15.7.17

fake news o verità ? come intitolare un caso di femminicidio commesso da un islamico ?

mi è stato detto su fb che il titolo del mio precedente post    : << questi non sono credenti ma bestie e misogni Taglia tutte e cinque le dita della mano a sua moglie: “Le donne non devono studiare” >>
 ma allora mi chiedo come definire tali persone , indipendentemente da : l'etnia , dalla nazionalità , dalla cultura e dalla la religione , ec. , che fanno tali cose ?
Passi Flora Giusè dovresti imparare a discernere ciò che è bene pubblicare o condividere e ciò che è meglio ignorare per evitare di dar corda a chi sta solo fomentando odio e violenza anzi...in casi come questo avresti solo dovuto segnalarlo a FB e farlo rimuovere del tutto: QUESTO SI SAREBBE UN BUON SERVIZIO SOCIALE 

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Giuseppe Scano Certo . Ma qui non si sta fomentando nessun odio e violenza . Almeno nell'articolo . Se mai sono i commenti che provvederò a rimprovera re prima di segnalare

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Passi Flora Sbagli, il titolo stesso istiga odio e violenza ed è fatto apposta perchè l'80% dei lettori comincerà a formarsi un pregiudizio prima ancora di aver finito di leggere tutto (se mai lo farà)...si chiama MANIPOLAZIONE e anche tu ci sei cascato proprio facendoti divulgatore dello stesso 

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Giuseppe Scano Allora tu come titoleresti tale fatto ?

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Passi Flora Sicuramente NON partendo da un un giudizio preconfezionato  Si scrive la notizia del fatto accaduto, ovvero "Taglia tutte e 5 le dita alla mano di sua moglie" e al massimo si può aggiungere la motivazione del gesto dichiarata dal reo, punto 

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Tommaso Spartaco Ma come mai non c è un giornale che riporti questa notiziona??

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Giuseppe Scano Passi Flora ok grazie ne terrò conto
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Giuseppe Scano Tommaso Spartaco forse è una bufala   fake  news  ? o una non notizia
Tommaso Spartaco Si ma si dovrebbe controllare prima di condividere cose su facciadalibro, che già di per se è pieno di immondizia, se è na bufala è fatta proprio per farla condividere e far sfogare i soliti.
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Giuseppe Scano Tommaso Spartaco vero . la èersona che lo ha condiviso sula mia pagian ha il 95% dell'affidabilità contro le bufale \ fake news . IL problema e che certi giornali ufficiali le considerano non notizie o qualcosa da relegare in fondo in cronaca .altri come quelli dell'estrema destra o malpancisti da ingigantire .






come disinque le faq news da una non norizia ?

14.7.17

questi non sono credenti ma bestie e misogni Taglia tutte e cinque le dita della mano a sua moglie: “Le donne non devono studiare”

Questo post   è dedicato  a   :  chi non ha  ma  letto niente  di me  , o non ha  mai  letto  le  faq  però  si mette  ad  insuiltare  definendomi filo  islamico o  peggio  terrorista o  loro  amico    (   che  dal 2001      a quesata  parte  sta  sostituendo  l'insulto    del secolo scorso  , comunista   )   solo perchè invitoala coesistenza   tolleranza  critica  e non  acritica   di   chi   ha  una  fede  o radici   culturali    diverse  dalle mie  

da news.fidelityhouse.eu/

Taglia tutte e cinque le dita della mano a sua moglie: “Le donne non devono studiare"

Studiare può essere una vera seccatura, quantomeno se prestiamo ascolto alle recriminazioni della maggior parte degli studenti del globo  .



