23.1.12

giornata della me.memoria ( 27 gennaio 1945 ) questo è stato

Leggendo questo interessantissimo articolo   sul colonialismo italiano  e   su come  usava il  fumetti per  giustificare  la sua   becera e  vergogna  propaganda coloniale

 questo http://tinyurl.com/6sr2nak interessantissimo  articolo di Igia bascego (  qui il suo blog     e  all'interno  dell'url citato  sotto    trovate  dei cenni  su  di lei  )   e  quest’altro che  riporto  tratto da  http://www.linkiesta.it


La Shoa fu progettata 70 anni fa e la Germania non ha perso la memoria

Laura Lucchini  20 gennaio 2012 - 13:56
Sono passati 70 anni dall’incontro in cui si diede via alla “Endlösung der Judenfrage”, la soluzione finale alla questione ebraica. E in Germania oggi saranno presenti il presidente tedesco Christian Wulff e il ministro Yossi Peled, per ricordare una delle pagine più buie del secolo scorso. Dopo l’annuncio della ripubblicazione di estratti del Mein Kampf, il libro manifesto di Adolf Hitler, si sente sempre più viva la necessità di mantenere viva la memoria sull’Olocausto.
                                                           
La villa di Wannsee



BERLINO - Il 20 gennaio del 1942 circa quindici funzionari e segretari di stato del governo nazista si riunirono in un’elegante villa sul lago alle porte di Berlino. Nell’incontro dovevano trattarsi una serie di questioni logistiche. Ciascuno dei partecipanti sapeva esattamente qual’era l’oggetto di questo incontro, perché era stato stampato, a chiare lettere, su ogni invito inviato dal capo della sicurezza Reinhard Heydrich: “Endlösung der Judenfrage”, la soluzione finale alla questione ebraica.
Tutti i presenti, tra loro anche l’”architetto” Adolf Eichmann, avevano già avuto a che fare con l’emarginazione, la persecuzione e il saccheggio ai danni della popolazione ebraica in Germania e fuori. Si conoscevano tra loro. Si erano già incontrati. Proprio per questa ragione erano stati riuniti quel giorno. Si trattava di passare all’ultima fase dell’antisemitismo: l’eliminazione fisica. La conferenza di Wannsee marcò una netta cesura nella storia dell’Olocausto.
Oggi ricorre il settantesimo anniversario di quell’avvenimento e il Governo tedesco ha programmato una cerimonia per ricordare il momento in cui si decise lo sterminio di milioni di ebrei in tutta Europa. Il presidente della Repubblica Federale, Christian Wulff, ricorderà le vittime e tutti coloro che hanno sofferto per le conseguenze di questa decisione. Il ministro Yossi Peled rappresenterà il governo israeliano nell'evento. Alla fine della commemorazione, una conferenza di storici di tre giorni tenterà ancora una volta di  sviscerare i significati. Commemorazioni di questo tipo si ripetono in Germania ogni anno. Però ora cresce il numero di coloro che, senza essere neonazisti o di estrema destra, si chiedono se dopo due generazioni siano ancora necessarie queste forme di memoria storica. Il tema è oggetto di dibattito quotidiano. Tra amici tedeschi e stranieri, è facile che in una cena se ne parli.
Gli storici cercano di dire la loro, sottolineando la “singolarità” e il valore assoluto dell’evento, che va oltre ai confini della Germania e si trasforma in un “problema dell'umanità” intera. Secondo quanto scrive questa mattina Sven Felix Kellerhoff su Die Welt, «il 90% delle vittime dell’Olocausto non avevano mai posseduto un documento tedesco. Però coloro che davano ordini erano soprattuto tedeschi e austriaci, mentre l’organizzazione dello sterminio di massa avvenne quasi unicamente a Berlino». Eppure oggi «l’Olocausto è molto di più che un problema tedesco, ma un problema dell'umanità». Da qui nasce la necessità, l’imperativo, ma anche la responsabilità tedesca, di ricordare.
Dalla conferenza di Wannsee uscì un documento di 15 pagine dove si dettagliava il numero di ebrei e la loro distribuzione in paesi, così come il piano minuzioso per eliminarli. Si descriveva con precisione l'organigramma delle deportazioni sui treni che avrebbero trasportato le vittime a campi di stermino o lavoro. In base alla loro condizione fisica sarebbero stati destinati a «lavorare fino alla morte» o alla «eliminazione diretta».
Il documento è conservato nella stessa villa di Wannsee dove fu concepito e che oggi è un centro di documentazione. Il fatto che il protocollo non porti la firma diretta del Führer, Adolf Hitler, è una questione che ancora oggi divide gli storici. Da un lato c’è chi argomenta che la “soluzione finale” non fu sua iniziativa diretta. Dall’altro c’è chi invece assicura che la sua firma era superflua, semplice burocrazia. Avevano i funzionari riuniti a Wannsee l’ordine esplicito di organizzare l’Olocausto? Secondo Norbert Kampe, direttore  del centro di documentazione di Wannsee «non c'è alcun dubbio». Senza l'approvazione dall'alto una simile operazione non sarebbe stata possibile. «La decisione fu precedente», assicura. Secondo Kampe, Hitler non firmò il documento semplicemente perché, «non era il suo stile, odiava la burocrazia». L’argomentazione che toglie a Hitler la responsabilità dell'ordine esplicito, piace in genere ai neonazi, e viene usata come una specie di legittimazione del culto del Führer.
L’esistenza stessa di questi dibattiti dimostra la necessità di mantenere viva la memoria. Negli ultimi giorni l’opinione pubblica è stata scossa dalla decisione dell'editore inglese, Peter McGee, di ripubblicare estratti del Mein Kampf di Adolf Hitler a partire dal 26 gennaio. Il libro-manifesto non era mai stato ristampato in Germania dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. Ma la vera provocazione, o trovata commerciale, è che il 27 gennaio è il “Giorno della memoria”, la ricorrenza annuale in cui si commemorano in tutto il mondo le vittime dei campi di concentramento. L'operazione avviene all'interno di un'iniziativa editoriale che porta il nome Zeitungszeugen (testimoniare con i giornali) e che prevede la pubblicazione di pagine di cronaca dell'epoca, non solo nazista. Il contesto non ha comunque smorzato la polemica, dove le iniziativa di carattere storico rischiano spesso di essere prese come spunto per la celebrazione dai fanatici, e il turismo di estrema destra. L’anno scorso una mostra totalmente dedicata a Hitler nel museo storico di Berlino aveva suscitato analoghe polemiche.
Come se non bastasse, l’attualità degli ultimi mesi impone di affrontare il tema. Nello scorso mese di novembre, la scoperta di una cellula terrorista di estrema destra che riuscì a uccidere una decina di stranieri e rimanere indisturbata per dieci anni grazie alla collusione dei servizi segreti, ha riacceso con violenza il dibattito sulla proibizione del partito neonazista NPD.
«Nonostante tutto rimangono persone che esaltano la folle dottrina di stato del terzo Reich e cercano di diffonderla. Antisemitismo e intolleranza avvelenano ancora oggi molte persone. (…) Ancora oggi ci sono fascisti che non solo gridano per le strade, ma che spaventano un'intero paese con una serie di omicidi, mentre la loro bandiera dell'NPD rimane ancora tollerata dallo Stato e addirittura sovvenzionata dai parlamenti tedeschi», scrive questa mattina Dieter Graumann, presidente del Consiglio centrale degli ebrei. A quanto pare, non mancano gli argomenti per continuare a parlarne.  continua  qui

