6.9.19

quando in italia c'era un po' di unanimità con i profughi . il caso della marina italiana verso i profughi i beat people del vietnam



visto che i miei post vengono seguiti anche da " avversari politici e culturali " riporto la stessa nota dell'autore del post che troverete sotto : PREMESSA IMPORTANTE: questa è Storia, non opinioni. Ho raccontato e raccolto testimonianze di fatti accaduti quarantanni fa di cui oggi ricorre l’anniversario. Chiunque desideri fare parallelismi o “interpretarlo” lo fa di sua iniziativa, non mia. Io posso dire che : mi è bastato leggere questa storia e che nessuno si è opposto, giusto per fare un piccolo parallelo con la situazione attuale. E' una storia incredibile che mi ha emozionato e che non conoscevo, chissà quante altre non conosco e non conosciamo.Concludo  questa pippa  introduttiva     con questo commento di

Claudio Carli E' incredibile anche il solo pensare che un governo possa aver fatto tutto questo quasi senza che l'opinione pubblica lo sapesse. Oggi si decidono le cose da fare in base ai sondaggi e al ritorno di consensi, non più in base al fatto che sia giusto o meno fare qualcosa.
Siamo ridotti veramente male!
  
  preso dal  gruppo fb    della  COMUNITA' DEGLI EX PROFUGHI POLITICI VIETNAMITI IN ITALIA

Ecco la storia   presa   da https://www.termometropolitico.it/



Quando negli anni ’80 la marina militare italiana riuscì a fare l’impossibile




Quando negli anni ’80 la marina militare italiana riuscì a fare l’impossibile

PREMESSA IMPORTANTE: questa è Storia, non opinioni. Ho raccontato e raccolto testimonianze di fatti accaduti quarant’anni fa di cui oggi ricorre l’anniversario. Chiunque desideri fare parallelismi o “interpretarlo” lo fa di sua iniziativa, non mia.

30 aprile 1975

Saigon cade, e assieme a lei tutto il Vietnam del sud. I comunisti si scatenano in un vortice di vendette verso militari e civili, instaurando un regime totalitario. Al loro arrivo un milione di persone viene prelevato per essere “rieducato”; sono sacerdoti, bonzi, religiosi, politici regionali, intellettuali, artisti, scrittori, studenti. A ogni angolo di strada spuntano “tribunali del popolo” in cui gli accusati non hanno diritto alla difesa, e a cui seguono esecuzioni sommarie.
A migliaia vengono tolte case, beni, proprietà e vengono gettati nelle paludi, dette “Nuove Zone Economiche”, dove avrebbero dovuto creare fattorie e coltivazioni dal nulla. In realtà, li mandano a morire di fame. L’intero Vietnam del sud diventa un grande gulag, dove accadono orrori simili a quelli della Kolyma di Stalin.

Nel 1979, la popolazione cerca di scappare.



Non possono farlo via terra, perché i paesi confinanti li respingono; l’unica opzione per intere famiglie consiste nel prendere barconi improvvisati e gettarsi in mare, lontano dai fucili e dai tribunali del popolo. Le immagini di questi disperati fanno il giro del mondo e dividono l’opinione pubblica mondiale, ancora divisa per ideologie pre-muro di Berlino. Il comunismo non può essere contestato né fare errori, sono “menzogne raccontate dai media che ingigantiscono la faccenda per strumentalizzarla”.


Mentre l’occidente blatera, i rifugiati sui barconi scoprono di non poter sbarcare da nessuna parte. Vengono ribattezzati “boat people”, disperati con a disposizione due cucchiai d’acqua e due di riso secco al giorno che raccolgono l’acqua piovana coi teli di plastica e sono in balia di tempeste e crudeltà. Il governo della Malesia li rimorchia a terra per spennarli di tutti i loro averi, poi li rimette sulle barche dicendogli che stanno arrivando degli aiuti e li rimorchia in alto mare, dove taglia le funi e li abbandona a morire.
A volte le tempeste tropicali li affondano, altre volte pescatori armati saltano a bordo e uccidono e stuprano finché sono stanchi, poi li abbandonano lì. A bordo c’è così tanta puzza da far svenire, e la fame è tale che ci sono episodi di cannibalismo. Navi occidentali si affiancano e gettano qualcosa da mangiare per fotografarli, poi se ne vanno.

