26.12.10

Usa, la risposta sbagliata era esatta rivolta sul web smaschera il telequiz


dopo il film di cui trovate sopra il trailler , un altro caso ne mete indiscussione le imprecisioni e la fallacità

da repubblica online



IL CASO

Usa, la risposta sbagliata era esatta
rivolta sul web smaschera il telequiz

Clamoroso episodio in un seguitissimo programma della Fox: due concorrenti scommettono 800mila dollari su una soluzione, perdono e protestano. Ma su Internet si scatena la contestazione e la Tv deve ammettere l'errore. Ma ora... dall'inviato ANGELO AQUARO

NEW YORK - Ahi ahi ahi signora mia: mi è caduta sul Post It. Solo che questa volta la signora non è la concorrente: ma la rete televisiva. E l'errore da un milione di dollari è forse la gaffe più grave e costosa nella storia del telequiz. Tant'è che dopo una rivolta su Internet la tv ha dovuto chiedere scusa e reinvitare i concorrenti. Cercando forse di restituire l'onore ma non la cosa per loro ovviamente più preziosa: i soldi.
L'incredibile errore della Fox ha battezzato la messa in onda di "Million Dollar Money Drop". Il nuovo gioco capovolge il vecchio quiz televisivo. Invece di rispondere alle domande e guadagnare così denaro il malloppo viene assegnato in partenza. Un milione di dollari come da titolo: sta al concorrente riuscire a conservarlo rispondenedo correttamente a sette domande di fila. E sempre al concorrente sta decidere quanto rischiare di volta in volta.
Gabe Okoye l'altra sera era così sicuro della sua risposta da aver spinto la fidanzata Brittany Mayti a seguirlo. Una scena da brivido: tra la tragedia e la farsa. "E veniamo ora alla domanda di tecnologia....". Il gioco prevede prima l'introduzione di tre oggetti e poi la formulazione del quiz: i concorrenti non sanno quindi ancora di cosa si tratta. Si accendono tre schermi. Sul primo compare la scritta: MacIntosh Computer. "MacIntosh Computer!" ripete Brittany prendendo per il braccio il suo Gabe. Bella coppia, entambi neri, lei avvolta in un maglioncino verde e lui in una televisissima camicia rosa. Si
accende il secondo schermo: Sony Walkman. "Ok, ok" dice sempre lei "ne abbiamo uno anche noi": insomma se arriva una domanda particolare saranno anche preparati. Terzo schermo: Post It, quei fogliettini gialli adesivi su cui ormai da tempo ci siamo abituati a segnare gli appunti. Già, da tempo: ma da quanto? "Oh yeah, gli uso ogni giorno" urla l'inarrestabile Brittany. Il conduttore li frena: "Andiamo a vedere la domanda". Ed eccolo lì il trappolone: "Quale di queste invenzioni è stata venduta per prima nei negozi?".
Succede il finimondo. Il gioco consiste nel prendere le mazzette di denaro e "pesarle" su ciascuna delle tre risposte: ci sono pochi secondi di tempo. Gabe cominica ad ammucchiare mucchietti sopra la voce: Post It. Lei punta sul Walkman. I due discutono animatamente tra le risate del pubblico. Finché lui non comincia a "rubare" le mazzette dalla scomessa di lei e a puntare tutto sul Post It. "Oh, baby..." dice la ragazza che si arrende al fidanzato e alla fine, convinta, cerca di ammucchiare anche lei tutto il suo denaro su quel maledetto Post It. E quando arriva la risposta è il patatrac. "Il walkman!". Gli ottocentomila dollari puntati vengono inghiottite da una macchina cattivissima. La coppia si dispera. Lui piange. "Oh baby" lo consola lei "abbiamo ancora 80mila dollari". Sono quelli che lei aveva puntato sul walkman e non ha fatto in tempo a trasferire... Perderanno anche quelli.
Fine del gioco? Macché: è solo l'inizio. In rete si scatena una rivolta. Post It è la parola più ricercata su Google. L'enciclopedia online di Wikipedia è presa d'assalto. Il Walkman arriva nei negozi nel 1979. Il Post It viene inventato dalla 3M nel 1977: ma venduto solo nell'80. Il responsabile del gioco della Fox, Jeff Apploff, risponde con una dichiarazione online: abbiamo parlato direttamente con i ricercatori della 3M e ci hanno confermato la nostra ricostruzione. Ma Wikipedia che dice che il prodotto era già stato venduto nel '77? Il povero Gabe si rassegna: "Penso che Wikipedia abbia torto: chi sono io per sostenere di avere ragione davanti a un gigante come la Fox?".
Ma anche i giganti, nel loro piccolo, sbagliano. E sotto la spinta di Internet lo stesso Apploff si ricorregge: la risposta ricevuta da 3M era incompleta perché il prodotto già nel 77 era stato testato in alcune città prima di essere venduto su larga scala tre anni dopo. Ergo: ci siamo sbagliati, la risposta corretta era quella perdente. E adesso? La coppia è invitata a tornare in campo quando la trasmissione riprenderà a gennaio. Ma probabilmente Gabe e Brittany non ci saranno. "Troppo stress. E poi chi l'ha detto che riusciremmo a creare ancora quella tensione. In partenza sai che non sono soldi tuoi e quindi in realtà non stai perdendo niente: ma quando ti vedi sprofondare via 800mila dollari...".
Da YouTube al New York Times la coppia è comunque già cult. Gli storici del telequiz ricordano soltanto un'altra gaffe così. Era il 1999 e nell'anno del lancio di "Chi vuol essere milionario" l'Abc sostenne che un concorrente sbagliava: il Lago Michigan è più grande dell'Huron. Non era così e mister David Honea fu invitato a tornare in gioco. Lui vinse 125 mila dollari. Noccioline però rispetto ai guadagni che il clamore portò allo show. Oggi quel formato vale 250 milioni di dollari. Errore più, errore meno.

                                   (26 dicembre 2010)

spesso anche i duri e le dittature sono più umane delle democrazie Cba cura i malati di colera ad haiti e l'occidente e gli Usa mantengono l'emmargo

mentre leggo su   http://www.independent.co.uk/   la news  estera  che ancora  non compare  sui mezz d'informazione  italiani  . Mi chiedo  insieme al mio vecchio : <<  Se i medici cubani assistono i malati di colera ad Haiti e fanno vergognare il mondo.Essi sono i veri eroi dell'aiuto ai terremotati.Eppure i cubani sono un popolo poverissimo, strangolato dagli USA "democratici" di mister Obama , ci saranno ancora i cucinieri italiani ad assistere coloro che dovrebbero assistere gli haitiani come  è avvenuto  durante l terremoto ? >>  Ecco quindi  spiegato  il mio titolo sarcastico ma  purtroppo  più vicino alla verità  \  realtà  .

 Ma  ora  bando alle ciancie  ed  eccovi l'articolo 

Cuban medics in Haiti put the world to shame

Castro's doctors and nurses are the backbone of the fight against cholera
By Nina Lakhani
Sunday, 26 December 2010

Jacklin Anore, 24, a cholera patient at the Cuban-run Nicolas Armand hospital in Arcahaie, north of Port-au-Prince. Cuba has some 1,200 health workers currently in Haiti



