13.10.24

gl stranieri amano più di noi la storia italiana . La civiltà nuragica rilanciata da francesi e tedeschi

 Purtroppo  questa  è la  proiva  che  noi  italiani   ( salvo rari  casi    come le  iniziative  del Fai  )   oltre  a  non saper fare  i conti con la nostra  storia   recente  , cioè  dal  risorgimento  ad  oggi  ,  non amiamo   la  nostra storia  o  non  la  sappiamo   valorizzarla   se  non  per   farci  belli   e  vantarcene  al diu fuori dei  nostri  confini   . 
  Infatti leggo   tramite   https://www.msn.com/it-it/ su ansa.it     d'ieri 

                   La cinviltà nuragica rilanciata da francesi e tedeschi   Storia di YE6-CT  1giorno/i





(ANSA) - CAGLIARI, 12 OTT - Mille anni di storia misteriosi. Almeno per i libri che in Italia hanno formato decine di generazioni di studenti: per molto tempo zero o poche tracce di civiltà nuragica nelle lezioni in classe dei maestri e dei professori. Sui testi pure, al massimo un piccolo paragrafo. Nuraghi e pozzi sacri però piacciono e incuriosiscono sempre di più: a Parigi, davanti a una platea di 200 tra esperti, rappresentanti delle istituzioni e media, sarà presentato lunedì un documentario che invita a rileggere la Sardegna e il Mediterraneo durante l'età del bronzo e del ferro , tra il 1800 e l'800 a.C., sulla base delle nuove tecnologie, dei nuovi scavi e delle nuove impostazioni delle ricerche.


Il lavoro "Sardegna, il mistero della civiltà dei Nuraghi", realizzato dal gruppo audiovisivo Gedeon sarà trasmesso poi sabato 19 alle 20.50 sul canale televisivo franco-tedesca Arte, molto seguito dagli appassionati di cultura in entrambi i Paesi. Per la Sardegna i classici due piccioni con una fava: dall'Europa potrebbero ripartire dibattito e interrogativi sulla scomparsa "culturale" di una civiltà millenaria come quella dei nuraghi . E poi c'è l'inevitabile indotto turistico: sarà uno spot archeologico che può creare nuovi fan dell'Isola.



"Lo scopo è quello di far conoscere una civiltà millenaria che stranamente è poco conosciuta, mentre è quello che chiamiamo in archeologia un unicum: ha una storia veramente unica - spiega all'ANSA Isabelle Catteddu, famiglia sarda originaria di Cuglieri, nell'Oristanese, consulente scientifica, archeologa che vive e lavora in Francia, all'Inrap - Oggi, con i nuovi mezzi scientifici, possiamo capire meglio l'evoluzione di questa civiltà. È molto importante fornire questi ultimi risultati perché il discorso, a proposito della Sardegna nuragica, è anche occupato da quella che chiamiamo fantarcheologia. Leggende e favole ce ne sono sempre a proposito delle civiltà del passato, però ci sono tanti nuovi risultati scientifici da condividere con tutta la comunità in Italia e fuori".





"Questo documentario - sottolinea l'esperta - permetterà una nuova lettura didattica grazie al lavoro e alle testimonianze dei miei colleghi archeologi che scavano e studiano i siti nuragici. In Sardegna i nuraghi fanno parte del paesaggio. Ma poca gente può spiegare cosa è successo. E quello che mi dispiace di più è vedere che questa civiltà è poco studiata a scuola". Nuovi approcci: "Secondo me un lavoro eccezionale è stato fatto da Mauro Perra, nel Nuraghe Arrubiu, a Orroli.Perché lui lavora in un modo interdisciplinare. Significa che va a cercare 'dietro il nuraghe' e studia anche il territorio. Lavora
con specialisti delle scienze paleoambientali e dunque prova a far parlare anche i campioni di terra, pollini, grani, carboni e riesce a ricostruire e a capire come cambia l'ambiente intorno al nuraghe. Poi con le datazioni possiamo vedere le trasformazioni, le crisi ambientali ed economiche. È un lavoro che incrocia diverse scienze e in questo modo si può far parlare anche i reperti quasi 'invisibili'".
Dunque - chiarisce Catteddu - è un modo che chiaramente ci aiuterà a capire questa civiltà. Perché scavare tutti i nuraghi è impossibile, sono quasi 8.000 ancora in piedi, a cui vanno aggiunti centinaia di altri monumenti, anche se non sono tutti conservati benissimo - ammette - Con i droni e gli scanner possiamo 'attraversare' i muri e capire meglio la costruzione: è importante capire come è stato fatto un nuraghe. Ma la domanda sarebbe anche: perché sono stati costruiti tutti questi nuraghi? Nuove domande, ma anche tanti misteri, per questo nel documentario parliamo di mistero della civiltà nuragica. C'è un potenziale immenso, anche se i risultati sono già numerosi. Oggi i mezzi scientifici possono aiutarci ad andare ancora più veloci e più avanti. Ogni scavo ci porta nuovi dati entusiasmanti come dimostra il lavoro molto preciso di Alessandro Usai a Mont'e Prama".
A ottobre in Francia è uscito un dossier speciale sulla civiltà nuragica nella rivista Archeologia, aperta al grande pubblico. "Ora - conclude l'archeologa - facciamo conoscere una rilettura di questa civiltà alla luce dei nuovi risultati e delle nuove tecnologie". (ANSA).




diario di Bordo n 81 anno II "Vergognatevi", il fratello di Totò Schillaci contro la Rai., Da poliziotta a suora: «Così continuo ad aiutare le vittime della violenza»., la seconmda vita di armanda gallius scampata ad uno stalker., trisnonna a 85 anni

Italia-Belgio di Nations League è stato un momento anche per ricordare l'ormai scomparso da qualche settimana Totò Schillaci, simbolo di quelle notti magiche di Italia '90. La Rai però al momento del suo ricordo in campo ha mandato in onda la pubblicità.
L’attore e doppiatore Luca Ward ha letto un messaggio in sua memoria e invitato il pubblico a inscenare una coreografia di luci con i telefonini per dare maggiore
suggestione a quegli attimi: “Totò Schillaci rimarrà nel cuore di tutti noi, ha fatto sognare l’Italia intera con le sue esultanze travolgenti. È il simbolo di una nazione che non si arrende”.In quel momento però le immagini, mandate in diretta dalla Rai, si sono poi interrotte per uno spot pubblicitario che non ha permesso di vedere nulla ai tifosi da casa. Una scelta che ha mandato su tutte le furie la famiglia Schillaci. A scrivere un messaggio di disappunto è stato Giuseppe Schillaci, fratello del calciatore ex Inter, Juve e Messina: "Vergogna, la Rai interrompe il ricordo di Totò Schillaci per la pubblicità. Vergognatevi".

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L’hanno cercata ben 8 emittenti televisive: Il boccone del resto era ghiotto: la suora-poliziotta, la religiosa che trent’anni fa arrestava i malfattori, oggi lavora perché nella Chiesa nessuno più abusi dei minori. Suor Tosca Ferrante, originaria di Visciano (5mila abitanti in provincia di Napoli) si è negata: a lei quell’etichetta sta stretta, anche se non rinnega nulla di quando, prima della professione religiosa, a 19 anni decise di entrare in polizia. Una confidenza ad Avvenire però la concede: quello che l’aveva convinta era stata la serie televisiva degli anni Ottanta “CHiPs”, due poliziotti in moto che facevano del bene al prossimo.

