15.2.18

CHIUNQUE di © Daniela Tuscano


Lorenzo Pianazza non è certamente un eroe, ha fatto quel che doveva in pochi e dinoccolati gesti, immortalati dalla telecamera a circuito chiuso della metropolitana milanese.

L'immagine può contenere: una o più persone e persone che camminano

 È avvenuto tutto in pochi secondi. Un bambino senegalese si divincola dall'abbraccio della madre e rotola sui binari del treno. Seguono il panico, la confusione e l'apparire di quel ragazzone ciondolante, che anche di spalle immagini svagato, perso nella sua imprecisione adolescenziale. E che invece ha già visto e registrato tutto, e va dritto, chirurgico, elementare come un passero in volo, si cala nella buca, recupera il piccolo e lo ridona alla madre. Poi balza di nuovo su, con la svelta grazia della giovinezza. Non è eroismo perché tutto si risolve così, nel pudore di cui è capace solo un ragazzo. Qualcosa d'incontaminato, sfuggito chi sa come alle incrostazioni della storia. Ogni tanto riaffiora, per poi inabissarsi e spuntare di nuovo. Giunge senza pensarci, o senza pensar troppo, o avendo ragionato al millimetro, poliedricamente. È la nostra umanità ordinaria, non l'eccezione. E non poteva che svelarla un uomo del domani, semplice e grande nei suoi sogni segreti. Solo, magari, ma non inerme. Lorenzo lo ignorava ma, mentre rischiava la vita, qualcun altro gliela salvava. Claudia, agente di stazione dell'Atm, s'è accorta di quanto accadeva e, con altrettanta prontezza, ha bloccato l'arrivo del treno. Un angelo terreno per quel giovanotto che, dopo il diploma, vorrebbe entrare nelle forze dell'ordine. Pure Claudia è giovane, già una donna, nel suo culmine e al suo inizio. E poi c'è Milano, il mondo dentro tutto. Voragine di vita, sotterraneo che inghiotte e azzera le esistenze, ma sa recuperarle inopinatamente, riscattandole dall'anonimato. Il buio è morte ma anche grembo, scintillio, refolo. E basta poco, per riappropriarci di noi stessi. "Ho fatto una cosa che avrebbe fatto chiunque", ha concluso Lorenzo. Grazie a te Lorenzo, grazie Claudia, grazie per essere chiunque, per averci rammentato la forza della normalità. Grazie per non essere eroi, ma un uomo e una donna che, nelle Ninivi attuali, sanno rifulgere, e trionfare.

                                © Daniela Tuscano

perchè i cantatori uomini non cantano la violenza sulle donne ? devono per forza farlo le donne ? la forza di Celeste una giovane cantante che ha messo in musica la violenza subita




Celeste, 21 anni, di Montebelluna, aveva sedici anni quando è finita vittima di violenza fisica e psicologica da parte di un uomo più grande. Ne è uscita grazie a un percorso medico e all’amore di chi le sta vicino. E ora, con la sua canzone "Lover to lover", ha deciso di aiutare chi è finito nello stesso abisso. "Spero che serva ad altre ragazze e donne vittime di violenza - dice - a ciascuna di loro voglio dire: non sei sola, e saperlo ti aiuterà a uscirne" (via la tribuna di Treviso)



Celeste, la forza dopo il dramma: da vittima di violenze, ora canta per le donne

La giovane cantante in un video che squarcia il silenzio: «Ero minorenne, quell’uomo mi ha distrutta»

