mi  è  venuto  in mente  questa   riflessione   che  mi  ha  convinto  a continuare  a  scrivere  ( nonostante  i miei amici e  compagni di viaggio mi dicevano che  era  come lavare la testa dell’asino con il sapone  o peggio dare  le perle  ai porci ) e  a parlare  di questi argomenti  .
Infatti  In Italia  li facciamo  solo a metà nonostante  siamo  coinvolti    e vi abbiamo partecipato in prima .persona . con le leggi razziali del ’38 e, successivamente, con le deportazioni, iniziate con l’occupazione nazista  avvenuta dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943.e  con la  collaborazione   della Rsi  (repubblica  sociale  italiana) Stato fantoccio della Germania nazista (lo stesso Mussolini ne era consapevole[13]), la Repubblica Sociale Italiana non fu riconosciuta dalla comunità internazionale. Fu considerata erede del Regime fascista italiano dalla Germania, che la riconobbe ma esercitò su di essa un protettorato de facto. Fu riconosciuta anche dall'Impero giapponese e dalla maggioranza degli altri Stati  dell’Asse  (    gli alleati filo tedeschi  )  che addirittura   istituì le  ss  italiane  e  abbiamo avuto ben    3    campi di sterminio
·  Campo di concentramento e sterminio della Risiera di San Sabba (in Italia)
·  Campo di concentramento di Fossoli (internamento, sterminio e lavoro in Italia)
·  Campo di concentramento di Ferramonti (in Italia)mentre  in Germania 
  Concludo   con questo  canzone   scusate  se   i video  sono  forti     e sconsigliati  per  i  deboli  di stomaco   

ma   : <<  questo  è stato  >> (  cit Primo Levi ( 1919 –  1987    reduce  di quello  che  fu     il campo di concentramento di Auschwitz. Autore  di  (  ovviamente  non  sono  in ordine cronologico ma  come mi sono venuti in mente    )  :  Se questo è un uomo, la  chiave  a stella   La  tregua ,I  sommersi ed  i Salvati in cui  si racconta   le sue esperienze nel lager nazista    

22.1.12

Nella notte


Nella notte sull'asfalto
ancora ascolto te
La tua voce accarezza
tenui briciole di fumo
le trasforma in stelle d'oro
e le strade, i viali nudi
il compatto grigio muro
s'apre come un grande altare,bianco, immenso, svaporato

Resta aperta la speranza
senza te, senza il tuo viso,
senza il tuo sguardo distratto,
pigro, immoto, lento, illune

Mi rimane quel che eri,
le tue note sparse all'aria,
qualche scampolo di vita
in ventose buie armonie,
e poi tutto si conclude,
serio e lieve, a un tratto dolce

.

19.1.12

Leggero

E non m'importa nulla
del domani, dell'amore,
non m'importa della vita.
Voglio solo passeggiare
su questi anni, smorti e tristi,
col mio sesso ineducato,
senza chiedermi perché.









(Nella foto: Dario Francesco Gay)


castellamare di stabia La processione sfila sotto casa del boss e il sindaco abbandona il corteo

da  ilfattoquotidiano   da  cui èmtratta la foto  estrapolata  dal  video   e il video  sotto riportato  , leggo   tale news 







Non è servito il pugno duro del sindaco Luigi Bobbio, e neppure l'impegno di Curia e forze armate per controlli più severi sui membri del comitato organizzatore della festa e sul percorso che la processione avrebbe dovuto seguire. Anche quest'anno la statua di San Catello, patrono di Castellammare di Stabia, in provincia di Napoli, è passata sotto la casa del boss ai domiciliari Renato Raffone, detto 'Battifredo', e lì si è fermata in omaggio al ras della zona. Di più: Raffone sembra quasi guidare la processione, ordinando alla 'paranza' dal balcone di casa quando fermarsi e quando riprendere la processione. Una scena che non è piaciuta a Bobbio che, come lo scorso anno, ha deciso di togliersi la fascia tricolore, abbassare il gonfalone del Comune e allontanarsi. Beccandosi pure gli improperi di alcuni fedeli che non hanno visto di buon occhio il suo gesto.

Di Andrea Postiglione (si ringrazia Gennaro Manzo)

e  dal suo blog   http://luigibobbio.blogspot.com/  ( chi  se  ne  frega  se  è  della pdl  la  legaliotà non ha  colore  politico ed ideologico ) 

Festa di San Catello, incontro sindaco-Vescovo: no ombre di camorra su rito

nella foto: la statua di San Catello (ph. Manzo)
Si è svolta, ieri mattina, alle ore 10:30, presso l’Episcopio di Castellammare di Stabia, l’incontro tra S.E. Mons. Felice Cece e il Sindaco di Castellammare, on. Luigi Bobbio, con la partecipazione del dott. Ferdinando Rossi, dirigente del locale commissario Ps., fautore dell’incontro stesso.
La riunione ha avuto carattere di grande chiarezza e cordialità e, nel corso della stessa, sono state reciprocamente illustrate le rispettive posizioni alla fine risultate sostanzialmente coincidenti, diversamente da quanto un quotidiano cittadino aveva tentato di accreditare. Il sindaco ha ribadito la necessità, dal suo punto di vista di massima autorità cittadina e dal punto di vista del Prefetto, quale autorità di Governo, di escludere in qualsivoglia momento della processione – dalla fase organizzativa del trasporto della statua all’effettivo svolgimento del rito – qualsiasi aspetto che possa essere letto quale, attenzione a qualche associato alla camorra. Il vescovo ha condiviso quanto espresso dal Sindaco ed ha auspicato che la festa del Santo Patrono, con la collaborazione di tutti, diventi sempre più un momento di comunione e di concordia nella comunità civile e religiosa e nei rapporti tra le istituzioni.
Nel corso dell’incontro, peraltro, sono stati toccati vari aspetti problematici dal punto di vista lavorativo e sociale della città, primi tra tutti quelli riguardanti la vertenza Fincantieri e Terme di Stabia realizzandosi e riscontrandosi una piena identità di vedute tra gli interlocutori



da fiorepasut e anna villiardi di facebook

Siediti qui e....
guardami negli occhi.
dammi un sorriso, dammi il tuo calore
mi hai chiesto scusa per i tuoi capricci
e quante volte dovrei farlo io!
Per ogni volta che non ti ho capito
per tutti i "dopo" e la stupidità
di far passare in fretta la tua età!
Il tuo dolore, seppur ancor bambina,
forse l'hai consumato nel silenzio
mentre dall'alto della mia ignoranza
non davo nè valore nè importanza!
Ora mi insegni e....
so cosa devo fare
Amarti ad ogni passo senza la presunzione
che solo i grandi conoscono il dolore!
 ------
 C'è una fonte della giovinezza: è nella tua mente, nei tuoi talenti, nella creativita' che porti nella vita.
Quando impari ad attingere a questa sorgente, avrai davvero sconfitto l'età.
 “ Per essere grande, sii intero: non esagerare e non escludere niente di te. Sii tutto in ogni cosa. Metti tanto quanto sei, nel minimo che fai, come la Luna in ogni lago tutta risplende, perché in alto vive. „
 

18.1.12

Ma è morto il capitalismo o le idee per rinnovarlo?



