10.4.18

"Mia figlia voleva le scarpe di Spiderman e le ha rubate al fratello": così una bambina ha superato le differenze di genere

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Prima della lettura  della   storia  che  trovate  sotto, credevo  d'essere  l'unico   o  "d'essere malato" in quanto da piccolino giocavo  con le bambine   ed  usavo  le  loro babole .,    ed  spesso anche al giorno  d'oggi    uso  ombrelli e  qualche  vlolta mi  è successo    di  usare  un   maglione  o un giubotto    che   in teoria  dovrebbe  essere  da  donna  . 
Mia figlia voleva le scarpe di Spiderman e le ha rubate al fratello: così una bambina ha superato le differenze di genere

"Mia figlia voleva le scarpe di Spiderman e le ha rubate al fratello": così una bambina ha superato le differenze 
di genere

Parte da un tweet, e da un giro al centro commerciale, una polemica contro la catena di negozi Target. Ma i casi in cui il marketing segue le distinzioni di genere sono moltissimi. Eppure a volte basta la sensibilità di una piccola di due anni per cancellare tuttoè una bambina di due anni negli Stati Uniti che - con la sua sensibilità - ha dato a tutti una lezione sull'insensatezza delle distinzioni di genere applicate alla moda e al marketing, e sul perché non dovrebbero esistere. È una storia che inizia con un giro al centro commerciale insieme al padre e al fratello e si conclude con un video che diventa simbolo del superamento delle imposizioni della società. Un finale esemplare, per la sua semplicità.
"Hey Target, ho comprato a mio figlio di quattro anni le scarpe di Spiderman, e ora anche mia figlia di due anni le vuole. Ma tu non vendi scarpe di Spiderman che si adattino a bambine di due anni. Anche quando le cerco, l'unico risultato che trovo sono le scarpe per ragazzi". È il post di Qasim Rashid, che su Twitter si è rivolto a Target, la seconda catena di discount più grande degli Stati Uniti.  
L'uomo, avvocato e attivista per i diritti umani, ha raccontato di aver accompagnato i figli in un supermercato Target in Virginia e di aver comprato delle scarpe di Spiderman - supereroe della Marvel e amatissimo dai più piccoli - per il figlio più grande. Un acquisto che ha intristito molto la figlia più piccola, al punto da farla scoppiare in lacrime dopo aver litigato con il fratellino una volta usciti dal negozio.Il motivo? Anche lei desiderava quelle scarpe, prodotte però solo per ragazzini maschi. La bambina doveva accontentarsi di un paio di scarpe da ginnastica "normali", senza il ritratto dei supereroi.
Il post di Qasim ha riportato alla luce il dibattito sul gender e sulle differenze con cui vengono cresciuti i bambini fin dalla tenera età. E, a giudicare dai commenti, sono molti i negozi che si basano ancora su queste nette diversificazioni. "Ho una figlia che ha cercato una maglia che non fosse rosa, non avesse brillantini e non avesse scritte di ispirazione femminile. Né Target né OldNavy l'avevano!" scrive una follower di Qasim. Un altro utente aggiunge: "È triste, e questo è colpa dei negozi e dei produttori di abbigliamento che fanno sezioni diverse per ragazzi e ragazze. Mettete insieme i vestiti e lasciate che i bambini scelgano quello che vogliono!".

Altri utenti si lamentano di aver riscontrato lo stesso problema non solo con l'abbigliamento dedicato ai supereroi, ma anche ad altri personaggi, come Super Mario, protagonista di una fortunatissima serie di videogiochi. Anche in questo caso, abiti destinati solo ai maschi.
Proteste come queste non sono passate inosservate da alcuni protagonisti del mondo della moda. John Lewis, proprietario degli omonimi grandi magazzini, a settembre ha lanciato una nuova linea di abbigliamento per bambini fino a 14 anni. Grande novità, l’eliminazione delle etichette “Boys” e “Girls” per permettere ai piccoli acquirenti di scegliere liberamente cosa indossare. “Ci teniamo a dare il nostro contributo all’abbattimento degli stereotipi. Del resto, il criterio d’acquisto non deve essere legato al genere, ma a ciò che piace” ha spiegato Caroline Bettis, responsabile di questo settore del marchio inglese.
Una svolta a cui ha contribuito il gruppo LGBT “Let clothes be clothes” (Lasciate che i vestiti siano vestiti) che da anni si batte per eliminare le differenze di genere nella moda. A John Lewis si sono aggiunti altre griffe, come Zara, H&M e Agent Provocateur, che ha lanciato sul mercato la linea di costumi unisex “Les girls les boys”.


Due immagini della collezione H&M Denim United, linea di jeans unisex
Rosa per le femmine, celeste per i maschietti; e ancora: solo le bambine possono giocare con le Barbie, ai bambini invece spettano il calcio e le macchinine. "Da ancor prima che nascesse, per me è importante che mia figlia cresca sapendo di essere uguale al sesso opposto" ha detto Qasim in un'intervista a Yahoo, "se non le insegno il concetto di uguaglianza a casa, non si aspetterà una parità di trattamento nel mondo".