Intanto, l’Italia è un mondo diverso

Sono anni difficilissimi tra inflazione alle stelle, bombe e attentati, ma il neonato benessere è ancora troppo recente per far dimenticare agli italiani il loro passato di povertà, ruralità ed emigrazione. Quando le immagini dei boat people vengono rese pubbliche da Tiziano Terzani il 15 giugno 1979, invece di aggiungersi al dibattito globale di opinionisti e intellettuali impegnati a decidere se salvare dei profughi di un regime comunista sia un messaggio capitalista o no, Pertini capisce che ogni minuto conta, chiama Andreotti e dà ordine di recuperarli e portarli in Italia.


Andreotti è presidente del Consiglio, ma è stato prima ministro della difesa. Quella che riceve è una richiesta folle, perché l’Italia non ha mai fatto missioni simili né per obiettivo né per distanza. Ora però il ministro della difesa è Ruffini, e dice che in teoria è fattibile. Insieme scelgono come braccio destro Giuseppe Zaberletti, uno che aveva già dimostrato un’estrema capacità organizzativa in situazioni di crisi, e si mettono a studiare il da farsi. Non sanno quanti sono, né in che zona precisa; sono fotografie sfocate in mezzo al nulla.


Se il primo problema è il dove, subito dopo vengono tempo e lingua.

Il mondo del 1979 non parla inglese, figurarsi il vietnamita. Anche gli interpreti scarseggiano e non c’è tempo di trovarli, però c’è la Chiesa. Andreotti domanda al Vaticano se ha a immediata disposizione preti vietnamiti e gli arrivano padre Domenico Vu-Van-Thien e padre Filippo Tran-Van-Hoai. Per un terzo interprete, i Carabinieri piombano all’università di Trieste, scorrono i registri e reclutano sul posto uno studente, Domenico Nguyen-Hun-Phuoc. A quel punto, Ruffini può alzare il telefono.


Incrociatore Vittorio Veneto
Tolone, Francia
27 giugno 1979
L’incrociatore Vittorio Veneto dell’ottavo gruppo navale è alla fonda a Tolone, in Francia, dopo aver finito la stagione. L’equipaggio di 500 uomini non vede l’ora di sbarcare per abbracciare le proprie famiglie, quando nelle mani del comandante Franco Mariotti arriva un cablogramma urgentissimo dall’ammiraglio di Divisione Sergio Agostinelli, a bordo dell’Andrea Doria. Ordina di tenere a bordo solo il personale addetto alle armi, poi di riadattare l’assetto della nave e salpare alla volta di La Spezia per riunirsi all’Andrea Doria per una missione di recupero. Quando capiscono di cosa si tratta, gli equipaggi si esaltano.


Mariotti lascia a terra 350 uomini, che invece chiedono di restare a bordo per aiutare. Predispone 300 posti letto per donne e bambini su letti a castello nell’hangar a poppa, e 120 posti per gli uomini a prua. L’alloggio sottufficiali diventa un’estensione dell’infermeria, e sotto il ponte di volo viene adibita la zona d’aria. Servono almeno dieci bagni in più, ma ce la fa. Impiega cinque giorni a cambiare l’assetto, e solo al quarto giorno, prima di partire, ordina agli uomini di scendere a salutare le famiglie.


Arrivano a La Spezia il 4 luglio, dove vengono caricati e istruiti medici, infermieri, interpreti, medicinali e vestiti. Il giorno dopo salpano alle 10 diretti verso il sud di Creta, dove si riuniscono con la nave logistica Stromboli, comandata dall’ammiraglio Sergio Agostinelli; in totale ci sono 450 posti letto sulla Vittorio Veneto, 270 sulla Doria e 112 sulla Stromboli.




È un viaggio orrendo, nella stagione peggiore. Oltre al caldo mostruoso del mar Rosso, i monsoni dell’oceano Indiano portano il vento a forza 7. Onde lunghe e gigantesche che mettono a dura prova i 73,000 cavalli vapore degli incrociatori. Dopo 10 giorni di navigazione ininterrotta, il 18 luglio ormeggiano a Singapore e caricano le provviste supplementari, così da dare il tempo all’intelligence di fare “ricognizione informativa” e di improntare un piano.


In quattro giorni parlano con l’ambasciatore della Malesia, con l’addetto della marina militare inglese, i portavoce di World Vision International e definiscono le zone da pattugliare. Le direttrici di fuga sono cinque: due verso Thailandia e Hong Kong, di scarso interesse perché passano per acque territoriali. Le altre tre sono di preminente interesse, cioè dall’estremo sud del Vietnam verso la Thailandia (costa occidentale del golfo del Siam), verso Malesia e isole Anambas dell’Indonesia. Le ultime due sono le più probabili perché sono vicine alla piattaforma petrolifera della Esso, che per chi mastica poco il mare è l’unico polo di attrazione.


