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Visualizzazione dei post con l'etichetta © Daniela Tuscano

OGGI FORSE SÌ

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«Tanti auguri ai fabbricanti di regali pagani! Tanti auguri ai carismatici industriali che producono strenne tutte uguali! Tanti auguri a chi morirà di rabbia negli ingorghi del traffico e magari cristianamente insulterà o accoltellerà chi abbia osato sorpassarlo o abbia osato dare una botta sul didietro della sua santa Seicento!» . E via così, d'invettiva in invettiva, di rabbia in rabbia, perché il cristianesimo di Pasolini non poteva che schiumare, maledire e imprecare. Logorroico, o stanco, o annoiato e deluso. Questo era il suo panteismo, come lo definiva (sbagliando) qualche suo illustre collega, dato che cattolico no, era attributo da non dover utilizzare per chiunque avesse nomea d'intellettuale. E, del resto, non si professava ateo, Pier Paolo? Sì, e proprio in virtù di questo radicale ateismo, che nel suo temperamento e nella sua fase storica assumeva i tratti d'un vitalissimo umanesimo, gli era lecito fustigare senza pietà, con un empito degno di Savona

COSSUTTA © Daniela Tuscano

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Aveva quindici anni nel 1949. E naturalmente era comunista e confuso. Confuso perché comunista. Andava fiero dei suoi stracci da quando aveva sentito il comizio d'un tale laggiù a Turro, periferia nord: anche Cristo era dei "nostri" perché portava la tunica rossa. E poi come ci chiamano, a noi? Poveri cristi! E quindi: noi siamo più vicini a Cristo dei preti. Convinto. Superbo. Per la verità lui barava un po', i preti li frequentava anche. No, frequentava l'oratorio di via Pimentel perché solo lì trovava il campo da calcio. Don Domenico non sopportava più quell'opportunismo e un giorno lo spedì a calci in chiesa, ma non riuscì a recuperare la pecorella smarrita. L'oratorio per il calcio e la sezione del partito per la politica. Ma anche per la sala da ballo. Lì c'erano le ragazze. Comunista perché confuso, il quindicenne aveva un amico democristiano. Che un giorno gli disse: dai che ti faccio conoscere mio zio. - E chi è tuo zio?

ALICE NON LO SA - Ma è tutta colpa sua ?

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L’improvvida uscita di Alice Sabatini, neo-Miss Italia (?) 2015, ha provocato una sequela di commenti ironici e sdegnati. Reazioni giuste e opportune. Alice non è innocente: stava a lei, e solo a lei, studiare e/o informarsi riguardo a eventi storici d’importanza fondamentale. Ciò premesso, una domanda sorge spontanea: ma quanti docenti insegnano ai loro alunni l’importanza del ruolo delle donne nella Resistenza? Quanti conoscono, e diffondono, i nomi di queste eroine? In genere, la “Storia” che conta non è presentata, sia dagli insegnanti sia dai libri di testo, come “affare da uomini”? Non lo diamo per scontato? Come stupirsi, quindi, che una ragazza (o un ragazzo) dall’intelligenza media, o magari non molto brillante, non avverta questo vuoto nel programma scolastico e reputi ovvia e normale l’”insignificanza” delle donne nelle vicende storiche, culturali, artistiche d’un Paese? Se l’apporto femminile alla cultura, i diritti delle donne, sono ritenuti argomenti inu

MORTE D’UN CAMMINATORE

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Issato fra le braccia possenti d’una guardia costiera, fra Turchia e Grecia, sembra un povero fantolino spenzolato. Un pupo che ha perduto il suo Mangiafuoco, e giace immemori in soffitta. Riverso sulla battigia, il corpo del piccolo profugo siriano ha una sua raggelata compostezza. La gravità della testa, sferica come la Terra, lambita dallo stesso mare che poco prima l’ha inghiottito, ne rammenta la dignità di persona. Nella foto vediamo le scarpe. Così umane e inutili. Così poveracce, anteguerra. Simboli del camminatore, di chi non rimane inerte, di chi esplora e fugge: l’uomo. Quelle gambe hanno marciato fin troppo, le hanno trascinate, hanno visto il secco del deserto e il gelo dell’acqua, sole e placenta, elementi vitali, che invece l’hanno ucciso. È morto così il piccolo camminatore, finendo in un porto sepolto, in un respiro che non è giunto. Non so perché non lo pubblico. Forse perché voglio conservare una pietà un po’ mia, perché quello è stato anche un mio figlio, e non