Celeste, 21 anni, di Montebelluna, aveva sedici anni quando è finita vittima di violenza fisica e psicologica da parte di un uomo più grande. Ne è uscita grazie a un percorso medico e all’amore di chi le sta vicino. E ora, con la sua canzone "Lover to lover", ha deciso di aiutare chi è finito nello stesso abisso. "Spero che serva ad altre ragazze e donne vittime di violenza -dice - a ciascuna di loro voglio dire: non sei sola, e saperlo ti aiuterà a uscirne Cantare via la violenza, torcerla fuori dai polmoni, dalla testa, dall’anima. Celeste ha subìto sulla propria pelle. Aveva sedici anni. Violenza fisica, psicologica, un giogo fatto di manipolazioni e promesse da parte di un uomo di undici anni più grande di lei. Ora Celeste, dopo cinque anni in questo pozzo dell’anima che l’ha portata a toccare il fondo autodistruttivo, ne sta uscendo grazie a un percorso medico e all’amore di chi le sta vicino. E, per trovare la forza per staccarsi definitivamente dalla forza di gravità di questo abisso, fa la cosa che ama di più: canta.
Una canzone che è diventata un video bellissimo, uno squarcio di luce nel buio di questa cornice, un inno contro la violenza sulle donne. «Un messaggio per me e per tutte - racconta - Ho vissuto un dramma fatto di sensi di colpa, inferiorità, inadeguatezza. Omertà personale, come se la violenza subìta fosse colpa mia. Spero che serva ad altre ragazze e donne vittime di violenza, a ciascuna di loro voglio dire: non sei sola, e saperlo ti aiuterà a uscirne».
Celeste oggi ha ventun anni. Montebellunese, talento vocale raro, già allieva della “Art voice academy”, è stata finalista all’Arena di Verona del Festivalshow. La musica è il suo sogno, la sua vita, ma proprio in quell’ambiente ha trovato l’uomo che l’ha fatta sprofondare. Ci racconta l’orrore della sua storia personale - è raccapricciante, le tremano ancora mani e voce - ma chiede di lasciarla in secondo piano. «Mi ha plagiata, distrutta. Infine insultata, minacciata. Ha giocato con i miei sogni di ragazzina, ha distrutto la mia adolescenza e ancora oggi ne pago le conseguenze. Ora voglio solo che la mia storia possa servire a chi ne ha bisogno».Su Facebook nei giorni scorsi ha postato il video




della  sua  cover di “Lover to lover” di Florence & The Machine.





Sono mesi e mesi che non scrivo, non canto, non suono, non esprimo nulla di tutto ciò che vorrei urlare al mondo. La violenza, che sia psicologica o fisica, è un atto degno di condanna, spesso difficile da accettare, comprendere, impossibile da superare per chi ne è vittima, poiché si trasforma spesso in una tortura psicologica incontrollabile, con ripercussioni che non hanno mai scadenza. Il 25 novembre è stata per me una data significativa, dedita alla campagna di sensibilizzazione contro la violenza sulle donne. Ho registrato la mia voce nel gennaio di tre anni fa, uno degli inverni più freddi e bui della mia vita, quando la rabbia ed il dolore scorrevano ininterrottamente nel mio sangue e nella mia anima. Scelsi di reinterpretare e arrangiare piano e voce questo brano per l’enorme intensità e significato del testo, una commistione di disperazione, rassegnazione, smarrimento, pura forza distruttiva. Condividetela se vi sentite parte di questo progetto, del messaggio che esso contiene o se sostenete le mie stesse parole: possono essere quelle di molte altre donne.


Un urlo che si pianta tra la patina d’oro del giorno di San Valentino e le cronache macchiate di femminicidi e violenze continui. A convincere Celeste a trasformare quell’incubo personale in un video terapeutico è stato un suo amico videomaker, che ha realizzato le immagini. «Sono mesi e mesi che non scrivo, non canto, non suono, non esprimo nulla di tutto ciò che vorrei urlare al mondo», scrive Celeste sul suo profilo social, «La violenza, che sia psicologica o fisica, è da condannare, spesso difficile da accettare e comprendere, impossibile da superare per chi ne è vittima, si trasforma in una tortura psicologica incontrollabile, con ripercussioni che non hanno mai scadenza.
Ho registrato la mia voce nel gennaio di tre anni fa, uno degli inverni più freddi e bui della mia vita, quando la rabbia e il dolore scorrevano ininterrottamente nel mio sangue e nella mia anima. Scelsi di reinterpretare e arrangiare piano e voce questo brano per l’enorme intensità e significato del testo, una commistione di disperazione, rassegnazione, smarrimento, pura forza distruttiva. Condividetela se vi sentite parte di questo progetto, del messaggio che esso contiene o se sostenete le mie stesse parole: possono essere quelle di molte altre donne».

