19.5.17

La triste storia di Jeremy, la lumaca condannata a restare singl







da http://www.repubblica.it/ambiente/2017/05/19/


La triste storia di Jeremy, la lumaca condannata a restare single
La lumaca Jeremy
(foto: Angus Davison, University of Nottingham)  


A causa di una rara malattia genetica, per la lumaca Jeremy era quasi impossibile trovare partner. Gli unici due esemplari al mondo "compatibili" hanno preferito accoppiarsi tra loro

L'elzeviro del filosofo impertinente



La voce della coscienza esiste davvero oppure è soltanto un residuo mitologico? Forse la coscienza individuale è una metafora filosofica come Atlantide, il continente sommerso narrato da Platone, o invece un'altra utopia come quel detto evangelico che recita "la Verità vi renderà liberi". Ogni qual volta osservo il mondo mi chiedo: ma dove sta la nostra coscienza quando commettiamo azioni imperdonabili?
Il 23 maggio di venticinque anni fa veniva brutalmente assassinato il magistrato Giovanni Falcone.

 In quel vile attentato persero la vita tre uomini della sua scorta e anche Francesca Morvillo, moglie di Falcone. All'epoca dei fatti avevo 12 anni e la cosa mi colpì molto. Mi colpì perché ero siciliano come Giovanni e poi perché mio padre lo ammirava tanto e lo seguiva sempre quando appariva in TV. Quell'anno per il mio compleanno chiesi in regalo l'album di Luca Carboni che si intitolava Carboni. Nelle radio italiane impazzava il singolo Ci vuole un fisico bestiale, e come tutti gli adolescenti dell'epoca ero totalmente preso da questo tormentone. Ma all'interno del disco un'altra canzone aveva catturato subito la mia attenzione, Alzando gli occhi al cielo. Il testo dice: "Come fanno i capi della mafia a non pentirsi / come fanno certi potenti a non convertirsi / loro lo sanno quanto male fanno / loro lo sanno quanto è solo un uomo / e sanno bene quanta paura c'è dentro ad ogni cuore / e sanno bene come ci si arrende / come si arrende e come ci si stanca di sognare di cambiare il mondo / ma se per caso alzan gli occhi al cielo con un cielo come questo /come fanno a non cagarsi sotto a non sentire freddo".
L'album del cantautore bolognese uscì ben quattro mesi prima della morte di Falcone. La sua canzone aveva ampiamente anticipato un dramma devastante per l'intera nazione. Forse anche per questo le parole cantate da Carboni mi rimasero così impresse nella memoria. Come si può togliere la vita a un nostro simile e poi ritornare alla propria esistenza senza ripensamenti o rimorsi di coscienza? Quanto vale la vita di un essere umano se si può vivere con un peso così grande? E questi assassini sono mai tormentati dal rimorso, dalle immagini e dalle vite spente con così tanta facilità, oppure si sono assuefatti a tutto, anche all'odore e al colore del sangue umano?
Edgar Allan Poe scriveva: "A volte, ahimè, la coscienza degli uomini si carica di un fardello tanto orribile che riusciamo a liberarcene solo nella tomba. Così l’essenza del crimine rimane avvolta nel mistero."
Mi preme sottolineare che quando discutiamo di Giovanni Falcone non possiamo non parlare di Paolo Borsellino. I loro nomi non si dovrebbero scrivere separati ma attaccati. Infatti ritengo appropriata la scelta del conduttore Fabio Fazio di chiamare "FalconeeBorsellino" il programma TV che andrà in onda su Raiuno per ricordare le stragi di Capaci e via D'Amelio. Insieme i due magistrati hanno combattuto per sconfiggere la mafia, e a venticinque anni dalla loro morte non possiamo celebrarli separatamente. Erano amici, colleghi ma soprattutto due uomini perbene. Questi due eroi civili, questi martiri della libertà non meritano un fugace e solenne ricordo annuale bensì un costante quanto reale riconoscimento quotidiano. I più piccoli invece di ammirare i supereroi dei fumetti dovrebbero appassionarsi alla vita di Giovanni e di Paolo, ai loro ideali e ai loro sacrifici. Le grandi azioni non sono mai prive di sofferenza e rinunce personali. Solo così riusciranno a capire che per compiere un vero atto eroico non occorre volare o possedere poteri straordinari, ma credere fermamente nel coraggio racchiuso nelle persone cosiddette normali. Umani che non sono figli di un Dio come Thor o frutto di un esperimento andato a male come Hulk, ma individui che hanno deciso di lottare per sconfiggere il male. Può sembrare un'ovvietà, e forse lo è, ma i più giovani devono imparare che nella normalità di un essere umano è racchiusa la straordinaria possibilità di cambiare veramente il mondo. Il mondo non ha bisogno di supereroi ma di persone oneste.
L'esempio di Giovanni e di Paolo non è stato vano. Loro mi hanno ispirato come un faro nella notte. Ricordo che dopo la morte di Falcone mi fu regalato il suo libro Cose di cosa nostra scritto con Marcelle Padovani e pubblicato nel 1991. Leggendolo mi colpì molto questa frase: "Si muore generalmente perché si è soli o perché si è entrati in un gioco troppo grande. Si muore spesso perché non si dispone delle necessarie alleanze, perché si è privi di sostegno.”
Caro Giovanni, Caro Paolo, con il vostro sangue innocente avete riscattato la dignità di una terra e di un popolo. Il mio popolo, il vostro popolo. Dirvi oggi grazie è ben poca cosa, ma ogni qual volta mi arrabbio con una terra matrigna come la Sicilia ripenso subito a Voi e torno a riappacificarmi con le mie origini. Perché nonostante tutto l'amore e odio che proviamo verso di lei "questa terra come la Ionia di Eraclito e Anassagora è magica, e richiama sempre coloro che gli appartengono, come se esercitasse un diritto. La legge dell'appartenenza" (Manlio Sgalambro).


