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15.9.22

la polizia dello stato italiano dovrebbe garantire la tranquillità il caso Hasib Omerovic di primavalle


 Ceri fatti     sono  impossibili   da commentare   a   freddo e quindi  si commentano a  caldo    . Soprattutto    quango essi sono legati a certe immagini . Davanti a tali fatti  , ovvero l'ennesimo abuso perpetrato ,  ovviamente    senza  generalizzare  perchè all'interno delle  amate  \  odiate     forze  dell'ordine   ci  sono  oltre  i prepotenti   ,  frustrati  , arroganti  , sadici  , ecc   anche     se  nascosti  e  nell'ombra  dell'ubbidir  tacendo 

delle   brave ed  rispettabilissime  persone , da  coloro  che  dovrebbero  tutelarci  e garantire la legalità  .   Come  Giustamente    fa  notare  il gruppo  

Ma che solerzia le FDO! Se le donne vanno in caserma a denunciare - anche più volte - finiscono comunque [ per essere sminuite derise , insultate , le i documenti che portano diffusi in rete o scambiate sui cellulari fra gli stessi che dovrebbero raccogliere la denuncia e tutelarti ] e i disagi aumentano morte ammazzate, però basta un post su un gruppo Facebook di quartiere (forse
“Sei di Primavalle se…” gruppo privato con circa 2400 iscrizioni) per far scattare un controllo preventivo.
Viene il dubbio che la chiacchiera di quartiere che coinvolge una persona ROM, quindi percepita come straniera, venga presa più seriamente di quanto accada appunto alle donne che si presentano in Commissariato magari anche col referto di Pronto Soccorso, così come le denunce per aggressioni a sfondo omofobico non vengono registrate come tali, andando a incidere sul procedimento ma anche sui dati OSCAD. (...)  

Fa comunque acqua da tutte le parti questa versione riportata dalla maggioranza dei quotidiani, tanto da sembrare suggerita dalla Procura. Infatti la stessa procura conferma di non aver dato mandato quindi sarebbe iniziativa del tutto personale dei poliziotti, che più che altro sembrano andati in missione punitiva. Infatti non si capisce perché la Procura non abbia dato regolare mandato se ritiene regolare andare a fare un controllo preventivo, quand’anche in presenza solamente di un post su un gruppo Facebook ( mi pare sei di primavalle se..... ) poi stranamente rimosso, non --- a quanto riporta https://amp.today.it/cronaca/hasib-omerovic-roma-primavalle.html --- dopo la caduta del giovane a luglio, ma solo a fine agosto, quando erano in corso le indagini sul drammatico volo dalla finestra. Qualcuno avvisò dell'inchiesta in corso la donna che aveva scritto il post? Chi?

29.9.17

il potere puo' insultare noi o farci penare e fregarcene se invece lo fa un cittadino viene denunciato I carabinieri hanno segnalato una 42enne ed una 66enne berresi. Il reato è vilipendio alle istituzioni: le frasi sulla pagina “Sei di Berra se...”

  
cazz boh . in italia si viene puniti se dici il vero . Come  è successo a queste  due  donne  di Ferrara dhttp://lanuovaferrara.gelocal.it/ferrara/cronaca/2017/09/29/

Insulti su Facebook, denunciate due donne

I carabinieri hanno segnalato una 42enne ed una 66enne berresi. Il reato è vilipendio alle istituzioni: le frasi sulla pagina “Sei di Berra se...”




BERRA. Il primo post di una 42enne di Berra nella pagina “Sei di Berra se...” recitava testualmente così: «Volete sapere l’ultima dai dirimpettai di via...?! Oggi pomeriggio avevano quella che sembrava una carabina (immagino caricata a salve perché faceva solo uno scoppio ma nulla più) e hanno mirato a mia nonna urlandole “Mani in alto o ti uccido, sono un killer” e cose simili... Se fosse solo un gioco non lo so, ma la prossima volta li filmo col cellulare e scatta la denuncia, che sarà ovviamente inascoltata visto che le autorità del nostro paese non fanno nulla...». Il commento di una compaesana 66enne è stato: «Hai pienamente ragione ma purtroppo le autorità se ne fregano di tutto sono abituati a prendere lo stipendio senza meritarlo, se dovessero essere pagati per il merito farebbero la fame se non cambia il sistema non ci resta che rassegnarci».

Tutto questo è accaduto sabato nella pagina Facebook che conta oltre 700 membri. Ovvio che tali commenti non siano passati inosservati, neppure alle forze dell’ordine locali, che mercoledì (27 settembre) hanno denunciato le due donne in stato di libertà per il reato “oltraggio a un corpo politico amministrativo o giudiziario e vilipendio alle istituzioni”.

Ogni giorno siamo sempre più abituati a leggere sui social commenti pesanti (e spesso fuori luogo) se non addirittura offese. Tutto questo nonostante sia noto come tali commenti siano puniti dalla legge con ammende o, come in questo caso, con denunce. In questa situazione, la cosa curiosa è che dal riferimento del primo post della 42enne poi siano arrivati diversi commenti andati fuori tema, fra questi la dura frase contro le istituzioni della 66enne berrese. I carabinieri della stazione locale hanno prima di tutto raccolto la segnalazione del presunto uso di un’arma, risolvendo la situazione. Poi sono passati alla denuncia delle due donne per i reati di oltraggio e vilipendio.