They are the real heroes of the Haitian earthquake disaster, the human catastrophe on America's doorstep which Barack Obama pledged a monumental US humanitarian mission to alleviate. Except these heroes are from America's arch-enemy Cuba, whose doctors and nurses have put US efforts to shame.
A medical brigade of 1,200 Cubans is operating all over earthquake-torn and cholera-infected Haiti, as part of Fidel Castro's international medical mission which has won the socialist state many friends, but little international recognition.
Observers of the Haiti earthquake could be forgiven for thinking international aid agencies were alone in tackling the devastation that killed 250,000 people and left nearly 1.5 million homeless. In fact, Cuban healthcare workers have been in Haiti since 1998, so when the earthquake struck the 350-strong team jumped into action. And amid the fanfare and publicity surrounding the arrival of help from the US and the UK, hundreds more Cuban doctors, nurses and therapists arrived with barely a mention. Most countries were gone within two months, again leaving the Cubans and Médecins Sans Frontières as the principal healthcare providers for the impoverished Caribbean island.
Figures released last week show that Cuban medical personnel, working in 40 centres across Haiti, have treated more than 30,000 cholera patients since October. They are the largest foreign contingent, treating around 40 per cent of all cholera patients. Another batch of medics from the Cuban Henry Reeve Brigade, a disaster and emergency specialist team, arrived recently as it became clear that Haiti was struggling to cope with the epidemic that has already killed hundreds.
Since 1998, Cuba has trained 550 Haitian doctors for free at the Escuela Latinoamericana de Medicina en Cuba (Elam), one of the country's most radical medical ventures. Another 400 are currently being trained at the school, which offers free education – including free books and a little spending money – to anyone sufficiently qualified who cannot afford to study medicine in their own country.
John Kirk is a professor of Latin American studies at Dalhousie University in Canada who researches Cuba's international medical teams. He said: "Cuba's contribution in Haiti is like the world's greatest secret. They are barely mentioned, even though they are doing much of the heavy lifting."
This tradition can be traced back to 1960, when Cuba sent a handful of doctors to Chile, hit by a powerful earthquake, followed by a team of 50 to Algeria in 1963. This was four years after the revolution, which saw nearly half the country's 7,000 doctors voting with their feet and leaving for the US.
The travelling doctors have served as an extremely useful arm of the government's foreign and economic policy, winning them friends and favours across the globe. The best-known programme is Operation Miracle, which began with ophthalmologists treating cataract sufferers in impoverished Venezuelan villages in exchange for oil. This initiative has restored the eyesight of 1.8 million people in 35 countries, including that of Mario Teran, the Bolivian sergeant who killed Che Guevara in 1967.
The Henry Reeve Brigade, rebuffed by the Americans after Hurricane Katrina, was the first team to arrive in Pakistan after the 2005 earthquake, and the last to leave six months later.
Cuba's constitution lays out an obligation to help the worst-off countries when possible, but international solidarity isn't the only reason, according to Professor Kirk. "It allows Cuban doctors, who are frightfully underpaid, to earn extra money abroad and learn about diseases and conditions they have only read about. It is also an obsession of Fidel's and it wins him votes in the UN."
A third of Cuba's 75,000 doctors, along with 10,000 other health workers, are currently working in 77 poor countries, including El Salvador, Mali and East Timor. This still leaves one doctor for every 220 people at home, one of the highest ratios in the world, compared with one for every 370 in England.
Wherever they are invited, Cubans implement their prevention-focused holistic model, visiting families at home, proactively monitoring maternal and child health. This has produced "stunning results" in parts of El Salvador, Honduras and Guatemala, lowering infant and maternal mortality rates, reducing infectious diseases and leaving behind better trained local health workers, according to Professor Kirk's research.
Medical training in Cuba lasts six years – a year longer than in the UK – after which every graduate works as a family doctor for three years minimum. Working alongside a nurse, the family doctor looks after 150 to 200 families in the community in which they live.
This model has helped Cuba to achieve some of the world's most enviable health improvements, despite spending only $400 (£260) per person last year compared with $3,000 (£1,950) in the UK and $7,500 (£4,900) in the US, according to Organisation for Economic Co-operation and Development figures.
Infant mortality rates, one of the most reliable measures of a nation's healthcare, are 4.8 per 1,000 live births – comparable with Britain and lower than the US. Only 5 per cent of babies are born with a low birth weight, a crucial factor in long-term health, and maternal mortality is the lowest in Latin America, World Health Organisation figures show. Cuba's polyclinics, open 24 hours a day for emergencies and specialist care, are a step up from the family doctors. Each provides for 15,000 to 35,000 patients via a group of full-time consultants as well as visiting doctors, ensuring that most medical care is provided in the community.
Imti Choonara, a paediatrician from Derby, leads a delegation of international health professionals at annual workshops in Cuba's third city, Camaguey. "Healthcare in Cuba is phenomenal, and the key is the family doctor, who is much more proactive, and whose focus is on prevention ... The irony is that Cubans came to the UK after the revolution to see how the NHS worked. They took back what they saw, refined it and developed it further; meanwhile we are moving towards the US model," Professor Choonara said.
Politics, inevitably, penetrates many aspects of Cuban healthcare. Every year hospitals produce a list of drugs and equipment they have been unable to access because of the American embargo which prevents many US companies from trading with Cuba, and persuades other countries to follow suit. The 2009/10 report includes drugs for childhood cancers, HIV and arthritis, some anaesthetics, as well as chemicals needed to diagnose infections and store organs. Pharmacies in Cuba are characterised by long queues and sparsely stacked shelves, though in part this is because they stock only generic brands.
Antonio Fernandez, from the Ministry of Public Health, said: "We make 80 per cent of the drugs we use. The rest we import from China, former Soviet countries, Europe – anyone who will sell to us – but this makes it very expensive because of the distances."
On the whole, Cubans are immensely proud and supportive of their contribution in Haiti and other poor countries, delighted to be punching above their weight on the international scene. However, some people complain of longer waits to see their doctor because so many are working abroad. And, like all commodities in Cuba, medicines are available on the black market for those willing to risk large fines if caught buying or selling.
International travel is beyond the reach of most Cubans, but qualified nurses and doctors are among those forbidden from leaving the country for five years after graduation, unless as part of an official medical team.
Like everyone else, health professionals earn paltry salaries of around $20 (£13) a month. So, contrary to official accounts, bribery exists in the hospital system, which means some doctors, and even hospitals, are off-limits unless patients can offer a little something, maybe lunch or a few pesos, for preferential treatment.
Cuba's international ventures in healthcare are becoming increasingly strategic. Last month, officials held talks with Brazil about developing Haiti's public health system, which Brazil and Venezuela have both agreed to help finance.
Medical training is another example. There are currently 8,281 students from more than 30 countries enrolled at Elam, which last month celebrated its 11th anniversary. The government hopes to inculcate a sense of social responsibly into the students in the hope that they will work within their own poor communities for at least five years.
Damien Joel Suarez, 27, a second year from New Jersey, is one of 171 American students; 47 have already graduated. He dismisses allegations that Elam is part of the Cuban propaganda machine. "Of course, Che is a hero here but he isn't forced down your neck."
Another 49,000 students are enrolled in the El Nuevo Programa de Formacion de Medicos Latinoamericanos, the brainchild of Fidel Castro and Hugo Chavez, who pledged in 2005 to train 100,000 doctors for the continent. The course is much more hands-on, and critics question the quality of the training.
Professor Kirk disagrees: "The hi-tech approach to health needed in London and Toronto is irrelevant for millions of people in the Third World who are living in poverty. It is easy to stand on the sidelines and criticise the quality, but if you were living somewhere with no doctors, then you'd be happy to get anyone."
There are nine million Haitians who would probably agree.

incredibile paralizata dall'età di 13 anni ha incidente e riacquista l'us delle gambe


leggo su  repubblica  questa  storia  che ha dell'incredibile 

La terza vita di Monique
Sulle sue gambe per vincere

Paralizzata dalla vita in giù in seguito a un'operazione riuscita male da quand'era adolescente, la Van Der Vorst, una ragazza olandese di 26 anni, è diventata una stella dello sport paralimpico. Ma ora, dopo un incidente, ha riacquistato l'uso delle gambe. E vuole tornare a correre 

La terza vita di Monique Sulle sue gambe per vincere
La storia sembra proprio adatta a questi giorni di festa. Come un regalo di Natale in più, il più bello e forse il più inatteso. Monique Van der Vorst, una ragazza olandese di 26 anni, atleta di altissimo livello nello sport paralimpico, tanto da vincere il titolo mondiale di triathlon l'anno scorso e due medaglie d'argento nel 2008 alle Paralimpiadi di Pechino, ha riacquistato l'uso delle gambe.
Monique era paralizzata dalla vita in giù da quand'era adolescente a causa di un'operazione riuscita male. Ma quest'estate uno scontro fortuito con un altro ciclista, durante un allenamento, le ha fatto riacquistare in parte l'uso delle gambe.







Così la ragazza olandese dà il benvenuto sul suo sito: "La mia è stata una vita di sfide, dopo essere diventata disabile all'età di 13 anni non ho mai rinunciato: ho cercato tutte le opportunità di vivere la mia vita in pieno e sono diventata un'atleta professionista. Mi sono data la missione di portare la mia vita al più alto livello possibile. Dopo aver vinto il Campionato mondiale degli Ironmen, ero in prima linea verso le Paralimpiadi di Londra 2012. Ma... qualcosa all'improvviso è cambiato. Dopo un incidente nel 2010 il mio corpo ha cominciato a cambiare, e dopo un lungo e duro periodo di riabilitazione, ora sono di nuovo in piedi! Ora per me comincia una nuova sfida, non so dove o quando finirà, ma ci riuscirò e tornerò di nuovo a correre!".
L'incidente che ha cambiato di nuovo la vita di Monique risale alla scorsa primavera, quando, durante un allenamento su strada, la Van der Vorst è stata investita da una macchina. Nessuno ancora riesce a dare una spiegazione, fatto sta che nel periodo di riposo sono iniziati i primi segnali che indicavano una ritrovata sensibilità alle estremità. Così piano piano Monique ha ricominciato a muovere le gambe. L'ambizione numero uno di Monique ora è quella di gareggiare alle Olimpiadi tra gli atleti normodotati.

e dal quotidiano la stampa

(...)