Suor Tosca nel 2024 ha compiuto 55 anni, ha festeggiato i 25 di professione religiosa ed è stata eletta superiora generale delle suore Apostoline di Castel Gandolfo, l’ultima creatura del beato don Giacomo Alberione. Laureata in psicologia dopo la professione religiosa, oggi coordina il Servizio di tutela minori delle diocesi toscane e di quello diocesano di Pisa; spesso è in trasferta per tenere corsi di formazione per gli operatori pastorali, ed è stato proprio in occasione di un seminario a Pistoia, qualche giorno fa, che la sua storia di suora-poliziotta è stata “intercettata”.


Suor Tosca, la divisa è stata una piccola parte della sua vita. Che ricordo ha di quella esperienza? Quando pensa a sé stessa, giovane, con la pistola nella fondina, che sensazioni prova?

Quando si pensa a una persona in divisa, con pistola e manette, la si associa spesso a un potere. Invece io ho vissuto l’esperienza in Polizia come servizio alla collettività.

Come hanno vissuto i suoi genitori la sua scelta giovanile?

Mio padre faceva il muratore, mia madre la casalinga, entrambi molto credenti, iscritti all’Azione Cattolica. Mio padre è stato molto tempo all’estero, in Venezuela e in Germania e ha trasmesso a me e a m io fratello, che lavora nell’Esercito, il valore della giustizia e dell’aiuto al prossimo. La Polizia è stato il mio primo spazio in cui incarnare quei valori. Quindi sì, dopo il disorientamento iniziale, sono stati favorevoli alla mia scelta.

Quali sono stati i suoi primi incarichi?

All’inizio sono stata a Roma, al Commissariato di Tor Pignattara. Dopo due anni e mezzo sono stata trasferita a Napoli, all’Ufficio stranieri. La sera andavamo negli alberghi a recuperare le prostitute per dar loro il foglio di via. Ho incontrato tante persone sofferenti: delinquenti, tossicodipendenti, giovani donne vittime della tratta, stranieri in attesa di permesso di soggiorno spesso vittime di raggiri: insomma tanta povertà, tanto vuoto e anche tanto male. E questo mi ha permesso di comprendere qual era la mia vocazione: ho sentito che Dio mi chiamava a donare tutta la mia vita.

E ha scelto la vita religiosa. Come è accaduto?

È stato un percorso, iniziato a 15 anni quando andai a Castel Gandolfo, dalle Suore Apostoline, per un’esperienza estiva. Ho sempre continuato a frequentarle, anche durante i miei cinque anni di lavoro in Polizia. Un giorno mi venne chiesto di vigilare su un minorenne che aveva compiuto un furto, il primo della sua vita. Dopo un po’ che parlavamo, lui iniziò a piangere, era spaventato. Poi mi disse: “Ho paura, mi dai un abbraccio?”. Non potevo, ero in divisa. Tornata a casa, mi guardai allo specchio e dissi: “Ma chi stai diventando?”.

Il carisma delle suore Apostoline, di cui lei è la superiora generale, è vocazionale, cioè stare accanto ai giovani affinché ciascuno trovi la sua strada e a chi ha già fatto una scelta di vita e vive un tempo di difficoltà vocazionale. Lei ha raccontato che da bambina voleva diventare maestra o infermiera, poi è diventata poliziotta e ora è psicologa e suora. È un po’ un cerchio che si chiude?

Mi pare che ciò che accomuna queste esperienze è la dimensione della cura della persona, attraverso l’ascolto, per garantire a tutti di stare al mondo con dignità.

Nel 2020 la Conferenza episcopale italiana ha istituito i Servizi diocesani e regionali per la tutela dei minori. Lei coordina quelli di Pisa e della Toscana. Questa rete anti-abusi funziona?

Sì, funziona. La chiave del servizio è la ricerca delle verità e trovare strade perché ciò che è accaduto non accada mai più. Una strada è la formazione: molto del nostro lavoro è richiamare alla responsabilità dell’essere adulti a coloro che operano in contesti parrocchiali. La fatica per i giovani è trovare punti di riferimento a cui guardare, adulti affidabili, maturi, che siano in grado di accompagnarli nella loro ricerca di senso.

Nelle diocesi, accanto ai Servizi di tutela, ci sono anche i Centri di ascolto, a cui arrivano segnalazioni di casi o testimonianze. Ha incontrato anche vittime di abusi?

Ho incontrato vittime di abusi, uomini e donne, e il mio lavoro è stato quello di accompagnarle a sentirsi riconosciute come tali. È il bisogno primario di ciascuno, in un processo che richiede molto tempo e pazienza perché le ferite sono profondissime. Per me è come prendersi cura di Cristo Crocifisso.



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Unione    sarda  13 ottobre


La seconda vita di Amanda

Sei mesi fa, in auto, l'uomo che si era invaghito di lei le era piombato addosso. Amanda Gallus, 40 anni,
di Carbonia, sta rimarginando le ferite (non solo fisiche) per iniziare una nuova vita. Lo stalker era stato arrestato
«Non è facile ricominciare a vivere dopo aver visto la morte in faccia ma io ce la sto mettendo tutta. Sono stati sei mesi durissimi e il percorso di guarigione non è ancora finito ma mi sto impegnando per riprendere in mano la mia vita». Sono passati sei mesi da quando Amanda Gallus, quarantacinquenne di Carbonia, ha rischiato di morire in un terribile scontro frontale. Non era stato un generico incidente stradale: a bordo dell'auto che ha travolto la sua utilitaria c'era Alessio Zonza, l'uomo di 53 anni che Amanda aveva denunciato per stalking e atti persecutori dopo che la sua vita era ormai un incubo quotidiano. L'incidente Nell'auto di Amanda c'era una telecamera che la donna aveva fatto piazzare a sua tutela e quel pomeriggio era al telefono con gli agenti del Commissariato perché si era accorta che Zonza la stava seguendo: le drammatiche immagini immortalate dalla telecamera e la disperata richiesta di aiuto raccolta al telefono non hanno permesso di evitare quel tragico schianto che ha fatto finire Amanda in ospedale in gravissime condizioni, ma hanno fatto in modo che l'uomo, anche lui ferito, venisse arrestato subito dopo l'incidente. Nella sua auto, nonostante avesse cercato di nasconderlo agli agenti, era stato trovato anche un martello. Due giorni fa un perito ha detto che Zonza, per il quale i suoi difensori hanno chiesto una perizia psichiatrica nell'ambito della processo per il reato di stalking, non è incapace di intendere e di volere e questa conclusione potrebbe essere determinante nel momento in cui si dovrà decidere il rinvio a giudizio per l'ipotesi di tentato omicidio. Le cure Amanda è chiaramente informata dell'evolversi della vicenda giudiziaria per la quale è seguita dagli avvocati Marco Aste e Maria Cristina Lindiri, «ma finché è ancora in corso preferisco non esprimere alcun commento – premette – ci sarà tempo e modo di parlarne, ora devo pensare alla mia salute». Non sono stati sei mesi facili: «Qualche santo mi ha protetto perché in quello schianto sarei potuta morire – dice – tuttavia ho riportato gravissime lesioni e fratture per le quali sono stata sottoposta a diversi interventi chirurgici e a una lunga fisioterapia, ancora in corso, che va in parallelo alle sedute di analisi con le quali cerco di metabolizzare il trauma che ho subito. Per fortuna ho intorno tante persone che mi vogliono bene, in primis il mio compagno e la mia famiglia e poi gli amici e i preziosi compagni di lavoro». La solidarietà Dal giorno dell'incidente Amanda è stata travolta da un'ondata di solidarietà e affetto dalla comunità di Carbonia e non solo: «Ho ricevuto migliaia di messaggi di auguri e di vicinanza che mi hanno commosso e mi hanno aiutato a non farmi mollare mai in questi mesi in cui i momenti di sconforto non sono mancati – afferma – ne sono arrivati moltissimi anche dai clienti del centro commerciale dove lavoro e dove i miei colleghi per mesi hanno ricevuto messaggi di affetto da inoltrarmi». Con i colleghi e le colleghe del centro Conad di Carbonia Amanda c'era già prima un rapporto di amicizia prezioso che questo dramma ha saldato ancora di più: «Per permettermi di continuare a curarmi, ora che ho esaurito i mesi di malattia disponibili ma ho ancora davanti un lungo percorso terapeutico, mi hanno donato parte delle loro ferie – racconta – un gesto importantissimo che mi lega in maniera indissolubile a ciascuno di loro, la mia riconoscenza è grandissima e spero con tutto in cuore di poter tornare tra loro, ritrovando la quotidianità e la serenità che ho perso, lasciandomi alle spalle questo tremendo incubo».