Diventa la zona operazioni.

Ma devono fare 12,000 chilometri senza scalo.
La navigazione più lunga mai fatta dalla Marina militare italiana.
Alle 10 del 25 luglio salpano alla volta del mar cinese meridionale e golfo del Siam. Durante la notte, va e viene un eco radar. Il giorno dopo il mare è a forza 4 (esempio), e il ponte viene spazzato da raffiche di vento e acqua. Alle 8.15, con un coraggio notevole, l’Agusta Bell 212 si alza in volo per investigare le coordinate e localizza la prima barca alla deriva. È un catorcio di 25 metri carico fino all’inverosimile che sta colando a picco davanti alla piattaforma della Esso.






L’Andrea Doria dà l’avanti tutta e arriva a prenderli alle 9.20, carica su un gommone interprete, medici, scorta e glielo manda incontro in mezzo alla burrasca che monta, raccomandandosi di rispettare norme di prevenzione e contagio. Il gommone si affianca e gli interpreti recitano un testo che hanno imparato a memoria.
«Le navi vicine a voi sono della Marina Militare Italiana e sono venute per aiutarvi. Se volete potete imbarcarvi sulle navi italiane come rifugiati politici ed essere trasportati in Italia. Attenzione, le navi ci porteranno in Italia, ma non possono portarvi in altre nazioni e non possono rimorchiare le vostre barche. Se non volete imbarcarvi sulle navi italiane potete ricevere subito cibo, acqua e assistenza medica. Dite cosa volete e di cosa avete bisogno»






Un’onda allontana il gommone, e una donna vietnamita, convinta che gli italiani li stiano abbandonando come tutti, gli lancia il proprio figlio a bordo. I marinai erano italiani del 1979, un mondo in cui non esistevano i social e queste scene non erano già state raccontate. A quella vista, impazziscono. Tutte le procedure per evitare contagi vengono infrante, e dallo scafo tirano fuori 66 uomini, 39 donne e 23 bambini.


Teodoro Porcelli, all’epoca marinaio di vent’anni, è sul barcarizzo di dritta quando riconsegna il figlio alla madre. Lei per tutta risposta gli accarezza i capelli e si mette a piangere, poi portano insieme il bambino dal dottore.




Sono i primi di tanti altri che arriveranno nei giorni successivi.

A bordo degli incrociatori, gli uomini sgobbano come animali. Infermerie, lavanderie, forni e cucine lavorano senza sosta, coi panettieri che danno il turno e i cuochi che devono allestire 1000 pasti al giorno, di cui una doppia razione per i macchinisti che sono ridotti a pelle e ossa per a far andare le quattro caldaie Ansaldo-Foster Wheeler contro le onde, il tutto con temperature tropicali e navi tutt’altro che adatte.
Medici e marinai devono stare attenti a 125 bambini che una volta nutriti corrono dovunque, ma ovviamente prediligono il ponte di volo.








Il 31 luglio a bordo dell’Andrea Doria nasce un bambino che la madre battezza col nome di Andrea. Marsicano lo avvolge con un vestitino di seta che doveva regalare a sua figlia. I vietnamiti più in salute vogliono essere d’aiuto e fare qualcosa, così vengono messi a fare i lavori del mozzo secondo il vecchio e famosissimo proverbio della Marina.


“Pennello e pittura, carriera sicura”
Il 1 agosto a bordo delle navi non c’è più spazio fisico; hanno navigato per 2640 miglia, esplorato 250,000 kmq di oceano e salvato 907 anime. L’ammiraglio dà ordine di tornare a casa, e il 21 agosto 1979 i tre incrociatori entrano in bacino San Marco.








Ad accoglierli c’è un oceano di gente, oltre a chi ha pianificato l’operazione fin dall’inizio: Andreotti, Ruffini, Zamberletti e Cossiga, che in seguito alla crisi di governo ha sostituito Andreotti.


