30.6.24

il delirante e vergnoso attacco choc di chef Rubio alla Segre dopo le sue dichiarazioni sull'inchiesta di fan page sui i giovandi di FdI .

 Estremo cortocircuito a sinistra sull'antisemitismo. A portarlo avanti è chef Rubio, che dai social nelle ultime ore porta avanti una guerra contro l'estrema sinistra ma, soprattutto, contro Liliana Segre. L'ex cuoco ha sferrato un attacco choc contro la
senatrice a vita dopo le sue parole in merito all'indagine svolta da Fanpage su Gioventù Nazionale, costola giovanile di Fratelli d'Italia. Giustamente  Liliana Segre aveva  dichiarato : << Credo che queste derive, chiamiamole derive, che sono venute fuori in quest'ultima settimana così in modo eclatante ci siano sempre state, nascoste, non esibite, ma che in parte ci siano sempre state e che con questo governo si approfitti di questo potere grande della destra, che del resto è stata votata non è che è rivoluzionaria, non ci si vegogni più di nulla>> Parole che, evidentemente, non sono piaciute all'ex cuoco televisivo in quanto  dette   da un ebrea  sionista  . <<  "Povera stellina, che pensa solo a sé, che tutela solo gli interessi del sionismo, che vuole la medaglia d'oro della sofferenza. Gli unici cacciati dalla loro terra, la Palestina occupata da 76 anni
dai coloni ebrei che supporti, sono i nativi semiti palestinesi. Vergognati", ha dichiarato Rubio.>>    Inevitabili le polemiche per queste parole di Rubio da parte degli utenti, che non ritengono opportuno l'atteggiamento dell'ex chef. "Fratello mio, ti posso chiedere perché vai ad insultare una scampata ad Auschwitz solo perché è ebrea? Non sarà mica colpa sua se Israele va a bombardare la Palestina no? Ti prego, da persona filopalestinese, non essere antisemita", ha scritto un utente. A cui  << L’antisemitismo non esiste se non nella mente dei sionisti che lo usano come scudo per continuare a delinquere. Ps sei discretamente analfabeta funzionale se ci leggi insulti>>, ha replicato lo chef, che rifiuta l'esistenza dell'antisemitismo. Ma non solo, perché lo stesso ha scagliato il suo attacco contro il Collettivo autonomo lavoratori portuali, un'associazione di estrema sinistra a cui dovrebbe rifarsi idealmente anche Rubio, che non riconosce però il ruolo del collettivo nel supporto alla Palestina. "La mafia sionista che vi cagate sotto di denunciare è fascismo La colonia ebraica d’insediamento sostenuta dalle comunità ebraiche e da Liliana Segre, è fascismo. Per espellere il fascismo dalle nostre vite non basta essere in piazza. Serve la Lotta quotidiana", ha dichiarato lo chef. Una posizione ancora più estrema rispetto a quella del Calp, che evidenzia però un cortocircuito netto e discordante tra le ideologie di sinistra.
Quindi   Spett Chef Rubio    qui  ha  vergognosamente   sconfinato varcato , andando  oltre     con questa  sua  imbelle    replica  ,  il  labile  confine   tra   antionisionismo  e  antisemitismo     di cui  ho parlato  in un post precedente  , in quanto pur essendo vero   che   molti \ e  lo  confondono  con l'antisionismo   e  l'usano   strumentalmente  per  zittire  coloro  che  criticano la  politica  israeliana  . Ma    l'antisemitismo esiste  eccome    ed  spesso  è mascherato  è  fuso   con l'antisionismo   come   in queste  sue  dichiarazioni   purtroppo  .

alla faccia di chi dice che la famiglia sia solo uomo - donna . Carlo Galimberti adotta il badante Fernando e diventa papà a 99 anni: «Ci vogliamo bene, siamo una famiglia


Questo articolo racconta una storia toccante di amore e generosità che supera i confini culturali e generazionali. Attraverso il legame tra Carlo e Fernando, si mette in evidenza il concetto che la vera famiglia non è determinata dal sangue, ma dall’affetto e dalla condivisione. La vicenda di queste due persone dimostra che i legami più profondi si basano sull’empatia, sulla solidarietà e sull’amore sincero.





Carlo Galimberti adotta il badante Fernando e diventa papà a 99 anni: «Ci vogliamo bene, siamo una famiglia»

 (foto Cimma/Lapresse)

La famiglia è molto più che un legame di sangue, una connessione voluta dal fato. No, la famiglia è soprattutto una scelta, lucida e consapevole, un'attestazione di un affetto, di un desiderio di vicinanza e di un senso di comunione. Lo hanno dimostrato Carlo e Fernando, che non hanno avuto paura di cambiare i loro ruoli, prima datore di lavoro e dipendente, poi padre e figlio. Carlo Galimberti ha 99 anni, un passato da sindacalista, da consigliere comunale e una memoria di ferro, ma anche un profondo senso di giustizia ereditato da sua mamma. Fernando ha 56 anni e un passato difficile in Perù, ma è riuscito ad uscirne, è giunto in italia e ha accolto l'offerta di Carlo di prendersi cura della sorella inferma. Dopo tanti anni insieme, Carlo ha deciso di fare il passo successivo, preparare le carte per l'adozione e accogliere nuovamente Fernando (ora anche lui un Galimberti) nella famiglia, stavolta in maniera ufficiale. Ora il badante, e figlio, ha ottenuto la cittadinanza italiana. 
L'adozione
Carlo ha da poco spento 99 candeline, ma l'età non lo ferma e, come dice Fernando, «ricorda tutto». Una caratteristica che ammira nell'uomo che nel 2013 è diventato suo padre e che ora, dopo un lungo processo burocratico, gli ha permesso di ottenere la cittadinanza italiana. Sono passati 11 anni da quando Carlo ha fatto quella chiamata all'assistente sociale e ha confermato che è possibile «anche adottare un adulto», come riporta il Corriere della Sera.




