Premetto che quando crollo la prima repubblica ( termine che abborro visto è un termine politicamente improprio coem dice lo stesso aldo giannuli http://www.aldogiannuli.it/e-corretto-dire-che-siamo-nella-seconda-repubblica/ e poi la corruzione ancora continupo più di prima . https://it.businessinsider.com/il-magna-magna-italiano-raccontato-da-un-manager-pubblico-dalle-alghe-ai-vestiti-usati-dalla-sabbia-ai-rifiuti/ corruzione ) avevo 16 anni e quind non ho esperienze dirette . L'unica cosa che posso dire e che non fu solo corruzione , mafia , strategia dela tensione , ecc e continuità il fascismo .Ma fu anche una repubblica di ideali e di uomini colti e Infatti vedendo trasmissioni e leggendo oltre a sentire i mie genitori e parenti oltre chi ha vissuto quel periodo , posso che condividere questa testimonianza riportata in un commento al video in questione
Sgombriamo il campo da ogni equivoco: erano dei farabutti, punto e basta. Persone che per anni ed anni hanno utilizzato il proprio potere politico, ottenuto spesso carpendo la buona fede dell'elettorato, al fine di riempirsi le tasche. E Tangentopoli (pur con tutti i suoi limiti) lo ha ampiamente dimostrato.
E' però altrettanto vero -e parlo da vecchio milanese- che quegli Anni Ottanta sono stati scintillanti. Sono di centro-destra, non ho mai votato PSI e non sono mai stato un craxiano, non ho ricordi positivi delle giunte Tognoli e Pillitteri. Ma l'ottimismo che pervadeva la società, il benessere economico, quella sensazione di serenità per il presente e per l'avvenire li rimpiango molto. Si trovava lavoro senza problemi, gli stipendi consentivano un buon tenore di vita... Più in generale, si sorrideva di più. Oggi, tra i mille problemi di questa società, vedo solo malinconia
ecco due storie la prima
Se non avesse incontrato Bettino Craxi probabilmente Paolo Pillitteri
non si sarebbe dedicato alla politica ma alla sua vera passione: il cinema. E anche oggi nel suo studio milanese, a dominare la scena tra libri e ricordi, c'è un enorme quadro dell'ex leader del Psi che così tanto ha influenzato la sua vita. Pillitteri è stato il sindaco della "Milano da bere", parlamentare ed esponente politico socialista di rilievo. Ma, per molti, è stato soprattutto il cognato di Craxi: "Finché ero nel partito socialdemocratico, a nessuno interessava il fatto che fossi sposato con la sorella di Bettino, Rosilde. Ma quando tornai nel Psi, tutti cominciarono a chiamarmi in questo modo. Io la presi sul ridere e iniziai addirittura a firmare alcune mie dichiarazioni come CDC: cognato di Craxi". Dalla celebrazione delle nozze tra Silvio Berlusconi e Veronica Lario come primo cittadino, al lancio delle monetine a Craxi davanti all'Hotel Raphael nel 1993, dopo lo scoppio di Tangentopoli. "Uno dei più grandi rimpianti che mi porto dietro, è stato quello di non poter essere stato presente ai funerali di Bettino ad Hammamet: avevo un processo in corso e il giudice mi proibì l'espatrio"
la seconda tratta da http://www.secoloditalia.it/2017/03/
che dimostra la cultura e la moralità ( si dimettevano e non arrivavano a farsi leggi ad personam o tana liberi tutti )
Don Olindo, il cappellano della Rsi che preferì “la notte fascista” alla Dc…
di ANTONIO PANNULLOlunedì 13 marzo 2017 - 13:27
Niente da fare, il Movimento Sociale Italiano è stato davvero un “partito differente”, in tutti i suoi aspetti: nelle sue file abbiamo avuto anche un sacerdote-onorevole, don Olindo Del Donno, e non era un prete qualunque: classe 1912, sannita, quattro lauree, medaglia d’argento al valor militare, croce di guerra, cappellano della Repubblica Sociale, scrittore, saggista, deputato della fiamma dal 1976 al 1992. Ma non è finita: uomo ironico, di grandissima cultura e di eloquio raffinato e trascinante, alternava citazioni in latino con motti di Dante, San Giacomo, intercalato da frasi delle Scritture e dalle lettere di San Paolo. Così, come se nulla fosse. Lo scoprì a apprezzò per primo Pinuccio Tatarella, che nella campagna elettorale del 1976 se lo portò in Puglia in tutti i comizi elettorali, dove conquistò tutti con la sua oratoria colta ed erudita. Fu tanto apprezzato che quell’anno don Olindo fu eletto con 36mila voti di preferenza, cosa che bloccò l’elezione di Pinuccio relegandolo tra il primo dei non eletti. Come scrisse qualcuno, fu un vero scherzo da prete, però Pinuccio se lo doveva aspettare: quell’uomo trascinava le folle, con il suo semplice ma efficace programma elettorale: Dio, Patria e Famiglia. E poi aveva fatto la Repubblica ed era stato tra i primi aderenti del Msi in Puglia. Come scrisse, «scelgo le tenebre anziché la luce; alla stella che guida la Dc verso Betlemme preferisco la notte fascista». Oggi ricorre l’anniversario della sua morte, il 13 marzo del 2009, quandò morì all’età di 97 anni. Olindo Del Donno fu, se non erriamo, il terzo sacerdote-onorevole della storia parlamentare italiana: il primo, don Romolo Murri, è addirittura prefascista, perché fondò la Lega democratica nel 1905, rompendo però con la Chiesa e venendo scomunicato; l’altro fu don Luigi Sturzo, padre della Democrazia Cristiana. Poi ci fu Baget Bozzo, che però fu europarlamentare prima con i socialisti poi con Forza Italia. Del Donno non aderì mai alla Dc, sostenendo di preferire la “notte fascista”, e poi perché riteneva che un forte Msi avrebbe convinto lo scudocrociato a spostarsi a destra.