Photocredit: Roberto Vivaldi


Photocredit: Roberto Vivaldi


Photocredit: Roberto Vivaldi
A bordo ci sono malattie anche tropicali e uomini malmessi, così a qualcuno viene in mente che Venezia, riguardo a importazioni di merci e uomini, qualcosina ne sa. Così, proprio come faceva la Serenissima novecento anni prima, i vietnamiti vengono messi in quarantena nel Lazzaretto vecchio e in quello nuovo. Quelli che non ci stanno vengono spediti in Friuli.
Sono entrati così in simbiosi con l’equipaggio che a parte pianti, abbracci, baci e giuramenti, alcuni si rifiutano di scendere dalla nave chiedendo se possono arruolarsi. Alla fine ci sarà uno scambio di dichiarazioni tra vietnamiti ed equipaggio:
«Ammiraglio, comandante, ufficiali, sottufficiali e marinai; grazie per averci salvati! Grazie a tutti coloro che con spirito cristiano si sono sacrificati per noi notte e giorno. Voi italiani avete un cuore molto buono; nessuno ci ha mai trattato così bene. Eravamo morti e per la vostra bontà siamo tornati a vivere. Questa mattina quando dal ponte di volo guardavamo le coste italiane una dolce brezza ci ha accarezzato il viso in segno di saluto e riempito di gioia il nostro cuore. Siete diversi dagli altri popoli; per voi esiste un prossimo che soffre e per questa causa vi siete sacrificati. Grazie.»
L’ammiraglio risponde da parac… da italiano:
«Noi siamo dei militari; ci è stata affidata una missione e abbiamo cercato di eseguirla nel modo migliore. Siamo felici d’aver salvato voi e così tanti bambini e di portarvi nel nostro paese. L’Italia è una bella terra anche se gli italiani, a volte, hanno uno spirito irrequieto. Marco Polo andò con pochi uomini alla scoperta dell’Asia; voi venite in tanti nel nostro piccolo mondo. Sappiate conservare la libertà che avete ricevuto.»






Vengono creati campi d’accoglienza a Chioggia, Cesenatico e Asolo.

Il popolo italiano si mobilita in massa; vengono raccolti 26.500.000 di lire tramite raccolta di abiti usati e altrettanto arriva tramite donazioni private. Arrivano offerte di lavoro e di abitazione, una famiglia si offre di costruire una casa alle famiglie, una ditta si offre di arredarla. Una scolaresca raccoglie i soldi per comprare un motorino e una macchina da cucire, i dipendenti della Banca Antoniana si tassano lo stipendio fino all’agosto del 1980, versando ogni mese i loro risparmi nel conto corrente della Caritas. I commercianti padovani inviano generi alimentari, molti ospitano i rifugiati nelle loro case ad Arsego, San Giorgio delle Pertiche, Fratte e Zugliano.


Pasquale Marsicano
Ruffini, ricordando la storia, dirà che “potevo considerarmi soddisfatto della mia intera esperienza politica per il solo fatto di aver potuto contribuire alla salvezza di quei fratelli asiatici”. I vietnamiti si integrano alla perfezione, diventano italiani o disperdendosi per l’Italia arrivando oggi alla terza generazione. Parecchi marinai prenderanno la medaglia di bronzo.




Quarant’anni dopo, i marinai e i profughi hanno aperto un gruppo Facebook per ritrovarsi. State attenti ad aprirlo se avete la lacrima facile.


“A tutti i marinai della “Stromboli”, noi vietnamiti vi siamo molto riconoscenti. Se non ci foste venuti in aiuto, noi ora non saremmo probabilmente vivi. Vi pensiamo spesso, ora che siamo qui al sicuro e ricordiamo quanto buoni e gentili siete stati con noi. Il vostro ricordo rimarrà sempre nel nostro cuore e anche se non ci vediamo più, noi vi penseremo che con affetto, riconoscenza e nostalgia. Grazie ancora!”





5.9.19

Contaminazione che dovrebbe arricchire ed invece divide e storie d'integrazione


Colonna  sonora  
  PER LA  PRIMA STORIA   : INNO NAZIONALE  - LUCA   CARBONI 
  PER  LA  SECONDA  STORIA   Creuza -de- ma Fabrizio De Andrè


