11.10.24

Finché sono al mondo. sopravvissuti al bombardamento del 20 ottobre 1944 alla scuola Francesco Crispi nel quartiere Gorla di Milano, allora erano solo bambine e bambini. ricordano



fu a 20 anni che dopo aver letto che il 20 ottobre del 1944 cioè Ottanta anni fa la scuola elementare Francesco Crispi di Milano veniva colpita da una bomba americana. Un errore che provocò la morte di almeno 184 bambini e 20 tra maestre e bidelli: è la strage di Gorla, un pezzo di storia a lungo dimenticato. Con Silvia Nucini abbiamo incontrato i sopravvissuti che per tutta la vita hanno voluto ricordare i loro compagni mai diventati grandi. È nato “Finché sono al mondo” un documentario sulle conseguenze infinite della guerra nella vita delle persone che passai dal belliccismo al pacifismo e alla non violenza



                 dalla  Newsletters    di Mario calabresi 



Quanto può durare il trauma di un bombardamento, per quanti giorni, mesi, anni possono continuare a riaffiorare paure, incubi e dolore? La risposta è semplice e terribile: per tutta la vita. Me lo hanno raccontato Graziella, Maria Luisa, Giuditta, Antonietta, Elena, Giuliano e Sergio sopravvissuti ottant’anni fa alla bomba che centrò il tetto della loro scuola elementare, si infilò nella tromba delle scale e scoppiò di fronte alle cantine dove si erano rifugiati molti dei loro compagni.


I sopravvissuti al bombardamento del 20 ottobre 1944 alla scuola Francesco Crispi nel quartiere Gorla di Milano, allora erano solo bambine e bambini. Insieme a Silvia Nucini abbiamo raccolto le loro testimonianze


Era il 20 ottobre 1944, una splendida giornata di sole, e quel giorno nella scuola Francesco Crispi del quartiere milanese di Gorla morirono 184 bambine e bambini e venti tra maestre e assistenti scolastici. Le bombe che fecero strage in tutta la zona (le vittime totali furono oltre 600) vennero sganciate da una formazione di bombardieri americani che aveva sbagliato rotta e non era riuscito a colpire gli stabilimenti della Breda di Sesto San Giovanni, dove si costruivano armamenti per l’esercito tedesco. Una volta mancato l’obiettivo gli aerei del 451esimo dovevano tornare alla base, che si trovava in Puglia; avrebbero dovuto scaricare gli ordigni sull’Adriatico o in campagna, invece lo fecero su quel quartiere fatto di piccole case, officine, negozi e botteghe artigiane. Un gesto ancora oggi incomprensibile e mai spiegato.
La strage di Gorla è una strage dimenticata, rimossa dalla memoria collettiva, l’Italia aveva bisogno di voltare pagina, di ricostruire e gli americani avevano il merito di averci liberato dal nazismo, così quella tragica macchia venne quasi cancellata.
A ricordare rimasero solo i genitori che avevano perso i figli e poi quei bambini che, per caso, per fortuna, per piccole coincidenze, si erano salvati. Lo hanno fatto con amore e con passione per tutti questi anni, ma con il grande cruccio di non essere riusciti a portare la loro storia e quella dei loro compagni fuori dai confini della città, di sapere che nel resto d’Italia, ma anche in molte parti di Milano, pochissimi la conoscono.

Il Monumento ai Piccolo Martiri di Gorla in piazza Piccoli Martiri a Milano


Esattamente un anno fa, insieme alla giornalista Silvia Nucini, abbiamo cominciato a cercare gli ultimi testimoni, li abbiamo incontrati, ascoltati, registrati e alla fine abbiamo deciso che questa storia meritasse di essere raccontata in un documentario. Insieme al regista Luca Quagliato li abbiamo intervistati a lungo e ne è nato un lavoro profondo e commovente, intitolato “Finché sono al mondo”, che verrà trasmesso da Rai 3 la sera di sabato 19 ottobre.
Ognuno di loro ha condiviso i propri ricordi, le paure, gli incubi, le ferite che sono rimaste aperte per
molto tempo, ma anche il modo in cui ha saputo dare un senso alla sua vita mantenendo vivo il ricordo di quei bambini.
"Finché sono al mondo” è il documentario che ho realizzato insieme a Silvia Nucini, con la regia di Luca Quagliato. Prodotto da Be Water Film, in collaborazione con Rai documentari, realizzato da Enece Film. Sarà trasmesso su RAI 3 la sera del 19 ottobre e sarà disponibile su RAIPlay dal 20 ottobre.
Dei sette protagonisti del nostro documentario, oggi sono rimaste soltanto le cinque donne (Graziella Ghisalberti, Maria Luisa Rumi, Giuditta Trentarossi e Antonietta e Elena Lazzaroni), negli ultimi mesi ci hanno lasciato Giuliano Lazzaroni e Sergio Francescatti, gli ultimi sopravvissuti delle classi maschili della scuola di Gorla. A loro è dedicato il nostro lavoro.

Giuliano Lazzaroni


Sergio Francescatti


Alla fine di ogni intervista, ci fermavamo sempre a parlare “delle notizie del telegiornale sull’Ucraina o su Gaza”; loro scuotevano la testa di fronte all’insensatezza di tante morti di civili innocenti e ci ricordavano che le conseguenze restano per sempre nella testa e nel cuore di chi sopravvive.
Ci dicevano che ogni sera gli resta solo un gesto sconfortato, quello di spegnere la televisione. Ma proprio quell’insensatezza li spinge a continuare a raccontare finché saranno al mondo

10.10.24

«Mi rimanevano 3 anni da vivere a causa di un tumore terminale, ma una nuova passione mi ha rimesso al mondo»

 Un tumore terminale che le lasciava tre anni di vita: «Pensavo che la mia vita fosse finita», ricorda la giovane mamma con angoscia. Poi qualcosa è cambiato e una nuova passione le ha permesso di rinascere, di riprendere in mano il suo futuro e combattere per rimanere il più a lungo

possibile con la sua famiglia, per veder crescere i suoi figli e trovare la felicità, giorno dopo giorno. Ora Michelle sogna di diventare un'atleta e partecipare al triathlon, nonostante non sapesse né nuotare né andare in bici, e questo obiettivo le ha dato modo di esplorare una nuova prospettiva: «Il cancro non mi definisce».