Don Olindo fece anche la Campagna di Russia
Notizie della sua biografia le prendiamo da Realtà sannita; Del Donno infatti era originario di Santa Croce del Sannio. Fu chiamato “il prete nero”, “il nostalgico di Dio”, secondo una felice definizione di Luciano Cirri. Nel paesino natale trascorse un’infanzia felice, rimanendo colpito dalla figura di don Bosco, cosa che lo spinse ad entrare nel Seminario Salesiano di Genzano, alle porte di Roma, dove si distinse per la sua intelligenza e per l’impegno negli studi. Si laureò in teologia all’Università Gregoriana di Roma e fu ordinato sacerdote nel 1937. Subito dopo conseguì anche la laurea in Lettere all’Università La Sapienza di Roma e iniziò la carriera di insegnante. Ma lo scoppio della guerra modificò i suoi piani: chiese e ottenne di partire volontario e fu arruolato in un reggimento di artiglieria a cavallo prendendo parte alla Campagna di Grecia, dove ottenne la Croce di guerra al valor militare. Partecipò poi alla Campagna di Russia dove ottenne la medaglia di argento per il suo coraggioso comportamento nella battaglia di Natale che infuriò nel settore Mikailowski-Ivanowski: “Mentre trovavasi presso un gruppo di batterie impegnate in aspri combattimenti, si prodigava oltre ogni limite per dare ai soldati la sua assistenza spirituale, spingendosi fin sulle prime linee incurante di ogni rischio. Due giorni dopo si recava in una località da poco riconquistata per dare sepoltura ad alcuni artiglieri ivi caduti. Gravemente ferito mentre adempiva tale atto pietoso, sopportava stoicamente il dolore rivolgendo a chi lo soccorreva e al comandante del gruppo, parole ispirate ad un alto senso di patriottismo e mentre veniva trasportato nella barella, ripeteva più volte il grido: Viva l’Italia. Esempio a tutti delle più alte virtù di sacerdote e di soldato”. Ebbe pure tre encomi.
Don Olindo scelse la Rsi: lo imponeva la coscienza
Dopo l’8 settembre compì senza esitare la sua scelta per la Repubblica Sociale, passando la linea Gotica di notte in modo avventuroso per raggiungere Mussolini al Nord. “La mia fu una testimonianza di fede religiosa e di fedeltà alla bandiera. Un impegno per la patria, che era stata bistrattata, ma anche un’esigenza per la nostra coscienza”. Tornato dal fronte, dopo la guerra prese altre due lauree, in Filosofia e Pedagogia, diventando prima Preside e poi Ispettore del ministero della Pubblica Istruzione. Nel 1976, l’elezione alla Camera nel collegio Bari-Foggia, dove rimase per quattro legislature. Apprezzato dai colleghi parlamentari per il suo impegno e la sua rettitudine, svolse un’attività molto intensa, tra interventi, proposte di legge, interrogazioni. L’unica disavventura la ebbe nel 1989 quando, a sorpresa e senza aver avvisato nessuno, votò, unico missino, la fiducia al governo Andreotti VI, tanto che il presidente della Camera pensò di non aver capito bene, tanto che lui sillabò: “Sì, fa-vo-re-vo-le!”. Per questo l’allora segretario Gianfranco Fini lo sospese. In realtà Fini non lo amava molto politicamente, a causa delle sue mai interrotte amicizie con esponenti della Dc e con quelli di Democrazia Nazionale. Ma don Olindo se ne fregò (lui, che era stato già sospeso a divinis dopo l’elezione) e rimase iscritto al gruppo sino al 1992, quando lasciò la Camera. Ha scritto molti libri fra cui Tre peccati e un deputato, Il Vangelo di San Giovanni-Letture filosofiche, L’uomo e la Parola-Manuale di stilistica e metrica, Un alpino fra gli alpini. A Bari don Olindo abitava in una strada del centro, via Sagarriga Visconti 151, non lontano dall’università, e la sua casa era piena di libri e di cimeli: il diploma di laurea incorniciato con il fascio littorio. Nel suo volantino elettorale del 1976 aveva scritto: “Fó giuramento di rinunzia allo stipendio di deputato, destinando ogni mese l’intero emolumento alle sezioni che, con i voti di preferenza, avranno apprezzato questo primo gesto. Confermo. Regalerò il mio stipendio. E questo non perché sia ricco. Per la campagna elettorale ho dovuto fare debiti. Tre milioni di debiti. Lo faccio per dare l’esempio. Perché altri imitino il mio gesto, in modo che si arrivi a un’equa distribuzione dei beni. Sarei felice se mi imitassero i padroni d’industria e rendessero partecipi gli operai”. Concludiamo con una curiosità: “Aldo Moro – raccontò Del Donno nel libro Nel segno della fiamma di Michele Salomone – mi disse: perché non vieni nella Dc? Diventi il don Sturzo secondo. E io gli risposi: guardi che io sono nato così”. E concluse: “Vir oboediens loquetur victorias, recita la scrittura. Per avere la vittoria, l’esercito deve essere ubbediente, disciplinato; altrimenti le vittorie non si ottengono mai.”