 Certo la scuola può essere divertente sotto determinati aspetti, specialmente per quel che riguarda quello relativo alle relazioni sociali, ma quando si tratta di verifiche e compiti in classe…apriti cielo! Non che da adulti la situazione diventi poi molto più rosea poiché, anche durante percorsi di laurea che abbiamo scelto

e che ci piacciono, saremo costretti a confrontarci con materie o metodi di apprendimento che faticheremo in qualche modo ad assimilare. E’ normale e vale per (quasi) tutti, figuriamoci per coloro che hanno scelto un percorso di studi che non sono mai riusciti ad apprezzare solamente in virtù dello sbocco lavorativo!   Ad ogni modo vi sono cose ben più gravi che essere “costretti” a studiare materie obbligatorie, come ad esempio l’essere costretti a non studiare. A non studiare affatto. Se l’essere umano è riuscito a passare dalle caverne ai grattacieli lo deve primariamente alla sua inventiva, alla sua capacità d’astrazione ed alla sua intelligenza, nonché alla trasmissione di nozioni da una generazione all’altra; lo stesso dicasi per l’eredità culturale e per gli studi sociologici ed antropologici, e tutte le varie connessioni biologiche e genetiche del caso. In altre parole, se lo studio non esistesse saremmo ancora all’età della pietra. Ed è ciò che alcuni fondamentalisti religiosi vogliono per le loro donne.  Fra questi






v’è Rafiqul Islam, un 30enne originario degli Bangladesh ma trasferitosi negli Emirati Arabi Uniti, il quale è stato arrestato per avere commesso un crimine di una crudeltà semplicemente inaudita. La vittima è stata la 21enne Hawa Akhter,






e la sua colpa era semplicemente quella di voler studiare. Read more at http://news.fidelityhouse.eu/notizie-curiose/taglia-tutte-e-cinque-le-dita-della-mano-a-sua-moglie-le-donne-non-devono-studiare





Fra Rafiqul ed Hawa c’erano stati dei grandi attriti per via di questo motivo, cosa in realtà piuttosto frequente negli Emirati Arabi Uniti ed in Bangladesh, Paesi islamici nei quali la visione retrograda della donna-oggetto è ancora fortemente radicata a livello sociale. Ma la 21enne non avrebbe mai pensato che suo marito sarebbe stato capace di arrivare a farle seriamente del male, probabilmente traviata da un contesto in cui discussioni di quel genere sembrano del tutto comprensibili, nel quale una donna debba lottare con tutte le sue forze per il diritto allo studio. Così lui l’ha convinta a farsi legare e bendare spiegandole che “c’era una sorpresa per lei”; quindi ha preso il coltello.






Rafiqul ha preso la mano destra di sua moglie, oramai immobilizzata ed inerte, e le ha tagliato via una ad una tutte e cinque le dita. Quella era la sua punizione per avere insistito nel voler studiare, dal momento che – essendo Hawa destrorsa – utilizzava proprio quella mano per scrivere gli appunti. E non è tutto, poiché uno dei parenti di Rafiqul, in accordo con lo psicopatico, ha a quel punto raccolto le dita della ragazza e le ha gettate nella spazzatura, in maniera tale che i dottori non potessero essere in grado di riattaccargliele.
Rafiqul è stato poi arrestato dalla polizia del Bangladesh una volta tornato in patria, ed ora affronterà il carcere essendo stato ritenuto colpevole mutilazioni aggravate permanenti. Il 30enne ha raccontato agli agenti di aver commesso quel gesto per gelosia, poiché non poteva accettare che sua moglie potesse vantare un titolo di studio più alto del suo. Le autorità locali hanno rivelato che si tratta solo dell’ultimo di una lunga serie di casi di donne musulmane mutilate dai mariti per motivi analoghi (poco tempo prima un uomo aveva strappato via un occhio a sua moglie, “colpevole” di essersi iscritta alla Canadian University). In quanto ad Hawa, ora sta imparando a scrivere con la mano sinistra ed ha dichiarato di voler terminare gli studi universitari.

