11.3.17

Si chiede la memoria condivisa ma ancora il paese non fa i conti con il passato ed è diviso sul proprio passato . le strorie di dell’insegnante elementare e artista pordenonese Simone Prudente e del regista hard Salieri che ha fatto un film sugli strupri etnici degli alleasti in italia durante la seconda guerra mondiale

musica consigliata per la lettura di questo post B.B. King, Jeff Healey, Edoardo Bennato - Signor Censore


Nessun testo alternativo automatico disponibile.cercando nei mie contatti di Facebook storie per il blog ne ho trovate due , già regalate nel dimenticatoio ( è passata una settimana e certe notizie vengono considerate già vecchie ) che qui mi accingo a ripescare in quanto i protagonisti sono vittime di un determinato clima che sta vivendo , ora più che mai , il nostro paese che ancora risultata diviso da fatti successi 70 anni fa . Infatti Come dicevo da titolo in Italia sia ( anche se ormai la loro distinzione è venuta meno )a Destra che a Sinistra si chiede che ci sia una memoria storica condivisa  ( i ragazzi di salo' secondo Violante e company ed il giorno del ricordo \ 10 febbraio ) ma senza fare i conti con il proprio passato ( crimini di guerra e coloniali , leggi razziali politica anti ebraica, i campi di concentramento di noi italiani in Africa e nei balcani , armadi della vergogna ed altre vergogne\schifezze
nazionali ed internazionali  che vedono coinvolto  direttamente ed indirettamente  il nostro  paese  e la loro nostra  classe politica  e militare ) .
Le storie che riporto nel post d'oggi sono praticamente derivate da tale situazione . Infatti Basta un niente per scatenare tutta una serie di odi \ insulti , accuse di comunismo o di fascismo e di minacce e di denunce per un quadro l'ispirato a piazzale Loreto ( il caso di Simone Prudente ) o un film porno ispirato in parte secondo il regista al romanzo la ciociara di Alberto Moravia un remarque in chiave hard del film omonimo di de Sica ( la vicenda di Mario salieri )
Ma  andiamo con  ordine ed  iniziamo dalla  storia   di Simone  Prudente. E' talmente   grave  che preferisco riportarla  nella  sua interezza  anzi che  farne  u riassunto    .

  da   http://messaggeroveneto.gelocal.it/udine/cronaca  8\3\2017

Un quadro raffigura il duce “appeso”, è bufera sul maestro-artista
Pordenone, i genitori chiedono l’intervento di Ufficio scolastico e Diocesi. La replica: «No a moralismi e censura. Mi sento un educatore»


                              di Piero Tallandini





PORDENONE. È diventato un caso la provocazione dell’insegnante elementare e artista pordenonese Simone Prudente, presidente provinciale dei Maestri cattolici e autore del quadro “Bungee Jumper”: una raffigurazione di Benito Mussolini a testa in giù ispirata alla fotografie di Piazzale Loreto.
Un’opera d’arte che assieme alle dichiarazioni su Facebook dello stesso Prudente (che come anteprima del quadro ha postato la foto di una versione gadget-bricolage dell’immagine del duce «da ritagliare e appendere») ha innescato la presa di posizione di utenti “social” e sodalizi.
Un gruppo che si autodefinisce «di genitori, nonni, semplici cittadini, accomunati dalla grande fiducia nella scuola» ha inviato ieri una lettera all’Ufficio scolastico regionale, alla Diocesi Concordia Pordenone, al sindaco del capoluogo Alessandro Ciriani e agli organi di stampa.
Prima firmataria la pordenonese Gloriana Presot. Si chiede «un intervento da parte dell’amministrazione scolastica».
«Siamo preoccupati – si afferma nella lettera – perché riteniamo che quanti svolgano la delicata professione del docente debbano manifestare il proprio esempio dentro e fuori l’aula scolastica.Riteniamo inopportuna un tale manifestazione di odio e siamo molto preoccupati per il
l'opera  in questione  


riverberi che questi sentimenti di intolleranza possono avere nei confronti degli studenti.
Apprendiamo con disappunto che tale insegnante, spesso protagonista nella piazza virtuale con post inopportuni ma mai così sgradevoli, è il presidente dell’associazione italiana Maestri cattolici, sezione di Pordenone».
Abbiamo ricevuto inoltre una lettera sottoscritta da Maria Luisa Moro, Comitato per la tutela genitori-alunni scuole materne e primarie, sezione di Pordenone: stigmatizza che un insegnante elementare «si abbandoni pubblicamente a esternazioni manifestanti odio, persecuzione politica, approvazione della “giustizia sommaria” e vilipendio di cadavere, qualunque sia la fede politica di appartenenza. Chiediamo si indaghi sul reale equilibrio di questa persona».
Reazioni davanti alle quali Prudente non si scompone. «La mia replica – afferma – non vuole essere una difesa ma una orgogliosa rivendicazione: L’arte non si deve censurare! Guardando con preoccupazione la contemporaneità vediamo un rinvigorirsi di dittature e populismi.
Ho voluto fare un esperimento sociale e ho provato a usare le stesse modalità di comunicazione che vengono utilizzate per scandalizzare e spostare il pensiero dell’opinione pubblica. Ho utilizzato un conosciutissimo meme (termine indicante un contenuto, di solito una foto con frase d’accompagnamento, diventato virale sul web), che circolava da mesi su Facebook, per anticipare la presentazione del mio nuovo quadro, “The Bungee Jumper”, che sta riscuotendo un buon successo e mi è stato già chiesto da diverse gallerie del nord Italia».
«Volevo vedere se dissacrando un simbolo vecchio di 72 anni – aggiunge –, un’icona negativa e storica, si potesse riuscire a intavolare, nel 2017, una discussione matura e costruttiva. Scopriamo che l’immagine è ancora tabù e noi siamo un popolo diviso.
Le condanne riportano la scuola a un modello autoritario, dove il docente verrebbe irrigimentato secondo schemi giudicati da tribunali autoelettisi. La scuola non può e non deve
essere questa e io mi sento partecipe della sua funzione educativa alla pari di chi ha attaccato la mia persona e la mia opera. La mia arte e la mia ricerca sono tutelate dalla Costituzione e considero le critiche rivoltemi soltanto fuorvianti moralismi».

 l'unica  cosa  che mi sento  dire   ( cosi  come   condivido   i commenti alla  discussione  )  e quanto  ho scritto sul mio account    di    facebook

ha perfettamente ragione l'autore : << «Volevo vedere se dissacrando un simbolo vecchio di 72 anni – aggiunge –, un’icona negativa e storica, si potesse riuscire a intavolare, nel 2017, una discussione matura e costruttiva. Scopriamo che l’immagine è ancora tabù e noi siamo un popolo diviso. >> i genitori devono essere qualche fascista o temo le domande dei figli o nipoti sul passato che si vuole archiviare e condannare all'oblio senza averne fatto i conti . O tempno a spiegare che al mondo non c'è solo il buono ed il politicamente corretto ma esiste anche l'odio





Pordenone, i genitori chiedono l’intervento di Ufficio scolastico e Diocesi. La replica: «No a moralismi e censura. Mi sento un educatore»
MESSAGGEROVENETO.GELOCAL.IT

