La cinviltà nuragica rilanciata da francesi e tedeschi Storia di YE6-CT 1giorno/i
Nostra patria è il mondo intero e nostra legge è la libertà
13.10.24
gl stranieri amano più di noi la storia italiana . La civiltà nuragica rilanciata da francesi e tedeschi
diario di Bordo n 81 anno II "Vergognatevi", il fratello di Totò Schillaci contro la Rai., Da poliziotta a suora: «Così continuo ad aiutare le vittime della violenza»., la seconmda vita di armanda gallius scampata ad uno stalker., trisnonna a 85 anni
L’attore e doppiatore Luca Ward ha letto un messaggio in sua memoria e invitato il pubblico a inscenare una coreografia di luci con i telefonini per dare maggiore
------
L’hanno cercata ben 8 emittenti televisive: Il boccone del resto era ghiotto: la suora-poliziotta, la religiosa che trent’anni fa arrestava i malfattori, oggi lavora perché nella Chiesa nessuno più abusi dei minori. Suor Tosca Ferrante, originaria di Visciano (5mila abitanti in provincia di Napoli) si è negata: a lei quell’etichetta sta stretta, anche se non rinnega nulla di quando, prima della professione religiosa, a 19 anni decise di entrare in polizia. Una confidenza ad Avvenire però la concede: quello che l’aveva convinta era stata la serie televisiva degli anni Ottanta “CHiPs”, due poliziotti in moto che facevano del bene al prossimo.
Suor Tosca nel 2024 ha compiuto 55 anni, ha festeggiato i 25 di professione religiosa ed è stata eletta superiora generale delle suore Apostoline di Castel Gandolfo, l’ultima creatura del beato don Giacomo Alberione. Laureata in psicologia dopo la professione religiosa, oggi coordina il Servizio di tutela minori delle diocesi toscane e di quello diocesano di Pisa; spesso è in trasferta per tenere corsi di formazione per gli operatori pastorali, ed è stato proprio in occasione di un seminario a Pistoia, qualche giorno fa, che la sua storia di suora-poliziotta è stata “intercettata”.
Quando si pensa a una persona in divisa, con pistola e manette, la si associa spesso a un potere. Invece io ho vissuto l’esperienza in Polizia come servizio alla collettività.
Come hanno vissuto i suoi genitori la sua scelta giovanile?
Mio padre faceva il muratore, mia madre la casalinga, entrambi molto credenti, iscritti all’Azione Cattolica. Mio padre è stato molto tempo all’estero, in Venezuela e in Germania e ha trasmesso a me e a m io fratello, che lavora nell’Esercito, il valore della giustizia e dell’aiuto al prossimo. La Polizia è stato il mio primo spazio in cui incarnare quei valori. Quindi sì, dopo il disorientamento iniziale, sono stati favorevoli alla mia scelta.
Quali sono stati i suoi primi incarichi?
All’inizio sono stata a Roma, al Commissariato di Tor Pignattara. Dopo due anni e mezzo sono stata trasferita a Napoli, all’Ufficio stranieri. La sera andavamo negli alberghi a recuperare le prostitute per dar loro il foglio di via. Ho incontrato tante persone sofferenti: delinquenti, tossicodipendenti, giovani donne vittime della tratta, stranieri in attesa di permesso di soggiorno spesso vittime di raggiri: insomma tanta povertà, tanto vuoto e anche tanto male. E questo mi ha permesso di comprendere qual era la mia vocazione: ho sentito che Dio mi chiamava a donare tutta la mia vita.
E ha scelto la vita religiosa. Come è accaduto?
È stato un percorso, iniziato a 15 anni quando andai a Castel Gandolfo, dalle Suore Apostoline, per un’esperienza estiva. Ho sempre continuato a frequentarle, anche durante i miei cinque anni di lavoro in Polizia. Un giorno mi venne chiesto di vigilare su un minorenne che aveva compiuto un furto, il primo della sua vita. Dopo un po’ che parlavamo, lui iniziò a piangere, era spaventato. Poi mi disse: “Ho paura, mi dai un abbraccio?”. Non potevo, ero in divisa. Tornata a casa, mi guardai allo specchio e dissi: “Ma chi stai diventando?”.
Il carisma delle suore Apostoline, di cui lei è la superiora generale, è vocazionale, cioè stare accanto ai giovani affinché ciascuno trovi la sua strada e a chi ha già fatto una scelta di vita e vive un tempo di difficoltà vocazionale. Lei ha raccontato che da bambina voleva diventare maestra o infermiera, poi è diventata poliziotta e ora è psicologa e suora. È un po’ un cerchio che si chiude?