Trieste, Dipiazza confisca l’anatra e il coniglio al cattivo padrone e ARENA PO L’uomo che ridà la vita ai cavalli abbandonati

Generalment e senmtiamo   solo storie  di animali   abbandonatio e barbaramente uccisoi . Ecco che oggi voglio racontarvi  due storie    dell'uomo  che  ha  a  cuore  gli animali 

 la  prima 

 per  maggiori dettagli  



L’uomo che ridà la vita ai cavalli abbandonati

Arena Po, l’ex grafico in pensione Tino Zonca ha fondato una onlus pro animali: «Destinati al macello, isolati o feriti: li recupero grazie all’aiuto dei volontari»
Franco Scabrosetti


ARENA PO rifugio dei cavalli abbandonati ad Arena Po
Tino Zonca assieme alla sorella Laura ha creato ad Arena Po un centro che accoglie cavalli abbandonati o destinati al macello. Nei giorni scorsi la struttura, che attualmente ospita una quindicina di cavalli, ha festeggiato i primi cinque anni di attività con una giornata dedicata alle famiglie.Gestiva un’azienda di grafica nel milanese, ma i tanti problemi burocratici, le difficoltà del mondo del lavoro, l’hanno spinto a lasciare e, appena raggiunta l’età per la pensione, a trasferirsi ai piedi delle colline dell’Oltrepo Pavese, dove ora ha creato un centro che accoglie cavalli abbandonati o destinati al macello, garantendo loro una vecchiaia serena.

ARENA PO rifugio dei cavalli abbandonati ad Arena Po
Tino Zonca assieme alla sorella Laura ha creato ad Arena Po un centro che accoglie cavalli abbandonati o destinati al macello. Nei giorni scorsi la struttura, che attualmente ospita una quindicina di cavalli, ha festeggiato i primi cinque anni di attività con una giornata dedicata alle famiglie.Gestiva un’azienda di grafica nel milanese, ma i tanti problemi burocratici, le difficoltà del mondo del lavoro, l’hanno spinto a lasciare e, appena raggiunta l’età per la pensione, a trasferirsi ai piedi delle colline dell’Oltrepo Pavese, dove ora ha creato un centro che accoglie cavalli abbandonati o destinati al macello, garantendo loro una vecchiaia serena.Lui è Tino Zonca che, assieme alla sorella Laura, ha fondato nel 2012 una onlus, l’associazione “Il Rifugio”, in località Pavesa 4/5. Insieme ad un gruppo di volontari, si occupa della cura e della gestione dei paddock. Nei giorni scorsi la struttura, che attualmente ospita una quindicina di cavalli, ha festeggiato i primi cinque anni di attività, con una giornata dedicata alle famiglie.
Tino Zonca con uno dei suoi cavalli
o Zonca con uno dei suoi cavalli
«Stella è stata la prima ospite e chiarisce perfettamente la nostra filosofia – spiega Laura Zonca –. Trotter di 24 anni, così ci disse il suo vecchio proprietario, ma secondo il nostro veterinario decisamente più avanti con gli anni, è entrata da noi nell’inverno 2009. Abitava proprio di fronte, la vedevamo da sempre, e fece scattare in me e Tino la classica scintilla. L’arrivo di una cavalla più giovane nella sua stalla la mise ai margini: veniva allontanata a suon di morsi e calci dalla mangiatoia. Abbiamo subito pensato che l’animale andasse aiutato e riuscimmo a convincere il suo proprietario, che nei giorni seguenti ci portò i documenti. L’estate successiva era un animale rigenerato e sereno. È morta due anni dopo, quando il suo cuore malato si arrese».