Il dibattito sul Financial Times sulla crisi del capitalismo colpisce più che per il contesto, che a discuterne sia il giornale della City, che per le idee che ne escono. Lawrence Summers crede che basti un po' di manutenzione alla teoria economica per rimettere in moto la macchina dei mercati. L'ex leader malesiano Mahathir Mohamad dice che la finanza è servita all'Occidente in questi ultimi vent'anni a coprire e rimandare la crisi del suo sistema industriale già da tempo emigrato a est. L'impressione è che grandi teorie non ne leggeremo ma che piuttosto il futuro sarà un patchwork di idee del passato. Quello che abbiamo davanti molto probabilmente lo avevamo dietro.
Leggi il resto: http://www.linkiesta.it/cultura#ixzz1jqmQIsRP

Benigni fischiato a laurea honoris causa. L’ira degli studenti: “Una trovata pubblicitaria”

Ormai è una prassi consolidata: sempre più atenei concedono lauree Honoris Causa o per vivere attimi di celebrità o più di frequente e molto prosaicamente a compenso. Un titolo ormai inflazionato e che ha perso ogni appeal in personaggi dotati di un cervello appena normal a godere  di tale  titolo  sono    nella maggior parte  dei casi  dei cretini  .  Evidentemente, Benigni non si annovera tra questi, ma lo sapevamo tutti da un pezzo. Per quanto concerne l’Università, a volte gli atenei ricorrono a questo tipo di improvvisa celebrità che li coglie per prendere lo spunto e sottoporre all’antenzione delle competenti autorità problemi finanziari, didattici o di logistici .


Benigni fischiato a laurea honoris causa. L’ira degli studenti: “Una trovata pubblicitaria”

L’Università della Calabria premia il toscanaccio, i ragazzi protestano con l’Ateneo: “Basta con queste passerelle”.
Cosenza. Gli studenti di Calabria contro la laura honoris causa di Roberto Benigni. L’attore e regista toscano questa mattina è stato premiato all’Università di Calabria a Cosenza inaugurando così l’anno accademico ma tra le polemiche. Non dirette contro il toscanaccio, ma contro l’Ateneo accusato di pensare solo a “trovate pubblicitarie”. “Non abbiamo nulla contro Benigni – hanno detto gli studenti – ma con coloro i quali dovrebbero pensare bene ai problemi che vive l’Università. Perché puntare sulle passerelle con i politici locali quando abbiamo problemi seri? Non si capisce, per esempio, perché siano state ritardate di sei mesi le borse di studio. Chi l’ha deciso e per quale motivo? Ed ancora, abbiamo bisogno di biblioteche aperte, di trasporti meno cari e che funzionino. E’ questo quello che serve a noi studenti e a questa Università”. Tra gli studenti che hanno protestato c’è anche chi ha fatto sentire la sua voce perché deluso dall’essere costretto a rimanere fuori dal Teatro. “Non ci hanno fatto entrare – hanno detto – e c’è uno schieramento di poliziotti imponente. Ci chiediamo perché a noi è stato impedito l’accesso?



Il Teatro è per tutti e non per pochi. Invece si è preferito privilegiare gli amici. Non è questa l’Università che vogliamo”.


  

a volte le catene di sant'antonio posso essere utili

E' il caso di questa  che riporto sotto  che  ho trovato oggi  ap.orendo la mia bacheca  di facebook e  che proviene   da  http://www.slideshare.net/




 
Goditi la vita  cosi  com'è 
.le  cose sono peggio per  gli altri e molto meglio per  noi 









  ci sono molte  cose   nella  tua  vita   che  catturano il tuo sguardo  , ma solo poche  catturano il tuo cuore  ...
   ti stai ancora  lamentando  ?
 oserva  intorno a te  e sii  grato per tutto quello che  hai  in questo periodo passeggero


 andavo di fretta  e  quindi  l'ultima pèarte  ho preferito  copiarla direttamente  anzichè trascriverla

    

L'anima dei guai

Ma l'anima, dov'è? Dove s'è nascosta, o perduta, nella sciagura della crociera dal nome ironicamente beneaugurante, Concordia ? Forse s'è solo rincantucciata, emergendo timida e spaesata tra mozzichi di parole, in esplosioni d'incredulità, furia, sgomento e dolore. Come quelle del capitano De Falco, urlate all'ormai noto comandante Schettino: "Torni su quella nave, le faccio passare un'anima di guai". Vocaboli galleggianti, privi di suono e di senso, per chi l'anima non la conosce né la vede, soprattutto nel dolore altrui. L'anima è collettiva e altruista, non si ripiega mai su sé stessa
 Lo scrittore Björn Larsson sostiene che il Concordia non è il Titanic, non è neppure una nave, e Schettino non somiglia neppur alla lontana a Edward Smith. Ha ragione, naturalmente. Ma un colosso turistico affondato in uno spicchio di Mediterraneo non è meno tragico d'un transatlantico che s'inabissa nel gelo dell'oceano, annullando in sé il sogno prepotente, ma non privo d'una sinistra grandezza, del positivismo e del futurismo. Sbagliamo noi, a considerare tragedia solo quanto ci appare con toni altisonanti e vette sublimi. Siamo infarciti di cattiva letteratura. Perché quasi sempre, invece, il male è inglorioso, la rovina miseranda, persino un po' goffa, proprio come il nostro Titanic casalingo (o casereccio). E non esercita alcun fascino. Ben lo sapeva Dante il quale, al termine della sua discesa all'inferno, ci mostra un Lucifero deludente, un ebete mostruoso dalle lacrime vane, insomma un povero diavolo. Tutto qui?, domanda allora il lettore, sgomento. Sì, tutto qui. Il principe del Male non è un anti-Dio ma una banale creatura decaduta: materia vile, nullità. E dannarsi per nulla, non è forse la peggior tragedia che possa capitare?
Il Concordia langue, patetica balena d'acciaio, col suo carico venefico di nafta in procinto di sterminare anche quell'ultimo, incolpevole lembo di Natura chiamato Isola del Giglio. Pure questo fiore, adesso, simboleggia amaramente la purezza smarrita. Se il Titanic rappresentava la fine di un'utopia, il Concordia segna l'apice, e il crollo, della mancanza d'utopie. Il nome del primo evocava l'illusione umana della forza e del possesso; il secondo è dolce, paritario, come il benessere offerto a tutti della società dei consumi. Col denaro tutto si risolve, tutto si compra, tutto si semplifica; per il denaro, e il profitto che ne consegue, si può risparmiare sull'equipaggio, sulla preparazione del personale di bordo, sull'etica, sull'anima: ed eccoci tornati al punto di partenza. Un comandante fuggiasco per timore del buio e dell'abisso non può comprendere le esortazioni del suo superiore a rimanere sulla nave. Non può che ritenerle delle assurdità. Nella visione nichilista e consumista del profitto, conta la soddisfazione immediata: ovviamente da non dividere con nessuno. Il dovere termina laddove s'intravede, non diciamo il pericolo, ma un semplice impedimento. Il nichilismo e il consumismo vellicano l'istinto, ma degradano l'uomo. Lo lasciano solo nel suo egoismo spontaneo e incontrollabile, nel "si salvi chi può" dell'egotismo conclamato. E gli altri vadano in malora.
Il Concordia segna il naufragio di questo mondo parallelo e inesistente: il mondo della faciloneria, dell'approssimazione, della spericolatezza al posto del coraggio, dell'apparenza al posto della verità. Il mondo del qui-e-ora, dove conta solo l'attimo, da cogliere non per slanciarsi verso il futuro, ma per arenarsi in una morta gora: ché il futuro, il domani, non esiste.
Ma la verità sono persone morte, anzi uccise, dall'imperizia e dall'avidità. Certo, anche la morte, nella società nichilista, è gioco virtuale: le tv berlusconiane hanno proposto ai gentili spettatori un simpatico sondaggio per sapere chi, secondo loro, è il colpevole: il comandante, l'equipaggio o altri? Come una nomination al GF, o un quiz a premi con ballerine discinte. Portavoce per eccellenza del nichilismo, la televisione ne è pure il suo braccio armato. Essa non ascolta, non contempla, non ipotizza l'anima dei guai.
E chissà che l'anima di quest'impacciata tragedia del nichilismo non sia proprio quella di Giuseppe Girolamo, giovane batterista disperso che, secondo testimoni, avrebbe lasciato a un bambino il suo posto sulla scialuppa e per il quale non smettiamo di sperare. Abbiamo deciso di corredare quest'intervento col suo viso da Cristo rock dagli occhi timidi, non per cercare a tutti i costi l'eroe: ma perché meglio ci sembra rappresentare il sussurro di quell'anima smarrita, volatile come musica, l'arte più vicina a Dio; e forse, in quest'ora di buio, ansiosa solo di ritornarvi, immemore della nostra ingratitudine.





