30.1.11

viaggio nel farwest . I° Bulli da saloon

Pima  d'iniziare  il mio racconto a puntate, che mi accingo a  scrivere  canticchando  questa  famosissima  canzone musica country






 c'è  da  fare una piccola  premessa .



Essa , non è dettata  , come vogliono farvi credere  i miei detrattori  dal copia  e incolla o  dalla spocchia intellettuale , ma dalla mia fantasia e dala mia rielaborazione  di ciò che ho  visto , letto nel corso  dei miei 35 anni, e  a volte m capita  di leggere  e rileggere  per  evadere dalla realtà  . Il mio racconto  è ispirato all'ultima puntata   delle  12 della saga  "alla ricerca della pietra  zodiacale  " riedita  nella collana  tesori disney  gennaio 2011 (  foto a  lato  )   ai testi Bruno Sarda e illustrata da Massimo De Vita e Franco Valussi. È stata pubblicata per la prima volta sul settimanale Topolino nel 1990,dal numero 1780 al numero 1791 . Per  chi volesse saperne di più  trova qui maggiori news
L'unica  che  c'è è , come  potete notare  dalle foto  e  dai riferimenti a  fine  d'ogni puntata  nel mio racconto  un po' ( questo si  è  impossibile  negarlo ) di malinconia , di  nostalgico   del mio passato   e della ,mio infanzia  quando  guardavo i film western  Stranieri  e  Italiani ( Sergio Leone  o le parodie  diBud Spencer  e Terence Hill  di cui trovate   de cenni  nelle foto  o nel racconto ) con mio nonno paterno  e  la prigionia  dei bei tempi  andati ( citazione  della canzone  omonima di paolo bonfanti )  letture  fumetti e cartoni di tale tematica che non elenco  per  non tediarci e  per motivi di spazio ma che trovate qui con rispettivi link   tutto il resto e fantasia. In questo racconto in cui  riverserò  le mie  letture  web e  i miei cazzeggi   in tematiche   del   farwest   per  cercare ispirazione  ,cercherò  ovviamente di allontanarmi dall'imitazione maniera pedisegua  dalle mie   fonti e dal mio punto di riferimento

Che il racconto  abbia inizio


               

Dopo aver  attraversato  la "San Joaquin Valley" (bagnata dal fiume San Joaquin)  decisi  di rientrare  a   casa ( ogni tanto bisogna  ritornare  e    riportarci qualcosa   ) , decisi  di farlo passando attraverso le  ultime zone della California  e L'Oregon  in modo  di  godermi  una delle   le ultime zone  della frontiera  l'ultima  prima  dell'ormai prossima chiusura  da parte del governo  centrale   di Washington.Decisi di farlo  attraversando il deserto. Il cammino  duro' 3\4  giorni  , senza  mangiare  qualcosa  di decente  che fosse semplice   selvaggina  prima    e  poi   insetti e radici  , poi  il rovente  e polveroso deserto entrai nel  piccolo borgo di  quello che  ancora  rimaneva  della  frontiera  che  stava  via  via scomparendo  , canticchiando  una  vecchia ballata   che  faceva   se non ricordo male    cosi : << (...)  Oh Susanna non piangere perché \ho lasciato l'Alabama \per restare accanto a te./Col mio sacco sulla spalla/ho varcato il monte e il pian/per trovare la mia bella /e per stringerle la man. >>


IL mio cavallo furia chiedeva una pausa e aveva una zampa mal ridotta e necessitava d'essere ferrato e ripensandoci anch'io avevo necessità oltre a soddisfare il mio stomaco e la mia sete da due giorni d'astinenza , sgranchirmi le mie vecchie ossa .

Ecco che mi fermai  nell'unico  saloon    del borgo   , presi una stanza e un posto nele scuderie  per il mio compagno  di viaggio  .
Dopo  essermi  dato una ripulità  e aver soddisfatto la  mia fame   con  fagioli fritti e un Chopped chicken livers mi informai  presso il barista  se  c'erano carovana  in partenza  per le ultime terre inesplorate  e ancora vergini  . Ma niente  , la prossima carovana , sarebbe passata  da  li  a due giorni   
Ritornai alle scuderie  a prendere  il mio  cavallo e  ripartire    a trovare il mio amico  ,  fratello di sangue  , Aquila della notte  e  suo figlio  Kit  , ma  purtroppo  il mio furia necessitava  ancora  di 
riposo , cosi ne approfittai  per concedermi un ulteriore  riposo e confermai ancora  per altre  2  giorni  la  prenotazione  .
Ecco che approfittai  del tempo a disposizione  per  girovagare nei dintorni  e dedicarmi  alla mia passione la caccia  di selvaggina
Mi trovavo nel  saloon , mentre  aspettavo  l'arrivo dela carovana  che mi avrebbe  portato all'Oregon e poi a casa , quando vidi dei bulli  prendevano in giro,sulla sottile linea  di dersione e bonarietà  : << e  tui vestito in quel  modo  vorresti raggiungere  l'Oregon., crede che sia una passeggiata  il pivello  >>,un piedidolci vestito  come un damerino  inglese abigliamento  , certo poco addatto ad  un  viaggio   nella frontiera impervia  e selvaggia  .
Inizialmente  non intervenni   perchè  è usanza  del  farwest  prendere  in giro  bonariamente i piedidolci  e rimasi al bancone  a finre il mio cichetto   .
Ma  Ad  un certo punto le  canzonature  divennnero sempre  più pesanti : << Il damerino con il cappell per  il sole  .,  e  l'ombrello per  la  pioggia , ahh  ahh    >> e  i bulli  dandosi arie  alla  Billy the Kid  aprirono prima   l'ombrello e ne fecero  tiro  al  bersaglio , poi passarono a  sparargli sul cappello . Ecco che mi girai  , guardandoogli dritto negli occhi  senza  pronunciare  alcuna  parola  , e cadde  il slenzio e  cessarono le  risate . E  quando  dei bulli  mi riconobbe , e  dopo  aver  elencato   tutti   mie   soppranomi  : <<  la mano sinistra del diavolo , il radrizzatore  di torti. il fratello della mano destra ,  l'amico fraterno di aquila della notte  su figlio Kit   >> i  bulli , ma  anche il pubblico  ed alcuni 
 partecipanti alla carovana    inizio a tremare .    I primi perssero quela  boria  da  bulli e dvennero e  come  agenllini e  non reagirono  , anzi sudarono  per la paura  Allora  ne aproffittai  e  mi feci dare , anche se  n realtà me lo dettero spontamneamente  uno dei loro  cappelli  da mandriano   per  ripagare il forestiero. E non  appena dissi  : << le  tele  dei vostri calzoni serviranno a riparare  l'ombrello >> e mossi il braccio verso la pistola   , mi dessero  il loro calzoni  , e  fra le risate generali del pubblico  del saloon  , se  ne andarono in mutande  .
Fu cosi che feci conoscenza  con Jack patsons partito  dall'est  con il sogno di raggiungere  l'oregon uno degli ultimo avanposti  dellla  frontiera  .
La  carovana   stava  iniziando a formarsi,  e prima che partisse  decisi 'aiutarlo nella scelta  abiti  più consoni a tale viaggio  e  ci unimmo al  gruuppo in partenza


* siti  sui  cui mi sono documentato e preso ispirazione







qualunquemente di Albanese

Ieri sono andato avedere  qualunquemente di Albanese



Un ottimo film ma come dice Albanese stesso superato dalla realtà  . Esso descrive perfettamente  e  in maiera  sagace il craxismo ed il berlusconismo  ed  non è  il  solito film di nicchia  più o meno bello ma per  dirla alla de Andrè  : Storia diversa per gente normale (  per  quelli che  non sanno o non gli ne frega niente  ) storia comune per gente speciale  ( cioè  quelli che s'indignano  veramente   e non come le pecore e   guardano le  cose  a 360  gradi e  le sanno  già  ) speciale   per   tipo Draquila di Sabrina Guzzanti




 o il polpettone  intellettuale  e poc diretto  ( salvo che nel finale ) Il caimano di Nanni moretti  (  sotto i video )