Per ora, Target non ha ancora risposto alle critiche di Qasim. Ma il papà ha trovato comunque un modo di far felice la sua bambina: in un video, si vede la piccola che cammina felice con ai piedi le scarpe del fratello. Che siano solo per i maschi, a lei non importa.

8.4.18

Giro... vedo film ... vedo gente... mi muovo... conosco... faccio cose...leggo



parafrasando un famoso un famoso   film morettiano vi temngo agiornati   su di me  , facendo contenti  😁😘😜🤪  chi  mi  chiede    che  fine ha  fatto il tuo diario personale  .

 vedo  oltre report  , rai  storia  , ulisse   di piero angela  anche dei film  , l'ultimo La battaglia di Hacksaw Ridge   in streaming   in quanto risale  al 2016 . 


Un bellissimo    film  che dovrebbero vedere  anche i nazionalisti   anche  se  sarà duro per  loro  vedere  che  si  può " serive  la patria  "   anche senz'armi  . 
  Un  ottima  recensione  che  condivido è questa   di https://www.wired.it/play/cinema  che  afferma  : <<   il film   Hacksaw Ridge è un capolavoro, ma va affrontato senza pregiudizi .La retorica della guerra e dell’eroismo hanno tutta un’altra luce quando le affronta Mel Gibson, una che risplende di anticonformismo   . >>  Un   film bellissimo   anche  se  girato  (   ci sono cascato 😪😢non sono riuscito a tenere  separato  l'artista    dal suo privato )   :  dall'antisemita , razzista  , misogino  , Mel Gisbon
Esso   si basa   sulla storia vera del medico dell’esercito americano, Desmond Doss. L’uomo, un obiettore di coscienza che rifiutava l’uso delle armi, fu insignito della Medaglia d’Onore dal Presidente Harry S.Truman

Leggo   oltre  i quoridiani   di tutto . In questi giorni   ho  letto ,  in quanto  ho dimenticato  , non ricordo  dove ,  e  quindi lasciandolo a metà  ,  il libro di  jonny  di  Beppe  fenoglio  , questi due  libri  

due  fumetti  

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non riporto nessun commenti   aspetto che  sia  finita  la serie   per dare  un giudizio .gobale   sia ala  serie orfani  \  sam  , sia   all'intera  saga  Orfani    che si cncluderà salvo speciali  per  coprire  (  coperti dal romanzo Ringo: Chiamata alle armi Edizioni Multiplayer ) in versione   fumettistica    i buchi  di sceneggiatura  .


 Una donna sola nel vecchio West… Una donna giovane e attraente circondata da uomini rozzi e brutali, in un mondo governato dalla Legge della Colt. Non è una vita facile e Angela lo sa bene. Per questo ha imparato a muoversi in fretta, a blandire e sedurre, ma anche a colpire duro se ce n’è bisogno… Tutte qualità che le saranno utili quando – in seguito alla morte del marito – si troverà a vestire i panni dello sceriffo !

Un fumetto western  bellissimo  . non banale , non mitizzato(  o  almeno lo  è solo in parte  , cosa rara  quando si parla di un periodo storico   ormai  diventato mito e leggenda   )  anche  se  è latente       la nostalgia   epica  della frontiera  e del selvaggio west . Un  un western  non maschilista,  dove le  donne hanno un ruolo di  primo piano  rispetto alla  vulgata  (  storica  ,cinematografica  , ecc  )  che  le  fa passare  in secondo  piano   salvo eccezioni come  questa
 dellottimo sito   farwest.it    .
 Praticamente  si   è riusciti a mettere    su carta     e  addattarlo  al  femminile   il  film il Grinta   .  Difficile stabilire quale  versione  se  :  quella  del 2010 dei  fratelli Coen ., oppure   i due  classici  (  quello del 1969 e  il sequel   del 1975 )   con John Wayne affiancato da Katharine Hepburn. 
Un a scenggiatura postuma di  paolo morales   anche  se è    un western un po'   convenzionale .  una storia   bellissima  ed  intensa  , uno  dei pochi tentativi   di rottura  e  di decostruzione  del carattere  sessista   che  fa passare in secondo piano le donne  del west  

 due  libri  



Chi ha  ucciso  Rino  Gaetano  Il coraggio di raccontare: un'indagine tra massoneria ...  di Bruno Mautone  (  trovate  nell'archivio del blog  la mia  intervista   a Bruno   sul  suo   precedente  libro  “Rino Gaetano - La tragica scomparsa di un eroe"   )  . Un  libro meticoloso  ed approfondito   che  ha  lasciato  ,  di solito  ha  un carattere  ( vedere  la minaccia di denuncia   per  il libro precedente  ) spigoloso   ,   la  sorella  Anna  Gaetano  .  




