30.10.09

Il peso delle parole

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La brezza sta soffiando
verso il mare aperto
e tu sei lontano,
oltre un orizzonte tagliato
sotto un cielo cupo e sonnolente.
Vola il mio cuore a te
attraverso le onde infrante
e cade come pioggia sul mare aperto.
Tu sei andato
ed io sono rimasta qui
vivendo in un'attesa senza fine...
I tuoi passi si muovono nel buio,
non li vedo ma li distinguo sulle labbra
perchè hanno il peso
delle tue ultime parole.


@Oriana

A pelle nuda

il tempo permette di far capire meglio le cose

( ...) Quelli che hanno letto milioni di libri
e quelli che non sanno nemmeno parlare,
ed è per questo che la storia dà i brividi,
perchè nessuno la può fermare.
La storia siamo noi, siamo noi padri e figli,
siamo noi, bella ciao, che partiamo.
La storia non ha nascondigli,
la storia non passa la mano.
La storia siamo noi, siamo noi questo piatto di grano.(..) 

La  storia  Francesco De Gregori dall'Album: Schacchi e Tarocchi

 


Durante  una chiaccherata  sul pulman  tempio-sassari   con un mio amico che  ha letto   libro Gomora di saviano  a  distanza  di  2 anni dalla  sua  uscita  perchè  secondo lui <<  certi scritti   si capiscono  meglio  a  distanza  d'anni , lontano dalle  contrapposizioni  fra i  pro e i contro   >> .
Inizialmente  lo presi per  snobismo , poi scelto dal pulman durante la camminata dalla fermata  alla  facoltà per  parlare  con il prof  per la tesi  , mi  sono messo  ad  elucubrare .. ehm.... riflettere  e  dirmi fra me  e e  quasi ad  alta  voce  : <<  ha ragione , non  sempre   è snob    chi  dice  cosi  >> . Poi misi  , entrato in facoltà ,m ho messo da parte   questa mia elucubrazione  per poi riprenderla appena uscito dallo studio del prof .
Poi passando vicino alla 
libreria  koine      vicino alla  facoltà  di lettere mi ricordai che mi serviva un block notes    per  annotare le  cose  che leggo sulla  tesi e  dovevo salutare il proprietario e il suo staff   e  vedi tra i  banchi il libro  di Luca  telese  Cuori Neri  , mi  è ritornato  in mente  il discorso del pulman fatto dal il mio amico   e il settarismo  di mio padre  ex Pcml\servire il popolo  che   dice  che  l'autore  di tale  libro e un voltagabbann passato dalla sinistra  ala destra    e   che  fa  revisionismo  esaltando i martiri della destra  , E' proprio per  questo che  ho  comprato (  è sto leggendo , lntamente  certo  ,  per problemi di vista ma pechè ogni  storia mi fa  star male , visto la  brutalità , l'insensatezza  di quello che  fecero gli appartenti ai gruppi  della sinistra  extraparlamentari e  della  le  frange  estreme    del  ex Msi fra le  loro uscite   rientri  dal partito  e  i gruppi extraparlamentari  puri come Nar  e terza posizione    ) .
IL ponderoso  libro di Telese mi permette non solo di vedere e leggere ,indignandomi  non per il modo  con cui  è scritto  perchè l'autore  è obiettivissimo  ma per la  follia  che  ha portato ad  simili azioni  , la storia  di quel periodo  dall'altra parte  . Esso  rafforza  la mai apatia  per la PolitiKa ( la politica  dei partiti e dele ideologie  )  e   nel considerare le ideologie   come sovrastrutture  che ingabbiano le persone  e  non fanno pensare  ,  e  portano  a simili atti INGIUSTIFICABILI   e difficilmente  comprensibili Un libro  coraggiossimo , non retorico , che toglie alla destra oltre   che all'oblio  e  alla nostalgia retorica  e stucchevole . Finalmente uno della  sinistra  infatti   quando Luca  ha scritto tale libro  era  ancora  adetto stampa  di  Bertinotti e  che  è  ancora rimasto anche  se eretico di Sinistra  coem  si può notare  leggendo i suoi articoli del  suo blog  (
www.lucatelese.it)  e  i suoi scritti  su ilfatto ( antefatto.ilcannocchiale.it/
quotidiano non ha  ancora un sito questa  è la pagina del blog   )  .Ci sono, in questo libro, molte voci di persone che ho conosciuto, lungo il mio piccolo cammino. Altre che ho solo sentito da lontano, attraverso altri. Ci sono quelle 21 foto sui risvolti di copertina che ti accompagnano e che - anche se conosci molti di quei volti perché tappezzano ancora le sezioni di An - senti il bisogno di guardare, mentre leggi, per memorizzare i visi a te meno noti, collegandoli alle assurde vicende processuali che hanno accompagnato tutti i morti di destra, insieme ai soccorsi rossi che ti fanno saltare i nervi e che ti costringono a razionalizzare ogni voltaa me   che  sono crescciuto  e lo sono anche  se  in maiera  libertaria \anarchica    e non settaria   ma  più pragmatica  ,   oltre  che  apartitica  di sinistra  .
Quando qualcuno   di destra scriverà un libro  come quello di Telse e  di Mario Calabresi (  spingendo la notte più in là. Storia della mia famiglia e di altre vittime del terrorismo , Mondadori, Milano, 2007,
ISBN 9788804580447 )     sulle  vittime  della  sinisttra  e sulle stragi--  vedere  il link  strategia della tensione  ---   da essi comessi   , portando su carta  quei pensieri di chiudere e  fare  autocritica , che si trovano in alcune persone   della destra parlamentare  ed  exttra parlamentare (  vedere  documenti d'approfondimenti online  del libro cuori neri  ne  trovate sotto l'url ) , quel periodo  terribile iniziato  il 12  dicembre  del 1969 ( piazza  fontana )   e finito  nel  1988 ( omicidio  Ruffilli  ) o secondo altri con la  stagione delle bombe  del 1992  e  che  ancora   gli irriducili   e certi cattivi  maestri  vecchi e nuovi di sinistra   vogliono continuare  ( vedi igli omicidi D'antona  e  Biagi ) , ma  anche   di destra  Casa Pound  e Forza Nuova ed  affini  ,  questo orribile  passato  sarà lasciato alle  spalle  senza  fare   torto con indulti  e  amnistie , ai familiari delle  vittime di  destra  e  di sinistra , che  alcuni irriducibili  sia di destra  (  vedere l'intervista    conenuta insieme ad altre  nel approfondimento   di Cuori neri  , trovate  sotto a , Paolo Concutelli   )    ma in modo particolare    non vogliono chiudere  e la sciarsi alle  spalle  , finira   anche    questa  "  profezia  "   : << Finche’ il sangue dei figli degli altri varrà meno del sangue dei nostri figli, fin quando il dolore degli altri per la morte dei loro figli, varrà meno del nostro dolore per la morte dei nostri figli, ci sarà sempre qualcuno che potrà organizzare stragi in piazze, banche o stazioni, su treni o su aerei, con bombe o missili, con la certezza di rimanere impunito.>>  di  Sandro Marcucci .
Concludo con questa  canzone di Baccini   Renato curcio    e  spiega  che il suo essere nè pentito  nè dissociato  ,  non significa  che abbia  fatto autocritica o si  sia messo indisussione infatti come  dice   egli stesso in questo video 
http://www.youtube.com/watch?v=qvO63g33fA8   ha  messo indiscussione  la  lotta  armata   .