Insomma, se è vero che ci sono studi legali che vivono grazie alle denunce per frasi sui social, è altrettanto vero che questa denuncia dei carabinieri di Berra creano un importante precedente. E un monito ad usare la tastiera o il telefonino con più cautela. (d.b.)

22.7.15

Lena, massacrata la notte della Diaz [ genova 21\22 luglio 2001 ] , aspetta ancora il risarcimento

 a mente fredda    si  può parlare  di Genova  2001  a  voi  ogni commento

colonna  sonora




  da  http://genova.repubblica.it/cronaca/ 22 luglio 2015

Lena, massacrata la notte della Diaz, aspetta ancora il risarcimento

Il rimpallo del caso tra Prefettura e Ministero dell'Interno. Ebbe un polmone perforato dalle botte e una commozione cerebrale. I poliziotti la trascinarono dalle scale per i capelli e poi le sputarono addosso a turno di MARCO PREVE



Ancora in attesa di risarcimento una ragazza tedesca massacrata di botte alla Diaz Lena Zuhlke aveva 24 anni quando venne massacrata di botte, umiliata, trascinata per i capelli come una preda di guerra e umiliata nella scuola Diaz dai torturatori della polizia italiana che, assieme ai loro capi, falsificarono anche le prove per poterla accusare ingiustamente. I picchiatori continuano, 14 anni dopo la notte della "macelleria messicana" del 21 luglio 2001, a restare ignoti, e a tanti anni di distanza lo Stato italiano continua a negare a Lena un risarcimento. Da dieci mesi poi si trascina tra la prefettura di Genova e il ministero dell'Interno un balletto assai poco edificante che non fa altro che allargare sulle istituzioni quella macchia del disonore contenuta nella sentenza della Corte Europea dei Diritti Umani che ha condannato i nostro paese per l'assenza di una legge sulla tortura e per la mancanza di misure e regole atte ad isolare e punire chi è anche solo sospettato di tali azioni.
Lena Zuhlke uscì dalla scuola Diaz con alcune costole rotte, una commozione cerebrale, numerose ferite, un pneumotorace e uno choc che non è ancora guarito. In sede penale gli è stato riconosciuto un danno biologico del 30%. Dopo una serie di colloqui e scambi di documenti, nei primi mesi del 2014 il Ministero dell'Interno formalizzò all'avvocato genovese di Lena, Filippo Guiglia, l'intenzione di voler risarcire la sua assistita. Il legale prese contatto con la Prefettura di Genova incaricata di definire il risarcimento. Nell'ottobre del 2014 Guiglia incontrò il viceprefetto Paolo D'Attilio che confermò di voler chiudere la pratica. Ma da allora, nonostante ripetute telefonate, mail solleciti via lettera il viceprefetto non ha mai più risposto all'avvocato. «Capisco l'amarezza dell'avvocato – ha spiegato ieri a Repubblica il viceprefetto – ma è una vicenda che non semplice da definire circa il "quantum" e hanno voce in capitolo sia il Ministero che l'avvocatura. Inoltre in questi mesi abbiamo avuto molte altre emergenze. Comunque contatterò al più presto l'avvocato della signorina Zuhlke». E in effetti ieri il dialogo è ripreso. Gli avvocati chiedono per Zuhlke due milioni di euro, cifra calcolata in base ai parametri adottati per i primi risarcimenti riconosciuti ad altre vittime del G8 (che subirono conseguenze assai meno gravi), ai danni subiti, allo stress post traumatico che gli è stato riconosciuto, e ai danni morali provocati dalle calunnie con le false accuse di essere una black bloc. Oggi Lena lavora in una società che si occupa di ecologia. Questo è il resoconto della notte della Diaz che fece ai giudici che la interrogarono. «I colpi mi raggiunsero sulla testa e sulle spalle. Sotto questi colpi sono caduta per terra.... sono stata presa a calci sulla schiena e nel petto. In questa occasione penso di aver sentito proprio come mi si rompevano alcune costole. Sentivo un dolore indescrivibile. Dopo sono stata presa per i capelli e per i vestiti e tirata su in piedi. Poi qualcuno mi ha dato un calcio in mezzo alle gambe, di seguito sono stata sbattuta contro il muro... quando stavo a terra continuavano a picchiarmi con bastoni e mi presero a calci sia sul petto che nella pancia... Sono poi stata afferrata per i capelli ... e quindi trascinata giù per le scale... mi picchiavano sulle mani ogni volta che le mettevo in avanti per attenuare gli urti... con i loro stivali, mi davano dei calci sulla nuca... Al primo pianerottolo restai per terra... un poliziotto mi ha poi preso per i capelli e continuava a trascinarmi giù per le scale...numerosi poliziotti passando, mi sputò in faccia, alcuni si fermavano addirittura per poterlo fare».