«Ho perso il sonno, ho vagato per le strade giorni, giorni e giorni. Ho tenuto segreti al mio cuore e alla mia anima – è il testo della canzone – non c’è salvezza per me». Ma urlarlo, per Celeste, è già negarlo. 

Carina Cesa Sava, Nata in Romania e vive a Sacile dal 1995 , suo nonno era di Caneva "ma l'Italia non mi vuole"

stranezze dell'italia si    permette   di candidarsi  ed essere  votato all'estero a  figli  o  nipoti ed  pronipoti  a chi non ha più rapporti  o ne  ha  mai avuto ed  non parlano neppure  l'italiano o non conosco bene  ( se non la stampa internazionale )  il nostro paese  ma  non permette  la cittadinanza   a   chi è rientrato in italia  dall'estero    ritornando   nel paese dei nonni . 
La stroria  che  strovare  sotto   è un classico esempio  ,in culo ai salvini  e ai diffusori dela pura razza italiana , di come in certe zone d'italia ci sia una forte contaminazione etnica . Infatti
Intorno al 1870 immigrazione avorita” dall’impero asburgico , molti emigrarono dal Friuli Venezia Giulia in Romania molte persone specializzate; era questa un’emigrazione stagionale, temporanea o pendolare formando i cosidetti italo-romeni che hanno creato una comunità d’origine italiana presenti in Romania sin dalla prima metà dell’Ottocento
  da  http://messaggeroveneto.gelocal.it/pordenone/cronaca/2018/02/15/

Nata in Romania e vive a Sacile, suo nonno era di Caneva "ma l'Italia non mi vuole"