Mi pare che ciò che accomuna queste esperienze è la dimensione della cura della persona, attraverso l’ascolto, per garantire a tutti di stare al mondo con dignità.
Nel 2020 la Conferenza episcopale italiana ha istituito i Servizi diocesani e regionali per la tutela dei minori. Lei coordina quelli di Pisa e della Toscana. Questa rete anti-abusi funziona?
Sì, funziona. La chiave del servizio è la ricerca delle verità e trovare strade perché ciò che è accaduto non accada mai più. Una strada è la formazione: molto del nostro lavoro è richiamare alla responsabilità dell’essere adulti a coloro che operano in contesti parrocchiali. La fatica per i giovani è trovare punti di riferimento a cui guardare, adulti affidabili, maturi, che siano in grado di accompagnarli nella loro ricerca di senso.
Nelle diocesi, accanto ai Servizi di tutela, ci sono anche i Centri di ascolto, a cui arrivano segnalazioni di casi o testimonianze. Ha incontrato anche vittime di abusi?
«Il piccolo Alessio mi ha reso trisnonna, è un dono di Dio»
12.10.24
Niccolò Fabi - Vince Chi Molla
11.10.24
Razzismo e antisemitismo
lunedì 30 settembre 2024 |
(del filosofo fenomenologo Vincenzo Costa)
(del filosofo fenomenologo Vincenzo Costa)
Finché sono al mondo. sopravvissuti al bombardamento del 20 ottobre 1944 alla scuola Francesco Crispi nel quartiere Gorla di Milano, allora erano solo bambine e bambini. ricordano
fu a 20 anni che dopo aver letto che il 20 ottobre del 1944 cioè Ottanta anni fa la scuola elementare Francesco Crispi di Milano veniva colpita da una bomba americana. Un errore che provocò la morte di almeno 184 bambini e 20 tra maestre e bidelli: è la strage di Gorla, un pezzo di storia a lungo dimenticato. Con Silvia Nucini abbiamo incontrato i sopravvissuti che per tutta la vita hanno voluto ricordare i loro compagni mai diventati grandi. È nato “Finché sono al mondo” un documentario sulle conseguenze infinite della guerra nella vita delle persone che passai dal belliccismo al pacifismo e alla non violenza
dalla Newsletters di Mario calabresi
Quanto può durare il trauma di un bombardamento, per quanti giorni, mesi, anni possono continuare a riaffiorare paure, incubi e dolore? La risposta è semplice e terribile: per tutta la vita. Me lo hanno raccontato Graziella, Maria Luisa, Giuditta, Antonietta, Elena, Giuliano e Sergio sopravvissuti ottant’anni fa alla bomba che centrò il tetto della loro scuola elementare, si infilò nella tromba delle scale e scoppiò di fronte alle cantine dove si erano rifugiati molti dei loro compagni.
I sopravvissuti al bombardamento del 20 ottobre 1944 alla scuola Francesco Crispi nel quartiere Gorla di Milano, allora erano solo bambine e bambini. Insieme a Silvia Nucini abbiamo raccolto le loro testimonianze
Era il 20 ottobre 1944, una splendida giornata di sole, e quel giorno nella scuola Francesco Crispi del quartiere milanese di Gorla morirono 184 bambine e bambini e venti tra maestre e assistenti scolastici. Le bombe che fecero strage in tutta la zona (le vittime totali furono oltre 600) vennero sganciate da una formazione di bombardieri americani che aveva sbagliato rotta e non era riuscito a colpire gli stabilimenti della Breda di Sesto San Giovanni, dove si costruivano armamenti per l’esercito tedesco. Una volta mancato l’obiettivo gli aerei del 451esimo dovevano tornare alla base, che si trovava in Puglia; avrebbero dovuto scaricare gli ordigni sull’Adriatico o in campagna, invece lo fecero su quel quartiere fatto di piccole case, officine, negozi e botteghe artigiane. Un gesto ancora oggi incomprensibile e mai spiegato.
La strage di Gorla è una strage dimenticata, rimossa dalla memoria collettiva, l’Italia aveva bisogno di voltare pagina, di ricostruire e gli americani avevano il merito di averci liberato dal nazismo, così quella tragica macchia venne quasi cancellata.