Per approffondire

          contesto storico -politico 


 


                              Libri e altro

  oltre  alla bibliografia   dei  siti prima  proposti  ,  propongo  altri due  libri   secondo  me importanti  e  utili sia per capire  coem tutto questo  è incominciato ( il primo )  sia  per  rispondere  a chi m'accusera  di difendere un terrorista  ed un cattivo maestro  ( ilsecondo  )




  • Il segreto di piazza  fontana  di Paolo Cucchiarelli







 news  e immagine tratte da 
http://www.unilibro.it/

 Autore:  Cucchiarelli Paolo
Editore:  Ponte alle Grazie
Genere:  scienza politica
Argomento:  piazza fontana, strage di
Collana:  Inchieste
Pagine: 448
ISBN: 8862200064
ISBN-13: 9788862200066
Data pubblicazione: 28 May 09 



  • Renato Curcio "A viso aperto - Intervista di Mario Scialoja" (Arnoldo Mondadori Editore, 1993




  •  




Soprattutto   queste pagine  187-220


                                     IL SOLE DELL'AVVENIRE 




 film rilevazione sulla nascita  dele  Br     di  Giovanni Fasanella e  Gianfranco  Pannone    censurato  dal ministro della cultura   Sandro Bondi   ma   consigliato  : <<  Il ministro bondi  non censuri gli anni di piombo  >> Sabina Rossa figlia  di guido rossa ucciso  dalle Br   e   : << Il sol dell'avvenir   è un incredibile  affondo  sulle ambiguità e le contraddizioni  della sinistra italiana  >> (  Eric Jozsef  di Liberation   giornale   comunista  francese   )   qui  ulteriori  news 













   semper  voster  cdv

...sangue nelle vene.

 


 

...scorre sangue nelle vene

il sangue dell'amore !

nella reale e vera esistenza fluisce

spasmi indelebili

che mai nessuno cancella...

 

...solo un forte incanto

rassicura la quiete dell'anima,

un’altra meta da percorrere

in una sola direzione…

 

…in un solo corpo

dove la luce brilla di passione

e la mente trova il suo io :

la dimensione per vivere

e il cantare d’amore…

 

…non ce n’è per nessuno tra sospiri e pianti-

 

in ansie e pentimenti:

in un dolore che solo chi lo prova sa cosa voglia dire…

 

….quietati anima mia!

feriscimi dentro,

fa

che nessuno soffra

amami

per il bene che mi resta…

 

il poeta narratore.

29.10.09

Un omaggio alla Puglia



Ho  raccolto nel mio PC  una cospicua collezione di foto ed immagini, ed ogni tanto cerco di riordinarle e di catalogarle nelle varie cartelle.
L'altra notte ho dedicato un paio d'ore a questo lavoro e mi sono soffermata a guardare le foto della Puglia,mia regione d'origine.
E'  bellissima la Puglia,   e senza   peccare  di campanilismo, posso  affermare che è  una  terra  benedetta  da Dio, per il mare, il sole, i colori.
Ho notato che tante costruzioni dei  centri  storici di alcune cittadine, assomigliano per architettura a quelle della Grecia: casette basse con lunghe scalinate esterne,  bianche, perchè tinteggiate con calce viva. Ovviamente,  questa  architettura
è il ricordo della dominazione greca.
Posto alcune foto per farle conoscere a chi non è mai andato in Puglia, e niente mare questa volta, ma solo centri storici.

Rodi Garganico:  E' una cittadina in provincia di Foggia.
La perla del Gargano.  Sorge su un promontorio a  picco sul mare.  "E'   tanto    soave   l'odore   degli aranceti   sul  lido di Rodi  Garganico,da far venire le lacrime agli occhi quando è tempo di fioritura".

Rodi_Garganico_DSC_6996a-rodigarganico10Cisternino:  E' una cittadina in Provincia di Brindisi. Si affaccia sulla valle d'Itri,   nella Murgia dei Trulli. Vanta di essere uno dei borghi più belli  d'Italia.

cisternino 2cisternino3 Conversano:  E' una cittadina in Provincia di Bari. Si trova tra le colline e il mare. E' una cittadina  d'arte con un grosso patrimonio archeologico.
conversano6CONVERSANO3Locorotondo: E' una cittadina in Provincia di Bari. Appartiene all'Associazione dei borghi più belli d'Italia.     Deve il suo nome alla morfologia  assunta  dal primo centro  abitato,   armoniosamente tondeggiante.
locorotondo-corteAlberobello: Cittadina in Provincia di Bari.   Rappresenta il cuore della Valle dei Trulli.
alberobelloI Trulli.

trulli1trulli14Spero di avervi fatto cosa gradita.
Dolce sera a tutti voi.

Alcune immagini sono stata tratte dal Web
                                                                             

LA CUSTODE DI MIA SORELL(My sister's keeper),2009



 


Regia di Nick Cassavetes, con Cameron Diaz (Sara Fitzgerald), Sofia Vassilieva (Kate Fitzgerald),Jason Patric (Brian Fitzgerald), Abigail Breslin (Anna Fitzgerald), Alec Baldwin (Campbell Alexander),Evan Ellingson (Jesse Fitzgerald), Joan Cusack(Joan de Salvo).


 


Anna Fitzgerald ha undici anni e la sua vita è stato un continuo andirivieni dagli ospedali, dove ha subito trattamenti dolorosissimi; però la malata non è Anna ma sua sorella Kate, di diciassette anni), affetta da una grave forma di leucemia sin da piccola.I loro genitori hanno concepito Anna in provetta per usarla come donatrice compatibile in caso di qualsiasi bisogno, ma quando le viene imposto di donare un rene alla sorella Anna si ribella e si rivolge a un avvocato, Campbell Alexander, per far valere i diritti sul proprio corpo; la bambina fa causa ai genitori e la madre Sara, ex avvocato, decide di difendersi da sola…


 


Tratto dal romanzo omonimo (2005) di Jodi Picault , è un film sconvolgente, toccante, bellissimo e coraggioso, il primo- almeno credo- che tratta di un tema controverso e scottante: è giusto per salvare un figlio malato, concepirne un altro e usarlo come fornitore di pezzi di ricambio?


La riposta non è così semplice, anche se nel mio caso(ma avevo già letto il libro, molto più crudo e meno buonista del film) ho parteggiato  più per la povera Anna, sin da piccola privata di una vita normale e sacrificata per amore della sorella. La madre in particolare pensa che sia scontato che lei metta il benessere di Kate davanti al proprio, che si sottoponga a operazioni dolorosissime senza controbattere; a tal punto che, quando Anna si ribella, nella scena in cui spiega i suoi motivi per cui si rifiuta di dare un rene- che non salverà Kate ma potrà prolungare di qualche mese la sua vita- ( e sono motivi gravi:l’operazione è rischiosa, e se la farà Anna non potrà fare sport, non potrà avere figli, non potrà mangiare normalmente, insomma rimarrà menomata per sempre), la donna non fa una piega.


In realtà Sara, interpretata da un’ottima Cameron Diaz, è una madre disposta davvero a tutto per salvare la figlia malata, non si rende completamente conto che così sacrifica una figlia per amore dell’altra…anche quando si arrabbia con Anna, non la odia, nonostante ciò non riesce, a mio avviso, ad amarla e capirla come fa con Kate. Tutti gli attori del film sono davvero straordinari nella loro semplicità e umanità: Jason Patric nel ruolo del padre, più comprensivo della moglie di fronte alla tragedia delle figlie, e soprattutto l’affiatamento tra le giovani e brave Abigail Breslin e Sofia Vassilieva, due sorelle unite dalla sorte nella malattia della prima, ma in cui c’è un rapporto normale di complicità e affetto e non un rapporto di dipendenza, al punto che Kate appoggia Anna nella sua lotta.


La parte più commovente del film è quella riguardante il fidanzatino di Kate, anche lui malato,storia destinata a una triste fine, ma tenera e dolce come quella di tanti adolescenti sani: l’unico momento di gioia per Kate in tutto il film, insieme alla gita al mare.



UP, 2009




 


Regia di Pete Docter e Bob Peterson, con le voci di Edward Asner(Carl Frederiksen), Jordan Nagai(Russel), Delroy Lindo(Beta), Christopher Plummer(Charles Muntz),Bob Peterson (Doug).