Secondo i miei amici\che   All'inizio  fino al primo tempo  faceva ridere  ma dopo un po' il film è diventato piatto... Sarà  perché l'hanno "pompato" molto e mi aspettavo di più  oppure  perchè reputano la comicità di Albanese troppo seria  !  In molte scene  prevvedibile  e scontato . Vero, ma  forse   perchè sta diventando difficil  per  i comici   descrivere Berusconi  con qualcosa di nuovo  ed  inedito   sooprattutto   quando la realtà supera la fantasia .
Evdentemente il film  ha descritto  benissimo  gli ultimi 20 anni storia italiana  visto  questa critica  al vetriolo o quasi  (  qui l'articolo integrale  ) del portale  cinematografico  comingsoon.it   << Che sia un eroe con il quale identificarsi, un antieroe che incarna le nostre paure più atroci o semplicemente la personificazione dell’italica tendenza a imbrogliare con orgoglio, Cetto La Qualunque è senza dubbio una delle maschere teatrali e televisive più riuscite di sempre. Graffiante, malevolo, beffardo ed ingombrante è diventato, dal 2003 ad oggi, lente di ingrandimento dei nostri tempi e potente strumento di messa in ridicolo di comportamenti e modelli. Strumento comico e non satirico, tuttavia, perché nella satira ci sono sempre il giudizio e il moralismo, e Antonio Albanese, che del politico calabrese è l’inventore, più che giudicare ha sempre desiderato rappresentare.
Dirompente com’è, il personaggio aveva sicuramente le carte in regola per diventare il protagonista di un lungometraggio cinematografico, un’opera che Giulio Manfredonia, già regista di Albanese in E’ già ieri, ha saputo trasformare in un prodotto molto originale. Un po’ favola, un po’ western, il suo Qualunquemente è a tutti gli effetti un film, a cominciare dall’ambientazione e dai costumi. In un paese immaginario chiamato Marina di Sopra, in mezzo a stabilimenti balneari di fortuna o all’interno di case appesantite da ninnoli e busti romani, si muove un’umanità che appare pittoresca ma finisce per essere agghiacciante, un mondo di loschi figuri che, come caricature dei personaggi dei quadri di Toulouse Lautrec suscitano una risata che a tratti si risolve in un ghigno. Vestiti di viola o di verde, o fasciati in abiti animalier, danno vita a una casareccia corte dei miracoli degna dell’Almodovar più deliziosamente kitsch, anche se appartenente a un milieu decisamente meno suggestivo. >> E fin qui  in parte  è vero , è  forse  questo che rende  ancora più serio  il ruolo d'Albanese  , rispetto aquelli che ha  avuto  nei precedenti film . >> Ne deriva >> sempre secondo il sito  <<  una deformazione grottesca, quasi fumettistica, della realtà che trova un ottimo contraltare nel realismo sia di Cetto, attualissimo nella sua volgarità e nella bulimia dell’avere, sia della recitazione di Antonio Albanese, mai urlata, mai troppo sopra le righe, frutto di un lungo lavoro cominciato ben prima di girare.>> 
Io, questa  riduzione a cartoon dell’universo del signor La Qualunque  che rende il personaggio principale accattivante, trasformandolo, mano a mano che il racconto si avvia verso il finale, in un titanico mattatore, i suoi comprimari sono destinati a scolorire, anche se SPOILER  presenti anche  nel finale  che  fa presumere un seguito  che prevede la candidatura  di cetto stavolta  a livello nazionale  SPOILER . Questo succede perchè, in fondo, sono poco più che semplici macchiette in cui rivivono i cliché di un Sud di malavitosi e fannulloni , non ce l'ho visto . Mentre ho visto  come dice  il sito << Nemmeno il personaggio di Sergio Rubini, che insegna a Cetto il segreto del successo in politica e ne cura look e stile di vita, si distacca da una simile schematicità, risultando ora troppo imperscrutabile, ora non sufficientemente comico. A proposito di commedia,viene da chiedersi se Qualunquemente appartenga veramente a un simile genere. In un certo senso no, e forse il pregio più grande del film sta in questa sua doppia natura, in questa oscillazione di registro a cui contribuisce il senso di claustrofobia che coglie lo spettatore dopo appena mezz'ora.>> .
Ecco perchè   al'uscita  commentando  il film con altri amici presenti in sala   ho notato  ch'erano un po'indispettiti o semplicemente smarriti perchè forse c'è ben poco da ridere, dal momento che l'iperbole non è poi così lontana dal nostro vissuto, cominciamo con l'ingoiare un amaro boccone. Ma è solo il primo atto, perchè per il gran finale Antonio Albanese ha in serbo una risata che, esorcizzando il male, "sempremente" ci seppellirà. 

29.1.11

I50° storie d'italia il lungo cammino volume I cosi andrebbe raccontata la storia del nostro paese

150 anni Italia, la storia a fumetti di F.Cristiana e Giornalino
In questi giorni ( il prossimo è il  3  febbraio )  è uscito il primo volume  dei due   I50°  storie  d'italia  il  lungo cammino .
Essi  prendono  , nonostante   il gruppo editoriale   sia  quello delle  edizioni San Paolo ispirazione da un pensiero di Bertolt Brecht che indica la gente comune come cuore pulsante e motore della storia . Infatti  ''Quando chi sta in alto parla di pace la gente comune sa che ci sara' la guerra'' - il progetto di Famiglia Cristiana e del settimanale ''Il Giornalino'' di proporre, in occasione del 150°  anniversario dell'Unita' d'Italia, due volumi realizzati da autori del fumetto italiano per raccontare la storia del nostro Paese. I due volumi ''150° Storie d'Italia'' saranno in edicola con Il Giornalino e con Famiglia Cristiana  rispettivamente  il 27 gennaio (il primo intitolato ''Il lungo cammino'', dalla Roma antica alla Prima guerra mondiale) e il 3 febbraio (''Una comune avventura'', dalla Seconda guerra mondiale a oggi). 
  ''Raccolte in sei episodi, tre per volume - spiegano i promotori dell'iniziativa, curata dalla direzione del Giornalino -, le storie sono il frutto di un progetto inedito realizzato da autori e disegnatori di prim'ordine nel panorama del fumetto italiano''. Nomi, quindi, del calibro di Sergio Toppi, Carlo Ambrosini, Ivo Milazzo, Pasquale Frisenda, Marco Nizzoli, Giorgio Cavazzano e Corrado Mastantuono, nonche' Francesco Artibani, autore dei testi e ideatore del progetto, coordinato da Ivo Milazzo: un impegno corale per mettere sulla scena ''uomini e donne giovani, pronti a testimoniare e difendere il valore di quell'unita' su cui si fonda un Paese moderno'', spiega Artibani nell'introduzione ai volumi.  che pur  essendo solo politica e  non della gente   visto le notevoli differenze che ancora  rimangono fra nord  e sud   come dimostrano   sia  il film  una bella  giornata  di Checco Zalone  ( trovate  una recensione  nei  due " ostri "  blog ) sia   la  canzone  inno nazionale    di Luca  Carboni ( trovate  sotto il video ) 


che il primo episodio  un lungo cammino e poi a seguire di  Sergio Toppi  e poi a seguire Una  giornata  a Roma ( di Francesco Artibani testi - Carlo Ambrosini disegni  ) e La  cura  (  sempre  di F.Artibani ai testi -
Ecco quindi '' l'intenzione e' quella di raccontar-  dIvo Milazzo  disegni ) e l'unita' italiana partendo dalle divisioni, dai momenti di separazione che l'Italia ha affrontato e superato, rivelando in questo la formazione di un carattere nazionale che va difeso quotidianamente, che non va mai  dato per scontato, che va conquistato giorno per giorno con il lavoro, l'impegno e il sacrificio di ciascuno di noi  e difeso dalle spinte  separatiste  di falso federalismo  \  autonomismo  . In ogni storia ci sara' quindi un percorso, un viaggio avventuroso, una decisione difficile e il superamento di una contrapposizione che potrà' essere geografica, militare, sociale o generazionale''. Condottieri, re e statisti restano dunque figure distanti rispetto alla vita dell'uomo comune: saranno un soldato, un medico, un sacerdote, un operaio, una madre, un carabiniere, una classe di studenti in gita scolastica ad animare le vicende di questi racconti a fumetti, diventandone i protagonisti.
Ho letto ieri notte   dopo e  23  tutto d'un  fiato   il primo volume  ed  aspetto con ansia il 2  . 
Molto bello . Ecco una mia piccola recensione   delle storie ivi contenute  .
Un Lungo cammino

