i soffondo \ musica consigliata la versione di "Clandestino" con cui Manu Chao la preso parte al progetto "Playing For Change 3: Songs Around The World". Nel disco, pubblicato nel 2014
da http://www.repubblica.it/cronaca/ del 15 marzo 2017
Mandò la figlia sui gommoni per salvarla dall'infibulazione. Ora rischia di non vederla più
Quattro mesi fa la piccola arrivò sola a Lampedusa dalla Costa d'Avorio, ora è in una casa famiglia ma la mamma non ha il passaporto e quindi teme di non potere venire a riprendersela. di ALESSANDRA ZINITI
PALERMO.
“Oumoh, attends moi, maman sera là bientot…”. Dallo schermo del tablet, via skype, il volto di Zanabou mostra un sorriso forzato, la voce squillante un’allegria che non ha. Ma dall’altra parte, la piccola Oumoh freme. Il suo sguardo è distratto, risponde a monosillabi, l’educatrice accanto a lei fatica a tenerla davanti allo schermo, poi quando la bambina si chiude in un silenzio assoluto la lascia andar via a giocare. Zanabou esplode in un pianto dirotto: “ Rivoglio mia figlia, se non mi venite a prendere mi rivolgo di nuovo ai trafficanti e salgo sul primo barcone per l’Italia”.
Sono passati più di quattro mesi da quando la piccolissima bimba ivoriana, 4 anni appena, arrivò tutta sola a Lampedusa su un gommone soccorso nel Canale di Sicilia. Portata lì da una giovane donna alla quale la mamma l’aveva affidata all’ultimo istante per salvare sua figlia dal barbaro rituale dell’infibulazione al quale, in Costa d’Avorio, la famiglia voleva sottoporre anche Oumoh. Inseguita dal marito e dagli altri parenti, Zanabou – messa in salvo la piccola – è riuscita a rifugiarsi in Tunisia e lì, nel giro di un paio di settimane grazie alle indicazioni fornite dalla ragazza che aveva portato con sè sul gommone Oumoh, la polizia italiana è riuscita a ritrovarla.
Quella che segue è una tragica quanto purtroppo ordinaria storia di burocrazia che, da quattro mesi a questa parte, rende ancora impossibile il ricongiungimento di mamma e figlia, pure previsto dalla legislazione internazionale. Ma in Tunisia, Zanabou è senza documenti, la rappresentanza diplomatica della Costa d’Avorio fa orecchie da mercante, e senza titolo di riconoscimento sembra non esserci modo di far arrivare la ragazza in Italia. E nel frattempo la piccola Oumoh si allontana da lei sempre di più.
Drammatico il racconto della psicologa che segue la piccola nella comunità per minori alla quale è stata affidata dal tribunale dei minorenni di Palermo dopo il suo arrivo a Lampedusa nel novembre scorso.
“I primi tempi, Oumoh reagiva bene al contatto con la mamma con la quale cerchiamo di farla parlare quasi tutti i giorni via skype. Ma ormai da diverse settimane la piccola è sempre più distratta e lontana da quella figura che vede sullo schermo e della quale probabilmente non riesce più a capire il ruolo. Oumoh è una bimba di quattro anni, che negli ultimi quattro mesi nella sua vita qui a Palermo ha vissuto tante esperienze nuove che finiscono con il sovrastare quella, per altro evidentemente traumatica, vissuta prima in Costa d’Avorio e con la madre. Si è molto affezionata alle educatrici della comunità che vive come la sua nuova famiglia, ha cominciato ad andare a scuola, a farsi degli amichetti, sta imparando l’italiano e dimenticando il francese. E, ovviamente, dall’altra parte del Canale di Sicilia, sua madre ne soffre disperatamente. Per noi è estremamente difficile cercare di mantenere vivo questo rapporto a distanza, la bambina è insofferente quando la spingiamo a rimanere davanti allo schermo e a colloquiare con la mamma, preferisce scappare via a giocare. E’ evidente che ogni giorno che passa il ricongiungimento, quando avverrà, sarà sempre più complicato”
Rossana, rifatta da cima a fondo: "Il primo ritocco trent'anni fa e non ho ancora finito"
Rossana Agueci (foto Anedda)
Di vero - per ora - le è rimasto forse solo il collo. Perché il bisturi è finito pure lì, dove non batte il sole ma il chirurgo arriva. «Non c'è niente di cui scandalizzarsi, i ritocchi alle parti intime vanno tantissimo, nel mio caso è stato un omaggio». Rossana Agueci, titolare di un salone per capelli a Cagliari, ha cinquantacinque anni e una propensione naturale alla chirurgia plastica.