28.3.14

la burocratia colpisce ancora un debole Respinta la delega del figlio: in ambulanza per ritirare la pensione Villacidro, 88enne in barella allo sportello delle Poste


L'unico commento che mi sento di fare a questa assurda storia è anche questo dubbio : se la delega viene ritenuta non valida (anche se credo che non lo sia) perchè non viene abolita ?


la nuova sardegna 28\3\2014


VILLACIDRO. 
Vecchietta di 88 anni costretta ad andare all’ufficio postale in ambulanza per ritirare la pensione.E’ accaduto questa mattina a Villacidro dove, secondo quanto dichiarato da un figlio della pensionata, Raffaele Mocci, in possesso di regolare delega alla firma e al ritiro delle spettanze pensionistiche, il direttore delle Poste avrebbe preteso che ad apporre la firma al modulo di accettazione delle norme antiriciclaggio in vigore dal 1° marzo 2014 ,
L'ambulanza che ha trasportato alle Poste
la pensionata di 88 anni (foto Deidda/Rosas)
fosse personalmente la titolare della pensione. La quale si trova da sei mesi costretta a stare a letto per le conseguenze di una grave frattura ossea.
Il direttore dell’ufficio postale non ha voluto rilasciare dichiarazioni in merito e ha invitato chi voleva conoscere le motivazioni a rivolgersi alla direzione regionale di Poste Italiane. “Non capisco perché questa presa di posizione – ha detto il figlio della pensionata -, sono in possesso di regolare delega al ritiro delle pensione e di documentazione medica come mia madre non si può muovere dal letto. Perché costringerci a ricorre a un’ambulanza e creare tanti problemi a mia madre per una firma, che oltre tutto io sono delegato ad apporre ? Mi risulta che in altre circostanze il comportamento del direttore dell’ufficio postale non sia stato così intransigente”.
La spiegazione dell’accaduto, se vorrà farlo,è nelle mani della direzione generale della Sardegna di Poste Italiane. (l.on)

29.3.13

Figlio


Basterebbe questo. Il figlio non è parola: se non fatta carne. Lo è anche, forse principalmente, nell'assenza rapita, quando il Male lo strappa via, brutalmente e bruttamente, in una notte senza luna. E ieri abbiamo assistito alla nuova crocifissione d'un crocifisso. Lo strazio che si rinnova. Non si chiamava più Cristo ma Federico Aldrovandi e come il primo era giovane e nudo e bello e sbagliato. Non doveva trovarsi li', quella notte. Non doveva essere massacrato di botte da chi avrebbe avuto il compito di tutelarlo. I detentori della Legge. I centurioni dei giorni nostri. Il potere saturnale, che divora chi dovrebbe proteggere.
L'ultimo sberleffo, l'ultimo ghigno è il gelo. Quella rivendicazione canina del l'ingiustizia. Quell'arroganza peggiore del sadismo. Non si sono fermati davanti a nulla. Come i soldati che sotto la croce si disputavano la tunica di Cristo, i colleghi degli assassini di Federico hanno solidarizzato con questi ultimi e, di fronte alla muta disperazione della madre uscita in piazza con l'immagine del figlio trucidato, non si sono limitati a voltare le spalle. Uno di loro, l'artefice del "presidio", ha alzato il dito accusatore. L'immagine? Artifizio da fotoshop. E quella donna in piazza in orario lavorativo? Semmai da punire: il suo compito era stare dietro una scrivania. I politici? Ipocriti. Si', ipocriti. E come stride sulla bocca dell'ipocrisia quello stesso vocabolo attribuito ad altri.
La coscienza appiattita, ottusa. Il rovesciamento d'ogni logica umana. Per la seconda crocifissione non si può nemmeno più invocare l'attenuante dell'ignoranza. Essi sapevano bene quel che facevano. O forse non lo sapevano più, e questo è il peccato peggiore che si possa compiere.
Dieci anni fa crocifissero il corpo, oggi ne crocifiggono la memoria. In entrambi i casi c'era una madre sola con quel figlio solo. Adesso però non è più sola. Non siete più soli. Anche se il vostro Calvario non è ancora terminato.

20.9.12

la burocrazia che umilia il cittadino [ E' guarita da un tumore, il giudice: "paghi la cura Di Bella alla Asl"oppure «Io, disabile e umiliato. Uno spreco targato Trenitalia» ]

la  prima news  viene  da  nocensura del  mercoledì 19 settembre 2012  di Valerio Baroncini
Barbara Bartorelli, l'imprenditrice guarita e condannata a pagare
Barbara Bartorelli (  foto  a   sinistra  ) ha sconfitto un tumore e ora è stata condannata in appello a rimborsare la sanità pubblica.
SETTE anni dopo, la giustizia ha il sapore di una tortura. E della beffa.Barbara Bartorelli, una piccola imprenditrice di 40 anni di Castel San Pietro Terme, è guarita da un tumore grazie alla terapia Di Bella, ma i giudici la costringono a pagare le cure all’Ausl di Bologna.
MOTIVO: una sperimentazione ministeriale «stabilì che quella terapia era inefficace» e che «nel 1998 non venne testato il suo linfoma, ma un altro, il non Hodgkin». Eppure la Bartorelli, piccola imprenditrice, è completamente guarita dal linfoma di Hodgkin, quindi la terapia funzionò eccome. Quasi non crede alla sentenza del tribunale d’appello che, a sorpresa, ha ribaltato quanto deciso nel 2006 dai giudici di primo grado. «La gioia per essere guarita è devastata dall’amarezza per il nostro sistema burocratico e giudiziario. Mi sono ammalata nel 2003 e mi sottoposi a quattro cicli di chemioterapia — racconta la donna —. Fu tutto inutile, e non volevo rischiare con un trapianto. Così optai per la cura Di Bella».
Lì la rivoluzione: in pochi mesi Barbara inizia a stare meglio e, nel giro di poco tempo, il linfoma di Hodgkin è solo un lontano ricordo. Per pagarsi le cure deve andare da amici e parenti, c’è anche chi organizza tornei di beneficenza: un carico troppo gravoso, tanto che, grazie agli avvocati Lorenzo Tomassini e Luca Labanti, fa causa all’Ausl. Nel 2004 ottiene un decreto d’urgenza e nel 2006 la conferma nel merito: l’Ausl deve pagare, anche perché Barbara, all’epoca, non aveva il reddito per sostenere quelle spese. Ci sono anche le perizie di un gruppo di oncologici a rinsaldare la decisione dei giudici, ma l’Ausl impugna la sentenza e, pochi giorni fa, ottiene il ribaltone in Appello. Comportamento, a dir la verità, tenuto da quasi tutte le Ausl.
Ma Barbara Bartorelli non si fermerà e, oltre a un sicuro ricorso in Cassazione, si rivolgerà alla Corte europea dei diritti dell’uomo: «E’ ingiusto questo sistema che ti obbliga a pagare se guarisci: ho la colpa di essere guarita? Non è uno Stato quello che ti impedisce di curarti», s’interroga. Paradosso: e se Barbara non si fosse curata con la terapia Di Bella? «Non so dove sarei ora», dice lei. «Tra l’altro l’Ausl avrebbe pagato molto di più per le cure tradizionali», è indignata. «Ma non sono i giorni della spending review?».