Dopo un periodo di depressione causata dall'accaduto a far riprendere la ragazza era stato lo sport, in particolare l'handcycle. «Lo sport mi ha ridato autostima, ho cominciato a pensare a ciò che potevo fare, e non più alle limitazioni». Non a caso adesso sul suo sito, sotto l'annuncio che ha ripreso a camminare, c'è la citazione di una frase di Nietzsche: «ciò che non mi uccide, mi renderà più forte». Tutto il 2010 lo stava dedicando alla preparazione per Londra 2012, dove l'obiettivo sarebbe stato di «tramutare gli argenti in oro», ma due incidenti hanno cambiato la sua vita. A marzo si era scontrata con un compagna in allenamento, l'impatto l'aveva fatta cadere dal suo veicolo e lei aveva raccontato di aver cominciato a sentire «del formicolio alle gambe». «Io ero rimasta molto triste - aveva raccontato - perchè pensavo che mi avrebbe impedito di prepararmi a dovere per Londra».

Nel secondo incidente è rimasta coinvolta a giugno: mentre si stava allenando su strada era stata investita da un'auto, le era stato diagnosticato un danno al midollo spinale, ma il formicolio alle gambe era aumentato. «In pochi giorni ho cominciato a 'risentirlè, non erano più insensibili». Il capo-missione del comitato paralimpico olandese Andrè Gatos ha raccontato che «per Monique all'inizio lo choc è stato forte, al punto che sul momento per lei è stato duro abbandonare la possibilità di competere ai Giochi Paralimpici». I risultati delle visite mediche a cui era stata sottoposta dopo il secondo incidente hanno lasciato di nuovo i medici senza parole, in ogni caso dopo un lungo e duro periodo di riabilitazione la ragazza ha ricominciato a muovere le gambe ed ora annuncia che «sono di nuovo in piedi! Per me comincia una nuova sfida, gareggiare per me era una grande passione, ora è dura perchè devo trovare nuovi obiettivi nella vita. Non so dove o quando finirà ma ci riuscirò, e tornerò di nuovo a correre!».

25.12.10

L'attimo fuggente

Come m'era successo di stare 3 giorni senza cellulare [ vedere racconto precedente ] , sono riuscito a stare un giorno senza connessione . Esso è stato più difficile , visto che internet lo si usa , sempre più non solo per cazzeggio o informarsi anche per lavoro .
Di nuovo un ritorno , alla slow life , quasi alla preistoria . All'inizio come tutte le cose a cui non sei abituato o d'esse dipendente è dura , forse perché si vive la vita come una emergenza e quidi se ne perde o si trascura una parte . Ma poi ....... .
Io ancora una volta mi sono trovato in questo poi .
Ne ho approfittato per staccare la spina e godermi la vita reale e guardarmi intorno e viaggiare con la mente e la fantasia e non solo con inoltra e cut &paste  (il  copia e incolla ) . Ne ho approfittato per concentrarmi sui miei esercizi spirituali . Ovviamente ciò non dev'essere da non confondere con religione e fede perchè se pur il confine con essa è labile ed in alcuni casi anche in simbiosi : <<>spirito; in questo caso la spiritualità è vista piuttosto un "modo d'essere" che evidenzi scarso attaccamento alla materialità.>> (dalla voce Spiritualità di wikipedia ) .
Inizialmente mi sono incacchiato perchè non potevo cazzeggiare e salutare gli amici \ conoscenti telematici , ma poi i sono detto chi riesco a salutare ben nechi non riesco a salutare pazienza . Mi sono detto : <<.... ma perché devo rendere  ogni cosa un problema enorme passando da  un dramma  ad  u altro , insomma  fare tempesta  in un bicchiere  d'acqua >>
Ho deciso di far scorrere fluire la vita e i dolori , scoprendo come anche una canzone può descrivere il tuo stato interiore  : <<  Densamente spopolata è la felicità\Densamente spopolata è la felicità\Preziosa\La felicità è senza limite e viene e va\La felicità è senza limite e viene e va\Viene\Viene e poi se ne va >>  facendo  o provando a far mia    un concetto zen o   forse  della filosofia patristica  ora  non ricordo bene  : <<  cambiare  le cose  che si possono cambiare   e accettando quelle che non si posso cambiare <> facendo o provando a far mia un concetto zen o forse della filosofia patristica ora non ricordo bene : << . cambiare  le cose  che si possono cambiare   e accettando quelle che non si posso cambiare >>
Sto imparando a non prendermela per e piccole cose , ma soprattutto ad accettare che la nostra vita è limita e e che quando moriremo ( chi è superstizioso facccia scongiuri o si tocchi ) la lista delle cose da fare non sarà certamente esaurita . o scopo della vita è ( dovrebbe essere ) non quello d'arrivare a fare tutto , ma godere di quello che si riuscito a fare \ colto.                                                                                                                        Mi sono allenato ulteriormente ad essere più paziente e saper aspettare . Ma soprattutto mi soo accorto con un po' di noia non fà male sono praticamente uscitp per parafrasare Caparezza dal tunnel del divertimento . Ho sfruttato la mia libertà scegliendo di non decidere , come fa uno dei protagonisti di questo film che uno di quelli che mi porto come bagaglio di viaggio

prendendomi una pausa della frenesia della vita e di prendermi qualche momento di silenzio per me .
Ho pensato a quello che ho e non voglio e ad ignorare i pensieri negativi ( suicido psichico , vendette , piangermi addosso ) .Ho impiegato tempo a fare pratica con la forza del pensiero cioè il passare dal dire a fare o quanto meno gettare el basi perché si realizzi . Insomma a cercare lo straordinario nella banalità.
Incredibilmente sono passate le tre ore di guasto della linea internet senza che neppure me ne accorgessi , poi però ho potuto starci solo 10 minuti perchè siamo dovuti andare al cenone di natale .

i mie regali di natale ricevuti

Per  regali ho ricevuto  oltre l'afetto dei mie familiari  :  prima  della vigilia  il lbro libro quaderni Ucrani   di Igort  ( vedere post  precedente e  foto sotto ) 

  dei cd  musicali

 Dalla  e Degregori Work  in progress (  *****  e ***** la  sua  ragazza )

                            Bruce springfield the promise ( mio fratello )


uno shampoo e bagnoschiuma dei simpsosns (  un 'altra  dipendente  )  trovate sotto le  foto da me scattate



per  gli altri devo ancora  aspettare  , ma  vi terrò in formato  in quanto  : 1)  *****  se  n'è  dimenticato di portarmelo  , era  al cenone  dalla madre di  lei  a Luras , me lo passerà nei proissimi giorni  ., 2)  *****  con la moglie   e la  bambina  arrivano  il 27 da  Torino

24.12.10

-1 -1 ed iniziano ad arrivare i primi regali .Igort ( igor Tuveri ) Quaderni Ucraini


   Titolo    Quaderni ucraini. Memorie dai tempi dell'URSS
Autore    Igort
Prezzo    € 17,50
Prezzi in altre valute
Dati    2010, 180 p., ill., brossura
Editore    Mondadori  (collana Strade blu. Fiction)