Il viaggio di Michelle

Michelle Hughes aveva 34 anni quando, dopo la nascita del suo terzo figlio, è collassata in casa. Non ci è voluto molto per la diagnosi: numerosi tumori ai polmoni e 15 cisti al fegato. Inoperabili. I dottori le hanno detto che le rimanevano tre anni. La prima reazione è stata terribile: «Improvvisamente ho perso la vita che avevo immaginato per me e la mia famiglia». Poi un sogno l'ha fatta uscire dal tunnel e ha iniziato un percorso per diventare una triatleta, pur non essendosi mai dedicata né alla corsa né al nuoto. Eppure da allora ha preso parte a 12 eventi podistici, tra cui una mezza maratona. Ad agosto ha completato un mezzo triathlon - come riporta il DailyMail - ripercorrendo il tragitto dall'ospedale dove ha ricevuto la diagnosi fino alla sua casa estiva. Proprio quest'impresa è stata trasformata in un breve documentario. Sui social scrive: «Tenevo in braccio il mio bebè di tre settimane ed ero seduta accanto a mio marito quando l'oncologo ha detto che mi restavano cinque anni di vita, probabilmente tre. Le mie bambine avevano cinque e due anni all'epoca». La consapevolezza di non avere molto tempo a sua disposizione l'ha spinta a vivere il più intensamente possibile: «Non avevo capito, allora, che la mia vita era appena iniziata. Mi era stato fatto il dono di sapere che sarebbe stata più breve di quella di molti altri, e dovevo smettere di stare seduta ad aspettare la morte». Alla Michelle è stato diagnosticato un raro sarcoma chiamato emangioendotelioma epitelioide (EHE), che ha origine nelle cellule che rivestono i vasi sanguigni, più comune tra i giovani, gli adulti di mezza età e le donne.Oggi ha 37 anni, sono passati tre anni dalla diagnosi, e ha realizzato il suo sogno: «A tutti i miei compagni che lottano contro il cancro, ai ai sopravvissuti, ai vincitori e a quelli che il cancro ha rubato, lo faccio per voi. Per noi. Ora sono una triatleta».

il mondo all'incontrario è il fascioambasciatore ( Mario vattani ) che denuncia per aver fatto il suo lavoro un giornalista ( lorenzo Tosa)

 



Volete sapere cos’è davvero il mondo al contrario ? E bene, succede che un signore dichiaratamente fascista che non ha mai rinnegato il suo passato faccia l’ambasciatore per la Repubblica Italiana.Succede che un giornalista faccia il suo mestiere e informi i cittadini sul fatto che questo signore sia stato coinvolto in un controverso episodio di pestaggio da parte di un gruppo di estrema destra ai danni di militanti di sinistra, nel 1989, risolto con l’assoluzione ma anche un maxi-risarcimento in sede civile alle due vittime.Succede che l’ambasciatore, mai pentito per le sue idee, quereli e chieda ingenti danni al giornalista, reo di aver fatto il suo mestiere e di aver ricordato anche le sue passate “performance” musicali fascio-rock, sollevando ovvie ragioni di incompatibilità di carica, anche attraverso una petizione pubblica. I protagonisti di questa vicenda sono Mario Vattani, nel ruolo del fasciambasciatore, e Lorenzo Tosa, il coraggioso giornalista.Fra qualche giorno, in questo straordinario mondo al contrario che è diventata l’Italia, Tosa andrà a processo, citato in giudizio da Vattani. Un evidente tentativo di imbavagliare il giornalista. In realtà non mi stupisce, considerando che in questo preciso momento storico viene silenziato Scurati nella televisione pubblica e a Serena Bortone vengono comminati provvedimenti disciplinari, così come a Christian Raimo.È un tempo difficile per giornalisti e intellettuali con la schiena dritta. Ma il potere che prova a mettere il bavaglio ai giornalisti con le querele temerarie deve finirla.Sollevo quindi questo caso cercando di alzare un po’ l’attenzione sul lavoro di Tosa e sul tentativo di intimidirlo da parte del fasciambasciatore.

Manuale di autodifesa I consigli dell’esperto anti aggressione Antonio Bianco dal settimanale giallo 3 puntata

puntate  precedenti   
https://ulisse-compagnidistrada.blogspot.com/2024/09/manuale-di-autodifesa-i-consigli.html


 Ho  ricevuto molte  critiche    e    smail  sorridenti      al post  in  cui   avevo  riportato  le  prime  due  putate  di un corso  di  auto  difesa  .  Purtroppo  l'unica  risposta    è andare  avanti e continuare  .  Infatti   in mancanza   di  una politica  seria   che   combatte  tale  fenomeno  ormai divenuto emergenza , siamo purtroppo   al 3  femminicidio  in due setttmane ,  le elzioni  di autodifesa   proposte dal settmanale  gialllo   e    da me  riportate   sono  l'unico  mezzo  per  contrastare o  ridurre    tale  problematica  .