Devo dire la  storia  non mi è piaciuta granchè, forse  perchè  sono abituato    ai suoi racconti precedenti  e  questo pur  con  i suoi ottimi disegni  mi sembra   qualcosa  di strano di forzato . Condivido  quando    scrive   Domenico Vescio  in  facebook.com/RotteImmaginario <<  Devo dire che  Toppi non mi è piaciuto granchè, temo per il discorso di sopra [  qui il resto della discussione  ]  gli hanno affidato, o se lo è andato a cercare, purtroppo accade, a lui che ha narrato fino ad ora storie di viaggi e di uomini, bellissime frammenti di umane vicende, il ruolo del "Paludato Maestro" che a volo di uccello narra la "Storia d'Italia"...Eccessivamente  troppo...Aveva già detto moltissimo nel volume Sacro. Ma la mia è una critica d'affetto >>. Comunque  grandissimi i disegni   specie  quelli  della  mia Sardegna  .
Una  giornata  a Roma
Dimostra  che quando vogliamo  o nei momenti più gravi (  che non svelo  per  non togliere  suspence a  che   ancora  non lo ha  letto o vuole leggerlo )  noi italiani  sappiamo mettere da parte le  nostre  diversità  (  leggi i nostri provincialismi\  regionalismi  ) .. No sapevo che  un autore  abituato a vederlo in un tratto disneyano  disegnasse cosi  bene .
La cura 
la perfetta  fusione  tra La  cura di Battiato e  Dio è morto di Guccini , specie  inel verso  : << nei miti eterni della patria o dell' eroe  >>.  Come un  anche quello che il potere considera un disertore  un  anti eroe   può essere un eroe . 

al prossimo volume 



ti aiutano gratis per una bonifica ( marea nera sulle coste del nord sardegna ) e tu dici no . ma ... stato di ....




La sezione italiana dell’associazione Sea Shepherd – quella che combatte i balenieri giapponesi – ha proposto di aiutare gratuitamente nella bonifica. E le è stato risposto no, grazie. A questo proposito l’associazione ha diffuso un comunicato stampa.
L’offerta, dice, “è stata stroncata dalle istituzioni con la motivazione  che .... la sostanza da maneggiare è altamente cancerogena".


che  fetenti (  metaforicamente  parlando visto  la delusione  d'essere italiano  e il non avere   abbastanza parolacce x esprimere lo schifo e non sono  fra  quelle   lingue  adatte per  il  vaffanculo)l e classi politiche sarde  ed italiane !

28.1.11

presentazione a tempio pausania il 4\2\2001 dil prezzo del riscatto storia di una famiglia dal purgatorio all'inferno

 
Autore:  Vinci Lucio
Editore:  Domus de Janas
Argomento:  sequestro di persona
Pagine: 2008
ISBN: 889708401X
ISBN-13: 9788897084013
Data pubbl.: 2010
 
 Vivere la paura, respirare la speranza, dieci mesi di trattative con chi ha rubato la vita di un figlio. Lucio Vinci, padre di Giuseppe sequestrato nel dicembre del 1994, raccoglie le riflessioni sulla vicenda. Il prezzo del riscatto, dal purgatorio all'inferno, è la storia di una famiglia che per 300 giorni ha vissuto in sospeso, un incubo dal quale difficilmente ci si riprende se non con la forza di chi è abituato a rialzarsi, sempre. Tre i punti di vista: Giuseppe racconta la prigionia, il rapporto con i suoi carcerieri, emoziona con i ricordi della sua famiglia che gli dà la forza per resistere. Lucio, più freddo e pragmatico, ripensa a tutti quelli che ha incontrato nel momento del bisogno e rivive la solitudine di chi deve prendere, con coraggio, decisioni cruciali il cui merito talvolta viene attribuito ad altri. Verando ricorda con rimpianto la grandezza di un'impresa che dal nulla ha saputo creare ricchezza e lavoro. Un racconto emozionante, ampiamente documentato per non dimenticare una parte di storia ingloriosa della nostra isola.
Ma anche  d uno stato che  ti fa  pagare  ( solo per faruk kassam si  aiuto' la famiglia a pagare il riscatto ? 1 2 3 ) con tasse  e balzelli varie e  non ai sequestratori  le tasse .
Infatti << (..)  Il libro racconta le angosce di Giuseppe, le sette lettere scritte dalla prigionia e le implorazioni: liberatemi, sono allo stremo. Fotografa, attraverso Lucio, le mille peripezie per riavere a casa il proprio caro; le lotte con i banditi ma anche con emissari, veri e falsi, con lo Stato e il blocco dei beni. Con i talk show: «È un sequestro da 7 miliardi», «No, da 15», rimbalzavano le notizie tra Rai e Mediaset. I banditi registravano. E alzavano il prezzo. Che alla fine sarà salatissimo: 4 miliardi e 250 milioni al netto del resto. Ché c’è, un resto. C’è un progressivo disfacimento di una attività imprenditoriale messa su da Daniele e tenuta insieme dai quattro fratelli Vinci, Lucio, Lelio, Verando e Marcello. C’è lo sfaldamento dei sogni e delle prospettive, e la consapevolezza che il «dopo del dopo è peggio del dopo», come scrive Verando.
 E c’è la storia, umanissima, resa più immediata dalla scelta dei fumetti e del riprodurre gli articoli di giornale, i documenti e le sette lettere inviate da Giuseppe durante la prigionia, di un giovane uomo che a 32 anni si è visto sottrarre, tanto per dire, dieci mesi di baci della buona notte da dare al figlioletto. Dieci mesi di vita e il terrore di essere solo e abbandonato. In una delle ultime lettere alla famiglia, Giuseppe, rivolgendosi alla moglie (ieri all’auditorium) scrive riferito alla famiglia: «Spero solo che abbia la voglia e la volontà di far finire questo calvario. Il tempo e la solitudine stanno terminando di distruggermi. Sto morendo, aiutami». Le lettere, vere di giorno e false di notte, le aveva cantate un altro sequestrato. Si chiamava Fabrizio de Andrè.
 Per la cronaca: delle cinque persone arrestate per il sequestro di Giuseppe Vinci, 4 sono state condannate. I Vinci hanno pagato 4 miliardi e 250 milioni per il riscatto, 40 milioni per l’emissario, altri 86 milioni per spese varie. Si aggiungono gli interessi passivi pagati alle banche per la cifra di 3 miliardi 60 milioni 545mila lire. Ci sono poi un miliardo e 391 milioni 305mila lire di tasse sul riscatto. Il totale è 8 miliardi 807 milioni 970mila lire. Ogni giorno di permanenza all’Hotel Supramonte è costato a Giuseppe Vinci e alla sua famiglia 28 milioni 784mila 215 lire. >> (   qui il resto  dell'articolo della  nuova sardegna  )
 
per chi vuole approfondire   tali tematiche oltre a  questi siti  
e questi due  libri 
 
  Questa è la cronaca di un sequestro di persona molto brutto, accaduto alla fine del 1978 in Sardegna e oggi completamente dimenticato. La vittima, un ingegnere della Ferrari, viene rapito nella zona di Villasimius, lontano dai clamori della Costa Smeralda, dove avvenivano, in quel momento, quasi tutti i sequestri. La seconda edizione si arrichisce di due interviste: la prima alla figlia di Agostino Mallocci, condannato per il sequestro Bussi e oggi deceduto; la seconda a Egidio Carcangiu, condannato anche lui per il sequestro e oggi un uomo libero. All'interno di queste due nuove storie si giunge ad un interessante ma conturbante epilogo: la verità che arretra e si scompone, la vertà che paradossalmente aggiunge altri occhi e altre interessanti letture. La verità che, sciogliendosi, rivela "nuove" verità.
 