fonte: www.ilrestodelcarlino.it/bologna

la  seconda   viene  dal  nuovo  quotidiano di Luca  Telese  pubblicogiornale«Io, disabile e umiliato. Uno spreco targato Trenitalia»
Riceviamo e pubblichiamo questa lettera-denuncia, la storia di Francesco Canale che si sente «umiliato» da uno «spreco» che porta l’etichetta Trenitalia.
—————————-
Mi chiamo Francesco Canale, e sono un artista “diversamente abile””(www.animablu.eu). Quella che desidero raccontarvi è l’ennesima, la più grave, disavventura capitatami con Trenitalia (viaggio spesso per lavoro, abitualmente con il treno). Quanto mi è accaduto pochi giorni fa, oltre che essere un fatto lesivo della mia dignità di persona e di cittadino, è sopratutto l’emblema dell’ennesimo “spreco all’italiana”. Ma andiamo con ordine.Martedì 4 settembre mi trovavo nella stazione di Piacenza (premetto che, attualmente, vivo a Lecce). Attendevo la coincidenza con il treno 9826 delle ore 19.41, che da Piacenza mi avrebbe portato ad Alessandria. Circa mezz’ora prima della partenza vengo a conoscenza del fatto che il treno in questione portava circa 150 minuti di ritardo, causa occupazione dei binari da parte di alcuni operai.Il ritardo è destinato ad aumentare con il passare delle ore (infatti, alla fine della sua corsa, il treno ha accumulato oltre 180 minuti di ritardo)… Inizio seriamente a preoccuparmi.Così cerco informazioni. Per circa un’ora continuo a chiamare ininterrottamente la Sala Blu di Bologna (le Sale Blu sono gli uffici che coordinano il trasporto dei disabili sui treni. La stazione di Piacenza è sotto la “giurisdizione” della Sala Blu di Bologna), senza avere alcuna risposta. A quel punto avviso anche altre Sale Blu.Il silenzio più totale. Alle ore 20.00 circa arriva sul primo binario il treno 20378, un regionale che 50 minuti dopo dovrebbe partire proprio alla volta di Alessandria. Avvicinandomi ai convogli mi accorgo che il treno era perfettamente attrezzato per disabili, con tanto di “simbolino” gigantesco e aggancio per carrozzine (ho scattato foto per testimoniare quanto affermo).I signori addetti a portarmi sul treno, appartenenti ad una cooperativa locale, affermano che su quel treno non mi caricherebbero MAI caricato senza l’autorizzazione di Sala Blu Bologna (scherzando anche sul fatto che, senza autorizzazione, rischiano di finire in galera il giorno successivo). Inizio ad innervosirmi: ho davanti a me un treno perfettamente attrezzato, che andava proprio nella direzione giusta, e rischiavo di perderlo senza alcun motivo !? Il macchinista e il capotreno (due splendide persone, che Dio li benedica!), fin da subito, mi rassicurano sul fatto che io avrei preso quel treno… A tutti i costi, e con tutti i mezzi. I signori della cooperativa, nonostante il parere favorevole del capotreno continuano a rifiutarsi Sala Blu Torino (sotto la cui giurisdizione dipende la stazione di Alessandria), dopo aver parlato con il capotreno, dà senza problemi il suo assenso a svolgere l’operazione. Sala Blu Bologna, no. Continua a negare fino all’ultimo. Partiamo, senza avere avuto l’autorizzazione di Sala Blu Bologna. Si, perchè alla fine su quel treno ci sono salito… Grazie alla caparbietà e alla spina dorsale del capotreno e del suo macchinista.Pretendo, innanzitutto, le scuse di Trenitalia per quanto mi è accaduto. Inoltre, chiedo che Trenitalia risponda sulla questione da me sollevata, e che trovi una modalità per risolverla.C’è in ballo, sopratutto, la nostra amata Costituzione che, all’articolo 3, recita così: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale [cfr. XIV] e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso [cfr. artt. 29 c. 2, 37 c. 1, 48 c. 1, 51 c. 1], di razza, di lingua [cfr. art. 6], di religione [cfr. artt. 8, 19], di opinioni politiche [cfr. art. 22]