Dal 1995 vive a Sacile, ma la cittadinanza non arriva: Carina Cesa Sava, presidente della comunità di 400 romeni ha radici familiari a Caneva, ma per lo Stato è un’immigrata. Una “straniera” con i nonni paterni italiani. Ora vuole scrivere al Presidente Mattarella
                                                            Carina Cesa Sava
SACILE. Dal 1995 vive a Sacile, ma la cittadinanza non arriva: Carina Cesa Sava, presidente della comunità di 400 romeni ha radici familiari a Caneva, ma per lo Stato è un’immigrata. Una “straniera” con i nonni paterni italiani.
«Non ho la cittadinanza italiana nonostante viva e lavori da 23 anni a Sacile – racconta Carina –. Mio nonno paterno si chiamava Cesa: è nato a Caneva nel 1891 e dopo la prima Guerra mondiale si trasferì in Romania. La nonna paterna era una Moro di Bannia di Fiume Veneto». Non basta.
La storia. «Nel 1998 ho inoltrato la prima domanda ci cittadinanza, presentando la documentazione – continua Sava –. Niente da fare: mi hanno risposto che non ho un reddito continuativo e questo avrebbe potuto gravare sul bilancio dello Stato». La presidente dell’associazione romena “George Enescu” a Sacile è docente a contratto: dall’università alle superiori. «I nonni sono partiti per la Romania in cerca di lavoro: il nonno lavorava nel settore dell’edilizia – ricorda la docente –. La nonna si chiamava Italia Margherita e nel 1927 è nato mio padre vicino a Iasi, una città romena».
La storia della famiglia cambia dopo il secondo conflitto mondiale. «Nel 1952 i comunisti emanarono una legge contro gli stranieri – riassume Carina –. L’aut aut era chiaro: rinunciate alla vostra cittadinanza d’origine per naturalizzarvi romeni, oppure andatevene. Mio padre Ferruccio non aveva altra possibilità: da laureando in medicina ha rinunciato alla cittadinanza italiana». Gli stranieri in Romania erano definiti di “non sana origine”: in odor di capitalismo. «Nel 1976 mi è stato negato un viaggio in Italia con borsa di studio.
Da insegnante a Galati, sul Danubio, ho chiesto di raggiungere l’Italia per motivi di aggiornamento professionale: permesso bloccato». Il crollo del Muro di Berlino ha rimescolato politica, economia e destini. «Abbiamo deciso di venire in Italia negli anni Novanta perché eravamo stanti di rivoluzioni e abbiamo tanti parenti – ricorda Carina –. Ma per lo Stato italiano non ho diritti che attestino il rilascio del certificato di cittadinanza. Ho scritto al presidente della Repubblica per raccontare la mia storia».
A Sacile. Al voto tanti romeni il 4 marzo e il 29 aprile per le elezioni politiche nazionali, regionali e amministrative a Sacile. «Mi corteggiano per aderire a una lista che si presenterà alle elezioni comunali il 29 aprile – ha detto Sava –. Non ho preso decisioni e credo nella cittadinanza europea, a questo punto». Il centrodestra nelle elezioni comunali 2014 aveva schierato Silviu Voineagu nella lista “Ceraolo sindaco-civica per Sacile». I romeni sono circa 400 in città, ma al voto era andata una percentuale minima di “comunitari”, come li chiamano all’anagrafe e non tutti romeni: 28 per le europee e 23 nelle comunali nel 2014. Dopo quattro anni i numeri sono in aumento.
«È importante creare una rappresentanza in Comune – ha valutato Sava – della nostra comunità romena». A livello nazionale per allargare il più possibile la base di consenso, nel 2014 era stato formalizzato un accordo tra la forza politica di Silvio Berlusconi e il Partito dei romeni d’Italia.
A Sacile i romeni sono invisibili fra gli italiani: danno il loro contributo, pagano le tasse e gli affitti, fanno dei lavori spesso umili e tanti sforzi per integrarsi. Sono quasi 400 tra 2. 144 stranieri in città. Nel 2014 non hanno ottenuto un rappresentante in consiglio comunale: sarà l’occasione decisiva il 29 aprile  ?
certo lacosa   fa    rabbia    come   ho già detto all'inizio del post   , ma  è di quelle  effimere   che  poi scompaiono    o  si spengono subito . Ifatti  io se  fossi in lei  me  ne  fregherei ed   eviterei  di   peredere  tempo  (  e  come lavare la testa  all'asino con il  sapone  )   con  politicanti  che  se  fregano   del paese  ormai sempre  più multi etnico  o  con   casi come quello dela signora  , e  farei come fece lo scultore  e non solo    Costantino Nivola (Orani, 5 luglio 1911  Long Island, 6 maggio 1988) le  cui la collezione  più importante  si    trova  al  Museo Nivola di Orani



l'ultimo film su fabrizio de andrè #ilprincipelibero , il solito classico film fiction agiografico


Inizialmente , ed è questo uno dei motivi per cui avevo snobbato la visione cinematografica e stavo per fare la stessa cosa con le due puntate televisive, avevo l'intenzione  di non  guardarlo in quanto il solito  film  agiografico  commissionato dala famiglia
Ma  poi   come  i  naviganti   vengono attrati   dal richiamo delle sirene (  I   II )   ho ceduto  complice   1) il batage  pubblicitario e mediatico  ., 2)   queste   interviste di  https://movieplayer.it/   al regista  e  poi alle  attrici  .,,  2)  consiglio  e  critiche  entusiaste    d'amici fans  ,  fra  cui anche   gente    che lo ha conosciuto direttamente   ,  ho ceduto  alla  visione del film  , anzi  della  fiction  in quanto l'ottimo   regista  Luca  Facchini è specializzato in tale genere   avendo girato  La nuova squadra  e La Nuova Squadra - Spaccanapoli . 
Ora a livello al livello cinematografico, secondo alcuni comenti trovati in rete non ha reso molto perche' e' stato girato con tempi e inquadrature adatte alla tv,
Infatti  è una fiction con tutto quel che ne consegue. Quindi deve essere "potabile" per un pubblico generalista, che di Fabrizio De André magari conosce "La canzone di Marinella" e poco altro.
 Infatti concordo con questo intervento qui sotto 






