7.6.17

La bandiera come abito: vilipendio al tricolore. È davvero un uso indegno ?


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La bandiera come abito: vilipendio al tricolore. È davvero un uso indegno ? Mbayeb “Mami” Bousso, studentessa di 15 anni, arrivata a Mirandola (Modena) dal Senegal, omaggia il presidente della Repubblica Mattarella, in visita a fine maggio nei luoghi del terremoto, indossando un abito-tricolore. Frutto di un progetto scolastico. Ma un normale cittadino, Giulio Cozzani, presenta un esposto alla procura di Pistoia per vilipendio alla bandiera che non potrebbe toccare il suolo. E l'esempio di integrazione diventa un caso su cui indagare (a cura di Annalisa D'Aprile)


  questi  i  fatti    secondio   il  http://gazzettadimodena.gelocal.it/modena/cronaca/2017/06/07/

MIRANDOLA. L’abito creato dagli studenti dell’istituto Galilei indirizzo Moda ha fatto discutere. È stato protagonista, durante la visita del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, anche perché indossato da Mbayeb “Mami” Bousso, studentessa di 15 anni, arrivata qualche tempo addietro dal Senegal. Al netto di tutte le becere polemiche sulla ragazza e sulla strategia della scuola di sceglierla come modella per un giorno, ora la questione è arrivata in Procura a Pistoia a seguito dell’esposto firmato da tal Giulio Cozzani. L’uomo, infatti, si è recato da carabinieri di Buggiano per segnalare il vilipendio alla bandiera italiana da parte di ignoti.

orte della documentazione fotografica pubblicata dalla Gazzetta, il buggianese ha voluto informare l’autorità giudiziaria: «In relazione al regolamento che ne disciplina l’uso (d.p.r. 7.4.2,n 121) - scrive - la bandiera viene sempre usata in modo dignitoso, non deve mai toccare il suolo né l’acqua; non deve essere portata sostenuta piatta o orizzontalmente, ma sempre in alto e libera di sventolare naturalmente; mai usata come copertura di tavoli o sedute o come qualsiasi tipo di drappeggio, né usata come involucro per qualsiasi oggetto da contenere trasportare o spedire. Il reato di vilipendio è stato dal sottoscritto rilevato dall’articolo apparso sulla Gazzetta di Modena del 29 maggio 2017 riferito alla visita del Capo dello Stato a Mirandola dove una ragazza indossa un vestito con i colori della bandiera italiana con strascico. Due sono i punti in cui si intravede reato di vilipendio: il tricolore non può essere usato come drappeggio; il tricolore viene trascinato per terra»Spetterà ai carabinieri valutare se vi siano estremi per indagare, ma intanto Milena Prandini, dirigente dell’istituto Galilei, spiega come sono andate le cose: «L’iniziativa di realizzare il vestito con i colori della bandiera italiana è tutta interna all’istituto - dice - È un progetto didattico che abbiamo poi voluto mostrare durante la visita del Presidente Mattarella. Avevo dato disposizione che la nostra studentessa restasse all’interno del giardino scolastico, ma l’organizzazione ha voluto accompagnarla davanti ai fotografi nel momento dell’incontro con il Capo dello Stato. Per noi è motivo di grande soddisfazione, un segno di civiltà e integrazione e mai abbiamo pensato di “offendere” il tricolore».(fd)












terra».

6.6.17

L'incontro tra Isak e la mamma di Kelvin, il bimbo ferito a Torino

da
http://iltirreno.gelocal.it/empoli/cronaca/2017/06/06/


TORINO. «Grazie, hai salvato il mio Kelvin». «No. Non lo dire. Ho fatto quello che avrebbe fatto chiunque. Non sono un eroe». Il mondo in un corridoio d’ospedale. Ling Quinquang e Isak Nokho. L’abbraccio inespresso. Lui vorrebbe stringerla, il Ramadan glielo impedisce. Allunga una mano: è venuto apposta da Fucecchio per questo. Lei è timida. Chissà come si esprime la gratitudine a un uomo che ha salvato la vita a tuo figlio di 7 anni. Isak si è trasformato in uno scudo, sabato sera, mentre una folla impazzita fuggiva a piedi nudi da piazza San Carlo , fra i vetri e il sangue, lontano da una finale di calcio trasformata in un carnaio.All’ospedale Regina Margherita, lunedì pomeriggio, Ling osserva quell’uomo riservato, venuto dalla Toscana, che per il suo Kelvin è stato scudo umano. Di più: un grembo. Isak ha risposto al suo appello di riconoscenza. E pensa che senza quel guscio, oggi il suo bambino non si sarebbe svegliato dal coma. Non avrebbe difficoltà a parlare per colpa dei tubi e del polmone schiacciato. Non parlerebbe proprio, dopo essere stato calpestato da centinaia di piedi in fuga. Quello, però, è un passato remoto, anche se appartiene appena a 45 ore fa. Ora, mamma e amico sono uno davanti all’altro. Ling indossa gonna e camicetta beige, giubbottino bianco. Un caschetto castano scuro incornicia un volto segnato dalla sofferenza. Tiene stretto il cellulare, mostrando a tutti le foto del suo tesoro. Isak è in jeans, maglietta nera, come un qualsiasi ragazzo di 23 anni. Ling è nata in Cina, ma vive a Torino. Isak è nato in Senegal, ma abita a Fucecchio, cuore della Toscana. Il primo contatto è intorno a una maglia della Juve, versione baby, sporca di sangue. Isak l’aveva raccolta nella confusione, convinto che fosse di Kelvin: nella fuga di massa, tutti perdevano tutto.