 Altro   e  Altrove  del compagno di viaggio    Cristin Porcino 

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trovate qui sul blog una mia unervista ed alcuni suoi scritti . Un libro che raccoglie alcuni saggi dell’autore su diverse tematiche. Le riflessioni del filosofo impertinente sono pungenti, ironiche, polemiche, libere e toccano svariati episodi e personaggi come: George Michael, il testamento biologico, gli scandali in Vaticano, il ricordo di Lady D., l’assassinio di Giordano Bruno, la sessualità dei supereroi, il coraggio di Lady Oscar, l’omofobia, la parità di genere, l’infelicità, i programmi televisivi di Maria De Filippi, le canzoni di Francesco Gabbani e molto altro ancora. Porcino Ferrara c’invita ad andare oltre le apparenze e a soffermarci sul vero senso della vita.



E per concludere visto che faccio mlti errori di punteggiatura e di grammatica oltre che di spazie configurazione \ impaginazione del testo , oltre frasi fatte ed banalità assortite qui e sul mio facebook . Il libro di Claudio Giunta : Come non scrivere: Consigli ed esempi da seguire, trappole e scemenze da evitare quando si scrive in italiano
da https://books.google.it/ << Al lavoro: schede, memorandum, presentazioni. A scuola: temi, tesine, relazioni. Nel privato: post su Facebook, email personali, chat sul cellulare. Sarà anche l’epoca degli audiovisivi e della comunicazione in tempo reale, ma non abbiamo mai scritto tanto. E più dobbiamo scrivere, meno sembriamo capaci di farlo. Ma, mette subito in chiaro Claudio Giunta all’inizio del libro, «non s’impara a scrivere leggendo un libro sulla scrittura, così come non s’impara a sciare leggendo un libro sullo sci. Bisogna esercitarsi: cioè leggere tanto (romanzi, saggi, giornali decenti), parlare con gente più colta e intelligente di noi e naturalmente scrivere, se è possibile facendosi correggere da chi sa già scrivere meglio di noi». E quindi? Non potendo insegnare come si scrive, Claudio Giunta prova a spiegarci come non si scrive, passando in rassegna gli errori, i tic, i vezzi, le trombonerie e le scemenze che si trovano nei testi che ogni giorno ci passano sotto gli occhi: dall’antilingua delle circolari ministeriali alle frasi fatte dei giornalisti, dal gergo esoterico degli accademici e dei politici al giovanilismo cretino della pubblicità... Ma in questo slalom tra sciatterie e castronerie Giunta trova per fortuna il modo di contraddire la sua dichiarazione iniziale, perché insegnare Come non scrivere significa anche dare delle utili indicazioni su come si scrive: per ogni cattivo esempio se ne può trovare uno buono da opporgli, per ogni vicolo cieco argomentativo c’è una via di fuga creativa, e spesso basta un punto e virgola per risolvere una frase ingarbugliata. In questo anti-manuale spregiudicato, arguto e divertente, nella tradizione di Come si fa una tesi di laurea di Umberto Eco ma aggiornato all’era di Google, scopriamo che per scrivere bene bisogna ripartire da un po’ di affetto per la nostra bistrattata lingua italiana, ma soprattutto bisogna tenere a mente poche regole di buon senso: se scriviamo lo facciamo perché qualcuno ci legga, capisca quel che vogliamo dire e, se possibile, non si annoi a morte. Sembra facile, no? «Un vademecum istruttivo e divertente.» - Paolo Di Stefano, Corriere della Sera «Il bello scrivere? Imparalo da Borg.» - la Repubblica «Un anti-manuale che insegna a scrivere in modo corretto passando in rassegna gli errori, i tic e i vezzi dei testi che incontriamo ogni giorno... Ci aiuta a comunicare in maniera veloce ed efficace senza essere mai banali.» - Donna Moderna «Un testo ricchissimo in cui ragiona con autorevolezza, umorismo e senza arroganza su che cosa sia la lingua e come la trattiamo.» - Il Foglio «Sono convinto che la paura sia alla radice di quasi tutta la cattiva scrittura.» Stephen King «Se conosci la cosa di cui vuoi scrivere, le parole verranno da sole.» Catone il Censore «Ho letto il tuo racconto. Non mi sembra male, ma devi smetterla di usare troppi aggettivi.» Roald Dahl «La impegna di più un set con Lendl o un set con McEnroe?» «Mi impegna tutto, anche un set con mio nonno.» Bjorn Borg >>


Strage di Cisterna, le parole di Antonietta: "L'odio e il rancore non hanno vinto. La mia vita è un miracolo"., Milano, aggredita in metro perché portava il velo: la storia di Houda, tra razzismo e solidarietà., ed altre storie


Strage di Cisterna, le parole di Antonietta: "L'odio e il rancore non hanno vinto. La mia vita è un miracolo"




Il messaggio alla comunità carismatica "Gesù è risorto". La donna era stata ferita dal marito, che dopo aver ucciso le loro due figlie, si era tolto la vita

                            di FLAMINIA SAVELLI



Ha rotto il muro del silenzio Antonietta Gargiulo, ferita da tre colpi di pistola lo scorso 28 febbraio dal marito, Luigi Capasso. Il carabiniere che dopo averle sparato al viso, alla spalla e all'addome poi si è barricato nel loro appartamento di Cisterna di Latina e dopo aver sparato alle due figlie di 7 e 13 anni si è ucciso.
La donna dopo un lungo ricovero all'ospedale San Camillo di Roma è stata trasferita in un centro di recupero vicino Napoli. Sono stati i familiari, una volta risvegliata dal coma, a darle la terribile notizia sulla morte delle figlie.Strage di Cisterna di Latina, il messaggio di Antonietta: "La mia vita è un miracolo"