 


Carl Friederiksen è un 78enne ex venditore di palloncini che vive nel ricordo dell’amata moglie Ellie, custodendo gelosamente la loro vecchia casa che dovrebbe essere abbattuta per fare posto a nuovi moderni edifici.Lui ed Ellie avevano un sogno, da giovani: viaggiare nell’America del Sud fino alle cascate Paradiso. Ora Carl ha deciso, in barba a tutto e tutti, di concretizzare questo sogno….e infatti trova il modo di far volare la casa attaccata a migliaia di palloncini, diretta proprio verso le cascate! Ma involontariamente è salito a bordo Russel, un boy scout di nove anni che da tempo cercava di rendersi utile a Carl, il quale nonostante la seccatura decide di non rimandarlo indietro. La grande avventura è solo all’inizio…


 


Sebbene continui a rimpiangere i vecchi cartoni con disegni, non posso dire di disdegnare anche film come questo, soprattutto visto che negli ultimi anni questo tipo di produzione si sta affinando come tecnica e come messaggio.


UP è un film delizioso, coinvolgente, divertente e anche molto toccante. La parte iniziale , quella che descrive in breve la vita della coppia Carl- Ellie, non è priva di malinconia, così come il vedere il pensionato ormai solo coi suoi ricordi in un mondo divenuto troppo veloce per dare importanza ai sentimenti e ai sogni fa davvero tristezza. Eppure questo mix di malinconia e comicità(che inizia quando compare il piccolo Russel) è reso in maniera davvero ottima,sensibile senza turbare, così come ottima è la trovata di far volare la casa attaccata ai palloncini(diciamocelo, a chi non piacerebbe?) segnando così il percorso che porterà Carl a una “rinascita”, a ricominciare una nuova avventura, intesa come vita, in compagnia dei suoi nuovi amici.Ognuno dei quali sarà a sua volta arricchito dall’avventura vissuta suo malgrado.


Forti i riferimenti cinefili (Carl assomiglia a Spencer Tracy, Muntz a Vincent Price)in un film davvero carino, che ha aperto il Festival di Cannes di quest’anno.


 


Tiziana

Il serpente antico

 



L'ultima ingiuria, adesso, sarebbe definirla "donna con le palle". L'ultimo, estremo affronto del paganesimo sessista a Roberta Serdoz e, con lei, a tutto il genere femminile.
Negarne l'alterità, quindi la ragion d'essere. "Donna con le palle": cioè coraggiosa, nobile, forte, determinata, razionale. Cioè, maschio. Una donna che dimostra le qualità elencate, secondo la vulgata pagano-sessista, non può appartenere a sé e al suo sesso. Sesso viene da "secare", dividere, e il sesso femminile, per il paganesimo sessista, è di per sé divisione, mancanza. Peggio: nullità.
Il paganesimo sessista procede per sottrazione, poiché teorizza l'esistenza d'un solo vero sesso, quello maschile. Il quale però, contrariamente all'etimologia del vocabolo, è esaltato a paradigma assoluto, parabola suprema, e divinizzata, dell'intera umanità. Relativo che diventa totalità.
Per il paganesimo sessista nessuna donna possiede pertanto qualità positive, né i suoi comportamenti possono essere presi a modello. Se ciò avviene, è perché essa ha rinunciato alla sua femminilità-inesistenza per riempirsi e significarsi (travestirsi?) del divino maschile. "Donna con le palle", quindi: fatta uomo.

Roberta sta reagendo con una dignità che sfiora l'eroismo allo scandalo che ha travolto il marito. Il marito? Lei stessa, in realtà, e, ancor prima di lei, le figlie dei due, in particolare la più piccola, che a otto anni ha visto infrangersi contro il turpe muro d'un'umanità brutta, dentro e fuori, l'idolo paterno destinato a diventare, soltanto e naturalmente, l'uomo più amato.
Roberta reagisce restando al suo posto, continuando a lavorare, intenzionata a non abbandonare il consorte. Il più debole è lui, s'è detto da più parti, il più bisognoso d'aiuto, ed ecco accalcarsi attorno al pover'uomo schiere di psicologi, monaci, amici, politici, anime pie, tuttologi e professionisti della lotta alle discriminazioni. Militanti gay hanno espresso la loro vicinanza all'ex-governatore del Lazio e denunciato l'"imperante clima di transfobia e omofobia"; ma per Roberta e le bambine nemmeno una parola.                                                                     Tanto, è una "donna con le palle"! E' tenace, resisterà.                              Più probabilmente, di lei non s'è curato nessuno.
Nessuno si domanda quanto dolore,quale ale immane catastrofe psicologica si nascondano dietro il volto deciso,il sorriso franco e commovente di Roberta.                       Al paganesimo sessista importa solo l'apparenza, la lacrima esibita, la parodia della sofferenza. In una parola: la sceneggiata. Viviamo o no, nel gran teatro del mondo ?


Soprattutto Roberta e le figlie, in questo momento, necessitano dell'aiuto maggiore. Ne hanno bisogno, anzi, diritto, proprio perché non lo invocano. Perché sono le più umiliate, le più negate. E, si badi bene: l'intenzione di chi scrive non è nemmeno quella di demolire Marrazzo e le sue personali miserie. Che, come dice la parola stessa, in senso stretto meritano soltanto commiserazione. Piero Marrazzo non è più colpevole d'un Cosimo Mele che va a mignotte e coca dopo aver sfilato al Family Day, né d'un Sircana che s'intrattiene - anche lui - con una trans sul marciapiede della capitale, né, naturalmente, di "utilizzatori finali" (elencare tutti i link a questo proposito sarebbe impossibile...) che non solo gozzovigliano con prostitute e minorenni (parola di moglie), ma se ne vantano pure, non sognandosi di dimettersi, bensì elevando a valore il loro degradato stile di vita.


L'uomo Marrazzo risponde soltanto alla sua coscienza (del presidente Marrazzo ci occuperemo più avanti). La donna Roberta Serdoz rappresenta tutte noi.