Cristian Porcino
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17.5.17

giovani artisti , tipo particolar e di bibliotecha , terrorista islamico pentita

FERRARA Il trionfo di Lucilla: a 16 anni vince il “Kocian Violin” La giovane violinista conquista la Repubblica Ceca. «Ho iniziato a suonare a 5 anni e non mi sono più fermata» di SAMUELE GOVONI
Ferrara, il talento di Lucilla
Lucilla Rose Mariotti, giovane violinista ferrarese, a soli 16 anni ha vinto il prestigioso Kocian Violin, concorso internazionale che si tiene in Repubblica Ceca. Prima italiana a ottenere il prestigioso riconoscimento, si esibisce e si racconta in questo video di Filippo Rubin LEGGI L'ARTICOLO

FERRARA. Lucilla ha sedici anni e da undici suona il violino. Ha iniziato a soli cinque anni, quasi per gioco. Ben presto però ha capito che quello strumento racchiudeva in sé qualcosa di più e lezione dopo lezione quel gioco si è trasformato in passione, una passione che alcuni anni fa l’ha portata a trasferirsi dalla sua Lucca a Ferrara per seguire il suo insegnante di violino e il sogno di diventare violinista solista di fama internazionale.
È sulla buona strada la giovanissima Lucilla che pochi giorni fa in Repubblica Ceca ha trionfato al “Kocian Violin Competition”. «Ciò che vorrei fare nella vita - confessa - è suonare; suonare nei teatri del mondo con il mio violino».