«Ci vogliamo bene, siamo una famiglia»Fernando insegnava inglese, in Perù, ma è dovuto scappare da un vicino che spacciava droga e ha trovato lavoro come badante. Per un po' è costretto a saltare di casa in casa, finché non ha trovato Carlo. È rimasto prima al fianco della sorella e poi, quando lei non se n'è andata, al fianco di Carlo. Una storia che come vuole la vita ha avuto i suoi alti e bassi, ma anche il suo lieto fine.
Il passato di Carlo
Ha 99 anni e nessun problema a raccontare il suo passato, anche i dettagli. Decimo di 12 figli, a 15 anni trova lavoro all'Alfa Romeo, con turni fino a mezzanotte e la guerra che imperversa. Ricorda con affetto la mamma che non si fidava a farmi tornare a casa da solo, e si vestiva da uomo per accompagnarlo, o di quando dava qualcosa ai poveri, un panino o un bicchiere di vino.Il suo senso di giustizia gli è rimasto addosso e lo ha accompagnato nella sua carriera come sindacalista prima, a combattere contro dei ritmi di lavoro stressanti, e come consigliere e assessore al Bilancio nel Comune di Bollate poi: «Il primo atto? Non firmare una fattura da 38 milioni. Ritenevo che fosse una tangente».




Sbaglia la traccia di Maturità ma la commissione lo crede un genio: prende il massimo dei voti al tema

   fortuna  \  culo   o  ingegno  secondo me    entrambe  perchè : va bene la fortuna, ma diamo anche a Cesare quel che è di Cesare: buona parte del merito va comunque allo studente che, sì, ha inconsapevolmente mixato due tracce in un cocktail vincente, ma che ha anche svolto un ottimo tema a prescindere. Non si ottiene il punteggio pieno solo ed esclusivamente con l’originalità, né tantomeno soltanto con la fortuna !

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Sbaglia la traccia di Maturità ma la commissione lo crede un genio: prende il massimo dei voti al tema
                                 di  Francesco Bertoldi

29.6.24

c'è sempre un però nella vita . non amo cani e gatti , ma però non sono un insensibile e .....

   DA  X.COM  EX  TWITTER  4:23 PM · 28 giu 2024



👏👏👏👏👏👏❤️🙏 GRAZIE FRATELLO Non ho mai amato avere gli animali tra i piedi. Non amo i cani, non amo i gatti. Però..... Però due giorni fa è entrato al bar un cane abbandonato, ha vagato un po’ per la sala e si è poi accucciato davanti all’ingresso, come a guardare il viavai di gente. Ho cercato più volte di portarlo fuori, di accompagnarlo verso l’uscita. Lui magari esce ma poi rientra e si accuccia nello stesso punto di prima. Ieri sera, quando abbiamo tirato giù la saracinesca, ha forse capito che era arrivato il momento di togliersi dai piedi e se n’è andato, e mentre lo vedevo andare via ho pensato che non l’avrei più rivisto. È tornato stamattina, è un cane con la faccia buona, non abbaia, non disturba. È un cane triste. In altre circostanze, in altri momenti, l’avrei cacciato (ho pur sempre un bar e io il bar tendo sempre a privilegiarlo su qualsiasi altra cosa perché è il mio sostentamento e se mi fanno chiudere finisco in strada.) ma non so come spiegarvelo, stavolta non va così. Ho chiamato qualcuno che se ne possa prendere cura, aspetto che arrivi, se arriva. Intanto me lo tengo qui, so che non sa dove andare, né che fare, e me lo tengo qui al bar. I clienti entrano e lo vedono accucciato, penso al buon nome del bar e un po’ mi dispiace, però vi dico la verità: per una volta, per questo cane con la faccia triste, il buon nome del bar può andare a farsi fottere. Questo ho pensato stamattina quando non ho trovato la forza di cacciarlo via. Che per una volta il buon nome del bar pazienza. Francesco Massaro



il fabbricante di lacrime [ spoiller ] un bel film altro che quelli stucchevoli di moccia



N.b
Anche se il film , tratto l'omonimo romanzo del 2021 scritto da Erin Doom e pubblicato in Italia da Salani , diretto da Alessandro Genovesi è stato distribuito su Netflix il 4 aprile 2024 , metto spoiller ( se voete leggerlo ..... vostri clliccate su soluzione ) lo stesso rilevando un particolare importante che rovina il film a chi ancora ( anche se mi sembra strano 😜🤔🤨 ) non lo visto e vuole vederselo .
Dopo questa premessa ecco la mia recensione .


Un film ricco di sentimenti profondi , d'erotismo ed sensualità , non banale e poco scontato , un po' prevvedibile
 
Nonostante tale particolare possa essere ciò poco trascurabile soprattutto per chi come me si fa il suo film immaginando \ commentando : adesso succederà , scommetto che succede che .... ecc è Un film bello , niente male e non stucchevole per coloro che piacciono , ma anche non , tali generi con atmosfere dark \ gotiche con atmosfere tipiche degli anime o manga giapponesi in particolare quelli del sottogere : shōjo, anime per ragazze, principalmente storie sentimentali e d'amore;seinen, per un pubblico maschile dai 18 anni in su, con contenuti più sofisticati, violenti o erotici;josei, per un pubblico femminile dai 18 anni in su, che tratta soprattutto della vita quotidiana, lavorativa o sentimentale di giovani donne.