Tra i tanti commenti che hanno riempito le pagine dei quotidiani in questi giorni, ne ho trovati tre degni di nota, firmati rispettivamente da Giulia Bongiorno e Marina Terragni ("Corriere della Sera").
"Di fronte a un tradimento, qualunque tradimento, si tende a ritenere che una donna abbia una sola alternativa: tutelare la propria dignità chiudendo il rapporto, oppure custodire l'unità familiare e la sua immagine", annota Bongiorno. Ma quest'ultimo caso - la salvaguardia delle apparenze e il dovere coniugale - è la tipica scelta coatta delle donne sottomesse e tradizionaliste; non certo di Roberta Serdoz che invece, libera ed emancipata, svolge anche una solida professione di giornalista e conduce una vita sua. Nulla di più logico, quindi, dell'abbandono del tetto coniugale. Ma non accade: "Perché lei ha deciso, in piena libertà, che in questo frangente la priorità non è lei stessa. E così ha compiuto una vera scelta di emancipazione: si è emancipata persino dal bisogno di dimostrare la propria dignità. Ci ha rinunciato, sapendo di non esserci costretta", conclude la presidente della commissione Giustizia.
Ci troviamo di fronte a un passaggio fondamentale. Da sempre, e anche in questa particolare situazione, i sacerdoti del paganesimo sessista agitano lo spettro della femmina diabolica, il cui sesso è contemporaneamente nullificato e tenebroso, la cui natura è inesistente ma pericolosa, imperfetta ma temibile. Ancora qualche giorno fa, il cardinale Antonelli ha tuonato contro il femminismo che, assieme a gay, neomarxisti e addirittura "ambientalisti estremi" ( ?!? ) , insidierebbero la sacertà della Famiglia Tradizionale (E anche il suo Papa, spalancando scandalosamente le porte agli anglicani più retrivi e intolleranti - gesto empio reputato, da osservatori accecati e storditi,"Corriere" in primis, addirittura ecumenico... -, si muove nella stessa direzione.)
Secondo Antonelli, Ratzinger e gli alfieri del paganesimo sessista, unico compito della donna, per la sua natura incompiuta e peccaminosa, è stare asservita all'uomo, subire le sue prepotenze senza lagnarsi mai, partorire con dolore, ché questo è lo scotto da pagare per averlo strappato all'Eden. Poiché la donna non si può eliminare, come pure sarebbe desiderabile secondo tale visione, la si deve tenere a bada, negarle una propria e individuale personalità, la quale, se affermata, costituirebbe necessariamente un contro-valore rispetto all'Ordine Costituito, maschile. In questa prospettiva il femminismo, che al contrario esalta la diversità-ricchezza delle donne e si batte per la loro affermazione indipendentemente da chiunque, non può che risultare eretico e perverso, foriero di sovvertimenti e di divisioni.
 La vicenda di Roberta Serdoz smaschera, ancora una volta, la menzogna di queste tesi. Roberta resta accanto al marito non perché deve farlo, ma perché lo vuole; e lo vuole seguendo una sua libera scelta, ascoltando il suo cuore, valutandolo, rispettandolo. E' vero: le donne amano vivere in relazione. Ma non perché non abbiano valore in sé; bensì perché valorizzano gli altri e loro stesse attraverso una spontanea auto-donazione. Gli uomini sono manichei; le donne in tale ottica, forzando il concetto, più "naturalmente" cristiane.
E, sempre in tale ottica, il femminismo aiuta la famiglia (certo, anche quella tradizionale mitizzata dal card. Antonelli), e non la insidia affatto. Tantomeno la distrugge.
 Gli uomini non l'hanno ancora compreso, né sono stati in grado di fornire una risposta altrettanto valida al femminismo. L'hanno dapprima combattuto, poi irriso, infine subìto, ma mai sfruttato come occasione di crescita anche per loro.
Pertanto l'esortazione a "pensarci un po' su", che si legge nel contributo di Marina Terragni, può e deve essere accolta soprattutto dagli uomini; viceversa, frasi come "Dispensatrici di bellezza e di gioia, le donne hanno rinunciato per sempre a questa prerogativa divina... Valgono questo prezzo, i loro strepitosi guadagni?", rischiano di suonare terribilmente ambigue e fuorvianti. Come se l'attuale distorsione maschile sia imputabile, ancora una volta, al femminismo aggressivo ed emancipatore. Terragni continua così: "Mi scrive, straordinariamente sincero, un lettore sul blog: 'Il vero unico desiderio è vivere momenti di bel cameratismo con altri maschi... Anche il travestito, ama esclusivamente il mondo maschile e ritiene che la sua missione sia dare amore ad altri maschi, di cui comprende le sofferenze profonde che nessuna donna potrebbe lenire' [...]. Molti maschi regrediscono a un consolatorio 'tra uomini'. Un mondo a cui le donne non hanno accesso; solo maschere di donne, come sulle scene del teatro medievale; solo pseudo-donne, a misura di un immaginario semplificato e un po' autistico. Un'omosessualità spirituale e culturale che può contemplare anche un passaggio strettamente sessuale". Qui emerge un'altra e, se possibile, più complessa questione, che le analisi attuali, sia per effettiva mancanza di basi culturali, sia per timore d'infrangere il "politically correct", non affrontano mai del tutto. Ci ha provato Umberto Galimberti, che non a caso è stato in malafede accusato, di omofobia, transfobia ecc. ecc.
Poniamoci, innanzi tutto, una domanda. La regressione menzionata da Terragni e Galimberti, e che quest'ultima sembra attribuire all'autonomia e alla libertà femminili, è realmente una malattia contemporanea? In parte, senza dubbio, sì.
Abbiamo accennato all'uomo Marrazzo. Ma il governatore Marrazzo è altra cosa. L'ozio d'un potere molle e sfatto arriva a sfigurare i luoghi più evocativi, sacri e (perché no?) nobilmente "paterni" in cui si riconosce la comunità (Marrazzo consumava i suoi piaceri in via Gradoli, memoria storica del rapimento Moro, B. riceveva la sue cortigiane a palazzo Grazioli; e i carabinieri corrotti e ricattatori, privi di volto e d'anima, hanno persino abdicato alla loro storica ragion d'essere). La mercificazione del corpo; la (in)cultura del qui e ora; l'impotenza da Basso Impero o, meglio da Impero (del) Basso, anatomicamente inteso; il ripiegamento su sé stessi; la serra riscaldata della compagnia d'un proprio simile, anziché la sfida ma anche l'entusiasmo di mettersi in gioco con qualcuno opposto a te; tutto quanto è tipico del nostro tempo. Quanto all'"omosessualità culturale e spirituale" denunciata da Terragni, e che ha ben poco da spartire con l'effettiva condizione vissuta da alcuni uomini e donne, sarebbe più appropriato definirla, con Luce Irigaray, "uomosessualità". Conta relativamente poco, infatti, il sesso dell'altro, perché conta poco l'altro. Conta la sessualità dell'uno, o il suo degrado, la sua insaziabilità e, al tempo stesso, la folle ricerca di piaceri tanto più proibiti quanto più facilmente "degradabili". La donna è accettata solo come prostituta, poiché merce in vendita, sottomessa per contratto. Ma la trans va oltre, donando all'uomosessuale l'illusione d'un potere assoluto, che nemmeno la prostituta donna, per quanto assoggettata, ormai accetta più. Lo scambio non è mai alla pari e non si crea nessuna vera relazione, ma una masturbazione a due (o a più), un moltiplicarsi di specchi che riproducono un'unica immagine.
E' contro questa cultura che si scagliarono san Paolo e Dante. I quali, non per nulla, additavano il vizio in personaggi di alto livello sociale, politico e culturale; nei potenti dell'epoca. E il potere è prevaricazione.
Eccoci tornati, quindi, al punto di partenza. Il disfacimento è senz'altro un "segno dei tempi"; diciamolo senza tema, un rifiuto dell'altro che è anche un rifiuto del totalmente altro: Dio. Una forma di idolatria che però, contrariamente a quanto afferma Galimberti, non è ancora la più grave delle regressioni. Già se ne profila una peggiore, dopo il mercimonio di entrambi i sessi e il prevalere dell'uno sull'altro: la pedofilia. La soglia d'attenzione rispetto all'abuso del minore si sta pericolosamente abbassando. Personaggi noti, spettacoli, giornali e persino annunci pubblicitari veicolano messaggi sempre più espliciti, a cui ci si sta quasi abituando. E niente più della pedofilia dà sfogo al delirio d'onnipotenza e di sottomissione, una "prova di forza" ottenibile senza alcuno sforzo ai danni di un individuo per sua natura debole e non formato. La pedofilia, dunque, è il punto d'arrivo e costituisce un arretramento verso la bestialità.
E' un segno dei tempi. Ma è anche un segno senza tempo; un serpente antico. La tentazione primordiale. Perché fin qui non si è parlato di sesso, ma di violenza, blasfemia, dominio, superbia. Violenza e superbia che, nel corso della storia, si sono manifestate in diverse forme, ma che hanno un'unica origine.
Questi sono i frutti del paganesimo sessista; questo è il risultato del rifiuto del dialogo, della sottomissione forzata d'una metà del genere umano, spesso benedetta persino da rappresentanti della religione (non a caso, uomini). E' fenomeno recente? E' colpa delle femministe? Degli omosessuali? Dei marxisti? Degli ambientalisti? O non è, piuttosto, colpa di tutti noi, quando puttaneggiamo, in misura maggiore o minore, con l'ingiustizia, la soverchieria e il potere?

Daniela Tuscano

Lara Cardella al sindaco di Montalto: «Emargina una stuprata, si dimetta»

Corriere della Sera.it
ROMA - Una valanga di commenti, indignati, duri. Sono oltre un centinaio i post caricati in due giorni sul sito roma.corriere.it per criticare l'atteggiamento di molti abitanti di Montalto di Castro, in merito allo stuprodi una quindicenne (avvenuto nel 2007) da parte di un branco di coetanei. Al coro di riprovazione, si unisce anche la scrittrice Lara Cardella, che su Facebook chiede «le scuse e le dimissioni del sindaco» del paese dell'Alto Lazio. Leggi ancora...

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Il serpente antico

L'ultima ingiuria, adesso, sarebbe definirla "donna con le palle". L'ultimo, estremo affronto del paganesimo sessista a Roberta Serdoz e, con lei, a tutto il genere femminile.