17.1.12

Dipendenza sessuale Essere dipendenti dal sesso, come drogati, è il sintomo di qualcosa che non va nell'ambito sessuale ma spesso non solo. Vediamo di cosa si tratta e come si guarisc

 DA  http://www.amando.it/

  Un tempo detta ninfomania, oggi il bisogno compulsivo di fare sesso è anche chiamato bulimia sessuale o dipendenza dal sesso, in inglese sex addiction. Ed è proprio con questo ultimo termine che il disturbo è stato inserito nei manuali di psichiatria, accanto alle nuove dipendenze come quelle da internet, da cellulare e da videogiochi.



Ma cosa significa soffrire di dipendenza sessuale? È una vera malattia e come si può curare?


Il disturbo
La dipendenza dal sesso appartiene ai disturbi ossessivi, dove il sesso è il mezzo per difendersi da qualcosa che fa paura.Le persone con questo disturbopensano al sesso in continuazione, e nel tentativo di riempire un vuoto interiore, hanno il bisogno impellente di avere rapporti sessuali, da una a cinque volte al giorno. La spinta all’attività erotica è irresistibile e deve essere soddisfatta a tutti i costi, con qualsiasi persona si ha a fianco, facendo diventare ilsesso il perno intorno al quale gira tutta la vita, le amicizie, il lavoro, gli hobby e gli amori. Il sollievo, però, dura giusto il tempo di un rapporto, del quale poi ci si vergogna, ma che alla fine è l'unico modo per avere una consolazione.
È lo stesso meccanismo che avviene nel drogato o nell’alcolista, che ricercano la soluzione in quello che invece è il problema; solitamente si diventa vittime di impulsi sui quali si perde ogni tipo di controllo, perché bisogna soddisfarli immediatamente.


Chi ne soffre
Solitamente chi soffre di questo disturbo è una persona che ha paura della vera sessualità, intesa come rapporto con l’altro e scambio profondo. Può riguarda uomini e donne di ogni età, e nell'ultimo periodo c'è una nuova categoria di persone che soffre di questo disturbo: gli uomini over 60.Spesso si tende a giustificare questo comportamento con l’idea errata che le prestazioni sessuali sono un simbolo di successo, ma la realtà è ben diversa, e questi uomini sono mossi soprattutto dalla paura di invecchiare e spesso se ne rendono conto solo quando hanno toccato il fondo. Si arriva a diventare schiavo del sesso quando con il passare del tempo e di fronte al fisiologico calo delle prestazioni, questi uomini si vedono sottrarre quel punto di forza su cui hanno investito tutta la vita e allora cercano di fermare il tempo provando a dimostrare a se stessi e agli altri di potercela fare. Così si contornano di numerose partner, spesso giovani e desiderabili per aumentare l’autostima e poco conta se l’amore di queste donne è stato comprato.

Come si guarisce
In America, ormai da anni, sono nate delle vere e proprie cliniche per i dipendenti dal sesso in cui la cura è basata sull'astinenza forzata per mesi e l’uso di farmaci.
In Italia si cerca di ricorrere in primo luogo ad una psicoterapia; le più utilizzate sono quelle di tipo cognitivo-comportamentale, che cerca di raccogliere le sensazioni che il paziente prova quando avverte l’insopprimibile spinta di fare sesso con chiunque. Quindi gli si insegna a controllarsi nel momento del bisogno, cercando di distrarsi concentrandosi su altro.
Altro tipo di psicoterapia è quella analitica basata sull'idea che l’origine del disagio va cercata in una sofferenza profonda che si fa sentire a livello sessuale perché è li che si esprimono le parti più segrete. In questi casi il terapeuta dovrà aiutare il paziente a vedere nel “sintomo”, i conflitti profondi mai risolti.
A volte il trattamento psicologico va accompagnato da una cura a base di farmaci che controllano l’umore e tolgono il pensiero fisso del sesso. Solitamente però gli psicofarmaci servono solo a contenere il paziente temporaneamente, perché la terapia fondamentale è quella psicologica.
Molto utili sono anche i gruppi di auto-aiuto (simili a quelli per alcolisti) guidati da esperti, dove l’obbiettivo da raggiungere è quello di far diventare nuovamente un piacere ciò che è diventato ossessione.