Ma  ora  basta  polemiche  veniamo  alla terza  puntata 

 LA VIOLENZA DI CHI VIVE VICINO  A NOI È QUELLA PIÙ DANNOSA 

Come vi abbiamo spiegato, i confini rappresentano i limiti che poniamo a noi stessi e agli altri. Non èsempre facile difenderli, soprattutto quando, per il rapporto che ci lega a una persona, abbiamo paura di offenderla. Potremmo sperimentare paura del rifiuto, timore del confronto con l’altro, che potrebbe  sfociare in un conflitto. Finiamo così per accettare situazioni che non ci fanno sentire a nostro agio. Ecco perché è importante porsi domande cruciali: vi capita di rispondere alle emergenze altrui come se fossero le vostre? Dite dei sì che non vorreste veramente dire? Condividete informazioni e fatti personali, senza riuscire a gestire l’invadenza, oppure rinunciate a priori a esprimere i vostri bisogni e a essere ascoltati? Se le vostre risposte sono affermative, è arrivato il momento di mettere a fuoco il vostro con!ne personale per cominciare a difenderlo. Prima di tutto ricordate che stabilire un confine non è “da maleducati”, perché può essere fatto in  modo rispettso. I vantaggi sono grandi: si  guadagna in sicurezza e benessere, si coltiva la sensazione di integrità personale e una più solida consapevolezza del proprio valore, che non va mai persa di vista. Migliora anche la qualità del rapporto, inoltre. Assecondando e  accontentando sempre l’altro, pensiamo erroneamente di non creare problemi e quindi  di rafforzare un’amicizia. Eppure non può far stare bene il fatto di sacri!care sistematicamente i propri bisogni personali per soddisfare quelli altrui. Ci si sente in balia degli altri e ci porta a provare rabbia, finendo alla lunga per logorare un rapporto invece di salvaguardarlo. Esplicitare i propri bisogni e i propri limiti favorisce invece l’instaurarsi di un rapporto franco, autentico, alla pari e basato sul rispetto reciproco. Fate caso a come vi sentite. Le emozioni negative sono sempre il campanello d’allarme di qualcosa che non va per il verso giusto. Rabbia, frustrazione, paura, abbattimento: se ci sono, vanno accolte per cercare di capire da cosa derivano. Ascoltate voi stessi, prima di qualunque altra cosa. 

 le  Le storie che trovate   su  Giallo  Cronaca  vera      oltre  sulle    cronache    dei giornali   e  telegiornali ,   e  sulle  trasmissioni  apposite     dedicate     ai  fatti  di cronaca  lo insegnano: non si 
reagisce a una rapina. Mai. Perché il rapinatore è al  95%  più abile e ancora più nervoso di voi. Quindi se vi fermano per chiedervi il portafogli o un gioiello, fate quello che vi chiedono e basta.E' quello che dic e  anche   Manuel Spadaccini maestroi di KMA  scuola  di  tecniche di difesa personale    ( un’eccellenza italiana per i corsi di Difesa Personale ed è stata scelta per integrare la formazione alla difesa personale nell’Arma dei Carabinieri, nella Polizia di Stato e in molte Polizie Locali.
E’ attiva inoltre nel training del personale impiegato nella protezione di diplomatici dell’ONU, Agenzie di Sicurezza private, Compagnie Aeree ed ovviamente forma anche civili. professionale  )  



È frustrante, sì, ma meglio arrabbiati che morti. La settimana scorsa ( ne ho parlato anch'io sul blog ) un
ragazzo ha difeso una giovane donna ed è morto. Non ne vale la pena: i soldi tornano, la vita no.

Trova due lattine di birra incustodite e le butta nel cestino del museo: erano un'opera d'arte contemporanea

L'arte contemporanea è fatta spesso di opere che hanno oggetti di uso comune come protagonisti, che siano presi dalla vita quotidiana oppure ricreati da zero. Tuttavia, è molto facile non riconoscere questo tipo di opere e scambiarle quindi per semplici oggetti abbandonati da qualcuno. Manca nonostante le
accademie , i liceali \ istituti d'arte , un educazione all'arte contemporanea Un è successo da poco che tecnico dell'ascensore in un museo, ad esempio, ha visto due lattine incustodite e senza pensarci due volte le ha gettate nella spazzatura.Ora, sull’accaduto si potrebbe anche sorridere se costituisse un unicum. Il guaio è che non è la prima volta che una cosa del genere succede nel mondo. Già: può accadere, ed è accaduto in vari luoghi, che allestisci una esposizione di arte contemporanea, ci porti le scolaresche, stampi i depliant e i cataloghi e i manifesti, dirami i comunicati stampa, la inauguri con buffet, inviti alle autorità e hostess. Poi, l’indomani, trovi che l’impresa di pulizie o   u custode  ha buttato via tutto o parte equivocando sul valore di quel che ha scambiato per semplici rifiuti. Secondo  i " puristi " non  riesco  a  biasimarli    e  li comprendo   in parte ,  di  la nuova bussola quotidiana :
<<  ....Un tempo, che un quadro era un quadro lo si vedeva almeno dalla cornice, e una scultura aveva il suo bravo piedestallo. Ora, con le cosiddette «installazioni», come fa un poveraccio di spazzino a capire che un preservativo usato, un topo morto, una cacca seccata, una rivista stracciata, un coperchio di water, un fil di ferro contorto, una gamba di manichino sbrecciata sono opere d’arte? .... prima dell’avvento della contemporaneità chiunque era in grado di leggere un’opera d’arte e fruirne. Dunque, l’arte era «democratica» quando non c’era la democrazia. L’evo contemporaneo ha fatto dell’arte una cosa elitaria, comprensibile solo a pochi. E spesso neanche a questi, dal momento che non è un mistero che ormai un artista debba tutto alle sue capacità di pubbliche relazioni. Un bel progresso. Consiglio per future esposizioni: a far le pulizie metteteci i critici d’arte, i soli che non possono sbagliare . >>
Infatti   è  notizia  di  questi  giorni     
È accaduto nel museo Lam di Lisse, in Olanda: le due lattine di birra, decorate minuziosamente e lievemente ammaccate ( vedere  foto   sopra   a   sinistra  )  per volere di chi le ha concepite, erano un'opera dal nome “All The Good Times We Spent Together”, dell'artista francese Alexandre Lavet.
 L'equivoco Dopo che i curatori del museo si sono accorti della mancanza dell'opera, si sono attivati per cercarla. Le lattine sono state trovate intatte in un cestino del museo e, dopo essere state controllate e lavate, sono state ricollocate al loro posto, ovvero dentro l'ascensore di vetro della struttura. La posizione scelta per quest'opera deve aver favorito l'equivoco nei confronti del tecnico, che può aver pensato che si trattasse di qualche rifiuto lasciato da qualcuno. La direttrice del museo Sietske van Zanten, ha ricordato che il tema della collezione Lam è “cibo e consumo”. L'arte esposta nelle sue sale incoraggia i visitatori a vedere gli oggetti di uso quotidiano da una nuova prospettiva, motivo per il quale le opere sono state esposte in luoghi inaspettati.