Un film senza infamia e senza lode , bambu come diciamo noi sardi . Certo  è  Ottima l'ambientazione e la fotogrfia ,dei luoghi , eccetto  in cui  c'è  solo  un brevissimo accennno alla   campagna astigiana   a Revignano d'Asti dove  i de  andrè sfollarono durane  la  guerra  .  Ottima  l'interpretazione    degli attori   su una  sceneggiatura     scialba     e  agiografica  con punte  di stuchevolezza . Brravissimi gli attori principali ma anche queli secondari in particolare : 1) MATTEO MARTARI è Luigi Tenco 2) GIANLUCA GOBBI è Paolo Villaggio . Infatti Nnessun riferimento a sua madre , figura importantissima , nessun cenno , salvo qualche semplice batturta la semplice battuta a Fernanda Pivano , Don gallo , i creatori della rivista A figure di spicco insieme a nella vita di Faber Nessun approfondimento delle figure di "contorno " ( fratello , figli ) . Mancanza di  dettermnanti e dolorosi fatti  della biografia di de andrè come il periodo della tossicodipendenza di cristiano e le reazioni del padre .  qui    altre  mancanze  e stranezze .
  Alcune persone sono quasi ridicolizzati in particolare la figura di Puny ( ma perche' offenderla cosi' ? ) e alcuni come don Gallo  e  Gianni Tassio  (  ma  forse  verso quest'ultimo c'è una sorta  di damnatio memoriae  visto  che , per  un  piccolo screzio  , cose  che succedono fra  amici  intimi com'erano lui e faber  ,  gli eredi di Fabrizo   trasferiscono la sede  dell'associazione  fabbrizio de  Andre da  Genova      sarebbe stato  giusto   che  fosse  rimansta li in via del campo    visto che  Faber  si faceva inviare li tutta la corrispondenza  anche la  più privata nel  suo negozio  ,   a Milano  )  , altri  come  Grilo di cui de  andrè è stato testimone di nozze  ma ncano    o fanno  solo delle    invisibili comparsatre  come il caso do  don Gallo .  Le  mie    critiche  \  stroncatuire     possomo   trovare  conferma    \  supporto    e  posso  fr  capire   del perchè  lo reputo  unopera  senza  infamia e senza lode    sono     questi due arrticoli  . Il  primo  di   https://www.rockol.it/   che  riporta   l'interventgo di Walter Pistarini, quello che consideriamo il massimo esperto italiano sull’argomento De André, webmaster di http://www.viadelcampo.com/ e autore di svariati volumi dedicati al cantautore genovese (il più recente è questo, ma ce ne sono anche altri ) << [...]  Il film  fiction  sicuramente per scelta narrativa, si focalizza sul Fabrizio De André uomo, e molto poco sull’artista. Viene dato molto spazio ai rapporti famigliari, al rapimento, e poco al cantautore. Viene raccontato che ha avuto successo, ma non si capisce perché: sembra quasi che gli sia piovuto dal cielo. C’è qualche risicato accenno al suo amore per la poesia, ma manca, ad esempio, la sua ricerca spasmodica per la parola giusta nei testi, che fosse una parola corretta, non banale e per di più facilmente comprensibile. De André era anche molto meticoloso in studio di registrazione, per essere certo che il prodotto finito fosse come lui lo voleva. Questa volontà di ricerca della perfezione (sempre irraggiungibile, d’accordo, ma ricercata continuamente) nel film manca completamente.E poi, sempre sotto il