8.9.09

In mutande e in pantaloni



Due capi d'abbigliamento estremi. I primi ridotti all'osso, i secondi castigati per antonomasia (eppure, come scriviamo più sotto, qualche testa bacata è giunta a considerarli indecenti). I primi, non solo simbolici (alcuni disoccupati e precari della scuola hanno davvero protestato in questo modo); ma sicuramente anche segno d'una spoliazione, d'una perdita non solo del lavoro, ma della dignità. Ebbene in questi giorni, molti lavoratori, al Nord come al Sud, sono in mutande. Per lo più nel chiassoso silenzio dei media, in tutt'altre faccende affaccendati. "Devi attirare l'attenzione delle telecamere, altrimenti non esisti": frase che suona grottesca perché non esce dalla bocca di Fabrizio Corona, ma da uno degli operai della Esab di Mesero, alle porte di Milano, che da giorni, coi compagni, grida sui tetti - il Vangelo coglie sempre nel segno - la sua lotta e la sua resistenza ai licenziamenti. Il regime videocratico impone leggi ferree: tanto vale sfruttarle a proprio vantaggio, visto che le protezioni sociali si affievoliscono sempre più. Hanno creato anche un blog, Quelli del tetto. La rete sembra essere rimasta l'unica arma per far udire le voci libere e disperate.



Ieri è giunto un inquietante comunicato degli operai dell'Innse: "Stanno arrivando a diversi sostenitori della nostra lotta provvedimenti con multe da 2500 a 10.000 euro per il blocco della tangenziale avvenuto il giorno 2 agosto, il giorno in cui l'Innse era presidiata da più di 300 poliziotti", scrivono. "Lo riteniamo un colpo basso contro una mobilitazione che, sostenendo l'iniziativa diretta degli operai, ha portato al risultato che tutti conosciamo. Come insieme abbiamo resistito allo smantellamento della fabbrica, assieme reagiremo a questa azione intimidatoria". La notizia è circolata, ancora una volta, solo sul web. Leggendola, mi è tornata in mente un'antichissima canzone di Dalla, Le parole incrociate ("Chi era Bava il beccaio? Bombardava Milano"). Mi chiedo se davvero non siamo tornati al 1898, quando gli industriali si chiamavano ancora padroni e alle rimostranze dei lavoratori si rispondeva con le cannonate.


Voleva i pantaloni, hanno parafrasato in tanti. No, Lubna Ahmed Hussein voleva, e vuole, essere sé stessa. Anche lei, su altri fronti, a combattere una battaglia di libertà. Vinta. Non verrà frustata, non intende nemmeno pagare una multa. Simbolicamente, l'una e l'altra sarebbero la stessa cosa, una resa. E Lubna non vuole arrendersi. Anch'essa ha gridato sui tetti. I calzoni contrasterebbero la legge coranica? Non sta scritto da nessuna parte, naturalmente, poi si guarda la foto del "presidente" sudanese Omar al Bashir, quello delle stragi silenziate del Darfur, che solo due anni fa è stato ricevuto dalle alte cariche del nostro Paese e dal Papa, la si confronta con quella di Lubna, e non occorre aggiungere altro.


Da quelle parti c'è sempre stata, qui ha conosciuto un picco di recrudescenza: parlo della furia maschile [pochi giorni fa, in Sicilia, un branco di ragazzini ha brutalizzato una minorenne disabile, e contemporaneamente sono avvenute quattro stragi con vittime femminili all'interno di rispettabili famiglie, tutte compiute da uomini, n.d.A.]. E' sempre la stessa storia, il frutto venefico di un clima avvelenato, quindi non mi ripeterò. Per fortuna esistono altri uomini, che dietro i pantaloni hanno un cuore e un cervello, non solo un organo genitale. Ma rischiamo di perderli. Caspian Makan, fidanzato della celebre Neda Agha Soltan, si trova in carcere dal giugno scorso, come segnala Amnesty International, per aver gridato sui tetti il nome degli assassini della compagna. Una buona notizia, invece, arriva almeno per Sayed Parvez Kambaksh: è stato graziato ieri. Chissà se riuscirebbe a spiegarlo lui, al presidente golpista del Sudan e a tanti suoi zelanti correligionari, che nel Corano non c'è traccia di sottomissione delle donne. Per aver affermato questo, Sayed ha rischiato la pelle. Ma, in verità, non frega niente a nessuno. E uomini di questa sorta si trovano ormai nei luoghi più remoti e impensati. Quaggiù si soffre e si muore nel silenzio più sepolcrale.


Daniela Tuscano




31.8.09

Non si può sempre combattere in solitudine


Domani sarà un giorno caliente a Milano, e martedì rischia di esserlo ancor di più. Moltissimi precari della scuola, con alle spalle una lunga esperienza, rimarranno senza lavoro. A 40-45 anni d'età. Sappiamo bene cosa significhi.