9.10.24

Diario di bordo n 81 anno II . lode ai 130 soldati israeliani che si sono rifiutati di combattere per proteggere gli ostaggi , il 7 ottobre non è solo il vigliacco atacco di hamas , cento anni della radio , in rai non sarebbe mai successo che Flavio Insinna dia al ministro Salvini una sottilissima bordata.

stavo iniziando questo  n  dellla rubrica ( strana 😁😲🤔✍🏼🎙🎵 coincidenza visto che uno dei post parlerà de 100 anni della radio ) e  quindi cambio   l'ordine dei post  d'apertura  . leggo  su  msn.it   che 130 soldati israeliani , a cui va tutto il mio appoggio e la mia solidarietà   anche  se  pur  critica  perchè l'hano  fatto  per  gli ostaggi  e  non per   la  pace ,  ma   è  già un  qualcosa anche  se  una  goccia  in mezzo  al mare   delle operazioni militari   , si sono

Gaza, 130 soldati israeliani si sono rifutati di combattere per salvaguardare gli ostaggi
Storia di agi
• 3 ora/e 



AGI - Si rifiutano di combattere a Gaza per non "sottoscrivere la condanna a morte" degli ostaggi ancora nelle mani di Hamas. Un gruppo di 130 soldati dell'esercito israeliano si sono opposti alla continuazione dei combattimenti nella Striscia poiché rappresentano una "sentenza capitale" per i 101 ostaggi ancora nell'enclave palestinese."E' chiaro che la continuazione della guerra a Gaza non solo ritarda il ritorno degli ostaggi ma mette anche in pericolo la loro vita" si legge in una lettera inviata alle autorita' israeliane "molti sono stati uccisi dai bombardamenti dell'Idf, molti di più di quelli che sono stati salvati nelle operazioni militari". "Noi, che abbiamo servito e continuiamo a servire con dedizione, rischiando la vita, annunciamo che se il governo non cambia immediatamente rotta e non si adopera per raggiungere un accordo per riportare a casa gli ostaggi, non saremo in grado di continuare a combattere", prosegue il testo. 

 Adesso veniamo a  quanto  programmato  .   Iniziamo con  una mia  riflessione  a  freddo    sul #7ottobre  

 
Manifestare (pacificamente) per la Palestina non significa negare l’atrocità ingiustificabile degli attacchi del 7 ottobre né essere filo-Hamas o non riconoscere l’enorme complessità di una questione in cui tutti a turno hanno sbagliato con vari gradi di colpe e di responsabilità. Infatti    ciascuno dei  protagonisti  in causa :  Dall'impero  turco\ottomano al Mandato britannico della Palestina, detto anche Palestina mandataria (in inglese Mandatory Palestine; in arabo الانتداب البريطاني على فلسطين?Filasṭīn al-Intidābiyah; in ebraico המנדט הבריטי על פלשתינה (א״י)?haMandát haBríti ʿal Palestína (E.Y.), dove "E.Y." significa Erétz Yisra'él) o semplicemente Palestina  1917\1920-1948  dall'Onu  ,  dagli Arabi   ,  dagli Israeliani e  dai Palestinesi  ha   commesso  come  dicevo  prima   degli errori  e  delle atrocità  .  Significa non piegarsi all’unica e sola voce martellante e a media unificati che dal 7 ottobre scorso ci vuole convincere che Israele ha “diritto di difendersi” con qualsiasi forma e mezzo.Significa ricordare ai sordi e agli indifferenti che dal 7 ottobre scorso, in nome del diritto alla difesa e con la scusa di Hamas, il criminale di guerra Netanyahu ha provocato e s ta  provocando  la morte di oltre 40mila civili innocenti, tra cui un numero incalcolabile di donne e bambini, per la sola colpa di essere nati.Significa rivendicare il diritto e il DOVERE di chiamare le cose col loro nome: e questo si chiama genocidio.Significa distinguere chiaramente la maggioranza silenziosa di israeliani che chiede solo pace, due popoli e due Stati e l combatte  ’oligarchia politica, militare e mediatica di Netanyahu.  e  vuole  vivere  e  coesistere  gli uni  con gli altri  


Domenica 6 ottobre, Pescara per la Palestina.
Foto di Piero Rovigatti
«Siamo qui nella fede che ci sarà la possibilità di costruire una Terra Santa migliore, un Israele, una Palestina in cui si può vivere in pace e nella mutua accoglienza. Certamente non sarà facile e ci vorrà tanto tanto sforzo ma è l’unica vera soluzione possibile.
E i segnali ci 
sono, piccoli, nascosti… La continua amicizia tra individui e gruppi israeliani e palestinesi, la lotta non violenta dei rabbini per i diritti umani che sostengono e accompagnano famiglie e villaggi beduini minacciati, il rifiuto alle armi di alcuni giovani israeliani che preferiscono la prigione all’uccisione, l’impegno delle chiese cristiane nel dialogo con ebrei e mussulmani…»
da La forza del popolo di Gaza - Comune-info di (Giovanna Sguazza, missionaria comboniana)



Significa scegliere di difendere e sostenere la parte in causa in assoluto più debole, abbandonata, dimenticata, sradicata, deumanizzata e perseguitata della Terra negli ultimi decenni. Che non è né Israele né Hamas. È la popolazione civile palestinese di Gaza.Questo non vuol dire né odiare Israele e meno che mai - con quel ricatto insopportabile che prima o poi esce fuori - essere antisemiti.Significa solo essere, e possibilmente restare, umani. E mi aspetto, anzi pretendo, che una sinistra (  ed  eventualmente  anche se ci credo poco )  degna di questo nome abbia ancora la forza, la capacità e la credibilità per urlarlo anche in piazza, civilmente e a testa alta. Senza paura.Questo post, come tutti quelli che parlano di Israele e Palestina, avrà una portata organica prossima allo 0 virgola.Se volete, possiamo diffonderlo maggiormente condividendolo, col potere del passaparola, e questo vale per tutti i contenuti sul tema prodotti da chiunque, non importa quanto la pagina sia seguita.