da http://invececoncita.blogautore.repubblica.it/articoli/2019/09/05/


Ferdinando a Capo Zafferano: "Inviterei i sovranisti a vedere questa bellezza"
Ferdinando a Capo Zafferano: "Inviterei i sovranisti a vedere questa bellezza"
Ferdinando Cravero, impiegato, 42 anni, vive a Roma, intristito dall’imbarbarimento del nostro tempo
"Agosto è stato il periodo delle sagre di paese per eccellenza, dalla Sicilia al Trentino si celebrano tradizioni e specialità gastronomiche locali. Così è anche per il paese di Plan (Bolzano)  in Valpassiria, Sudtirolo, che il 15 agosto organizza la propria festa. Dimenticate zucchero filato, croccante e bancarelle, perché troverete un grande capannone dove viene servita birra a fiumi, e poi würstel, crauti e patate, tutto accompagnato da musiche e balli tradizionali tirolesi; una piccola Oktoberfest, che viene celebrata a ferragosto anziché a ottobre, in un comune italiano invece che a Monaco di Baviera"."Organizzazione perfetta, efficiente, se non fosse per lo scoglio linguistico: nessuno degli organizzatori parla italiano. In realtà neanche i partecipanti alla sagra, giovani o anziani che fossero, parlavano italiano, e questa condizione stupisce perché in qualsiasi paese, anche il più remoto della Sicilia o Sardegna, l'italiano è lingua conosciuta. E' anche questa l'Italia, la stessa lingua declinata in diverse sfumature, che ci fa sentire la ricchezza delle diversità del nostro paese. Non è così in Sudtirolo, l'italiano non viene insegnato a scuola o viene insegnato come seconda lingua, si costruiscono muri invece che ponti tra diverse culture dello stesso paese, non era così anni fa quando il bilinguismo era sostenuto da politici più illuminati"."Abbiamo aperto i confini all'Europa, alla moneta unica, alla libera circolazione delle merci e delle persone, abbiamo colto le opportunità di essere europei prima che italiani. Oggi viviamo un processo inverso, un imbarbarimento. ‘Prima l'Italia e gli italiani’, ‘prima l'Alto Adige’, ‘prima il Sudtirolo’, ‘prima il mio comune’, ‘prima il mio quartiere’. In un mercato sempre più globale l'Italia vuole chiudersi in sterili campanilismi, dimenticando quella che è stata la nostra storia e la nostra grandezza"."L'Italia è un ponte naturale sul Mediterraneo che unisce l'Europa all'Africa e che ha permesso l'incontro dei popoli, che ha portato conoscenza, arte e cultura. Le contaminazioni greche, islamiche, normanne, non hanno forse generato tanta bellezza nel sud Italia? Se tanta bellezza, se la conoscenza, l'arte e la cultura, sono frutto delle contaminazioni tra i popoli, mi piacerebbe sentire slogan per realizzare ponti che permettano all'umanità di incontrarsi, slogan per innalzare scale per guardare oltre i muri che i nostri politici vogliono costruire".

https://torino.repubblica.it/cronaca/2019/09/05/


Sbarcato a Lampedusa nel 2011, rifugiato si laurea a Torino con tesi sui diritti umani in Darfur







Sbarcato a Lampedusa nel 2011, rifugiato si laurea a Torino con tesi sui diritti umani in Darfur
Ahmed Musa con la tesi in mano festeggia la sua laurea 

Il giovane era anche stato vittima di un'aggressione razzista a Mirafiori, ora spera di frequentare il dottorato
Sbarcato a Lampedusa nel 2011 senza documenti, oggi si è laureato a Torino con una tesi sui diritti umani in Darfur, l'area dalla quale proviene e dove è stato incarcerato e privato della nazionalità, dopo la tortura e l'uccisione del padre e di sei fratelli. I suoi primi giorni nel capoluogo piemontese li ha passati dormendo nella stazione di Porta Nuova. Un anno fa era anche stato vittima di un'aggressione razzista, nel quartiere Mirafiori. Oggi vive al Collegio universitario e punta al dottorato. Ha lo status di profugo e un figlio piccolo, che ha chiamato Nelson Mandela.
Il protagonista di questa storia è Ahmed Musa, 32 anni, nato a Entkena in Sudan. E' sfuggito al carcere perché, considerato morto, è stato abbandonato in un campo dove lo hanno trovato e soccorso dei contadini. Da allora all'arrivo in Italia passano cinque anni, tre dei quali trascorsi in Libia. Prima che i miliziani filogovernativi attaccassero la sua città, si era laureato in Economia a Khartoum, dove insegnava e si era sposato con una collega, ora rifugiata in Norvegia.
"Lo studio - spiega Musa mentre attende di entrare a discutere la tesi, relatrice Valentina Pazé - è un mezzo per dimostrare che nessuno può distruggere la volontà di un altro. Con lo studio, mi hanno insegnato i miei genitori, puoi cambiare la vita tua e quella degli altri. Ecco perché ho fatto questa scelta. E' stato difficile ma qui mi trovo benissimo, sono fuggito da una guerra e ora sono una persona normale".