 
 
 
 
Che sia stato dettato da motivi politici o da volgare sete di denaro, il rapimento ha tristemente accompagnato la storia criminale della Sardegna fino ad assurgere al rango di "specialità isolana". Giovanni Ricci passa in rassegna la lunga lista dei sequestri di persona perpetrati in Sardegna dal 1875 fino ai giorni nostri, seguendo l'esportazione del modus operandi dei rapitori sardi in continente e dando corpo a una narrazione in cui la cronaca giudiziaria si fa storia vissuta e analisi sociale.
 
 
 
 
 
 

nn sono donna , ma aderiscoa Donne su Fb: «Dissento...

Lo  so che   molti miei amici mi prenderanno in giro e mi diranno che sono efeminnato  o voglio cambiare sesso  o amenità varie . Ma  visto come certi uomini politici  trattano le donne  , ogni riferimento alle vicende    di Berlusconi e company    è opuramente  casuale  :-)  ,, accetto la prposta  dell'unità  


donne facebook
Quarantamila in poche ore. E ognuna con un volto diverso. Su Facebook il tam tam corre in fretta: cambiare il profilo, scegliere la foto di una donna che ha speso la propria vita per affermare un diritto.
«Perché - scrivono sul social network le organizzatrici di «Donne dicono no. Questa settimana io sono...», «vogliamo contrastare il sistema di compravendita delle donne, lo sfruttamento del corpo femminile. Un gesto che ha lo scopo innanzitutto di comunicare la nostra identità come donne capaci di affermarsi con coraggio ed intelletto, ma anche di rinnovare la nostra memoria storica, ricordarci che il diritto al voto, il diritto al lavoro, alle libertà individuali, sono diritti conquistati, spesso a caro prezzo, da donne!».
E allora ecco che i profili cambiano. «Io sono Rosa Luxemburg. Perché la libertà è sempre la libertà di dissentire». «Io sono Frida Kahlo», «Io sono Frances Farmer», «Io sono Alda Merini, Shirin Neshat, Irène Némirovsky, Carla Lonzi, Dolores Ibarruri Gomez, Tina Modotti, Janis Joplin, Joan Baez, Marie Curie»
«Io sono Rita Levi Montalcini perché il male assoluto del nostro tempo è di non credere nei valori. Non ha importanza che siano religiosi oppure laici. I giovani devono credere in qualcosa di positivo e la vita merita di essere vissuta solo se crediamo nei valori, perché questi rimangono anche dopo la nostra morte».
E poi Jane Austen,  Maria Callas, George Sand, Rosa Parks, Joyce Lussu. È' una carrellata di immagini, di simboli, di donne famosissime o dimenticate. Come Emanuela Loi, poliziotta della scorta di Borsellino, o Amelia Earhart, aviatrice statunitense. A ognuna un'altra faccia. La faccia della memoria che incrocia la storia e le storie individuali, le passioni letterarie, politiche, gli studi.
Percorsi che si coniugano, si incontrano. Memorie che si riattivano. Un gesto così semplice diventa metafora prepotente, diventa un segno di rivolta forte. C'è chi dice no, si prende un'altra identità per affermare la propria. «Io sono Anna Magnani perché le rughe non si coprono. C'ho messo una vita a farmele venire».
E sono anche Simone de Beauvoir. «Perché una donna libera è l'esatto contrario di una donna leggera». 
Perchè  le  donne  ( vedere quelle citiate  nell'articolo sopra  riportato  ) ci hanno dato   molto   e poi

IL  personaggio  che ho scelto  come profilo di  fb  da  qui  al 8 marzo è quello di Elsa Morante  ( 1912 –  1985)  di cu trovate  la  foto a destra  
onde  evitare  doppioni  con altri\e  account  di fb. Ma  soprattutto  ( vedere il post  dei  miei nik )  è La storia  suo romanzo  con cui sono cresciuto  è uno  dei motivi  per  cui sono passato ad essere libertario e useppes  il  figlio avuto dallo  stupro di un generale tedesco   è alla base  del  mio account email principale   che è questo  qua  (useppescano@virgilio.it) al  quale se  volete  potete scrivermi  ed approfondire  le tematiche del  blog 

donne di centro destra e di destra perchè non reagite ? perchè ve lo devono dire quelle di 15\25 ani ? ammazzatecitutti e poloviola ci siete ancora ?

La prima  è quella  di Sara Giudice

che la stampa  considera   l'anti Minetti e  che   sta raccogliendo migliaia di firme  per far dimettere Nicole Minetti. La giovane consigliere di zona del Pdl, 25 anni, ha avviato una raccolta di firme per far dimettere la consigliere regionale Nicole Minetti, e sembra più determinata che mai a portare fino in fondo la sua battaglia. Lei giura che le firme provengono dai sostenitori del partito, da quei giovani che "non ne possono più, vorrebbero lasciare l'Italia perchè si sentono disgustati da ciò che sta accadendo, si domandano che cosa studiano a fare se poi c'è posto solo per le Minetti".
Ora tale  appello è finito anche online   sul  sito  www.firmiano.it/dimissioninicoleminetti, ma è proprio il Pdl, il partito a cui la Gidice è iscritta dall'età di 18 anni, che sta prendendo le distanze dalla sua battaglia  e il giornale  organo ufficiale  gli sta gettando addosso fango (  mentaforicamente  parlando )
Formigoni: "Sandra Giudice non è del Pdl"- Primo fra tutti Roberto Formigoni, il Presidente della Lombardia che ha sostenuto la candidatura della Minetti. Ieri in un'intervista al Tg3 ha spiegato che la Giudice non fa più parte del Pdl e che le firme da lei raccolte non provengono tutte dal partito. In più dentro al Pdl non ci sarebbe nessun disagio, anzi tutti starebbero facendo quadrato intorno a Silvio Berlusconi. E ha concluso con un invito:"Prima di prendere posizioni, facciamo lavorare i giudici, se i reati verranno confermati allora si vedrà". Ma Sandra Giudice rincalza:"I garantisti che mi accusano di giustizialismo si rifugiano nella scorciatoia che bisogna aspettare gli atti del processo" e continua rivolta a Formigoni "Non ha nulla da dire sui fatti che stanno emergendo? Pensavo che anche lui credesse in certi valori. Evidentemente ha cambiato idea".

La   seconda  è   quella  


L'appello di Mariluna Bartolo, 16 anni, in difesa delle minorenni italiane. Il "no" ad una politica che sta diventando troppo libidinosa e perversa, che deve rimanere fuori da ogni elezione. Il gruppo su Facebook, la raccolta di firme, l'impegno a consegnarle a Palazzo Chigi.