......

In questi   giorni   ricorrono   i   100  anni dellaradio  . A  differenza dei rispett a vari bla.. bla ... bla che sentiamo in tv o sui giornali non saprei cosa dire lascio che a parlare per me ed a testimoniare di come la radio nonostante i. cambiamenti epocali a ci essa a dato origine e partecipato sia ancora viva ed infliuisca sulle nostre vite e creazioni , sono ( io ne ho trovato solo tre magari ci saranno altre , se le avete segnalatemele nei commenti o qui sulle appendici social )







il film radio freccia 


e l'albetto voci dall'incubo allegato al n 457 di dylan l'anteprima contemporanea di Prix Italia speciale Dylan Dog alla Radio: Voci dall'Incubo Un evento di pura sperimentazione multimediale e



multipiattaforma, ideato e scritto da Armando Traverso e realizzato in collaborazione con Sergio Bonelli Editorie, Rai Radio e RaiPlay Sound che andrà in onda il 12 ottobre
A vestire i panni dell'indagatore dell'incubo Lino Guanciale, che insieme ad un eccezionale cast di doppiatori propone un medley delle sceneggiature a fumetti più iconiche di Dylan Dog : Grand Guinol e Ghost hotel firmate da Tiziano Sclavi, riadattate per l'occasione.  IL  che  dimostra      che la  radio  ha  ancora     la  si  ascolti in  internet   \  cellulare , dalla macchina  ,  dalla  tv ,  dallo  stereo   ,  radio   è  un mezzo  che   lascia  molt  o spazio all'immaginazione   e  alla   fantasia e     ti  fare  certi viaggi con la mente   più  che    le  droghe   ed i paradisi artificiali   oltre che  di denuncia  politico sociale 
 da : Radio Sardegna che   fu  la prima radio libera in Italia dopo venti anni di dittatura.
Nacque a Bortigali nel 1943 ed è stata la prima radio al mondo ad annunciare, da Cagliari il 7 maggio 1945, la fine della guerra in Europa. radicalle  radio   dei  movimenti   e  delle  battagli e  civili     degli  anni  60\80  (    radio alice del  movimento  del 77  ,radio out di peppino impastato , radio sherwood  dei   centri sociali  del nord  est  ,  radio   gap   del movimento  no  global  genova2001 ,   radio radicale  , ecc  )   e   tutte le  altre radio  private   e  locali    


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Ieri sera Flavio Insinna ci ha regalato una piccola perla delle sue, dando al ministro Salvini una sottilissima bordata.Rivolgendosi scherzosamente a un giovane concorrente, ha detto:“Loro fanno dei lavori veri. Tu, invece, Manuel, sei un tiktoker… Fai video su TikTok?”“Esatto”.“E da
grande vuoi fare il ministro? Che poi vai in giro a fare i tiktok con i salami.”
Uno scherzo, ma neanche troppo.Immaginatevi solo cosa sarebbe successo se Insinna avesse detto un quarto di tutto ciò in Rai: denunce, post, interrogazioni parlamentari In fondo, è anche la ragione per cui uno come Insinna piaccia o non mi piaccia ( a me per esempio non piace granchè ) , uno con un pensiero proprio e uno spirito critico, in questa Rai non c’è e non ci sarà mai. Un po' pessimista ma purtroppo al di là delle commento ideologico del Tosa è vero conoscendo la storia dei 70 anni della Rai e del suo asservimento e lottizazione ai partiti governativi prima e poi ai vari presidenti del consiglio dopo la fine della prima repubblica

8.10.24

CUORE DI GRAFITE di angela melis .

 


Condivido con voi un piccolo esercizio di scrittura della mia amica angela melis https://www.facebook.com/angelamelis87/ Buona lettura e trattate bene le vostre matite
😁✍🏻✏️❤️

Sono caduta per terra a causa di un suo momento di distrazione. L'impatto col pavimento è stato così violento che il mio cuore di grafite si è spezzato in due. Ha dovuto temperarmi fino al punto della rottura: con la testa appuntita sono pronta, qualora ne sentisse la necessità, di essere sfregata nuovamente sul foglio.Solcherò nuovamente il foglio bianco per tracciare le onde dei suoi pensieri, ma da oggi non sarò più la stessa: adesso sono più corta e fragile e il mio cambiamento provocherà un mutamento anche in lei. Se prima stringeva il mio corpo legnoso con i polpastrelli del pollice e dell'indice, adesso le sue dita, più tese e nervose, cingeranno la mia testa con più forza. Sentirò il calore del suo palmo, sta arrivando la fine della mia esistenza.Quando la mia testa è a lavoro, non sono in grado di leggere le parole che intreccia nel foglio, ma riesco a captarne il senso dalla pressione che lei esercita sul mio corpo legnoso quando scrive sul suo diario. Quando la pressione è leggera, so che lei è felice; se è nervosa, calca la mano e la mia testa affonda sul foglio; quando invece è particolarmente ispirata, la mia grafite si consuma piuttosto velocemente. Quando realizza le lettere rotonde, io mi sento così felice che, se potessi, colorerei tutte quelle rotondità per farle sembrare le caramelle che è solita mangiare.Non sono in grado di agire autonomamente, vivo in funzione dei suoi pensieri e delle sue azioni. Il mio destino è breve, ma la mia grafite sarà eterna tra le pagine del suo diario.
Angela