Salento, si rivedono 60 anni dopo l'esame di terza media: un tuffo nei ricordi del passato

da Il Gazzettino   tramite https://www.msn.com/it-it/notizie/italia

  di Maria De Giovanni • 8 ora/e

Una classe di 28 ex alunni di terza media del 1964 della scuola media statale Eugenio De Carlo di Vernole il 26 giugno scorso si è data appuntamento. Stessa scuola, stessa classe, diplomati nel 1964, si sono rivisti nel 2024 . Si tratta di una classe, la III A composta da soli ragazzi, che su idea di Fausto Rizzo (uno degli ex studenti) ha deciso di rivedersi, in nome di quella amicizia indissolubile. Fra loro spicca anche la presenza di Pantaleo Corvino, direttore sportivo del Lecce, un pezzo di storia del calcio italiano.
I ragazzi all’epoca frequentavano la scuola a Vernole, ma provenivano dai paesi vicini. Tutta la classe si è incontrata proprio in quella che era la scuola, nella loro aula, dove attualmente c’è la sede di una associazione. Nel giardino c’era ancora la pertica.





«Per noi l'amicizia è qualcosa di sacro - spiega Fausto, oggi docente - e con questo spirito abbiamo voluto rivederci, dedicando un pensiero a chi non c'è più. Ci siamo lasciati nel 1964 e adesso siamo uomini, in pensione o realizzati, c'è chi è diventato medico chi direttore di banca e tanto altro ancora. Certo non potremo mai dimenticare quei bellissimi anni, ai nostri tempi le classi erano divise per sesso, noi maschi dovevamo indossare obbligatoriamente camicia e cravatta. Erano i tempi in cui pur non avendo molto, ci divertivamo. Vernole era l’unico paese dove c’erano le scuole medie e noi ci spostavamo in corriera, perciò prima di entrare in classe facevamo una partita con un pallone di stoffa».
Insomma la classe 1964 correva sui binari del futuro, che aveva come unico denominatore il filo dell'amicizia. E quanti ricordi: dalle partite in cortile all'insegnante più giovane che aveva preso la patente e acquistato la macchina, ma che non sapendo fare marcia indietro faceva tutto il giro dell'isolato per poter tornare a casa. Oppure ancora qualcuno ricorda come copiare un compito fosse un richiamo a migliorare, perché l’originale era peggiore del copiato. Dopo aver trascorso un po’ di tempo insieme tutta la classe si è poi trasferita in un ristorante per poter condividere il pranzo, dove sono stati raggiunti da monsignor Mauro Carlino per la benedizione. «Ci siamo ritrovati - dice uno dei partecipanti - dopo più di mezzo secolo e come per incanto siamo tornati a vibrare, con amicizia, complicità e fratellanza che scandivano i giorni. Dobbiamo essere orgogliosi di aver vissuto finora la nostra vita tenendo sempre la barra dritta e di aver trasmesso quei valori che come ricordava Pantaleo Corvino hanno accompagnato la nostra vita e che abbiamo trasmesso ai nostri figli, cresciuti come noi». Dunque emozioni su emozioni che si sono concluse con un attestato honoris causa a ogni alunno della classe terza sezione A, che ha conseguito il diploma di scuola media il 30 giugno 1964 e dopo sessant'anni invece riceve la laurea di “Amico per sempre”.



© Fornito da Quotidiano di Puglia

I partecipanti sono stati: Cerri Carlo, De Vitis Donato e De Mattia Domenico di Pisignano, Cocciolo Donato, Sciolti Raffaele Strudà, Mancino Evaristo Acaya, Corvino Pantaleo , Doria Silverio, Pascali Michele e Potenza Romualdo Vernole, Fausto Rizzo Melendugno. Innocenzo Riccardo, Piero Saracino Borgagne .

28.6.24

Maturità, la protesta delle 3 studentesse di Venezia: si sono presentate all’orale senza sostenere il colloquio. Alla fine promosse Linda Conchetto, Virginia Gonzales e Lucrezia Novello del Foscarini: così hanno contestato le insufficienze nel compito scritto di greco

  DI COSA  STIAMO PARLANDO \  RIERPILOGO 

Scena muta per protesta all'orale di maturità: promosse le tre studentesse. Donazzan: «Vanno punite»

Virginia Gonzales y Herrera, Linda Conchetto e Lucrezia Novello. Accanto, Elena Donazzan