Torino, l'onda umana che travolge la folla in piazza San CarloLe impressionanti immagini dell'onda umana innescata dal falso allarme che travolge la folla assiepata in piazza San Carlo a Torino per vedere su maxischermo la finale di Champions League poi persa dalla Juventus contro il Real Madrid - L'ARTICOLO

ISAK COME UNO SCUDO UMANO
Isak non dimentica. Sabato sera, chi cade viene travolto. Il delirio collettivo travolge tutto. Ma non la voglia di aiutare gli altri. In mezzo a un fiume di sangue, alle grida, si fa largo l'umanità di tanti anche di Isak. Che con un altro ragazzo di colore - Mohamed, intervistato da Pomeriggio Cinque - salva il bambino. Lui coprendolo con il suo corpo, l’altro strappandolo, ormai incosciente, alla furia della folla. «Ho visto molte persone una sopra all'altra - racconta Isak emozionato a Ling - c'era anche un bambino, che poi ho capito essere Kelvin. Lì in mezzo c'era anche un mio amico, che stava per svenire. Non respirava». E così Isak ha la freddezza di piazzarsi a due passi da loro, coi suoi 195 centimetri di altezza. Lui e altri due angeli si mettono uno accanto all'altro, abbracciandosi, in modo da creare un “muro” umano per evitare che altri tifosi in fuga schiacciassero quelli che erano già distesi per terra. Kelvin compreso, che è sepolto davanti agli occhi disperati della sorella. Ma lo scudo funziona.
Isak Nokho schiaffeggia il suo amico Benito Lombardo, anche lui di Fucecchio, che si riprende, anche se è ferito. Il 23enne resta lì «fino a quando ho visto che altre persone si stavano occupando di Kelvin». Infatti c'è Mohamed che lo trascina via. Il piccolo è in coma, nella calca ha rimediato vari traumi e lo schiacciamento di un polmone. Isak, quando legge su Internet che il bambino è grave, vuole andare a Torino, per fare coraggio ai genitori e alla sorella. Il giorno prima ha raccontato il suo dramma proprio Il Tirreno. Omettendo, per pudore, i particolari su Kelvin. «Non riesco a dormire, aiutatemi. Devo fare qualcosa per quella famiglia. Vorrei andare a trovarli».

Torino, la mamma del bimbo ferito in piazza San Carlo: "Mio figlio vivo grazie a un uomo di colore"La mamma di Kevin, il bimbo di 7 anni rimasto ferito nella calca di piazza San Carlo, durante la finale di Champions League, è disperata e aspetta notizia del figlio ricoverato in rianimazione all’ospedale Regina Margherita in prognosi riservata: “Kevin è vivo grazie a un uomo di colore e a un altro ragazzo che si chiama Enrico che hanno da fatto da scudo alla folla. Li voglio ringraziare” Di ERICA DI BLASI

DA FUCECCHIO ALL'OSPEDALE DI TORINO: IL VIAGGIO CON IL TIRRENO
Così Il Tirreno organizza il viaggio. Quando arriva all'appuntamento, in piazza XX Settembre, a Fucecchio, è imbarazzato ed emozionato. Ha chiesto un permesso al Ciaf di Fucecchio, un centro per l’infanzia dove svolge il servizio civile: «Non cerco pubblicità. Avrei preferito rimanere anonimo. Ma non posso sentirmi in pace finché non so che quel bambino si è ripreso». E allora vale la pena di rifare quei 400 chilometri che sabato l'hanno proiettato in un incubo: «Non sapevo neanche se andare a vedere la partita al maxi-schermo. Benito ha insistito, io sono protettivo e non volevo lasciarlo da solo. Così sono andato».
Lunedì però la destinazione è l'ospedale Regina Margherita. Durante il viaggio Isak cerca di riposare, ma non ci riesce. Il cuore batte forte. Ha bisogno di una voce piena d'amore, che lo incoraggi. Telefona alla mamma in Senegal, le racconta tutto.

Iask e la mamma di Kelvin in ospedale
Iask e la mamma di Kelvin in ospedale

oL'INCONTRO CON LA MAMMA DI KELVIN
All'arrivo a Torino, alle 19 passate da una manciata di minuti, ad attenderlo, c’è un’altra mamma che pochi minuti prima ha visto suo figlio sveglio. «Hai fatto una cosa straordinaria - gli dice Ling - tu come altri che mi hanno raccontato ciò che è accaduto e che sono venuti a trovarmi. Tu l'hai protetto, l'altro l'ha tirato fuori. Se Kelvin è vivo è merito di tutti voi». Ma Ma niente abbracci. Il Ramadan li vieta: «Avrei voluto, eccome, ma non posso».Isak è molto religioso e proprio nella spiritualità ha trovato la forza di opporsi alla folla di piazza: «Avrei dato la mia vita. Gridavo con tutta la forza che ho in corpo che non c'era alcun attentato. In quei momenti agisci col cuore, perché il cervello non funziona. Io sono adulto e quelle scene non riesco a cancellarle. In questi giorni ho sperato di risvegliarmi da un brutto sogno. Figuratevi i bimbi che cresceranno con quelle immagini nella testa». Ling lo ascolta, continua a ringraziarlo. Guarda la maglia sporca di sangue che gli ha consegnato Isak. «L'ho trovata accanto a Kelvin», le dice. Lei avverte: «Non è di mio figlio». Poco importa, resta il simbolo di questa storia: «Gliela darò, raccontandogli di te. Lasciami il tuo numero, ti chiamerà appena starà meglio. Ora è intubato, non riesce a parlare. Ma lo farà presto. Anche con te, Isak». Un'altra stretta di mano, un altro grazie. Si risale in auto, verso Fucecchio: «Ora sì, ragazzi. Sono felice».
 




abbracci. Il Ramadan li vieta: «Avrei voluto, eccome, ma non posso».».

Il capo scout si “sposa” col compagno e il parroco dice “non può essere educatore” rispetta o non rispèetta il messaggio di Dio ?

canzone consigliata    
l'amore merita - Simonetta Spiri, Greta Manuzi, Verdiana Zangaro, Roberta Pompa


leggi anche
http://ilpiccolo.gelocal.it/trieste/cronaca/2017/06/04/news/luca-dice-si-a-marco-e-staranzano-si-ferma-brindando-alle-nozze-1.15440882

sfogliando  la bacheca  facebook  , di un mio amico  e  compaesano sacerdote    ho   trovato questo     sito  https://it.aleteia.org/  ed  in esso ho  trovato    questo articolo  interessante  .Esso  ,  a  50  anni dalla morte   (  e  dalla  sua imminente   beatificazione  )m di  Don Lorenzo Milani  , mi  porta  (  come  dal  titolo  )   a  chiedermi  se  la  presa  di  posizione  da  parte  di certi esponenti  dela  chiesa   rispettano il messaggio  di  Dio e    le  "  direttive  " di papa  Francesco  ?
 Prima di  una mia  risposta  i fatti 

Il capo scout si “sposa” col compagno e il parroco dice “non può essere educatore”