L’incidente nel 2020 e le vite parallele di due amiche inseparabili giulia muscariello perse la gamba per salvare chiara MEMOLI si laureano insieme assieme 4 anni dopo

CORRIERE  DELLA SERA     8\10\204  

Giulia e Chiara, legate da un filo che non si potrà mai spezzare. A quattro anni dal brutto incidente in cui la prima perse la gamba per salvare l’amica, si sono laureate insieme. Giulia in Lettere moderne a  Salerno, Chiara in Ingegneria di Giusi Fasano biomedica a Torino. Ma c’è di più. C’è che Chiara ha scelto Ingegneria biomedica sognando di poter sostenere e aiutare la sua amica con le protesi. «Dopo il fatto dell’incidente — dice — ho cominciato a vedere, proprio osservando Giulia, che cose fantastiche poteva fare un ingegnere in quest’ambito. E quindi è grazie a lei che mi sono avvicinata a questo mondo e ho scelto questo corso di laurea. Ora mi sono iscritta alla magistrale in Strumentazione biomedica che si occupa, fra le altre cose, di progettare le componenti elettroniche dei singoli strumenti oppure dei sensori e dei collegamenti all'app come quelli che usa Giulia per la sua gamba». L’incidente? «Non ne parliamo quasi più», giura Chiara. «Anche perché non c’è più niente da dire. È andata così. Ogni tanto torna tutto a gallai sono destini legati con un filo così spesso che niente potrà mai spezzare. Giulia e Chiara sanno che per loro è così, è sempre stato così. Hanno imparato a camminare assieme, hanno giocato assieme, hanno studiato assieme, sono finite assieme nella stessa disgrazia e adesso, manco a dirlo, si sono laureate praticamente assieme, a pochi giorni l’una dall’altra. Laurea triennale: Giulia in Lettere moderne a Salerno, Chiara in Ingegneria biomedica a Torino. Giulia è Giulia Muscariello, quella ragazza dai lunghi capelli chiari che oggi ha 22 anni e che abbiamo imparato a conoscere quando ne aveva appena compiuti 18. Nella notte fra il 30 e il 31 luglio del 2020 era seduta su un muretto accanto alla sua amica diciassettenne Chiara Memoli, a Cava de’ Tirreni, Salerno. Chiacchieravano quando il rombo di un’auto irruppe sulla scena e in pochi istanti diventò più forte delle loro voci. Giulia capì al volo che quell’auto non avrebbe frenato, diede uno spintone a Chiara per evitare l’impatto ma non fece in tempo a mettere in salvo se stessa. Si svegliò in ospedale con la gamba sinistra amputata all’altezza della coscia e quello fu il giorno zero da cui ripartire. Con Chiara al suo fianco, come sempre. L’amica avviò per le sue cure una raccolta fondi, la storia della loro amicizia e del gesto di generosità di Giulia arrivò al Quirinale, dove Sergio Mattarella la nominò Alfiere della Repubblica. Una favola fatta di un’amicizia che non è stata scalfita nemmeno un po’ dalla distanza dettata dalle scelte universitarie. E così, eccole, Giulia e Chiara in prima fila a celebrare l’una la laurea dell’altra. 



Ma c’è di più. C’è che Chiara ha scelto Ingegneria biomedica sognando di poter sostenere e aiutare la sua amica con le protesi. «Dopo il fatto dell’incidente — dice — ho cominciato a vedere, proprio osservando Giulia, che cose fantastiche poteva fare un ingegniere in quest’ambito. E quindi è grazie a lei che mi sono avvicinata a questo mondo e ho scelto questo corso di laurea. Ora mi sono iscritta alla magistrale in Strumentazione biomedica che si occupa, fra le altre cose, di progettare le componenti elettroniche dei singoli strumenti oppure dei sensori e dei collegamenti all' app come quelli che usa Giulia per la sua gamba». L’incidente? «Non ne parliamo quasi più», giura Chiara. «Anche perché non c’è più niente da dire. È andata così. Ogni tanto torna tutto a galla quando magari lei è preoccupata o indecisa per qualcosa. Le dico sempre: sei stata capace di superare quel che ti è successo, non ti farai spaventare da una piccola scelta! Lei è davvero speciale. Il giorno della sua laurea io c’ero e alla fine l’ho abbracciata e ho pianto come forse non avevo mai fatto da quella sera tragica. Ho metabolizzato tutto, finalmente». Con il suo 110 e lode in tasca, Giulia ha cominciato la magistrale alla Sapienza di Roma in Filologia, e se deve immaginare un futuro felice si vede dietro una cattedra universitaria a insegnare. Lei, che è da sempre innamorata delle parole, dice che la sua preferita l’ha presa in prestito dal greco: ananthèo, rifiorire. Proprio quel che ha fatto in questi quattro anni, nonostante le difficoltà dei primi mesi post incidente e la morte di sua madre alla quale ha dedicato la tesi in Letteratura latina sul mito di Narciso. «Mai avrei immaginato di riuscire a vivere da sola in una grande città», confessa ripensando alla Giulia spaventata e disperata dell’estate 2020. «E invece ora so che posso farcela. Sono autonoma, guido, ho trovato casa, ho molti amici. Avere persone vicine che ti aiutano è una cosa bellissima, ma avevo bisogno di capire se potevo cavarmela da sola e adesso so che la risposta è sì». L’ostacolo più grande? «Mostrarmi, soprattutto al mare. Ho fatto fatica a superare questo passaggio ma alla fine ho capito che dovevo trasformare quel punto debole in un punto di forza e sa che ho fatto?». Che cosa? «Ho cercato di rendere più belle le mie protesi. Quella da mare adesso è rosa brillantinata, quella da tutti i giorni è dorata».