Sono state promosse tutte e le tre studentesse ribelli del liceo Foscarini di Venezia. Dopo aver ricevuto un voto basso nello scritto di greco, avevano deciso di fare «sciopero» all’orale di maturità. Parlano chiaro i quadri esposti fuori da scuola nel tardo pomeriggio di giovedì: Linda Conchetto esce con 71, Virginia Gonzales y Herrera con 65, Lucrezia Novello con 67.
«Mi accontento di un voto basso ma sono a posto con la mia coscienza. La pioggia di insufficienze data all’intera classe nella traduzione era stata ingiusta e umiliante», commenta Linda, appena saputo l’esito del suo esame di Stato.Tra le reazioni di ferma condanna al gesto delle liceali c’è quella dell’assessore regionale uscente all’Istruzione, Elena Donazzan: «Questa disobbedienza va punita, perché è una provocazione e una mancanza di rispetto nei confronti dei docenti e dell’istituzione scolastica: così facendo dimostrano di non essere realmente mature», ha detto non appena appresa la notizia. Non si è invece espresso nel merito della vicenda l’Ufficio scolastico regionale del Veneto. L’ente dispone di una squadra di supporto per le commissioni d’esame, deputata a rispondere a eventuali richieste di chiarimento tecnico sull’applicazione dell’ordinanza, fatto che tuttavia non si è verificato. Le maturande hanno ricevuto ciascuna 4/20 (un 2 tradotto in decimi, ndr).Sui social sono state nel frattempo tacciate di mancanza di rispetto ma, a scuola, le ha sostenute in primis il gruppo classe, come testimonia un compagno che ha presenziato a due dei tre orali diventati presto «virali». «Riconosco a mia volta l’indignazione per i voti bassissimi dati dalla docente esterna di greco, 10 su 14 insufficienti – esordisce -. Trovo sbagliato il sistema della maturità. Così com’è concepito riduce la fine di un percorso di cinque anni a un “terno al lotto” a seconda della commissione». Lui non ha potuto fare lo stesso, gli serviva il punteggio dell’orale per la promozione. «Garantisco che c’è stato uno scroscio di applausi tra gli studenti e genitori che hanno assistito alla prova delle ragazze», aggiunge.Di tutt’alto tenore è la lettura dell’assessore Donazzan. «Se molti degli studenti della classe hanno preso un brutto voto nella versione di greco vuol dire che non hanno studiato o che non sono stati preparati abbastanza bene e non hanno raggiunti i livelli sufficienti previsti. Potrà anche esserci stato un problema a livello di docenza, ma quando si entra nel mondo degli adulti si viene valutati anche sul fronte comportamentale, e questo lo definisco un atto di disobbedienza molto grave», incalza Donazzan che, fino a giovedì, non contava in una promozione certa delle tre candidate: «Promosse anche facendo scena muta all’orale? Evidentemente avevano fatto bene i loro conti, il che vuol dire che non hanno neanche il coraggio di rischiare».Francesca, madre di Lucrezia, non potrebbe invece essere più fiera. Difende a spada tratta le tre ragazze anche a fronte di chi le ha appellate come viziate o maleducate. «Preferisco mia figlia così, che ha condiviso a casa la sua intenzione, papà non era inizialmente contento, ma insieme la abbiamo supportata. Sono veramente orgogliosa di lei. Non ha mai dato problemi, si è sempre sacrificata per raggiungere i suoi obiettivi. È responsabile delle sue azioni, penso sia veramente in gamba, più matura dei suoi professori». Le classiciste procederanno con un accesso agli atti. Sfuma invece l’ipotesi di un ricorso al Tar: le dirette interessate lo avevano preso in considerazione solo nel caso in cui fossero state bocciate. Ora  Se tre brave ragazze, con un percorso scolastico eccellente, protestano per un’ingiustizia, vanno ascoltate e non punite. C’è molto arbitrio nell’attuale esame di maturità che, al pari dell’esame di laurea, dovrebbe essere una verifica di un percorso di studi pluriennale e non un gioco a premi. Non sarebbe, secondo alcuni, insensato abolirlo. Infatti    anche  il loro gesto  sointomo di  maturità  . Non è  un capriccio  , almeno cosi  sembra   secondo  la  versione delle ragaze  in questione  e  quantro  confermato  a  il messagero del 28\6\2024   :

<<  abbiamo fatto l’accesso agli atti, ma non siamo sicure di fare un ricorso, anche perché la procedura è abbastanza lunga e già il riscontro mediatico è utile. Ho fatto tutto questo anche per mia sorella più piccola – conclude – tra qualche anno farà anche lei la maturità e non voglio che le capiti una vicenda simile.
«Stamattina – spiega Virginia Gonzales – abbiamo fatto tutte la richiesta di accesso agli atti, ma non un ricorso, perché il nostro obiettivo non è rifare la maturità o ottenere un voto più alto, ma fare chiarezza sulla questione per l’utilità futura di chi farà la maturità nei prossimi anni. [  continua qui   ]  


   ,    come     di quella  ragazza    che  l'anno scorso  (  ne  ho  parlato  anch'io   sul  blog  cercatelo   nell'archivio   )  fece ripetere    la maturità  ad  l'intera classe per un  capriccio   per  poi ottenere  lo stesso riusultato  . 


Alla faccia di chi ha conmmentato la mia condivisione su fb con uno sghignazzo . Nell’era della digitalizzazione e dell’apparente disinteresse giovanile, il gesto di Linda Conchetto, Virginia Gonzales e Lucrezia Novello rappresenta una mossa coraggiosa che sfida gli stereotipi sulle nuove generazioni. Le tre studentesse del liceo classico Foscarini di Venezia hanno deciso di fare scena muta durante l’orale della Maturità, in segno di protesta contro quella che ritenevano un’ingiustizia nei voti dello scritto di greco. Questo gesto, lontano dal qualunquismo e dalla rassegnazione, dimostra una forza di carattere e una determinazione che meritano di essere celebrate.
In una società che spesso dipinge i giovani come apatici e disinteressati alla lotta per i propri diritti, la protesta di queste tre ragazze contraddice questa visione. Linda, Virginia e Lucrezia hanno scelto di non accettare passivamente una decisione che sentivano profondamente ingiusta. Hanno messo in gioco la propria carri
<< Il loro gesto >> come  afferma quest'ariticolo  Quando fare scena muta all'orale è la vera prova di maturità: il caso Foscarini   di The Social Post   <<  è stato tanto più significativo perché ha avuto conseguenze tangibili. Con un punteggio basso nell’orale, hanno compromesso il loro punteggio finale. Tuttavia, la scelta di rischiare, di affrontare le possibili ripercussioni, sottolinea la loro determinazione e il loro impegno verso i propri principi. Nonostante le difficoltà, Linda, Virginia e Lucrezia hanno mantenuto la propria integrità, mostrando un coraggio che va oltre la semplice protesta.Linda Conchetto, che di greco ha 8 ed ha dato prova di performance scolastiche eccellenti, ha spiegato la sua decisione con parole che riflettono una maturità e una consapevolezza rare. “Ho rifiutato l’esame orale perché, dopo un voto in greco che ritenevo ingiusto, mi sono sentita ferita nell’orgoglio di studentessa,” ha dichiarato. Linda ha voluto sottolineare che accettare l’ingiustizia avrebbe significato tradire sé stessa e i suoi valori. La sua azione non era solo una protesta personale, ma anche un atto di solidarietà verso i suoi compagni di classe, molti dei quali avevano subito la stessa sorte.
Questo episodio ci invita a riflettere su quanto sia importante ascoltare e rispettare la voce delle nuove generazioni. Spesso, gli adulti tendono a minimizzare o a non prendere sul serio le proteste dei giovani, considerandole frutto di immaturità o ribellione senza causa. Tuttavia, il caso di Linda, Virginia e Lucrezia dimostra che i giovani sono perfettamente capaci di riconoscere le ingiustizie e di lottare per i propri diritti con determinazione e coraggio.Infatti Il loro gesto ci ricorda che il cambiamento e il progresso sociale sono spesso guidati da chi osa sfidare lo status quo. Le nuove generazioni, con la loro energia e il loro senso di giustizia, possono essere una forza potente per il cambiamento. Dobbiamo incoraggiarli a esprimere le proprie opinioni e a lottare per ciò in cui credono, anche quando questo comporta dei rischi.In conclusione, il coraggio dimostrato da Linda, Virginia e Lucrezia è un esempio luminoso di come le nuove generazioni possano essere protagoniste attive del loro futuro. Hanno dimostrato che la lotta per i propri principi non è una questione di età, ma di carattere e di determinazione. In un mondo che cambia rapidamente, è fondamentale che ascoltiamo e sosteniamo questi giovani, perché sono loro che plasmeranno il futuro con le loro idee e il loro coraggio.Credo e  qui  concludo   che   che  queste ragazze     con  il loro essere  andate in  direzione  ostinatra   e  contraria   saranno delle  ottime  , se  sceglieranno  di diventarlo  , madri .  