profilo artistico, si è stati un po’ troppo leggeri: la Karim sembra che sia l’unica casa discografica di Fabrizio, perdipiù gestita da furboni (che c’erano, indubbiamente, ma era nata con gente preparata). Un accenno almeno a Tony Casetta ci sarebbe dovuto essere: è stato il secondo discografico di De André, e aveva una fede incrollabile sulle sue capacità che lo portò da “Volume 1” a “Rimini”. E’ vero che il testo di “La città vecchia” venne modificato (“specie di troia” divenne “pubblica moglie”) ma esistono anche 45 giri con la prima versione, quindi ci fu una prima produzione... insomma, quell’episodio andò in modo leggermente diverso.
“La canzone di Marinella”, secondo quello che raccontò più volte lo stesso De André, era stata ispirata da un fatto accaduto nell’astigiano: che bisogno c’era di farlo accadere ad Arenzano, in Liguria ? L’amicizia con Luigi Tenco è ben rappresentata, ma “Preghiera in gennaio” nasce anche dall’emozione che Fabrizio provò quando si precipitò a Sanremo durante la notte della morte di Tenco e vide il suo amico morto con la testa fasciata. Avrei speso anche un’immagine per il funerale di Luigi, a cui Fabrizio partecipò con pochissimi “colleghi”.
E le collaborazioni? Capisco che mettere in scena tutti i collaboratori di De André era tecnicamente impossibile, ma così si è perso un altro aspetto fondamentale del suo essere artista: lui ricercava e selezionava le collaborazioni sia sui suoi dischi ma anche su dischi altrui (“Questi posti davanti al mare” con Ivano Fossati e Francesco De Gregori, “La fiera della Maddalena” con Max Manfredi, “Davvero davvero” con Mauro Pagani, “Cose che dimentico” con Cristiano e Carlo Facchini eccetera). Si vedono solo, e per pochissimo, un giovane Massimo Bubola, e per un po’ di più Riccardo Mannerini (presenza che abbiamo molto apprezzato), ma che dire di Piovani, Reverberi, De Gregori, Pagani, Fossati? Il film non riesce a far capire l’importanza di questo tipo di rapporti.
Non si parla dei Tempi duri (l’unico gruppo prodotto da Fabrizio De André, che coinvolgeva il figlio Cristiano), né della casa discografica che crearono lui e Dori, la FaDo, che produsse anche Bubola e la stessa Dori.. E' vero  che “Principe libero” racconta molto dell’uomo Fabrizio, quasi certamente grazie anche al contributo di Dori Ghezzi, ma dice poco della genialità che ha reso Fabrizio De André una figura fondamentale nella storia della musica d’autore italiana. >> qui  l'intero articolo.
IL secondo  è di    per  http://www.artslife.com  : <<<  [.... ] la grossa pecca del Principe libero (questo il titolo del film) è che nelle tre ore della sua durata non tiene il tempo, e soprattutto non mette a fuoco quello che andava messo a fuoco di questo personaggio-chiave per la storia della musica italiana, quello che Fernanda Pivano definiva come “la voce di Dio”.Poca la poesia e ancor meno la sacralità, che erano in Fabrizio, malgrado tutti i conflitti e le contraddizioni dentro di lui.
>> Gli sceneggiatori Giordano Meacci e Francesca Serafini si sono dati più da fare nell’esplorare le vicende personali del cantautore senza raccontare la parte crativa dell’artista inserita in un contesto storico ben preciso.