Egregio Premier,

sono una minorenne italiana. Mi chiamo Mariluna Bartolo, ho 16 anni, e un futuro davanti. Ho qualche domanda da farle, ora, mentre lei è al tramonto della sua carriera politica, ormai anziano Premier del mio Paese. Quante minorenni ha frequentato nella sua vita? Quante ne ha sedotte con i suoi regali? Sua moglie Veronica, dunque, aveva ragione quando diceva di non poter stare con un uomo che ?frequenta minorenni?? Lo confessi. Ormai tutto sta venendo a galla. Noemi Letizia, Ruby, e l'ultima escort siciliana che dice di aver fatto sesso con lei, nella sua villa, frequentata da molte minorenni. Forse a una ragazza giovane lo può dire. Glielo chiedo perché vorrei sapere la verità. In questo Paese dove la menzogna è diventato un sistema di potere, confusi dagli slogan sulla libertà, l?etica finta, i sogni di inarrivabile prosperità, forse, ripeto, c?è ancora spazio per la verità. Me lo scriva in Rete, se ha coraggio. Lasci stare la televisione, per un momento. Io mi informo attraverso Internet e la tv per me è roba vecchia. L?informazione sul web è la vera libertà. Posso sapere, in Rete, ma su serio. Quindi le dico: mi sono vergognata, da italiana, nel sapere che il mio anziano Premier ha la passione per le minorenni. I cattolici di Famiglia Cristiana sostengono che lei è malato. Io penso soltanto che le ragazze della mia età vanno difese da uno come lei. Attraverso i teleschermi ha infuso un incantesimo nella mente delle giovani italiane, che sono disposte a tutto pur di avere successo televisivo, soldi facili e collane preziose. Questa è ?magia nera? informativa. E l?antidoto è uno solo: il coraggio di parlare, continuando a fare domande. Così le chiedo: non si vergogna? Lei, uomo anziano deformato dai lifting, dal cerone, dai trapianti di capelli, si è assuefatto all'infuso del potere al punto da non provare vergogna per nulla?. Si guardi allo specchio? Cosa vede?
Mi ascolti, allora: se lei non fa un passo indietro, noi minorenni faremo dieci passi avanti. Saremo in tante a Roma e gireremo un video in difesa di tutte le giovani ragazze che in Italia hanno il diritto di crescere senza veleno televisivo, senza menzogna, senza i vecchi politici assatanati di corpi femminili. Scenderemo in piazza, in difesa della nostra adolescenza, e le cheideremo di non ricandidarsi mai più. Io, insieme a tutte le ragazze minorenni che ascolteranno l?invito attraverso la Rete, scenderò in piazza per affermare il mio diritto ad avere un futuro diverso da quello delle sue amanti escort. Perché io voglio studiare, crescere, amare, e lavorare.

                       Mariluna Bartolo.



Dopo il recente video ( lo trovate  sopra  )  che conta decina di migliaia di visualizzazioni su youtube ho l'onore di intervistare la piccola grande donna Mariluna Bartolo, giornalista che senza alcun timore ha voluto spiegare al presidente del consiglio che non tutte le minorenni sono stupide e che non sono a sua disposizione per giochetti sessuali.
Cominciamo!
E' sempre difficile parlare di se stessi... Vorrei cominciare dicendoti che a 12 anni ho iniziato a leggere libri seri, Oriana Fallaci, per lo più. Dopo ho scoperto giornalisti del calibro di Travaglio, Biagi e Montanelli.
La mia prima intervista l'ho fatta a 15 anni ad un giornalista, Marco Travaglio. Ora a quasi 17 anni, sotto gli attenti insegnamenti di Enzo Di Frenna (giornalista di Roma, allievo di Montanelli), sto cercando di imparare il mestiere di giornalista.

Mariluna innanzitutto come stai, sei diventata famosa per un iniziativa bellissima, che riscontri hai avuto dopo il video e la creazione del gruppo Facebook?
In questi giorni sono al settimo cielo, il video sta andando davvero alla grande, contiamo di fare un flash-mob per portare le firme a Palazzo Chigi.
Come ti è venuta in mente questa semplice ma incisiva iniziativa?
C'è venuta in mente a me ed a Enzo dopo aver guardato i telegiornali, eravamo al telefono, abbiamo stabilito un giorno in cui io dovevo scendere a Roma per registrare il video, non ci saremmo mai aspettati dei risultati simili...
Ne farai altri di video o lettere che purtroppo non saranno mai recapitate al premier?
Spero non ce ne sia bisogno... spero che non si ricandidi più o almeno che non venga più votato. Te lo immagini se finisse in carcere? Io ho addirittura uno spumante... lo tengo lì proprio per quel giorno! Chissà se lo stapperò mai...L'esperienza del video è stata strepitosa da questo punto di vista vorrei ripeterla. Magari la prossima sarà una lettera ad Andreotti o a Minzolini.
La stampa estera e l'Europa ormai dichiara di essere solidale con l'Italia per aver un premier che ha gettato il buon costume nella spazzatura, avete pensato di andare oltre confine per parlare di questo problema?
Bhe andare fuori dall'Italia in questi mesi è difficile per me. Ho da seguire la scuola... Però mi piacerebbe davvero! Comunque abbiamo già oltrepassato i confini! Mi sono arrivati commenti dalla Svizzera e dall'USA!
Secondo te c'è un alternativa politica a Berlusconi?
Ora come ora no... apparte i grillini... però è ancora un movimento giovane. Io fossi maggiorenne voterei loro, conosco quelli della mia città e sono stata a Woodstock cinque stelle. La sinistra fa davvero schifo, sembrano addormentati.
Come mai gli italiani ingoiano tanti bocconi amari senza far nulla, a parte te ovviamente, abbiamo perso la forza di indignarci?
Non sono l'unica ad indignarmi. Tantissime altre persone lo stanno facendo, anche solo guardando il gruppo di facebook si vede! Certo diventa sempre più difficile guardare la realtà e seguire dei principi. Per fortuna la maggior parte dei miei coetanei non è incantata come può sembrare.
Secondo te l' Italia ti da l' idea di essere un paese democratico?
Se Democrazia (apposta con la D maiuscola) significa che il potere è in mano al popolo allora l'Italia non è in uno stato di democrazia. Cioè formalmente lo siamo, formalmente votiamo ecc... però realmente non siamo in democrazia perchè un uomo è più uguale (o si sente) più uguale degli altri. Basti pensare che può permettersi di giudicare rossi i pm... In più si cerca di fare leggi ad personam. Non possiamo più tenere la testa bassa. E' l'ora di alzarci e di guardare il panorama politico, fin ora siamo stati chinati a subire le prepotenze, intenti nel cercare la vita tranquilla.
Cosa vorresti dire ai ragazzi della tua età oggi dopo tutto quello che sta accadendo?
Vorrei dirgli di smettere di guardare quei programmacci alla televisione o almeno di informarsi correttamente. Inoltre, vorrei dirgli di cercare di cambiare le cose. Ma alla fine sono loro che decidono... mi sento spesso come un usignolo che canta speranzoso ma che spesso canta solo per se stesso.
Ora voglio farti una domanda io... Secondo te cosa penserebbero Montanelli e Garibaldi?
Secondo me Garibaldi ci ripenserebbe 2 volte prima di sacrificarsi insieme ai 1000 per unire l' Italia, per quanto riguarda Montanelli lui già aveva previsto tutto questo, a parte gli scandali sessuali che sono di minor importanza visto il passato di B, la sua lungimiranza era spaventosa, di sicuro avrebbe fatto la fine di Travaglio o Vauro, ovvero a intervenire gratis nelle trasmissioni!
Ti dico un ultima cosa, non sei sola, sembri sola perché ne nei media ne per strada la gente ha il coraggio di farsi avanti, perché convinta come te di essere sola, dobbiamo uscire tutti fuori senza paura, perché poi dovremmo averla? Cosa diciamo di sbagliato?
continuate cosi Continua cosi ragazze, dimostrate  ( sperando che  continuate a farlo )  a ragionare    voi  che avete  16\20  più della metà degli italiani negli ultimi 15 che  sà solo indignarsi e protestare  sul web  e  non ha  più la forza  di scendere in piazza  e di creare  movimenti unitari o quando li crea   di mettere da parte  il suo egocentrismo , come sta  rischiando ammazzatecitutti e popoloviola
Aveva ragione  un sito mi pare (  a  34  anni , 35  fra  un mese  s0incomincia  ad  invecchiare  ) si chiamasse www.informationguerrilla.org/  versione  italiano o un altro sito riorganizzatosi  se non erro nel sito http://guerrillaradio.iobloggo.com/  che  definiva  i girotondi italiani   2001-2005  (  a proposito che fine hanno fatto ? ) come  la rivolta  dei valvassini  come li definisce  questo libro  (  foto    a  sinistra  )  di  Gaspare De Caro – Roberto De Caro   La Sinistra in guerra 2007, 288 pagine, 12 euro di cui trovatre qui maggiori news 