7.10.24

Colazione liquida, pasti saltati per dimagrire e vestiti con taglie da bambina: TikTok banna l'influencer dei consigli pericolosi

 


Influencer 22enne bandita da TikTok per i suoi pericolosi consigli sulla perdita di peso: «In un mondo in cui puoi essere qualsiasi cosa, sii magra» Influencer 22enne bandita da TikTok per i suoi pericolosi

consigli sulla perdita di peso: «In un mondo in cui puoi essere qualsiasi cosa, sii magra» «In un mondo in cui puoi essere qualsiasi cosa, sii magra», questo si legge nella didascalia di una influencer 22enne sul proprio profilo social. Una lunga serie di consigli per perdere peso, incentivando abitudini alimentari disordinate, acquisti nella sezione per bambini e colazioni liquide da «ragazze magre». Dopo essere stata bannata una volta dalla piattaforma di TikTok, la ragazza è tornata con un nuovo profilo a promuovere dei messaggi potenzialmente rischiosi, soprattutto tra gli utenti più giovani. I consigli Sponsorizza uno stile di vita magro e, per lei, salutare. Posta i suoi allenamenti, i pasti e le taglie dei vestiti. Sulla sua pagina personale mostra cosa fare per diventare come lei. Beve frullati proteici, miscele di bevande elettrolitiche e condivide le calorie di ogni cosa da lei ingerita durante un giorno: «Tutti si chiedono come facciano le ragazze magre a esserlo. Ho provato a dirvi come fare, ma non volete sentirlo», ha scritto la 22enne in un video. Tra gli altri suggerimenti, quello di essere magre come delle bambine per spendere meno: «ll trucco più efficace per risparmiare quando si fa shopping è l'abbigliamento per bambini, ad esempio gli stilisti vendono magliette per bambini a 180 euro invece che a 900 euro come quelle per adulti», si legge nella didascalia del filmato. E ancora: «In un mondo in cui puoi essere qualsiasi cosa, sii magra», scrive nella ripresa in cui mostra il suo outfit, sostenendo che il suo accessorio per la serata era il suo ventre piatto. Le reazioni degli utenti I commenti sotto ai post sono dei più disparati. C'è chi l'accusa di diffondere un messaggio fuorviante e, soprattutto, chi si complimenta con lei per i traguardi raggiunti. Tra i messaggi più allarmanti, alcuni dalle nuove generazioni: «Sarò come te tra un mese», ha scritto una ragazza. «Voglio pesare quanto lei», si legge in un altro commento. La 22enne nega di aver mai sofferto di un disturbo alimentare, ma ha dichiarato di sapere cosa significhi sentirsi a disagio nel proprio corpo dopo aver sofferto di un disturbo d'ansia generalizzato fin dalle elementari.

“The Beatles Everyday. Tutte le canzoni dei mitici “Fab Four .di federico martelli un libro non solo per Beatles mitomani