Negarne l'alterità, quindi la ragion d'essere. "Donna con le palle": cioè coraggiosa, nobile, forte, determinata, razionale. Cioè, maschio. Una donna che dimostra le qualità elencate, secondo la vulgata pagano-sessista, non può appartenere a sé e al suo sesso. Sesso viene da "secare", dividere, e il sesso femminile, per il paganesimo sessista, è di per sé divisione, mancanza. Peggio: nullità.

Il paganesimo sessista procede per sottrazione, poiché teorizza l'esistenza d'un solo vero sesso, quello maschile. Il quale però, contrariamente all'etimologia del vocabolo, è esaltato a paradigma assoluto, parabola suprema, e divinizzata, dell'intera umanità. Relativo che diventa totalità.

Per il paganesimo sessista nessuna donna possiede pertanto qualità positive, né i suoi comportamenti possono essere presi a modello. Se ciò avviene, è perché essa ha rinunciato alla sua femminilità-inesistenza per riempirsi e significarsi (travestirsi?) del divino maschile. "Donna con le palle", quindi: fatta uomo.

Roberta sta reagendo con una dignità che sfiora l'eroismo allo scandalo che ha travolto il marito. Il marito? Lei stessa, in realtà, e, ancor prima di lei, le figlie dei due, in particolare la più piccola, che a otto anni ha visto infrangersi contro il turpe muro d'un'umanità brutta, dentro e fuori, l'idolo paterno destinato a diventare, soltanto e naturalmente, l'uomo più amato.

Roberta reagisce restando al suo posto, continuando a lavorare, intenzionata a non abbandonare il consorte. Il più debole è lui, s'è detto da più parti, il più bisognoso d'aiuto, ed ecco accalcarsi attorno al pover'uomo schiere di psicologi, monaci, amici, politici, anime pie, tuttologi e professionisti della lotta alle discriminazioni. Militanti gay hanno espresso la loro vicinanza all'ex-governatore del Lazio e denunciato l'"imperante clima di transfobia e omofobia"; ma nei confronti di Roberta e delle bambine nemmeno una parola.

Tanto, è una "donna con le palle"! E' tenace, resisterà. Più probabilmente, di lei non s'è curato nessuno.

Nessuno si domanda quanto dolore, quale immane catastrofe psicologica si nascondano dietro il volto deciso, il sorriso franco e commovente di Roberta. Al paganesimo sessista importa solo l'apparenza, la lacrima esibita, la parodia della sofferenza. In una parola: la sceneggiata. Viviamo o no, nel gran teatro del mondo?

Soprattutto Roberta e le figlie, in questo momento, necessitano dell'aiuto maggiore. Ne hanno bisogno, anzi, diritto, proprio perché non lo invocano. Perché sono le più umiliate, le più negate. E, si badi bene: l'intenzione di chi scrive non è nemmeno quella di demolire Marrazzo e le sue personali miserie. Che, come dice la parola stessa, in senso stretto meritano soltanto commiserazione. Piero Marrazzo non è più colpevole d'un Cosimo Mele che va a mignotte e coca dopo aver sfilato al Family Day, né d'un Sircana che s'intrattiene - anche lui - con una trans sul marciapiede della capitale, né, naturalmente, di "utilizzatori finali" (elencare tutti i link a questo proposito sarebbe impossibile...) che non solo gozzovigliano con prostitute e minorenni (parola di moglie), ma se ne vantano pure, non sognandosi di dimettersi, bensì elevando a valore il loro degradato stile di vita.

L'uomo Marrazzo risponde soltanto alla sua coscienza (del presidente Marrazzo ci occuperemo più avanti). La donna Roberta Serdoz rappresenta tutte noi.

Tra i tanti commenti che hanno riempito le pagine dei quotidiani in questi giorni, ne ho trovati tre degni di nota, firmati rispettivamente da Giulia Bongiorno e Marina Terragni ("Corriere della Sera").

"Di fronte a un tradimento, qualunque tradimento, si tende a ritenere che una donna abbia una sola alternativa: tutelare la propria dignità chiudendo il rapporto, oppure custodire l'unità familiare e la sua immagine", annota Bongiorno. Ma quest'ultimo caso - la salvaguardia delle apparenze e il dovere coniugale - è la tipica scelta coatta delle donne sottomesse e tradizionaliste; non certo di Roberta Serdoz che invece, libera ed emancipata, svolge anche una solida professione di giornalista e conduce una vita sua. Nulla di più logico, quindi, dell'abbandono del tetto coniugale. Ma non accade: "Perché lei ha deciso, in piena libertà, che in questo frangente la priorità non è lei stessa. E così ha compiuto una vera scelta di emancipazione: si è emancipata persino dal bisogno di dimostrare la propria dignità. Ci ha rinunciato, sapendo di non esserci costretta", conclude la presidente della commissione Giustizia.

Ci troviamo di fronte a un passaggio fondamentale. Da sempre, e anche in questa particolare situazione, i sacerdoti del paganesimo sessista agitano lo spettro della femmina diabolica, il cui sesso è contemporaneamente nullificato e tenebroso, la cui natura è inesistente ma pericolosa, imperfetta ma temibile. Ancora qualche giorno fa, il cardinale Antonelli ha tuonato contro il femminismo che, assieme a gay, neomarxisti e addirittura "ambientalisti estremi" (?!?), insidierebbero la sacertà della Famiglia Tradizionale (E anche il suo Papa, spalancando scandalosamente le porte agli anglicani più retrivi e intolleranti - gesto empio reputato, da osservatori accecati e storditi,"Corriere" in primis, addirittura ecumenico... -, si muove nella stessa direzione.)

Secondo Antonelli, Ratzinger e gli alfieri del paganesimo sessista, unico compito della donna, per la sua natura incompiuta e peccaminosa, è stare asservita all'uomo, subire le sue prepotenze senza lagnarsi mai, partorire con dolore, ché questo è lo scotto da pagare per averlo strappato all'Eden. Poiché la donna non si può eliminare, come pure sarebbe desiderabile secondo tale visione, la si deve tenere a bada, negarle una propria e individuale personalità, la quale, se affermata, costituirebbe necessariamente un contro-valore rispetto all'Ordine Costituito, maschile. In questa prospettiva il femminismo, che al contrario esalta la diversità-ricchezza delle donne e si batte per la loro affermazione indipendentemente da chiunque, non può che risultare eretico e perverso, foriero di sovvertimenti e di divisioni.


La vicenda di Roberta Serdoz smaschera, ancora una volta, la menzogna di queste tesi. Roberta resta accanto al marito non perché deve farlo, ma perché lo vuole; e lo vuole seguendo una sua libera scelta, ascoltando il suo cuore, valutandolo, rispettandolo. E' vero: le donne amano vivere in relazione. Ma non perché non abbiano valore in sé; bensì perché valorizzano gli altri e loro stesse attraverso una spontanea auto-donazione. Gli uomini sono manichei; le donne in tale ottica, forzando il concetto, più "naturalmente" cristiane.

E, sempre in tale ottica, il femminismo aiuta la famiglia (certo, anche quella tradizionale mitizzata dal card. Antonelli), e non la insidia affatto. Tantomeno la distrugge.

Gli uomini non l'hanno ancora compreso, né sono stati in grado di fornire una risposta altrettanto valida al femminismo. L'hanno dapprima combattuto, poi irriso, infine subìto, ma mai sfruttato come occasione di crescita anche per loro.