LA FURBONA DEL QUARTIERONE

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Quando non capisco divento nervosa. Come tanti. A me, per la verità, accade d'innervosirmi pure quando capisco (o mi sembra di capire, non voglio essere immodesta). Mi considero una persona semplice, banale. E banalmente constato che certo, adesso non si può che condividere l'orrore di Angela Merkel per tragedie inenarrabili come quella, recente, austriaca (persino le bo rghesissime bagnanti della mia spiaggia parlavano con toni accorati di "trattamento nazista"!); quando esorta ad aiutare i profughi, condanna muri e fili spinati e rammenta che l'"Europa è ricca", opportunità si possono e si devono creare per tutti. Banalmente non si può esimersi dal sostenerla nella sua lotta al dilagante populismo xenofobo e razzista, pericoloso in ogni paese, ma in Germania e dintorni un po' di più. Però - ed è qui che mi salta la mosca al naso - non posso nemmeno schivare un'altra domanda, anch'essa banale: finora tutta questa compassion

LEGGERA - Ricordo d'un'estate in Costa Azzurra di © Daniela Tuscano

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Quanto abbiamo attraversato? Il bello è che l'abbiamo fatto assieme: sempre. Sempre sull'onda, alla scoperta dell'umano, della ricchezza della natura, capace di sorprendere ogni volta, mai eguale a sé stessa. Abbiamo percorso secoli e luci, opere umane, spianate mediterranee, circondate da occhi e simboli, non più arcani, ma chiari e silenti; sistri d'argento non più decifrati, ma solo ascoltati. Tutto era nostro ma non possedevamo niente: ci s'immergeva. Uccelli, in particolare, con occhi di topazio, t'accolgono se ne accetti l'esistenza; e non si pongono domande. Dee e guide cristiane (dappertutto spuntano Terese d'Avila e di Lisieux). Le ville, trionfi dell'ingegno umano, sono musica. Percorsi iniziatici. Vi si affastella tutto, ceramiche boiserie panorami catturati, però poi è il giardino, questa Commedia vegetale, a introdurti fuori di te.   Passi per la porta stretta di bossi, ed è solo l'inizio. Il Paradiso terrestre, l'innocenza

Bestemmia ( Alì e Shira sono stati barbaramente uccisi ) © Daniela Tuscano

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Lui 18 mesi, lei 16 anni. La vita li aveva destinati a due fronti opposti sul medesimo lembo di terra, chiamatela Israele, Palestina o entrambi. Io ho sempre amato poco le rigide distinzioni, in questo momento poi non le sopporto. Alì era un bimbo dolce e bellissimo, palestinese di Nablus. Dal volto altrettanto bello dell’israeliana Shira l’infanzia stava dileguando, ma ancora resisteva, rosea e paciosa, soprattutto raggiante. Di quella completezza donata solo ai giovanissimi.   Chi l’ha assassinata invidiava quella felicità, ripete adesso la mamma. Se Alì fosse o no felice, lo ignoriamo. Lo ignorava pure lui, alla sua età l’interrogativo non si pone. Semplicemente si vive, la felicità è una cosa, le braccia materne, l’esitante austerità del padre, gli scintillii della piccola casa. I bambini piccoli non vedono bene, toccano, respirano. Sono “animali graziosi e benigni”. E per questo, a volte, il loro sguardo si vena d’una gravità inaspettata, misterica. Quasi percepisser

