18.11.05

Senza titolo 986


Sparla Mirella Serri. Il suo ultimo, acclamatissimo libro, I Redenti. Gli intellettuali che vissero due volte. 1938-1948 (Corbaccio), lascia perplessi a cominciare dal titolo. Chi sarebbero i “redenti”?


Quegli intellettuali che, dopo la promulgazione delle leggi razziali, continuarono a partecipare alla vita culturale del fascismo per poi passare all’antifascismo militante se non al comunismo ortodosso e intransigente dopo la caduta del regime. Alicata, Muscetta,Benedetti, Betocchi, Bilenchi, Bonsanti, Brancati, Contini, Gadda, Ferrata, Luzi, Montale, Pavese, Pratolini, Quasimodo, Sereni, Vigorelli, ma anche Binni, Russo, Briganti, solo per citare alcuni dei più noti, nel 1939 aderirono con entusiasmo all’invito di Bottai a partecipare alla rivista Primato condividendone, de facto, l’indirizzo
politico, lo spirito certo non di fronda e la campagna a favore delle leggi razziali.


Poi, caduto il fascismo, quegli stessi intellettuali diventarono campioni dell’antifascismo, giustificando il loro passato come una penetrazione da quinta colonna all’interno di una delle riviste più importanti del regime onde far passare, attraverso le sue pagine, messaggi antifascisti.


Peccato che, come scrive la Mangoni e ripete la Serri, le "allusioni antifasciste" fossero decrittabili solo da altri intellettuali e non dal lettore comune. Peccato anche che di queste allusioni non ci sia traccia inequivocabile negli articoli apparsi sulla rivista, a meno di compiere un’operazione di sovrainterpretazione a posteriori sotto la categoria del dogma antifascista per cui chi scriveva nero in realtà, secondo un codice noto solo a lui, voleva dir bianco e via adulterando.


Muscetta la chiamò la dissimulazione onesta, ovvero fingere di aderire a quel che non si condivide per ottenere un fine contrario a quello apparentemente divulgato. La Serri nell’introduzione dichiara di aver scelto la definizione di “redenti” piuttosto che quella di “dissimulatori” perché in realtà essi "con la propria autorità e i propri scritti, finirono per consolidare le ragioni del regime".


E allora, cara Serri, perché chiamarli redenti, termine che indica una doppia vita fra un prima di abiezione e un dopo di redenzione, se si accoglie l’ipotesi che comunque quegli intellettuali erano antifascisti anche quando si comportavano da fascisti e dunque non avevano niente da cui redimersi? Con buona pace di Muscetta & c. andrebbero semplicemente chiamati voltagabbana, o almeno opportunisti…


Simonetta Bartolini

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