Lucilla, quando e come nasce questa passione?
«Ho iniziato a suonare a cinque anni. Una mia amica si divertiva a prendere lezioni di violino, mi sono incuriosita e così l’ho seguita. È stato amore da subito. Del violino mi piace proprio tutto, anche la meccanica. Ricordo che una volta, avevo circa sei anni, il mio strumento ebbe un problema. Andai dal liutaio per farlo riparare e rimasi affascinata da tutte le sue componenti. Quando potevo andavo nella bottega e osservavo la creazione degli strumenti, mi piaceva il profumo del legno e portavo a casa i trucioli. Così ho capito che non mi sarei più separata dal violino».
Perché? Cosa le trasmette?
«Con il violino riesco a parlare alle persone, a condividere con loro ciò che vedo e sento. Affido agli spartiti, alla musica, i miei pensieri e i miei stati d’animo. Con la musica riesco a emozionarmi e, spero, anche ad emozionare. Penso che il compito dell’arte sia quello di trasmettere qualcosa che non è traducibile a parole. Per me la musica, sa assolvere questo compito magnificamente».
E lo studio?
«Lo studio occupa buona parte della giornata. In media mi esercito sei ore al giorno, non tutte di seguito (sorride, ndr). È importante intervallare le sessioni di studio, anche per un discorso di salute. A 12 anni ho sofferto di tendinite e per due mesi non ho potuto suonare, è stato un calvario. Non sapevo che fare, mi annoiavo e mi mancava moltissimo il violino. Da allora sto ancora più attenta e cerco di alternare studio e riposo in maniera corretta».
Non le pesano tutte queste ore sullo strumento?
«Studiare è faticoso, non posso negarlo ma mi piace tanto (sorride, ndr). Quando ero più piccola il sostegno dei miei genitori e di mia mamma in particolare è stato molto importante poi, col passare del tempo, ho preso il ritmo e ora studiare non mi pesa. Mi piace suonare in pubblico e condividere la musica con esso. Per stare sul palco bisogna essere preparati e quindi si deve studiare».
Lei è la prima italiana in 59 anni a vincere il “Kocian Violin Competition”. Come si sente?
«È stata un’esperienza davvero bellissima perché ho potuto fare amicizia con altri musicisti della mia età provenienti da diversi Paesi. E vincere è stata una bella soddisfazione. L’anno prossimo suonerò alla cerimonia inaugurale della sessantesima edizione, sono molto felice».
Oltre alla classica ascolta anche altri generi?
«Sembrerà strano ma mi piace ascoltare la musica coreana, il K-Pop per la precisione. So che è molto distante da ciò che ascolto e suono normalmente però mi svaga, mi rilassa. Mi piacciono in particolar modo le colonne sonore e i brani un po’ più “romantici”».
È dura coltivare le amicizie con una carriera così intensa?
«C’è la mia migliore amica indiscussa che non è musicista ma capisce i miei ritmi e la mia vita. Le altre amiche fanno un po’ più fatica a comprendere, mi chiedono: “Perché non esci?”. Chi non suona fa fatica a comprendere o a condividere certe scelte, tra musicisti invece ci si capisce meglio perché più o meno tutti viviamo le stesse situazioni».

la mia play list

Modena City Ramblers-Il fabbricante dei Sogni
Modena city ramblers - Il violino di Luigi


A Formigine nasce la biblioteca degli oggetti



FORMIGINE. Nasce la biblioteca degli oggetti. Domani, giovedì 18 maggio, la sala archivi di via Unita d'Italia ospiterà la prima assemblea per la realizzazione di una nuova forma di biblioteca: la “Oggettoteca” dove non saranno presenti libri e documenti multimediali, ma oggetti veri e propri, non sempre indispensabili.
Un esempio? Un trapano, uno strumento che ogni famiglia possiede ma non usa frequentemente, sarà uno degli oggetti di cui si parlerà domani, aggiungendo anche attrezzature da bricolage o accessori per la prima infanzia. Relatori dell'assemblea l'assessore all'innovazione Giorgia Bartoli, ideatrice del progetto, affiancata da Antonio Beraldi, fondatore di “Leila”, la prima biblioteca italiana degli oggetti, avviata a Bologna nel 2015.
«Parleremo di come realizzare la futura “oggettoteca” di Formigine - commenta Bartoli - innovazione, condivisione e collaborazione, saranno i 3 addendi su cui baseremo questo progetto, basato sulla sharing economy, dove la condivisione del materiale e lo scambio d'idee tra cittadini saranno il motore portante, per avviare, anche a Formigine, questo genere di biblioteca». Un luogo aperto a tutti, che permetterà ai partecipanti di risparmiare costose spese, rispettando certi criteri. «L'assemblea di domani sarà aperta a tutti. Poche sono le regole da rispettare come la sottoscrizione gratuita della tessera e la messa a disposizione di un proprio oggetto, sugli scaffali del centro di Educazione Ambientale di Villa Gandini, luogo dove verrà realizzata tale opera. Dalle 17,30, sia io che Antonio, saremo a disposizione di tutti per condividere, tramite lavori di gruppo, quelle che saranno le basi per dare inizio a questo programma».
Un programma, a cui hanno preso parte, mediante sondaggio online, un gran numero di persone: oltre 180 sono state le risposte ricevute in meno di un mese, da parte di un pubblico con un'età compresa tra i 18 e i 45 anni. I principali oggetti richiesti? Tigelliere, trapani e seggioloni... Ma è solo l’inizio.