                                              Stefania Piredda
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Dal 1980 a tutta birra: Michele "il tedesco" quartese ad honorem

E chi non lo conosce, Michael Hans Dieter Fellmann! Forse il cognome è poco noto, ma basta precisare “Michele il tedesco di Quartu” per avere chiaro in mente il sorriso gioioso e la simpatia contagiosa del re della birra tedesca, che nei giorni scorsi ha avuto addirittura la cittadinanza benemerita, votata all’unanimità dal Consiglio comunale della terza città dell’Isola.Perché Michele il tedesco di Quartu, 69
anni, in città si è stabilito ben 44 anni fa, quando aprì per la prima volta le porte del suo locale, lo Zum Loeweneck, l’angolo del leone, in via Magellano, a un tiro di schioppo da viale Colombo. «Allora c’ero solo io», ricorda, «solo il mio locale e intorno nemmeno un bar. Poi le cose sono cambiate, Quartu si è completamente trasformata. Prima quando si usciva si andava solo a Cagliari, perché qui era il deserto. Ora ci sono pizzerie, ristoranti, discoteche. La città è viva e sono i cagliaritani a venire da noi».
Il riconoscimento
Questa cittadinanza benemerita «è stata una sorpresa e un onore», dice, «sono orgoglioso. Io da tempo sono residente qui e mi sento un cittadino a tutti gli effetti. Amo molto questa città». E pensare che all’inizio il pensiero di venire nell’Isola per Michele fu quasi un trauma. «Quando mi mandarono in Sardegna per il servizio militare pensai: è una punizione divina. Un posto così lontano e che io non conosco». Poi nel 1974 viene spedito nella base di Decimomannu come aviere scelto, addetto ai rifornimenti: «Fu una folgorazione. I colori, il cielo, il mare. E poi il mirto, le belle donne, la mia prima festa di Santa Greca. E fu così che ho deciso che non sarei più andato via».Da lì a poco prende forma un’idea: aprire un pub per far conoscere ai sardi la birra e il cibo tedesco. «Nel 1980 apro il mio locale, la prima birreria tipica bavarese, che è ancora lì con gli stessi tavoli».Ancora attiva dopo 44 anni, con il padrone di casa Michele che accoglie sempre tutti con un sorriso grande così.In poco tempo la sua birreria viene inserita tra le trenta migliori d’Italia e nel 1991 entra addirittura nel Guinness dei primati, per avere costruito la più grande tabacchiera da fiuto simultanea. Ce l’ha ancora qui nel locale, la tabacchiera, ma il record non c’è più «perché dai Guinness sono stati tolti tutti i record che hanno a che fare con il fumo e con l’alcol. Ogni tanto però la tiriamo giù perché le persone si divertono». E in effetti fa un certo effetto vederla scendere dall’alto ed entrare in azione.
Nuove passioni
Lasciata la sua birreria, Michele il tedesco ha fatto incursioni anche nel cinema: «Ho partecipato al film “L’arbitro” di Stefano Accorsi, dove ho fatto la comparsa, mentre invece in quello di Pieraccioni “Finalmente la felicità” ho anche recitato». E in men che non si dica snocciola le battute per filo e per segno senza dimenticarsi nemmeno una virgola.A Quartu ha trovato anche moglie. «Sia la prima – racconta ancora – che purtroppo è morta quando aveva 49 anni, sia la seconda che ho sposato 4 anni fa. Abitiamo sempre qui a Quartu e ci troviamo benissimo». La cosa che più gli piace del suo lavoro, ancora dopo tanto tempo, «è sicuramente il contatto con la gente, far gustare il cibo come se fossimo in Germania. Il locale è come un salotto di famiglia, dove ognuno si sente a casa». E infatti non chiedetegli se ha intenzione di andare in pensione: «Non ci penso nemmeno. Dobbiamo tutti festeggiare i cinquant’anni della mia birreria nel 2030».

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«Il piccolo Alessio mi ha reso trisnonna, è un dono di Dio» 

La storica bottegaia di Decimomannu: la famiglia è la cosa più importante 


 «Crema e profumo, gioielli e un bel vestito». Gianna Boeddu, 87 anni, decimese d’adozione, nonostante sia diventata trisnonna qualche giorno fa, non rinuncia al quotidiano tocco di eleganza e femminilità: «Prendersi cura del corpo e della mente, non abbattersi e leggere tanto sono i segreti per restare attivi». Quella di Gianna è un’energia contagiosa segnata da un sorriso smagliante contornato dal rossetto. Lei riserva questa energia soprattutto ai suoi numerosi nipoti, pronipoti e all’ultimo arrivato, il trisnipote Alessio Piredda: «La famiglia è la cosa più importante. Dio mi ha riservato un dono, nonostante i normali alti e bassi che ci sono in tutte le case». Mamma a 18, nonna a 36, bisnonna a 62 e trisnonna a 87 anni, Gianna è una vera forza della natura. 
«Sono nata a Bitti – racconta – ricordo bene la mia fanciullezza, quando scorrazzavo nel negozietto di paese gestito da mia zia. Mi parevano un sogno quegli scaffali pieni di ogni ben di Dio». 
 La sua famiglia, per questioni lavorative, si era poi dovuta trasferire a Iglesias, paese nel quale Gianna è sopravvissuta al tifo e ha conosciuto da giovanissima il ragazzo che sarebbe diventato suo marito: «Mi sono sposata a 15 anni e 2 giorni. Il mio fidanzato, Angelo Muroni, più grande di me di 9 anni, era originario di Sindia. I miei genitori non lo facevano entrare in casa e così abbiamo deciso di unirci in matrimonio». Fino al giorno del fatidico “sì” il padre non era d’accordo: «Prima ha acconsentito per poi cambiare idea il giorno prima della cerimonia. Ma siamo riusciti a convincerlo e così, volente o nolente, ha ceduto».   
 Gli sposini hanno deciso di mettere su famiglia a Decimomannu: «Mio marito non amava Iglesias, così abbiamo preso una casa in affitto in quello che sarebbe diventato il nostro nido “definitivo”, a parte una breve parentesi da emigrati in Francia».
  Dopo il rientro a Decimomannu, Muroni «ha appeso al chiodo le scarpette da minatore e ha preso in mano quelle di contadino e di agente forestale». Ma i soldi, con cinque figli, non erano sufficienti a tirare avanti la famiglia: «Avevamo acquistato casa in via delle Aie, il denaro scarseggiava comunque e io dovevo fare per forza qualcosa. Sotto casa avevo una piccola stanza inutilizzata, così ho pensato di avviare un negozietto». 
La bottega di via della Aie è diventato un punto di riferimento non solo per i decimesi: «Generi alimentari e fustini di detersivo in polvere erano i prodotti più venduti: acquistavo la merce dai rappresentanti e la rivendevo rincarata del 10 percento. In poco tempo l’attività è cresciuta vertiginosamente e ho dovuto ampliare il negozio». 
 Per tutti è diventata così “Gianna sa botteghera”: «Amavo il mio lavoro e stare in mezzo alla gente. I clienti si affezionavano perché non raccontavo in giro i loro segreti, non li giudicavo e permettevo loro di pagare a fine mese. Decimomannu è tutto per me. Mi sono sempre sentita a casa e voluta bene. Mi sono integrata e ho frequentato i corsi organizzati dal Cif. La dolce signora Augusta, moglie del medico di famiglia Mallus, teneva corsi di ricamo, maglia e comportamento». 
 Adesso Gianna è una nonna, anzi, una trisnonna, a tempo pieno: «Non mi dedico più a tutte le mie passioni (cucito, cucina e lettura) perché la salute non me lo permette. Ma riesco ancora ad assistere, per qualche oretta, i miei nipotini e a preparare loro delle semplici merende». Le difficoltà della vita non la buttano giù: «Prendo il mondo come viene». E a una società prettamente patriarcale dice: «Insegno soprattutto alle mie nipoti a lottare ed essere indipendenti. Le donne devono lavorare ed essere autonome. Come ho cercato di esserlo io per tutta la vita».