                  La sorella di Tino, Laura Zonca, con un altro cavallo ospitato dal Rifugio

Da quell’episodio i due fratelli Zonca hanno iniziato a salvare cavalli che altrimenti sarebbero finiti al macello, perché oramai “dismessi” dalle loro attività (corse, lavoro): «Sono ospitati in singoli spazi – dicono – dove possono girare liberamente e hanno a disposizione il cibo. C’è Picasso, con un tumore benigno, poi Lucia che abbiamo recuperato da una stalla nel Piacentino, dove viveva in condizioni precarie tra le mucche. Adesso Lucia è affettuosa ed è la principale attrazione dei bambini che vengono a trovarci».
La gestione della struttura comporta delle spese, ma anche un grosso impegno: « I paddock devono essere puliti regolarmente – sottolineano – , per questo dobbiamo ringraziare Franca, Chiara e Giorgia, tre volontarie che vengono un paio di volte alla settimana, secondo la loro disponibilità
Da quell’episodio i due fratelli Zonca hanno iniziato a salvare cavalli che altrimenti sarebbero finiti al macello, perché oramai “dismessi” dalle loro attività (corse, lavoro): «Sono ospitati in singoli spazi – dicono – dove possono girare liberamente e hanno a disposizione il cibo. C’è Picasso, con un tumore benigno, poi Lucia che abbiamo recuperato da una stalla nel Piacentino, dove viveva in condizioni precarie tra le mucche. Adesso Lucia è affettuosa ed è la principale attrazione dei bambini che vengono a trovarci».La gestione della struttura comporta delle spese, ma anche un grosso impegno: «I paddock devono essere puliti regolarmente – sottolineano –, per questo dobbiamo ringraziare Franca, Chiara e Giorgia, tre volontarie che vengono un paio di volte alla settimana, secondo la loro disponibilità».«Ogni animale mangia un media 15-20 chili al giorno tra fieno, frutta e verdura, per un costo di circa 120 euro al mese. Poi ci sono le visite veterinarie e la somministrazione dei vaccini (80-100 euro) e il lavoro del maniscalco ogni 50-60 giorni (30 euro a cavallo). Insomma costi che sosteniamo grazie alle donazioni di coloro che fanno visita alla nostra associazione. Basta ricordarsi di non buttare pane secco, biscotti vecchi, aglio, scarto di finocchi, mele e carote. Quando li avete, portateli da noi». La struttura è sempre aperta, per ulteriori informazioni basta visitare il sito www.ilrifugiodelcavallo.it

la  seconda  

Trieste, Dipiazza confisca l’anatra e il coniglio al cattivo padrone

L’AsuiTs segnala le precarie condizioni igieniche dell’alloggio. Un’ordinanza del sindaco toglie al proprietario i due animali