Donna accusa l'ex marito: Costretta a fare sesso davanti ai nostri figli Donna accusa l'ex marito: Costretta a fare sesso davanti ai nostri figli Pisa: denuncia choc in aula durante un processo per stalking. L’uomo deve rispondere anche di lesioni e maltrattamenti in famiglia


PISA. Un matrimonio avvelenato dai rancori. Che deflagra in querele incrociate e porta in aula un 50enne accusato di una sfilza di reati che vanno dai maltrattamenti in famiglia alla violenza sessuale, dalle lesioni personali alla violazione degli obblighi di assistenza. È una storia che risale al 2013 e che racconta di un rapporto al capolinea quella che ieri mattina in Tribunale ha visto come testimone il fratello della parte civile, una giovane marocchina che con l’imputato (omettiamo il nome per non rendere riconoscibile la parte offesa e i due figli minori, ndr) un commerciante 50enne della provincia, ha messo al mondo due figli.
L’uomo è difeso dall’avvocato Andrea Pieri e la donna dal legale Ilenia Flamma. Tra i due è in corso una separazione giudiziale che descrive in parallelo il disagio di un ménage svuotato di sentimenti e riempito di livore. Anche con eccessi degenerati in reati, secondo la Procura rappresentata in aula dal pm Paola Rizzo davanti al primo collegio (presidente Murano, a latere Poggi e Mirani). Uno in particolare, viene contestato al commerciante: aver obbligato la moglie a fare sesso davanti ai due figli piccoli. Un choc per la donna, un trauma per bambini.
La testimonianza di un marito violento: "Certi comportamenti visti da bambino hanno pesato"
Due anni di percorso all’associazione Lui di Livorno gli sono serviti per uscire dalla devastante spirale di botte e soprusi nei confronti della moglie. Una violenza "acquisita" da bambino: ecco il perché (intervista di Ilaria Bonuccelli) - L'ARTICOLO
«Dopo quell’episodio i bimbi sono stati male» ha ricordato in aula il fratello della donna, ormai ex cognato del 50enne sotto processo. La mamma dei due bimbi per un periodo era tornata in Marocco e in una delle querele presentate contro il marito lo accusava di non mandarle soldi, neanche per le figlie. La difesa ha, invece, ricordato che il commerciante aveva aiutato l’allora moglie ad aprire nel suo Paese un negozio che, però, aveva chiuso l’attività dopo neanche un mese.
Ma è quello che succedeva in casa il tema del processo. Secondo l’accusa prima ancora di avviare la causa di separazione, tra i coniugi c’erano stati scontri fisici. Liti degenerate in lesioni che la donna si fece medicare al pronto soccorso. E poi lo stalking e i maltrattamenti con botte e urla. E quell’approccio sessuale pesante, davanti ai figli. Dopo le denunce della moglie, l’imputato finì prima in carcere e poi ai domiciliari. Ora è libero, lontano dalla madre dei suoi figli. Che, in difficoltà economica, è anche sotto sfratto. Prossima udienza il 26 maggio per sentire diversi testi della parte civile.
Basta violenza sulle donne, "Firmo le petizione del Tirreno perché...": i messaggi dei lettori
Il Tirreno ha lanciato una petizione su Change.org per dire basta alla violenza sulle donne. Il messaggio è chiaro: firmiamo per sbloccare l'uso dei braccialetti elettronici anti-stalker. In migliaia hanno già firmato spiegando anche il perché: ecco una selezione dei messaggi - LO SPECIALE

"Mio nipote gay vuole un figlio? A 80 anni capirò anche questo".

"Mio nipote gay vuole un figlio? A 80 anni capirò anche questo".