Francesco Caruso, il 28 agosto scorso, ha diramato un comunicato stampa in cui c'informa che un gruppo di sette donne, "tutte docenti precarie con oltre 10 anni di insegnamento alle spalle, sono salite sul tetto del provveditorato agli studi di Benevento per iniziare un'occupazione ad oltranza per protesta contro i tagli della riforma Gelmini.'Contro il più grande licenziamento di massa. 20000 in Italia, 500 a Benevento. Vogliamo un futuro': così recita lo striscione calato dal tetto dell'edificio". Come gli operai dell'Innse, hanno deciso di resistere a oltranza fin quando non otterranno risposta (per contatti: 334 6976405 - Daniela Basile, una delle insegnanti del CIP sul tetto). E a proposito: anche gli operai della "Ercole Marelli", storica industria di Sesto San Giovanni, stanno resistendo coi denti contro i licenziamenti, e in fabbrica bivaccano anche la notte. Lo ignoravate? Non fatevene un cruccio. Non è tutta colpa vostra. Inutile attendersi simili notizie dai tg di Minzolini, o di Raidue, o di Retequattro e Studio Aperto (!), e potremmo continuare ad libitum. Nel regno dell'Egolatra non c'è spazio per queste vicende. Il prossimo bavaglio a Raitre, l'unica rete non allineata, metterà una pietra tombale sulla libera informazione in Italia. Rimane il web, certo: e per questo abbiamo scritto "non è tutta colpa vostra". Nel senso: un po' lo è. Perché gl'italiani sono pigri. Non approfondiscono. Il 75% dei nostri connazionali attinge informazione dalla tv - e l'Egolatra lo sa perfettamente. Invece dovrebbero darsi una mossa, leggere di più (almeno prima di tornare al rogo dei libri), cercare altrove, ecco. Prima che sia troppo tardi anche per noi (i tentativi di silenziare i blogger si sono moltiplicati con frequenza vertiginosa). Scrivo finché posso, tutto ciò che posso: perché, pur sommersi, siamo molti, e perché, a questi fratelli e sorelle, glielo devo: e non li abbandonerò. Non ci avrete.

"Da tutte le situazioni, l'uomo ha sempre saputo trovare una via d'uscita" (Silo)


6.7.09

A che punto è la notte

L'assassinio di Petru, consumato il 16 maggio scorso a Napoli nell'indifferenza generale, è testimoniato qui. Perché non l'ho menzionato prima? Perché sapevo che saremmo presto tornati sul tema.

Non mi dilungo in analisi già ampiamente sviscerate sui quotidiani, in dibattiti televisivi e via discorrendo. In questi giorni, la morte del musicista romeno assume un significato nuovo. Spiega, per certi versi, come sia stato possibile giungere all'attuale ddl sui clandestini. Testimonia quel clima non d'imbarbarimento, ma appunto d'indifferenza - che è molto peggio - nei confronti del "diverso" ormai ritenuto fuori del consesso umano. Allo stesso modo, i nazisti trucidavano bambini innocenti, poiché appartenenti alla "razza nemica": bisognava eliminarli prima che fossero in condizioni di nuocere. Come le zanzare. Un lavoro di routine, Eichmann insegna. E di banalità del male parlava Hannah Arendt.

1997: Berlusconi piange di fronte ai "respingimenti" attuati dall'allora governo Prodi.


In questo cosmo di coscienze attutite, la misura dev'esser sembrata colma persino agli estensori della legge stessa: se è vero che il devoto Giovanardi, accortosi che "il pentirsi di non esser stato consigliere dell'iniquità era cosa troppo iniqua" (A. Manzoni, I Promessi Sposi, cap. I), ne propone una sostanziale correzione, suscitando le ire della Lega. La quale, dal suo punto di vista, è del tutto coerente: e detesta i cavilli dei causidici clericali. Se non altro, a differenza di questi ultimi, non pecca d'ipocrisia.


Il mondo cattolico, o meglio cristiano (Vaticano escluso, quindi) è in agitazione. Da tempo ho smesso d'illudermi nei loro confronti, ma chissà che stavolta si svegli almeno parzialmente dal suo ignavo e complice torpore. D'altronde, il grido di dolore non si può ignorare: non soltanto i soliti Ciotti e Farinella, non soltanto Alex Zanotelli, non soltanto Pax Christi, Noi Siamo Chiesa, la comunità di San Benedetto al Porto, i Comboniani e le miriadi di associazioni che, da sempre, si battono per i diritti dei più deboli, ma anche settori tradizionalmente ligi al Vaticano come l'Azione cattolica e le Acli hanno manifestato il loro dissenso (non un fiato da parte di Comunione e Liberazione e dal popolo del dileguato Family Day, ma era prevedibile). Nemmeno il card. Tettamanzi ha risparmiato dure critiche al governo, al punto che il "ministro" Calderoli, nel consueto linguaggio da caserma, non ha esitato a definirlo "un rappresentante dell'opposizione".


Qualcosa si è mosso, sicuramente anche Oltretevere. Nel senso che il Vaticano, a parte formali e timidissime obiezioni, subito peraltro "corrette" dall'impareggiabile padre Lombardi, pur continuando a sostenere B. sta cominciando a pensare al futuro. Si sta ripresentando, insomma, una situazione simile a quella degli anni '30, dove il consolidato patto tra il fascismo e la gerarchia ecclesiastica subì lievi scalfitture, soprattutto per la politica aggressiva di Mussolini verso l'Azione cattolica e, più tardi, a causa delle leggi razziali; d'altronde, nemmeno queste ultime spinsero il Vaticano a una rottura col regime. Quel che preme alla gerarchia, oggi come allora, è che l'eventuale passaggio di consegna, se e quando avverrà, venga gestito da forze conservatrici (ed eccoci a Giovanardi); non aspettiamoci dunque nessun "divorzio" da B. fin tanto che costui rimarrà saldo al potere. Lo scaricheranno solo se diverrà troppo ingombrante (e perdente).



Maglietta umanista, 2001.