Nel frattempo l'Agesci non ha ancora ufficialmente preso posizione

A Staranzano, piccolo comune in provincia di Gorizia si è svolta la cerimonia di unione civile tra il consigliere comunale Luca Bortolotto e Marco Di Just, uno dei capi scout del gruppo Agesci locale. A questa scelta, il parroco del paese, don Francesco Fragiacomo, dopo aver informato l’arcivescovo di Gorizia, monsignor Carlo Maria Redaelli, ha spiegato tramite il bollettino parrocchiale perché a suo giudizio, Marco, non possa più essere un valido educatore in parrocchia: “Nella Chiesa – spiega – tutti sono accolti, ma le responsabilità educative richiedono alcune prerogative fondamentali, come condividere e credere, con l’insegnamento e con l’esempio, le mete, le finalità della Chiesa nei vari aspetti della vita cristiana. Sulla famiglia la Chiesa annuncia la grandezza e bellezza del matrimonio tra un uomo e una donna.Un messaggio che percorre tutta la Bibbia e che la fede in Cristo rende possibile. Come cristiani, dunque, siamo chiamati ad annunciare il modello di famiglia indicata da Gesù: quella fondata nell’amore tra un uomo e una donna uniti nel sacramento del matrimonio” (HuffPost).
Parole ribadite in una intervista al quotidiano locale Il Piccolo:


«Come cittadino – dice – ognuno può fare ciò che gli consente la legge dello Stato. Come cristiano, però, devo tener conto di quale sia la volontà di Dio sulle scelte della mia vita. Come educatore cristiano, in più, devo tener conto della missione e delle linee educative della Chiesa e della mia Associazione cattolica. Una cosa è essere accolti, un’altra è assumere responsabilità educative . Nella Chiesa tutti sono accolti, ma le responsabilità educative richiedono alcune prerogative fondamentali, come condividere e credere, con l’insegnamento e con l’esempio, le mete, le finalità della Chiesa nei vari aspetti della vita cristiana. Sulla famiglia la Chiesa annuncia la grandezza e bellezza del matrimonio tra un uomo e una donna. Un messaggio che percorre tutta la Bibbia e che la fede in Cristo rende possibile. Come cristiani, dunque, siamo chiamati ad annunciare il modello di famiglia indicata da Gesù: quella fondata nell’amore tra un uomo e una donna uniti nel sacramento del matrimonio».

Parole pacate ma che non lasciano adito a dubbi. E’ evidente che nell’Agesci questo dibattito è destinato ad esplodere, e che la problematica tra la fedeltà alla Chiesa e quella alla cosiddetta Carta del Coraggio deve essere risolta. Nel febbraio 2016 esplose la prima rottura nella comunità capi (Co.Ca), riassumibile in questo intervento pubblicato su TPI:


La questione si pone quando un giovane decide di diventare capo scout e si chiede all’aspirante capo di sottoscrivere il patto associativo, cioè il patto che definisce i valori fondanti dell’associazione a partire dal senso più profondo dello scautismo, ma anche la partecipazione politica e il cristianesimo.
Ed è proprio in merito a questo punto, al cristianesimo, che nascono, tra i capi scout, le contraddizioni “morali” più grandi.
Fino ad oggi tutto è stato avvolto da una sorta di “don’t ask, don’t tell”, “non chiedere, non dire”, termine con cui comunemente ci si riferiva negli Stati Uniti in merito alla questione dell’orientamento sessuale dei membri del servizio militare.
In questo modo si è permesso a tutti coloro che non aderivano pienamente alla scelta cristiana di continuare a svolgere il ruolo di capi senza alcun problema. E non si parla solo di gay, ma anche di divorziati e conviventi.
Oggi più di 200 capi scout lanciano un appello chiedendo all’Agesci un sostegno al Ddl Cirinnà – con il quale l’Italia permetterebbe le unioni civili tra persone dello stesso sesso – in vista del rush finale in parlamento: una decisione di coraggio sul tema, anche perché il sostegno dell’organizzazione difficilmente arriverà.
L’impressione è che la “base” Agesci, specialmente i Clan – così sono chiamati nello scautismo i gruppi di ragazzi tra i 16 e i 21 anni -, sia molto più pronta all’apertura e al cambiamento di quanto non lo siano i vertici.
Gli stessi Clan, poco più di un anno fa, hanno presentato un documento nazionale che è stato redatto da 30mila di loro: la Carta del Coraggio.
Attraverso questo documento chiedevano all’Agesci e alla Chiesa di “non considerare esperienze di divorzio, convivenza o omosessualità invalidanti la partecipazione alla vita associativa e al ruolo educativo, fintanto che l’educatore mantenga i valori dell’integrità morale”.
Ma appunto verso la Carta del Coraggio si levarono anche molte voci interne all’Agesci con critiche nette, raccolte tra gli altri dal sito La Fede Quotidiana (3 febbraio 2016):
«Sono una Scolta di un gruppo scout della provincia di Padova. […] Avete sottolineato il fatto che l’Associazione educhi i ragazzi a vivere secondo la Buona Notizia e che, dopo le parole del Santo Padre, tutta la comunità ecclesiale non possa non aderire a questa visione della Famiglia come voluta da Dio. Ma queste sono parole, a me lo scoutismo ha sempre insegnato che poi servono anche i fatti. È vero, ci sono posizioni diverse all’interno dei moltissimi gruppi, lo vedo ogni giorno nel mio Clan, nei confronto con i miei Capi, l’ho notato anche nel reparto di un altro gruppo dove ero scolta in servizio l’anno scorso. Ognuno ha la sua idea, la sua posizione, che in quanto tale va rispettata. Ma noi siamo un’associazione cattolica, che, come avete scritto anche voi, accoglie la visione della Chiesa e il Vangelo, quindi, con tutto il rispetto, con tutta l’amicizia e con tutto il bene del mondo, chi non è pronto ad accogliere questa visione può prestare il suo servizio da un’altra parte.[…] Un esempio? La Carta del Coraggio. O meglio, alcune sue parti, come quella sull’amore, che avanza richieste secondo me in contrasto con quello che invece la Chiesa e il Magistero ci insegnano, che non sono certo punti negoziabili nella vita di un credente. Come mai molti di noi R/S che erano presenti alla Route Nazionale due anni fa hanno deciso e votato a favore di quella presa di posizione? Secondo me, oltre alle opinioni personali, è anche causa del fatto che in molti gruppi il tema liturgico e le scelte che si dovrebbero prendere in coerenza con la fede cattolica, sono lasciate spesso al livello del “volemose bene”, cioè non vengono approfondite e soprattutto si lascia spazio a mediazioni che, a mio avviso, sui temi della fede sono inammissibili e l’assenza di una dimostrazione della volontà comune di seguire con più coerenza gli Insegnamenti in cui il metodo scout affonda le sue radici, aggrava la situazione. Lo scoutismo accoglie tutti, ma chi ne vuole fare parte deve accogliere i valori dello scoutismo. Chi non è cattolico, chi non vuole accettare gli insegnamenti della Chiesa e del Vangelo, può andare al CNGEI. […] Noi come scout cattolici siamo chiamati ad essere testimoni coraggiosi non solo di uno stile di vita autentico e impregnato della capacità di saper pensare e scegliere con la propria testa, ma anche e soprattutto delle bellezza della Parola e della Creazione di Dio, senza la quale tutti i nostri valori e i nostri concetti non avrebbero significato. Il silenzio o il “tenere il piede in due scarpe” non ci rendono testimoni, ma spettatori assenti di una società che invece ha sempre più bisogno di ritrovare le proprie radici e i propri punti di riferimento. Quindi vi chiedo, vogliamo essere protagonisti del nostro tempo con coraggio, oppure ci lasceremo vincere dalla paura di vivere fino in fondo il nostro essere?».
Da allora la situazione non è cambiata, nel senso che l’Agesci non ha risolto la questione decidendo se conformarsi o meno al Magistero o meno e in quel caso rinunciare ad avere un rapporto con la Chiesa  cattolica