La Carità che uccide. Come gli aiuti dell’Occidente stanno devastando il Terzo mondo


credevo che  tali articoli fossero  solo  dela sinistra  invece .... lo  pubblica un sito  dell'ulktra destra  come  http://www.questaelasinistraitaliana.org/



La democrazia non è il prerequisito della crescita economica. Al contrario, è la crescita a essere un prerequisito della democrazia. E l’unica cosa di cui non ha bisogno sono gli aiuti. L’analisi-choc del perché l’iniezione di aiuti economici nelle casse dei paesi africani è un’iniezione letale.
“Quando la Banca Mondiale crede di finanziare una centrale elettrica, in realtà sta finanziando un bordello.” Paul Rosenstein-Rodin, vicedirettore del Dipartimento economico della Banca Mondiale.
Il 13 luglio 1985 va in scena il concerto “Live Aid”, con un miliardo e mezzo di spettatori in diretta: l’apice glamour del programma di aiuti dei Paesi occidentali benestanti alle disastrate economie dell’Africa subsahariana, oltre mille miliardi di dollari elargiti a partire dagli anni Cinquanta. Venticinque anni dopo, la situazione è ancora rovinosa: cosa impedisce al continente di affrancarsi da una condizione di povertà cronica? Secondo l’economista africana Dambisa Moyo, la colpa è proprio degli aiuti, un’elemosina che, nella migliore delle ipotesi, costringe l’Africa a una perenne adolescenza economica, rendendola dipendente come da una droga. E nella peggiore, contribuisce a diffondere le pestilenze della corruzione e del peculato, grazie a massicce iniezioni di credito nelle vene di Paesi privi di una governance solida e trasparente, e di un ceto medio capace di potersi reinventare in chiave imprenditoriale. L’alternativa è chiara: seguire la Cina, che negli ultimi anni ha sviluppato una partnership sofisticata ed efficiente con molti Paesi della zona subsahariana. Il colosso cinese, che non deve fare i conti con un passato criminale di colonialismo e schiavismo, è infatti in grado di riconoscere l’Africa per la sua vera natura: una terra enorme ricca di materie prime e con immense opportunità di investimento. Definita l’anti-Bono per lo spietato pragmatismo delle sue posizioni, in questo libro Dambisa Moyo pone l’Occidente intero di fronte ai pregiudizi intrisi di sensi di colpa che sono alla base delle sue “buone azioni”, e lo invita a liberarsene. Allo stesso tempo invita l’Africa a liberarsi dell’Occidente, e del paradosso dei suoi cosiddetti “aiuti” che pretendono di essere il rimedio mentre costituiscono il virus stesso di una malattia curabile: la povertà.
Questa la scheda di un libro che ha fatto scalpore, edito da Rizzoli, scritto da Dambisa Moyo.
DAMBISA MOYO è nata a Lusaka (Zambia) nel 1969. Formatasi tra Oxford e Harvard, ha lavorato per la Banca mondiale e Goldman Sachs. Nel 2009, grazie al successo mondiale di questo libro, la rivista “Time” l’ha segnalata tra le cento personalità più influenti del mondo. Scrive sull’“Economist” e sul “Financial Times”.

Ne consiglio a tutti la lettura.

dire la verità è scomodo Taranto, «Denunciato per la protesta contro l’inquinamento»

I turisti vanno a villeggiare sulle rinomate spiagge del meraviglioso Golfo di Taranto, mangiano anche i prodotti locali e sono compiaciuti delle sue bellezze.
Non tutti sanno, però, quanto l’inquinamento da diossina abbia colpito gli abitanti di Taranto e dintorni.
Se la nostra memoria non è tenuta a ritenere i fatti accaduti lontano da noi, non penso che sia un crimine per chi ci vive ricordarli per amore di sé stesso e degli altri (specialmente i turisti).
Mi sono imbattuta in questo articolo sulla Gazzetta del Mezzogiorno, ecco cosa è accaduto a chi non si rassegna a dimenticare.
Vi invito a leggerlo: per me è un esempio di negazione del diritto alla libertà dell’informazione e alla rivendicazione della tutela della propria salute e dell’ambiente.   


La Gazzetta del Mezzogiorno.itPuglia
Martedì, 17 Gennaio 2012 11:05






Taranto, «Denunciato
per la protesta
contro l’inquinamento»

TARANTO 
 «Ora denunciateci tutti». Scatena la reazione di diverse decine di cittadini nonchè di un folto gruppo di movimenti ed associazioni il fatto che sia stato denunciato uno dei giovani che martedì scorso, insieme a tanti altri, davanti al Tribunale dove era in corso la prima udienza del processo per l’omicidio di Sarah Scazzi, ha issato uno striscione che metteva in evidenza come sul processo per il delitto di Avetrana si fosse accesa in modo potente l’attenzione dei media, mentre sull’inquinamento che da anni colpisce la città non si registra analoga attenzione.
«Quando un gruppo di giovani decidono di valorizzare la propria città e, senza far uso di bandiere o colori politici, si adoperano per migliorarla, ripulendo ed abbellendo le pubbliche piazze, vengono lodati dall'opinione pubblica ed apprezzati dalle autorità. Ma se un giorno - si legge nel documento di protesta - decidono di manifestare pacificamente usando uno striscione per portare alla luce una questione macroscopicamente ingiusta e dolorosa ecco che vengono denunciati. La motivazione? I coraggiosi ragazzi hanno inscenato una pacifica dimostrazione, durata pochi minuti, dinanzi al Tribunale dove da tempo si celebra il processo per la morte della povera Sarah Scazzi, divenuto fenomeno mediatico che suscita tanto scalpore per la curiosità morbosa del pubblico e la folta audience. Intervenuti a frotte, i media si sono trovati di fronte un gruppo di giovani e uno striscione con queste parole: “Su Sarah avete speculato ma del nostro inquinamento non avete mai parlato”». «Poche riprese rapide - si legge nel documento - ed il silenzio è calato nuovamente ma la protesta non è passata inosservata. No, perché uno di questi giovani è stato denunciato, quasi fosse un attentatore alla quiete pubblica».
Ma, si chiedono i firmatati dell’esposto, «è giusto che portatori di verità vengano denunciati come comuni malfattori? O sono solo detentori di una realtà che viene tenuta forzosamente nascosta sotto il tappeto? I risultati dell'inquinamento a Taranto devono rimanere un segreto di cui sono a conoscenza ben pochi: i cittadini di Taranto, i miticoltori, gli allevatori, i malati ed i tanti morti di tumore». «Esprimiamo piena solidarietà ai giovani - prosegue il documento - che, con vero spirito di sacrificio, si fanno portatori di una verità dolorosa, del senso di disagio e di lutto che la cittadinanza sopporta da decenni, nel silenzio delle autorità, della Regione e della Nazione, avvezze ad usare ben altro trattamento di acquiescenza verso i responsabili dell' inquinamento».
Tra i gruppi che aderiscono ci sono: 1000 per Taranto, Altamarea Taranto, Ascolto Aiuto, circolo Arci Pepper, Creativa Mente, Federazione provinciale Verdi, gruppo Mcs Puglia, Joe Black Production, Taranto lider, Taranto Pulita, Vivi Taranto e Wwf Taranto.
16 GENNAIO 2012

16.1.12

Fosse Ardeatine, storico tedesco accusa l'Italia "Roma scelse di non perseguire gli assassini

 (...)  Ma ho scoperto l'altro giorno guardandomi allo specchio
Di essere ridotta ad uno straccio
Questo male irreversibile mi ha tutta divorata
È un male da garofano e da scudo crociato

  (....)
Modena City Ramblers   40 anni  in Riportando tutto a casa  1994

 il  ritornello   di  questa   canzone  in  canna  nello stereo    conferma    questa  notizia   presa   da  
da  repubblica  online d'oggi 15\1\2012