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Commenti
Sergio Pala Ma come l'ha appeso? ? A testa in giù?
Giuseppe Scano come fu appeso a piazzale loreto
Giuseppe Scano Sergio Pala eccol il ritratto incriminato 
Fausto Mattei Sarei curioso di "frugare" fra i profili social dei signori che hanno denunciato l'insegnante, non sarei sorpreso da qualche manifestazione di incoerenza...
Giuseppe Scano mi hai tolto le parole di bocca
Eugenio Bisbabbo Crispo Moralismo becero!!
,non trovo altre parole.
La storia è scomoda ma è tale x ricordarci che dobbiamo trarre insegnamento da essa

la seconda


da http://www.leggo.it/news/  Mercoledì 8 Marzo 2017, 19:42


"LA CIOCIARA" IN VERSIONE PORNO, ROBERTA GEMMA COME SOFIA LOREN: SCOPPIA LA POLEMICA







«La riproposizione del film in chiave porno di quei momenti terribili passati alla storia come le 'marocchinatè è un'offesa verso il nostro territorio e verso tutte le donne». Così la senatrice Maria Spilabotte (Pd), che ha predisposto un intervento urgente nell'aula del Senato, critica il film hard «La Ciociara» di Mario Salieri, remake in chiave porno del capolavoro di Vittorio De Sica interpretato da Sophia Loren e ispirato al romanzo di Alberto Moravia.
L'iniziativa dell'esponente politico di Frosinone arriva dopo quella presa da Emiliano Ciotti, presidente dell'associazione «Vittime delle Marocchinate», che sulla questione si è rivolto al presidente del Consiglio Paolo Gentiloni chiedendo la sospensione del film di Mario Salieri, interpretato da Roberta Gemma. «Come si fa a pensare - aggiunge Spilabotte - di poter ironizzare e non aver rispetto del dolore di tutta quella gente che ha subito quegli atroci episodi o alle tante donne che sono state vittime di abusi sessuali e di stupro durante la guerra, a tutte quelle donne che ancora subiscono tale infamia, a coloro che ancora ne portano i segni, gli effetti dello stupro in periodi di guerra e non: conseguenze fisiche e psicologiche difficilmente superabili. Per Spilabotte, »vedere la riproposizione del drammatico film 'La Ciociara' in salsa porno è un'offesa troppo grande. Quella delle marocchinate è una ferita che rimarrà aperta per sempre, non solo per le popolazioni del Basso Lazio. Chiederò al presidente del Consiglio e al Governo - conclude - di attivarsi per sospendere la diffusione del film e farlo ritirare dal mercato«. LA RISPOSTA DEL REGISTA Mario Salieri, regista hard e tra i protagonisti del panorama del porno italiano, non ha fatto mancare la sua risposta alle polemiche: «Dall'epoca storica conosciuta, ogni guerra ha i suoi stupri, commessi da eserciti di ogni bandiera e religione ai danni di uomini, donne e bambini», scrive in un post su Facebook. «Se ho ben compreso però, l’oggetto della polemica sulla mia versione della ciociara non è tanto lo stupro di guerra quanto la rappresentazione di una violenza sessuale nell’ambito di un opera audiovisiva. Sottolineando con forza l’orrore e l’indignazione nei confronti di tutti coloro che nella vita reale si macchiano di qualsiasi tipo di violenza o sopruso ai danni dell’essere umano, ricordo che moltissimi registi di fama internazionale hanno rappresentato nelle loro fiction lo stupro con dovizia di particolari voyeuristici». «Ora apprendo con stupore che con tutti i problemi di cui è afflitta la nostra povera italia la Senatrice Maria Spilabotte predispone un intervento urgente nell'aula del Senato per limitare la commercializzazione del film ancor prima della sua uscita, che il presidente dell’associazione vittime delle marocchinate Emiliano Ciotti ha scritto al presidente del consiglio Paolo Gentiloni una lettera di sdegno senza neanche aver visto il film e che la testa pelata Fernando Incitti dei CasaPound di Frosinone, che certamente nulla conosce del poeta Ezra, minaccia me e Roberta Gemma di violenza fisica. Ma stiamo scherzando? Spero che tutto questo sia frutto d’invenzione giornalistica (le minacce sono vere e già state querelate), ma se fosse reale allora è la conferma che in Italia siamo messi davvero molto male. A proposito……ma poi chi dice che nella mia versione della Ciociara siano rappresentate le marocchinate?».
In un altro post quest'oggi, intitolato "Povera Italia", dopo che la polemica è continuata, Salieri rincara la dose: «Essendo molti di voi abituati a leggere soltanto i titoli dei post comunico immediatamente che nella mia versione della ciociara non sono presenti stupri e che non esiste alcuna citazione alle marocchinate. Soddisfatti? La storia del film è tutt’altra e si sviluppa prendendo spunto solo dalla parte iniziale del romanzo di Moravia. Avete regalato tanta pubblicità a un film porno, e per questo vi ringrazio, senza neanche aver visto un fotogramma e fidandovi di tutte le sciocchezze che giravano in rete. Insulti a me ed alla mia famiglia, minacce di violenza fisica, interventi urgenti all’aula del senato e lettere al presidente del consiglio. Povera Italia….»
L'IRA DEL SINDACO «La nostra terra e anche le nostre donne sono state oggetto, spesso, di offese gratuite nell'onore e nell'intimo, paradossalmente anche in prossimità della ricorrenza della festa dell'8 marzo», dichiara il sindaco di Frosinone, Nicola Ottaviani. «Come non considerare - aggiunge Ottaviani - l'ultima onta ricevuta dal nostro territorio, che ha pagato un prezzo altissimo, nel corso dell'ultima guerra mondiale, in termini di vite umane spezzate e violate così come narrato nelle pagine della Ciociara di Moravia, poi tradotte nel film premio Oscar di De Sica. È scandaloso - continua - che qualcuno possa solo pensare di trasformare una pagina tragica, colma di sofferenza, della nostra storia in un film a luci rosse, mancando così di rispetto alle vittime di abusi spaventosi, le 'marocchinatè, che hanno portato e porteranno sempre i segni di una violenza terribile». ANCHE L'ORDINE DEI MEDICI Critiche sul remake «La Ciociara» in versione hard arrivano anche da Fabrizio Cristofari, presidente dell'Ordine provinciale dei medici di Frosinone e candidato sindaco del Pd alle prossime elezioni comunali di primavera nel capoluogo ciociaro. «Rappresenta un'offesa squallida per tutte le donne - dichiara -, oltre che verso la nostra tradizione storica e il nostro inestimabile patrimonio letterario. La drammatica vicenda delle Marocchinate - continua - non può e non deve essere strumentalizzata in un modo tanto indegno, e peraltro a ridosso di quella che oggi è riconosciuta come una festività in onore delle donne stesse, della loro dignità e della loro grandezza umana». Per Cristofari servono interventi. «Auspico pertanto - conclude - un interessamento delle più alte autorità territoriali a mettere in campo ogni intervento possibile, affinché il caso venga esaminato con tutta l'attenzione che richiede».





