che vedere con le risposte concrete».
- Hai scelto di candidarti come indipendente nella Lista di Italia dei Valori per le elezioni europee oltreché mantenere il tuo ruolo di Portavoce Europeo della Marcia Mondiale. Perché hai fatto questa scelta, proprio con Italia dei Valori?
«In verità non mi aspettavo nemmeno questa chiamata. Se penso anche a tutto ciò che già è stato fatto a livello europeo, come la battaglia promossa dal Movimento Umanista contro lo scudo spaziale americano in Repubblica Ceca e la base missilistica in Polonia, che in fondo siamo riusciti a vincere grazie a molte mobilitazioni».
- Quali azioni pensi siano necessarie affinché avvenga questo cambiamento?
«Io credo che ci sarà da fare una battaglia enorme. C’è da fare davvero un cambiamento epocale. Così come gli Stati Uniti sono federazione di stati che hanno però un'unica linea sugli aspetti più importanti della politica internazionale, anche l’UE deve avere una sua visione di politica estera. Ci sono delle modificazioni strutturali da fare. E così mi è stato proposto di partecipare a questa battaglia con Idv, che mai avevo considerato in questo senso. Io ho chiesto due condizioni: da un lato di presentarmi con un mio programma (e sono i cinque punti di cui abbiamo parlato), dall’altra di consultarmi con tutta la struttura del Movimento Umanista, anche se non ci sono stati accordi strutturali tra MU e Idv».
- E nessuno ti ha mai chiesto di cedere una tra le tue due veci, cioè portavoce della MM e candidato di Idv?
«Di dimettermi da portavoce europeo del Movimento Umanista no, da portavoce della Marcia qualcuno sì. Nel momento in cui ci sarà qualcuno che sta organizzando la Marcia a livello mondiale allora cederò il mio posto, se invece la richiesta dovesse venire da un’altra associazione che magari non sta neanche organizzando la Marcia, mi domando solo cosa voglia da me o da noi francamente! In verità mi hanno chiesto esplicitamente di restare, perché non c’è alcuna implicazione politica nell’essere candidato indipendente e portatore di quei contenuti. Semmai qualche problema potrebbe averlo Idv, partito molto attento alla giustizia e meno sensibile a queste dinamiche. In realtà però si sta dimostrando più ricettiva del previsto, soprattutto sul tema del nucleare. Sul tema della pace e del disarmo non era scontato che Idv accettasse».
(a cura di Lorenzo Bagnoli e Riccardo Canetta)
La mia insistenza ha però ragioni precise, che esulano dall'amicizia personale e dalla stima verso un uomo onesto e preparato. E, se ci pensiamo, i miei interventi non sono nulla in confronto alla pletorica kermesse di gigantografie, video, tg asserviti, talk show tramutati in spot elettorali, divi e divette compiacenti, che ci circondano e ci mostrano un'unica realtà: Berlusconi, Berlusconi e ancora Berlusconi.
Un Berlusconi ancora, e convintamente, sostenuto dai poteri forti, da Confindustria alla Cei, mentre l'onnipresente Brunetta, dopo gli attacchi ai dipendenti pubblici, ai rom e ai poliziotti "panzoni", adesso scioglierebbe l'Antimafia, e chissà che prima o poi (più prima che poi) non ci riesca: "Troppo ideologica", si capisce. La giunta milanese l'aveva capito per prima, l'efficienza forzista-ciellina è d'altronde proverbiale. Affrettatevi a guardare il link, il video è già stato censurato.
La manifestazione contro i tagli della Gelmini, ieri al Provveditorato milanese, ha visto gli umanisti in prima linea.
D'altro canto, il malessere della sinistra delusa non può essere colmato dai soliti volti stanchi e riciclati, da litigiosi gruppuscoli fuori del tempo e della storia, privi peraltro di qualsivoglia programma concreto che non si riduca all'aduso slogan: non votate il Cavaliere.
Sebbene da sempre impegnato in campagne per i diritti umani e civili, Giorgio è una figura nuova per la maggioranza degli elettori. Questa volta scende direttamente nell'agone politico, con la schiettezza che lo contraddistingue. Riporto pertanto con piacere l'intervista da lui rilasciata a Orizzonte Universitario, che non a caso ha come sottotitolo Gli ideali e innerva l'agire di Giorgio in ogni campo. Buona lettura!