Il settimanale Spiegel rilancia la ricerca di Felix Bohr su documenti provienienti dall'AA, il vecchio ministero degli Esteri. Da cui verrebbe alla luce la volontà comune di Roma e Berlino, a fine anni 50, di evitare l'estradizione e il processo ai criminali. Le ragioni del governo democristiano: evitare di dare l'esempio ad altri Paesi per rivalersi sui criminali di guerra italiani, ma anche per non incrinare i rapporti con la Germania di Adenhauer e non dare un vantaggio propagandistico al Pci

I documenti scoperti da Bohr portano alla luce il contenuto di un colloquio che l'ambasciatore tedesco Manfred Klaiber ebbe nell'ottobre 1958 con il capo della procura militare di Roma, colonnello Massimo Tringali, nella sede diplomatica tedesca. Dopo il colloquio, Klaiber scriveva a Bonn che il colonnello Tringali aveva "espresso che da parte italiana non c'è alcun interesse a portare di nuovo all'attenzione dell'opinione pubblica l'intero problema della fucilazione degli ostaggi in Italia, in particolare di quelli alle Fosse Ardeatine".
All'ambasciatore tedesco, Tringali aveva spiegato che ciò "non era auspicato per motivi generali di politica interna" e "esprimeva l'auspicio che dopo un doveroso e accurato esame, le autorità tedesche fossero in grado di confermare alla Procura militare che nessuno degli accusati era più in vita o che non era possibile rintracciare il loro luogo di residenza, oppure che le persone non erano identificabili a causa di inesattezze riguardo alla loro identità".
Il colonnello italiano avrebbe aggiunto che, nel caso in cui le autorità tedesche fossero arrivate dopo un'inchiesta alla conclusione che tutti o parte dei responsabili dell'eccidio vivevano in Germania, "la Bundesrepublik era libera di richiamarsi all'accordo italo-tedesco di estradizione e di spiegare che le informazioni richieste non potevano essere fornite, in quanto la Bundesrepublik in base ai suoi regolamenti non estrada i propri cittadini".

L'ambasciatore Klaiber, iscritto al partito nazista dal 1934 ed entrato sotto Hitler nel ministero degli Esteri del Terzo Reich, aveva aggiunto una nota personale in cui appoggiava la "ragionevole richiesta" italiana, a cui bisognava fornire una "risposta assolutamente negativa". Il risultato fu che nel gennaio 1960 dall'AA di Bonn arrivò all'ambasciata tedesca a Roma la risposta che nel caso della maggior parte dei ricercati "non è possibile al momento rintracciare il luogo di residenza", esprimendo anche il dubbio che "essi siano ancora in vita". Un addetto dell'ambasciata annotò che "ciò corrisponde al risultato atteso".
Le ricerche di Felix Bohr hanno invece accertato che, in alcuni casi, sarebbe stato facile rintracciare criminali nazisti che alle Fosse Ardeatine ebbero un ruolo non di secondo piano. Carl-Theodor Schuetz, che aveva comandato il plotone di esecuzione, lavorava presso il 'Bundesnachrichtendienst', i servizi segreti tedeschi. Kurt Winden, che secondo Kappler aveva collaborato alla scelta degli ostaggi da fucilare, nel 1959 era il responsabile dell'ufficio legale della Deutsche Bank a Francoforte. Per quanto riguarda invece l'Obersturmfuehrer Heinz Thunat, nel 1961 il suo indirizzo era "noto", ma un funzionario dell'AA scrisse a Klaiber e Tannstein di comunicare agli italiani che "su Thunat non si è in grado di fornire informazioni".
Risultato: il procedimento per gli altri responsabili dell'eccidio alle Fosse Ardeatine venne archiviato in Italia nel febbraio 1962.

Dalla Sicilia scocca la scintilla del popolo sovrano. Ma i media fanno finta di niente

da http://www.questaelasinistraitaliana.org

          

Riporta il sito Messinaora.it:
16 gennaio 2012 – Bloccati in Sicilia anche gli svincoli di Avola e Lentini dell’autostrada Siracusa-Catania. La protesta degli autotrasportatori siciliani e del movimento dei Forconi, che raggruppa i produttori agricoli dell’isola, è scattata già nelle prime ore del mattino.
Trasporto su gomma bloccato in tutta la Sicilia, 100 mila siciliani, oltre 100 presidi. A Messina la protesta ha interessato i tassisti che si sono ritrovati a Piazza Duomo dove fino alle 12 e nel pomeriggio dalle 15 alle 19, hanno fermato i mezzi. Adesione totale da parte degli operatori , che dovrebbero rimanere riuniti in assemblea fino a venerdì.
Sul fronte degli autotrasportatori, presidi sono stati organizzati all’altezza dei caselli autostradali in entrata e uscita da Messina. Camion e Tir sono fermi alla barriera di Divieto, a Villafranca Tirrena e ai caselli di Tremestieri, sul versante opposto. Una protesta forte ma pacifica, con la possibilità di transito per auto e pullman in entrambi i sensi di marcia.
Nessuno stop invece per le navi traghetto che hanno effettuato regolarmente le corse attraverso lo Stretto di Messina.

Come i Vespri siciliani storici, questi sommovimenti siciliani preannunciano radicali cambiamenti in Italia, la cui portata è al momento imprevedibile.


Infatti, Più di cento mila manifestanti tra agricoltori, artigiani, commercianti, professionisti stanno bloccando la Sicilia per chiedere le giuste rivendicazioni, per assicurare reddito alle proprie aziende e alle proprie famiglie ridotte al fallimento per le scelte sbagliate della politica regionale e nazionale. Si prevede entro stasera il blocco totale della Sicilia.
“I manifestanti chiedono ad alta voce le dimissione del governatore della Sicilia, Lombardo – dice Martino Morsello del Movimento dei Forconi – per aver tradito i siciliani, per averli raggirati nelle precedenti elezioni avendo promesso loro la defiscalizzazione dei prodotti petroliferi e l’applicazione dello statuto siciliano.
Non è escluso nelle prossime ore che i manifestanti agiranno con maniere forti per chiedere al gorverno regionale le riforme e provvedimenti adeguati.
L’aumento del costo del carburante, la mancanza di regolamentazione dei pagamenti della committenza, il cartello imposto dalle compagnie assicurative e una rete infrastrutturale inadeguata sono le ragioni della protesta, alla base anche della nascita del Movimento ‘Forza d’urto’.
“Noi stiamo soffrendo di piu’ rispetto al resto d’Italia – spiega il presidente dell’Aias Giuseppe Richichi – perche’ siamo periferici. Abbiamo piu’ volte chiesto l’intervento dello Stato in maniera da non allontanarci ulteriormente dall’Europa, ma non siamo stati ascoltati. Il nostro e’ uno sciopero spontaneo che non vuole produrre un eccessivo caos e che ci auguriamo vedra’ l’adesione di tutti i siciliani. Ma e’ necessario perche’ ormai siamo con le spalle al muro. Non ci saranno le situazioni che si sono venute a creare nel 2000. Noi non vogliamo danneggiare nessuno. Ci fermiamo solo per il bene della Sicilia”.
Nei supermercati del resto d’Italia potrebbero presto mancare tutti quei prodotti, a partire da frutta e ortaggi, che arrivano abitualmente dalle campagne siciliane. Ci saranno presidi nei punti strategici dell’isola. Queste le richieste: defiscalizzazione dei carburanti e dell’energia elettrica; blocco delle procedure esecutive di Equitalia, utilizzo più razionale dei fondi europei.

quindi mi chiuedo  come   fanno  questi  di  Qelsi : come mai i media stanno ignorando tutto questo ?