Parla dunque per la prima volta dopo quel terribile giorno. Affidando la sua voce alla pagina ufficiale della comunità dei carismatici "Comunità Gesù risorto". Un audio in cui spende parole di perdono e ringraziamento: "Ciao a tutti cari fratelli, sono Antonietta e oggi voglio ringraziare ognuno di voi per le preghiere e per l'amore. La mia vita oggi qui è un miracolo e ringrazio Dio ogni istante.Il vero miracolo, ancora, è l'amore che ha circondato me soprattutto le mie bambine. Il vero miracolo, è che l'odio, il male e il rancore non hanno vinto nei nostri cuori. Ma regna un senso di pace, pietà e misericordia. Regna l'amore che sta estendendo a cerchi concentrici come da una goccia e sta arrivando lontano".
Il messaggio si conclude con un ringraziamento a tutti coloro che hanno pregato per la sua famiglia e l'invito a partecipare al convegno di pregare in calendario alla fine del mese



Milano, aggredita in metro perché portava il velo: la storia di Houda, tra razzismo e solidarietà


In un lungo post sul suo profilo Facebook una studentessa universitaria di 20 anni, nata in Marocco e da 17 anni in Italia, ha raccontato gli attimi di terrore vissuti alla fermata della metropolitana di Porta Garibaldi e ha ringraziato i tanti che l'hanno aiutata




Una mattinata di un venerdì come tanti altri, alla stazione della metropolitana di Porta Garibaldi a Milano. Houda ha 22 anni, è marocchina, vive da 17 anni in un paesino in provincia di Varese. E' una di quel milione di giovani italiani di seconda generazione che lo scorso 4 marzo non hanno potuto votare, perché senza cittadinanza.
Come ogni giorno ha preso il treno che da Travedona Monate arriva a Porta Garibaldi ed è scesa ad attendere la Metro 2 per andare in università, alla Statale, dove studia giurisprudenza. Ha lezione alle 8 e 30. Rischia di arrivare in ritardo, sono le 8 e 17. E' questione di un attimo: il treno sta arrivando, Houda si sente spingere. Sbatte contro la porta del convoglio, ancora in movimento. Si riprende, si guarda in giro, vede l'uomo che l'ha aggredita. E che additandola continua a minacciarla...
Il racconto di Houda, postato sulla sua pagina Facebook, comincia qui: ed è il racconto della paura che inizialmente la immobilizza, dell'odio cieco che muove il suo assalitore nei confronti del colore della sua pelle e di quel suo velo rosa confetto, ma anche e sopratutto della solidarietà della gente che la circonda e la protegge su quel treno.


Houda Latrech
6 aprile alle ore 21:346 Aprile 2018, ore 8.17 metro linea 2, fermata di Milano Porta Garibaldi, interconnessione con metropolitana numero 5, e con treni S3, S4, S5, treno diretto ad Abbiate Grasso, ferma in tutte le stazioni.
Ore 8.17, sono agitata, stanca e nervosa, svegliarsi alle 6 del mattino per andare in università, passare più di un’ora in un treno affollato, in ritardo. Ho lezione alle 8.30, accelero i passi, cerco di salire sul primo convoglio che passa per arrivare in tempo. Odio arrivare in ritardo. Ore 8.17, qualcuno mi spinge, mi si gela il sangue nelle vene, mentre temo di finire contro il treno in movimento, riprendendo l’equilibrio mi giro a guardare chi abbia potuto fare questo, un uomo mi osserva con uno sguardo di folle lucidità, mi addita, e comincia a inveire contro di me. Tremo di terrore, non so cosa fare, il panico sale inaspettato e io che sono sempre forte, sempre sicura di me stessa, io che so resistere alla tempesta mi trovo in un attimo travolta da essa. Fai qualcosa, fai qualcosa mi ripetevo incessantemente, senza riuscire a muovere un muscolo. Fai qualcosa, mentre sentivo le ossa gelare e paralizzarsi, un dolore salire dal profondo e infiammare tutti i miei capillari. Ore 8.17, cerco di non piangere, cerco di coprirmi le orecchie, di confondermi con la massa, mentre mi investe la bufera. Ore 8.17, fisso il vuoto cercando di allontanarmi dall’uomo, che non si ferma un attimo, continua a urlare, alzare le mani, mentre frasi sconnesse continuano a fuoriuscire dalla sua bocca, mi intima di tornare a casa, mi accusa di essere un’assassina, mi accusa di violenza, mi minaccia, cerca di raggiungermi mentre mi faccio più piccola pur essendo appariscente nel mio metro e settanta. Ore 8.17 sento un nodo alla gola formarsi e stringere sempre di più, io che parlo sempre senza freno, non ho più la capacità di esprimere nessun verso, investita da quella violenza inaudita, da quella rabbia cieca. Ore 8.17 cerco di essere razionale, non mi succederà niente, sono circondata da persone, se mi allontano piano dalla porta della metro dove mi continua a spingere, se mi posiziono tra le altre persone, se mi faccio proteggere, se scompaio. Non riesco più a trattenermi, ma non gli darò la soddisfazione di vedermi piangere, lo so, in fondo al mio cuore, so che non cederò. E così sorrido, gli sorrido, lo guardo negli occhi e sorrido. Il mio sorriso sembra scatenare la solidarietà delle persone che ho accanto, l’uomo davanti a me mi dice di ignorarlo, si sente in dovere di scusarsi, mi dice che anche noi italiani eravamo discriminati, che in America ci chiamano mafiosi, che la ruota gira per tutti. Ma non voglio essere un raggio di questa ruota, lo ringrazio di cuore, gli stringo la mano, mentre le lacrime cominciano a scendere, calde sulle mie guance, deve scendere, si scusa ancora un’altra volta, e io perdo la mia barriera, l’uomo è davanti a me direttamente, senza nessuna protezione, avanza minacciosamente, il panico si impossessa del mio corpo, raggela tutte le mie vene, mi farà del male, le sue parole sono sempre più minacciose, dovete morire tutti, dice e sembra pronto ad attuare il suo piano. Piango, ormai e retrocedo, ferita nel profondo, una ferita che ormai sarà indelebile,inguaribile.
[... continua  qui  https://bit.ly/2Eufkgs  sullla  sua bacheca    ]
Abbiamo sentito Houda. Ha scritto questo post perché, spiega, "non riuscivo a tenermelo dentro". Non per alimentare le paure, né per sottolineare le discriminazioni che pur ha già
 vissuto nella sua giovane vita ("Mai così, però"). Solo per scrivere, "perché a me piace scrivere", di solidarietà."Non ho paura perché ho capito che ci sarà sempre chi mi aiuterà", si legge nelle ultime righe del suo post, "perché finché ci saranno più persone da ringraziare che da incolpare so che andrà tutto bene, e che sono ancora a casa". 