da  http://ilpiccolo.gelocal.it/trieste/cronaca/  del  6\6\2017


STARANZANO.
«Non ci sono più le condizioni per fare l’educatore nel gruppo scout».



{}È bufera a Staranzano all’indomani delle “ nozze gay” fra il consigliere comunale Luca Bortolotto e Marco Di Just , uno dei capi scout di Staranzano. Il parroco don Francesco Fragiacomo, infatti, affronta di petto l’unione civile fra due omossessuali che riguardano da vicino gli scout cattolici del gruppo Agesci. La figura di educatore di Di Just, il nocciolo della questione, secondo il prete crea confusione nei ragazzi. Gli insegnamenti della famiglia cristiana vede l’amore fondato tra un uomo e una donna, che si uniscono in matrimonio per avere figli.Della situazione don Francesco oltre ad aver già informato da tempo l’arcivescovo di Gorizia Carlo Maria Redaelli, che non rilascia dichiarazioni ufficiali, è anche amareggiato e non approva la cerimonia di sabato scorso in municipio davanti a centinaia di persone.§Non commenta direttamente, in realtà, ma esprime il suo pensiero attraverso il bollettino parrocchiale.A partire proprio dal ruolo di Di Just quale educatore scout. «Come cittadino – dice – ognuno può fare ciò che gli consente la legge dello Stato. Come cristiano, però, devo tener conto di quale sia la volontà di Dio sulle scelte della mia vita. Come educatore cristiano, in più, devo tener conto della missione e delle linee educative della Chiesa e della mia Associazione cattolica. Una cosa è essere accolti, un’altra è assumere responsabilità educative . Nella Chiesa tutti sono accolti, ma le responsabilità educative richiedono alcune prerogative fondamentali, come condividere e credere, con l’insegnamento e con l’esempio, le mete, le finalità della Chiesa nei vari aspetti della vita cristiana. Sulla famiglia la Chiesa annuncia la grandezza e bellezza del matrimonio tra un uomo e una donna. Un messaggio che percorre tutta la Bibbia e che la fede in Cristo rende possibile. Come cristiani, dunque, siamo chiamati ad annunciare il modello di famiglia indicata da Gesù: quella fondata nell’amore tra un uomo e una donna uniti nel sacramento del matrimonio».



I capi del gruppo scout Agesci di...
I capi del gruppo scout Agesci di Staranzano con, quarto da sinistra, Di Just e al suo fianco don Biasiol

Ecco che l’unione fra Bortolotto e Di Just, molto conosciuti a Staranzano, rischia di avere uno strascico. Sono stati uniti civilmente in una sala consiliare strapiena di gente dal sindaco Riccardo Marchesan, visibilmente emozionato.Oltre alla gioia di “sposi”, parenti e amici, c’è infatti da sottolineare anche la dichiarata amarezza da parte del parroco di Staranzano, che si è sentito “sfidato”, subendo quasi un affronto dalla presenza del viceparroco e scout, don Genio Biasiol, protagonista anche di un intervento prima della cerimonia «come amico della coppia e come prete». Se la formula delle Unioni civili e lo scambio degli anelli impegnava solo una decina di minuti, tutta la cerimonia è durata oltre un’ora.Dopo un breve saluto del sindaco Marchesan, infatti, nella scaletta della mattinata erano in lista a parlare diversi amici che, oltre agli auguri, hanno indirizzato ai due giovani versi di autori e poesie di Pablo Neruda. «Celebriamo una festa di due persone che si vogliono bene – aveva iniziato Marchesan – che oggi vedono costituita la loro unione. Il nostro paese da anni attendeva una normativa chiara per un riconoscimento anche sul piano giuridico, i diritti e i doveri di ogni coppia, volersi bene nel rispetto e nel reciproco sostegno».Stipati come non mai nell’aula avevano trovato posto, oltre ad alcuni consiglieri comunali, alcuni rappresentanti dell’associazionismo di Staranzano quale la Corale Audite Nova, le pattinatrici delle Aquile Biancorosse, l’associazione Benkadì, La Tenda della Pace, BisiachiInbici.E una ragazza scout, come al termine di ogni attività, a nome di tutto il gruppo a Marco e Luca aveva augurato una “Buona strada”.
Adesso la Comunità capi degli scout di Staranzano si trincera dietro un muro di silenzio e dietro le parole della sua guida spirituale, don Biasiol: «Mi spiace ma la comunità capi ha deciso di non rilasciare dichiarazioni in merito». Facendo intendere che per ora Di Just è a tutti gli effetti Capo unità e dal punto di vista educativo non c’è alcun problema. Tutto resta ancora da vedere, da capire, da riformulare. «In questo momento – commenta una delle responsabili del gruppo – per noi ha il placet per fare l’educatore scout, ma è da vedere con i nostri regionali, confrontarci, quindi la cosa è ancora da chiarire. La domanda ce la siamo già posta noi. Se qualcosa cambierà vedremo».