 con questo  è  tutto   alla  faccia   di chi dice  che   i Milenians   sono apatici  o lamentosi  e li paragona  ( vedere  il mio post precedente )  alla  generazioni  dei loro genitori  ed in alcuni casi anche  nonni  

12 Frasi Sessiste Da Eliminare Dal Nostro Vocabolario e una informazione \ disinformazione di genere è una minaccia concreta ai diritti delle donne

 


leggi anche  
in particolare l'introduzione  con  i suoi link  e il primo articolo 



Con le parole ci esprimiamo e comunichiamo. Veicoliamo messaggi e la cultura della nostra società. Non sorprende che proprio le parole celino aspetti sociali che caratterizzano la società in cui viviamo, e questo avviene in positivo e in negativo. Ecco una lista di espressioni sessiste che dobbiamo smettere di pronunciare, o fermare gli altri dal dirle quando le ascoltiamo




. 1. “È un lavoro da uomini/un lavoro da maschi” 2. “Con chi è stata per ottenere quel posto?” 3. “Una donna con gli attributi” 4. “Una donna acida” 5. “Vestita e truccata così non esci” 6. “Cosa indossava?” 7. “Era ubriaca?” 8. “È una donna fortunata: ha un compagno che l’aiuta in casa” 9. “Auguri e figli maschi” 10. “Donna al volante pericolo costante” 11. “È una poco di buono” 12. “Dietro ogni grande uomo, c’è una grande donna
Questo in generale  . Ma  entrando ne dettaglio   ad  esempio    

Sul lavoro
Diverse espressioni utilizzate nel mondo del lavoro sminuiscono le capacità delle donne. Alcune espressioni trasmettono il messaggio che certe posizioni lavorative siano adatte solo agli uomini come nel caso di “Questo lavoro non è adatto ad una donna” e che il ruolo delle donne debba essere confinato alla cucina (“Datti ai fornelli”). Inoltre secondo alcuni modi di dire le donne possono arrivare in alto solo usando il loro corpo (“Con chi sei stata per fare questo lavoro?”). Quando poi una donna dimostra le sue competenze la si paragona a un uomo “Una donna con le palle”. Inoltre le donne sul posto di lavoro vengono talvolta considerate frustrate e acide: “La mia capa/collega è acida, avrà il ciclo” ne è solo un esempio appunto .

Anche  nei rapporti    sentimentali  in cui  L’amore come è possesso
Certe espressioni come “Se non stai con me, non puoi stare con nessuno" e "Perché non hai risposto subito al telefono?" possono sembrare espressioni di amore e preoccupazione, quando in realtà rivelano l'intenzione di avere il controllo sull'altra persona. Vi sono poi altre espressioni che più esplicitamente dimostrano l’intento di controllo, come “Vestita/truccata così non esci”.Esso   porta  anche ad Attacchi all’autostima .  Infatti  Spesso le donne che vivono una situazione di violenza hanno difficoltà ad uscirne perché il maltrattante le umilia al punto da distruggere la forza e l'autostima necessarie per lasciare la relazione tramite espressioni come "Zitta, a nessuno importa quello che dici", "Nessuno ti crederà" o ancora "Sei pazza, non è mai successo, ti inventi tutto". Oppure  a 

  • espressioni  di  minacce

Il timore per la propria incolumità e quella dei loro affetti scaturito da minacce e ricatti come "Se mi lasci, mi uccido", "Se lo dici, ti ammazzo", “Se provi a sentire ancora X (amico/collega), vedrai che succede” è uno dei motivi per cui molte donne rimangono in situazioni di abuso o evitano di denunciare i propri aggressori.

  • di vittimizzazione
Si ricerca spesso un movente o una giustificazione del reato nei comportamenti o nell’abbigliamento della donna. "L’hai provocato”, "Cosa indossavi?" e “Eri ubriaca” sono solo alcuni esempi.