l'ultima  storia   è  questa  

Riccione, in classe c'è un bimbo con l'epilessia: ogni compagno ha un ruolo per le emergenze
Il piccolo ha 9 anni: la maestra ha spiegato ai suoi amici come rendersi utili in caso di crisi


Riccione, in classe c'è un bimbo con l'epilessia: ogni compagno ha un ruolo per le emergenze


RICCIONE - C'è un bambino di 9 anni che ha l'epilessia. E compagni di classe pronti a soccorrerlo quando lui ne ha più bisogno, perché la maestra ha spiegato loro cosa sia questo problema di salute, che conseguenze e che manifestazioni abbia, e come occorra intervenire, con lucidità e rapidità. E' stata la mamma del bambino a raccontare in una lunga lettera su un gruppo Facebook come l'insegnante abbia deciso di rendere ciascun compagno di classe consapevole di poter essere d'aiuto: ha affidato a ciascuno di loro un ruolo, nel caso il loro amico abbia una crisi in classe. I genitori del piccolo hanno scoperto quel foglio di istruzioni quasi per caso, andando ai colloqui.


Se il ruolo di regista dei soccorsi spetta ovviamente all'insegnante, c'è


7.4.18

riposta e precisazioni agli amici \ che vegani

per chiarire meglio il mio punto di vista


le mie prese  di posizioni  espresse   sia  sula   mia  bacheca  e   sulla nostra  pagina  fb   sia  in questo mio post precedente   contro  quelli  che  la stampa  chiama erroneamente   ( chiarisco  nella  riposta   e  nel  link citati  ad inizio post  ed   qui nbelkpost  perchè tale  definizione  , che   dopo   non userò più   salvo chennon compaia  in articoli faziosi   , presa da me per  definire  dei fondamentalisti e fanatici   si  sia rilevata  , ed    ne  chiedo scusa   , contropruducente  e  generalizzata per  l'intero movimento   vegano )   nazivegani hanno  creato reazioni indignate  di  vegani    , alcune    volgari   e minacciose   al limite  del lingciaggio fisioc ,  altre   che  sono  quelle  chge   mi piacciono di piuù  sintetizabili  in questo   intervento di una mia  amica   vegna    lasciatomi sulla mia bacheca  di fb 

Beatrice Mudadu Mi dispiace Giuseppe, ma questo non ha a che fare con l'essere vegan, piuttosto con problemi madre-figlia (se non fosse per il vegan, sarebbe stata un altra cosa). Stessa cosa vale per la YouTuber. Non era solo vegana, ma aveva anche altri fattori nella sua vita, come la sua provenienza, ed era agitata per quello che ha fatto YouTube, che non c'entra niente con il vegan, ma con altre cose del suo canale. Se la gente non sta bene, non sta bene, non cerchiamo di dare la colpa a: vegan, etnia, religione, nazionalità, ecc...