Swcondo me non lo rispetta soprattutto dopo aver sentito questa intertvista, copmntenuta    nel secondo articolo   sopra  riportato  ,  di Antonio Iovane (Radio Capital) che ha chiesto a Don Francesco di chiarire il suo pensiero



Ecco perchè  credo in Dio  (     cercandio    cadendo e rialzandomi   d'applicare  ciò che  ci ha  trasmesso attraverso  Gesu suo figlio  )    ma non nella chiesa? La chiesa è un istituzione creata dall'uomo per aver potere sugli altri uomini. È vissuta da uomini, peccatori come tutti gli esseri viventi.....con la doppia aggravante di far tutto in nome del Signore.
Chiesa Cattolica.

5.6.17

kevin il ragazzo cinese ferito a tlorino durante juve -real salvato dall'intervento di un africano e Piazza San Carlo: ristorante accoglie feriti. Una cliente si lamenta perché le «hanno rovinato la cena» e se ne va senza pagare

tra le  tante stolrie   dei fatti  torino  la  stampaufficiale  ignora   storie  come  queste  considerandole banali. Oppure   le riporta  in modo incompleto e fazioso  . Ad  esempio  si parla  tanto del  banmino cinese  (  meglio italo \ cinese  visto che lotta  tra  la  vita  e la morte   è stato  salvato  da un africano






pubblicato il 5 giugno 2017 alle ore 15:07



Mohamed, 20 anni lavora come bodyguard nei locali della movida torinese. E' lui che sabato notte ha impedito che Kevin, il bambino cinese di 7 anni ricoverato in gravissime condizioni, fosse travolto e ucciso dalla gente in fuga. "Avevo una gran paura di morire, ma non me la sono sentita di lasciarlo lì"

Infatti 


La sorella: «Siamo caduti entrambi, non riuscivamo più a rialzarci. Io provavo a gridare, ma non mi sentivano.» Il bimbo è tra i feriti più gravi.E’ la storia del sogno che si tramuta in incubo. Kevin, un bambino di soli sette anni, che era andato ad assistere alla partita della squadra del suo cuore, è oggi tra i feriti più gravi di Torino.
Il bambino, di origine cinese, è una delle tre persone che ha riportato le ferite più gravi in seguito al falso allarme bomba scoppiato in piazza San Carlo a Torino la sera del 3 giugno, mentre si stava disputando la sfida tra Juventuse Real Madrid per la finale di Champions League. Era andato lì accompagnato dalla sorella ventenne, quando è scoppiato il pandemonio sono stati travolti dal mare di gente.

torino bimbo cinese
«All’improvviso si sono messi tutti a correre. Erano così tante persone. Non c’è stato nulla da fare, erano più forti di noi: siamo caduti entrambi. Non riuscivamo più a rialzarci.»
Queste le parole della giovane ragazza, dopo gli attimi di terrore in cui ha creduto di perdere per sempre il suo fratellino. La piazza era gremita di gente in pieno delirio, le ultime stime parlano di almeno 30mila tifosi. Le persone correvano, ma nessuno sembrava accorgersi dei due ragazzi in terra e del bambino che rischiava di essere, letteralmente, schiacciato a morte.
«Kevin era per terra, con tutti che lo pestavano e gli passavano sopra con il loro peso. Io provavo a gridare, ma non mi sentivano. Per fortuna un ragazzo di colore si è accorto che lì sotto c’era un bambino. Si è tuffato tra la folla ed è riuscito a prenderlo ed a tirarlo su. Era molto muscoloso e con il suo corpo è riuscito a fargli scudo. Se non fosse stato per lui, mio fratello sarebbe morto. Vorremmo tanto poterlo ringraziare.»
Continua così il racconto della sorella della vittima. Il coraggioso soccorritore ha subito portato entrambi in un luogo sicuro. Ad aiutarlo anche un altro uomo, un signore italiano. Entrambi hanno
Continua così il racconto della sorella della vittima. Il coraggioso soccorritore ha subito portato entrambi in un luogo sicuro. Ad aiutarlo anche un altro uomo, un signore italiano. Entrambi hanno condotto i ragazzi, feriti e spaventati, in ospedale.
«Ci hanno portati prima al Mauriziano poi, visto che mio fratello era molto grave, lo hanno trasferito al regina Margherita, l’ospedale pediatrico di Torino.»  ( continua  qui  .  
http://www.lineapress.it/la-storia-kevin-salvato-un-uomo-colore-lunico-si-accorto-del-bimbo-calpestato-lotta-la-vita-la-morte/  ) 

  

Un  fatto  che <<  serva da lezione. Proprio nella città che vede vomitare insulti razzisti ogni domenica nel proprio stadio spunta una bellissima storia di amore per il prossimo e fratellanza. [..]>> (  da  http://www.calcionapoli24.it/ più precisamente  qui 



Mentre  finisoc   questa  storia  eccone  un altra   più  brutta   da http://www.giornalettismo.com/archives/2219112/piazza-san-carlo-ristorante-accoglie-feriti-una-cliente-si-lamenta-perche-le-hanno-rovinato-la-cena/

Il racconto della Pastry Chef Elena Wendy Bosca: «Hanno preteso di non pagare il conto e se ne sono andati via»