Una Marcia che attraversi il mondo per ricreare una coscienza nonviolenta. Un evento storico, che segni l’uscita dalla “preistoria umana”, che ha fatto della violenza lo strumento per la risoluzione delle questioni sia personali che nazionali. Una Marcia che per la prima volta ha l’ambizione di smuovere i governi dei paesi attraversati con 5 precise istanze politiche: “Il disarmo nucleare a livello mondiale, il ritiro immediato delle truppe di invasione dai territori occupati, la riduzione progressiva e proporzionale delle armi convenzionali, la firma di trattati di non aggressione tra paesi, e la rinuncia dei governi a utilizzare le guerre come metodo di risoluzione dei conflitti” (www.theworldmarch.org). Ne parliamo con Giorgio Schultze, portavoce europeo della Marcia Mondiale e candidato indipendente con Italia dei Valori alle prossime elezioni europee. Ci incontriamo a Milano, nel locale Umanista Punto d’Incontro.
- Che cos’è la Marcia Mondiale e quali sono i suoi obiettivi?
«È la prima Marcia che si organizza proprio con l’obiettivo di coinvolgere tutto il pianeta. Vogliamo coinvolgere tutte le nazioni, sia sul piano istituzionale, che su quello di associazioni e anche singoli cittadini con interventi nelle scuole o in altri ambiti della vita quotidiana. Il percorso originale, che partiva da Wellington il 2 ottobre 2009 per terminare a Punta de Vacas, nelle Ande argentine, il 2 gennaio 2010, si è andato via via intessendo fino a diventare un fiume in cui stanno convergendo una serie di iniziative. Un’équipe base di circa 100 persone farà tutto il percorso e verrà accompagnata da eventi in ogni paese attraversato. Dalle attuali 500 città già mobilitate si pensa di poter arrivare a migliaia, a patto che le iniziative nel calendario si svolgano in contemporanea, perché altrimenti tre mesi non bastano. La Marcia vuole essere un momento di sensibilizzazione su un tema fondamentale: è necessario ed urgente avviare un processo di pace con una metodologia nonviolenta. Andare a ripescare concetti propri del Corano, della Bibbia o del Talmud, come la regola aurea “tratta gli altri come vorresti essere trattato” o “chi uccide una persona uccide l’intera umanità così come chi salva una persona salva l’umanità”, concetti semplici ma rimasti sepolti sotto secoli di barbarie; serve proprio a segnare il superamento della preistoria umana. Al primo posto, come priorità assoluta, la Marcia Mondiale avrà il disarmo nucleare. Uno può dire, con tutti i problemi del mondo perché proprio il “disarmo nucleare”? Perché in questo momento siamo davvero ostaggi - non sempre consapevoli - di questa nuova corsa al riarmo, che può provocare reazioni a catena sul piano mondiale».
- In che frangente pensi si sia corso il rischio di un conflitto nucleare?
«Ad esempio, quello che è successo a Gaza. Durante l’ultimo dei virulenti scontri che si protraggono ormai da decenni, (“Operazione piombo fuso”, ne ha parlato anche Orizzonte Universitario, ndr) è comparsa per la prima volta questa dichiarazione da parte ovviamente di una minoranza del governo israeliano: “perché non utilizzare una bomba atomica su Gaza?”, che è come dire che Brescia tira una bomba su Bergamo. È un concetto che segue quella logica demenziale dell’eliminazione fisica del proprio nemico».
- In questo caso qual è la risposta nonviolenta che verrebbe proposta? Cioè, in che modo la Marcia Mondiale può suggerire una risposta ad un conflitto come quello israelo-palestinese?
«Per fortuna - e questo è uno degli aspetti più straordinari dell’evento - con la Marcia sono state messe in moto quelle associazioni pacifiste e nonviolente, per ora minoritarie, che stanno cercando di trovare una soluzione che preveda la convivenza civile tra i due popoli. Se ci si riesce in Israele-Palestina bisognerebbe riuscirci in tutto il mondo. Uno potrebbe dire che tutto questo è già stato scritto ed è già stato detto, ma non si fa per motivi economici e politici di fondo. Mai come in questi ultimi otto anni la curva di vendita di armi negli Stati Uniti e non solo è cresciuta in maniera tanto vertiginosa. L’incremento annuo è stato del 3,4% per arrivare ad un totale del 40% tra il 2001 e 2009. Anche l’Italia ha avuto un ruolo vendendo armi all’Iraq, all’Iran ai palestinesi e agli israeliani. Dietro questi fortissimi interessi lobbistici non ci sono quei valori, che non appartengono solo agli umanisti ma sono parte di un bagaglio culturale di popoli di tutto il mondo, come la convivenza pacifica e il dialogo. Quest’idea di introdurre come necessità una metodologia che imponga il dialogo, diventa indispensabile e la Marcia è un mezzo per far tornare questi problemi alla ribalta, anche mediatica. Pensiamo allo stesso concetto di “guerra di confine”. È assurdo nel XXI secolo! Pensate solo ai flussi migratori di questi ultimi anni, alla rapidità con cui stanno cambiando le società... ».