  Avete    ragione  e    vi chiedo scusa   ho sbagliato termine , era riferito cmq non ai vegan ma chi lo intepreta in maniera fondamentalista ed fanatica  , vedi le minacce di morte a cracco , reo solo d'aver cucinato in dretta tv carne di piccione o  la  reazione  alle  " pesanti "    e generalizzate  provocazioni  ( se  tali   le  voglia  chiamare   di Cruciani   della zanzara  di radio24  . Infatti come   questo articolo  di  paginevegan.it , penso  e  provo ( ma   non sempre    ci rissco al primo  colpo  o completamente )    che  :  per far cessare la violenza di tutti su tutti occorre partire dai nostri gesti quotidiani . Quindi mi chiedo  :    Cosa c’entra con l’evidente intenzione di picchiare il conduttore de La Zanzara, costretto a scappare dopo essersi presentato con un salame in mano? E cosa c’entrano le minacce e gli insulti rivolti allo scrittore Camillo Langone sul suo profilo Facebook per essersi opposto alle opinioni vegetariane di Giulia Innocenzi nella trasmissione Fuori Onda, trasmessa da La 7 la sera di Pasqua? (La puntata più vista della stagione con 834.000 telespettatori, 3,94% di share).
O per tornare a qualche giorno fa, cosa c’entra il picchetto di malintenzionati pseudo-animalisti che gridava fuori dal locale milanese di Carlo Cracco Questo è un ristorante di merda oppure Cracco è un assassino perché cucina gli animali, dopo che lo chef aveva preparato un piatto a base di piccione a Masterchef ? E cosa pensano di questi Nazivegani persone Umberto Veronesi, Jovanotti, il rugbista Mirko Bergamasco, Serena Williams, Paul McCartney o Prince, tutti vegetariani o vegani convinti?
Cosa pensano di chi, anche in nome e per conto della loro stessa causa, pratica estremismo sguaiato e minaccia violenza fisica?
Una cosa è la scelta vegana.  Una scelta     radicale,  certo  , piuttosto radicale ma ognuno è libero di far quel che vuole  sia  che  lo facca  per  convenzione    sia    che  lo  faccia  per moda    \  conformismo   e  quindi  indotto  ,  altro è, sebbene provocati da un fanfarone, o per  altri motivi  brandirla come un’arma pretendendo che il mondo intero la condivida. O che capisca, specie di questi tempi, quelli che molti media chiamano un altro fanatismo. Concordo quantio dice Beatrice :<< chiunque abbia problemi ed entra a far parte di qualsiasi movimento, rovina il nome del movimento, che sia religione o altro 🙂>>E come  il primo articolo  , vedi  url   sopra  ,  di  dissaporre : << [...] Il suggerimento di mangiare cibo vero, non troppo, per lo più vegetale ( Michael Pollan) è pieno di buon senso e messo in pratica perfino da carnaioli assidui come noi di Dissapore. [....] >> .

Quindi  io  non ho  , come  ho  già sottolineato sja nel  vecchio blog     ,  vedere archivio    ,  sia in blogspot  ,  nessun odio   contro i vegani li rispetto  e  ci dialogo.  Infatti  ci mangio  insieme pur  non condiviendo    ,  è troppo rigida  e  dura   un organismo complesso    come quello dell'essere umano  che  è  un equilibrio  di  tutto ha  bisogno di  detterminate  cose  di  cui loro si privano  .  Mi nutro  sia  di elementi  non vegani   che  vegetariani   \  vegani      , essendo nato nella  cultura   autarchica  degli stazzi  e  delle  camnpagne , cerco  di mettere in pratica   quanto dice il  sito dissapore     che  riporta le  teorie   di  Michael Pollan 

6.4.18

Modena. Cucina il ragù, la figlia vegana minaccia di accoltellarla. la questione finisc e davanti al giudice di pace

esiste un fanatismo che non è religioso \ confessionale è quello dei vegani o nazivegani per differenziali dai vegani autentici e distinguere chi vi aderisce per moda , in maniera acritica \ pssiva ovvero il nuovo conformismo .
Ora mi chiedo ma si può arrivare ad uccidere vedi il caso dell'assalto conclusosi con il suicidio della vegana agli uffici di youtube per cosi poco ? il vero vegano  o  vegetqriani   non  dovrebbe   predicare  il rispetto per la vita degli animali   e  quindi     anche   nell'uomo in quanrio  è un animale anche esso  ?
  da http://gazzettadimodena.gelocal.it/modena/cronaca/2018/04/06/news/

Modena. 
Cucina il ragù, la figlia vegana minaccia di accoltellarlaUna signora modenese amante della cucina tradizionale è stata minacciata di morte dalla figlia vegana mentre stava preparando il ragù. "Adesso ci penso io a farti smettere - le avrebbe detto al culmine di una lite - Se non la pianti di fare il ragù ti pianto un coltello nella pancia".La donna ha deciso di denunciare la figlia, il caso è arrivato al Giudice di Pace