la mia lotta per non farmi tarpare le ali continua


IL mio  percorso  di cui parlavo precedentemente  ( vedi  l'url ala fine del post  )    di liberarmi da  zavorre e cosa non mi  che  mi tarpavano le  ali ed  ostacolavano il cammino    sembra essere confermata  da   questa la  saga   che  è  appena  iniziata  ed  è  ancora  in corso sono state pubblicate le prime  3 puntate 
Nonostante  tutto    ,   c'è  qualche  vecchio trombome di politicante (  ed  non solo purtroppo  )  che dice  topolino   e  i fumetti sono in generale per  bambini  oppure  sono  pericolosi  o pieni d violenza  
Martin Mystère Il mystero delle nuvole parlanti
facendo inutili crociate , non solo  sui fumetti purtroppo  ,  come quelle descritte  nella   bellissima  storia     di Martin Mystere    :  il mystero dele nuvole parlanti del  lontano 1996 (foto   al destra  e  qui  maggiori  news  )  e  da  un altro classico  del  fumetto Bonelli Dylan Dog n. 69 Caccia alle streghedi Tiziano Sclavi, Pietro Dell'Agnol | Editore: Sergio Bonelli Editore
 e  dal mio post  su facebook 
   critico    verso  la  nuova levata di scudi falsamente moralistica del centro  destra  contro  la  nuova  serie (  la  terza  stagione  )   del comissario Rocco  Schiavone interpretato da  Marco Giallini  . 


 e  sulle  le  soavi note     di  quelli che restano -  Elisa, Francesco De Gregori  dal  fronte    è tutto 



Generale - Francesco de  Gegori
Generale  -      ( riadattamento  ) Marco Anastasio 
Volare controvento- Mcr 
riaccolti - Mcr 

Leggi anche  
oltre  alle due  canzoni    citate  \  consigliate  all'inzio    , sulle  note   soavi ed  leggere di  : quelli che restano- elisa\ de Gregori ,  vi lascio  .  Alla prossima . Dal fronte è tutto .

il calvario di una figlia di no vax che ha rischiato d'essere uccisa dal tetano









da repubblica 05 Settembre 2019

Il calvario di Celeste, figlia di no vax: “Il tetano ha rischiato di ucciderla”

Verona, per due mesi tra la vita e la morte dopo un banale incidente in bici. Ora è stata dichiarata fuori pericolo. Merito della collaborazione tra medici italiani, indiani e americani. I genitori sono indagati per lesioni gravi
Risultati immagini per il calvario di celeste figlia di no vax
VERONA. Una caduta come tante, una banale sbucciatura al ginocchio. Un'evenienza che è sempre all'ordine del giorno nei pomeriggi di giugno per una bambina di dieci anni. Ma in poche ore Celeste (sul suo vero nome va mantenuto il riserbo), che i genitori avevano scelto di non vaccinare né contro il tetano é contro altre malattie, è sprofondata in una galleria senza luce che si è aperta solo due giorni fa. Aggredita da un'infezione d'altri tempi e rimasta appesa per un filo alla vita.
Per quasi due mesi la piccola veronese è stata in terapia intensiva all'ospedale Borgo Trento di Verona, sedata, attaccata alle macchine per respirare, costretta ad attraversare tutto il calvario della malattia, senza sconti. Perché per il tetano non esiste una cura, si sopravvive o si muore. Celeste per fortuna ce l'ha fatta. E all'inizio di agosto, dopo 50 giorni, è uscita dal reparto di terapia intensiva pediatrica del grande ospedale veneto. Per i medici è fuori pericolo, può iniziare la sua riabilitazione. Ma non sarà breve.
E intanto i suoi genitori no vax, tanto che neanche la sorella è stata vaccinata, sono stati iscritti nel registro degli indagati della Procura di Verona per lesioni gravi, per non aver assolto l'obbligo. Quello di Celeste non è solo il caso di una bambina sopravvissuta a un'infezione tremenda, per cui ancora oggi nei Paesi sviluppati si registra una mortalità intorno al 10-20 per cento. È anche la storia di una sfida terapeutica inedita per i medici dell'ospedale di Verona, chiamati a disegnare un percorso di cura mentre erano costretti a procedere a tutta velocità. Perché in Italia non ci sono precedenti di bambini contaminati dalle spore del tetano, da quando nel 1963 la vaccinazione è diventata obbligatoria per i nuovi nati e la malattia è stata debellata.
Per fortuna il dottor Paolo Biban, primario della Terapia intensiva pediatrica di Verona, è stato a lungo presidente della Federazione mondiale delle società di terapia intensiva pediatrica. Vanta amicizie e legami professionali in tutto il mondo, anche in India. Ed è proprio in quel Paese che la professoressa Jayashree Muralidharan, dell'Istituto di specializzazione per la formazione e la ricerca medica di Chandigarh, si è trovata ad affrontare 30 casi di tetano in bambini che sono stati curati nell'ospedale della sua città, a 300 chilometri da New Delhi. Dove non c'è una copertura vaccinale efficace contro il batterio del Clostridium tetani, la seconda tossina più letale al mondo dopo il botulino.
Risultati immagini per il calvario di celeste figlia di no vax Da Verona parte la chiamata verso Chandigarh. I medici si confrontano, si scambiano informazioni. Anche con i colleghi statunitensi, che hanno affrontato un caso analogo due anni fa con un bambino non vaccinato a Portland, in Oregon. I sanitari prendono nota, aggiustano le terapie, le adattano ai farmaci disponibili in Italia, Solo terapie di supporto: sedativi, analgesici, farmaci e macchinari che servono a mantenere vivo il paziente, mentre la malattia fa il suo corso danneggiando il sistema nervoso e i muscoli, tra spasmi tremendi.