A ricordare rimasero solo i genitori che avevano perso i figli e poi quei bambini che, per caso, per fortuna, per piccole coincidenze, si erano salvati. Lo hanno fatto con amore e con passione per tutti questi anni, ma con il grande cruccio di non essere riusciti a portare la loro storia e quella dei loro compagni fuori dai confini della città, di sapere che nel resto d’Italia, ma anche in molte parti di Milano, pochissimi la conoscono.
Il Monumento ai Piccolo Martiri di Gorla in piazza Piccoli Martiri a Milano
Esattamente un anno fa, insieme alla giornalista Silvia Nucini, abbiamo cominciato a cercare gli ultimi testimoni, li abbiamo incontrati, ascoltati, registrati e alla fine abbiamo deciso che questa storia meritasse di essere raccontata in un documentario. Insieme al regista Luca Quagliato li abbiamo intervistati a lungo e ne è nato un lavoro profondo e commovente, intitolato “Finché sono al mondo”, che verrà trasmesso da Rai 3 la sera di sabato 19 ottobre.
Ognuno di loro ha condiviso i propri ricordi, le paure, gli incubi, le ferite che sono rimaste aperte per molto tempo, ma anche il modo in cui ha saputo dare un senso alla sua vita mantenendo vivo il ricordo di quei bambini.
"Finché sono al mondo” è il documentario che ho realizzato insieme a Silvia Nucini, con la regia di Luca Quagliato. Prodotto da Be Water Film, in collaborazione con Rai documentari, realizzato da Enece Film. Sarà trasmesso su RAI 3 la sera del 19 ottobre e sarà disponibile su RAIPlay dal 20 ottobre.
Dei sette protagonisti del nostro documentario, oggi sono rimaste soltanto le cinque donne (Graziella Ghisalberti, Maria Luisa Rumi, Giuditta Trentarossi e Antonietta e Elena Lazzaroni), negli ultimi mesi ci hanno lasciato Giuliano Lazzaroni e Sergio Francescatti, gli ultimi sopravvissuti delle classi maschili della scuola di Gorla. A loro è dedicato il nostro lavoro.
Giuliano Lazzaroni
Sergio Francescatti
Alla fine di ogni intervista, ci fermavamo sempre a parlare “delle notizie del telegiornale sull’Ucraina o su Gaza”; loro scuotevano la testa di fronte all’insensatezza di tante morti di civili innocenti e ci ricordavano che le conseguenze restano per sempre nella testa e nel cuore di chi sopravvive.
Ci dicevano che ogni sera gli resta solo un gesto sconfortato, quello di spegnere la televisione. Ma proprio quell’insensatezza li spinge a continuare a raccontare finché saranno al mondo
10.10.24
«Mi rimanevano 3 anni da vivere a causa di un tumore terminale, ma una nuova passione mi ha rimesso al mondo»
Un tumore terminale che le lasciava tre anni di vita: «Pensavo che la mia vita fosse finita», ricorda la giovane mamma con angoscia. Poi qualcosa è cambiato e una nuova passione le ha permesso di rinascere, di riprendere in mano il suo futuro e combattere per rimanere il più a lungo
possibile con la sua famiglia, per veder crescere i suoi figli e trovare la felicità, giorno dopo giorno. Ora Michelle sogna di diventare un'atleta e partecipare al triathlon, nonostante non sapesse né nuotare né andare in bici, e questo obiettivo le ha dato modo di esplorare una nuova prospettiva: «Il cancro non mi definisce».Il viaggio di Michelle
Michelle Hughes aveva 34 anni quando, dopo la nascita del suo terzo figlio, è collassata in casa. Non ci è voluto molto per la diagnosi: numerosi tumori ai polmoni e 15 cisti al fegato. Inoperabili. I dottori le hanno detto che le rimanevano tre anni. La prima reazione è stata terribile: «Improvvisamente ho perso la vita che avevo immaginato per me e la mia famiglia». Poi un sogno l'ha fatta uscire dal tunnel e ha iniziato un percorso per diventare una triatleta, pur non essendosi mai dedicata né alla corsa né al nuoto. Eppure da allora ha preso parte a 12 eventi podistici, tra cui una mezza maratona. Ad agosto ha completato un mezzo triathlon - come riporta il DailyMail - ripercorrendo il tragitto dall'ospedale dove ha ricevuto la diagnosi fino alla sua casa estiva. Proprio quest'impresa è stata trasformata in un breve documentario. Sui social scrive: «Tenevo in braccio il mio bebè di tre settimane ed ero seduta accanto a mio marito quando l'oncologo ha detto che mi restavano cinque anni di vita, probabilmente tre. Le mie bambine avevano cinque e due anni all'epoca». La consapevolezza di non avere molto tempo a sua disposizione l'ha spinta a vivere il più intensamente possibile: «Non avevo capito, allora, che la mia vita era appena iniziata. Mi era stato fatto il dono di sapere che sarebbe stata più breve di quella di molti altri, e dovevo smettere di stare seduta ad aspettare la morte». Alla Michelle è stato diagnosticato un raro sarcoma chiamato emangioendotelioma epitelioide (EHE), che ha origine nelle cellule che rivestono i vasi sanguigni, più comune tra i giovani, gli adulti di mezza età e le donne.Oggi ha 37 anni, sono passati tre anni dalla diagnosi, e ha realizzato il suo sogno: «A tutti i miei compagni che lottano contro il cancro, ai ai sopravvissuti, ai vincitori e a quelli che il cancro ha rubato, lo faccio per voi. Per noi. Ora sono una triatleta».