MODENA Non si sa se quel giorno avesse intenzione di preparare le lasagne o le tagliatelle. Fatto sta che mentre la donna girava lentamente il ragù a fiamma bassa secondo l’antica tradizione modenese, la figlia vegana - esasperata dall’odore di carne per casa - si è messa a urlare e l’ha minacciata di morte: «Adesso ci penso io a farti smettere! - ha esclamato, come si legge nella denuncia - se non la pianti di fare il ragù ti pianto un coltello nella pancia!» La madre non solo non ha smesso di cucinarlo ma ha denunciato la figlia e ora il caso è affrontato dal Giudice di Pace per un reato minore (minaccia semplice).
Chissà se questa notizia sarà letta anche da Cruciani, il papa degli anti-vegani che dal suo studio radiofonico lancia anatemi a colpi di salame.   La notizia, che si presta a rinfocolare le eterne liti tra carnivori e non-carnivori, è in realtà buffa, se non fosse che la contrapposizione tra madre e figlia, entrambe modenesi, proprio perché insanabile è finita davanti al Giudice di Pace di Modena. Che ora dovrà tentare una conciliazione.


LA VICENDA Al centro della vicenda unica nel suo genere c’è una madre 68enne. Una tipica rezdora modenese che ama la cucina tradizionale e segue le ricette di una volta. Dall’altra parte la figlia 47enne. Una donna disoccupata che vive ancora con la madre ma che nel corso degli anni ha sviluppato una sua consapevolezza alimentare e verso il mondo animale allontanandosi dai gusti materni fino a diventare una convinta vegana. Insomma, due mondi opposti in qualche modo costretti a convivere tra le stesse mura. Divise da un insanabile contrasto intorno al cibo, un argomento che, come sanno bene gli psicologi, determina spesso il controllo e il potere in una famiglia.Nel corso dei mesi non sono mai cessati i rimproveri della figlia per le attitudini carnivore della madre ossequiosa alla tradizione culinaria modenese; anzi sono cresciuti con offese e improperi. Finché un giorno del marzo 2016 la situazione è precipitata. La rezdora stava cucinando con amore il suo ragù a fuoco lento e l’odore - vissuto come una provocazione e una mancanza di rispetto - ha attirato la figlia vegana disgustata. Ne è nato il solito battibecco. Finché la figlia è sbottata con le frasi riportate in querela: «Adesso ci penso io a farti smettere|! Se non la pianti, ti metto un coltello nella pancia!» La denuncia della madre ha avuto seguito e ora si è arrivati davanti al Giudice di Pace. Il giudice Nadia Trifirò ha affrontato una prima udienza fissando per la prossima, in giugno, un tentativo di conciliazione tra madre e figlia. Diversamente si andrà avanti a valutare la causa fino alla sentenza. Intanto la madre continua a preparare il ragù e la figlia a infuriarsi.

4.4.18

Le reazioni delle donne agli insulti sessisti [ESPERIMENTO SOCIALE di fanpage.it e altre storie

L'Italia è un Paese sessista.  Si lo è   Direttamente     come  lo  si evidenzia   nel   due    video sotto riportati    e  si trova   nei discorsi al bar, in spiaggia, in banca, all'interno degli ospedali e delle università. Lo è nelle piccole e nelle grandi città. Nessun luogo si salva dalla discriminazione della donna.  infatti 





Indirettamente  secondo questo articolo   di http://narrazionidifferenti.altervista.org/
Ma  le discriminazioni posso essere palesi, conclamate, forti. Oppure subdole, anche dette con il sorriso sulle labbra, quasi per gioco, come fosse uno scherzo. Ma quando si umilia un'altra persona non è mai "uno scherzo".
Si può essere sessisti con una battuta, una barzelletta, un comportamento. Anzi: sono spesso proprio le battute e le barzellette, che nascondendo la loro violenza dietro il muro dell'umorismo (presunto) fanno più male. Perché colpiscono, eccome se colpiscono, ma rispetto a una discriminazione palese si ha quasi timore a rispondere a una "battuta", a reagire, a manifestare il proprio fastidio e la propria contrarietà.
Con questo video  ----  dichiara  lo srtesso autore  ---  ho deciso di realizzare un esperimento sociale, filmando le reazioni di alcune donne a barzellette, stereotipi e battute inerenti il genere femminile; si tratta di parole, frasi e offese che ho preso da internet, dai commenti su Facebook o dai peggiori discorsi da bar.
Lo scopo del video è semplice, e secondo me efficace: mostrare alle persone che guarderanno il video quello di cui solitamente certi maschi non si interessano: le reazioni delle donne.
Soprattutto, con questo video, ho voluto provare a raccontare alcuni pezzi di vita delle donne, quei pezzi di vita che chi le deride, o scherza sulla loro "minore intelligenza" o semplicemente le chiama "cagne" o "santarelline" non capisce, o di cui ha deciso di non interessarsi. Con questo video, invece, sarà costretto a guardarle in viso, fra una barzelletta e un'offesa, vedendo le loro reazioni; e ascoltando - soprattutto - le loro opinioni.
Ho ideato, organizzato e realizzato questo video da una mia idea originale. Ma questo video non avrebbe mai visto la luce, o sicuramente sarebbe stato molto peggiore, senza la collaborazione di Andrea Esposito, Francesco Galgano e Peppe Pace, in ordine alfabetico. I miei tre colleghi hanno curato tutte le riprese, la fotografia e l'audio. Ma soprattutto è grazie a loro che molti spunti, domande, idee, modalità di approccio, sono state possibili. Con consigli, supporto e tante, tante fondamentali idee di realizzazione.