11.10.24

Razzismo e antisemitismo



dopo l'abbandono  della  utente    ****   di  fb  per le mie  critiche ad Israele (  vedere oltre  la  mia bacheca    anche  i  post  precedenti    fra cui  questo  :   Cosa è il sionismo e perché essere critici? E poi quali sarebbero le idee di Segre e Crosetto da “odiare”?   )  nonostante abbbia via messanger , prima che mi blocasse , spiegatogli che i miei post non sono verso il popolo in se ma verso lo stato ed alcuni concezioni della loro cultura cioè dell'ebraismo soprattutto quello più conservatore .Condivido confermando la mia tesi questo scrittto riportasto dall'amico e compagno di strada MarioDomina sul suo blog filosofico La Botte di Diogene

lunedì 30 settembre 2024

(del filosofo fenomenologo Vincenzo Costa)

Dopo che Netanyahu ha chiamato l'assemblea generale dell'ONU "palude antisemita" la nozione stessa di antisemitismo è diventata dubbia, sospetta.
Si usa il termine "antisemita" per abbassare moralmente chiunque denunci una strage continua, il razzismo che caratterizza un'intera cultura e uno stato costruito di fatto su basi etniche.
L'uso ideologico della nozione di antisemitismo la ha svuotata: serve solo a legittimare la violenza
Molte delegazioni del sud globale hanno abbandonato l'aula mentre parlava Netanyahu. Rappresentanti di popoli oppressi da secoli e che hanno subito sulla loro pelle il razzismo hanno denunciato il razzismo di Israele.
Non hanno detto che il popolo o la razza ebrea sono inferiori: hanno detto che tutti gli uomini sono uguali.
Sono gli amici ebrei che devono rispondere a una domanda semplice:
per voi tutti gli uomini sono uguali o gli ebrei sono superiori, eletti, al di sopra di ogni legge, con diritto di uccidere?
Chi costruisce uno stato etnico? Chi usa la nozione di razza?
Chi è razzista?
Sembra quasi che chiunque sia contro ogni razzismo diventi antisemita.
Dunque, per non essere antisemiti bisognerebbe dire che alcuni, gli ebrei, sono speciali, che le loro vite valgono più di quelle degli altri?
A un morto ebreo quante morti di infedeli corrispondono esattamente? 1 a 1.000 basta?
Si può criticare una cultura basata sulla trasmissione attraverso il sangue?
Si può dire che è una cultura arretrata, vecchia, che già il Cristianesimo si lascia alle spalle con una visione universalistica? Se si riprende l'affermazione, antirazzista, di Gesù (Razza di vipere, Dio può far nascere figli di Abramo da queste pietre) si è razzisti? Gesù era antisemita?
Il popolo di Dio, se c'è un Dio, è l'umanità tutta. Non esistono popoli eletti.
E se dico questo sono antisemita?
Si può criticare tutto, si può deridere il cristianesimo ma guai a fare una battuta sull'ebraismo?
Si può dire che l'Occidente è violenza ma non si può criticare una cultura basata sulla razza che produce uno sterminio oramai senza limiti che dura da 50 anni?
Perché altrimenti ci si deve aspettare la vendetta? Dobbiamo tacere perché fate paura e potete distruggerci?
Chi minaccia oggi la libertà? Chi esprime oggi disprezzo per gli uomini?
No, chi ha lasciato l'aula delle Nazioni Unite non è antisemita: si è rifiutato di ascoltare un razzista, un suprematista ebraico, un pazzo fanatico.
Noi siamo contro ogni suprematismo, non dobbiamo giustificarci di niente.
Siete voi che dovete abbandonare il vostro suprematismo, che dovete liberarvi del razzismo.
Noi siamo fedeli a un punto e non si cede: tutti gli uomini sono uguali.
Il resto è settarismo, vecchiume, suprematismo, prepotenza, bullismo, che vive solo perché sostenuto dalla forza, dalla violenza e dalla prepotenza.
L'Occidente ha decostruito se stesso, e deve continuare a farlo, deve continuare a liberarsi di quanto di violento c'è in quella tradizione.
Ma è venuto il momento che anche gli amici ebrei inizino a decostruire la loro tradizione e la loro storia, perché così non si va più avanti. Non si può più tacere davanti a quello che accade.
Se chiamate antisemita chi denuncia il razzismo il discorso si chiude: non abbiamo davvero nulla da dirci

(del filosofo fenomenologo Vincenzo Costa)