Manca  ancora  tutto il pomeriggio  a Natale  e  già   ricevo  il primo regalo . Esso è un  libro a fumetti mi , mi  è stato regalato  da ua collega  ( la  nstra più antica  dipendente  ) di lavoro che  è per  me come una madre , anche   non condivido il passaggio  dalla sua dall'accoglienza  verso gli immigrati e  alla "conversione"  posizioni  leghiste . Non dico che uno possa  cambiare idea , ma  lasciarsi trasportare dalla propaganda  e dalla demagogia a più becera ,  gettando  all'ortiche  il  suo passato  , non mi piace  , ma  è la vita purtroppo  .
Ma  non  divaghiamo  troppo , e ritorniamo a noi  .
Il libro che  ho  ricevuto   si chiama  Quaderni Ucraini  (  mi  è piaciuto talemnt tanto da chiedere l'amicizia  all'autore su facebook  , e  e  da risparmiare    i soldi  per  il seguito  del libro  , quaderni russi  .
L'autore Igort ( al secolo  Igor Tuveri  )  ha trascorso quasi due anni in Ucraina e Russia, e ha deciso di raccontare e illustrare le testimonianze raccolte sul periodo staliniano e le sensazioni da lui provate in questo libro, "Quaderni Ucraini". Questa la presentazione al Festival letteratura di Mantova 2010 (1 2 ) Dopo aver esplorato e scandagliato il mondo del jazz e del crimine organizzato   ha deciso d'offrirci altro  incredibile reportage   fumetti  , stavolta   stavolta  sospeso tra passato e presente  . I Quaderni ucraini sono la prima parte di un dittico consacrato ai paesi dell'ex Unione Sovietica. L'autore ha trascorso in tutto quasi due anni in Ucraina e in Russia, raccogliendo pazientemente le parole dei testimoni e dei sopravvissuti di un passato terribile che oggi si trovano a essere gli smarriti protagonisti di un presente ancora più incerto.
Le vivide  ed implacabili testimonianze   dei singoli   ci permettono d rivivere in tutta  la  cupa drammaticità momenti dell'Holodomor   terribile carestia che Stalin  sfrutto   per sterminare ogni  forma di dissenso alle  sue politiche  sociali ed  economiche  . Uno sterminio  \ genocidio ( lo  so che tale termine si dovrebbe usare    per  la  trageda  del popolo ebraico  , ma mi chiedo   come   ma come  definire  tali eccidi   \ repressioni    ? )    di un popolo .Uno dei tanti eventi  del  XX  secolo  quasi dimenticati  o usati  dalla destra  , specie  quella  più  becera ed estrema ,  per coprire  \ occultare   ovvero  far passare in secondo  piano i loro crimini e misfatti .  Un libro indigesto per  certa sinistra  settaria \ negazionista  . In brevi capitoli, Igort,ridà vita ai ricordi degli ucraini, ci porta con sé a riscoprire un periodo cruciale della storia del XX secolo e ci aiuta a comprendere meglio la situazione di un infelice paese dove un presente inquietante si è sostituito alla terribile eredità staliniana, dove gli omicidi hanno preso il posto dei gulag e la corruzione dilaga. Senza rinunciare all'inconfondibile e brillante eleganza del suo tratto, che  lo caratterizza fin dalle  origini , Igort , ha saputo metterlo ( mettendosi  indiscussione  )  completamente al servizio delle parole confidate e raccolte, trascrivendo con intelligenza, umanità e rispetto il racconto delle persone in carne e ossa che ha incontrato durante i suoi soggiorni nell'ex URSS. Un libro partecipe  ed  appassionante  , crudo  e schietto , ma senza  perdere la tenerezza e  creare  shock  inutili  e gratuiti  cioè non ncecessari  , che inevitabilmente finisce per cercare di rispondere - sulla base dell'esperienza quotidiana di quei mille invisibili protagonisti della storia che sono gli uomini e le donne comuni - alla domanda: a vent'anni dalla caduta del Muro cosa resta di questa feroce epopea fatta di grandi speranze e di immani tragedie collettive ? .
Tale libro rafforza e conferma  la mia strada  d'essere libero  e libertario,apartitico, non legato  a  nessun  gruppo partitico . 
Insomma  il mio anarchismo   , qualunquismo secondo alcuni . Esso  è una risposta  a chi dice  che  il fumetto non è  letteratura  o è letteratura  se lo è,viene  visto come qualcosa  di dozzinale  o peggio per  bambini . Ma secondo il settimanale  l'espresso ( ne  trovate  sotto il resto dell'articolo )   <<  Il fumetto Non solo super eroi, donne sensuali, regine esotiche e fantascienza : il fumetto si avventura ormai nei territori della grande Storia. Lo fa con realismo estremo e con una ricerca di testimonianze e delle fonti minuziosa, accurata, coraggiosa. Unita alla forza evocativa dell'immagine accompagnata dalla parola, questa indagine trasforma il comix in una lettura che non perde niente della sua natura di intrattenimento, ma ha una carica politica e storiografica dirompente. È una rivoluzione in atto: lo storyboard di un cartoon fa concorrenza ai dotti libri di storici professionisti. "L'espresso" ne ha parlato con due, tra i massimi autori del genere: Joe Sacco e Igort. Il primo ha appena pubblicato con Mondadori "Gaza 1956", il secondo, sempre con Mondadori, "Quaderni ucraini". Sacco parla di due stragi dimenticate in Palestina, Igort del tentativo di genocidio in Ucraina nei primi anni Trenta.>>.Un libro da far leggere  anche nelle scuole  .
 
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La strage è un cartoon

di Wlodek Goldkorn
Due massacri a Gaza. E un genocidio in Ucraina. Dimenticati. Rimossi da decenni. Che ora i due disegnatori Igort e Joe Sacco hanno ricostruito. Con la sensibilità degli artisti e il rigore degli storici
(21 ottobre 2010)
Un particolare di  Quaderni ucraini  di Igort, edito da Mondadori Un particolare di 'Quaderni ucraini' di Igort, edito da MondadoriNon solo super eroi, donne sensuali, regine esotiche e fantascienza: il fumetto si avventura ormai nei territori della grande Storia. Lo fa con realismo estremo e con una ricerca di testimonianze e delle fonti minuziosa, accurata, coraggiosa. Unita alla forza evocativa dell'immagine accompagnata dalla parola, questa indagine trasforma il comix in una lettura che non perde niente della sua natura di intrattenimento, ma ha una carica politica e storiografica dirompente. È una rivoluzione in atto: lo storyboard di un cartoon fa concorrenza ai dotti libri di storici professionisti. "L'espresso" ne ha parlato con due, tra i massimi autori del genere: Joe Sacco e Igort. Il primo ha appena pubblicato con Mondadori "Gaza 1956", il secondo, sempre con Mondadori, "Quaderni ucraini". Sacco parla di due stragi dimenticate in Palestina, Igort del tentativo di genocidio in Ucraina nei primi anni Trenta.

Come avete trovato il coraggio di raccontare in comix ciò che di solito narrano professori di storia?
Sacco: "Semplice. Sono un cartoonist. E qualunque storia io la penso sotto forma di fumetto. Se dovessi scrivere questa intervista, lo farei come un comix. Aggiungo una riflessione oggettiva: il cartoon richiede un pensiero per immagini ma legato alla parola. Si tratta quindi di un genere articolato, ma allo stesso tempo semplice e che si presta a più livelli di lettura".
Igort: "Sacco è un pioniere del genere. Lo ha inventato. Quando ero in Ucraina a lavorare sulla mia storia, spesso conducevo delle conversazioni immaginarie con lui. Mi chiedevo come avrebbe visto quello che io stavo guardando, come avrebbe affrontato le storie che io stavo ascoltando e documentando".

Come sono nate le vostre rispettive storie?
Sacco: "Diversi anni fa, nel 2001, mi stavo preparando a realizzare un reportage da Gaza. Studiando, mi sono imbattuto in un documento dell'Onu che parlava di una strage di civili a Khan Younis nel 1956, l'anno della guerra tra Israele ed Egitto. Israele conquistò per pochi mesi la Striscia di Gaza, e allora, secondo le Nazioni Unite, si verificò un massacro. Era un periodo duro e terribile. Prima di quella guerra c'erano spesso episodi di violenza: i fedayn palestinesi si infiltravano nelle terre dei kibbutz di frontiera, ci furono agricoltori israeliani morti. La voglia di vendetta era tanta. Arrivato dunque nel 2001 a Khan Younis, volevo verificare cosa fosse successo veramente. Ho scoperto così che anche a Rafah ci fu una strage con centinaia di uomini uccisi. Il rapporto dell'Onu parlava di "soldati israeliani presi dal panico". Volevo indagare. Volevo cercare i superstiti: sapere perché di quei fatti non si parla, perché sono stati rimossi, anche dalla memoria dei palestinesi. Volevo ricostruire il contesto storico".

Lo ricostruisce da storico. Cita un discorso dell'allora capo di stato maggiore Moshe Dayan...

"Che ai funerali di un agricoltore israeliano ucciso dai fedayn ha parole di empatia per i palestinesi. Dice: loro hanno tutte le ragioni per odiarci. E poi la conclusione a sorpresa: ecco perché dobbiamo combatterli. Comunque ho parlato anche con gli ufficiali israeliani di allora e ho fatto ricerche negli archivi di Stato".