Fabrizio De André - Principe libero
Eppure le canzoni di Faber procedono di pari passo con le sue idee politiche, con l’abilità di non far avvertire mai questo al pubblico. Anche Genova si vede, certo, ma poco e quel poco non è attinente alla realtà: vicoli deserti, come vuota la spiaggia di Boccadasse.
Luoghi che sia negli anni’60 che oggi pullulano di gente che li vive a pieno. Così anche se Marinelli e Fantastichini cadono più volte in un leggero accento romano è sicuramente il problema minore.
La scelta registica di incentrarsi sui rapporti con la prima moglie Puni e poi sulla storia con Dori Ghezzi non eleva il racconto su un piano più ampio, come quello dell’amore, risolutivo e fondamentale in tutta la poetica di De André. Un vero peccato.Fabrizio De André - Principe liberoIl film ci presenta un artista irrequieto alla perenne ricerca della libertà privata e professionale, non tenendo però conto della complessità intellettuale che era in Fabrizio. Nessuna attinenza alla realtà nei suoi rapporti con la famiglia e con il figlio Cristiano. Tra i due esisteva un rapporto difficile, conflittuale, assolutamente travagliato. “Lui era un uomo fragile, saliva sul palco con la bottiglia di Glen Grant e ti coinvolgeva nel suo dolore fino a farti piangere – raccontò il figlio in un’intervista. “Se mi vuoi bene piangi” dicono le parole di una sua canzone, questo era il suo modo di sentire che era corrisposto. Tutti quelli che lo hanno amato sanno che vuol dire.Questo era Fabrizio De Andrè, quello che evidentemente non è stato raccontato, o non si è voluto raccontare. Il figlio era contrario a quest’operazione, una scelta complessa, veicolata purtroppo attraverso l’usuale canone televisivo italiano, che purtroppo ha finito per inserirsi immediatamente nelle dinamiche, formali del piccolo schermo. Forse Cristiano De Andrè aveva visto lontano.  >>  qui  l'articolo  completo
Ora     va bene     che  non è cosa  facie fare  un botopic  quando   una persona  di  notevole spessore  artistico e  culturale    pari ad  un Bob dylan   e  ad  un Guccini   morto da poco  (quasi  20 anni  fa  )  non sia  semplice  e  che  i nomi vanno cambiati  per  evitare  fiuguracce   e problemi  ( vedi il romanzo  il giorno del  giudizio di  Salvatore  Satta  )  ma  da  li ad  arrivare  a   stravolgere   \ sminuire   detterminati fatti e persone ce   ne  vuole  ma  da li a sttravolgere  per  farne  la  solita pappa  agiografico    ce ne passa  Un  Luca  Facchini  con  coraggio  , avrebbe dovuto   osare  ed  insistere  per  una sceneggiatura  migliore    ,  a  differenza     delle   due  fiction precedenti   ( vedere  url  citati  sopra  )  in cui  era stato coraggioso   ad  affrontare  temi tabu o strumetalizzati   come la  corruzione  e  le nefandezze  ( ovviamente senza  generalizzare )  delle  forze  dell'ordine  . Peccato  un occasione persa  per  far  conoscere  de  andrè alle  nuove  generazioni  oltre  la mitizzazione  e  l'agiografia  .
Fabrizio-De-Andre-039-Principe-Libero-DVD-Nuovo-disponibile-dal-28-febbraio-18
da  amazzon 
 A  confermare   quello che  dicevo prima     e    che esso   non è un film  ma   una cattiva  fiction spacciata  per  film     c'è il fatto  che  il dvd  del film  è già   disponibile  in rete  da  fine mese  ma  già prenotabile  
Ecco  quindi che    con  questo  stragemma  " legale  "   che  ha permesso d'accorciare  i tempi   di passaggio    dal  cinema    alla tv   e  poi  in dvd  .  Ma  soprattutto    farà  da traino all'ennesima uscita  in edicola  di tutte le sue opere stavolta in vinile , sia l'ennessimo  cofanetto  Tu che m'ascolti insegnami, il cofanetto che contiene i brani rimasterizzati di Fabrizio De Andrè.esce Tu che m'ascolti insegnami, che contiene i brani rimasterizzati di Fabrizio De Andrè.  Iniziative  secondo me     sono  da raschiamento del fondo del barile il che mi conferma che 1) Anche  la famiglia  de   Andrè  soffre della  difficoltà , comune a tutte le famiglie di personaggi celebri e popolari a smarcarsi anche  se    in questo   film  c'è  un tentativo anche  se  pur  vago   ,  da quella  caraterristisca  agiografica   e mitologica   del personaggio , 2)  la mancanza   di coraggio  , cosa  che  invece  lui ebbe  din mandare  a  ....  chi  lo ha  truffato   con contratti capestro . 3)  la mancanza  d'uscire   dagli schemi e  da  rituali iconoclasti  ed  agiografici   pubblicare cose poco  note  . e inedite visto che  hanno  la  fondazione   che si trovano negli archivi familiari  e note  ai poch come esempio la famosa lettera  di cutolo  a de andrè   che o ringraziava per esersinispirato a lui  per  la  canzone di don raffaè  . 3)  canzoni anche se grezze  scartate  , il famoso   disco  semi pronto dopo anime  salve  . Un film   che  non è  piaciuto a molti  appassionati    e cultori de  andreiani   ,  soprattutto quelli   non fanatici    e  non agiografici . Ecco una delle  tante  discussioni   presenti sui social  e  in particolare  su facebook 
 https://www.facebook.com/ilFattoQuotidiano/posts/2218254218188812