il mondo all'incontrario è il fascioambasciatore ( Mario vattani ) che denuncia per aver fatto il suo lavoro un giornalista ( lorenzo Tosa)
Manuale di autodifesa I consigli dell’esperto anti aggressione Antonio Bianco dal settimanale giallo 3 puntata
puntate precedenti
https://ulisse-compagnidistrada.blogspot.com/2024/09/manuale-di-autodifesa-i-consigli.html
Ho ricevuto molte critiche e smail sorridenti al post in cui avevo riportato le prime due putate di un corso di auto difesa . Purtroppo l'unica risposta è andare avanti e continuare . Infatti in mancanza di una politica seria che combatte tale fenomeno ormai divenuto emergenza , siamo purtroppo al 3 femminicidio in due setttmane , le elzioni di autodifesa proposte dal settmanale gialllo e da me riportate sono l'unico mezzo per contrastare o ridurre tale problematica .
Ma ora basta polemiche veniamo alla terza puntata
LA VIOLENZA DI CHI VIVE VICINO A NOI È QUELLA PIÙ DANNOSA
Come vi abbiamo spiegato, i confini rappresentano i limiti che poniamo a noi stessi e agli altri. Non èsempre facile difenderli, soprattutto quando, per il rapporto che ci lega a una persona, abbiamo paura di offenderla. Potremmo sperimentare paura del rifiuto, timore del confronto con l’altro, che potrebbe sfociare in un conflitto. Finiamo così per accettare situazioni che non ci fanno sentire a nostro agio. Ecco perché è importante porsi domande cruciali: vi capita di rispondere alle emergenze altrui come se fossero le vostre? Dite dei sì che non vorreste veramente dire? Condividete informazioni e fatti personali, senza riuscire a gestire l’invadenza, oppure rinunciate a priori a esprimere i vostri bisogni e a essere ascoltati? Se le vostre risposte sono affermative, è arrivato il momento di mettere a fuoco il vostro con!ne personale per cominciare a difenderlo. Prima di tutto ricordate che stabilire un confine non è “da maleducati”, perché può essere fatto in modo rispettso. I vantaggi sono grandi: si guadagna in sicurezza e benessere, si coltiva la sensazione di integrità personale e una più solida consapevolezza del proprio valore, che non va mai persa di vista. Migliora anche la qualità del rapporto, inoltre. Assecondando e accontentando sempre l’altro, pensiamo erroneamente di non creare problemi e quindi di rafforzare un’amicizia. Eppure non può far stare bene il fatto di sacri!care sistematicamente i propri bisogni personali per soddisfare quelli altrui. Ci si sente in balia degli altri e ci porta a provare rabbia, finendo alla lunga per logorare un rapporto invece di salvaguardarlo. Esplicitare i propri bisogni e i propri limiti favorisce invece l’instaurarsi di un rapporto franco, autentico, alla pari e basato sul rispetto reciproco. Fate caso a come vi sentite. Le emozioni negative sono sempre il campanello d’allarme di qualcosa che non va per il verso giusto. Rabbia, frustrazione, paura, abbattimento: se ci sono, vanno accolte per cercare di capire da cosa derivano. Ascoltate voi stessi, prima di qualunque altra cosa.E’ attiva inoltre nel training del personale impiegato nella protezione di diplomatici dell’ONU, Agenzie di Sicurezza private, Compagnie Aeree ed ovviamente forma anche civili. professionale )
È frustrante, sì, ma meglio arrabbiati che morti. La settimana scorsa ( ne ho parlato anch'io sul blog ) un
ragazzo ha difeso una giovane donna ed è morto. Non ne vale la pena: i soldi tornano, la vita no.