TRIESTE Roberto Dipiazza sulla via della redenzione. Come l’Innominato manzoniano. L’implacabile cacciatore, il cecchino di cinghiali e caprioli volge le spalle - perlomeno temporaneamente - alle discipline venatorie e corre in soccorso di due animaletti, rubricati “di affezione”.Forse l’immagine pasquale di Silvio Berlusconi, colto mentre svezzava un agnellino col biberon, lo ha folgorato sulla via di Damasco.Fatto sta che l’ordinanza, firmata dal primo cittadino lo scorso 3 luglio, appare inequivocabile: no alla restituzione di un’anatra “muta” e di un coniglio al proprietario. Perché questo proprietario faceva vivere il palmipede e il leporide - recita l’atto preparato dall’ufficio zoofilo del Comune - in un alloggio stipato da «un abnorme accumulo di masserizie, suppellettili e cianfrusaglie, in ogni vano, risultando pertanto inagibile».Una frase che l’ordinanza comunale mutua a sua volta da documentazioni trasmesse dalle strutture competenti dell’Azienda sanitaria (Asuits).Considerate allora le condizioni igieniche dell’appartamento e la inadeguata modalità di detenzione sia dell’anatra “muta” che del coniglio, l’Asuits chiede che il sindaco, esercitando le sue prerogative in materia di igiene e sanità pubblica, confischi palmipede e leporide, non restituendoli al proprietario.E Dipiazza acconsente procedendo al ricovero d’autorità. Al momento i due animali sono ospitati in una struttura, di cui l’ordinanza omette volutamente nome e indirizzo, in attesa che il Comune completi l’iter amministrativo «al fine di una loro auspicata adozione». Cioè che si trovi un nuovo padrone, più attento e affettuoso.untuale griglia normativa è riportata nell’ordinanza per motivare l’impegnativa decisione: disagio per l’animale, mancata garanzia di pubblica sicurezza e di igiene pubblica, mancato rispetto di bisogni fisiologici ed etologici. Attenzione però: il proprietario, anch’egli non citato nell’atto, può ribellarsi all’ordinanza di confisca, impugnando il provvedimento di Dipiazza davanti al Tar entro 60 giorni.Oppure presentando ricorso straordinario al Capo dello Stato entro 120 giorni: quindi, in linea teorica, nel giro di quattro mesi il presidente Sergio Mattarella potrebbe vedersi arrivare sul suo tavolo di lavoro al Quirinale il dossier relativo all’anatra “muta” e al coniglio, qualora il proprietario decida di rivolere indietro le creature
Come vivesse, cosa facesse, perché si trovasse un’anatra “muta” (o muschiata) in questo caotico alloggio sono quesiti cui l’ordinanza non dà risposta. Nè è tenuta a darne. Il popolare palmipede ama le zone umide, a contatto con l’acqua.
In genere i detentori apprezzano della “Cairina moschata” - secondo la classificazione di Linneo - l’utilizzabilità alimentare, a cominciare dall’opportunità di produrre “foie gras”: i maschi possono toccare un peso di 7 chili, le femmine la metà. La denominazione “muta” deriva dai suoni gutturali emessi in particolare dal maschio.
Il nostro palmipede vanta origini oltre-atlantiche e venne portato nel Vecchio Continente in seguito ai viaggi dei primi esploratori nel XVI secolo.
In questa parte dell’anno c’è - a vario titolo - una buona dose di attenzione ornitologica da parte degli uffici comunali. Una determina esce dall’Area innovazione - comunicazione - sviluppo economico - turistico stanzia 48.330 euro, Iva compresa, per i lavori di sanificazione del Mercato coperto in via Carducci: obiettivo è la salvaguardia igienico-sanitaria dell’edificio.
Il testo della determina spiega premesse e svolgimento dell’intervento: la recente sistemazione di una rete “ornotecnica” nel soffitto interno della struttura, costruita negli anni Trenta su progetto di Camillo Iona, ha validamente contribuito a «impedire l’appollaiarsi dei volatili e di conseguenza la loro stanzialità nell’edificio».
Già, adesso il problema è risolto: ma resta il pregresso, ovvero il deposito del guano prodotto dai volatili «ad un livello diffuso e generalizzato», precisa la posizione organizzativa Enrico Zuin, autore dell’atto. «Cosa - incalza Zuin - che costituisce severo nocumento ai fini della sicurezza alimentare delle merci circolanti nel Mercato», al punto che la struttura emporiale disegnata da Iona rischia la «non conformità all’esercizio commerciale».
Onde evitare tale disdoro, onde assicurare salubrità e igienicità degli ambienti, onde garantire il pubblico avventore, si rende necessario «azionare senza indugio» tinteggiatura di pareti, travi, colonne, soffitti, pulizia dei banchi, dei chioschi, dei parapetti, dei corrimani, dei finestroni... Intervento che sarà a cura della ditta De.Co.Ma., la quale ha presentato un’offerta economicamente più vantaggiosa rispetto a “Soluzione”.

13.7.17

La parata di spazzacamini a Giavera per le nozze di Jessica e Ivan, L’abbraccio tra ladro e derubato 36 anni dopo il furto

Non sono tanto melenso  , ma    certe  cose  mi commuovono  . E poi   questo  è un evento "  storico " particolare  ,  infdatti , si  tratta di un evento che non si ripeteva da quattro secoli: le nozze tra due colleghi spazzacamini


TREVISO. Volendolo raccontare come un romantico sogno di mezza estate, si potrebbe dire che mancavano solo Bert e Mary Poppins. Giavera, sabato scorso, si è fatta cornice di una riunione di spazzacamini degna di un film di Walt Disney. Cosa li ha fatti scendere dai tetti di tutta Italia per raggiungere la chiesa del piccolo Comune della Marca? Non è stata la tata più famosa del cinema a chiamarli a raccolta, ma un evento che non si ripeteva da quattro secoli: le nozze tra due colleghi spazzacamini. Chi sono? La sposa è Jessica Zanusso, una delle pochissime donne in Italia ad aver scelto questo antico mestiere, lui è il collega Ivan Paruzzolo. L’8 luglio, dopo 12 anni di fidanzamento e 4 di convivenza hanno detto il «sì» che ti lega per la vita. Accanto a loro una ciurma di invitati rigorosamente in abito nero. Uno sgarbo alla sposa? Macché, erano tutti in divisa d’ordinanza, da spazzacamino ovviamente