Pertanto l'esortazione a "pensarci un po' su", che si legge nel contributo di Marina Terragni, può e deve essere accolta soprattutto dagli uomini; viceversa, frasi come "Dispensatrici di bellezza e di gioia, le donne hanno rinunciato per sempre a questa prerogativa divina... Valgono questo prezzo, i loro strepitosi guadagni?", rischiano di suonare terribilmente ambigue e fuorvianti. Come se l'attuale distorsione maschile sia imputabile, ancora una volta, al femminismo aggressivo ed emancipatore. Terragni continua così: "Mi scrive, straordinariamente sincero, un lettore sul blog: 'Il vero unico desiderio è vivere momenti di bel cameratismo con altri maschi... Anche il travestito, ama esclusivamente il mondo maschile e ritiene che la sua missione sia dare amore ad altri maschi, di cui comprende le sofferenze profonde che nessuna donna potrebbe lenire' [...]. Molti maschi regrediscono a un consolatorio 'tra uomini'. Un mondo a cui le donne non hanno accesso; solo maschere di donne, come sulle scene del teatro medievale; solo pseudo-donne, a misura di un immaginario semplificato e un po' autistico. Un'omosessualità spirituale e culturale che può contemplare anche un passaggio strettamente sessuale". Qui emerge un'altra e, se possibile, più complessa questione, che le analisi attuali, sia per effettiva mancanza di basi culturali, sia per timore d'infrangere il "politically correct", non affrontano mai del tutto. Ci ha provato Umberto Galimberti, che non a caso è stato in malafede accusato, di omofobia, transfobia ecc. ecc.

Poniamoci, innanzi tutto, una domanda. La regressione menzionata da Terragni e Galimberti, e che quest'ultima sembra attribuire all'autonomia e alla libertà femminili, è realmente una malattia contemporanea? In parte, senza dubbio, sì.
Abbiamo accennato all'uomo Marrazzo. Ma il governatore Marrazzo è altra cosa. L'ozio d'un potere molle e sfatto arriva a sfigurare i luoghi più evocativi, sacri e (perché no?) nobilmente "paterni" in cui si riconosce la comunità (Marrazzo consumava i suoi piaceri in via Gradoli, memoria storica del rapimento Moro, B. riceveva la sue cortigiane a palazzo Grazioli; e i carabinieri corrotti e ricattatori, privi di volto e d'anima, hanno persino abdicato alla loro storica ragion d'essere). La mercificazione del corpo; la (in)cultura del qui e ora; l'impotenza da Basso Impero o, meglio da Impero (del) Basso, anatomicamente inteso; il ripiegamento su sé stessi; la serra riscaldata della compagnia d'un proprio simile, anziché la sfida ma anche l'entusiasmo di mettersi in gioco con qualcuno opposto a te; tutto quanto è tipico del nostro tempo. Quanto all'"omosessualità culturale e spirituale" denunciata da Terragni, e che ha ben poco da spartire con l'effettiva condizione vissuta da alcuni uomini e donne, sarebbe più appropriato definirla, con Luce Irigaray, "uomosessualità". Conta relativamente poco, infatti, il sesso dell'altro, perché conta poco l'altro. Conta la sessualità dell'uno, o il suo degrado, la sua insaziabilità e, al tempo stesso, la folle ricerca di piaceri tanto più proibiti quanto più facilmente "degradabili". La donna è accettata solo come prostituta, poiché merce in vendita, sottomessa per contratto. Ma la trans va oltre, donando all'uomosessuale l'illusione d'un potere assoluto, che nemmeno la prostituta donna, per quanto assoggettata, ormai accetta più. Lo scambio non è mai alla pari e non si crea nessuna vera relazione, ma una masturbazione a due (o a più), un moltiplicarsi di specchi che riproducono un'unica immagine.

E' contro questa cultura che si scagliarono san Paolo e Dante. I quali, non per nulla, additavano il vizio in personaggi di alto livello sociale, politico e culturale; nei potenti dell'epoca. E il potere è prevaricazione.

Eccoci tornati, quindi, al punto di partenza. Il disfacimento è senz'altro un "segno dei tempi"; diciamolo senza tema, un rifiuto dell'altro che è anche un rifiuto del totalmente altro: Dio. Una forma di idolatria che però, contrariamente a quanto afferma Galimberti, non è ancora la più grave delle regressioni. Già se ne profila una peggiore, dopo il mercimonio di entrambi i sessi e il prevalere dell'uno sull'altro: la pedofilia. La soglia d'attenzione rispetto all'abuso del minore si sta pericolosamente abbassando. Personaggi noti, spettacoli, giornali e persino annunci pubblicitari veicolano messaggi sempre più espliciti, a cui ci si sta quasi abituando. E niente più della pedofilia dà sfogo al delirio d'onnipotenza e di sottomissione, una "prova di forza" ottenibile senza alcuno sforzo ai danni di un individuo per sua natura debole e non formato. La pedofilia, dunque, è il punto d'arrivo e costituisce un arretramento verso la bestialità.

E' un segno dei tempi. Ma è anche un segno senza tempo; un serpente antico. La tentazione primordiale. Perché fin qui non si è parlato di sesso, ma di violenza, blasfemia, dominio, superbia. Violenza e superbia che, nel corso della storia, si sono manifestate in diverse forme, ma che hanno un'unica origine.

Questi sono i frutti del paganesimo sessista; questo è il risultato del rifiuto del dialogo, della sottomissione forzata d'una metà del genere umano, spesso benedetta persino da rappresentanti della religione (non a caso, uomini). E' fenomeno recente? E' colpa delle femministe? Degli omosessuali? Dei marxisti? Degli ambientalisti? O non è, piuttosto, colpa di tutti noi, quando puttaneggiamo, in misura maggiore o minore, con l'ingiustizia, la soverchieria e il potere?

28.10.09

Ira

 

Questo edificante video è andato in onda domenica scorsa, durante il contenitore tv Domenica 5 (Canale Cinque), in fascia protetta e in un orario di massimo ascolto. Ecco come i cittadini di Montalto di Castro (Viterbo) commentano lo stupro di una ragazzina, avvenuto un paio d'anni fa:

Aggiungiamo, a titolo puramente informativo, che uno dei "bravi ragazzi" è casualmente nipote dell'esimio Sindaco, il progressista Salvatore Carai, il quale ha pagato le spese legali per tutti, a partire dal caro congiunto. E i "bravi ragazzi" ora son fuori, a godersi la vita.

D'altro lato, secondo il Primo Cittadino del Pd (la misoginia è molto democratica e se ne impipa del colore politico), non esistono stupratori italiani: chi brutalizza le donne sono solo i romeni, che - testuali parole - "lo stupro ce l'hanno nel sangue". Conclusione del fine sillogismo? La solita: la femmina se l'è cercata. E si divertiva pure!

Su Facebook sono sorti molti gruppi spontanei anche per sostenere Iride Allegri, l'unica cittadina montaltese che, per aver preso le difese della vittima (vale a dire, la ragazza: visto come siamo ridotti, occorre essere precisi), è stata quasi linciata dalla folla inferocita.


Qui di seguito si possono trovare i link dove indirizzare la propria protesta e richiedere le immediate dimissioni del "Sindaco". Finora non abbiamo ricevuto risposta dal novello segretario del Pd, l'on. Bersani, né ci pare d'aver letto proclami di solidarietà da parte di associazioni che si battono per gli emarginati, le minoranze sessuali, ecc. Ma non si sa mai. Non è mai troppo tardi. Il guaio è che lo è già, tardi.


COMUNE DI MONTALTO DI CASTRO: Sindaco (Salvatore CARAI): http://www.comune.montaltodicastro.vt.it/canale.asp?id=288

Proposte e suggerimenti: http://www.comune.montaltodicastro.vt.it/canale.asp?id=8

CARFAGNA - Ministro Pari Opportunità
m.carfagna@governo.it

PAGINE FB DIRIGENTI PD – il partito del sindaco di Montalto

BERSANI – segretario PD http://www.facebook.com/pages/Pierluigi-Bersani-Pagina-Ufficiale/127457477096#/pages/Pierluigi-Bersani-Pagina-Ufficiale/127457477096

ANNA FINOCCHIARO – presidente senatori PD e già oppositrice di Carai http://www.facebook.com/pages/Pierluigi-Bersani-Pagina-Ufficiale/127457477096#/pages/Anna-Finocchiaro/10538186002

ROSY BINDI - http://www.facebook.com/search/?q=rosy+bindi&init=quick#/pages/Rosy-Bindi/59109988600?ref=search&sid=1051504122.470120650..1

ANNA PAOLA CONCIA – duputato PD attiva sui temi violenza, razzismo e discriminazione di genere http://www.facebook.com/home.php#/annapaolaconcia?ref=mf

Nel video qui sopra, al minuto 7.17, l'amico Tony Troja traccia un quadro limpido e spietato dell'italica ignavia di fronte allo stupro di Montalto. E non solo, certo; affronta anche altri temi, su cui anch'io tornerò, statene certi. Ma sono poi altri o non, alla fine, risvolti d'un'unica, sozza medaglia?