 

Noi non siamo il Vaticano, siamo cristiani prima che cattolici, siamo esseri umani prima che cristiani. Rigettiamo le trame aguzze e i meschini gesuitismi. Anzi, per noi meritano il fondo dell'inferno. Anche gli umanisti si ritroveranno pertanto oggi, alle ore 18, di fronte alla prefettura di Milano, per protestare contro una "legge" che non merita altro che la bocciatura.


Molti hanno ricordato che, un tempo, i clandestini eravamo noi. Ma sappiamo che queste rievocazioni, ancorché sacrosante, suscitano quasi fastidio, non tanto perché, come si dice, la storia non insegni nulla, ma perché nessuno ha voglia d'imparare; e i libri, per gli italiani, sono sempre stati oggetti inutili, buoni al massimo per qualche topo di biblioteca. Sarà la loro stessa ignoranza a confonderli ma, nel frattempo, occorre prepararsi, perché la disfatta dei bruti seminerà ovunque panico e distruzione. Intanto inizia la parata del G8 a L'Aquila, e Bertolaso ha assicurato che, in caso di nuove scosse, i "Grandi" non avranno nulla da temere perché è stato allestito un bunker salvavita apposta per loro, pare in oro massiccio come la bara dello sventurato Michael Jackson. E i "piccoli" aquilani? In malora!


"...Se voi avete diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri, allora vi dirò che nel vostro senso io non ho patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato e privilegiati e oppressori dall'altro. Gli uni sono la mia Patria, gli altri i miei stranieri" (don Lorenzo Milani, L'obbedienza non è più una virtù, 1967).

 

Daniela Tuscano







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N. B.: Strage di Viareggio, una medaglia al valor civile per Hamza Ayad
. E' quanto propone un nutrito gruppo di cittadini per il giovanissimo italiano di origini marocchine sacrificatosi nella terribile notte toscana per salvare la sorellina Iman, di quattro anni. Il sacrificio si è rivelato purtroppo inutile: Iman è deceduta il giorno dopo per le gravissime ustioni riportate, assieme all'intera famiglia (si è salvata solo la sorella maggiore Ibtzen, di 21 anni). Su Facebook è attivo un gruppo che
raccoglie le firme per l'appello al presidente Napolitano. I non iscritti possono rivolgersi a questo link: vincenzo.milazzo2005@libero.it

24.6.09

Corpi di ragazza

Questa volta avrei evitato qualsiasi intervento, lasciando spazio o, meglio, parola alle fotografie e soprattutto ai video. Del resto, blog come Il corpo delle donne (da cui attingo anche per il presente post) e, più modestamente, la mia rubrica DadonnAdonna già svolgono un ruolo. Qualche appunto, però, si rende necessario.


Al min. 7.21 Nina Moric, ex moglie di Fabrizio Corona, viene usata come "prosciutto" durante una puntata di Striscia la notizia sotto lo sguardo divertito di Pino Insegno.

Alcuni giorni fa è giunta a "Repubblica" la lettera piccata di Antonio Ricci, l'ex-preside più giovane d'Italia ormai affermato e spumeggiante autore di moltissimi programmi di enorme successo, da Drive In a Striscia la notizia, da Paperissima a Emilio, a L'Araba Fenice (che destò scandalo per la partecipazione nuda di Moana Pozzi, le cui "gesta" verranno presto celebrate in un film), all'impareggiabile Velone, e via di seguito. Offeso dall'accostamento, fatto da diversi commentatori, tra le soubrette del suo Drive In e la successiva, dilagante subcultura delle escort, Ricci ha rivendicato invece l'importanza della sua trasmissione "libera e libertaria degli esagerati anni '80, osannata all' epoca da tutti gli intellettuali", definendola "comica e satirica". E a proposito delle ragazze "Fast Food", ha aggiunto: "...come allora ebbi modo di dire, erano iperboli: figure retoriche viventi, caricature parodistiche al pari del paninaro, del bocconiano, del Dott. Vermilione". Ricci ha pure ricordato come, in quegli stessi anni (un po' prima, in verità: si trattava di trasmissioni dei tardi '70) la Rai mandasse in onda le nudità di Rosa Fumetto, Ilona Staller e Barbara D'Urso.

C'è del vero nelle sue affermazioni: la più vera sembra essere la prima: che Drive In fosse uno spettacolo comico e satirico. E' stata un'autentica fucina di talenti, credo che tutti i maggiori comici del tempo siano passati di lì. Ed è vero che anche in Rai si era tentato qualche azzardo. Ma il paragone, in tal caso, non regge: la mia precisazione "dei tardi anni '70" non era oziosa. Negli show cui allude Ricci, accanto a qualche bellezza piccante - per usare un termine desueto, ma caro al nostro premier - si esibivano anche Amanda Lear, Grace Jones, Patty Pravo: donne irrequiete e, nel bene e nel male, simboli non solo di sensualità, ma anche di un'epoca che sfidava il puritanesimo, la censura, le convenzioni piccolo-borghesi. E rischiava grosso. Ci fu un tempo, in Rai, in cui ogni tanto, per strane e miracolose alchimie, simili esperimenti erano possibili: ricordo vagamente talune inchieste dell'ultimo Pasolini (ripescate e assaporate oggi grazie a Youtube), persino servizi sulle "minoranze" sessuali che oggi non troverebbero posto nemmeno in quindicesima serata.