Elena Wendy Bosca in shock a Torino.
3 giugno alle ore 13:14VI PREGO DI LEGGERE QUESTE RIGHE.
FINO IN FONDO.
E RIFLETTERE!!!
Questa sera sono andata con Michele e una coppia di amici a cenare nel ristorante La Smarrita. Proprio dietro a Piazza San Carlo a Torino.Una serata deliziosa e cibo buonissimo.Purtroppo però, in Piazza San Carlo, si scatena l'inferno.Un falso allarme bomba e tutte le persone che erano in piazza si riversano nelle vie e molti ragazzi spaventati e feriti entrano nel ristorante in cerca di riparo.Subito lo staff del ristorante, compreso lo chef, si sono prodigati per aiutare tutti con incredibile professionalità.Ma è successo qualcosa di veramente schifoso.
Una coppia che cenava nel ristorante in un'altra sala è stata fatta accomodare nella sala in cui stavamo cenando noi per poter fare spazio ai ragazzi bisognosi. 
Il cameriere, gentilmente, fa accomodare la coppia e spiega loro cosa fosse successo in piazza. 
La donna lo interrompe subito, seccata del fatto che fosse stata fatta spostare, dicendo: "non me lo dica. Non mi interessa"Il cameriere con imbarazzo se ne va.La coppia, dopo poco si alza e la donna, uscendo, si lamenta fortemente con lo staff (che stava prestando i primi soccorsi ai ragazzi) perché le è stata rovinata la cena e che avrebbe scritto una recensione negativa perché il trambusto le aveva rovinato la serata.Hanno preteso di non pagare il conto e se ne sono andati via.Io in quel momento ero a tranquillizzare una ragazza che aveva perso la borsa e il cellulare.E meno male!!! Perché non so come avrei reagito !!! MA SIAMO DIVENTATI DAVVERO COSÌ SCHIFOSI ?????MA CHE RAZZA DI PERSONE SONO QUESTE !!!????Spero davvero che qualcuno legga questo post e possa capire di.chi sto parlando e aiutarmi a dare un nome a quella donna schifosa !O per lo.meno, tragga insegnamento da questa triste situazione... #schifata
P.s.
Un enorme e sincero applauso allo chef Matteo Chiaudrero e a tutto il suo staff per essere stati impeccabili e hanno subito messo a disposizione tutte le loro risorse per aiutare i ragazzi.
Sta diventando virale un post della Pastry Chef Elena Wendy Bosca che era presente ieri in un ristorante a piazza San Carlo, Torino. Il ristorante in cui Elena si trovava come cliente, “La Smarrita”, ha accolto i primi feriti mentre fuori regnava ancora il caos. «Subito lo staff del ristorante, compreso lo chef, si sono prodigati per aiutare tutti con incredibile professionalità. Ma è successo qualcosa di veramente schifoso», spiega. «Una coppia che cenava nel ristorante in un’altra sala – ha aggiunto Elena – è stata fatta accomodare nella sala in cui stavamo cenando noi per poter fare spazio ai ragazzi bisognosi. Il cameriere, gentilmente, fa accomodare la coppia e spiega loro cosa fosse successo in piazza. La donna lo interrompe subito, seccata del fatto che fosse stata fatta spostare, dicendo: “non me lo dica. Non mi interessa”. Il cameriere con imbarazzo se ne va». La coppia – spiega la chef – si è lamentata fortemente con lo staff e ha preteso di non pagare il conto per via della «cena rovinata». La signora in questione avrebbe minacciato il gestore di fare una recensione negativa per il trambusto le aveva rovinato la serata. «Io in quel momento – spiega Elena – ero a tranquillizzare una ragazza che aveva perso la borsa e il cellulare. E meno male!!! Perché non so come avrei reagito».
Il post della cake designer torinese sta diventando virale.




In tanti aspettano che la cliente in questione recensisca negativamente il ristorante in questione su TripAdvisor, in modo tale che, paradossalmente, riveli così la sua identità.

I miei complimenti vanno al personale del ristorante per l'aiuto prestato alle persone in diffcolta  c'è gente   ,  leggevo  oggi su repubblica  che visto locali che chiudevano le porte in faccia alle persone che avevano bisogno di aiuto.  ed che   dovevano  tirare  le sedie  contro  le serrande  per   farsi apriere  e chiedere aiuto  
  concludo     concordando e  provando le  suie stesse   emozioni   con  

Antonella Maiello Questi sono gli esempi REALI che al mondo esiste gente di merda. Mi vergogno che elementi così abbiano la mia stessa nazionalità.

condotto i ragazzi, feriti e spaventati, in ospedale.

piccoli e quotidiani stratagemmi per riempire il tempo infinito del suo ragazzone autistico e ragazzi\e speciali











la prima storia




è tratta da diversi siti trovati in tìrete in particolare da http://news.leonardo.it/achille-il-ragazzo-autistico-che-insegna-inglese-ai-bimbi/ è risale al giugno del 2017
















Achille, il ragazzo autistico che insegna inglese ai bimbi

DI FABIO GIUFFRIDA, 5 GIUGNO 2017



Ha 18 anni Achille, un ragazzo autistico che insegna inglese ai bambini, due quarte elementari, che lo attendono con ansia ad ogni lezione. Al lavoro si presenta sempre in giacca e pantaloni blu, come riporta il Corriere.it. A stupire è che il giovane abbia appreso l’inglese da solo, senza alcun corso: il suo amore per le lingue è stato determinante e gli ha consentito di diventare un vero e proprio “teacher” temutissimo dai suoi piccoli alunni. Achille, tra l’altro, ha perfezionato l’inglese guardando video su internet e ripetendo le frasi con grande costanza e determinazione.Il ragazzo autistico che ha appreso le lingue su internet
“La prima volta che Achille è venuto a fare lezione non avevamo detto loro che aveva l’autismo: non se ne sono accorti e non hanno colto le sue difficoltà sociali. Poi abbiamo lavorato per sensibilizzarli su chi è un “fuori classe”. Abbiamo già un altro appuntamento per l’anno prossimo” ha dichiarato una delle insegnanti, entusiasta per il progetto che ha portato un giovane autistico ad insegnare inglese.nico, sta partecipando all’alternanza scuola-lavoro ed è affetto da disturbo dello spettro autistico ad alto funzionamento. Ha un quoziente di intelligenza alto, 111 sulla scala non verbale



e  dal  corriere ella sera
LA STORIA

Achille, il ragazzo autistico
che insegna inglese ai bambini
Modena, il 18enne insegna alle primarie. «Ho imparato su YouTube»


di Elena Tebano








I bambini, due quarte elementari, sono tutti sulle spine: qualcuno fa addirittura fatica a stare seduto. Achille Missiroli, elegantissimo in giacca e pantaloni blu, aspetta nascosto dietro una porta. Poi avanza fino al centro dell’aula di fronte alla cattedra, appoggia il libro illustrato su un leggio e inizia a declamare, la pronuncia perfetta: «Alice was sitting by the river». Accompagnandosi con un gesto delle mani descrive, sempre in inglese, il coniglio bianco dagli occhi rosa e il salto di Alice nella tana che la condurrà nel Paese delle Meraviglie.

Alla scuola primaria Nicola Pisano di Modena si fa lezione di lingue. Niente di strano se non fosse che l’insegnante, Achille, è un ragazzo autistico di 18 anni che ha perfezionato da solo l’inglese guardando e riguardano video su Internet e ripetendone le frasi. È già la terza volta che tiene una lettura nell’istituto e il giorno dopo lo aspetta un’altra scuola.

Le domande dei bimbi


Quando Achille pronuncia le parole conclusive del racconto: «That’s it! That’s the End», un’ondata di eccitazione percorre tutta la sala. «Adesso avrei qualche domanda in inglese per voi» dice ai bambini. «Anche noi!» rispondono loro in coro. E immediatamente si alza una selva di mani. Lo scambio prosegue in lingua.