Parafrasando un noto aforisma, gran brutta malattia il maschilismo. Più che altro strana: colpisce gli uomini, ma fa fuori le donne.

Daniela Tuscano

Emilio Fede difendendo Piero Marrazzo tutela anche Silvio Berlusconi?

Ora  che Marazzo si  è dimesso , meglio tardi che mai ,  finiamola  di  parlare  dei suoi gusti   sessuali  condivisibili o  deprecabili che siano e   poniamoci come   ho riportato  dakl  titolo  coem fa  l'autore  di questo articolo tratto da  http://www.polisblog.it/






E dimissioni, alla fine, furono. In una lettera pubblica letta dal vicepresidente Esterino Montino, Piero Marrazzo ha fatto sapere Piero Marrazzo - ho operato per il bene della comunità laziale. Mi auguro che questo possa essermi riconosciuto al di là degli errori personali che posso aver commesso nella mia vita privata”.Che tale rimarrà. Significativo, e quasi d’esempio, è stato Emilio Fede che in una nota ha fatto sapere che il telegiornale che dirige non si occuperà più dello scandalo rispettando la famiglia che di riflessoo è stata coinvolta nella vicenda.
“Fino a quando non ci saranno conclusioni dell’inchiesta – ha dichiarato Emilio Fede - per noi il caso Marrazzo si ferma qui. Per mesi abbiamo assistito alla violenza di certa informazione su fatti privati. Se li abbiamo criticati, ieri, dobbiamo farlo oggi.” ha ufficializzato ieri, poco dopo le 17.00, la sua uscita di scena dalla vita politica italiana.“Finché mi è stato possibile –

L'UNICO CIRCO VERO O SPETTACOLO VERO E' QUELLO SENZA ANIMALI

Senza titolo 1692

  L'AVETE VISTO IL FILM UNA GITA SCOLASTICA ?  :-)


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27.10.09

10 GIUGNO 1940

Libero Dean Rehova 1941 Greco-albanese offensiva 13.3.1941Quella pugnalata alla schiena, quando ormai era già stata messa in ginocchio dalle divisioni corazzate naziste, la Francia non ce la perdonerà mai.
Alcuni giorni dopo venne il turno della “Perfida Albione”, epiteto con il quale l’Inghilterra era stata battezzata dalla propaganda e dalla stampa di allora.
Quando appresi questa notizia, trasmessa per radio, il pomeriggio dello stesso giorno, non provai alcun timore anzi, con l’entusiasmo e l’incoscienza della gioventù, pensai che segnasse l’inizio di un’avventura, una grande avventura.
Lo stesso giorno, durante il pagamento della “decade”, soldo (paga) che si percepiva ogni dieci giorni (da cui il nome), ci venne comunicato che lo stesso sarebbe aumentato da una lira a cinque lire al giorno.
In più, dulcis in fundo, venne distribuita una tavoletta di cioccolato “Bandiera” del peso di 10 grammi che secondo la circolare, sarebbe stato distribuito a giorni alterni mentre con la decade avremmo ricevuto la razione di tabacco: cinque sigarette, due sigari toscani ed un pacchetto di tabacco forte da pipa.
Non ne vedemmo più, ma ci rimase soltanto il ricordo di quel cioccolato, il dolce ricordo dei cosiddetti “viveri di conforto” per le truppe in zona di operazioni. Per nostra fortuna, non ricevemmo neanche i sigari ed il tabacco da pipa, ci restarono le cinque sigarette, almeno quelle si potevano fumare.
Sempre lo stesso giorno, insieme all’amico Gigi, fui assegnato al Quartier Generale della Divisione. Non avevo ancora vent’anni e fu così che ebbe inizio la mia guerra.
Il generale comandante e lo stato maggiore, intanto si erano già sistemati in comode baracche di legno, costruite e mimetizzate ad arte,tra la vegetazione, sul versante a ridosso del confine.
Quello sarebbe stato il comando tattico, durante le operazioni! Pensavano, forse, di fare una comoda, per loro, guerra di posizione, come nella Prima Guerra Mondiale?
In tale previsione, nelle stesse, c’erano le stanze da letto, una dispensa, ben fornita e la mensa,( leggi: ristorante), con i camerieri, militari, in giacca e guanti bianchi!
I poveri fanti ed i loro ufficiali che, avrebbero dovuto marciare baldanzosi incontro al nemico, invece, sotto una pioggia scrosciante,salivano mestamente e faticosamente, verso la linea del fronte.
Ma una volta giunti sulle postazioni assegnate, in compenso, li attendeva un lauto pasto, consistente in galletta ed una scatoletta di carne ed in più un sonno ristoratore sulla nuda terra, sotto un misero telo da tenda, bagnati fradici ed intirizziti per il freddo.
La nostra permanenza al Quartier Generale durò poco. Una sera al ritorno da Torino, dove eravamo andati a ritirare i cosiddetti “viveri di conforto”, questa volta, non per la truppa, ma per i componenti lo stato maggiore. Dopo averli scaricati e sistemati, provvisoriamente sotto una tenda, si era fatto tardi ed eravamo rimasti senza il rancio.
Ci rivolgemmo allora, all’ufficiale addetto alla mensa, che ci aveva accompagnato nel viaggio ma, alla nostra richiesta di avere qualche cosa da mettere sotto i denti, ci rispose: Mi dispiace, ma non ho più nulla da darvi, cercate di arrangiarvi.
E noi ci arrangiammo! Sapendo dov’erano i “viveri di conforto” che avevamo portato da Torino, ci servimmo di quel tanto che bastava per una romantica cenetta, al lume di candela, sotto il telo dell’auto carretta.
Il giorno dopo,l’ufficiale si accorse che qualcosa mancava, pur sospettando di noi ma non avendo trovato alcuna prova, si vendicò facendoci trasferire al trasporto munizioni.
Le prove c’erano, ma erano già partite, all’alba, con il motociclista addetto alla posta che le aveva fatte sparire, gettandole in un torrente, lontano dal posto dove eravamo allora.

 

 

 

 

 


25.10.09

La macchina del tempo

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Immagini di franca casale nella sabina 1845


Spesso, quando mi trovo da sola in una stanza di fronte a un camino acceso, mi rilasso e torno indietro nel tempo. Oggi ho acceso questo fuoco, seduta davanti ho chiuso gli occhi e mi sono trasferita nel 1845. Questa casa ancora non era ultimata, ho visto due anziani che dormivano in un angolo, vicino al camino una donna incinta con una mano accarezzava la sua pancia e l'altra con un lungo mestolo girava lentamente nel pentolone agganciato a una grossa catena situata al centro del fuoco, i ciocchi di legno poggiati su due alari di ferro lasciavano cadere tizzoni di legno. La brace veniva ordinata ai lati sotto un treppiedi e un tegame di coccio rivestito con una rete di ferro per protezione, lenti cucinavano i fagioli. La piccola cucina era calda l'odore del mangiare era invitante aveva riempito ogni angolo; un cigolio e una piccola porta di legno si apre entra un giovane uomo coperto di cenci sporchi di terra, con un cesto pieno di verdure. “Salve Rosa! anche oggi sono riuscito a raccogliere qualcosa per mangiare, l'asino è già nel cellaio! l'ho fatto mangiare.” L'uomo si avvicina alla donna, le accarezza i capelli neri, la giovane piega il capo verso di lui e le sorride. Altre volte, sono andato indietro di parecchi secoli, ieri solo nel 1845 e le cose le ho comprese meglio, quando vado molto lontano per me è più difficile ambientarmi, comunque è sempre molto interessante è come vedere vecchi film. Provateci non è male, questo esercizio mi fa comprendere molte cose. franca bassi



Carlo delle città

 


 

Don Gnocchi era l'infanzia. Non l'infanzia mutilata, lacera e macilenta. L'infanzia, e basta. La mia, innanzi tutto, perché la sua figura mi ha accompagnata fin dai testi scolastici. Perché la via a lui dedicata, a Bresso, sorge sul limitare della grande metropoli, nella periferia ancora disadorna, brulla e ingrigita. Perché le immagini che lo ritraggono, già circonfuso di un'aura sfuggente, hanno qualcosa di fanciullesco. Lo sguardo. Completamente libero, trasparente, senza sopraccigli, sconfinato sulla fronte spaziosa e infinita.
 