E lei Igort, perché è andato in Ucraina?
Igort: "Sono andato per fare un lavoro sulle case di Cechov. E mentre ero lì, scoprii la vicenda di Holodomor, un tentativo di genocidio per fame, effettuato da Stalin ai danni della popolazione ucraina. Secondo le stime i morti erano tra i sette e i 10 milioni. Non ne sapevo niente. Quando ho cominciato a sentire le storie: interi villaggi annientati, gente deportata, cadaveri per le strade, ho deciso di cambiare lo scopo della mia avventura. Non mi interessavo più delle case del grande scrittore dell'Ottocento. Volevo solo documentare quello che la gente ha vissuto sotto Stalin e sotto il comunismo. Sono rimasto in Ucraina due anni. Ho preso una casa. Ho viaggiato. Sono andato in Russia: a Mosca, a San Pietroburgo, in Siberia. Volevo vedere la Siberia d'inverno. Ho scoperto che è un luogo in cui la vita degli umani non è concepibile. Tutto questo mi ha costretto a inventarmi una nuova grammatica. E così che mi sono messo a pensare a Joe Sacco e a chiedermi: Joe, una storia così come l'avrebbe affrontata?".

La risposta?
"Che è un grande privilegio essere un autore di comix, uno storyteller con le immagini".

Anche il cinema racconta storie con le immagini.
"Certo. Ma per raccontare storie come quella di Sacco o la mia, occorre fare un kolossal, investire milioni. E a quel punto, dati i costi, virare verso la fiction. Noi invece raccontiamo storie vere. I miei modelli erano Kapuscinski e Fallaci, ma nessuno di loro disegnava".

Igort ha appena raccontato la forza dei comix.
Sacco: "Il vero potere dei comix è che si rivolgono direttamente alle emozioni del lettore. La prosa spesso non ci arriva perché troppo cerebrale, perché la parola media troppo. E ancora, i film non solo costano troppo, ma sono anche troppo sofisticati come lavorazione e troppo recitati".

Che influenza ha avuto su di voi Art Spiegelman e il suo "Maus", autore di comix che parlano della Shoah, di ghetti, di Auschwitz?
Igort: "Spiegelman è un amico, una persona con cui sono abituato a confrontarmi. Ma lui usa la metafora, non documenta. E poi, io sono un prodotto delle avanguardie europee. Metto nei miei comix pittura, architettura, fotografia. Sono stato influenzato dall'immaginario di Wim Wenders e di Werner Herzog, storie emozionanti, personali, ma universali al contempo".

La domanda su Spiegelman riguardava la vergogna che prova la vittima, che toglie la parola e rende difficile la testimonianza.
Sacco: "È vero, le vittime provano vergogna. Ma io non racconto i miei protagonisti come se fossero solo delle vittime, perché non lo sono. Sono degli esseri umani, nient'altro. E anzi, quando l'Occidente li tratta solo come vittime, in realtà dimostra disprezzo. La prima cosa da fare, da narratore, è riconoscere la dignità della persone di cui si parla. Stando a Gaza per due mesi sono riuscito a conquistare la fiducia dei miei interlocutori. Lei ha detto che ho fatto un lavoro da storico. Preferisco chiamarlo "slow journalism". Concedersi tutto il tempo per capire che tipo di domande devi formulare, con quali modalità, e quando. Se riesci a farlo, anche le vittime si aprono: parlano".
Igort: "La gente in Ucraina piangeva mentre raccontava. C'era una signora anziana che vedevo ogni giorno per due anni. Stava in strada a 20 gradi sotto zero, con una bilancia, e chiedeva alla gente di pesarsi in cambio di pochi spiccioli. Mi ha raccontato casi di cannibalismo, parlava delle persone che non venivano sepolte perché qualcun altro mangiava i loro cadaveri. Era ancora sotto choc".

E lei Igort, come ha superato il suo choc?
Igort: "Disegnando".
Sacco: "Disegnare è una terapia".

In conclusione: siete convinti che il comix sia il mezzo migliore per documentare la realtà?

Igort: "La forza del fumetto sta nel linguaggio evocativo. È una magia. Il libro di Sacco non è solo giornalismo e storia: è grande letteratura. Tra vent'anni lo leggerò con la stessa emozione di oggi, perché c'è dentro la poesia. Ed è la poesia e non la tecnica che lo rende universale".
Sacco: "Il fumetto ha una sua natura sovversiva. Uno prende il libro di Igort e dice: è facile, sono disegni, cose che rilassano. E invece, lo leggi e piangi. Igort è un poeta. Io invece sono giornalista. Però se sono riuscito a dare di più e perché vengo da un background di interessi per la letteratura e le arti. E letteratura più arte, in fin dei conti, uguale comix".

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la tragedia  
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La notte del Natale

Sono diventati familiari a tutti gli occhi miti, domestici di Yara Gambirasio. Quel suo naso ancora da modellare, la pelle lucida, oleosa d'adolescente antica. Si avverte quasi, dalle immagini, l'aroma di talco e compostezza. Una certa malinconica gravezza, quasi un inconscio presentimento. E lo sguardo velato d'inspiegabile e tremula fiducia. Yara, lo sappiamo, è stata inghiottita nel nulla a settecento metri da casa sua. Da quasi un mese.
La ferma dignità della famiglia di fronte allo sciacallaggio dei media - il cui cinismo comunque non si è mai arrestato -, il rispetto quasi sacrale di quella piccola Brembate nelle cui nebbie Yara s'è persa, la compostezza religiosa dei suoi compagni di classe, che scrivono direttamente ai rapitori di rilasciarla almeno a Natale, non alterano il lacerto della domanda di Dostoevskij e, prima di lui, di Giobbe, davanti al dolore innocente.
I fortunatamente pochi razzisti e leghisti che hanno esultato di gioia feroce quando si era, erroneamente, identificato l'aguzzino della piccola con un immigrato marocchino, rivelatosi poi del tutto estraneo alla vicenda, le loro scomposte strida, vengono anch'esse risucchiate in questo cupo mistero. Mistero di vite nascenti, femminili, diverse; vite di bambini, anzi di bambine-criste, sacrificate all'assurdo moloch dell'egoismo.
Lo ripetiamo, lo urliamo, lo imploriamo: restituitela, chiunque voi siate, almeno a Natale. Almeno.
A sud, lontana, in deserte piagge, un'altra Yara è svanita nel silenzio. Una bimba rom della cui sorte pochi si angustiano, così come della piccola Cameyi Mosammet dispersa ormai dalla scorsa estate. Finire in un indecifrabile gorgo, senza quasi aver lasciato traccia su questa terra. Tutte donne, tutte ragazze, stroncate in origine. In parte le cause di questa mancanza sono state da me già individuate. E nulla sembra arrestare questa marea bruna che avanza, spessa e lutulenta...
E da ultimo: giorni fa avevamo sperato di festeggiare un Natale persiano. Quando era riemerso sui giornali, tumefatto, stracco, enfiato, con una vaga aria india, il volto di Sakineh Ashtiani. Ma si trattava dell'ultima, sciagurata beffa sulla scarcerazione... Ci eravamo illusi fosse stata graziata; un'ennesima, cinica bugia per deridere, umiliare, ricattare una donna e, attraverso lei, un intero sistema politico e financo economico. La sua pelle in cambio del nucleare, s'è detto. Incredibile quanto i ringhiosi potenti della terra temano un'insignificante donna.
Bambine e donne immerse in un'aura senza tempo tinta. Non splende per loro alcuna cometa. Ma abbiamo il dovere, l'obbligo di sperare, se non sarà domani, diteci che sarà comunque presto, presto.