 Nel 1974 l'omosessualità viene cancellata dai disturbi psichiatrici negli Stati Uniti. Il 17 maggio del 1990 l'OMS stralcia definitivamente l'omosessualità dall'elenco delle malattie riconosciute. Nel 2007 viene istituita le Giornata mondiale contro l'omofobia dal Parlamento europeo

15.5.17

"Cammini diversi possono anche incrociarsi" Lindo Ferretti in Gucci sulla copertina di Dust

Giovanni Lindo Ferretti, persona pubblica e uomo privato, negli anni disorienta fan e opinione pubblica manifestando un pensiero libero e forte, senza sottrarsi a critiche e fraintendimenti  . (...) Pensiero politico-intellettuale e attitudine punk, cristianesimo e comunismo, musica popolare e letture salmodianti, palcoscenico e stalla: questioni esistenziali e storie famigliari che tratteggiano un percorso anticonformista, coerentemente controcorrente.  da  http://www.fedeleallalinea.it/wordpress/film/sinossi/
Infatti  Giovanni Lindo  Ferreti    stupisce  ancora  ,  dopo la  svolta  spirituale  (   veddere  il   film      citato nelle righer  precedenti  )  o leggere il suo libro   il reduce    qui  sotto alcune presentazioni

la  prima  

8 Novembre 2010 'Otto e Mezzo' Il nome, non è un caso ma la scelta di segnare una svolta interiore e culturale nel proprio percorso di artista. Artisticamente Ferretti si può considerare uno dei padri del punk italiano ("punk filo-sovietico e musica melodica emiliana"), e con i CCCP punto di riferimento per il mondo della musica alternativa in Italia. La storia dei CCCP-CSI segna una tappa decisiva nel rock italiano.








la seconda 



Venerdi 3 maggio 2013 Lorenzo Fazzini intervista Giovanni Lindo Ferretti in un incontro pubblico presso la Congregazione dell'Oratorio di San Filippo Neri di Roma.
Cantautore, scrittore, fondatore e leader dei CCCP- Fedeli alla linea, poi dei CSI e dei PGR. E'stato ed è una delle voci e dei volti più importanti del punk italiano.


ecco il suo  ultimo gesto  , provocatore   a  tal punto da  non capite  se    ha  mandato  alle  ortiche     il suo passato  



REGGIO EMILIA. 
Giovanni Lindo Ferretti e Gucci. Un abbinamento che per molti è l'esatta traduzione di ossimoro, diventa realtà in uno scatto che sta girando mezza Europa e – come di consueto con un personaggio tanto amato quanto detestato come l'ex voce di Csi e Cccp – generando un fiume di discussioni, battute e polemiche. Pochi giorni fa è stata annunciata la nuova copertina di Dust, una rivista realizzata fra l'Italia e Berlino da un gruppo di autori italiani che lo definiscono «a european magazine about fashion and its opposites».
È uno scatto di Ferretti, inginocchiato nella sua casa di Cerreto Alpi e vestito con abiti Gucci: difficile capirlo al primo sguardo, a parte forse per i super esperti di moda, ma la prestigiosissima e costosissima marca è confermata da Dust. Gucci è partner della rivista per i suoi approfondimenti, e ha fornito il corredo anche in questa occasione. Giacche e pantaloni da migliaia di euro, lontani dagli scarponi da montagna e dagli abbinamenti – sempre originalissimi – molto “rurali” e “monacali” dell'ultimo Ferretti.
Eppure, è tutto vero. E il cantante e scrittore, oggi impegnato soprattutto con l'allevamento di cavalli di Collagna e il collegato circo equestre, ha apprezzato: «Luigi Vitali, Luca Guarini ed Emanuela Amato. Alessio Boni e Silvia Calderoni. Cico Filotico, Benjamin Kirchoff, uno staff tecnico efficiente, rispettoso e rispettabile.
Una esperienza imprevista, accettata con un margine di dubbio che solo a posteriori poteva essere risolto», ha scritto sulla propria pagina Facerbook. All'inizio pure lui era dubbioso, a quanto pare: «Mi sono fidato ed affidato, ne sono felice. Cammini diversi tra spazi diversi possono incrociarsi con piacere reciproco. Un piacere che nulla chiede ma gioisce nello sguardo di una vicinanza. L'enigma del percorso, il mistero del vivere. Un grazie per grazia manifesta», ha raccontato omaggiando il lavoro dei ragazzi della rivista.
Oltre alle immagini Gucci-style, il servizio comprende ovviamente una lunga chiacchierata avanti e indietro nella ricchissima esperienza di vita di Ferretti. Nato a Cerreto Alpi in una classica famiglia contadina, rimasto orfano giovanissimo, finito in collegio e poi tornato a casa, immerso nella politica della caldissima Reggio degli anni ’70 in Lotta Continua. E poi gli anni ’80, iniziati come operatore sanitario e decollati con gli indimenticabili Cccp-Fedeli alla linea creati assieme a Massimo Zamboni, reggiano conosciuto proprio a Berlino.
Inevitabili – e inevitabilmente divise fra plausi e acidità
– le reazioni. E inevitabile anche la citazione, «Produci, consuma, crepa», storico e indimenticabile ritornello del vecchissimo classico dei Cccp “Morire”, “Ode a Mishima e a Majakovskij”, un giapponese e un russo maestri di poesia. Gucci, all’epoca, sembrava davvero lontano