Ora posso capire  (   Sic anche  aprioristicamente  )   pro e contro    un film  hard   su un argomento   che  ora    fa male   ( trova  qui  e qui  oltre il video sotto   maggiori dettagli  sul fenomeno delle  " marocchinate  " )



   come  potete leggere   dai commenti presi dai post    della bacheca del regista


Fabrizio Forma Finche si fanno trame erotico e storico va bene ma bisogna anche essere consapevoli dell era attuale e che messaggio si rischia di dare alla societa in un era davvero infelice e perversa...poi se parliamo di liberta uno puo fare quello che crede le opinioni e le critiche servono come riferimento sono consultive non decisionali ...senza denigrare l opera e senza offesa per nessuno..
Carlo Lo Monaco Il fulcro della polemica non per l'utilizzo nell'opera dell'audiovisivo in sè bensí il legame per l'utilizzo in un'opera dell'audio visivo nel settore del porno hard e non per il cinema d'autore al quale fare seguire un pubblico che aprirá dibattiti sul tema, piuttosto invece ponendolo in un settore di un pubblico che potrebbe trarre piacere dall'uso di determinati accadimenti storici di stampo violento, questa è la distinzione non di poco conto se no staremmo parlando di altre polemiche come quelle da cui fu ahinoi investito un Pasolini per le 120 giornate di sodoma.
  
 ho sbagliato    nel fare copia e  incolla   , ed  quando  sono andato a  ricontrollare  per  sapere l'autore \  autrice del post  esso  era stato rimosso 

Detto ciò si aggiunge il problema dell'immaginario collettivo sul film giá molto piú noto e che a sua volta creò svariate beghe legali già durante le fasi di produzione al punto tale di doversi scontrare con lo strumento della censura che fu utilizzato per porre risposta alle stesse medesime problematiche.
La cosa è ancora piú complessa a dire il vero e non credo proprio che questa sará l'unica polemica su questa scelta di produzione anzi, me ne aspetto svariate altre...
Da un certo punto di vista tutta pubblicitá da un altro, un paese di bigotti ed ipocriti, un legame con un personaggio cinematografico, Sofia Loren, di indiscussa importanza come simbolo del cinema italiano nel mondo e in ultima battuta un libro che ha a sua volta trovato luce proprio per lo scandalo che fece con le sole parole... Insomma, ci vuole davvero coraggio per affrontare una scelta del genere.
Per il resto, stiamo qui, staremo a guardare come tutto evolverà.
Gemma Gemmiti 
LA MIA RISPOSTA ALLA SUA RISPOSTA ALLE POLEMICHE.
Il fatto che ogni epoca abbia le sue nefandezze, non autorizza nessuno a girare dei film porno che ne esaltino le gesta.
Occorre portare rispetto alle persone coinvolte in queste violenze.
Non le è venuto in mente di girare un filmetto dei suoi ambientandolo in un lager per esempio? Ecco, avrebbe lo stesso effetto.
Orribile.
È inutile affermare ora che nel film non ci sono scene di stupro o marocchinate. Ha chiamato il suo filmetto "La Ciociara" e nella locandina è scritto a chiare lettere "liberamente ispirato al romanzo di Alberto Moravia".
Voleva pubblicità gratuita? L'ha ottenuta, complimenti.
Ora in molti sanno che al mondo esiste un ominide in più.

e  da   questa  critica     che  sintetizza  le polemiche

Sono decine i messaggi di sdegno pubblicati nelle ultime ore sul profilo Facebook di Mario Salieri, il regista e produttore di pellicole hard che ha annunciato l’uscita di un film dal titolo “La Ciociara” con protagonista la pornostar Roberta Gemma. Abbiamo scelto l’intervento di Erika per racchiuderli tutti:
«Signor Mario Salieri, buonasera, sono una Ciociara profondamente delusa da ciò che la sua volontà ed ispirazione hanno voluto riprodurre… a mio avviso, l’unica rappresentazione audiovisiva adatta a questo tragico ed orribile evento del passato deve essere un documentario…non un film pornografico.
La mia morale trema al solo pensiero, il mio essere donna e Ciociara aborra una tale vergognosa interpretazione.
Una violenza rimane tale per sempre…nel corpo e nell’anima …e va ricordata e demonizzata nei dovuti modi. Dico dovuti perché è nostro DOVERE insegnare a tutti la vera essenza dell’orrore.
Lei ha tra le mani un potente mezzo di informazione e diffusione, ma, ahimè, ciò non l’ha affatto responsabilizzata.
Mi dispiace solo che nel nostro presente si debba ancora far soffrire e denigrare chi ancora prova dolore e rifiuto da quello schifoso ed umiliante passato.
Buona serata e buona visione a chi avrà il coraggio morale di vedere questa sua espressione artistica in particolare».

Ma passare  all'odio  e  alle minacce (  poi  rientrate  con   le relative  scuse e  ritiro     di denuncia  da parte del regista  a )   e al regista  e  all'attrice     e di richieste  di censura   , nonostante   le  continue  smentite    del regista   e   dell'attrice


Roberta Gemma
Ieri alle 11:40
Per quanto possa essere chiaro, ma già dall'inizio la gente ha dato adito a tutt'altro anche se non c'era scritto da nessuna parte ,con accuse false e tendenziose, spero che a qualche bel pensante sia piu' chiaro.Dovrebbero ascoltare e documentarsi come tanto decantano di conoscere la storia come dei colti, be acculturatevi anche dell'hard perchè di sapere sempre si tratta, e se le cose non le sai salle ;-)
La locandina era uscita giorni prima e aveva ricevuto solo consensi senza nessuna allusione e critica, noi stavamo facendo la nostra pubblicazione non pubblicità mirata,
solo dopo polticanti ne hanno fatto strumetalizzazione,accanendosi su un dettaglio di tutto un film complesso e completo scatenando cosi violenza da parte di chi non era stato in nessun modo interpellato e ci dispiace che chi ha sofferto ne possa aver ricevuto un segno, tutti gli altri facessero le bandiere per l'italia che ne ha bisogno.

solo dopo polticanti ne hanno fatto strumetalizzazione,accanendosi su un dettaglio di tutto un film complesso e completo scatenando cosi violenza da parte di chi non era stato in nessun modo interpellato e ci dispiace che chi ha sofferto ne possa aver ricevuto un segno, tutti gli altri facessero le bandiere per l'italia che ne ha bisogno.Purtroppo A lavare la testa del somaro si spreca tempo e sapone ...



  che  evidentemente  non devono essere  servite  visto    che  sempre  lo stesso regista ha  (  evidentemente  si è  rotto i coglioni    stancato  ) minacciato  , come  non biasimarlo dopo minacce  ed  insulti   \  calunnie    gratuite



LA POLEMICA TERMINA ADESSO

La stupida polemica sul mio remake della Ciociara finisce quì. Da oggi chiunque desidererà polemizzare sulla mia fiction dovrà farlo nelle sedi legali opportune.
  