23.12.10

l'omofobia spesso ipocrita dei politici e le loro figure di ... a livello europeo

Capisco  che   tu sia  legato alle decisioni  di  un partito gruppo politico ma  quando  è contro  la  tua condotta \ scelte  di vita  etiche  e morali  perchè  ....   ci  stai  o perchè   ti comporti cosi  : 1 2 ipocritamente   cioè  omofobo  in pubblico e  gay in privato ?  . Io per  essendo lontano ( anche se  prima  di decidere da  che parte stare    mi sono abbeverato  alla cultura  e alla politika  e politica  della destra , ovviamente quella   , leggere l'articolo sotto  democratica   ed antifascista   ed anti razzista ed  antidiscriminatoria   ) dal mio modo di pensare  , mi definisco un progressista,  preferisco  persone come quella  di cui  trovate  sotto la storia  e d cui lodo il suo coraggio e il suo orgoglio .
I  Leghisti dopo  la figuraccia a Napoli in cui   in alcuni locali sono apparsi  (   a razzismo si è  risposto con razzismo ) cartelli con vietato l'ingresso  ai leghisti  e dopo  essere stati definiti  dall'Udc un partito conservatore   filo vaticano  : << come le squadracce di Mussolini >> . Adesso  la  figuraccia   a livello  internazionale più precisamente   dal Bruxelles  ovvero dal parlamento   Europeo doveUn’eurodeputata lesbica ( foto sopra  ) espulsa dal partito per i problemi con il Carroccio. E oggi il tribunale le dà ragione
Curiosa storia pubblicata oggi sul quotidiano inglese The Guardian. Uuna deputata inglese lesbica dell’Ukip, un piccolo partito conservatore, a gennaio ha rifiutato di sedersi al Parlamento europeo vicino ai politici della “nostra” Lega: “Sono omofobi”, ha detto, aggiungendo poi una significativa precisazione: “C’è qualcuno che non capirebbe perchè un nero non vorrebbe sedersi vicino ad un membro del Ku Klux Klan? E allora perchè io dovrei stare accanto a qualcuno che mi vuole morta?”. Il suo partito, membro dello stesso gruppo europeo del partito della famiglia Bossi, per tutta risposta l’ha cacciata dal partito come “intollerante” – agli intolleranti, verrebbe da dire -. La deputata,  ha fatto causa alla sua ex organizzazione politica per discriminazione. Oggi, un tribunale le ha dato ragione.
DANGER LEGHIST –  Scrive The Guardian: “Nikki Sinclaire – questo il nome della eurodeputata inglese – fu rimossa rimosso da leader dell‘Ukip, Nigel Farage, lo scorso gennaio dopo aver rifiutato di sedersi a fianco dei membri del partito di estrema destra italiana della Lega Nord, sostenendo che alcuni dei suoi membri sono omofobi”. Strano, eppure da quelle parti, in mezzo a quegli stessi scranni di Strasburgo, si trovano autentici gentlemen come Borghezio, Speroni e Salvini… Contro la decisione presa dall’ormai suo ex partito,  la Sinclaire ha fatto ricorso per discriminazione in un tribunale del lavoro di Exeter il quale le ha dato ragione. A sua volta, il partito di Farage ha presentato un successivo ricorso chiedendo che la sentenza venga annullata  a causa di un errore amministrativo. La Sinclaire, ha chiamato in causa direttamente lo stesso Farage e Godfrey Bloom, altro membro al Parlamento europeo dell‘Ukip e secondo quanto ha stabilito il tribunale,  ”L’affermazione di discriminazione sull’orientamento sessuale è fondato”. La Sinclaire, che ora siede come parlamentare indipendente di West Midlands, ha detto: “Sono molto addolorata per come questa storia è andata a finire  ho cercato di lavorare per un composizione pacifica del caso, ma in nessun momento, nessuno dell’Ukip è venuto da me a dire “Bene, potremmo parlare di questo?”
DESTRE CONTRO – La parlamentare europea si dice delusa dal comportamento di Fanage: ”Mi sento tradita dal partito. Quando sono entrata nel 1994 non era certo una mossa per fare carriera. Ho fatto la mia parte nella costruzione dell’Ukip, oggi mi hanno ripagato con la discriminazione”. La Sinclaire dice che  Bloom, quest’ultimo un deputato eletto nei collegi dello Yorkshire e dello North Lincolnshire, la chiamava “una queer” quando lei passava nel corridoio del Parlamento europeo a Strasburgo. Bloom che nega la censura, oggi risulta pure indagato. L’udienza per decidere se condannare il partito al risarcimento si terrà il 29 dicembre. l’Ukip, acronimo di United Kingdom Independence Party, è un partito politico del Regno Unito euroscettico, populista e conservatore.  La sua “mission” politica principale è il ritiro della Gran Bretagna dalla Unione europea. la leadership è attualmente detenuta da Nigel Farage , che è stato rieletto come leader il 5 novembre scorso. Attualmente l’Ukip detiene dodici seggi al Parlamento europeo e due nella House of Lords. Inoltre, ha circa 75 consiglieri comunali e conta su 16.300 iscritti.



In Un Giorno Di Pioggia-Modena City Ramblers



oggi piove ed osservando dalla finestra mi vine , oltre a canticchiare questa canzone , da pensare come è romantica e carica di ricordi la pioggia . che ti va anche viaggiare senza droghe, alcool e schifezze naturali o artificiali \ sintetiche belle curve del tuo passato e non solo

perchè se tradisce una donna la si definisce cagna o peggio ? quando è un uomo solo frasi di circostanza o silenzio


 Stamattina  sfoglio libero e leggo  questo articolo dell'ex gruppo   della sinistra extraparlamentare lotta  continua  ora diventato lobby , la  cosiddetta  lobby di lotta  continua    di cui l'articolista GIAMPIERO MUGHINI n'è   uno dei maggior  rapressentanti  .
Lo leggo tutto  , anche  se  dalle  prime  righe   : <<  È meglio essere  cornificati dalla propria donna o dalla propria cagna? Bibi è come tante mogli che si strapazzano con l’amante ma restano in casa a godere i vantaggi dell’azienda-matrimonio >> chi ha  ancoira  un po'  di raciozino  e d''alennamentro al libero arbitrio  , capisce  dove voglia  andare  a aprare  . Ma poichè  io  , chi mi conosce  lo sà ,  non piace  ( anche  se non sempre  riesco a farlo   al 100  p%  come credo d'altronde tutti  )    giudicare \  criticare   apriori  , ho letto tutto 'articolo  . E confermo   l'idea  che mi sono fatto dalae prime righe  . Il  solito  maschilismo e sessimo dall anostra  ( salvo  ovviamente rari  casi )   della nostra  intelligentia  culturale  

E fa male come con le donne
Anche i cani tradiscono...
di GIAMPIERO MUGHINI

Secondo voi, per un uomo è peggio essere tradito dalla propria donna o dalla propria cagna? È peggio vedere la propria donna civettare e fare gli occhi di merluzzo a un qualche visitatore di casa vostra, o non è forse peggio vedere la propria cagna adorata e padrona della mia vita che scodinzola forsennatamente e va in brodo di giuggiole tutte le volte che a casa nostra si presenta uno dei miei più cari amici“lo zio Enrico”? Certo è che se la situazione continuerà così, il mio disonore sarà grande e io passerò alle vie di fatto. Ossia la strage di gelosia, e l’uomo e il cane. Al confronto con gli effetti della mia ira furibonda quello che fece il marchese Camillo Casati Stampa nell’agosto 1970, uccidere a colpi di fucile la moglie Anna Fallarino e il suo giovane amante, apparirà come un episodio di cronaca minore.
Perché i fatti sono nudi e chiari.Per la mia setter inglese Bibi(le iniziali di Brigitte Bardot) di un anno e mezzo io rappresento la continuità ma anche la noia del matrimonio, e laddove Enrico
è per lei lo sfrenarsi della fantasia,i sensi che gridano, la testa che se ne va in frantumi. Io sono per lei una sorta di marito, sicuro e relativamente affidabile ma in fondo prevedibile;Enrico per lei è la tentazione, l’avventura, la trasgressione. Al fondo c’è che io per lei non ho glamour, esattamente come deve essere per unadonna che s’è stufata del proprio marito e si infiamma
per quello o quell’altro giovanotto che intravede da qualche parte Assieme narcisissima e comodista, Bibi non ci sputa affatto sulle comodità della nostra vita coniugale. A lei piace la chaiselongue di Le Corbusier che sta da 40 anni nel mio studio e dalla quale lei mi ha espropriato, costringendomi a leggere seduto su una sedia scomodissima. A lei piace il divano della stanza di Michela,dove guardano assieme “Beautiful”, l’unica trasmissione televisiva che piaccia a Bibi. È difficileche lei trovi altri padroni che quanto noi le facciano fare tutto quello che vuole sul letto della camera da letto, che ormai lei considera specificamentesuo. E quanto ai suoi due pasti giornalieri, le vengono somministrati con grande puntualità e tutto cibo di prima scelta calibrato per la sua razza e per la sua età.
Bibi su tutto questo non sputa, come avviene per così tante donne che si strapazzano con l’amante epperò restano in casa a godere i vantaggi dell’azienda-matrimonio. E l’amante per Bibi
è Enrico. Un po’, e per il fatto che Enrico è il più caro amico mio e di Michela, lei lo considera giustamente uno di famiglia, semmai della famiglia un tantino allargata. Da come entra e si muove in casa nostra, lei pensa che Enrico è dei “nostri”, niente a che vedere con un estraneo. Ma non è questo il punto fondamentale della sua attrazione per lui. C’è che Enrico ha una sorta di autorevolezza affettuosa nei suoi confronti, ciò di cui Bibi va pazza.
L’altra sera a cena, non so quale discoleria aveva fatto Bibi ed ecco che Enrico le ha appioppato due o tre buffetti sulle guance. Lei era in visibilio.
D’essere colpita epperò affettuosamente le andava a meraviglia. Io che non sono capace di sfiorarla neppure con un dito, ebbene lei non mi prende sul serio. Quando la rimprovero, mi guarda con
l’aria di chi se ne infischia bellamente. E invece se Enrico le dà una voce, lei subito si raggomitola e si flette per poi subito cominciare le sue smancerie.
Le cene a casa nostra diventano per me un supplizio di Tantalo. Bibi che se ne strainfischia di me, va da Enrico, fa di tutto per salirgli in grembo,gli si spaparanza sopra e comincia a leccarlo in faccia con aria adorante. Per tutta la sera. Incessantemente.Per me un ludibrio e un disonore.Quando poi la serata sfinisce e arriva il tempo del congedo ed Enrico prende il suo cappotto e ci
saluta, Bibi riassume un’aria decente. Per lei è finito il tempo dell’amante e ritornano in vigore le leggi della casa dove lei sta alla maniera di una che abbia vinto il Superenalotto. Saluta garbatamente Enrico e per il resto torna ad assicurarsi il suo territorio, le sue comodità, i suoi capricci ad appagare i quali io e Michela le facciamo da badanti.
Troia. Io l’ammazzo.