 qindi  concordo con

per me è inspiegabile e fortissimo il sentimento che provo pensando al suo cambiamento: dolore e lacerazione, ma amore e stima e comprensione....non offendetelo...provata ad ascoltarlo e capire... vi ricordate "non fare di me un idolo , lo brucerò. Trasformani in megafono e m'incepperò. Come fare e non fare non lo so" se lo amiamo davvero capiremo.




14.5.17

i gregari dei campioni di ieri: "Così aiutavamo i nostri capitani"




Furono gregari di fuoriclasse come Eddy Merckx, Felice Gimondi, Franco Bitossi e per venire a tempi più recenti di Moser e Cipollini. Intervistati da Gianni Mura e Marco Pastonesi all'ultima edizione dell'Eroica di Montalcino, cinque storici gregari del ciclismo italiano raccontano aneddoti di gara, rivalità di gruppo e segreti della vita a seguito dei grandi campioni. Dalle "grandi pretese" di Gimondi, alle poche - ma spettacolari - giornate di gloria, i cinque intervistati ci riportano ai bei tempi di un ciclismo che fu, ma che ancora oggi continua a vivere ed emozionare.



video di ANDREA LATTANZI

non sempre i figli somno come i padri . il, caso di Mario Dumini deto anche L'Eremita figlio di figlio di Amerigo Dùmini, il capo della squadra fascista che sequestrò e uccise Giacomo Matteotti.




A tu per tu con Dùmini, l’eremita
Pubblicato da Enrico Tiozzo
Data:2 maggio, 2016
in: Le Firme di Libertates, News



Incontro con il figlio di Amerigo Dùmini, il capo della squadra fascista che sequestrò e uccise Giacomo Matteotti.

Il figlio di Amerigo Dùmini, l’uomo che diresse l’operazione del sequestro di Matteotti il 10 giugno 1924, vive da qualche decennio a una trentina di chilometri da Roma, a San Vittorino, una località situata su un costone tufaceo. E l’uomo infatti, a 70 anni compiuti, abita proprio in una grotta di tufo, senza elettricità, senza riscaldamento, senza alcuna comodità, quasi senza mobilio, tranne lo stretto necessario. Si autodefinisce giustamente “Mario Dùmini l’eremita”. Dà in beneficenza la sua pensione sociale di circa 500 euro mensili e vive con il pochissimo che ricava dal suo saltuario lavoro come badante. Nel tempo libero studia, scrive, discute e s’impegna, con tutte le energie, in una strenua battaglia affinché i detenuti vengano sottratti alle condizioni disumane in cui spesso si trovano e siano rieducati anziché puniti. Il tema di base, in fondo, è lo stesso che sviluppò, da tutt’altra angolazione, il padre nel suo significativo e ormai introvabile libro autobiografico Galera…SOS, pubblicato nel 1956.
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I punti di contatto – a parte una straordinaria somiglianza nei lineamenti del viso – finiscono qui. Amerigo amava il denaro e il lusso, vestiva elegantemente, aveva acquistato uno splendido villino a Firenze. Mario vive soltanto per la sua crociata, disprezza il denaro, non immagina nemmeno di potersi trasferire in un appartamento, apprezza il contatto con la natura, affronta l’acqua che inonda la grotta nei periodi di pioggia e l’assalto delle zanzare durante l’estate con lo stesso sereno spirito di sopportazione, dedicando le sue forze e le sue giornate al bene del prossimo. Nei libri che ha pubblicato, Lettera ai secondini carcerari cristiani e Lettera a Sua Santità, non mancano le note polemiche contro una Chiesa ed un clero che dovrebbero impegnarsi di piú per il bene di chi soffre,