IE l'annuncio   sempre   di Salieri     che il film sarà  disponibile    presto  sia  sul suo sito ufficiale  http://www.salierixxx.com    e  poi   nel normale  circuito   quindi    Tanto   rumore  ,  almeno si spera   vedremo  a  giugno quando sarà  distribuito il  film    , per  nulla  




Mario Salieri una senatrice che invece di occuparsi dei gravi problemi di cui è afflitta l'italia pensa alla versione della ciociara di salieri senza neanche averla vista....è una vera vergogn

Sempre  lo stesso   regista  qui il testo  integrale   (  almeno  finché  non lo rimuoverà come i precedenti   da  cui   ho salvato i commenti e  di cui  se  ne trova  traccia    sul'articolo   citato prima   )  



Gentile dott. Ciottiapprendo dai media, probabilmente da lei contattati, che ha inviato una lettera di sdegno al presidente del Consiglio Gentiloni per censurare il mio remake della Ciociara, prossimamente online sulla piattaforma web che porta il mio nome. Pare che il suo grido d’allarme sia giunto anche alla senatrice del Pd Spilabotte, che a sua volta si sarebbe affrettata di scrivere al premier, e che il prefetto di Frosinone Emilia Zarrilli abbia rievocato l’oscurantismo dei sequestri, tanto in voga nell’Italia degli anni 70.
Ritengo che la politica debba sempre e comunque restare lontana dal mondo dell’arte, cui le piaccia o meno la pornografia appartiene. Innanzitutto perché censurare un’opera, soprattutto prima di conoscerne i contenuti, è qualcosa che puzza di antico, di vacua retorica e perfido bigottismo. In secondo luogo, la politica dovrebbe essere oberata dai tanti problemi che affliggono il Paese, troppi affinché si possa perdere tempo per boicottare una produzione audiovisiva che, tra l’altro, non ha alcuna intenzione di offendere nessuno.(.....) Ebbene, bastava una telefonata o un semplice messaggio attraverso i social network da me personalmente gestiti, per chiedermi se la fiction “La Ciociara” contenesse scene di stupro o offese al meraviglioso popolo della Ciociaria. Se mi avesse chiesto delucidazioni prima di gridare allo scandalo, avrebbe saputo sin da subito che il prodotto audiovisivo che sto dirigendo non riguarda minimamente le cosiddette marocchinate. No, nessuna scena di violenza sessuale. Pur essendo, infatti, la mia fiction liberamente ispirata ad una parte del romanzo di Moravia, ed ambientata dunque in quel controverso periodo storico che da appassionato di quegli anni ben conosco, non c’è mai stato l’intento di mettere in scena uno di quegli atroci stupri che hanno dilaniato la popolazione. Ma lei, dott. Ciotti, ha preferito aprioristicamente lanciare l’allarme sui media locali e nazionali, forse compiaciuto di veder comparire il suo nome per una battaglia che, mi creda, non aveva e non ha alcun senso combattere dato, tengo a ripetere, il contenuto assolutamente non offensivo della mia fiction. Da un lato la ringrazio, ho ricevuto in questi giorni migliaia di messaggi di stima e sono certo, grazie anche al suo contributo, che “La Ciociara” sarà un successo. Allo stesso tempo, però, la sua leggerezza nel non voler appurare la realtà dei fatti prima di gridare allo scandalo, ha portato alcuni invasati a intimidirmi e a minacciare di “andare sul posto e bruciare tutte le copie”, cosa dalla quale spero lei sia pronto a prendere le distanze e a criticare aspramente. A quei ragazzi di CasaPound, in particolare al responsabile provinciale della sede di Frosinone Fernando Incitti che contro di me ha inveito, va semplicemente tutta la mia disistima nel vedere dei giovani che inneggiano a valori tanto deprecabili e che tanto hanno fatto male al nostro Paese; è chiaro quanto non conoscano la storia e spero che lei dott. Ciotti, da presidente dell’Associazione vittime delle marocchinate, riesca a trasmettere loro il vero senso di quei terribili e violenti anni.
Come volevasi dimostrare, tutta questa polemica da lei scaturita non ha avuto senso alcuno, se non quello di fare pubblicità qua e là. Invito lei e tutti quelli che si sono affannati a criticare senza prima conoscerne almeno la sceneggiatura, a farmi pervenire un indirizzo al quale, se vorrete, sarò lieto di inviare una copia della mia fiction. Potrete constatare l’assenza di riferimenti alle marocchinate, ma soprattutto potreste trarne piacevole beneficio.
Cordialmente
Mario Salieri

una cosa prima di essere giudicata, va vista, appurata, approfondita etc.. poi, una volta fatto questo passaggio che molti ignorano, si ha tutto il diritto di esprimere un qualsivoglia commento (favorevole o contrario) a seconda dal riscontro ottenuto!!! Per deformazione professionale sono tenuto esclusivamente a fare diagnosi a seguito di accertamenti concreti, non di certo basandomi su mere impressioni, sovente pretestuose e preconcette!! E' sbagliato precedere a tentoni credendo di avere la verità in tasca senza neppure preoccuparsi di verificare il contenuto di qualsiasi cosa si va a giudicare!! Oltretutto, da quel che mi ricordo (tempi or sono), le parodie porno di romanzi e film famosi, fanno solo un piccolo accenno alle opere a cui si ispirano, poi cambiano e stravolgono completamente fatti, eventi e personaggi!! Infatti sempre secondo  lo stesso Regista   nella  letteratura  alla politica  : << ( ... ) censurare un’opera, soprattutto prima di conoscerne i contenuti, è qualcosa che puzza di antico, di vacua retorica e perfido bigottismo. In secondo luogo, la politica dovrebbe essere oberata dai tanti problemi che affliggono il Paese, troppi affinché si possa perdere tempo per boicottare una produzione audiovisiva che, tra l’altro, non ha alcuna intenzione di offendere nessuno. (...)  >>
Infatti  le polemiche   apriori   su  un  film ancora deve uscire e  su  cui già piovono critiche... si parla di mancanza di rispetto, di beceri scopi di lucro e solo per il genere del film... Ma vederlo prima e poi giudicare ?  Nah   troppo difficile 😊😃 altrimenti non si potrebbero definire ignoranti 😁😉(  e  lo dice  uno  che   è  ha il  vizio  e   da  cui se  ne sta  faticosamente  liberando   del polemista  )  ma credo che proprio dalle parti loro,  come   un po'  ovunque   c'e' il detto : a lavare la testa del somaro si spreca sapone e tempo , come  ha  fatto notare  l'attrice  stessa   Ha   ragione  il commento, uno dei pochi civili  fra  i due  schieramenti  \  prese di  posizione  sulle polemiche   riguardanti l'uscita  del    film  ,  lasciato  sulla bacheca  facebook  dello stesso regista  , di

Paolo Petrucci Quì, inutile girarci intorno, il tema non è rappresentare le marocchinate o la violenza, sessuale o no. Il punto che non va già ai benpensanti a tutti i costi è che lo si faccia in una pellicola pornografica. E che il periodo così drammatico dell'epoca, raccontato da maestri del cinema venga oggi "descritto" in un film dove le scene di sesso avranno ben più evidenza che lo strazio storico de momento.
Ora  Scommetto che in mezzo a tanti commenti bigotti ed  aprioristici   ci sono tantissimi ipocriti che poi la sera vanno a puttane  ,  in club  di scambisti  ,  o  vedono in rete  e  non solo tali  film  , ecc


10.3.17

È morto l’alpino Mario Maffi, lo 007 che svelò le foibe nel ’57

da http://ilpiccolo.gelocal.it/trieste/cronaca/ 06 marzo 2017

È morto l’alpino Mario Maffi, lo 007 che svelò le foibe nel ’57
Si è spento nella sua Cuneo l’uomo che scese per primo nelle cavità carsiche e scoprì i resti umani durante un’operazion militare sotto massima copertura

di Furio Baldassi



Mario Maffi

TRIESTE. Alla fine lo ha sconfitto solo il cancro. È morto lo scorso 1 marzo, nella sua casa del centro storico di Cuneo, l’alpino Mario Maffi, 83 anni. Un nome che probabilmente ai più dice poco ma che è legato indissolubilmente alla scoperta delle foibe, sul Carso e non solo.
Novello 007 ante litteram, era stato lui, nel 1957, da sottotenente del Genio guastatori, a condurre una missione segreta sul Carso. Inizialmente gli avevano detto che doveva disinnescare degli esplosivi, ma non era così.
Due carabinieri lo portarono all’imbocco della foiba di Monrupino, e Maffi si trovò a essere tra i primi italiani a confermare quelle “chiacchiere” che circolavano al ministero della Difesa sugli infoibati, spaventose realtà taciute ufficialmente per anni.