Dopo che Netanyahu ha chiamato l'assemblea generale dell'ONU "palude antisemita" la nozione stessa di antisemitismo è diventata dubbia, sospetta.
Si usa il termine "antisemita" per abbassare moralmente chiunque denunci una strage continua, il razzismo che caratterizza un'intera cultura e uno stato costruito di fatto su basi etniche.
L'uso ideologico della nozione di antisemitismo la ha svuotata: serve solo a legittimare la violenza
Molte delegazioni del sud globale hanno abbandonato l'aula mentre parlava Netanyahu. Rappresentanti di popoli oppressi da secoli e che hanno subito sulla loro pelle il razzismo hanno denunciato il razzismo di Israele.
Non hanno detto che il popolo o la razza ebrea sono inferiori: hanno detto che tutti gli uomini sono uguali.
Sono gli amici ebrei che devono rispondere a una domanda semplice:
per voi tutti gli uomini sono uguali o gli ebrei sono superiori, eletti, al di sopra di ogni legge, con diritto di uccidere?
Chi costruisce uno stato etnico? Chi usa la nozione di razza?
Chi è razzista?
Sembra quasi che chiunque sia contro ogni razzismo diventi antisemita.
Dunque, per non essere antisemiti bisognerebbe dire che alcuni, gli ebrei, sono speciali, che le loro vite valgono più di quelle degli altri?
A un morto ebreo quante morti di infedeli corrispondono esattamente? 1 a 1.000 basta?
Si può criticare una cultura basata sulla trasmissione attraverso il sangue?
Si può dire che è una cultura arretrata, vecchia, che già il Cristianesimo si lascia alle spalle con una visione universalistica? Se si riprende l'affermazione, antirazzista, di Gesù (Razza di vipere, Dio può far nascere figli di Abramo da queste pietre) si è razzisti? Gesù era antisemita?
Il popolo di Dio, se c'è un Dio, è l'umanità tutta. Non esistono popoli eletti.
E se dico questo sono antisemita?
Si può criticare tutto, si può deridere il cristianesimo ma guai a fare una battuta sull'ebraismo?
Si può dire che l'Occidente è violenza ma non si può criticare una cultura basata sulla razza che produce uno sterminio oramai senza limiti che dura da 50 anni?
Perché altrimenti ci si deve aspettare la vendetta? Dobbiamo tacere perché fate paura e potete distruggerci?
Chi minaccia oggi la libertà? Chi esprime oggi disprezzo per gli uomini?
No, chi ha lasciato l'aula delle Nazioni Unite non è antisemita: si è rifiutato di ascoltare un razzista, un suprematista ebraico, un pazzo fanatico.
Noi siamo contro ogni suprematismo, non dobbiamo giustificarci di niente.
Siete voi che dovete abbandonare il vostro suprematismo, che dovete liberarvi del razzismo.
Noi siamo fedeli a un punto e non si cede: tutti gli uomini sono uguali.
Il resto è settarismo, vecchiume, suprematismo, prepotenza, bullismo, che vive solo perché sostenuto dalla forza, dalla violenza e dalla prepotenza.
L'Occidente ha decostruito se stesso, e deve continuare a farlo, deve continuare a liberarsi di quanto di violento c'è in quella tradizione.
Ma è venuto il momento che anche gli amici ebrei inizino a decostruire la loro tradizione e la loro storia, perché così non si va più avanti. Non si può più tacere davanti a quello che accade.
Se chiamate antisemita chi denuncia il razzismo il discorso si chiude: non abbiamo davvero nulla da dirci


Finché sono al mondo. sopravvissuti al bombardamento del 20 ottobre 1944 alla scuola Francesco Crispi nel quartiere Gorla di Milano, allora erano solo bambine e bambini. ricordano



fu a 20 anni che dopo aver letto che il 20 ottobre del 1944 cioè Ottanta anni fa la scuola elementare Francesco Crispi di Milano veniva colpita da una bomba americana. Un errore che provocò la morte di almeno 184 bambini e 20 tra maestre e bidelli: è la strage di Gorla, un pezzo di storia a lungo dimenticato. Con Silvia Nucini abbiamo incontrato i sopravvissuti che per tutta la vita hanno voluto ricordare i loro compagni mai diventati grandi. È nato “Finché sono al mondo” un documentario sulle conseguenze infinite della guerra nella vita delle persone che passai dal belliccismo al pacifismo e alla non violenza



                 dalla  Newsletters    di Mario calabresi 



Quanto può durare il trauma di un bombardamento, per quanti giorni, mesi, anni possono continuare a riaffiorare paure, incubi e dolore? La risposta è semplice e terribile: per tutta la vita. Me lo hanno raccontato Graziella, Maria Luisa, Giuditta, Antonietta, Elena, Giuliano e Sergio sopravvissuti ottant’anni fa alla bomba che centrò il tetto della loro scuola elementare, si infilò nella tromba delle scale e scoppiò di fronte alle cantine dove si erano rifugiati molti dei loro compagni.


I sopravvissuti al bombardamento del 20 ottobre 1944 alla scuola Francesco Crispi nel quartiere Gorla di Milano, allora erano solo bambine e bambini. Insieme a Silvia Nucini abbiamo raccolto le loro testimonianze


Era il 20 ottobre 1944, una splendida giornata di sole, e quel giorno nella scuola Francesco Crispi del quartiere milanese di Gorla morirono 184 bambine e bambini e venti tra maestre e assistenti scolastici. Le bombe che fecero strage in tutta la zona (le vittime totali furono oltre 600) vennero sganciate da una formazione di bombardieri americani che aveva sbagliato rotta e non era riuscito a colpire gli stabilimenti della Breda di Sesto San Giovanni, dove si costruivano armamenti per l’esercito tedesco. Una volta mancato l’obiettivo gli aerei del 451esimo dovevano tornare alla base, che si trovava in Puglia; avrebbero dovuto scaricare gli ordigni sull’Adriatico o in campagna, invece lo fecero su quel quartiere fatto di piccole case, officine, negozi e botteghe artigiane. Un gesto ancora oggi incomprensibile e mai spiegato.
La strage di Gorla è una strage dimenticata, rimossa dalla memoria collettiva, l’Italia aveva bisogno di voltare pagina, di ricostruire e gli americani avevano il merito di averci liberato dal nazismo, così quella tragica macchia venne quasi cancellata.
A ricordare rimasero solo i genitori che avevano perso i figli e poi quei bambini che, per caso, per fortuna, per piccole coincidenze, si erano salvati. Lo hanno fatto con amore e con passione per tutti questi anni, ma con il grande cruccio di non essere riusciti a portare la loro storia e quella dei loro compagni fuori dai confini della città, di sapere che nel resto d’Italia, ma anche in molte parti di Milano, pochissimi la conoscono.

Il Monumento ai Piccolo Martiri di Gorla in piazza Piccoli Martiri a Milano


Esattamente un anno fa, insieme alla giornalista Silvia Nucini, abbiamo cominciato a cercare gli ultimi testimoni, li abbiamo incontrati, ascoltati, registrati e alla fine abbiamo deciso che questa storia meritasse di essere raccontata in un documentario. Insieme al regista Luca Quagliato li abbiamo intervistati a lungo e ne è nato un lavoro profondo e commovente, intitolato “Finché sono al mondo”, che verrà trasmesso da Rai 3 la sera di sabato 19 ottobre.
Ognuno di loro ha condiviso i propri ricordi, le paure, gli incubi, le ferite che sono rimaste aperte per
molto tempo, ma anche il modo in cui ha saputo dare un senso alla sua vita mantenendo vivo il ricordo di quei bambini.
"Finché sono al mondo” è il documentario che ho realizzato insieme a Silvia Nucini, con la regia di Luca Quagliato. Prodotto da Be Water Film, in collaborazione con Rai documentari, realizzato da Enece Film. Sarà trasmesso su RAI 3 la sera del 19 ottobre e sarà disponibile su RAIPlay dal 20 ottobre.
Dei sette protagonisti del nostro documentario, oggi sono rimaste soltanto le cinque donne (Graziella Ghisalberti, Maria Luisa Rumi, Giuditta Trentarossi e Antonietta e Elena Lazzaroni), negli ultimi mesi ci hanno lasciato Giuliano Lazzaroni e Sergio Francescatti, gli ultimi sopravvissuti delle classi maschili della scuola di Gorla. A loro è dedicato il nostro lavoro.