"È il primo caso di tetano della mia carriera - racconta il dottor Biban - e di bambini in situazioni critiche ne ho visti tanti dal 1988 ad oggi. È una malattia che era stata debellata dai vaccini, per cui nei Paesi avanzati non si incontra quasi mai, se non per qualche caso di anziano che si ferisce in campagna. Per questo il confronto con i colleghi indiani e statunitensi è stato fondamentale. Ci siamo sentiti durante tutto il percorso di cura".
La tossina lentamente viene smaltita e l'organismo procede alla ricostruzione. La famiglia, assistita dall'avvocato Thomas Cesaro, osserva il più completo silenzio. La Procura di Verona ha aperto un fascicolo subito dopo il ricovero nell'ospedale cittadino, ipotizzando le lesioni gravi. Ma per definire l'imputazione è necessario che la vicenda medica si chiuda e sia possibile valutare eventuali danni permanenti. Secondo i magistrati, i genitori non avrebbero dato corso all'obbligo di vaccinazione della figlia nonostante i richiami dell'Ulss veneta.
Ma sul punto il legale della famiglia promette battaglia. "La decisione - spiega - è dovuta ad alcuni casi di intolleranza a farmaci che si sono verificati in famiglia, non è una scelta di natura ideologica ma precauzionale". Come si diceva, i genitori hanno un'altra figlia non sottoposta alle vaccinazioni obbligatorie. E il caso è finito sul tavolo della procura minorile di Venezia.


Capisco la decisione  dei familiari  di  sottoporre alla profilassi vaccinale obbligatoria la  figlia . «Una decisione - aveva spiegato il legale della famiglia, Thomas Cesaro   secondo il  messaggero -  senza nessuna motivazione ideologica, ma per precauzione, in quanto in famiglia ci sarebbero stati dei casi di intolleranza ai vaccini».
Ma  ..... almeno sei hai questo problema o dubbio parlane  con i medici  non fare  di testa tua    non è    della tua  vita    che  stai decidendo  ma  della  vita  degli altri  .
 << Il  caso >>  sempre  secondo il messaggero <<
 non era stato segnalato all'Ulss competente e all'amministrazione comunale perché la bambina frequenta una scuola elementare privata non parificata, sostenendo gli esami finali esterni. La Procura della Repubblica aveva aperto un fascicolo ipotizzando il reato di lesioni gravissime per le conseguenze della mancata vaccinazione; i genitori hanno un'altra figlia, più piccola, che a sua volta non risulta essere stata sottoposta alle vaccinazioni obbligatorie. «Il tetano è una malattia molto pericolosa, che mette a rischio la vita - ha ribadito il dottor Biban - questo è stato il primo caso di tetano che ha visto nei bambini, e così molti medici come me». «Parte in modo subdolo - ha aggiunto -, è una malattia sistemica che prende tutto il corpo». La profilassi vaccinale garantisce la copertura dall'infezione. «I vaccini sono fatti per questo» ha concluso il professor Biban.>>

un po'm drastico     questo commento   ma non  biasimabile   completamente  


Scheggi@Costoro andrebbero sanzionati di una cifra pari alle spese sostenute dalla sanità pubblica per curare la figlia, dopo aver ricevuto un ultimatum a rispettare le leggi rimanendo sotto l'occhio attento degli assistenti sociali per essere private della potestà al primo sgarro. L'idiozia non ha mai termine, no vax, vegani, e chissà cos'altro ancora..Rispondi Segnala  0  
2019-09-04 22:19:09



Ora mi chiedo , visto quello che è successo e succederà visto che sicuramente ci saranno dei danni permanenti alla loro figlia , Chissà se ora all'altra figlia gli faranno i vaccini?