27.1.11

oggi 27 gennaio

Oggi si conclude  (  ma indirettamente  continua  )  il mio speciale  su il 27   gennaio   chedo scusa  se  sono stato prolisso  e  lungo   ma visto  che    c'è gente  che  lo nega   

Nuove scritte antisemite"Il 27? Niente memoria" 

Apparse lungo via dei Fori Imperiali ancora una volta a firma dell'organizzazione di ultradestra Militia. Insulti anche sul palazzo del municipio di Rocca Priora

Nuove scritte anti-ebrei sono state trovate questa mattina nei pressi della fermata della metropolitana ai Fori Imperiali. La scritta - "27? Niente memoria" - porta la firma "Militia" ed è stata realizzata con vernice nera. Oggi è il giorno in cui in tutto il mondo si celebra il Giorno della Memoria, in ricordo dell'apertura dei cancelli di Auschwitz. Anche nei giorni scorsi, a firma della stessa associazione dell'ultradestra, erano apparse scritte che dileggiavano l'Olocausto.
E una decina di scritte antisemite, sempre a firma di Militia, sono apparse anche sui muri del palazzo del municipio di Rocca Priora che oggi ospita una mostra in occasione della Giornata della Memoria. "Non farti fregare. Olocausto = bugia" o "Israele non esiste" recitano. Altre invece insultano il sindaco di Rocca Priora e l'organizzatore della mostra. Sulla vicenda indagano i carabinieri della compagnia di Frascati.
 
 

Dopo la rappresentazione Ausmerzen di  ieri su la7 di Marco Paolini  lascio che a parlare  sia  la storia  che trovate  sotto 


Un cioccolatino per ricordare

Il 27 gennaio, Giorno della Memoria, è l'anniversario della liberazione dei campi di sterminio Auschwitz-Birkenau. Il racconto di Ida Marcheria, sopravvissuta alla Shoah, grazie a una bugia sull'età e alla promessa di una torta al cioccolato
 
Un cioccolatino per ricordare
Le piccole di casa
Fotografia di Alberto Novelli

Siamo nate a Trieste, in una famiglia ebrea come tante altre, ebree o cristiane, in un appartamento in piazza della Borsa, vicina a piazza Grande, quella che oggi si chiama piazza dell'Unità. Mio padre, che si chiamava Ernesto, era commerciante di prodotti kasher, prodotti di vario tipo come carne, azzime, e tanti altri. Vendeva e commerciava in un bel negozio, frequentato dai membri della nostra Comunità, ma anche da tanti triestini non ebrei. Mia madre, Anna Nacson, era invece una casalinga e come la maggior parte delle donne allora  -  ma anche oggi tocca sempre a loro  -  si occupava di noi figli. Il maggiore di noi si chiama Giacomo ed era nato nel 1926. C'era poi Raffaele, che era del 1927. Poi io e Stella, da tutti chiamata Stellina anche per distinguerla dalla nonna che aveva lo stesso nome. Noi eravamo le bambine, le piccole di casa.

 
Prima dell'arresto

 Fotografia archivio personale di Ida Marcheria (Nella foto: da sinistra, Hanna Schwartz, Ida e Stellina Marcheria, Trieste, ottobre 1943, pochi giorni prima dell'arresto )


La nostra fu un’infanzia piuttosto felice, non avevamo grossi problemi e potevamo vivere tranquillamente. Il nostro era il tempo dello studio, dei giochi e i nostri genitori, con molta attenzione e tatto, lasciavano che ci raggiungesse solo ciò che non poteva arrecarci turbamenti. Anche in questo eravamo bambini come tutti gli altri.
Trieste, una gran bella città, era, come si direbbe oggi, multiculturale, multietnica: c'erano ebrei, anche originari della Grecia  -  molti come il nonno provenivano da Corfù  -  austriaci, ungheresi, sloveni, italiani ovviamente, insomma Trieste era una gradevole Babele di lingue, dialetti, di gusti, di profumi, di sapori. Una città di confine e di conseguenza di ricchezze culturali composite e magnifiche. Purtroppo, anche in un tessuto sociale così ricco e articolato, non mancavano i veleni per gli scontri, a volte molto violenti, fomentati, per lo più, dai fascisti nei confronti degli slavi. Ma noi, piccoli di casa, anche da queste violenze, eravamo protetti.

 

Le leggi razziali
Foto archivio personale di Ida Marcheria
(Nella foto, Ida nel 1943)

Improvvisamente, tutto cambiò. Nel 1938, in novembre, il fascismo emanò le leggi razziali. Allora avevo nove anni... Giorno per giorno ci trovavamo senza più punti di riferimento, non avevamo più alcun luogo ove sentirci protetti e al sicuro. Fu un processo molto lungo e parecchio umiliante. Qualcuno sostiene, oggi, che fu poca cosa. Non è assolutamente vero! Fu mortificante e doloroso. I genitori persero il posto di lavoro, scontrandosi
con la dura realtà di dover portare avanti, tra enormi difficoltà, la famiglia. Nutrirla, vestirla, accudirla in tutte le elementari necessità. Non c'era più niente di decoroso nella vita quotidiana. Professionisti di valore, stimati da tutta la città, si videro cacciare dalle scuole, si impedì loro di svolgere una attività, spesso per tutti, ebrei e non, importante e necessaria. I bambini furono cacciati dalle scuole pubbliche, costretti a dividersi dai loro compagni, tra vergogna, rabbia e pianti. Difficoltà continue, proibizioni sempre più numerose, sempre più avvilenti. Tanti si videro costretti a lasciare la città, a lasciare l'Italia. Perdemmo così molti amici, tra i più cari. Ai commercianti, oltre al ritiro della licenza, vennero più volte sfasciate le vetrine dei loro negozi. Si proibì, anche con la violenza, che i non ebrei li frequentassero. Fu anche per questo che mio padre perse molti suoi clienti. No. Non direi proprio, non si può con onestà affermare che le leggi razziali furono ben poca cosa.