a  voi  , soprattutto donne ogni ulteriore  commento i merito  e  la risposta

22.12.10

-3 la 'atmosfera dele decorazioni ha preso anche me

Lo so che  mi ero ripromesso,come ho già accennato   nel corso  dei post  natalizi ed  in particolare  questo che  è quello  che dovrebbe riassumere la mia guida,  che quest'anno non avrei fatto decorazioni  . Ma  poi , come potete  notare  dalle mie  foto ( in cui in una sono presente )  fatte al nostro mini alberello,ho cambiato, anzi  abbiamo cambiato idea . 
A cosa  è dovuto tale cambiamento   ?  bella  domanda 
Non è  solo il fatto che sono una contraddizione  vivente  . Ma  è anche la  classica  atmosfera natalizia  che  prende  e colpisce  le persone . Io  ho rinunciato  a capire perchè   e a  farmi delle domande  sul perchè  (  forse lo capirò  quando sarò in punto di morte  :-) )  avvenga  in alcuni sempre  in altri  una volta  all'anno  . L'unica risposta  che mi do e che anche  regge  e che   ci sono  cose  che , se  anche  non si vedono , quando serve,sanno come dimostrare la loro esistenza.
Sotto le altre due  



scattate qualche  giorno prima senza  regali nè  per  gli amici   nè  per i miei  che  ho appena messo  l'ultimo poco fa


Nun te piace, 'o presepe?...


Mica vero che "non fa male a nessuno". Anzi, nuoce gravemente alla salute. Chi? Meglio domandare "cosa", ma in verità è proprio quel "chi" a disturbare. Il presepe fa male. E, dietro e dentro di lui, la statuina di quel bimbo seminudo. Ciò ch'essa simboleggia.

Il presepe realizzato dagli allievi del liceo artistico "De Nicola" di Sesto San Giovanni (Milano), frequentato da giovani di diverse confessioni. In basso: la "crèche des santons" a Mentone (Francia).

Il collegio docenti della scuola materna di via Forze Armate, a Milano, aveva infatti stabilito di celebrare un Natale senza Natività. Via stelle comete, grotte o capanne, pastori e pecorelle, San Giuseppe, Madonne e quel povero cristo di Gesù Bambino. Al loro posto renne dal naso rosso, Babbi Natale paffuti e gaudenti, canti e cori inneggianti alla festa, ma, per carità, senza il minimo accenno alla religione. Per rispetto dei bambini, si capisce. Perché l'asilo di via Forze Armate è multietnico e multireligioso. Perché una festa cristiana scandalizzerebbe ed emarginerebbe i piccoli musulmani, indù, buddisti frequentatori di quell'istituto.

E pensare che, per anni, questi difensori a oltranza della pluriconfessionalità avevano bellamente irriso il Natale - e coloro che lo celebravano come zotici e ignoranti - non mancando mai di puntualizzare che in origine si trattava di tutto, tranne che di "festa cristiana". Era nient'altro che la festa del Sol Invictus, nella quale si annunciava il solstizio d'inverno e ci si scambiavano doni e si preparavano ricchi banchetti, che talora sconfinavano in orge. Più di recente, i divulgatori hanno trovato legami col culto tardoantico del dio Mitra e antiche celebrazioni egizie e mesopotamiche (cui potremmo aggiungere, per le analogie con l'uomo-dio, il Poema di Gilgamesh). Non si trattava tanto d'informare, quanto di screditare il 25 dicembre cristianizzato in nome di un'oggettiva e rispettosa laicità.

Peccato che oggi, la stragrande maggioranza dei cristiani grandi e piccini sia perfettamente a conoscenza di tutto ciò, per averlo appreso proprio a scuola; e persino un Papa, Giovanni Paolo II, ha riconosciuto senza alcun problema l'origine extracristiana del Natale. I fenomeni d'inculturazione, le maestre di Forze Armate dovrebbero saperlo, costituiscono l'ossatura delle civiltà, recuperano, fondano, rimescolano culture antiche, perdute, ritrovate, e ne ricavano un nuovo capolavoro, una serendipity di creatività. Una rinascita, ecco; un "far nuove le cose antiche", come appunto recita il Vangelo (che, non casualmente, significa "buona novella").

Le religioni, e il cristianesimo in particolare, non appartengono alle sfere celesti. Sono parti umani, storici, esattamente come non mancano mai di sottolineare i razionalisti dello "spiritually correct". Il cristianesimo è terrigno; lo ripete continuamente san Paolo: la vita è qui, adesso, e ciò che di noi resterà non sarà la fede né la speranza, bensì l'amore; quello gratuito, che non attende ricompensa, e che i greci chiamano carità. La relazione con l'altro. Con l'uomo. E' una terra, è addirittura un parto: una nascita. Fisica. Totale. Al punto di trasumanarsi. E' il dono che segna la insanabile differenza con la concezione dei summenzionati razionalisti.

L'irripetibilità del Natale cristiano non coincide con l'unicità dell'evento storico nudo e crudo. Ma col suo significato. Il dio bambino esiste in moltissime culture. Il dio bambino straniero, minuscolo e affondato nelle carovane delle quotidiane esistenze, invece no.

E solo i bambini possono comprenderlo compiutamente. Perché non si pongono domande. Non ne hanno bisogno. I bambini sono orizzontali e circolari. Percepiscono. Sono privi di voce. Ma non desiderano che qualcuno parli per loro, ne interpreti e ne immeschinisca gl'irrinunciabili sogni. Hanno fame di felicità assoluta. Sono già leopardiani, ma senza disperazione. Il Natale "cristiano", quindi, non li disturba. Non disturba i piccoli musulmani, che rispettano e venerano il profeta Gesù (accompagnando il suo nome con la formula "su di lui la pace di Allah", mentre qui da noi, non di rado, udiamo governanti "cattolici" infiorare le loro barzellette con allegre bestemmie). Non disturba i giovani indù, così come non disturbava Gandhi, che "sarebbe stato cristiano, se i cristiani lo fossero stati due volte al giorno". Non disturba i buddisti, i quali nutrono profondo rispetto per quel maestro religioso ebreo. Non disturba, Gesù, perché è come loro, tra loro. Un bambino. Ma i bambini possono terrorizzare i potenti della Terra. Gli Erode, quelli sì, sono turbati. I vecchi. Coloro che si volgono indietro nei loro pensieri cristallizzati. Coloro che "roba mia, vientene con me". Coloro che invidiano il fanciullo che non possiede niente, ma che li soppianta nella corsa verso un domani rivoluzionato e inquieto. E che gode, ed è beato, per il solo fatto di esistere, come gli uccelli e i cani.