  • Il delitto passionale e il ritratto dell’aggressore fatto dai media 
Gli eventi dall’epilogo più grave vengono narrati come “delitti passionali”, dei gesti folli dovuti al “troppo amore” o giustificati dalla gelosia come qualcosa che “acceca”. Inoltre, spesso l’aggressore viene ritratto come una persona per bene per suscitare empatia nei suoi confronti, ad esempio “Sportivo, credente e ottimo lavoratore: il ritratto di X”. "Crediamo che il linguaggio abbia un ruolo centrale nel cambiamento culturale necessario per avere uno sguardo diverso sul fenomeno della violenza di genere. Infatti Non parliamo di VITTIME parliamo di DONNE, in stato di temporaneo disagio. Il termine “vittima” infatti stigmatizza la donna in un ruolo passivo e ignora la forza di cui è portatrice quando intraprende il faticoso percorso di uscita dalla violenza” dichiara  Manuela Ulivi.



da https://facta.news/storie/








di Anna Toniolo


Nelle ultime settimane Greta Thunberg è stata al centro di una notizia falsa secondo cui l’attivista avrebbe affermato che se gli esseri umani vogliono continuare a combattere le guerre dovrebbero perlomeno usare «carri armati e armi sostenibili». Si tratta in realtà di un video manipolato. Ma l’attivista svedese non è l’unica donna che si è ritrovata, in tempi più o meno recenti, protagonista di notizie completamente false. È il caso per esempio di Elly Schlein, deputata e segretaria del Partito Democratico (PD), a cui sono state attribuite frasi che non ha mai pronunciato. O ancora Ursula Von der Leyen, presidente della Commissione europea, che si trova da anni al centro di varie narrazioni della disinformazione.
Questi sono solo alcuni esempi di notizie false, satiriche o fuori contesto che riguardano donne che ricoprono posizioni di potere o ruoli pubblici, come scrittrici, giornaliste, artiste o esponenti della società civile che lottano contro le discriminazioni o la crisi climatica. Si tratta di un tipo di disinformazione non casuale, che segue pattern specifici e che si può definire “disinformazione di genere”. Un modus operandi che colpisce le donne online, ma che ha delle ripercussioni anche offline e, soprattutto, ha degli obiettivi ben precisi.
Cos’è la disinformazione di genere
Lucina Di Meco, esperta di uguaglianza di genere riconosciuta a livello internazionale e co-fondatrice di #ShePersisted Global, un’iniziativa per contrastare la disinformazione di genere e gli attacchi online contro le donne in politica, ha definito a Facta.news la disinformazione di genere come «la diffusione di informazioni e immagini ingannevoli o imprecise» contro donne leader politiche o donne che ricoprono incarichi pubblici. Secondo Di Meco, questo tipo di narrazione attinge dalla misoginia, dal sessismo e da stereotipi sessisti che dipingono le donne come «deboli, stupide e che mettono in risalto l’ossessione nei confronti della sessualità delle donne».
Il report A/78/288 delle Nazioni Unite sulla disinformazione di genere e le sue implicazioni per il diritto alla libertà di espressione, pubblicato il 7 agosto 2023, spiega che l’obiettivo generale della disinformazione di genere «è quello di minare i diritti umani, l’uguaglianza di genere, lo sviluppo sostenibile e la democrazia». Sempre nello stesso report si legge che, a differenza di altre forme di disinformazione, quella di genere non si basa solo su informazioni false, ma anche sulle narrazioni di genere esistenti per raggiungere i suoi obiettivi sociali e politici, «tra cui il mantenimento dello status quo di genere o la creazione di un elettorato più polarizzato».