Giuliano Lazzaroni


Sergio Francescatti


Alla fine di ogni intervista, ci fermavamo sempre a parlare “delle notizie del telegiornale sull’Ucraina o su Gaza”; loro scuotevano la testa di fronte all’insensatezza di tante morti di civili innocenti e ci ricordavano che le conseguenze restano per sempre nella testa e nel cuore di chi sopravvive.
Ci dicevano che ogni sera gli resta solo un gesto sconfortato, quello di spegnere la televisione. Ma proprio quell’insensatezza li spinge a continuare a raccontare finché saranno al mondo

10.10.24

«Mi rimanevano 3 anni da vivere a causa di un tumore terminale, ma una nuova passione mi ha rimesso al mondo»

 Un tumore terminale che le lasciava tre anni di vita: «Pensavo che la mia vita fosse finita», ricorda la giovane mamma con angoscia. Poi qualcosa è cambiato e una nuova passione le ha permesso di rinascere, di riprendere in mano il suo futuro e combattere per rimanere il più a lungo

possibile con la sua famiglia, per veder crescere i suoi figli e trovare la felicità, giorno dopo giorno. Ora Michelle sogna di diventare un'atleta e partecipare al triathlon, nonostante non sapesse né nuotare né andare in bici, e questo obiettivo le ha dato modo di esplorare una nuova prospettiva: «Il cancro non mi definisce».

Il viaggio di Michelle

Michelle Hughes aveva 34 anni quando, dopo la nascita del suo terzo figlio, è collassata in casa. Non ci è voluto molto per la diagnosi: numerosi tumori ai polmoni e 15 cisti al fegato. Inoperabili. I dottori le hanno detto che le rimanevano tre anni. La prima reazione è stata terribile: «Improvvisamente ho perso la vita che avevo immaginato per me e la mia famiglia». Poi un sogno l'ha fatta uscire dal tunnel e ha iniziato un percorso per diventare una triatleta, pur non essendosi mai dedicata né alla corsa né al nuoto. Eppure da allora ha preso parte a 12 eventi podistici, tra cui una mezza maratona. Ad agosto ha completato un mezzo triathlon - come riporta il DailyMail - ripercorrendo il tragitto dall'ospedale dove ha ricevuto la diagnosi fino alla sua casa estiva. Proprio quest'impresa è stata trasformata in un breve documentario. Sui social scrive: «Tenevo in braccio il mio bebè di tre settimane ed ero seduta accanto a mio marito quando l'oncologo ha detto che mi restavano cinque anni di vita, probabilmente tre. Le mie bambine avevano cinque e due anni all'epoca». La consapevolezza di non avere molto tempo a sua disposizione l'ha spinta a vivere il più intensamente possibile: «Non avevo capito, allora, che la mia vita era appena iniziata. Mi era stato fatto il dono di sapere che sarebbe stata più breve di quella di molti altri, e dovevo smettere di stare seduta ad aspettare la morte». Alla Michelle è stato diagnosticato un raro sarcoma chiamato emangioendotelioma epitelioide (EHE), che ha origine nelle cellule che rivestono i vasi sanguigni, più comune tra i giovani, gli adulti di mezza età e le donne.Oggi ha 37 anni, sono passati tre anni dalla diagnosi, e ha realizzato il suo sogno: «A tutti i miei compagni che lottano contro il cancro, ai ai sopravvissuti, ai vincitori e a quelli che il cancro ha rubato, lo faccio per voi. Per noi. Ora sono una triatleta».

il mondo all'incontrario è il fascioambasciatore ( Mario vattani ) che denuncia per aver fatto il suo lavoro un giornalista ( lorenzo Tosa)

 



Volete sapere cos’è davvero il mondo al contrario ? E bene, succede che un signore dichiaratamente fascista che non ha mai rinnegato il suo passato faccia l’ambasciatore per la Repubblica Italiana.Succede che un giornalista faccia il suo mestiere e informi i cittadini sul fatto che questo signore sia stato coinvolto in un controverso episodio di pestaggio da parte di un gruppo di estrema destra ai danni di militanti di sinistra, nel 1989, risolto con l’assoluzione ma anche un maxi-risarcimento in sede civile alle due vittime.Succede che l’ambasciatore, mai pentito per le sue idee, quereli e chieda ingenti danni al giornalista, reo di aver fatto il suo mestiere e di aver ricordato anche le sue passate “performance” musicali fascio-rock, sollevando ovvie ragioni di incompatibilità di carica, anche attraverso una petizione pubblica. I protagonisti di questa vicenda sono Mario Vattani, nel ruolo del fasciambasciatore, e Lorenzo Tosa, il coraggioso giornalista.Fra qualche giorno, in questo straordinario mondo al contrario che è diventata l’Italia, Tosa andrà a processo, citato in giudizio da Vattani. Un evidente tentativo di imbavagliare il giornalista. In realtà non mi stupisce, considerando che in questo preciso momento storico viene silenziato Scurati nella televisione pubblica e a Serena Bortone vengono comminati provvedimenti disciplinari, così come a Christian Raimo.È un tempo difficile per giornalisti e intellettuali con la schiena dritta. Ma il potere che prova a mettere il bavaglio ai giornalisti con le querele temerarie deve finirla.Sollevo quindi questo caso cercando di alzare un po’ l’attenzione sul lavoro di Tosa e sul tentativo di intimidirlo da parte del fasciambasciatore.

Manuale di autodifesa I consigli dell’esperto anti aggressione Antonio Bianco dal settimanale giallo 3 puntata

puntate  precedenti   
https://ulisse-compagnidistrada.blogspot.com/2024/09/manuale-di-autodifesa-i-consigli.html


 Ho  ricevuto molte  critiche    e    smail  sorridenti      al post  in  cui   avevo  riportato  le  prime  due  putate  di un corso  di  auto  difesa  .  Purtroppo  l'unica  risposta    è andare  avanti e continuare  .  Infatti   in mancanza   di  una politica  seria   che   combatte  tale  fenomeno  ormai divenuto emergenza , siamo purtroppo   al 3  femminicidio  in due setttmane ,  le elzioni  di autodifesa   proposte dal settmanale  gialllo   e    da me  riportate   sono  l'unico  mezzo  per  contrastare o  ridurre    tale  problematica  .

Ma  ora  basta  polemiche  veniamo  alla terza  puntata 

 LA VIOLENZA DI CHI VIVE VICINO  A NOI È QUELLA PIÙ DANNOSA 

Come vi abbiamo spiegato, i confini rappresentano i limiti che poniamo a noi stessi e agli altri. Non èsempre facile difenderli, soprattutto quando, per il rapporto che ci lega a una persona, abbiamo paura di offenderla. Potremmo sperimentare paura del rifiuto, timore del confronto con l’altro, che potrebbe  sfociare in un conflitto. Finiamo così per accettare situazioni che non ci fanno sentire a nostro agio. Ecco perché è importante porsi domande cruciali: vi capita di rispondere alle emergenze altrui come se fossero le vostre? Dite dei sì che non vorreste veramente dire? Condividete informazioni e fatti personali, senza riuscire a gestire l’invadenza, oppure rinunciate a priori a esprimere i vostri bisogni e a essere ascoltati? Se le vostre risposte sono affermative, è arrivato il momento di mettere a fuoco il vostro con!ne personale per cominciare a difenderlo. Prima di tutto ricordate che stabilire un confine non è “da maleducati”, perché può essere fatto in  modo rispettso. I vantaggi sono grandi: si  guadagna in sicurezza e benessere, si coltiva la sensazione di integrità personale e una più solida consapevolezza del proprio valore, che non va mai persa di vista. Migliora anche la qualità del rapporto, inoltre. Assecondando e  accontentando sempre l’altro, pensiamo erroneamente di non creare problemi e quindi  di rafforzare un’amicizia. Eppure non può far stare bene il fatto di sacri!care sistematicamente i propri bisogni personali per soddisfare quelli altrui. Ci si sente in balia degli altri e ci porta a provare rabbia, finendo alla lunga per logorare un rapporto invece di salvaguardarlo. Esplicitare i propri bisogni e i propri limiti favorisce invece l’instaurarsi di un rapporto franco, autentico, alla pari e basato sul rispetto reciproco. Fate caso a come vi sentite. Le emozioni negative sono sempre il campanello d’allarme di qualcosa che non va per il verso giusto. Rabbia, frustrazione, paura, abbattimento: se ci sono, vanno accolte per cercare di capire da cosa derivano. Ascoltate voi stessi, prima di qualunque altra cosa. 