- Dalle zone di guerra dolorosamente note, siamo passati a problemi che riguardano l’Europa più da vicino. Oltre alla violenza mossa contro i migranti, quali sono le altre situazioni che richiedono una soluzione nonviolenta?
«La prima è il conflitto nei Balcani. Questa è ancora una guerra calda, che serve a mantenere irrisolta, nel cuore dell’Europa, una situazione che così si dimostra vantaggiosa solo per il traffico di armi, di droga e di persone. I focolai di guerra diventano zone di interesse mafioso-militare. La Marcia anche in questo caso vuole sollevare il problema per cercare una soluzione nuova, né violenta, né armata».
- Arriviamo all’Italia. Prima di tutto quando passerà la Marcia? Cosa è previsto dal calendario?
«Per ingresso, che ipotizziamo circa per il 5 di novembre a Trieste, quindi dal ramo della Marcia proveniente dai Balcani, si farà un passaggio in quella che è stata definita la A4, cioè Trieste, Vicenza, Brescia, Ghedi (dove si chiederà la chiusura dell’aeroporto militare che ha al suo interno 40 testate nucleari), per terminare a Novara e Cameri dove ci sono i costruendi F35 che rappresentano un altro lato inquietante della nostra economia industriale. Un altro spezzone proveniente dal Nord Europa si congiungerà a quello “balcanico” a Milano, per poi passare da Firenze e Roma. Questo era già parte del percorso originario, ma la cosa più interessante è che in zone come Bari o la Sicilia si sono sviluppati nuovi appuntamenti. Basti pensare che in Sicilia si è già tenuto il forum per il disarmo del Mediterraneo che ha visto coinvolti ricercatori, professori e rappresentanti politici. È il segno della comprensione che il Medio Oriente, affacciandosi sul Mediterraneo, è più parte dell’Europa che dell’Asia, è parte integrante della nostra “geografia sociale”. Le iniziative, come si vede, sono numerose e non interesseranno solo le città da cui passerà la Marcia».
- Da chi sono proposte le varie iniziative che si svolgeranno nei tre mesi di Marcia Mondiale?
«Possiamo dire che in questo momento ci si sta muovendo su tre livelli: il primo è quello istituzionale. Stiamo chiedendo direttamente ai governi di aderire alla Marcia, impegnandosi a promuovere iniziative sulla nonviolenza in tutta la nazione per il 2 ottobre, come per esempio è accaduto in Bolivia e Cile con i presidenti Evo Morales e Michelle Bachelet. In altri casi, l’istituzione può anche essere la Provincia, il Comune o organismi minori, come nel caso di Milano e del suo hinterland. Il secondo livello è quello delle ong e delle associazioni nonviolente che si stanno occupando di organizzare una parte della Marcia. Queste associazioni si occuperanno anche di raccogliere del materiale che formerà una sorta di biblioteca vivente che accompagnerà tutta la Marcia. Il terzo ed ultimo livello riguarda la popolazione e se ne occupa il Comitato Promotore. In zone dove non ci sono associazioni e il governo se ne frega - prendiamo la Cina, ad esempio - ci sono studenti universitari che via email ci hanno contattato per diventare i promotori della Marcia nei diversi Paesi. Magari questi eventi non saranno visibilissimi, ma attraverso il materiale quotidianamente raccolto dalla parte giornalistica dell’equipe base, si potranno aggirare anche i divieti dei vari paesi, dato che da questo punto di vista la rete si è già dimostrata potentissima. Si potrebbero anche aprire dei varchi in quella che oggi è la dittatura dell’informazione. Sarà la testimonianza di un cambiamento nonviolento della storia. Ci siamo accorti, con grande sorpresa, che il mondo è pieno di piccoli Gandhi, ragazzi che stanno facendo battaglie incredibili, di cui non parla nessuno, e che il passaggio della Marcia renderà finalmente note».
- Cosa rispondi a chi parla ancora di pacchetto sicurezza e di emergenza clandestini e crede di essere minacciato da civiltà diverse e non riconosce il dialogo come risoluzione delle questioni internazionali?
Schultze a Milano con Antonio Di Pietro, nell'aprile scorso.