 
 L'arresto
Foto archivio personale di Ida Marcheria (Nella foto Stellina nel 1943)

Era mattina presto, ci eravamo appena alzati quando sentimmo prima suonare con insistenza e poi bussare con violenza alla porta. Quando mio padre, come tutti noi sorpreso, ha aperto, questi uomini sono entrati subito in casa, nel nostro appartamento senza neanche chiedere il permesso, senza proferire parola. Si sentivano padroni, pieni di autorità, signori della nostra quotidianità. Colpirono le nostre vite, le sconvolsero per sempre.
Uno di loro aveva un foglio in mano, sembrava essere una lista di nomi. Erano infatti i nostri nomi. Ebbi l'impressione che ci conoscessero già tutti, che sapessero tutto della mia famiglia. Sapevano quanti eravamo, perché nella lista compariva il nome di mio padre, quello di mia madre, comparivano quelli dei nostri fratelli e il mio con quello di Stellina. ....
La fretta, la paura, l'incertezza, la tremenda tensione che si era impadronita di noi, tutto ci mise in uno stato di indicibile tensione. Non potevamo certo sapere che ciò che stavamo, in quel momento, vivendo era ben poca cosa rispetto a quanto ci sarebbe accaduto nei giorni a venire. Era veramente impossibile il solo immaginarlo. Anche lontanamente.
... Un tedesco mi avvicinò e io, senza pensarci più di tanto, mi sfilai i braccialetti, di poco valore se non affettivo, cose da ragazzina insomma, e glieli porsi. Lui continuò a guardarmi, alzando la voce, sbraitando mi disse qualcosa che io non potevo capire. Non conoscevo il tedesco, la sua lingua mi suonava strana, assurda, cattiva e in ogni modo incomprensibile. Improvvisamente, con una aggressività che non riuscirò mai a dimenticare, allungò le sue mani, pesantemente sul mio viso, sulle mie orecchie. Cercava di strapparmi qualcosa, con rabbia e con violenza. Spaventata, totalmente sconvolta, cercai di fare un passo indietro. Solo in quel momento mi vennero in mente gli orecchini che indossavo. Cercava di strapparmeli, con quelle sue mani grosse e ruvide. Provai come una scossa. Capii che erano quelli che lui rabbiosamente voleva. Con le mani tremanti, me li sfilai e glieli allungai. Da allora, io non porto più orecchini.
Guardai la mamma per trovare qualche conforto, ma lei non si era accorta di quello che mi era capitato. Incontrai, invece, gli occhi della signora Cesana. Mi si avvicinò e, stringendomi a sé, mi disse: "Non aver paura, presto torneremo a casa e io ti preparerò una bella torta alla cioccolata, tutta per te". Pur in quel momento, così drammatico, si era ricordata della mia passione per la cioccolata!
Terminata la razzia dei nostri beni, dopo averci depredato di tutto, i tedeschi c'informarono che il mattino successivo dovevamo farci trovare pronti per il trasferimento. Senza rivelarci di che trasferimento si trattasse e per quale luogo. Imparammo dopo che questa era la loro norma.

Aushwitz, la Judendrampe


Fotografia per gentile concessione dell'archivio del museo Yad Vashem di Gerusalemme (Nella foto, Auschwitz-Birkenau, selezione alla Judenrampe)

La Judenrampe! Il caos, il terrore, l'anticamera dell'inferno. Credo che non ci saranno mai parole sufficienti e tali da poterci fare capire, e da parte mia da rendere benché minimamente comprensibile, ciò che accadeva su quel binario. Si potrà mai capire cosa e con quale violenza scuotesse l'animo dei deportati al loro arrivo sulla Rampa degli Ebrei? No, non bastano tutte le parole che conosciamo, tutte le parole del mondo. Scese, anzi meglio, saltate dal carro bestiame, ci trovammo in un girone allucinante di suoni, di grida, di urla. In una lingua dura, feroce, incomprensibile. I tedeschi, le SS urlavano ordini che nessuno capiva, su tutti grandinavano botte e bastonate, i cani, tanti cani abbaiavano, latravano eccitati e infuriati. Digrignando i denti, cercando di aggredire noi poveretti in preda al panico. Un po' le SS li trattenevano, un po' li aizzavano. Tutti, e noi tra loro, cercavamo con occhi smarriti di trovare i nostri cari, il padre, la madre, i fratelli.
Sempre tra urli e bastonate ci fecero lasciare sulla rampa i nostri fagotti, le nostre valigie. Guai cercare di tenere con sé qualcosa, anche la più piccola cosa. A botte e spintoni, senza alcun riguardo per niente e per nessuno, ci fecero disporre in due file. Ci prepararono per la selezione. In una colonna gli uomini, nell'altra le donne con i bambini. Stellina e io eravamo con la mamma. Lentamente le due file avanzavano verso un ufficiale tedesco, una SS glaciale nella sua indifferenza che, a volte quasi con aria annoiata, indicava con un frustino a ciascuno se andare alla sua destra o alla sua sinistra. Il suo sguardo non pareva nemmeno vederci. Era Mengele, il medico selezionatore, l'angelo della morte.

selezione
Fotografia per gentile concessione dell'archivio del museo Yad Vashem di Gerusalemme
(Nella foto, Birkenau, donne e ragazzi già destinati alle camere a gas)


 
Un cioccolatino per ricordare La

Mentre la selezione era in corso ci si avvicinò un uomo, neanche poi così male in arnese, vestito con uno strano abito a righe grigie e blu. Ci guardò solo per un attimo, facendo scivolare lo sguardo frettolosamente, poi guardando altrove; fingendo attenzione per altro da noi, con molta circospezione, parlando italiano mi chiese quanti anni avessi. "Quattordici" risposi. "No, tu ne hai sedici". Pensai fosse matto. D'altro canto tutto ciò che vedevo intorno a me non poteva che farmi credere di essere arrivata nel mondo dei matti, nel mondo della follia. Ma come, ho quattordici anni e questo strano essere pretende di sapere meglio di me la mia età! Se ho quattordici anni perché mai devo dire sedici? Ma che ne sa, se nemmeno mi conosce. Poi fece la stessa domanda a Stellina. "Tredici anni da pochi giorni" disse mia sorella. "No, tu ne hai quindici, capito! Ne hai quindici". Allontanandosi ancor più circospetto, come se temesse che le SS avessero potuto vederlo nel rivolgerci la parola, ci ripeté ancora una volta: "Tu ne hai sedici e tu quindici. Ricordatevelo! ". Ma prima di rivolgersi ad altri prigionieri e con ben poco garbo ci spintonò verso la nostra fila. Toccò a noi arrivare davanti alle SS. Senza una parola, con un gesto secco venimmo indirizzate nella fila meno numerosa.

 Nostra madre aveva capito
Fotografia per gentile concessione dell'archivio del museo Yad Vashem di Gerusalemme (Nella foto, Birkenau, donna con bambini)

 
Un cioccolatino per ricordare


Nostra madre andò nell'altra. Ma questo non ci interessò, non era quello che in quel momento per noi era importante. Da una parte o dall'altra per noi nulla significava. Avevamo già perso di vista mio padre e i nostri fratelli Giacomo e Raffaele, anche se erano nella nostra colonna. Cercavamo la mamma. Ci guardammo intorno per individuarla. I nostri occhi, seppur stanchi e sbarrati dal terrore, la cercarono nella fila che s'ingrossava sempre più di donne e bambini. Non la trovammo. Poi la vedemmo su di un camion. Volevamo andare con lei, ma non ci fu possibile. Qualcuno ci disse che l'avremmo ritrovata nel campo. Gli anziani, i meno forti ci avrebbero preceduto. Che tragica bugia! Mamma non piangeva. Lei aveva capito. "Bambine mie" ci disse "cercate di stare sempre insieme". Poi i camion, non pochi e tutti strapieni di donne e bambini ammassati come bestie, si avviarono. Verso dove nessuno di noi sapeva e poteva immaginare. Vedemmo mamma allontanarsi, senza una lacrima. Non l'abbiamo più vista.