Le maestre avevano pensato "per il loro bene". I buoni consigli. Di cui è lastricata la strada per l'inferno. E così, invece di cogliere l'occasione per illustrare parallelismi culturali, magari ricordando quel Francesco d'Assisi cui si deve l'invenzione del presepe e che, in tempi di Crociate, stabilì un legame d'amicizia col sultano islamico, le maestre di Forze Armate non avevano offerto ai loro alunni altra alternativa che un'infiocchettata paccottiglia da soap americana, con un pingue e rubizzo signore a dispensare i simboli di quel consumismo pacchiano e limaccioso da esse più volte denunciato.

Ho usato il passato perché, nel frattempo, pare abbiano desistito dal proposito. A causa delle proteste dei genitori e degli educatori. Anche non cristiani, certo. Ovviamente. Fanciulli, proprio perché naturalmente terrestri, non stancatevi d'incarnarvi nel seno di qualche donna, cristiana, shintoista o atea. Proprio perché naturalmente terrestri, potete aspirare al cielo. Nascete. Siate nuovi. E lasciate che i morti seppelliscano i loro morti.



21.12.10

Addio Enzo Bearzot, Ct 'Mundial' spagna 1982



Aveva 83 anni. Stabilì record panchine in Nazionale

Leggendario ct della Nazionale campione del Mondo in Spagna nel 1982,Enzo Bear- zot è morto a Milano. Era gravemente malato da diversi anni. Da calciatore fu all'Inter e al Torino. Poi arrivò, dal 1975 al 1986, alla guida della Nazionale. Ai suoi primi Mondiali, Argentina '78, conquistò un quarto posto che lasciò qualche rammarico, poi il trionfo in Spagna.
L'ex ct azzurro campione del mondo aveva 83 anni. Paolo Rossi: 'Per me era come un padre.  le  foto  sono tratte  dalla  galleria  de televideo della ( che  era un tempo  )  rai 










 

Il suo naso, da boxeur, e la pipa, perennemente accesa, hanno fatto la felicità dei vignettisti per anni. Erano i segni distintivi di Enzo Bearzot, scomparso oggi ad 83 anni. Detto il 'Vecio', come si fa per tutti i friulani doc (era nato ad Aiello del Friuli il 26 settembre '27), anche per quelli che vecchi non sono. Ed in effetti lui non lo e' stato mai, in questo aiutato dalla passione del calcio, che lo aveva preso da ragazzino, quando in un collegio di Gorizia dormiva con la foto di Campetelli, centromediano dell'Inter, sotto il cuscino. E non era taciturno, né introverso - come sostenevano i suoi denigratori -, soltanto non gli piaceva sprecare le parole. Fosse stato come lo dipingevano, non avrebbe mai creato il gruppo che conquistò il terzo titolo mondiale del calcio italiano nel 1982 in Spagna.
Un gruppo che non si è mai sciolto,neanche quandoqualcuno si è allontanato dal pallone (come Paolo Rossi), oppure oppure è stato prematuramente rapito dalla morte (come Scirea).               
Un gruppo che ha mantenuto i contatti con l'uomo che l'ha plasmato e che continuerà a considerarlo vivo. Un legame veramente speciale quello che legava gli azzurri a Enzo Bearzot, riconoscenti perché prima di condurli al traguardo più importante della loro carriera, aveva saputo difenderli da critiche feroci. E li aveva sostenuti quando decisero quel clamoroso e innovativo silenzio stampa che anche oggi, di tanto in tanto, viene imitato da questa o quella squadra di club. Portavoce era Dino Zoff, altro friulano di poche parole, che Bearzot considerava il suo terzo figlio, e che un giorno si sarebbe seduto sulla panchina azzurra con minor fortuna.
Nel dicembre del 2000 il gruppo si strinse ancora una volta intorno a Bearzot, che presentava (con l'autore Gigi Garanzini) il libro biografico, 'Il romanzo del vecio'. In quella serata il tecnico sorprese i suoi vecchi allievi rivelando che il calcio non gli mancava, pur amandolo, perché "sentivo di non appartenervi più ".  C'era amarezza nelle sue parole, un po' di malinconia, forse stimolata dalle note del jazz (questa musica era la sua seconda passione dopo il football).
Quella sera Bearzot parlava del calcio al passato remoto, come di una storia finita tanto tempo prima. Ma dopo poco più di un anno - a gennaio del 2002 -, mettendo fine a un distacco ventennale, Bearzot aveva accettato con rinnovato entusiasmo l'invito della Federcalcio ad assumere la responsabilità di presidente del settore tecnico della Figc. In quell'occasione Claudio Gentile, uno del gruppo, allora tecnico della Under 21, ricordando il bel gioco espresso dalla nazionale nei mondiali del '78 (Argentina, azzurri quarti) e dell''82, lo definì il miglior ct azzurro dopo Pozzo (morto come lui il 21 dicembre, del 1968), sostenendo che "Enzo Bearzot non deve restare lontano dal calcio, perché il calcio è il suo mondo". E lui: "Sono contento perché l'indicazione viene dal mio mondo".
La sua avventura nel calcio era cominciata come giocatore: dalla Pro Gorizia, era passato, ventenne, all'Inter, poi al Catania, poi all'Inter nuovamente, ed aveva terminato la carriera al Torino. Era un difensore grintoso ma corretto, non privo di tecnica. Delle sue esperienze di calciatore seppe far tesoro alla guida della nazionale, riuscendo ad utilizzare al meglio i giocatori che sceglieva, incurante dei suggerimenti e delle critiche della stampa, anche quando i risultati non gli davano ragione. Fautore del 'primo non prenderle' non fu mai catenacciaro.
Fu maestro invece nell'esaltare l'arte del contropiede con cui nell'82, nel Mundial, di Spagna schiantò una dopo l'altra Argentina, Brasile e Germania. Indimenticabili le imprese dei terzini-ala Cabrini e Gentile, delle ali a tutto campo Conti-Graziani, di Tardelli, giocatore universale, di Zoff portiere-saracinesca, di Paolo Rossi guizzante, imprendibile opportunista sotto rete, di Scirea, direttore d'orchestra di un gioco che a tratti ricordava il free-jazz per la sua imprevedibilità. Paradossalmente, però, quattro anni dopo, l'attaccamento al gruppo, e la conseguente incapacità a rinnovare, fu fatale a Enzo Bearzot. Al cospetto di risultati negativi (mancata qualificazione agli Europei '84, eliminazione negli ottavi del mondiale messicano '86), attaccato dalla critica e di fronte all'ostilità del vertice federale, preferì lasciare anziché rinunciare alle sue convinzioni. Ma nella storia del calcio, e non solo, rimarranno sempre le immagini delle imprese precedenti. L'urlo e la corsa pazza di Tardelli, dopo il gol alla Germania.
E quel giovane Vecio, dal naso di boxeur e dalla pipa eternamente accesa, che sull'aereo degli eroi di Madrid, gioca a briscola con Causio, Zoff e il presidente della Repubblica Pertini, un altro celebre appassionato della pipa, un altro Vecio che, come lui, non invecchiò mai.


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- 4 Cena di Natale, bastano 11 euro a testa

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"Non occorre farsi spennare per fare un discreto cenone di natale a casa. L'idea che per l'occasione occorra spendere un mucchio di soldi È quanto dichiara Primo Mastrantoni, segretario di Aduc (associazione per i diritti degli utenti e consumatori).
"Abbiamo fatto un po' di conteggi- continua Mastrantoni- rilevando i prezzi nei supermercati romani (presi come media nazionale) e usufruendo delle offerte. Il costo e' di circa undici euro a testa con antipasto, primo, secondo, contorno, pane, dolce, frutta, vino e spumante". Vediamo:

- alici (50 grammi): 0,3 euro;
- cappelletti al prosciutto (50 grammi): 0,5 euro;
- tacchino (100 grammi): 0,4 euro;
- patate (50 grammi): 0,05 euro;
- panettone (50 grammi): 0,1 euro;
- mandarini (50 grammi): 0,05 euro;
- pane (50 grammi): 0,1 euro;
- condimenti: 3 euro;
- vino chianti (375 ml): 3,2 euro;
- spumante (50 ml): 0,2 euro;
- acqua, luce, gas: 3 euro.

"Con poco meno di 11 euro si puo', quindi- conclude il segretario Aduc- fare un cenone di natale di discreta qualita' il che, rapportato al costo praticato dai ristoranti, da' l'idea del fiume di denaro che esce dalle tasche del consumatore, a nostro dire, inutilmente. Impossibile? Provare a fare la spesa".

  fonte  televideo rai 

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