Un evento storico per la categoria: «L’ultimo matrimonio tra una coppia di spazzacamini è stato celebrato nel Settecento», spiega entusiasta Paolo Zanusso, papà della sposa oltre che presidente nazionale dell’associazione di categoria, l’assocosma. Ecco spiegata la riunione in divisa di gala e l’omaggio agli sposi con tanto di tube alzate. Anche Jessica, reinterpretando il bianco nuziale, ha sfoggiato un cappellino bianco che strizzava l’occhio al suo amato mestiere così antico, ereditato dal padre.






Per trovar notizia di un’unione tra spazzacamini bisogna riavvolgere la storia di quattro secoli, come testimoniano i documenti custoditi al museo di Santa Maria Maggiore, nella piemontese Val Vigezzo. «A settembre faremo una festa proprio al museo con tutti i colleghi per ufficializzare e tramandare l’evento», spiega papà Paolo. Le tube, il rombo delle motociclette (con tanto di giro degli sposi), gli scherzi e le risate sono stati i protagonisti di una giornata indimenticabile. E il viaggio di nozze? Niente balzi tra i camini londinesi, gli sposi hanno scelto una meta tradizionale. Si preparano a partire per qualche giorno in montagna, la luna di miele è rimandata a gennaio: Jessica e Ivan voleranno in Giamaica.




Treviso: ecco Jessica, la ragazza che spazza i camini Una volta tornati continueranno il loro lavoro, che ha reso famosa Jessica. Innamorata del lavoro del padre, otto anni fa si è iscritta ai corsi professionali per spazzacamino, che si tengono a Udine. Questo lavoro con la modernità si è fatto quasi scientifico, ma non ha certo perso la sua patina, pur nera, di romanticismo. Sui tetti di Londra infatti, insieme a Bert e Mary, per decenni hanno sognato, e continuano a sognare, milioni di bambini.



L’abbraccio tra ladro e derubato 36 anni dopo il furto

Il bassanese: «All’epoca gli avrei tirato un cazzotto, ora sono commosso dalle sue scuse. Il perdono è una cosa meravigliosa»

12.7.17

Telemarketing, tutte le bugie di chi chiama e altre storie



  legg ianche



 http://iltirreno.gelocal.it/regione/toscana/ 11 luglio 2017
Telemarketing, tutte le bugie di chi chiama
Bestiario dei call center: «Chi le ha dato il mio contatto?». Risposta: «E' stato lei, ha cliccato sul banner» di Ilaria Bonuccelli





LIVORNO. «Chi le ha dato il mio numero?». Un attimo di silenzio. Poi l’operatore di call center risponde, senza esitazione: «Nessuno». Non è la scusa più fantasiosa sentita durante i mesi di campagna contro le chiamate moleste. Di sicuro, una delle più bizzarre.
ESCLUSIVA / Telefonate moleste, l'ex operatore di call center: "False telefonate e inganni per pochi euro in più in busta paga"La nostra campagna contro il telemarketing selvaggio, ha convinto un ex operatore di call center a incontrarci e a raccontarci il suo lavoro. "Ho lasciato dopo poche settimane quando ho fatto l'ultimo contratto a una donna anziana: le avevo detto che poteva fidarsi, ma mi sono sentito una caragona" (intervista di Ilaria Bonuccelli, video di Franco Silvi) - STOP ALLE CHIAMATE MOLESTE: FIRMA LA PETIZIONE
Nei giorni in cui il Senato decide se approvare, con un iter accelerato, la legge che dovrebbe riformare la legge sul telemarketing - proprio grazie alla campagna de Il Tirreno - vi vogliamo proporre una serie di scuse, improbabili, incredibili, azzardate che abbiamo collezionato da call center, particolarmente aggressivi. Scuse usate come risposta a una stessa risposta di abbonati: «Scusi, chi le ha dato il mio numero di telefono? Il numero che sta usando per questa chiamata commerciale che io non desidero ricevere?».