“Un mestiere antico per un ragazzo moderno”"A 24 anni corono il mio sogno, fare il calzolaio" Giuseppe Magnani da settembre ha rilevato una calzoleria in via Porta Brennone. «Fare scarpe su misura mi dà grandi soddisfazioni.

  ci sono  giovan  che  riportano  in auge   mestieri  che sembrano destinati alla scomparsa  .  E'  il casdo  di  Giusepe  Magnani   . Ecco la  sua  storia  presa   grazie alla pagina fb  di geolocal da   http://gazzettadireggio.gelocal.it/reggio/cronaca/2018/04/04/

"A 24 anni corono il mio sogno, fare il calzolaio"
Giuseppe Magnani da settembre ha rilevato una calzoleria in via Porta Brennone. «Fare scarpe su misura mi dà grandi soddisfazioni. Altroché mestiere da vecchi»
                            di Chiara Cabassa


REGGIO EMILIA. “Un mestiere antico per un ragazzo moderno” si legge sul sito. “Calzoleria Magnani-Art and Craft in Shoes” è scritto sulla vetrina di via Porta Brennone 4
 Tutto quadra quando, sbirciando dentro, vedi un ragazzo giovanissimo, due grandi occhi scuri, una testa di capricciosi riccioli neri. È lui il ragazzo moderno che fa un mestiere antico. È lui Giuseppe Magnani, 24 anni, che dal settembre scorso gestisce una calzoleria che fa la differenza: appena entri, un salotto in piena regola con divano, tappeto, lampade e pezzi d’antiquariato; dall’altra parte, il laboratorio dove Giuseppe non solo ripara ma soprattutto realizza scarpe su misura. Un sogno realizzato che arriva dopo anni di studio appassionato. Un punto d’arrivo e insieme uno splendido punto di partenza.



Giuseppe, quando ha deciso che da grande (ma neanche troppo) avrebbe fatto il calzolaio?

«Premesso che da sempre considero le scarpe un accessorio importante che può fare la differenza, devo ammettere che fare il calzolaio non è stato da sempre il mio sogno. Nonostante un mio bisnonno facesse proprio il calzolaio... ma io non ci credo tanto nell’ereditarietà dei talenti».

Quindi è stata una scelta meditata, non un colpo di fulmine.

«È accaduto che ho frequentato l’Istituto d’arte Chierici seguendo l’indirizzo architettura e design, niente a che fare con il disegnare e realizzare scarpe. Però, nell’ultimo anno, mi sono avvicinato a materiali come il cuoio e la pelle e ho iniziato ad apprezzarli. Ho iniziato realizzando dei portafogli in casa e ho scoperto di avere una certa manualità, insomma di essere portato».



Il passo successivo?

«Per un anno mi sono trasferito a Vicenza dove ho frequentato la Scuola d’Arte e Mestieri e seguito un corso di pelletteria. Nel frattempo ho fatto stage in diverse aziende per poi diplomarmi come operatore e modellista per la pelletteria. Tornato a Reggio Emilia, dopo due giorni ho trovato lavoro a Montecchio, nella calzoleria di Federico Mori. Poi due anni fa Rossano Chiari, che aveva intenzione di trasferirsi in Corso Garibaldi, per un anno mi ha dato in gestione la sua calzoleria in via Porta Brennone e, nel settembre scorso, l’ho rilevata. Se devo ringraziare qualcuno? I miei maestri Mori e Chiari, sicuramente».

Una calzoleria, quella di via Porta Brennone, che ha rilevato e trasformato.

«Volevo creare una cosa diversa. Non la solita calzoleria. Chi entra deve avere l’impressione di trovarsi in una casa: per questo aperta la porta ci si trova di fronte a una sorta di salotto mentre il mio laboratorio è in una posizione subalterna. L’ingresso è un biglietto da visita. L’impressione che vorrei dare è quella di un luogo giovanile e insieme di un posto che trasmetta l’idea di un prodotto di nicchia».

Cosa le piace di più del suo lavoro?

«Creare un paio di scarpe su misura è ciò che dà maggiore soddisfazione. Vedere un cliente che indossa quel paio di scarpe è bellissimo. Ma è chiaro (sorride, ndr) che al momento ciò che mi permette di mangiare è riparare le scarpe».

Ma quanto costa un paio di scarpe su misura?

«Dipende. Dal pellame, dalla forma, dai particolari... Non c’è un listino. Se sono prezzi accessibili? Anche in questo caso, dipende dal tipo di cliente».

E ora?

«Ho un lavoro che mi piace e ho solo 24 anni: lo considero un privilegio. Così come trovo confortante che si inizi a prestare attenzione ad un lavoro, quello del calzolaio, che qualcuno pensava forse destinato all’estinzione. Evidentemente, non è così».




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