                      Una foto d’epoca che documenta i primi recuperi delle salme degli infoibati


Era stato arruolato nella missione, ma lo si seppe anni dopo, in virtù della sua esperienza di speleologo e di esperto di esplosivi, e fu proprio la sua testimonianza ad aggiungere un tassello nuovo a uno dei capitoli più drammatici della storia delle nostre terre. Speleologo esperto, fu tra i fondatori del Gruppo Speleo Alpi Marittime del Cai di Cuneo, all’interno del quale ha svolto fino all’ultimo attività speleologica e didattica.
Nell’ottobre del 1957, dunque, carabinieri e militari dell’esercito italiano in assetto da combattimento entrarono in missione segreta, a più riprese, in territorio jugoslavo, per visitare alcune foibe dove erano state compiute esecuzioni sommarie.
Nel corso delle operazioni vennero esplorate quattro cavità con vari resti umani, furono scattate fotografie e redatti rapporti. La missione, organizzata con ogni probabilità dal Sifar, il Servizio segreto antenato dell’attuale Sismi, era stata preceduta da un’operazione di copertura a Trieste, con l’esplorazione delle foibe di Monrupino e Basovizza. Per quasi 50 anni peraltro quell’operazione fu coperta dal segreto militare.

Il                   monumento alla Foiba di Basovizza, simbolo di quella tragedia



Solo nel 2004, quando insieme all’Associazione gruppi speleologici piemontesi Maffi si recò in Friuli per un corso di aggiornamento, la sua storia cominciò a circolare e ad essere ripresa dai giornali locali. La stessa famiglia, del resto, ha ammesso di non averne mai saputo niente.
Ma torniamo al giovane alpino. La vicenda comincia, come detto, all’inizio dell’ottobre del 1957. Mario Maffi ha 24 anni, la sua famiglia vanta solide tradizioni militari e antifasciste: il nonno era stato ufficiale del Battaglione Monviso nella prima guerra mondiale, il padre è ufficiale all’Istituto geografico militare, sua madre era stata partigiana e lo stesso Maffi da bambino aveva operato come staffetta nella Resistenza.
Quando poi era stato chiamato a svolgere il servizio militare aveva scelto di fare l’ufficiale di complemento. Maffi viene convocato al Comando di Brigata. «Il generale - come aveva raccontato al nostro Pietro Spirito - mi disse che per una certa missione serviva un ufficiale esperto di grotte e di mine. Mi disse anche che la missione era coperta dal più assoluto segreto militare, e che era volontaria. Non ero obbligato ad accettare, e inoltre l’operazione comportava anche un certo rischio».

   I macabri rinvenimenti sotto Monrupino



Maffi accetta l'incarico. Scrive due lettere per i suoi cari che affida al cappellano («se non dovessi tornare per favore le spedisca», gli dice) e pochi giorni dopo parte. Nessuno gli spiega dove sta andando, e lui non deve fare domande.
Si ritrova nella caserma dei carabinieri di Monfalcone, e qui finalmente viene a sapere quale sarà il suo incarico: dovrà scendere, assistito dgli speleologi del Gruppo grotte di Monfalcone, nella foiba di Monrupino «per constatare o meno la presenza di spoglie umane, stimarne la quantità e documentarle con fotografie».
Successivamente dovrà fare lo stesso nelle foiba di Basovizza. Il giovane militare non ha mai sentito parlare di foibe, anzi quella parola, «foiba», la sente per la prima volta all'imbocco della cavità di Monrupino, prima di calarsi giù.
«Fui calato con una specie di seggiolino - ricorda - e quando arrivai in fondo mi sentii accapponare la pelle: tra il pietrisco su cui camminavo spuntavano ossa umane, una mandibola, alcune costole, l'intero braccio di un bambino che avrà avuto non più di otto anni viste le dimensioni delle ossa».
Maffi scatta fotografie e prende appunti. Accerta che le pareti della grotta sono state fatte saltare con esplosivo, e ipotizza altri resti umani sotto i detriti, probabilente quelli «dei soldati tedeschi degenti all’ospedale di Trieste, che si diceva fossero stati gettati nella grotta prima di farla saltare».
Non sarà l’unica missione. Maffi in quattro notti visita quattro foibe diverse tutte oltre la linea del confine, accompagnato dai carabinieri ma con la paura di essere scoperti dalle pattuglie jugoslave. Le scoperte sono agghiaccianti. Il suo compito è finito. Dopo il congedo e una vita dedicata al lavoro nelle officine della Fiat, nel 1988 si ritira, e parla poco e malvolentieri di quell’esperienza che l’ha segnato nell’animo.

'IL PUGILE DEL DUCE', ECCO IL DOCU-FILM SULL'ATLETA NERO OSCURATO DAL REGIME


e  poi   dicono  che il fascismo non era  razzista  . La storia incredibile, sepolta e riscoperta dalla polvere degli archivi, di Leone Jacovacci: un pugile tecnicamente perfetto, agile, intelligente e potente. Leone parlava perfettamente quattro lingue, cinque col romanesco. Era italiano e forse anche fascista. Sicuramente non antifascista. Aveva un solo problema: era un italiano nero


dall  sito dell'ansa
  ROMA  10 marzo 201710:50  NEWS

Quel pugile 'nero' del Duce ignorato da Mussolini
In sala il documentario di Saccucci dedicato a Leone Jacovacci