Si tratta, quindi, di un tipo di narrazione coordinata che ha come obiettivo quello di diffondere notizie false sulle donne in posizione di potere, diffusa rafforzando stereotipi di genere già esistenti, caratteristica che contribuisce a rendere questo tipo di disinformazione ancora più difficile da contrastare. «Se un certo stereotipo esiste, questo viene rafforzato» ha spiegato Di Meco, «è molto difficile contrastarlo con dei mezzi puramente razionali e cognitivi» e le operazioni di fact-checking non bastano più.
L’obiettivo è silenziare voci e rivendicazioni
Nel suo rapporto del 2020 Demos, think tank britannico che conduce ricerche mirate al miglioramento della democrazia, ha presentato la disinformazione di genere come una serie di attività online che hanno obiettivi politici, sociali ed economici. L’anno successivo, invece, uno studio condotto da alcuni studiosi del Wilson Center, centro di ricerca che fornisce ai responsabili politici analisi imparziali sugli affari globali, ha evidenziato tre caratteristiche principali di questo tipo di disinformazione: falsità, intento maligno e coordinamento.
«L’obiettivo è quello di silenziare le donne ma anche, e soprattutto, silenziare alcune delle campagne che queste donne portano avanti» ha spiegato Lucina Di Meco, che ha aggiunto come attraverso il lavoro di #ShePersisted Global «quando noi vediamo che non tutte le donne sono silenziate allo stesso modo ci rendiamo conto che non si tratta solamente di misoginia, ma di un programma politico». In particolare, a essere più colpite sono le donne che si fanno portavoce di battaglie che riguardano, per esempio, il diritto di abortire, ma anche altre tematiche legate alla sessualità, come l’educazione sessuale, o l’accoglienza delle persone migranti.
Si tratta di uno schema d’attacco che accomuna le donne di molti Paesi quando si espongono e rivendicano diritti o sfidano i poteri costituiti. Per esempio, Di Meco ha raccontato che in Paesi dove sono presenti governi autoritari o leader populisti che stanno erodendo la democrazia, come la Tunisia o l’Ungheria,«abbiamo visto che le donne che fanno parte di movimenti in opposizione a queste figure politiche, sono ferocemente attaccate». L’obiettivo è, quindi, silenziare le donne e le loro battaglie, ma chi coordina campagne di disinformazione di questo tipo ha come intento anche un ritorno politico in grado di mantenere lo status quo.
La disinformazione di genere nel concreto
Gli esempi che si possono fare per comprendere come la gendered disinformation si concretizza online sono molteplici, ma ne bastano alcuni per inquadrare le caratteristiche di questo fenomeno.
Laura Boldrini, presidente della Camera dal 2013 al 2018 e oggi deputata del Partito Democratico (PD), è stata per anni al centro di campagne di disinformazione che cercavano di ridicolizzare e sminuire la sua persona. Le illazioni nei suoi confronti in riferimento a opinioni e disegni di legge da lei sostenuti sono state numerose, come ad esempio la proposta di legge sulle “misure per la prevenzione e il contrasto della diffusione di manifestazioni di odio mediante la rete internet”, da lei presentata nel 2021, e che l’ha messa nel mirino di offese che la accusavano di voler censurare la stampa e la libertà di espressione.
Boldrini è stata anche vittima di numerose narrazioni di disinformazione sul tema dell’immigrazione che miravano a descriverla come eccessivamente favorevole ai migranti e rifugiati, e allo stesso tempo indifferente e incurante nei confronti dei cittadini italiani. Un esempio è un’immagine falsa che nel 2021 accusava la parlamentare di aver chiesto all’allora primo ministro Mario Draghi «un reddito di dignità di 500 euro al mese per i migranti». La falsa notizia circolava dal 2016 e si trattava, invece, di un video decontestualizzato in cui in origine Laura Boldrini si riferiva al reddito di dignità per i cittadini europei.
Un altro esempio di campagne disinformative che coinvolgono le donne in Italia è quello che riguarda Maria Elena Boschi, deputata di Italia Viva. Le campagne di disinformazione online contro di lei hanno una forte componente sessista e misogina. Molte vignette, infatti, hanno messo in risalto il suo aspetto estetico puntando sullo stereotipo che associa, chiaramente in malafede, bellezza e stupidità e, quindi, una presunta inadeguatezza di Boschi alla politica. Nel 2015, per esempio, era stata diffusa online una foto di Boschi mentre leggeva una copia de L’Unità, storico quotidiano italiano, al contrario. In realtà si trattava di una foto modificata. L’originale era stata twittata dalla stessa Boschi in occasione del ritorno alle stampe del giornale.
Gender-trolling
Quelli appena citati sono solo alcuni dei moltissimi casi di disinformazione di genere che si scagliano contro le donne e contro le loro rivendicazioni. Spesso, però, notizie false, fuori contesto o addirittura nate con intento satirico generano veri e propri discorsi d’odio.
È in questo contesto che si inserisce un altro fenomeno che ha a che fare con la violenza online nei confronti delle donne, quello che Karla Mantilla, autrice ed esperta di studi femministi, ha chiamato Gendertrolling. Il trolling è un comportamento sociale, adottato dai cosiddetti “troll”, che punta a infastidire le persone online tramite insinuazioni che potrebbero avere un fondamento reale, ma che spesso sono, invece, completamente false.
Mantilla ha spiegato a Facta.news che «le donne subiscono una costellazione unica di molestie che io ho chiamato gendertrolling», ed è un fenomeno più feroce, violento, aggressivo, minaccioso, pervasivo e duraturo del trolling generico. Si tratta, sempre secondo Mantilla, di una strategia anche in questo caso rivolta alle donne che fanno valere le loro opinioni online, che vengono assalite da una serie di commenti a sfondo sessuale che includono minacce di stupro o di morte. «Attraverso questa pratica, le idee delle donne non vengono prese sul serio o vengono messe da parte e ignorate» ha spiegato Mantilla, «con il risultato che i contributi intellettuali delle donne al discorso pubblico vengono ignorati, scartati e cancellati».
Essere donne online, occupare posizioni di potere o, semplicemente, esprimere le proprie opinioni può quindi comportare una serie di conseguenze che comprendono campagne di disinformazione, violenza e insulti. Comportamenti che seguono uno schema preciso.
A questo punto sorge spontaneo chiedersi se campagne di odio come quelle citate possano avere conseguenze offline sulle vite delle donne. Sia Karla Mantilla che Lucina Di Meco concordano sul fatto che questo tipo di aggressioni hanno effettivamente ripercussioni sulle vite delle donne che le subiscono, che possono addirittura finire nel peggiore dei modi: portando ad attacchi fisici o alla morte.
La violenza digitale ha conseguenze sulle vite delle persone
In tutto il mondo molte delle minacce che derivano dalla narrazione disinformativa e violenta nei confronti delle donne portano con sé pericoli reali.
Per esempio, l’ex ministra dell’ambiente e dei cambiamenti climatici del Canada Catherine McKenna ha lasciato il suo incarico nel 2021, dopo essere stata bersaglio di campagne disinformative che avevano portato l’odio nei suoi confronti a un livello tale da essere fermata per strada insieme alla sua famiglia, ricevendo minacce. Accusata ingiustamente di diffondere notizie che esageravano le conseguenze dei cambiamenti climatici, McKenna era stata definita “Barbie del clima” da un collega e tale hashtag era stato poi ripreso e diffuso online migliaia di volte.
Un altro esempio da citare quando si parla delle conseguenze concrete che la disinformazione di genere ha sulla vita delle donne è l’assassinio di Jo Cox in Gran Bretagna. La deputata laburista è deceduta dopo essere stata ripetutamente colpita con un’arma da taglio il 16 giugno 2016, una settimana prima del referendum del 23 giugno sull’appartenenza del Regno Unito all’Unione europea (UE). Cox era una politica impegnata nella campagna per il “remain”, ovvero per restare all’interno dell’Unione Europea, nel periodo in cui nel Paese si discuteva della Brexit ed era stata più volte al centro di narrazioni di disinformazione che avevano generato una violenta ondata di odio nei suoi confronti. Mentre eseguiva l’attacco, il suo assassino aveva pronunciato frasi come «prima la Gran Bretagna» e «mantenere la Gran Bretagna indipendente».
Questo omicidio si inserisce in un contesto politico più ampio, in cui suprematisti bianchi e sostenitori del “leave”, quindi dell’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea, hanno condiviso per mesi sui social una serie di informazioni false e teorie del complotto che hanno aumentato la rabbia nei confronti di chi sosteneva, invece, l’appartenenza all’UE.
Su Facebook e Twitter erano stati diffuse notizie false su temi come l’immigrazione, l’Islam e la politica estera. Il giorno prima che Cox fosse barbaramente assassinata, ad esempio, il leader del Partito per l’Indipendenza del Regno Unito Nigel Farage aveva diffuso un’immagine anti-immigrazione che mostrava migliaia di persone migranti, insieme al commento «L’UE ha fallito con tutti noi. Dobbiamo liberarci dall’UE e riprendere il controllo dei nostri confini». In realtà si trattava di una fotografia scattata in Slovenia nel 2015, quindi un anno prima, che mostrava migliaia di persone che avevano appena attraversato il confine con la Croazia e non aveva, quindi, niente a che fare con il Regno Unito. Secondo il deputato laburista Stephen Kinnock, prima della sua morte Cox aveva commentato indignata la diffusione di quell’immagine. Questo mix di odio, notizie false, complottismo e suprematismo ha, infine, trovato in Cox il capro espiatorio perfetto, portando alla più tragica delle conclusioni.
Ma non solo episodi sporadici e specifici, la disinformazione di genere che colpisce le donne può avere conseguenze anche più generalizzate, su tutta una categoria di giovani donne che si sentono intimorite da quanto accade online e dai rischi che comporta esporsi per una determinata causa. Secondo Lucina Di Meco questo ha delle conseguenze molto gravi: «di fatto noi sappiamo che le donne, in particolare le giovani donne, si auto censurano online sempre di più».
Tutto ciò è poi aggravato dalla diffusa assenza di una legislazione specifica per poter affrontare casi di disinformazione come quelli descritti e le piattaforme social, l’ambiente digitale in cui le campagne d’odio si dispiegano, non si sono ancora dotate di strumenti vincolanti e davvero efficaci per evitare che questo tipo di narrative riescano a diventare virali.
Una combinazione di fattori che mette a rischio la presenza delle donne online, la loro credibilità e le loro rivendicazioni, ma che ha anche delle ripercussioni sulle loro vite offline e sui sogni e le aspirazioni delle generazioni future. La disinformazione di genere agisce come un silenziatore per portare avanti dinamiche patriarcali che vedono le donne come soggetti che non possono occupare posizioni di potere ed escludendo di conseguenza un’intera parte della popolazione dalla vita pubblica. Una dinamica che, in ultima analisi, danneggia tutti e tutte.