L'infanzia dunque, e, conseguentemente, l'interezza. Nulla di dolciastro, di patetico, di limitato nell'operosità di questo prete lombardo, sottile come un giunco. Se oggi siamo giunti alla consapevolezza che il bambino è persona completa e intatta, lo dobbiamo in gran parte a lui. Non si limitava ad accogliere, come testimonia Vincenzo Russo che, prima di diventare uno stimato professionista, è stato ospite del sacerdote. Lui voleva davvero che gli ultimi fossero i primi; non soltanto spiritualmente, ma effettivamente. Quel termine, "mutilatini", mi ha sempre impressionata, perché il diminutivo non riusciva ad attenuare l'immane tragedia d'una realtà che nulla concedeva al lezioso o al libresco. Quel termine ci diceva: esiste il dolore innocente, esistono individui sfregiati da un odio insensato e brutale, esistono e il loro grido si perde nel silenzio, anche in quello di Dio. E quindi non solo gli storpiati dalla guerra, ma gli svantaggiati di ogni tipo, disabili, emarginati. Bambini. Si torna sempre lì. Il bambino è l'emarginato per eccellenza, anche quando cresce forte, accudito e sano. Perché è basso, indifeso, barcollante. Ed ecco il motivo per cui pure noi, figli o ex-figli del benessere, non fatichiamo a identificarci in quelle fotografie d'infanti stecchiti, di calzoni corti cui spuntano incerti arti di cerbiatto, o rami d'inverno. E' la nostra vita che biascica, che spunta nuda e sola in un mondo impietoso.Don Carlo ha dimostrato che per loro, per noi, in quell'istante più isolato della nostra vita, c'è qualcosa. Dio? Il rispetto, innanzi tutto. Rammenta don Giovanni Barbareschi, prete partigiano, incarcerato per la sua attività antifascista, per anni stretto collaboratore del card. Martini: "Una delle frasi più belle che don Gnocchi mi disse prima di morire? 'Il primo atto di fede che un essere umano deve fare non è in Dio ma nella sua libertà di uomo, perché anche la libertà di uomo è un atto di fede'. E qui è tutto don Carlo".


Don Barbareschi rievoca le ultime ore di vita di Carlo Gnocchi alla comunità comunità pastorale San Martino in Lambrate - SS. Nome di Maria.

 

 

 



Ho voluto intitolare questo ricordo "Carlo delle città", non solo "dei mutilatini" o "dei bambini", proprio per questo suo essere "tutto" a partire dal "niente". Dalla città, vuota. La città teatro di guerre, sia materiali, sia interiori: le guerre dell'incomunicabilità, dell'angoscia e della solitudine. La città come luogo dell'assenza di Dio. La città disposta a tributare un omaggio formale ai profeti che la solcano, ma che ignora le concrete domande dei figli (oggi, le mamme della scuola intestata a don Carlo diserteranno la cerimonia di beatificazione, prevista per le ore 10 in Duomo, in segno di protesta contro i tagli del Ministero, che ha lasciato a casa 15 delle 60 maestre provocando seri disagi agli alunni, disabili gravi). Carlo, nome fatale per gli ambrosiani, non venga dunque vanificato su un altare, ma continui a percorrere queste vie. Se vogliamo che le nostre Ninive d'oggi conoscano ancora un respiro di speranza.

Daniela Tuscano

Carlo delle città


Don Gnocchi era l'infanzia. Non l'infanzia mutilata, lacera e macilenta. L'infanzia, e basta. La mia, innanzi tutto, perché la sua figura mi ha accompagnata fin dai testi scolastici. Perché la via a lui dedicata, a Bresso, sorge sul limitare della grande metropoli, nella periferia ancora disadorna, brulla e ingrigita. Perché le immagini che lo ritraggono, già circonfuso di un'aura sfuggente, hanno qualcosa di fanciullesco. Lo sguardo. Completamente libero, trasparente, senza sopraccigli, sconfinato sulla fronte spaziosa e infinita.
L'infanzia dunque, e, conseguentemente, l'interezza. Nulla di dolciastro, di patetico, di limitato nell'operosità di questo prete lombardo, sottile come un giunco. Se oggi siamo giunti alla consapevolezza che il bambino è persona completa e intatta, lo dobbiamo in gran parte a lui. Non si limitava ad accogliere, come testimonia Vincenzo Russo che, prima di diventare uno stimato professionista, è stato ospite del sacerdote. Lui voleva davvero che gli ultimi fossero i primi; non soltanto spiritualmente, ma effettivamente. Quel termine, "mutilatini", mi ha sempre impressionata, perché il diminutivo non riusciva ad attenuare l'immane tragedia d'una realtà che nulla concedeva al lezioso o al libresco. Quel termine ci diceva: esiste il dolore innocente, esistono individui sfregiati da un odio insensato e brutale, esistono e il loro grido si perde nel silenzio, anche in quello di Dio. E quindi non solo gli storpiati dalla guerra, ma gli svantaggiati di ogni tipo, disabili, emarginati. Bambini. Si torna sempre lì. Il bambino è l'emarginato per eccellenza, anche quando cresce forte, accudito e sano. Perché è basso, indifeso, barcollante. Ed ecco il motivo per cui pure noi, figli o ex-figli del benessere, non fatichiamo a identificarci in quelle fotografie d'infanti stecchiti, di calzoni corti cui spuntano incerti arti di cerbiatto, o rami d'inverno. E' la nostra vita che biascica, che spunta nuda e sola in un mondo impietoso.
Don Carlo ha dimostrato che per loro, per noi, in quell'istante più isolato della nostra vita, c'è qualcosa. Dio? Il rispetto, innanzi tutto. Rammenta don Giovanni Barbareschi, prete partigiano, incarcerato per la sua attività antifascista, per anni stretto collaboratore del card. Martini: "Una delle frasi più belle che don Gnocchi mi disse prima di morire? 'Il primo atto di fede che un essere umano deve fare non è in Dio ma nella sua libertà di uomo, perché anche la libertà di uomo è un atto di fede'. E qui è tutto don Carlo".
Don Barbareschi rievoca le ultime ore di vita di Carlo Gnocchi alla comunità comunità pastorale San Martino in Lambrate - SS. Nome di Maria.
Ho voluto intitolare questo ricordo "Carlo delle città", non solo "dei mutilatini" o "dei bambini", proprio per questo suo essere "tutto" a partire dal "niente". Dalla città, vuota. La città teatro di guerre, sia materiali, sia interiori: le guerre dell'incomunicabilità, dell'angoscia e della solitudine. La città come luogo dell'assenza di Dio. La città disposta a tributare un omaggio formale ai profeti che la solcano, ma che ignora le concrete domande dei figli (oggi, le mamme della scuola intestata a don Carlo diserteranno la cerimonia di beatificazione, prevista per le ore 10 in Duomo, in segno di protesta contro i tagli del Ministero, che ha lasciato a casa 15 delle 60 maestre provocando seri disagi agli alunni, disabili gravi). Carlo, nome fatale per gli ambrosiani, non venga dunque vanificato su un altare, ma continui a percorrere queste vie. Se vogliamo che le nostre Ninive d'oggi conoscano ancora un respiro di speranza.

Manuale di autodifesa I consigli dell’esperto anti aggressione Antonio Bianco prima e seconda parte

Con questa piccola guida a puntate, che potrete ritagliare e conservare, vi daremo ogni settimana un consiglio pratico per mettervi al sicu...