Nonostante il titolo, Il pugile del Duce, non c'è neppure l'ombra di Mussolini nei 90 minuti del docu-film di Tony Saccucci, in sala con l'Istituto Luce dal 21 marzo 2017 (Giornata mondiale contro il razzismo). Perché questa storia vera, quanto incredibile, di Leone Jacovacci, campione europeo nel 1928, nasconde qualcosa che il regime volle censurare: il pugile, tanto amato dalle piazze, era infatti tanto italiano quanto nero. Esattamente: metà italiano e metà congolese, e un campione 'nero' allora era improponibile.
Una storia straordinaria la sua, volutamente sepolta e solo da poco venuta alla luce grazie a Mauro Valeri, sociologo e autore del saggio biografico 'Nero di Roma' da cui è liberamente tratto il film. E c'è da raccontare di questo Jacovacci, grazie anche archivi Luce, un uomo forte quanto intelligente che passa attraverso molti paesi, dall'Inghilterra alla Francia, adottando, ad hoc, identità e paesi di provenienza, il tutto per poter combattere nonostante il suo colore della pelle. Leone parlava così perfettamente quattro lingue, cinque col romanesco. Era italiano e forse anche fascista, ma quando decide di tornare in Italia tutto si complica, nessuno sa neppure della sua origine italiana. Prima dell'incontro per il titolo europeo, impiega ben quattro lunghi anni per poter ottenere il titolo di pugile 'italiano' e quando poi la sera del 24 giugno 1928, allo stadio Nazionale di Roma, davanti a quasi 40.000 spettatori, Leone Jacovacci si laurea campione europeo, tutto precipita. Dopo l'incontro, il Duce lo fa come cancellare dalla storia d'Italia (il filmato originale dell'incontro - su cui ruota parte del documentario - viene addirittura manomesso) per sostituirlo con il 'bianco' Carnera.
"Il merito di questo film va tutto al libro di 480 pagine di Mauro Valeri 'Nero di Roma'. È lui che mi ha detto la spinta emotiva per girare questo film a cui ho lavorato maniacalmente in maniera filologica", spiega oggi a Roma Saccucci. "Il razzismo in Italia ha delle caratteristiche particolari, per noi è lo straniero in quanto tale, per altri paesi è invece solo un cittadino di colore diverso - dice invece Valeri che, tra l'altro, ha un figlio di colore proprio come Jacovacci -. Nel 1940 i meticci prendevano per legge la cittadinanza del genitore indigeno aggiunge -, una legge cambiata solo nel 1947. Ma in Italia non è stato sempre così. Nella prima guerra mondiale c'erano ben quattro generali di colore e anche il primo aviatore italiano è stato un nero". E da Valeri anche un appello suscitato dalla sensibilità del figlio: "una volta guardando la tv, mio figlio mi ha detto: ma io dove sto? In realtà in Italia ci sono cinque milioni di stranieri, ma sembra che il piccolo schermo non se ne sia ancora accorto".


cerco conferma   in rete  onde evitare  bufale   e   trovo  , scegliendo   fra i tanti articoli (  eccetto il   video del trailler  )    questo   do   http://www.leggo.it/spettacoli/cinema Venerdì 10 Marzo 2017, 08:46 di Michela Greco


'IL PUGILE DEL DUCE', ECCO IL DOCU-FILM SULL'ATLETA NERO OSCURATO DAL REGIME



Il 24 giugno 1928 Leone Jacovacci, un italiano nero (di padre romano e madre congolese) vinse il match di pugilato che lo incoronava campione europeo dei pesi medi davanti a 40mila spettatori. Eppure il suo nome ci suona completamente sconosciuto, al contrario di quello di Primo Carnera, boxeur scelto per incarnare il fascismo ed esaltato in quanto simbolo, mentre il campione nero imbarazzava il regime e anche la stampa. «Non può essere un nero a rappresentare l’Italia all’estero», scrisse un noto giornalista dopo l’incontro, mentre il filmato dell’Istituto Luce si interrompe prima della vittoria, censurando le immagini di Jacovacci trionfante. A recuperare la memoria di questa vicenda emblematica è stato prima il sociologo Mauro Valeri, autore della biografia Nero di Roma e poi Tony Saccucci con il documentario


Il pugile del duce, nelle sale dal 21 marzo, in occasione della Giornata mondiale contro il razzismo. Realizzato pescando nello sterminato e prezioso archivio del Luce, il film rievoca la parabola straordinaria di un ragazzino che, nell’Italia degli anni 20, cerca di fuggire dalla propria identità discriminata. Cambia paese e persino nome, per poi tornare in patria da campione e pretendere la cittadinanza. Ma non era il solo. «Nessuno sa che nella Prima Guerra Mondiale c’erano quattro ufficiali neri italiani - ha spiegato Valeri - Il primo aviatore nero al mondo era italiano, ma il fascismo ha oscurato queste figure». Una verità semplice e terribile: «Mussolini ha orchestrato la rimozione dei neri - ha aggiunto il regista, che è anche insegnante di storia - Non parlarne equivaleva a non farli esistere, perché la storia non è che una ricostruzione della politica in base alle esigenze del presente». In quel presente c’era il fascismo, ma questo campione è sconosciuto ancora oggi.

9.3.17

ogni tanto la propaganda prende della cantonate Beffa della storia: era ebrea la bimba icona della razza ariana



Sara pur vecchia di tre anni questa notizia ma dimostra come neppure la propaganda , nazista in questo caso , commette sviste che vanno contro la stessa propaganda .





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Beffa della storia: era ebrea la bimba icona della razza ariana
Beffa della storia: era ebrea
la bimba icona della razza ariana



Una delle icone della razza ariana decantata dalla politica nazista di Hitler era ebrea. A confessarlo è l’icona stessa, Hessy Taft, oggi signora ottantenne, ma nel 1935 graziosa e perfetta bambina ariana di sei mesi, scelta dal ministro della Propaganda Joseph Goebbels come modella per la copertina della rivista Sole in casa. Tra tante fotografie, il braccio destro di Hitler scelse proprio quella che ritraeva la piccola Hessy e la sua immagine divenne subito un simbolo del nazismo, tanto che negli anni antecedenti allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale circolavano cartoline con impresso il volto della piccola. A riportare la notizia è il tabloid tedesco Bild, che ha rintracciato e raccolto le dichiarazioni della donna, di famiglia ebrea, tanto che suo padre fu fermato dalle SS nel 1938 (ma poi velocemente scarcerato). «Oggi posso riderne – dichiara Hessy Taft – ma se allora i nazisti avessero scoperto chi ero veramente, non sarei certo qui a raccontarlo».

L’incredibile vicenda.

Quanto racconta la donna è la testimonianza di sua madre, ora cittadina degli Stati Uniti d’America. Il concorso era stato indetto dallo stesso Joseph Goebbels, che voleva rappresentare in un’immagine semplice ma d’impatto la perfezione della razza ariana. Un fotografo, vedendo la allora bambina 
Hessy Taft e sapendo la sua origine ebrea, decise di ridicolizzare a suo modo la politica nazista: scattò la fotografia e la inviò al concorso all’insaputa dei genitori della piccola. La foto fu poi scelta da Goebbels stesso che si complimentò anche con l’uomo. La verità non venne a galla per molti anni, i gerarchi non seppero mai la reale identità della bambina ritratta nell’immagine e solamente oggi, oramai ottantenne, la donna ha deciso di raccontare l’incredibile storia di cui è stata protagonista. Quando sua madre scoprì la foto pubblicata sulla copertina della rivista, si impaurì, temendo possibili ritorsioni delle SS. Per questo mantenne il segreto per moltissimi anni. Per fortuna di Hessy e della madre, il fotografo non rivelò mai il suo “scherzo” e la famiglia riuscì a fuggire dalla Germania, rifugiandosi prima a Parigi, poi a Cuba e, infine, negli Stati Uniti dove la donna è diventata professoressa di chimica a New York.

L’importanza della propaganda nel regime nazista.