27.6.24

ma quelli che fanno politiche e spot probizionisti sanno che c'è cannabis e cannabis ? sembra di no visto che la considerano tutta uguale Cannabis terapeutica, Annamaria supera la fibromialgia e riprende l'uso delle gambe: «Ora riesco ad alzarmi da sola»

 

da mi pare  da  leggo.it     comunque tramite    https://www.msn.com/it-it/salute/other/ 


Un anno e mezzo fa, la signora Annamaria, della provincia di Salerno, ha perso l'uso delle gambe a causa di una grave forma di fibromialgia. Dolori cronici lancinanti, visite mediche in ogni luogo d'Italia, la totale dipendenza dagli altri per compiere i gesti più semplici e quotidiani, finché l'incontro con il dottor Paolo Moscato, responsabile dell'ambulatorio di Reumatologia dell'AOU San Giovanni di Dio e
Ruggi d'Aragona di Salerno, le ha dato la possibilità di intraprendere un percorso verso l'autonomia motoria. «Quando sono entrata per la prima volta nel suo studio - ha raccontato la paziente - ero psicologicamente devastata, immobilizzata, con molti chili in più ed anche scettica sul tipo di terapia propostami».
La terapia con la cannabis terapeutica La signora, infatti, nel 2023, su consiglio del dottor Moscato, ha iniziato ad assumere una goccia di cannabis terapeutica, fino ad un dosaggio giornaliero di 20 gocce e dopo sei mesi, durante i quali Annamaria si è totalmente affidata alle cure del dottore Moscato, finalmente ha iniziato a vedere i primi segni di ripresa e di reattività del suo corpo. «Uno strano formicolio mai evidenziato prima, si irradiava nei miei arti - ha spiegato - infatti, le funzioni intestinali si sono regolarizzate, il dolore cronico e debilitante si alleviava sempre più, e un giorno, sorretta dalle stampelle, sono riuscita addirittura ad alzarmi sulle mie gambe, senza l'ausilio della sedia a rotelle», come si può vedere nella foto di OndaNews e dal video     di tv medica  
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«La cannabis terapeutica ci sorprende continuamente - ha sottolineato il dottore Moscato - sappiamo che scientificamente i fitocannabioidi agiscono su alcuni recettori del cervello e dell'intestino, e la loro assunzione ha un'azione modulante sul dolore, ma ciò che mi meraviglia, è il vigore, la forza che sopraggiunge e il ripristino delle funzioni motorie che in alcuni pazienti è sorprendentemente evidente». «Finora, oltre alla paziente in questione, ho avuto in cura altre due persone affette da fibromialgia, immobilizzate sulla sedia a rotelle, che dopo l'assunzione costante e continuativa della cannabis, hanno riacquistato l'uso delle gambe - racconta -. La ricerca e gli studi scientifici sono ancora in corso per perfezionare e migliorare una terapia che è di supporto per tanti pazienti, attanagliati dal dolore, dallo sconforto e vittime di una grave compromissione della motilità causata dal progredire della fibromialgia, una malattia subdola e invalidante che in alcuni casi, l'uso dei cannabioidi, riesce a tenere a bada».

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