 le  Le storie che trovate   su  Giallo  Cronaca  vera      oltre  sulle    cronache    dei giornali   e  telegiornali ,   e  sulle  trasmissioni  apposite     dedicate     ai  fatti  di cronaca  lo insegnano: non si 
reagisce a una rapina. Mai. Perché il rapinatore è al  95%  più abile e ancora più nervoso di voi. Quindi se vi fermano per chiedervi il portafogli o un gioiello, fate quello che vi chiedono e basta.E' quello che dic e  anche   Manuel Spadaccini maestroi di KMA  scuola  di  tecniche di difesa personale    ( un’eccellenza italiana per i corsi di Difesa Personale ed è stata scelta per integrare la formazione alla difesa personale nell’Arma dei Carabinieri, nella Polizia di Stato e in molte Polizie Locali.
E’ attiva inoltre nel training del personale impiegato nella protezione di diplomatici dell’ONU, Agenzie di Sicurezza private, Compagnie Aeree ed ovviamente forma anche civili. professionale  )  



È frustrante, sì, ma meglio arrabbiati che morti. La settimana scorsa ( ne ho parlato anch'io sul blog ) un
ragazzo ha difeso una giovane donna ed è morto. Non ne vale la pena: i soldi tornano, la vita no.

Trova due lattine di birra incustodite e le butta nel cestino del museo: erano un'opera d'arte contemporanea

L'arte contemporanea è fatta spesso di opere che hanno oggetti di uso comune come protagonisti, che siano presi dalla vita quotidiana oppure ricreati da zero. Tuttavia, è molto facile non riconoscere questo tipo di opere e scambiarle quindi per semplici oggetti abbandonati da qualcuno. Manca nonostante le
accademie , i liceali \ istituti d'arte , un educazione all'arte contemporanea Un è successo da poco che tecnico dell'ascensore in un museo, ad esempio, ha visto due lattine incustodite e senza pensarci due volte le ha gettate nella spazzatura.Ora, sull’accaduto si potrebbe anche sorridere se costituisse un unicum. Il guaio è che non è la prima volta che una cosa del genere succede nel mondo. Già: può accadere, ed è accaduto in vari luoghi, che allestisci una esposizione di arte contemporanea, ci porti le scolaresche, stampi i depliant e i cataloghi e i manifesti, dirami i comunicati stampa, la inauguri con buffet, inviti alle autorità e hostess. Poi, l’indomani, trovi che l’impresa di pulizie o   u custode  ha buttato via tutto o parte equivocando sul valore di quel che ha scambiato per semplici rifiuti. Secondo  i " puristi " non  riesco  a  biasimarli    e  li comprendo   in parte ,  di  la nuova bussola quotidiana :
<<  ....Un tempo, che un quadro era un quadro lo si vedeva almeno dalla cornice, e una scultura aveva il suo bravo piedestallo. Ora, con le cosiddette «installazioni», come fa un poveraccio di spazzino a capire che un preservativo usato, un topo morto, una cacca seccata, una rivista stracciata, un coperchio di water, un fil di ferro contorto, una gamba di manichino sbrecciata sono opere d’arte? .... prima dell’avvento della contemporaneità chiunque era in grado di leggere un’opera d’arte e fruirne. Dunque, l’arte era «democratica» quando non c’era la democrazia. L’evo contemporaneo ha fatto dell’arte una cosa elitaria, comprensibile solo a pochi. E spesso neanche a questi, dal momento che non è un mistero che ormai un artista debba tutto alle sue capacità di pubbliche relazioni. Un bel progresso. Consiglio per future esposizioni: a far le pulizie metteteci i critici d’arte, i soli che non possono sbagliare . >>
Infatti   è  notizia  di  questi  giorni     
È accaduto nel museo Lam di Lisse, in Olanda: le due lattine di birra, decorate minuziosamente e lievemente ammaccate ( vedere  foto   sopra   a   sinistra  )  per volere di chi le ha concepite, erano un'opera dal nome “All The Good Times We Spent Together”, dell'artista francese Alexandre Lavet.
 L'equivoco Dopo che i curatori del museo si sono accorti della mancanza dell'opera, si sono attivati per cercarla. Le lattine sono state trovate intatte in un cestino del museo e, dopo essere state controllate e lavate, sono state ricollocate al loro posto, ovvero dentro l'ascensore di vetro della struttura. La posizione scelta per quest'opera deve aver favorito l'equivoco nei confronti del tecnico, che può aver pensato che si trattasse di qualche rifiuto lasciato da qualcuno. La direttrice del museo Sietske van Zanten, ha ricordato che il tema della collezione Lam è “cibo e consumo”. L'arte esposta nelle sue sale incoraggia i visitatori a vedere gli oggetti di uso quotidiano da una nuova prospettiva, motivo per il quale le opere sono state esposte in luoghi inaspettati.

9.10.24

Diario di bordo n 81 anno II . lode ai 130 soldati israeliani che si sono rifiutati di combattere per proteggere gli ostaggi , il 7 ottobre non è solo il vigliacco atacco di hamas , cento anni della radio , in rai non sarebbe mai successo che Flavio Insinna dia al ministro Salvini una sottilissima bordata.

stavo iniziando questo  n  dellla rubrica ( strana 😁😲🤔✍🏼🎙🎵 coincidenza visto che uno dei post parlerà de 100 anni della radio ) e  quindi cambio   l'ordine dei post  d'apertura  . leggo  su  msn.it   che 130 soldati israeliani , a cui va tutto il mio appoggio e la mia solidarietà   anche  se  pur  critica  perchè l'hano  fatto  per  gli ostaggi  e  non per   la  pace ,  ma   è  già un  qualcosa anche  se  una  goccia  in mezzo  al mare   delle operazioni militari   , si sono

Gaza, 130 soldati israeliani si sono rifutati di combattere per salvaguardare gli ostaggi
Storia di agi
• 3 ora/e 



AGI - Si rifiutano di combattere a Gaza per non "sottoscrivere la condanna a morte" degli ostaggi ancora nelle mani di Hamas. Un gruppo di 130 soldati dell'esercito israeliano si sono opposti alla continuazione dei combattimenti nella Striscia poiché rappresentano una "sentenza capitale" per i 101 ostaggi ancora nell'enclave palestinese."E' chiaro che la continuazione della guerra a Gaza non solo ritarda il ritorno degli ostaggi ma mette anche in pericolo la loro vita" si legge in una lettera inviata alle autorita' israeliane "molti sono stati uccisi dai bombardamenti dell'Idf, molti di più di quelli che sono stati salvati nelle operazioni militari". "Noi, che abbiamo servito e continuiamo a servire con dedizione, rischiando la vita, annunciamo che se il governo non cambia immediatamente rotta e non si adopera per raggiungere un accordo per riportare a casa gli ostaggi, non saremo in grado di continuare a combattere", prosegue il testo. 