«What’s your favourite machine?» chiede uno degli scolari. «Machine? You mean your favourite car!» lo corregge Achille. «Lamborghini!» aggiunge poi accolto da un’ovazione carica di orgoglio emiliano. E ancora (sempre in inglese): «Ti piace più Alice grande o quella piccola?» domanda una bimba riferendosi alla parte della storia in cui la protagonista cambia dimensioni. «Né grande né piccola — ribatte lui — ma quella della dimensione giusta». L’entusiasmo è difficile da contenere e ogni tanto le maestre devono richiamare all’ordine le classi.




Il progetto


«Il fatto di relazionarsi con lui e di esprimersi in inglese li stimola moltissimo — dice una delle insegnanti, Anna Maria Morselli, 52 anni —. La prima volta che Achille è venuto a far lezione non avevamo detto loro che aveva l’autismo: non se ne sono accorti e non hanno colto le sue difficoltà sociali. Poi abbiamo lavorato per sensibilizzarli su chi è un “fuori classe”. Abbiamo già un altro appuntamento per l’anno prossimo».

Dietro alle letture nelle scuole c’è quella che Achille, chiedendo di farle «un applauso» , definisce «la mia collega» («senza di lei non avrei mai fatto questa esperienza», spiega): Marcella Vaccari, 47 anni, l’educatrice specializzata nel lavoro con bambini autistici assunta dalla sua famiglia, che si è inventata il «Progetto fuoriclasse» (appunto) per permettere ad Achille, che frequenta la quinta di un istituto tecnico, di partecipare all’alternanza scuola-lavoro prevista per gli studenti italiani.

Le abilità di Achille


«Quello che abbiamo fatto è puntare sulla sua abilità, invece che partire da una disabilità — dice —: Achille è affetto da disturbo dello spettro autistico ad alto funzionamento, ha un quoziente di intelligenza alto, 111 sulla scala non verbale, ma ha difficoltà per quanto riguarda l’autonomia e le capacità relazionali». L’autismo infatti limita soprattutto le interazioni sociali e le persone che ne sono affette faticano a riconoscere le emozioni di chi li circonda. Le letture nelle scuole elementari stanno aiutando anche lui: «Con i bambini crea una relazione vera, che gestisce lui — aggiunge l’educatrice —: a volte ha bisogno del mio aiuto, ma “tenere” due classi è complicato per tutti. Abbiamo solo dovuto prepararci un po’ prima — aggiunge Vaccari — perché Achille di solito dice molte parolacce e con i bimbi non va bene».

Recitare è la vera passione di questo ragazzo e la sua chiave di accesso agli altri: per parlare prende in prestito le frasi dei film che vede, il timbro impostato da anni di corsi di teatro. È così bravo a replicare voci e toni che uno studio di Milano, l’Adc, lo ha selezionato per doppiare uno spot pubblicitario. Ora ha un sogno: che diventi un lavoro. «Se fai una cosa e la sai fare bene, mai farla gratis», declama.

Intanto una ricompensa, a fine lezione, gli arriva dai bambini della scuola Pisano: una coppa fatta incidere apposta per lui. I bimbi lo abbracciano e Achille la mostra con il sorriso più grande del mondo. C’è scritto «Best teacher».




l  seconda    invece  da www.pernoiautistici.com/2015/10/un-autistico-tra-gli-italici-marmi/

Irene, che non si ferma mai, ci racconta qualcuno dei piccoli e quotidiani stratagemmi per riempire il tempo infinito del suo ragazzone autistico. Quando si trova una “personal trainer” appassionata è già un bel respiro di sollievo…Già ma la giornata è lunga e l’ autistico non può restare inattivo e quindi minuto dopo minuto qualcosa ci inventeremo! Intanto i volitivi giganti di marmorea italica stirpe guardano invidiosi…Lui è silenzioso come loro, ma almeno si muove quelli invece, pur forgiati di olimpica possanza, restano irrigiditi nel tempo che fu.


TOMMASO ACROBATICO

Vi ho già parlato della propensione di Tommaso verso le attività all’aria aperta. Da più di 17 anni Tommy ha una “personal trainer”, Antonella con la quale va allo Stadio dei Marmi o zone limitrofe quando le onnipresenti partite ne impediscono l’accesso, per 1 ora e mezza di esercizi. Non è un passatempo, ma una vera e propria palestra sia dal punto di vista sportivo che di vita. In tutti questi anni la preziosa Antonella ha insegnato a Tommaso non solo a fare cose che fa un vero atleta, come ha confermato guardandoli lavorare il “signor Mauro” funzionario del CONI diventato amico dei due, ma anche cose di utilità quotidiana come abbottonare e sbottonare, grazie ad una “bottoniera” da me copiata da materiali montessoriani, giochi e attività che richiedono l’uso dei movimenti fini che spesso per un autistico sono impossibili o sembrano tali.
La prima volta che ho assistito ad una “lezione” ho pensato che il bambino biondo che stava facendo le flessioni o che saliva e scendeva le scale a comando non fosse mio figlio, ma un altro bambino e tutte le persone che negli anni hanno visto lavorare i due non sono rimasti indifferenti. Antonella non è una persona “specializzata” nei rapporti con i disabili, è semplicemente una donna molto in gamba che ha lavorato per anni nel settore dello sport e che ha da subito instaurato con Tommaso un rapporto di fiducia basato anche su un sano “bastone e carota” che è passato attraverso vari stadi, ma senza mai demordere da parte di entrambi. Tra i due si è creato un feeling cha ha portato nel tempo a grandi risultati come potete vedere dalle foto. Tommaso ama al di sopra di ogni cosa il suo monopattino e Antonella apre e chiude le “lezioni” con un giro sul medesimo intorno allo Stadio dei Marmi.Nel tempo Tommaso ha fatto sue le regole: non correre troppo, non ti fermare. Nulla li scoraggia, nemmeno la pioggia come dimostra la foto di Tommy in monopattino con l’ombrello. E poi anche ripensare l’uso degli attrezzi e delle cose: chi di voi è capace di fare lo slalom sul monopattino mentre con l’altra mano palleggia? L’abilità di Antonella è stata in primo luogo entrare in contatto con Tommaso e stabilire un rapporto di reciproca fiducia, cosa indispensabile per tutti, a maggior ragione per un autistico. In secondo luogo ha saputo valutare le sue potenzialità e le ha tirate fuori da lui rendendole abilità. Certo, non è stata una passeggiata, ci sono stati momenti di sconforto, crisi, urli, frustrazioni, ma il risultato è sempre arrivato con grande soddisfazioni di entrambi e di noi tutti. E questo ha contribuito e contribuisce ad aumentare l’autostima di Tommaso non solo nello sport, ma anche con sé stesso e verso gli altri. Si è creato anche un bel giro di conoscenze tra i frequentatori abituali del posto e quindi ne ha giovato anche la socialità. Se una mattina di lunedì o mercoledì vi allungate allo Stadio dei Marmi potrete imbattervi nella “strana coppia” all’opera e vedere con i vostri occhi cosa si può fare con la buona volontà, l’impegno costante e la pazienza.