ESCLUSIVA / Telefonate moleste, l'ex operatore di call center: "False telefonate e inganni per pochi euro in più in busta paga"La nostra campagna contro il telemarketing selvaggio, ha convinto un ex operatore di call center a incontrarci e a raccontarci il suo lavoro. "Ho lasciato dopo poche settimane quando ho fatto l'ultimo contratto a una donna anziana: le avevo detto che poteva fidarsi, ma mi sono sentito una caragona" (intervista di Ilaria Bonuccelli, video di Franco Silvi) - STOP ALLE CHIAMATE MOLESTE: FIRMA LA PETIZIONE

NESSUNO, TI GIURO NESSUNO
La telefonata arriva sul cellulare. Chiama il numero 02/2155173. «Buongiorno, lei è il signor....titolare della linea fissa?». Un attimo di perplessità. L’abbonato risponde: «Sa che mi sta chiamando a un cellulare, vero? Di quale linea fissa, parla?». La replica arriva come una ricorsa, da un operatore con un accento straniero: «Lei era nostro cliente Telecom Italia per la linea fissa». «Mai stato. E comunque, chi le ha dato il mio numero?». la conversazione si trasforma in un ping pong: «Nessuno». «Se non glielo ha dato nessuno, come fa a chiamarmi?». La linea cade
IL CONCORRENTE AUTOLESIONISTA
Incredibile, eppure vera. «Buongiorno, sono di Green Network e le vorrei proporre una tariffa di energia a 7 centesimi....». Una valanga di parole, appena si preme il tasto di risposta. «Scusi, scusi: prima di qualunque opzione, proposta, offerta: mi dice come ha avuto il mio numero di telefono, visto che non sono neppure vostra cliente?». L’operatrice di call center non si fa prendere in castagna. «Infatti. Ce lo ha dato Enel». Ora viene il divertimento. «Le sembra logico che un concorrente diretto vi dia i numeri di telefono dei propri clienti per farseli portare via? Per favore chi le ha dato il mio numero?». Per nulla turbata, l’operatrice fa finta di informarsi... «Scusa Carla chi ce lo ha dato il numero della 
IL BANNER GALEOTTO
Questa scusa viene utilizzata spesso da Forex, una società che propone investimenti on line. Di solito, gli operatori parlano a una velocità supersonica, chiamano dall’estero, perfino da Londra, sono stranieri e non sempre educati. Ma soprattutto si meravigliano se un abbonato dice di non aver mai sentito parlare della loro società. Sono molto loquaci e prodighi di informazioni, fino a quando arriva la domanda fatale: «Come ha avuto il mio numero?». La risposta standard è: «Ha cliccato su un banner pubblicitario». Ora è difficile spiegare come cliccando su un banner pubblicitario, anche per errore, da computer si possa lasciare il proprio numero di telefono. «Scusi, non ho cliccando su alcun banner pubblicitario». «Sì lo ha fatto, ma non se ne è accorta». «Davvero? Mi sembra difficile, visto che non ho il computer». Allora passa il contrattacco: «Neppure una connessione a Internet?» (sottindendendo tramite cellulare o tablet). «No. E ora vorrei una spiegazione». «Aspetti le passo i tecnici». La linea è caduta. La connessione con Londra non è buona di questi tempisignora?». La risposta non arriva, perché la linea cade