La propaganda era, all’interno del sistema nazista, una delle armi più importanti con cui Hitler riusciva a mantenere il controllo della popolazione, importante tanto quanto la violenza. Per questo Joseph Goebbels era uno degli uomini più importanti tra i gerarchi nazionalsocialisti: attraverso di lui passavano tutti i messaggi con cui si doveva controllare la massa. Il messaggio della perfezione della razza ariana veniva trasmesso alla popolazione attraverso diverse immagini che avevano lo scopo di rimanere impresse nelle diverse categorie di persone a cui erano indirizzate: Hessy Taft ed il suo viso dolce e paffuto doveva colpire tutte le matrone tedesche, ma c’erano anche le immagini di giovani ed aitanti atleti, emblema della virilità e della bellezza puramente ariana. Gli ebrei venivano invece spesso ritratti in immagini grottesche e meschine. Opere di grandi artisti dell’arte figurativa vennero usate dal regime per distorcere l’immagine degli ebrei attraverso quella che venne poi definita dagli storici “arte degenerata antisemita”.
Pochi giorni fa è stata consegnata a Hessy Taft una copia della rivista Sole a casa e in quell’occasione ha dichiarato: «Più che vendetta, sento dentro di me qualcosa di più simile alla soddisfazione».

L'elzeviro del filosofo impertinente /7

Il più grande scandalo della convivenza civile risiede nella parola "tolleranza". L'etimologia di tale vocabolo affonda le sue radici nella lingua latina, e mi riferisco al termine tollere che significa proprio sollevare, sopportare. Questa definizione ha riempito per lungo tempo i libri di illustri pensatori e scrittori. Dimentichiamo gli sforzi giustamente intrapresi da Locke, Bayle e Voltaire perché  noi contemporanei abbiamo tradito (e forse superato) le loro aspettative. All'inizio si voleva indicare un'integrazione pacifica tra credenze e stili di vita differenti, ma con il trascorrere del tempo il significato si è colorato di tinte fortemente razziste. Non esiste parola peggiore di tolleranza. Io non voglio essere sopportato ma rispettato e accettato. Non voglio nessuna concessione ad esistere. Io non voglio sopportare le persone che non la pensano come me, ma ascoltarle. Io voglio condividere, dialogare, comprendere, meditare, accogliere le sfaccettature dell'umano e non tollerarle e di conseguenza discriminarle fingendo di sopportarle. Il concetto stesso di tolleranza deve essere rivisto e rivalutato. In questo mondo c'è spazio per tutti e non capisco perché selezionare chi accogliere e chi, invece, sopportare e dunque respingere. Diceva Martin Luther King Jr: “Abbiamo imparato a volare come gli uccelli, a nuotare come i pesci, ma non abbiamo ancora imparato la semplice arte di vivere insieme come fratelli”. Infatti non conosciamo il valore della convivenza. Non siamo in grado di convivere pacificamente con i nostri simili. L'arte del dialogo è il primo tassello per imparare quest'arte della convivenza. Dobbiamo smetterla di essere homo homini lupus ed intraprendere uno sforzo maggiore per la comprensione individuale. Il Dalai Lama sostiene che: "Siamo tutti esseri umani e, da questo punto di vista, siamo uguali. Noi tutti vogliamo la felicità e non vogliamo soffrire. Se consideriamo questo fatto, troveremo che non ci sono differenze tra persone di diversa fede, razza, colore, cultura. Tutti noi abbiamo questo comune senso di felicità". Dovremmo appigliarci proprio a questo desiderio presente in tutti noi. Aneliamo alla felicità e desideriamo la serenità per noi e le persone che amiamo. Tutti abbiamo bisogno di tenerezza e amore, poiché  sono sentimenti universali che non devono essere tollerati ma applicati con religiosa convinzione. Non vi sembra assurdo pensare di sopportare qualcuno quando possiamo, invece, conoscerlo e magari capirlo? Finiamola con il concetto di tolleranza e introduciamo quello di conoscenza. In una società liquida, come la definì il filosofo Bauman, le differenze sono molto sottili e i nostri stili di vita dissimili  possono essere ampiamente superati da ciò che ci accomuna e unisce. Creiamo una coesistenza pacifica, curiosa e rispettosa del prossimo, e riusciremo a donare ai nostri figli e nipoti un mondo più giusto anche se non perfetto.


Criap


® Riproduzione riservata

8.3.17

8 marzo le donne migrati fuga dalla disperazione e riscatto , mi licenzi riapro con una cooperartiva e riassumo parte dei colleghi , non emigro ma lottto qui e lavoro qui


8 marzo, Emma Bonino e le donne migranti: fuga e riscatto

Agitu, Princess e Habiba sul palco insieme alla leader dei Radicali italiani a raccontare la potenza delle donne migranti che riescono a emergere. L'ex ministra: "Dobbiamo cambiare la Bossi-Fini per permettere alle irregolari di regolarizzarsi"di Andrea Scutellà




Emma Bonino e le donne migranti

ROMA. Agitu è fuggita da un regime che espropriava la terra ai pastori nomadi e ora produce un formaggio di capra biologico in Trentino. Princess è stata costretta a prostituirsi dai suoi connazionali trafficanti, si è ribellata e oggi aiuta le donne come lei a sottrarsi dal giogo dei “magnaccia”. Habiba è scappata dalla guerra ed è diventata mediatrice culturale per aiutare i rifugiati.


8 marzo, Emma Bonino: "Diamo voce alle donne migranti"
La leader dei Radicali italiani a margine della conferenza stampa "Donne anche noi. Storie di fuga e riscatto": "Bisogna cambiare la Bossi-Fini e permettere alle donne irregolari di regolarizzarsi" (di Andrea Scutellà).

"Molte irregolari non possono essere qui". Questa è la potenza delle donne migranti. I Radicali italiani ne hanno portate tre davanti alle telecamere e tutte hanno ripetuto senza sosta la storia della loro vita ad ogni giornalista che gliela chiedesse. Perché erano lì per testimoniare soprattutto per le sorelle assenti. «Tra le donne che ci sono oggi mancano le irregolari - spiega Emma Bonino, organizzatrice della giornata -, che se non superiamo la legge Bossi-Fini purtroppo non riusciremo mai a regolarizzare. E evidentemente mancano anche quelle chiuse nei Cie. Abbiamo chiesto se potessero essere qui, ma loro possono uscire solo per andare in tribunale o all'ospedale. Vogliamo lanciare un messaggio anche alle donne italiane: nella società del nostro paese ci sono protagonisti diversi, altri».



8 marzo, la storia di Agitu: fuggita dall'Etiopia, oggi allevatrice in Trentino
In Trentino si sente sicura: qui produce e vende formaggio caprino nella sua azienda "La capra felice", dopo aver recuperato dei terreni abbandonati. Fuggì dall'Etiopia perché era un'attivista contro l'espropriazione delle terre dei pastori nomadi da parte del governo (di Andrea Scutellà)

Alleva capre in Trentino, fuggì dall'Etiopia. Agitu Ideo Giudeta è arrivata per la prima volta in Italia a 18 anni con una borsa di studio. Si è innamorata del Trentino, in cui ha fatto l’università. «Io sono originaria dell’Etiopia - spiega -, sapete da quelle parti ci sono gli altopiani, qui in Trentino le montagne...». Dopo gli studi è tornata in Etiopia per occuparsi di agricoltura sostenibile. Voleva riportare le sue competenze in patria. Non ha potuto proprio tacere quando il governo ha cominciato ad espropiare le terre ai pastori nomadi e agli agricoltori per svenderle alle multinazionali. Ha manifestato con i suoi amici. Il governo ha risposto con il mitra. Allora è fuggita e si è ricordata del Trentino. «Ho avviato questo progetto di terreni abbandonati e delle razze rustiche locali e ho attivato la mia azienda agricola biologica che produce formaggi caprini. Chi vuole comprare i prodotti deve venire in Trentino, ho ricevuto richieste da fuori regione ma le ho rifiutate». L'azienda si chiama "La capra felice" . 