«Credo che ci sia della cattiva fede nel dare responsabilità a chi non ne ha. Gran parte di questi “clandestini” sono persone che sfuggono da situazioni di fame e miseria, come per esempio dalla zona del Corno d’Africa, il Darfur, il Sudan. La fuga è l’unica via d’uscita per molti. Da lì la richiesta da parte di molte persone di essere accolte come profughi e rifugiati politici, diritto che è loro garantito sia dalla Convenzione di Ginevra che dalla Carta dei diritti dell’Uomo. Dall’altra parte è notorio che, anche qui in Italia, ci sono imprese mafiose che sfruttano gli immigrati proprio come se fossero schiavi, come ha testimoniato il giornalista Gatti. Perciò noi sosteniamo che l’Italia debba per forza dare una risposta adeguata alle convenzioni internazionali ed è chiaro che tutta la propaganda “è colpa dello straniero” non risolve il problema. Esistono questioni che vanno risolte a livello regionale e quando parlo di regione intendo l’Africa, l’Europa, l’Asia, ecc. Qui abbiamo anche la fortuna di avere il primo parlamento continentale ed è uno strumento per risolvere le questioni più importanti non solo a livello nazionale. In una situazione del genere non si può dare la colpa ai disgraziati che scappano, queste logiche sono punitive e spettacolari e mostrano il pugno duro con il più debole, con il disgraziato che non sa dove rifugiarsi.. Si risolvano invece i problemi laddove si creano ed eventualmente andiamo lì a scoprire quali sono le forme di violenza che costringono le genti a fuggire».
- In sostanza, quindi, quale credi possa essere una soluzione nonviolenta alla questione immigrazione, l’ultima delle emergenze del nostro paese?
«L’Italia si deve mettere in testa prima di tutto di rispettare le convenzioni internazionali a cui ha aderito, come la Convenzione di Ginevra sottoscritta nel ’51, condizione premessa affinché l’Italia si metta alla testa della regione Europa, luogo davvero di accoglienza e solidarietà e di risposta ai problemi delle persone. Dall’altra parte andiamo a vedere con gli altri paesi come si può fare a risolvere questo problema. Non credo che chi affronta le disavventure di un profugo lo faccia per il gusto di delinquere. Credo invece che sia solo in cerca di una speranza di vita. Chi vuole delinquere ha ben altri circuiti. Allora è una scusa che rientra nelle modalità violente di questo governo l’esprimere in modo pubblicitario delle soluzioni che non hanno nulla a che vedere con le risposte concrete».
- Hai scelto di candidarti come indipendente nella Lista di Italia dei Valori per le elezioni europee oltreché mantenere il tuo ruolo di Portavoce Europeo della Marcia Mondiale. Perché hai fatto questa scelta, proprio con Italia dei Valori?
«In verità non mi aspettavo nemmeno questa chiamata. Se penso anche a tutto ciò che già è stato fatto a livello europeo, come la battaglia promossa dal Movimento Umanista contro lo scudo spaziale americano in Repubblica Ceca e la base missilistica in Polonia, che in fondo siamo riusciti a vincere grazie a molte mobilitazioni».
- Quali azioni pensi siano necessarie affinché avvenga questo cambiamento?
«Io credo che ci sarà da fare una battaglia enorme. C’è da fare davvero un cambiamento epocale. Così come gli Stati Uniti sono federazione di stati che hanno però un'unica linea sugli aspetti più importanti della politica internazionale, anche l’UE deve avere una sua visione di politica estera. Ci sono delle modificazioni strutturali da fare. E così mi è stato proposto di partecipare a questa battaglia con Idv, che mai avevo considerato in questo senso. Io ho chiesto due condizioni: da un lato di presentarmi con un mio programma (e sono i cinque punti di cui abbiamo parlato), dall’altra di consultarmi con tutta la struttura del Movimento Umanista, anche se non ci sono stati accordi strutturali tra MU e Idv».
- E nessuno ti ha mai chiesto di cedere una tra le tue due veci, cioè portavoce della MM e candidato di Idv?
«Di dimettermi da portavoce europeo del Movimento Umanista no, da portavoce della Marcia qualcuno sì. Nel momento in cui ci sarà qualcuno che sta organizzando la Marcia a livello mondiale allora cederò il mio posto, se invece la richiesta dovesse venire da un’altra associazione che magari non sta neanche organizzando la Marcia, mi domando solo cosa voglia da me o da noi francamente! In verità mi hanno chiesto esplicitamente di restare, perché non c’è alcuna implicazione politica nell’essere candidato indipendente e portatore di quei contenuti. Semmai qualche problema potrebbe averlo Idv, partito molto attento alla giustizia e meno sensibile a queste dinamiche. In realtà però si sta dimostrando più ricettiva del previsto, soprattutto sul tema del nucleare. Sul tema della pace e del disarmo non era scontato che Idv accettasse».
(a cura di Lorenzo Bagnoli e Riccardo Canetta)
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