4.9.19

il Moscow Music Peace Festivall 12 e 13 agosto del 1989 a Mosca nello Stadio Lenin la woodstock che porto al crollo del muro dei Berlino e alla fine della guerra fredda

Risultato immagini per moscow music festival
La bufera di libertà che soffia sull’Europa nel 1989 arriva da lontano: inizia con la salita al soglio pontificio di Papa Wojtyla nel 1978, continua con l’azione di Lech Walesa in Polonia e deflagra grazie alle mosse di Mikhail Gorbachev in Russia. Nell’estate del 1989, due mesi prima della caduta del Muro, trova anche la più improbabile delle colonne sonore: un festival che per la prima volta porta il rock occidentale al di là della 

cortina di ferro. Si chiama Moscow Music Peace Festival, e per due giorni ospita dentro lo stadio Lenin esaurito Bon Jovi, Motley Crue, Ozzy Osbourne, Skid Row, Cinderella, Scorpions e molti altri . un evento che rappresenta per il blocco sovietico quello che Woodstock è stato per l’Occidente. E chissà che la fine dell’Unione Sovietica per come il mondo l’ha conosciuta non cominci proprio qui, mentre una rockstar americana taglia in due la folla dello Stadio Lenin e tutto il 1989.
Inizia con questo prologo il nuovo viaggio di Riccardo Gazzaniga in quell’anno di ribellione, scontri, musica e libertà, dopo il quale nulla sarà più come prima.

da  prologo del  podcast 
storielibere-1989-sito

di Riccardo Gazzaniga  per http://storielibere.fm  


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Ricordo  solo che  ero troppo  piccolo  e quindi  capita  che  tali eventi   ti scappino .  Infatti di questa  stagione  ricordo   solo  il crollo del muro   e la  visita di Gorbaciof  a  Giovanni paolo II ed   quello  che  avvenne l'anno successivo ovvero la riunificazione   delle due  Germanie    i unica Nazione    segnato  anch'esso    da  un concerto   esattamente 21 luglio 1990: The Wall live in Berlino, il concerto che celebra la caduta del Muro di Berlino  qui maggiori  informazioni qui  le  varie  fasi  dell'altrettanto  concerto storico 
. Gi altri del 1989  ricordi  sono ricostruiti attraverso  documentari  ,  i  film  
Risultato immagini per godby lennin 

ed  in maniera   generica  da  questi fumetto 



e  da  vari articoli     ed reportage  visto che quest'anno  è  il  30    anniversario di questi eventi  .
 per  chi come  me  volesse  saperne  di  più di   questo di   questa  Woodstock ,   anche se  il paragone  è un po' improprio  ma   ha  in comune  alla  Woodstock  69 (  vedere    post  precedenti    I  II )   d'essere  un evento spartiacque    d'un epoca  trova  sotto alcuni    video del concerto



  e  in questa  voce   di wikipedia maggiori dettagli

non so  più che altro dire    se  non lasciarvi     con questa  canzone  che  mi  viene da canticchiare  o sento ogni volta  che  si parla di tali eventi



  eccone  il  bellissimo testo
I follow the Moskva

Down to Gorky Park

Listening to the wind of change
An August summer night
Soldiers passing by
Listening to the wind of change
The world is closing in

Did you ever think

That we could be so close, like brothers
The future's in the air
I can feel it everywhere
Blowing with the wind of change
Take me to the magic of the moment

On a glory night

Where the children of tomorrow dream away (dream away)
In the wind of change
Walking down the street

Distant memories

Are buried in the past forever
I follow the Moskva
Down to Gorky Park
Listening to the wind of change
Take me to the magic of the moment

On a glory night

Where the children of tomorrow share their dreams (share their dreams)
With you and me
Take me to the magic of the moment
On a glory night (the glory night)
Where the children of tomorrow dream away (dream away)
In the wind of change (the wind of change)
The wind of change

Blows straight into the face of time

Like a stormwind that will ring the freedom bell
For peace of mind
Let your balalaika sing
What my guitar wants to say
Take me to the magic of the moment

On a glory night

Where the children of tomorrow share their dreams (share their dreams)
With you and me (with you and me)
Take me to the magic of the moment
On a glory night
Where the children of tomorrow dream away (dream away)
In the wind of change (in the wind of change)


 buonanotte   alla  prossima  

in divenire -- Dulcinea Annamaria Pecoraro

  Ognuno di noi è frammento, che diventa capolavoro in divenire, discernendo e smussandosi nel tempo. La magia sta nel non perdere i tratti ...