Trova due lattine di birra incustodite e le butta nel cestino del museo: erano un'opera d'arte contemporanea
9.10.24
Diario di bordo n 81 anno II . lode ai 130 soldati israeliani che si sono rifiutati di combattere per proteggere gli ostaggi , il 7 ottobre non è solo il vigliacco atacco di hamas , cento anni della radio , in rai non sarebbe mai successo che Flavio Insinna dia al ministro Salvini una sottilissima bordata.
AGI - Si rifiutano di combattere a Gaza per non "sottoscrivere la condanna a morte" degli ostaggi ancora nelle mani di Hamas. Un gruppo di 130 soldati dell'esercito israeliano si sono opposti alla continuazione dei combattimenti nella Striscia poiché rappresentano una "sentenza capitale" per i 101 ostaggi ancora nell'enclave palestinese."E' chiaro che la continuazione della guerra a Gaza non solo ritarda il ritorno degli ostaggi ma mette anche in pericolo la loro vita" si legge in una lettera inviata alle autorita' israeliane "molti sono stati uccisi dai bombardamenti dell'Idf, molti di più di quelli che sono stati salvati nelle operazioni militari". "Noi, che abbiamo servito e continuiamo a servire con dedizione, rischiando la vita, annunciamo che se il governo non cambia immediatamente rotta e non si adopera per raggiungere un accordo per riportare a casa gli ostaggi, non saremo in grado di continuare a combattere", prosegue il testo.
Domenica 6 ottobre, Pescara per la Palestina. Foto di Piero Rovigatti |
E i segnali ci sono, piccoli, nascosti… La continua amicizia tra individui e gruppi israeliani e palestinesi, la lotta non violenta dei rabbini per i diritti umani che sostengono e accompagnano famiglie e villaggi beduini minacciati, il rifiuto alle armi di alcuni giovani israeliani che preferiscono la prigione all’uccisione, l’impegno delle chiese cristiane nel dialogo con ebrei e mussulmani…»
......
In questi giorni ricorrono i 100 anni dellaradio . A differenza dei rispett a vari bla.. bla ... bla che sentiamo in tv o sui giornali non saprei cosa dire lascio che a parlare per me ed a testimoniare di come la radio nonostante i. cambiamenti epocali a ci essa a dato origine e partecipato sia ancora viva ed infliuisca sulle nostre vite e creazioni , sono ( io ne ho trovato solo tre magari ci saranno altre , se le avete segnalatemele nei commenti o qui sulle appendici social )
A vestire i panni dell'indagatore dell'incubo Lino Guanciale, che insieme ad un eccezionale cast di doppiatori propone un medley delle sceneggiature a fumetti più iconiche di Dylan Dog : Grand Guinol e Ghost hotel firmate da Tiziano Sclavi, riadattate per l'occasione. IL che dimostra che la radio ha ancora la si ascolti in internet \ cellulare , dalla macchina , dalla tv , dallo stereo , radio è un mezzo che lascia molt o spazio all'immaginazione e alla fantasia e ti fare certi viaggi con la mente più che le droghe ed i paradisi artificiali oltre che di denuncia politico sociale da : Radio Sardegna che fu la prima radio libera in Italia dopo venti anni di dittatura.
Nacque a Bortigali nel 1943 ed è stata la prima radio al mondo ad annunciare, da Cagliari il 7 maggio 1945, la fine della guerra in Europa. radicalle radio dei movimenti e delle battagli e civili degli anni 60\80 ( radio alice del movimento del 77 ,radio out di peppino impastato , radio sherwood dei centri sociali del nord est , radio gap del movimento no global genova2001 , radio radicale , ecc ) e tutte le altre radio private e locali
pagliacciata italo - albanese ., Striscione per Gaza, annullata la multa all'apicoltore di Desio I carabinieri di Monza hanno annullato in autotutela la sanzione., una destra sempre più estrema e oscurantista ha votato un vero e proprio abominio politico e giuridico.,
iniziamo con una risata #Albania #Italia #persone #migranti Ieri su #Blob BLOB Simona Buonaiuto #giorgiaisland vign...
-
https://www.cuginidicampagna.com/portfolio-item/preghiera/ Una storia drammatica ma piena di Amore.Proprio come dice la canzone Una stor...
-
dalla nuova sardegna del 17\10\2011 di Paolo Matteo Meglio le manette ai polsi, piuttosto che una pallottola in testa. C...
-
Aveva ragione de Gregori quando cantava : un incrocio di destini in una strana storia di cui nei giorni nostri si è persa la memor...