che dovrebbero liberarsi davvero, e non soltanto a parole, di ogni orpello e di ogni ricchezza per destinarla ai poveri.
Come, nel suo piccolo, ha fatto e sta facendo lui. È una maniera per riequilibrare l’immagine demoniaca che una storiografia spesso di parte ci ha tramandato del padre? Forse sì, anche se l’eremita non lo ammette. Del padre ha pochi ricordi ma quelli che ha sono sereni. Era un uomo d’ordine, non alzava mai la voce, educava i figli con fermezza ma anche con amore. Su Amerigo Dùmini a tutt’oggi manca una vera biografia critica che ne metta a fuoco la figura sine ira et studio. Il libro di Giuseppe Mayda del 2004, Il pugnale di Mussolini. Storia di Amerigo Dùmini, sicario di Matteotti, è zeppo di sviste e di forzature madornali, che circolano indisturbate senza che nessuno si sia preso la briga di esercitare un controllo sull’acribia del volume. Certamente Amerigo era un personaggio ricco di ombre. Ma sulla vita e sull’azione di Mario Dùmini brilla soltanto la luce della campagna di san Vittorino.

13.5.17

ottimo modo per sapere se una donna ti ama è quello di farle portare nascosto a sua insaputa dentro un pendaglio orribile l'anello di fidanzamento come ha dfatto una coppia australiana

tqale storia che vi apprestate a leggere mi ricorda questa scena di questo bellissimo e famoso film






da  http://www.huffingtonpost.it/

Per un anno questa donna ha indossato l'anello di fidanzamento senza saperlo
L'anello era nascosto proprio sotto il suo naso
11/05/2017 11:30 CEST | Aggiornato 11/05/2017 14:12 CESTEleonora Giovinazzo

Senza esserne a conoscenza, Anna ha indossato per oltre un anno il suo anello di fidanzamento. Era racchiuso, a sua insaputa, all'interno di un ciondolo realizzato con il legno del pino di Huon, un albero raro e spettacolare della Tasmania.
A regalarle la collana, e a nascondere al suo interno l'anello di fidanzamento, è stato il compagno Terry, in occasione del loro primo anniversario nel 2015. Per oltre un anno e mezzo, Anna ha indossato la collana quasi ogni giorno.






È stato durante un viaggio nella Grotta di Smoo, in Scozia, nel novembre del 2016 che Terry si è deciso a rivelare alla compagna il suo segreto. "Avevamo parlato di visitare quel posto fin da quando ci siamo incontrati - ha raccontato Terry ad HuffPost - La parola Smoo deriva da un antico termine norvegese che indica un "posto nascosto".
E' in quel posto nascosto che Terry ha chiesto alla compagna di porgergli la sua collana per scattare una foto, appoggiando la collana alle rocce. Più tardi, con un coltello, ha estratto l'anello e fingendo di aver dimenticato di restituirle la collana, si è inginocchiato, l'ha aperto e ha chiesto la sua mano.






Dopo lo stupore iniziale ed il sì, Anna è passata alle sue considerazioni. "Ci è voluto qualche momento perché capisse che l'anello era sempre stato al suo collo - ha raccontato Terry - 'Avrei potuto perderlo! Sei un idiota!', mi ha detto a metà strada tra gioia e rimprovero".
La coppia australiana sta mettendo da parte i soldi per comprare una casa, possibilmente con un giardino per sposarsi lì. "Il matrimonio a cui pensiamo non è gigantesco e glamour, vorremmo stare a casa con la nostra famiglia e i nostri amici, è qualcosa che ci corrisponde di più".




 una  storia  strampalata  visot che   come dicono alcuni comdenti
Erika Zanarone · 
Lavora presso Self-Employed
Era una prova d'amore? Solo una innamorata se ne poteva andare in giro con quella ghianda appesa al collo per un anno
Itala Pardo · 
ahahahahahah l'ho pensato anche io
Mi piaceRispondi23 h
Ezio Lusi · 
Così sembra che l'anello sia stato cesellato da un fabbro. Ah, la crisi...;-))
Ramta Rama · 
uomo decisamente complicato!

l'importante non è la vittoria ma l'arrivo . Mario Bollini, chi è l'italiano arrivato ultimo alla maratona di New York a 74 anni: «La prima volta ho partecipato nel 1985»

da  msn.it      Un altro grandissimo traguardo raggiunto da un atleta instancabile, che per decenni ha preso parte alla maratona di New York...