8 marzo, la storia di Princess: "In Italia per fare la cuoca, mi costrinsero a prostituirmi"
Oggi Princess Okokon con la onlus Piam di Asti aiuta le donne migranti a uscire dall'incubo della prostituzione forzata per debiti e lotta contro la tratta di esseri umani. Ma anche lei, all'inizio, fu comprata come una schiava e costretta a scendere in strada con l'inganno (di Andrea Scutellà)

Vittima della tratta, redime le prostitute forzate. Princess Okokon fa parte di una lunga schiera di donne nigeriane imbrogliate dai loro connazionali trafficanti. Le avevano promesso un posto da cuoca in Italia e invece si è ritrovata in strada, a Torino, con un debito di 45mila dollari sulle spalle, venduta per 13mila, a prostituirsi. Ha provato a fuggire, ma è stata picchiata a sanghe e ha passato una settimana in ospedale. Con l’aiuto della Caritas e di Alberto Mussino, che poi ha sposato, è riuscita a sottrarsi al giogo. Ma invece di fuggire oggi fronteggia i trafficanti ad Asti, con la Piam onlus che gestisce insieme al marito. Riceve ancora minacce, ma è riuscita a salvare molte altre donne costrette alla prostituzione. La sua associazione offre assistenza legale, sanitaria, corsi di formazione professionale e di lingua alle vittime della tratta.  Dalla Costa d'Avorio alla cucina. Habiba Ouattara è scappata dalla guerra in Costa d’Avorio. Ha percorso 600 chilometri a piedi prima di arrivare in Ghana. Ha preso un biglietto aereo con documenti falsi da Accra a Roma. Il Centro Astalli l’ha curata, gli ha insegnato la lingua e le ha permesso di fare un master in mediazione culturale all’università “Roma tre”. Oggi insieme ad altri stranieri provenienti da mezzo mondo gestisce Makì , un progetto di cucina attivo a Roma, che fa sperimentare sapori provenienti dai quattro angoli della terra persino agli italiani: il popolo più conservatore a tavola. Un giorno cucina un afgano, un giorno un turco, un giorno un ivoriano. E gli italiani ascoltano i racconti dei rifugiati, a cui non mancano di certo gli argomenti. 

l'altra storia  è questa  presa   http://iltirreno.gelocal.it/grosseto/cronaca/  del 06 marzo 2017




Il supermercato li "liquida" e loro aprono un discount

Castiglione della Pescaia, la proprietà di Eurospin rompe il rapporto con i gestori del negozio. I due creano una cooperativa, avviano un’altra impresa e riprendono a lavoro a otto personedi Enrico Giovannelli

06 marzo 2017




                  Foto di gruppo nel nuovo discount a Castiglione della Pescaia
CASTIGLIONE DELLA PESCAIA. 
Come un’araba fenice. In concomitanza della festa della donna, mercoledì 8 marzo, aprirà un nuovo hard discount, il Dpiù, a Castiglione.
Una nuova attività che sorge in tempi di crisi con la creazione di posti di lavoro. E una storia particolare se si pensa a quello che era successo pochi mesi fa, poco prima di Natale.
La proprietà del supermercato Eurospin aveva deciso di chiudere anzitempo il rapporto con chi gestiva il negozio da oltre dieci anni: Antonio Mazzini e Fabrizio Micheli. E non senza polemiche e discussioni, per una risoluzione che aveva spiazzato e reso increduli gli stessi gestori per le modalità e la velocità delle decisioni.
Una situazione, quella del mancato rinnovo dell’accordo per la conduzione del supermercato, che portò anche al licenziamento di molti dipendenti (alcuni sono stati confermati, altri hanno trovato altre sistemazioni), in carico alla Mazzini e Micheli, che non furono poi riassunti dalla nuova gestione subentrante dell’Eurospin che beffardamente, dopo poche ore dall’uscita di scena del vecchio gruppo, si preoccupò con un cartello affisso all’ingresso di cercare “nuovo personale” .
Proprio Antonio Mazzini dichiarò che avrebbe fatto di tutto per aiutare i “suoi ragazzi”, e la promessa è stata mantenuta in pieno. In pochi mesi è nata l’idea di riaprire un nuovo hard discount, tra l’altro dove c’era stata la prima sede dell’Eurospin, sempre gestita da Mazzini e Micheli, praticamente dalla parte opposta della strada provinciale del Padule, nei locali dove c’era il negozio di mobili della famiglia Baggiani. In linea d’aria qualche decina di metri in tutto.
Un nuovo inizio per Mazzini e Micheli, come l’araba fenice che risorge dalle ceneri. E a poche ore dall’apertura, tutti i dipendenti sono impegnatissimi nel sistemare gli scaffali e riordinare, mentre le ditte installano frigo e banconi per essere operativi per la data d’apertura.
Mazzini, a nome di tutti, racconta quello che è successo negli ultimi mesi, quasi commuovendosi: «Passata e sbollita la delusione per quel che era accaduto, ci siamo voluti subito rimettere in gioco e abbiamo trovato l’accordo con la società Dpiù, che ha la sede a Verona, nella stessa zona dove insiste l’Eurospin. Stavolta però abbiamo costituito una cooperativa con i ragazzi: l’idea è che il gruppo cresca, e che un domani possa prendere in mano il negozio direttamente. Avere più responsabilità insomma. Io e mio cognato (Fabrizio Micheli, ndc) in questa fase gestiamo la nuova apertura, poi più avanti vedremo il da farsi. Quello che però conta davvero è aver dato la possibilità a tutti i nostri ragazzi e ragazze, otto persone compresi noi due, di continuare a lavorare. Non abbiamo abbandonato nessuno, e anche chi non è con noi ha trovato un altro impiego. Credetemi, una grande soddisfazione». E l’hard discount Dpiù ricalca in pieno il classico supermercato a basso costo, dove si può trovare di tutto dal barattolo con i legumi alla lavatrice (alcune sono state addirittura vendute prima dell’apertura).
Antonio Mazzini precisa però alcuni aspetti: «Oltre ai vari prodotti in generale, sia al banco della gastronomia che per quello della frutta, l’idea è di avere un rapporto diretto con chi produce, per una vendita a chilometro zero puntando sulla qualità del nostro territorio». Nel ringraziare tanti castiglionesi che in questi mesi si sono interessati alla vicenda aspettando la nuova apertura, Mazzini confida un piccolo aneddoto sullo statuto che è stato siglato dalla nascente cooperativa: «Abbiamo voluto inserire una clausola particolare quando si creeranno le condizioni per nuove assunzioni: la priorità sarà data sempre a una persona nata, cresciuta e residente a Castiglione». Magari in ricordo del sostegno ricevuto dal paese.



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