NOTTI E NEBBIE

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Quando, giorni fa, li ho visti lungo la spiaggia di Sirte, sapevo che erano dei "dead men walking", morti che camminano. Ma la notizia dei loro corpi sgozzati mi ha ugualmente sconvolta. Forse perché nessuna più di quella, più delle tante, feroci immagini che pur accompagnano il nostro quotidiano, rappresenta plasticamente l'icona dell'orrore. Uomini rassegnati e inermi, immobilizzati, racchiusi nella divisa (occidentale) dei prigionieri, scortati da torri senza volto, nere, meccaniche. Più di queste ultime parevano vivi i loro brandi, sanguinolenti come lupi affamati. Un atroce mix del peggior Medioevo e la più cruda, impersonale tecnologia. E questa è la violenza: cieca e morta. Protagoniste le armi, non gli individui che le impugnano, ormai usciti dal consesso umano.       Le vittime erano dei cristiani, uccisi perché cristiani. E questo, finora, non ha smosso alcun cuore: non certo quello delle cancellerie occidentali, che pulsa solo per tornaconto econ

SI', CAPO

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Era la solita aurora scialbetta, nell'XI arrondissement. Un momento che, tutto sommato, ad Ahmed non dispiaceva. Certo, il biancore del cielo poteva metter tristezza. Ma gli bastava bollire il caffè in cucina per sentirsi famiglia. Minuti lenti, claustrali, riempiti dal suo esistere. A quarantadue anni non aveva ancora moglie e gli amici non mancavano di ricordarglielo: cos'era la vita senza una sposa né una discendenza? Non era forse il matrimonio, lo scopo del nostro passaggio sulla terra? A queste osservazioni Ahmed rispondeva con un sorriso ampio, tenero e definitivo. E nessuno osava insistere. Dopo tutto, Ahmed era un poliziotto. In realtà, una ragazza aspettava in qualche luogo, senza parlare. E si dileguava nelle nebbie, dopo il saluto. Un velo d'amica. Anche Dio era solo, anzi, unico e indivisibile. Eppure presente ovunque, per tutti. Ogni mattina Ahmed faceva la sua ricognizione nei quartieri, dove trovava altri come lui. Francesi di seconda generaz

PINO DANIELE NON C'È PIÙ

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"All'intrasatta", direbbe Totò. Pino non te l'aspetti, ti stordisce. Pino era l'adolescenza ribelle, quando davvero il Sud somigliava all'Africa laica, che si liberava dall'oppressione coloniale. Le canzoni di Pino Daniele fiammeggiavano come un tramonto violento. Contenevano rabbia, passione, mestizia. Ed erano, soprattutto, numerose. "Terra mia", "Napule è". " Chillo è nu buono guaglione" (un femminiello, cioè), "Che calore", "Je so' pazzo", "Oi né"... pur se io resto legata in particolare a "Nero a metà" dove mi piace praticamente tutto. "Voglio di più" e "Alleria" varrebbero l'acquisto dell'album, un album già del successo, eppure ancor scabro, masaniellesco, scuro come un dipinto barocco. Greco anche, il tipo fisico in cui Daniele giustamente si rispecchiava. Pino cantava quasi sempre in un napoletano smozzicato, lallazione di bimb

ALLA FINE DI © Daniela Tuscano,

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Imprimeteli nelle vostre menti. Raffigurateli nelle vostre chiese. Fra i vostri Cristi scarnificati. Fra quelle croci di cui vi vergognate. Fissateli, e ripetete dentro di voi ch'era tutto vero. Le altre domande - com'è potuto accadere, i motivi della colpevole inerzia, l'indifferenza mondiale, gl'interessi geopolitici - arriveranno dopo. Adesso è il momento della contemplazione. Della preghiera. In questa giornata, in cui ricorderete i cristiani iracheni perseguitati, pensate solo che è andata proprio così. Che l'Esodo esiste, la croce è reale, materica. Ed è quella la rivoluzione. Sì: la sete di giustizia, di libertà, d'uguaglianza passa attraverso il dolore di lei, la croce. Irraggia da quei volti giovani e antichi che non hanno lanciato nemmeno una maledizione ai loro aguzzini. È questo sacrificio innocente - insensato - a inchiodarci alle nostre irresponsabilità e a farci gridare basta. Dalla disumanizzazione estrema emerge l'anima immortale. I nos

mamma le turche di © Daniela Tuscano [ vietato alle donne ridere in turchia ]

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