Kanada Kommando
Fotografia per gentile concessione dell'archivio del museo Yad Vashem di Gerusalemme

 
Un cioccolatino per ricordare


Quando arrivammo [al Kanada Kommando], quello che ebbi modo di vedere mi lasciò di stucco. Le baracche erano piene fino al soffitto di vestiti, di valigie, di coperte, di scarpe... di tutto! Da non poter immaginare, incredibile. Era tutta la nostra roba, i beni di tutti i deportati, quelli ancora vivi ma soprattutto di quelli ridotti in fumo. Delle nostre madri, dei fratelli, dei figli. Il frutto di una inimmaginabile, criminale rapina.
Io sono nata lì, al Kanada ho aperto gli occhi su un mondo di dolore, di offesa, di crudeltà. Al Kanada è finita la mia infanzia, è finita anche quella di Stellina. Lì abbiamo imparato a odiare, abbiamo imparato a non perdonare, abbiamo capito che ciò non sarebbe mai stato possibile. Le SS, i nazisti ci avevano rubato tutto e noi non potevamo nemmeno toccare. Tutto era verboten, proibito, tutto era esclusiva proprietà del Reich. Noi pure, noi per primi. Ci insegnarono il lavoro, ci insegnarono rudemente a scegliere tra quanto continuamente, senza sosta ci arrivava, in grande quantità, ogni giorno, e a dividere il meglio dal peggio. Gli stracci, i Lumpen, da una parte, le cose migliori e utilizzabili da inviare ai buoni cittadini del Reich da un’altra. A noi una copertaccia nera e un paio di ruvidi, scomodi zoccoli, a loro calde coperte, piumini, comode scarpe di pelle, orologi, tappeti... Oro, gioielli, brillanti, beni preziosi, medicine – così necessarie nel campo – soldi dovevano essere consegnati agli ufficiali delle SS che ci controllavano minuto per minuto, dalla mattina alla sera. Se un ufficiale vedeva che una di noi tentava di “organizzare”, di rubare un gioiello, estraeva la rivoltella e, a bruciapelo, uccideva la ladra. Alla fine del turno, prima di tornare in baracca, venivamo perquisite. In fila, tutte nude, con la divisa in mano. Le SS, senza alcun riguardo, erano pronte a esplorare persino il nostro corpo anche nelle parti più intime.
Ogni giorno toccava a noi selezionare, accoppiare, fare grossi pacchi che, una volta riportati sulla rampa ferroviaria, prendevano strade per noi allora sconosciute. Poi abbiamo saputo che erano quelle non solo per la Germania ma anche per la Svizzera, per il Brasile, per l'Argentina. Anche l'oro dei denti dei nostri morti è finito lì. Noi non potevamo prendere nulla, ma gli ufficiali delle SS si servivano in abbondanza. Per se stessi e per le loro mogli. Quando arrivava un trasporto "ricco", non dai ghetti ma come quelli degli ebrei ungheresi, dovevi vedere come si precipitavano. Come falchi. Anche le ragazze del Kanada rubavano, sfidando la morte, per sé e per le loro compagne del campo.
(Nella foto, Birkenau, donne addette alla selezione degli oggetti provenienti dai vari trasporti. Sullo sfondo, in alto, è possibile vedere le cime dei camini)


La camera a gas

Fotografia per gentile concessione dell'archivio del museo Yad Vashem di Gerusalemme

Anch'io finii davanti all'entrata della camera a gas. Con altre compagne avevo gettato del pane a persone di un trasporto appena arrivato. In attesa del loro ignoto appuntamento con l'inferno delle SS. Le kapò ci avevano scoperte e alcune di noi, forse quelle che già da prima venivano tenute sotto un più attento controllo, furono subito portate con la forza nel cortile del crematorio. Mentre eravamo sul piazzale in attesa che la camera a gas si rendesse disponibile, arrivò con la sua motocicletta una hauserka, una delle guardiane SS, le più cattive e perverse. Erano sempre rabbiose, violente, giravano per il campo in motocicletta e sempre accompagnate da un cane persino più rabbioso di loro. Mi guardò, pensò forse che mi avevano mandato al crematorio perché non più idonea al lavoro. Ma evidentemente il mio aspetto non era tale da giustificare questa decisione. Mi urlò, quindi: "Augenfressen, zu arbeiten", tu stai bene, vai a lavorare. "Zu arbeiten". Non me lo feci ripetere un'altra volta e tornai, e di corsa, al lavoro. Forse non furono nemmeno le sue parole a salvarmi, anche se furono determinanti in quel momento. Mi salvò ancor prima il fatto che la camera a gas era troppo affollata, che era già impegnata nella sua quotidiana opera di sterminio. In ogni modo se l'hauserka fosse passata mezz'ora più tardi, anch'io sarei diventata fumo. 



Il ritorno
Fotografia di Alberto Novelli


Ero rientrata a Trieste con un paio di scarpette da ciclista che mi aveva regalato un soldato italiano. Ero tornata dall’inferno di Auschwitz nuda e cruda, tenendo per mano mia sorella. Ed era come se nulla fosse accaduto. Trovammo che casa nostra era stata occupata da un fascista con la sua famiglia. Era stata data a lui, per chissà quali alti meriti, così come l’avevamo lasciata. Con ancora le posate sul tavolo, con le nostre provviste, con il pranzo già preparato sui fornelli, con la biancheria pulita pronta a sostituire quella da lavare. Con i nostri giochi di ragazzi e con i nostri libri.
La vita di una persona è fatta anche di tanti oggetti, piccoli o grandi, spesso di nessun valore o apparentemente insignificanti per gli altri. Ma per quella persona e solo per lei hanno valore inestimabile. Sono legati a un ricordo, a una amicizia: una penna, una spazzola, un nastrino, una fotografia. Io non sono riuscita a recuperare neanche un oggetto, una piccola cosa della mia vita passata. Come volevano i nazisti, nel loro lucido piano criminale. Niente oggetti, niente ricordi, niente vita. Il fascista che aveva occupato la nostra casa non aveva alcuna intenzione di ridarcela. Fummo perciò costrette a chiedere ospitalità, almeno un letto dove dormire, a qualche conoscente.

Ritorno a Birkenau


Poi abbiamo cercato di ricostruirci una vita. Abbiamo frugato nelle case dei nostri parenti, che erano sopravvissuti alla Shoah, per cercare qualcosa della nostra famiglia. Anche solo una fotografia che potesse alimentare i nostri ricordi di un tempo felice. Che potesse ridarci il volto dei nostri famigliari scomparsi nel cielo polacco... Abbiamo elemosinato i nostri ricordi.
Poi mi sono sposata, povera, senza un soldo. Anche Stellina si è sposata. Poi i ricordi, le notti d'angoscia, l'incubo continuo di nome Birkenau l'hanno sopraffatta. Ci ha lasciati. Io ho avuto un figlio e il regalo di due nipoti. Anche Giacomo si è sposato e ha avuto quattro figli e quattro nipoti. ... Mio marito aveva un laboratorio di cioccolata, una cioccolateria  -  che ancora oggi gestisco con mio figlio.
Oggi mi chiedono più volte se ho mai pensato di tornare ad Auschwitz, di tornare a camminare, da persona libera, tra le baracche di Birkenau. Non sarei mai voluta tornarci. Poi alcuni superstiti, e tra questi Shlomo Venezia, che abita a Roma e con il quale mi incontro continuamente, e il sindaco della mia città mi hanno convinto a fare con loro un viaggio-studio al quale avrebbero partecipato numerosi studenti e professori.
Sono tornata ma, devo dire la verità, soprattutto per ricordare i miei, per portare alcuni sassi sulla Judenrampe! Perché sentissero che io sono sempre, in ogni momento della mia vita, il giorno come la notte, nel dolore e nella felicità, con loro.
Perché ogni notte io torno a Birkenau.C'è anche chi afferma che è giunto il momento di perdonare.Io non posso perdonare. Non perdonerò mai.
 
Il libro

Il racconto di Ida Marcheria e le immagini di archivio sono tratte dal libro Non perdonerò mai di Aldo Pavia e Antonella Tiburzi, ed. Nuova dimensione e riprodotte per gentile concessione dell'editore.
 

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