Quando gli atei sono più rispettosi dei cattolici e dei credenti delle diverse fedi \ confessioni

Questa (  vedere  titolo  ) è l'dea  che mi sono  fatto  da  questo articolo   sull'unione  sarda  del  15\1\2012 

«Destra e sinistra? Identiche» La “via crucis” dei non credenti
Raffaele Carcano, segretario nazionale dell'Unione atei e agnostici razionalisti

di GIORGIO PISANO  pisano@unionesarda.it

Non è vero che anche i bancari hanno un'anima. Ce n'è almeno uno sicuro e felice di non averla. Si chiama Raffaele Carcano (  foto a sioinistra  )  , 45 anni, capufficio in un istituto di credito a Roma ma soprattutto segretario nazionale dell'Unione atei e agnostici razionalisti (Uaar). Padri nobili come l'astrofisica Margherita Hack e il matematico Piergiorgio Odifreddi, l'associazione raccoglie l'esercito dei non credenti. Che sono certamente più dei quattromila iscritti dichiarati. C'è anche una rivista ufficiale (che ovviamente si chiama L'ateo) e un rosario senza fine di iniziative che - a seconda dei punti di vista - stupiscono, scandalizzano, aiutano a sperare.
L'Uaar, che svolge servizi di assistenza morale in tre ospedali di Torino e uno di Milano, è una legione civile, pacifista, agguerrita. Riconosciuta dal ministero come associazione di promozione sociale, viene puntualmente ignorata da giornali e televisioni, scansata dalle organizzazioni clericali, bersagliata da frange dell'estrema destra.
Secondo l'Osservatorio di Pavia, il 99 per cento dell'informazione religiosa che passa in televisione riguarda la Chiesa cattolica. E gli altri? Nella laicissima Italia non hanno diritto di cittadinanza. O meglio, possono starci a patto di stare in silenzio, non esistere o quasi e accettare una discriminazione fatta di piccole miserie quotidiane. L'Uaar non è un partito-contro, non si batte per l'abolizione del Vaticano o di chiunque abbia fede in qualcosa. Rivendica semplicemente il diritto a non essere credenti. Che, detto così, sembra niente. E invece.
Carcano spiega molto bene questo concetto in un libro appena uscito per gli Editori Riuniti. Laureato in Scienze storico-religiose («per conoscere meglio l'avversario»), ignora con olimpica serenità le minacce dei fondamentalisti di Militia Christi, le martellate sul citofono della sede dell'Unione, le telefonate anonime, gli insulti prêt à porter.
Dice d'essersi sentito ateo per la prima volta quando aveva dodici anni. Da lì è cominciato un percorso che l'ha portato nel tempo a condurre una battaglia che, nonostante i silenzi di tanta informazione, fa molto rumore. Basti ricordare la denuncia per far togliere il crocifisso dagli uffici pubblici, il ricorso contro il Concordato Stato-Chiesa (firmato da Benito Mussolini e rivisitato da Bettino Craxi), gli autobus che pubblicizzavano l'ateismo, la campagna per sbattezzarsi e la realizzazione di una Sindone «tecnicamente identica» a quella venerata da milioni di cattolici.
Sulla propria pelle ha verificato fin da subito che un conto è raccontarsi non credente al bar, altro conto è dichiararlo pubblicamente. Il primo incidente risale a quando svolgeva il servizio militare e c'era da compilare il cartellino di riconoscimento da tenere poi sempre in vista, appeso al collo. Nome, cognome, nazionalità e infine religione. Ateo, ha precisato lui. Ma siccome nessuno se la sentiva di scrivere una cosa del genere, sono ricorsi a un escamotage che sarebbe piaciuto ad Andreotti: hanno cancellato la voce religione e scritto semplicemente omessa.

 Omessa, cosa? La risposta è affidata alla fantasia di ciascuno. Carcano, dove volete arrivare?
«In Italia il numero di atei e agnostici è in grande crescita, com'è già accaduto in molte democrazie evolute. L'Uaar è l'unica associazione che si batte per i diritti dei non credenti e per la laicità dello Stato».

Perché, l'Italia non è un Paese laico?
«Dovrebbe, non lo è. In un Paese migliore un gruppo come l'Uaar non avrebbe ragione di esistere. Siamo gli unici in Europa occidentale a non riconoscere le convivenze: vi sembra un caso?»

Lei spara su destra e sinistra: non salva nessuno?
«Non sono un tifoso dell'antipolitica. Fatta questa premessa, prendo atto con rammarico che destra e sinistra, per ragioni diverse, non osano rivendicare i diritti dei non credenti».

Se la prende col compromesso astorico: cos'è?
«Credo sia un'eccezione tutta italiana: è quel fenomeno che sancisce un'unione non dichiarata tra forze cattoliche e forze laiche».

Tutti usano il termine laico. Che significa, in realtà?
«I vescovi o l'ultimo dei materialisti adoperano questa parola perché ha una percezione positiva. Nessuno oggi vuol definirsi radicale. Un tempo si affermava con lo stesso impeto d'essere papisti. Ora non lo direbbe nessuno, nemmeno Benedetto XVI. Tanto è vero che pure lui parla di laicità».

Cioè?

«Fate attenzione a quale contributo sta dando alla legge sul testamento biologico, attualmente in via di definizione. Viene detto e ripetuto che è a favore dei cosiddetti laici. Vero invece esattamente il contrario».

Governo Monti.
«Ne pensiamo abbastanza male. Il fatto che vi fossero tre ministri al convegno di Todi promosso dal cardinal Bagnasco la dice lunga sui legami tra potere esecutivo e Vaticano. Altri segnali: la fretta di andare a salutare il Pontefice in partenza a Fiumicino prima ancora dell'investitura a presidente del Consiglio».

Poi?
«Altri aspetti inequivocabili. Per esempio Avvenire, quotidiano della Cei, contrario alla nomina di Veronesi a ministro della Salute in quanto laicista: perlomeno inquietante. Beh, com'è finita? Veronesi non è diventato ministro, al suo posto c'è il responsabile di un grande movimento ecclesiale».

Dunque, Monti bocciato fin da subito.

«Valuteremo in base a quello che farà. L'esordio, in ogni caso, non è stato esaltante. Siamo di fronte a un governo orientato».

Parlate di ateofobia: che significa?
«Nei Paesi a maggioranza musulmana i cristiani denunciano una forte limitazione nell'esercizio dei diritti civili. In Italia i non credenti hanno meno diritti di qualunque cattolico. Wojtyla e Ratzinger sono ateofobici».