Negli anni Ottanta, invece - come ricorda efficacemente Antonio Labranca - la bizzarria era codificata, a tempo, girava a vuoto per le vie centrali della città cercando inutilmente di sbalordire i turisti o di spaventare qualche vecchietta. Ma non si trattava più di épater le bourgeois: erano invece gli stessi figli della nuova borghesia che, improvvisamente sazi e avidi di materia, cercavano un antidoto alla noia che li opprimeva.

Drive In rifletteva appieno lo "spirito" di questa "materialità". Non era dunque uno spettacolo libertario, ma soltanto esagerato.


La comicità, anche quando diventava autentica satira (e accadeva spesso, va riconosciuto) e non semplice sfottò, seguiva ritmi veloci (fast, appunto) ma scontati. Soprattutto nella rigida differenziazione dei ruoli maschile e femminile. Ricci avrà parlato anche allora di "iperboli, parodie, figure retoriche" ecc. a proposito delle sue Fast Food, è un insegnante di lettere e il suo vocabolario ricco e fiorito, furbo - mica per tutti... -, benché ridondante (iperboli e parodie sono già figure retoriche: attento alle tautologie, prof. Ricci). Io ricordo bene che dichiarò: "Il pubblico vuole le donne? E noi diamogli le donne!". E il ruolo delle donne di Drive In era quanto di più antico il suo scapigliato autore voglia far credere oggi; tanto è vero che da quel programma non emerse praticamente nessuna attrice comica di qualità. Perché il genio folle, l'attore vero, insomma la testa pensante, anche se matta, era l'uomo, come nella più classica delle tradizioni; di là da iperboli e parodie, e anche prescindendo dalle ultime notizie secondo cui alcune di loro servivano come svago per i potenti di turno, compito delle Fast Food era invece, molto più semplicemente, eccitare.

Ricci se la piglia poi con l'architetto Fuksas, colpevole, secondo lui, di aver confuso le sue "parodie" con le ultra-disinibite Ragazze Cin Cin di Colpo grosso. Sarei curiosa di sapere quanti, in tutta onestà, ne sappiano cogliere la differenza; in ogni caso, le une e le altre si ricomposero proprio a Paperissima, in una puntata dedicata, chissà come, agli errori delle procaci figliole. (Consiglio pure, in particolare per il link appena citato, di leggere alcuni commenti a questi filmati, tutti redatti da uomini. Alcuni raggiungono il sublime: "questo e [senza accento] il ruolo vero per le donne", "anche le più feroci femministe depongono le armi: la freschezza e l'ingenuità di quei tempi fanno solo sorridere", "Ti guardano con quelle acconciature e ti salutano ammiccanti! T***e! Le amo", "grazie a questa trasmissione ho scoperto il ruolo della donna... erano le prime volte che mi veniva duro...").


Per concludere con Ricci, la sua autoperorazione suona tanto scomposta e patetica quanto quella delle spogliarelliste che si difendevano argomentando: "No, io non sono una pornostar. Io faccio il burlesque".


Su Non è la Rai forse non è neppure il caso di soffermarsi molto, però questa versione de Lo shampoo di Gaber (!!!) magistralmente interpretata da Antonella Elia (con "piuma" al posto di "schiuma") una sbirciatina la merita. In tal caso concordo con l'anonimo commentatore che, rivolto alla bionda starlette, ha concluso: "Beh, quella una voglia ce l'ha".

Sempre in Scherzi a parte edizione 2009, condotta dal "sinistro" Claudio Amendola, ecco la nuda Belen circondata da maschi vogliosi e vestitissimi. Da notare l'espressione di Paolo Brosio, recentemente miracolato - come ha reso noto lui stesso -.


L'umiliazione del corpo femminile viene pertanto da lontano e, benché più marcata sulle tv commerciali, si ritrova ormai dappertutto, sia sulle reti private sia su quelle pubbliche. E son tutti programmi di prima serata, alcuni (Non è la Rai) destinati a un pubblico di giovanissimi/e. Non delle eccezioni, ma la regola. L'amnesia della morale cui accenna Edmondo Berselli ha radici antiche.

Tuttavia, il vero emblema di questa amnesia a me sembra una trasmissione di cui mi occupai qualche anno fa: La pupa e il secchione. Anche qui il giochetto non cambia, Il pupo e la secchiona sarebbe stato improponibile, il maschio, benché sfigato, è comunque il cervello, la femmina il corpo. Mica un corpo da nulla. Lo testimonia l'esibizione delle "pupe" (dalle fattezze, con ogni probabilità straniere) qui sotto:


Sono consapevole del fatto che agli uomini piacciano molto, hanno palesato cosa in realtà desiderano da noi, ma può darsi che qualcuno capace di guardare oltre le... fessure esista pure, da qualche parte. I commenti sono irripetibili, ma uno, in ogni caso, vale la pena di menzionarlo, perché nella sua crudezza dà l'esatta misura di quel che accade di questi tempi, in giro: "Nora è da stupro violento". E quinci sian le nostre viste sazie.



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N. B.: Marrakech festeggia Fatima al-Mansouri, 33 anni, la sua prima sindaca. "Sono onorata di rappresentare Marrakech, mi auguro di vivere fino in fondo quest'avventura", ha dichiarato la signora Mansouri. Le porgiamo i nostri migliori auguri di buon lavoro.

il parroco di Losson, frazione di Meolo, in provincia di Venezia, vieta il campo da calcio alla squadra femminile: «La comunità è impreparata»

    ecco una storia   di   come   che in italia ci sono sacche d'arrettramento culturale e ci vuole una bella guerriglia cont...