 Finalmente  mi   è  arrivato il libro di  Federico Martelli , ordinato   dall'autore   stesso   pewr  avere  l'autografo  ,    caita  quando  un libro ti prende  ,   “The Beatles Everyday. Tutte le canzoni dei mitici “Fab Four edizione   Guttemberg .
Generalmente    per problemi di spazio nella  libreria   , leggo i libri o  su i lettori digitali  o   dalla biblioteca .  Ma  per  il libro  di Federico   un ragazzo di oggi,  che   giorno dopo giorno  recensice   e    racconta  in italiano   e   in italiano e inglese.    di cui  ne  avevo  parlato  in : <<    certe    canzoni  e certi  gruppi   non  hanno età e  sono immortali intervista  a  federico  martelli  Il 18enne   di carpi  che ha scritto The Beatles Everyday”: un libro in cui analizza  una per  una le  canzoni    dei  Beatles  e  da   me  intervistato in  :   << certe canzoni e certi gruppi non hanno età e sono immortali intervista a federico martelli Il 18enne di carpi che ha scritto The Beatles Everyday”: un libro in cui analizza una per una le canzoni dei Beatles >>    .  IL  libro mi  ha  prso moltissimo  perchè    nonostante  la  notevolissima  ( potrebbe essere mio  figlio o  mio nipote  )     differenza  di età     abbiamo  fatto lo  stesso  percorso   musicale    con  i Beatles .  Infatti è stato il mio  primo gruppo ascoltato  autonomamente  .  Tale libro   è   Ben scritto  ,  si vede    che   ci sono dietro anni  d'ascolto    e  una  grnade  passione per  la  musica  e  le  sue  teniche olltre  che   un  notevole interese   per la  filosofia   .In realta  da uel che ho trovato  in  rete    mentre  cercavo    appigli  per  l'intervista      so  he fa  il  classico    ,  ma    sembra   che       autodidatta  ,  oppure  al  conservatorio  o abbia fatto   un  liceo    artistico  ad  indirizzo musicale  .  Un libri    scritto  con il  ciuore  e  la  passione    di    un vero cultore   . Sembra     che abbia  vissuto  gli anni  dei B   in prima  persona  .  Ottima  l'idea  di   scrivere  anche  in inglese  . credo  che a B   quelli viventi  o  gli eredi   di quelli  morti  farebbe  piacere  ricevere una  copia  del libro.Un’opera ,  dicevo ,  che è soprattutto una grande dichiarazione d’amore, appassionata e vera come solo un  apassionato sa fare . Un libro che è nato prima come rubrica social, e che sui social sta diventando un caso .Infatti   Come facilmente prevedibile, questo progetto ha suscitato tanti commenti. Quasi tutti accolti con grande favore dell’autore. "L’unico commento spiacevole – aggiunge Federico – è stato quello di una persona che ha detto che non ha senso comprare un libro sui Beatles scritto da un diciottenne. Non sono ovviamente d’accordo". La pubblicazione è disponibile nelle librerie e negli e-store . Non  sono d'accordo   perchè  come   mi pare  bbia  ichiarato  lui stesso    da quyalche  parte   Oggi il rock ha settant’anni, c’è meno stupore per certi sound o per certi messaggi, ma personalmente credo che la discografia dei Beatles porti con sé messaggi universali, raccontati in maniera unica, che difficilmente si può non tanto superare ma anche solo avvicinare  . Infatti      Il libro nasce come appuntamento quotidiano su Instagram e Facebook   , pagina  poi chiusa  per  problemi di  copy  right    dove, ogni giorno alle 14, l’autore ha pubblicato dal primo gennaio 2023 una recensione al giorno delle 215 canzoni dei Beatles, che sono poi diventate 221 con la scelta di una canzone a testa dalla carriera solista degli ex Fab Four e l’aggiunta di Now & Then, brano uscito lo scorso anno, canzone postuma che chiude il cerchio sulla carriera dei quattro ragazzi di Liverpool.  Un  opera   "The Beatles everyday" è il frutto dello sforzo, della passione e dell’anima di un sedicenne innamorato dei Fab Four che con tutta la spontaneità e l’urgenza della sua età ha deciso di analizzare ogni loro brano su una pagina Instagram di sua creazione, dal titolo omonimo (@thebeatleseveryday), dove ogni giorno – senza un ordine prestabilito – postava una recensione; lo ha fatto con un tono più informale del consueto, con il coraggio e l’impudenza di dare giudizi personali, talvolta tranchant, senza alcun timore o remora. L’aspetto più interessante è potere avere una nuova visuale, fresca, diretta, talvolta sfacciata, di tutta l’opera della band, senza mediazioni e compromessi. E soprattutto con l’aggiunta di considerazioni personali, non necessariamente legate all’aspetto artistico, che pongono il libro in un contesto quasi filosofico: con la peculiarità, che non guasta mai, anzi è il sale della vita, di sana (auto) ironia. Qualcuno si indispettirà (“Ma come si permette?”) nel leggere certe considerazioni su questo o quel brano, non cogliendo invece il grande pregio di "The Beatles everyday": una visione mai paludata di un’opera così importante e classica.  Unici nei ,  che  mi vengono cosi  a  caldo e  un po'  banali soprattutto il primo    ,  ma     che non ne   sminuiscono  per  questo la belezza e  l'importanza  ,  e    che  credo  che  se   vorraà presentarlo  ad  un pubblico di specialisti   in eventuale  ristampa  ,  saranno corretti   ,   sono  : 1)  le  canzoni  esposte   alla  rinfusa   cioè   sparse  e    non  album  per album    e  quindi  una lettura  difficile     che  costringe  a   saltare di qua  e  di la    a  chi  non è un  vero fans    o  nostalgico  di B   , ma  vi  si avvicina  per  la  prima volta .  2)  Manca  una  nota  che spieghi  , infatti  ho  avuto all'inizio e   sono  dovuto  ricorrere  ad  internet  per  capirle   i  suoi voti  ,   il  metodo dei voti americani  rispetto   a    quelli europei .   3)  il voler   giustamente  , fare una  cosa  spontanea  e  non  programmata  . A  volte  succede  persino  a me  ,    quando  voglio bloccare  una  cosa ed  evitare    che finisca   dispersa nel   vento    e nell'rapido oblio .   Comunque  un ottimo  libro  d'avere     nella propria  biblioteca     a prescindere  dall'essee  fans  o meno  dei B  .  Concludo   con   i  complimenti  a  Federico   per  un eventuale   prossimo libro o  cd     di cover   dei B  . 

Lea e Sammy i due campioni - © Daniela Tuscano

 Credo di essere stata un po' innamorata di #leapericoli, da bambina. Era l'opposto di me, biondissima, aggraziata ma non leziosa, pareva non toccar mai terra. Le avevano disegnato un completo con piume di cigno, che indossava con spontaneità non umana. Quella che vedevo era un vero uccello, forse per questo mi piaceva tanto. #langelocapovolto fu il giusto titolo del suo ultimo libro. Impagabile la sua torsione berniniana, che sfidava le leggi di gravità.
Era una milanese d'Africa, vissuta ad #addisabeba. Laggiù emerse la sua passione e a quei luoghi sempre rimase legata, come ricorda nella sua autobiografia #maldafrica.Poi la terribile malattia. #Carcinomaallutero. Lo seppi dai miei genitori. Se adesso difficilmente se ne esce, nel 1972 non dava scampo. E le cure erano, come Lea stessa dichiarò, «devastanti». Quando le comunicano la notizia, sviene. Ma ricorda subito chi è. Sconfigge il #tumore. Non è finita. Il maledetto si ripresenta nel 2012, quarant'anni dopo. Questa volta al #seno. I tempi sono mutati, la medicina meno invasiva, ma Lea è sempre Lea, malgrado gli sfregi al suo corpo e alla sua femminilità. Arriva a quasi 90 anni in salute, ancora bellissima, sempre tanto bionda (ma mai troppo), elegante per antonomasia, non solo campionessa sportiva: scrittrice, conduttrice televisiva, #testimonial contro una malattia che non è riuscita a domarla, segno di speranza non solo per chi ne è preda. Muore il 4 ottobre, festa di San Francesco, coetanea di mio padre; ma l'ha superato di un anno.
Due giorni dopo la segue #sammybasso, che di anni ne ha solo 28, ma il cui fisico è già arrivato al
punto di Lea. La «bionda» di Sammy è la sua splendida madre. Lui è il più «vecchio» paziente al mondo affetto da #progeria, invecchiamento precoce e mente giovane. Due lauree summa cum laude, il sogno di lavorare al #CERN, fondatore dell'associazione per la ricerca su questo morbo raro e spietato. Ma Sammy è stato, soprattutto, uomo di #pace. «Se i grandi della terra capissero cosa significa lottare per la #vita - dice - credo non avrebbero il coraggio di fare la #guerra». La vita. L'unico valore che non s'insegna, e il solo per cui valga la pena morire.