E gli atei devoti?
«Sono pochissimi, e tra l'altro nemmeno atei. Giuliano Ferrara, che li rappresenta, è dichiaratamente un teista. Gli atei devoti non contano comunque nulla perché non incidono sugli atei veri».

Poi ci sono i credenti furbi, esatto?
«Umberto Oppus, sindaco di Mandas ad esempio. Ha emanato un'ordinanza per imporre l'uso del crocifisso negli uffici pubblici ma l'ha ritirata non appena ha saputo che avevamo presentato ricorso alla Corte di Strasburgo. E se n'è pure vantato. Giudicate voi».

Tra i vostri bersagli, la stampa è al primo posto.
«L'informazione italiana sulla religione di Roma non ha eguali nel mondo».

Ma nel mondo nessuno ha il Vaticano vicino di pianerottolo.
«Questo è sicuramente vero. Però non basta a giustificare un atteggiamento generalmente prono».

Ce l'avete perfino col segretario nazionale dei giornalisti, Franco Siddi.
«Non l'ho attaccato. L'ho solo invitato a dire del papa quello che ha detto su Berlusconi. E cioè: non ci abitueremo mai a un presidente del Consiglio che ritiene sia compito della stampa decantare solo le sue gesta e quelle del governo. Provi a dire altrettanto di Benedetto XVI».

Non è che soffrite un po' della sindrome del martire?
«Non ci sentiamo martiri. Però abbiate l'onestà di giudicare dai fatti, verificate se è vero o no che i non credenti sono discriminati».

Ha detto: il papa fa notizia solo quando non fa il papa. Ossia?

«All'udienza generale del mercoledì il pontefice affronta di solito questioni dottrinali piuttosto importanti ma i giornali se ne guardano bene dal parlarne. Preferiscono stare in superficie, strafotografarlo quando s'affaccia per l'Angelus o se sta partendo in viaggio pastorale».

Ovvio, i giornali non sono una palestra teologica.
«Dicono del volontariato della Chiesa: che esiste e fa sicuramente del bene. Ma il volontariato non lo fa solo la Chiesa. Pian piano si è passati da una dimensione spirituale della fede a uno spirito identitario. Nessuno disconosce le radici cristiane dell'Italia ma non sono le uniche. Dunque siamo di fronte a un identitarismo fittizio».

Sostiene che l'incredulità cresce insieme al progresso.
«Due statistiche. La maggioranza degli atei è normalmente istruita. La maggioranza dei laureati è atea. Studiare non fa rima con ateismo, però aiuta».

La Chiesa non è solo Ratzinger. Ci sono anche i don Gallo, i don Ciotti, i Tettamanzi.
«Ed è proprio quella parte della Chiesa con cui combattiamo fianco a fianco per tante battaglie laiche. I meriti di don Gallo o di don Ciotti sono fuori discussione ma mi chiedo quanto siano rappresentativi della gerarchia ecclesiastica. Appena un 20 per cento dei credenti si riconosce in loro. Quanto al cardinal Tettamanzi, penso sia innovativo sotto il profilo pastorale e conservatore su quello dottrinale».

Perché avete promosso gli autobus atei?
«Per riprenderci visibilità. A Genova il gestore della pubblicità ci ha respinto due slogan su tre. Sono usciti solo i cartelli con la scritta la buona notizia è che in Italia vivono milioni di atei, quella ottima è che credono nella libertà di espressione ».

Che dicevano quelli censurati?

«Fondamentale è il primo che abbiamo proposto: la cattiva notizia è che Dio non esiste, quella buona è che non ne hai bisogno».

Secondo lei la religione si fonda su ignoranza e paura?

«Soprattutto paura. Alimenta un elemento di insicurezza che destabilizza la capacità raziocinante dell'individuo».

Campagna per sbattezzarsi: che senso aveva?
«Ci battezzano che non siamo in grado di capire e di volere. Possiamo avere il diritto, da adulti, di cancellare dai registri parrocchiali qualcosa che non abbiamo scelto? Stimiamo che, grazie alla campagna per lo sbattezzo, siano usciti dalla Chiesa cattolica almeno ventimila italiani».

Segue la provocazione dell'occhio per mille.

«È solo una campagna di informazione sul funzionamento dell'otto per mille e che noi abbiamo stravolto in occhio. La Chiesa incamera esclusivamente da questa voce un miliardo di euro l'anno su un totale complessivo di sei miliardi a cui si aggiunge il costo dell'insegnamento della religione cattolica (docenti pagati da noi e scelti dal vescovo). Per finire, c'è l'esenzione Ici, stimata secondo l'Anci (l'associazione nazionale dei Comuni d'Italia) in 500 milioni di euro».

Ma la madre di tutte le guerre è quella contro il crocifisso.
«Senz'altro. Riteniamo che in uno Stato laico non debba essere esposto negli uffici pubblici poiché è un simbolo di parte. La Corte europea per i diritti dell'Uomo ci ha dato ragione in primo grado e bocciato in Appello. A mio parere, è rimasta impressionata dal fatto che ben 14 governi si sono pronunciati contro di noi».

Vivete con una sola certezza: buon appetito ai vermi.
«Pensiamo che la vita sia una splendida opportunità che prima o poi finisce. Vale la pena di utilizzarla bene sapendo che ha una fine».

Non coltivate, come tanti credenti, il dubbio?
«Il dubbio è un'arte che va insegnata. Certo che li abbiamo, i dubbi. Se si coltiva l'abitudine a leggere, qualche dubbio prima o poi salta fuori».

Nessuna invidia verso chi ha il dono della fede?
«Non provo invidia perché i problemi fanno parte della vita. Essere razionali vuol dire affrontarli con la logica e non proiettarli in un dopo di cui non si ha alcuna prova».

Se per caso si sbaglia, l'inferno non glielo leva nessuno.
«Un'inchiesta sociologica americana dice che a mentire di meno sono quelli che credono in un dio punitivo, a seguire ci sono i non credenti mentre i più bugiardi sono quelli che credono in un dio misericordioso. Se tanto mi dà tanto, finirò in Purgatorio».


  e  quindi credo  che  gli attacchi  fatti da  http://www.uccronline.it siano in gran parte  gratuiti e generalizzati ad  iniziare  da  questo  qui ed altri che trovare   qui  sotto

La  tesi espressa   in questo post  è  confermata   dall'esperienza  che  ho avuto  e  ho tutt'ora  con Rosalba  Sgroia -- foto  a  destra -- ex responsabile ma  ancora  iscritta  dell' UAAR( Associazione di atei e agnostici ) trovando  , girando  per  i  siti  di splinder , dei suoi  video   ne  trovate  sotto  uno  , dalla lettura   dei  suoi  scritti  \  interventi su i suoi blog   di splinder  e  non  (  ecco i due   blog  su splinder non  pèiù attivi    : 1) http://rosalbasgroia.splinder.com   ., 2) http://neroassenso.splinder.com e   quello  che  è ,  dopo la  chiusura ormai prossima   di splinder , il  suo  blog  attuale   http://neroassenso.wordpress.com   e  ritrovata  su  facebook )   e  poi   dalla  collaborazione   nel  mio  ex blog  colettivo    cdv.splinder.com

 

 

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