Anna Napodano Non emerge per nulla della drammaticità e dell’intensità di un poeta così assoluto. Sembra miele colato. Nessuna traccia di una mente geniale e combattuta, di una sofferenza universale, di un anelito culturale vasto e immaginifico. L’hanno ridotto ad un poveraccio che si barcamenava tra la bottiglia e le pantofole.
Per carità!


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Barbara Marchetti Concordo pienamente con te

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Giorgio Gori ne ero certo
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Silvia Murru Totalmente d'accordo

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Luigi D. Vetta Sembra Don Matteo piuttosto che la vita di De André.
Invece che un anarchico sembra un democristiano


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Thomas Corda Per me è lei che non ne coglie il reale senso e le sfumature .. a me arriva! E non credo affatto che i suoi cari avrebbero approvato la messa in onda, se la sua descrizione del personaggio arrivasse ai più in quel modo.

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Luisa Rubino Cristiano pare non approvasse

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Monica Mosconi Tra la bottiglia e le sigarette, vorrei dire...

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Elena Cutrona Anche io lo immaginavo diverso...ma come ogni artista magari quello che trasmette nn rappresenta la sua vita di tutti i giorni e per quanto lo abbiano edulcorato comunque la moglie è stata coautrice e sicuramente ne saprà piu di noi

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Renata Morselli che bisogno c'è di una fiction se hai vissuto, ascoltato e visto Fabrizio da vivo?
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Gabriella Molinarolo Al di là della bravura di Marinelli ,non mi ha lasciato nessuna emozione...è una cronaca di eventi che rimane in superficie ,non entra nella magia del grande Faber, dov'è la sua forza anarchica? il suo amore per gli ultimi? il suo gridare contro le ingiustizie del mondo e della vita? L sua ricerca verso la verità ? E la sua poesia? Preferisco di gran lunga ascoltare le sue canzoni che sono il suo immenso testamento e grande patrimonio dell'umanità ,e guardare le sue interviste...

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Tatiana Gracceva Condivido e ti chiedo anche dove sta l bravura di Marinelli?

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Gabriella Molinarolo per la delicatezza con cui, mi sembra, si sia calato nel personaggio...sicuramente l'ho apprezzato di più nel film"il padre d'Italia"
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Manolo Dc Wrongone Si vabbè... Tutti critici.. Se vogliamo discutere pure Marinelli.. Per descrivere al meglio la persona e la vita di Fabrizio ho calcolato che sarebbe occorso almeno altre 5 ore e mezza di film... Il regista ha colto l'immagine più generalizzata a grandi linee..
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Claudia Giove De André esprimeva attraverso le sue canzoni la sua anarchia, il suo amore per gli ultimi e il desiderio di giustizia. Nella vita di tutti i giorni era una persona con la sua vita normale, i suoi affetti, i suoi pregi e difetti, i suoi vizi e le sue debolezze. E perché non dovrebbe essere stato così?

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Gabriella Molinarolo Sono d'accordo....ma che bisogno c'era di farci un film....bastano le sue opere a creare emozioni a farci pensare ,la vita privata riguarda la sfera più intima di una persona e ,secondo me,deve rimanere tale

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Davide Mazzei che domande stupide quelle che iniziano con "che bisogno c'era". 
i bisogni sono mangiare, bere e dormire, tutto ciò che ha a che fare con l'arte e l'intrattenimento si fa perché a qualcuno va di farlo. non per bisogno.
Gestire


Rispondi3 h
Gabriella Molinarolo Gratis.........



non so   che altro dire  mi fermo qui 

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