IRENE GIRONI CARNEVALE


  la  seconda  

4.6.17

IL CORO © Daniela Tuscano

IL CORO
Ma cos'è, alla fine, il martirio? Cos'è, in Occidente, se non qualcosa di remoto e quasi mitologico, e per ciò stesso irreale? Sono enormi tele barocche grondanti macelleria e vividi drappi, un trionfo di corpi membruti o gracili donzelle. Tavola imbandita, in fondo. Perché satollarsi in quel modo, e in quel mondo lacero e pomposo, era ferino e impudico. E poi sono giunte le dissacrazioni (e le dissezioni) psicoanalitiche: segni di nevrosi, quei dipinti e quei santi, masochismo ecc. Armi spuntate, razionalità miserande già irrise da un animo acuto come Svevo. E però il martirio è qui e pulsa, schianta e percuote, e non v'ha palma di vittoria che l'ingentilisca. Il martirio è semplicemente cristianesimo. Per questo le letture dopo Pasqua, compresi i passi del primo testamento, sono lì a ricordarlo, ogni giorno, a dimostrazione della loro eternità terrena. Un ossimoro e una realtà. Il martirio è affare dell'al di qua e lotta contro "il principe di questo mondo". Il martire è la perpetrazione del Dio fattosi umano versus il kamikaze, l'uomo fattosi Dio. Martire anche senza volerlo, perché uccidere un uomo, una donna, un bambino è sempre e comunque bestemmia. 
Ieri notte un ennesimo furgone è piombato su London Bridge decimando i passanti, di cui uno giovanissimo. Una ragazzina musulmana di 16 anni, Asya Mustafa, risulta dispersa. Le altre vittime sono state finite a coltellate, proprio come nelle norcinerie secentesche. E non sono le sole. In Filippine, Siria, Afghanistan si sono ripetute eguali tragedie, il cui culmine simbolico s'è forse verificato a Kabul, con una bomba esplosa contro un corteo funebre! Lo sfregio della memoria trova un'agghiacciante eco nello spegnere il vivente, quella comunione d'amorosi sensi alla base d'ogni umanità.
È un coro di lacrime che ormai unisce Oriente e Occidente, quest'ultimo ancor barcollante, indocile a capirlo. Ma è pure un coro che può incendiare, e farsi forte, e distruggere il Male. Il martire non è solo chi subisce. Ma soprattutto il testimone. Testimoni sono i copti che hanno resistito alle conversioni forzate. Sono quelli che lottano per la pace, e la perseguono, ovunque ci sia seme di resistenza, sì, anche nei musulmani che sfidano il Daesh a rischio della vita, in quelli che, a Mosul, aiutano i cristiani a ricostruire una chiesa. Sono i laici, perché il laico, quello vero, crede: nella convivenza, nella democrazia, nei diritti. Applicati, difesi, non retoricamente proclamati. Perciò non è imbelle. Non intona al pianoforte motivetti freak. Martire è chi sa parlare ogni lingua, la lingua della resistenza e della prosecuzione. Martire è il coro che si oppone alla Babilonia dell'incomunicabilità e del panico (a Torino, un falso allarme-bomba ha mietuto mille feriti), alla Sodoma della non-accoglienza. Ricominciare a sentirsi coro, oggi, ovunque, rivivere i simboli, riappropriarsi della cultura, è l'unica speranza di vincere il mutismo della morte.
                                      © Daniela Tuscano

Tre storie che fanno ancora più male quando il dibattito pubblico è così concentrato su cosa si intende per famiglia e gendert ed antigender

vedi anche
perché i preti vanno spesso in TV a parlare di sesso ? [ L'elzeviro del filosofo impertinente ]

un vecchio post della grandissima e nostra utente fin dale origini Tina Galante ha condiviso il video di La Cronaca Italiana.2 febbraio 2016



 <<Tre storie di donne vittime della violenza. Tre storie che fanno ancora più male quando il dibattito pubblico è così concentrato su cosa si intende per famiglia >> ma  soprattutto    su gender   e  antigender  ( vedere il pre  , durante  , e  post   legge  unioni  civili  ) . Un pase  diviso  dove  .

solo il termine    ed  l'ìinroduzione   del reato  femminicidio   crea  ancora resistenza    . Un paese  e   video  di questi  giorni  


Reggio Emilia: musica e preghiere, rosario e diritti. Il Gay Pride e la "processione riparatrice"



La festa dell'orgoglio gay e la processione riparatrice. In mezzo Reggio Emilia a osservare, con curiosità, chi è sceso in piazza per difendere un diritto e chi ha scelto di sfilare dietro turibolo e croce, recitando il rosario. Due mondi che si sono solo sfiorati. Gli ultracattolici, circa 300, hanno organizzato la processione riparatrice la mattina. I partecipanti al Gay Pride, decisamente più numerosi, hanno invaso le vie della città, il pomeriggio

di Francesco Gilioli

Nella marcia riparatrice potevano aggiungerci i loro silenzi per la pedofilia di tanti preti coperti anche da loro, ed ancora protetti, ben più grave della omosessualità.Nella marcia riparatrice potevano aggiungerci i loro silenzi per la pedofilia di tanti preti coperti anche da loro, ed ancora protetti, ben più grave della omosessualità.

Nella marcia riparatrice potevano aggiungerci i loro silenzi per la pedofilia di tanti preti coperti anche da loro, ed ancora protetti, ben più grave della omosessualità.

Eros Socal, il funerale all'alba del pasticcere (come voleva lui): «Così verrà solo solo chi ci tiene veramente»

E' stato celebrato oggi alle 6 del mattino, come da testuali volontà, l’addio a  Eros Socal , il pasticcere di  Possagno  scomparso i gi...