Primo intervento?
«A venticinque anni ho rimodellato pancia e seno. Avevo la seconda, avrei voluto la protesi, ma il chirurgo era contrario».
Il secondo?
«La rinoplastica, ma non è che avessi la gobba o un naso brutto».
Qual era il problema?
«Con la nascita del secondo figlio mi era un po' sceso. Così ho fatto togliere un po' di grasso».
Al naso?
«Sì, certo».
Poi?
«Addominoplastica, nel 1997. E sa una cosa?».
Prego.
«A quel punto ero soddisfatta del mio aspetto. Per un po' mi sono fermata».
Ricaduta nel?
«Nel 2005, subito dopo la separazione da mio marito».
Cosa non andava?
«Col mio ex?»
No, col suo corpo.
«Volevo il seno più grande, questo è il risultato».
Rosanna Agueci (foto Anedda)
Ci è andata pesante.
«Dice?»
Un'ottava si nota.
«Non posso negarlo, ma giuro che l'ho fatto solo per sentirmi bene con me stessa».
Ci è riuscita?
«No, non mi piacevo da ragazzina, quando ero un gioiellino e avevo la fila di corteggiatori, e non mi piaccio neanche ora».
Quindi bisturi e botulino hanno fallito?
«Non scherziamo, sono felicissima di ogni ritocco fatto. Il problema è che forse si insegue la perfezione, ma ci vorrebbero due vite per raggiungerla».
Cos'altro si è rifatta?
«Le labbra, blefaroplastica sopra e sotto, liposuzione a braccia e gambe e mi sono fatta inserire dei fili nella zona temporale per tirare su le guance».
Basta?
«No, mancano i fili occipitali e la vaginoplastica. Io non l'ho chiesta, ero dal chirurgo per l'addominoplastica e quando mi sono svegliata ho scoperto che era intervenuto anche lì».
Ha le lenti colorate?
«Fanno parte della biomedica».
Cosa le rimane di autentico?
«Il collo. Vorrei farlo, ma è pericoloso, ci sono troppe vene. Ci sto pensando, ma da qualche anno ho preso una pausa».
Perché?
«Ho scoperto che per tenere la pelle giovane sono formidabili le punture senza alcun prodotto. Le faccio da sola, sul viso».
Quanto ha speso finora?
«Trenta milioni delle vecchie lire circa, soldi ben spesi, in vent'anni».
Pentita?
«Assolutamente no, me ne andrei in Brasile a rifarmi tutta. Lì è gratis il problema è qua, perché non tutte possono permettersi di migliorarsi».
Magari non interessa a tutte.
«Ah, certo. Infatti vedo così tante donne brutte che mi viene quasi da piangere».
La chirurgia estetica è ancora tabù?
«Sì, pensi che mi sono sentire dire da un'assistente sociale che sono una madre indegna, e il mio ex marito mi ha definito fenomeno da circo».
Il giudizio delle gente pesa?
«No, mi fa ridere. Il mondo è pieno di persone limitate e insoddisfatte, con pregiudizi fini a se stessi».
Mai pensato di investire in cultura?
«Guardi, mio figlio Alberto ieri mi ha detto la stessa cosa. Ma io sono un'artista, la laurea non mi serve. Lavoravo molto bene, mi sono potuta permettere tutti gli interventi».
Crede ci sia una spiegazione psicologica?
«Anche questo me l'ha detto mio figlio, non lo so. Ma di una cosa sono certa: la vita è una questione di emozioni».