 Adesso veniamo a  quanto  programmato  .   Iniziamo con  una mia  riflessione  a  freddo    sul #7ottobre  

 
Manifestare (pacificamente) per la Palestina non significa negare l’atrocità ingiustificabile degli attacchi del 7 ottobre né essere filo-Hamas o non riconoscere l’enorme complessità di una questione in cui tutti a turno hanno sbagliato con vari gradi di colpe e di responsabilità. Infatti    ciascuno dei  protagonisti  in causa :  Dall'impero  turco\ottomano al Mandato britannico della Palestina, detto anche Palestina mandataria (in inglese Mandatory Palestine; in arabo الانتداب البريطاني على فلسطين?Filasṭīn al-Intidābiyah; in ebraico המנדט הבריטי על פלשתינה (א״י)?haMandát haBríti ʿal Palestína (E.Y.), dove "E.Y." significa Erétz Yisra'él) o semplicemente Palestina  1917\1920-1948  dall'Onu  ,  dagli Arabi   ,  dagli Israeliani e  dai Palestinesi  ha   commesso  come  dicevo  prima   degli errori  e  delle atrocità  .  Significa non piegarsi all’unica e sola voce martellante e a media unificati che dal 7 ottobre scorso ci vuole convincere che Israele ha “diritto di difendersi” con qualsiasi forma e mezzo.Significa ricordare ai sordi e agli indifferenti che dal 7 ottobre scorso, in nome del diritto alla difesa e con la scusa di Hamas, il criminale di guerra Netanyahu ha provocato e s ta  provocando  la morte di oltre 40mila civili innocenti, tra cui un numero incalcolabile di donne e bambini, per la sola colpa di essere nati.Significa rivendicare il diritto e il DOVERE di chiamare le cose col loro nome: e questo si chiama genocidio.Significa distinguere chiaramente la maggioranza silenziosa di israeliani che chiede solo pace, due popoli e due Stati e l combatte  ’oligarchia politica, militare e mediatica di Netanyahu.  e  vuole  vivere  e  coesistere  gli uni  con gli altri  


Domenica 6 ottobre, Pescara per la Palestina.
Foto di Piero Rovigatti
«Siamo qui nella fede che ci sarà la possibilità di costruire una Terra Santa migliore, un Israele, una Palestina in cui si può vivere in pace e nella mutua accoglienza. Certamente non sarà facile e ci vorrà tanto tanto sforzo ma è l’unica vera soluzione possibile.
E i segnali ci 
sono, piccoli, nascosti… La continua amicizia tra individui e gruppi israeliani e palestinesi, la lotta non violenta dei rabbini per i diritti umani che sostengono e accompagnano famiglie e villaggi beduini minacciati, il rifiuto alle armi di alcuni giovani israeliani che preferiscono la prigione all’uccisione, l’impegno delle chiese cristiane nel dialogo con ebrei e mussulmani…»
da La forza del popolo di Gaza - Comune-info di (Giovanna Sguazza, missionaria comboniana)



Significa scegliere di difendere e sostenere la parte in causa in assoluto più debole, abbandonata, dimenticata, sradicata, deumanizzata e perseguitata della Terra negli ultimi decenni. Che non è né Israele né Hamas. È la popolazione civile palestinese di Gaza.Questo non vuol dire né odiare Israele e meno che mai - con quel ricatto insopportabile che prima o poi esce fuori - essere antisemiti.Significa solo essere, e possibilmente restare, umani. E mi aspetto, anzi pretendo, che una sinistra (  ed  eventualmente  anche se ci credo poco )  degna di questo nome abbia ancora la forza, la capacità e la credibilità per urlarlo anche in piazza, civilmente e a testa alta. Senza paura.Questo post, come tutti quelli che parlano di Israele e Palestina, avrà una portata organica prossima allo 0 virgola.Se volete, possiamo diffonderlo maggiormente condividendolo, col potere del passaparola, e questo vale per tutti i contenuti sul tema prodotti da chiunque, non importa quanto la pagina sia seguita.

......

In questi   giorni   ricorrono   i   100  anni dellaradio  . A  differenza dei rispett a vari bla.. bla ... bla che sentiamo in tv o sui giornali non saprei cosa dire lascio che a parlare per me ed a testimoniare di come la radio nonostante i. cambiamenti epocali a ci essa a dato origine e partecipato sia ancora viva ed infliuisca sulle nostre vite e creazioni , sono ( io ne ho trovato solo tre magari ci saranno altre , se le avete segnalatemele nei commenti o qui sulle appendici social )







il film radio freccia 


e l'albetto voci dall'incubo allegato al n 457 di dylan l'anteprima contemporanea di Prix Italia speciale Dylan Dog alla Radio: Voci dall'Incubo Un evento di pura sperimentazione multimediale e



multipiattaforma, ideato e scritto da Armando Traverso e realizzato in collaborazione con Sergio Bonelli Editorie, Rai Radio e RaiPlay Sound che andrà in onda il 12 ottobre
A vestire i panni dell'indagatore dell'incubo Lino Guanciale, che insieme ad un eccezionale cast di doppiatori propone un medley delle sceneggiature a fumetti più iconiche di Dylan Dog : Grand Guinol e Ghost hotel firmate da Tiziano Sclavi, riadattate per l'occasione.  IL  che  dimostra      che la  radio  ha  ancora     la  si  ascolti in  internet   \  cellulare , dalla macchina  ,  dalla  tv ,  dallo  stereo   ,  radio   è  un mezzo  che   lascia  molt  o spazio all'immaginazione   e  alla   fantasia e     ti  fare  certi viaggi con la mente   più  che    le  droghe   ed i paradisi artificiali   oltre che  di denuncia  politico sociale 
 da : Radio Sardegna che   fu  la prima radio libera in Italia dopo venti anni di dittatura.
Nacque a Bortigali nel 1943 ed è stata la prima radio al mondo ad annunciare, da Cagliari il 7 maggio 1945, la fine della guerra in Europa. radicalle  radio   dei  movimenti   e  delle  battagli e  civili     degli  anni  60\80  (    radio alice del  movimento  del 77  ,radio out di peppino impastato , radio sherwood  dei   centri sociali  del nord  est  ,  radio   gap   del movimento  no  global  genova2001 ,   radio radicale  , ecc  )   e   tutte le  altre radio  private   e  locali    


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Ieri sera Flavio Insinna ci ha regalato una piccola perla delle sue, dando al ministro Salvini una sottilissima bordata.Rivolgendosi scherzosamente a un giovane concorrente, ha detto:“Loro fanno dei lavori veri. Tu, invece, Manuel, sei un tiktoker… Fai video su TikTok?”“Esatto”.“E da
grande vuoi fare il ministro? Che poi vai in giro a fare i tiktok con i salami.”
Uno scherzo, ma neanche troppo.Immaginatevi solo cosa sarebbe successo se Insinna avesse detto un quarto di tutto ciò in Rai: denunce, post, interrogazioni parlamentari In fondo, è anche la ragione per cui uno come Insinna piaccia o non mi piaccia ( a me per esempio non piace granchè ) , uno con un pensiero proprio e uno spirito critico, in questa Rai non c’è e non ci sarà mai. Un po' pessimista ma purtroppo al di là delle commento ideologico del Tosa è vero conoscendo la storia dei 70 anni della Rai e del suo asservimento e lottizazione ai partiti governativi prima e poi ai vari presidenti del consiglio dopo la fine della prima repubblica

pagliacciata italo - albanese ., Striscione per Gaza, annullata la multa all'apicoltore di Desio I carabinieri di Monza hanno annullato in autotutela la sanzione., una destra sempre più estrema e oscurantista ha votato un vero e proprio abominio politico e giuridico.,

      iniziamo con   una  risata  #Albania   #Italia   #persone   #migranti Ieri  su  #Blob   BLOB   Simona Buonaiuto   #giorgiaisland  vign...