IL COMPUTER

«Buongiorno la chiamo per un’offerta di Fastweb». Nessun nome, nessuna indicazione del call center. Pazienza. «Buongiorno, mi dice come si chiama?». «No, non sono obbligata. Perché lo vuole sapere?». «Perché lei mi sta chiamando su un cellulare privato. E io ho il diritto di sapere chi mi cerca, su un un numero che non si trova sull’elenco telefonico. Anzi, ora che ci penso, ho anche diritto a sapere chi le ha dato il mio numero». Un respiro quasi di sollievo. Facile questa risposta, sembra pensare l’operatrice di call center: «Il computer», spara in meno di un secondo l’addetta. «Scusi, il mio cellulare non è pubblicato sul computer». Allora il tono si fa condiscendente: «Il suo numero è nel computer. Noi non componiamo i numeri: ce li seleziona ilprogramma in automatico». Bene, ora sappiamo come funziona il programma. «A questo punto non le resta che dirmi dove il programma prende questi numeri, compreso il mio. Come si chiama lei, la società per la quale lavora, il suo call center, insomma, e la società che le ha commissionato questa telefonata». La spiegazione la possiamo chiedere al computer.
TUTTA COLPA DELLA TESSERA DEL SUPERMERCATO
Questa spiegazione la usano i call center più esperti. Quelli che sono già in attività da tempo. «Chi le ha dato il mio numero?». «Lei». «Ma se non ci siamo mai sentiti». «Infatti. Ma lei ha sottoscritto una tessera di supermercato. E in quell’occasione ha autorizzato l’utilizzo dei suoi dati a fini commerciali. Così il suo numero è stato venduto». Dite di non avere tessere e il gioco è (quasi fatto).
ELIMINARE GLI SCOCCIATORI
In attesa della riforma del telemarketing, per provare a difendersi bisogna: a) iscriversi al Registro delle Opposizioni ( se si ha un telefono fisso o  di cellulare  con numero pubblicato in elenco); b) appellarsi all’articolo 7 del Codice della Privacy: ci autorizza a chiedere di sapere chi ha dato il numero alla società che ci sta chiamando; chi ci sta chiamando e per conto di chi; a pretendere (con richiesta anche telefonica) di farsi cancellare dalla lista usata per chiamarci.
Altrimenti l’alternativa è la segnalazione al Garante della Privacy o la denuncia all’Autorità giudiziaria.

Oltre  questi   dell'articolo    io suggeriscio  è 1)  inventarsi ogni volta  una  storia  diversa  per  metterli nel pallone  o  dicendo   il vostro collega  mi  ha detto che  ... visto  ( vedere il  video  sopra  )  telefonano  ogni  volta  un addeto diverso
2) mettere   una segreteria  , sul  fisso per  filtrarle   e  spiegate   al parentando e  a  gli amici  più cari  la scelta    e  o li richiamte ., 3)   usare  in rete dove  si richiede  il n di cell   una scheda diversa  da quella  che  usate   abitudinariamente e  usatela  solo per  internet   tipo fb  o  a ltro che   richiedono  continuamente il  vostro n   4) usare   la ffunzione utenti molesti  del cell  , anche se  funziona  solo in parte  perchè  queste  ditte   quando non rispondete richiamano  con un altro numero  


E' uno degli scampati all’attentato alle torri gemelle: dagli Usa a Forni per scoprire le proprie origini
Il 52enne Jason Candotti è arrivato in questi giorni nel centro carnico alla ricerca dei suoi avi
                                     di Gino Grillo


Jason Candotti (primo a destra) con...
Jason Candotti (primo a destra) con gli storici del posto a casa della nonna




FORNI DI SOPRA. Dalle Torri gemelle a Forni di Sopra, alla ricerca delle proprie radici. Jason Candotti è arrivato in questi giorni nel centro carnico alla ricerca dei suoi avi: la famiglia del 52enne statunitense, infatti, vanta origini friulane.
Il nonno Carlo, nato a Tolmezzo nel 1851, si era sposato con Romana Francesca Cella, di Cella di Forni di Sopra, nata nel 1864. La coppia ebbe due figli: Benedetto e Buondio. Mentre il primo si trasferì a Montereale Valcellina, il padre di Jason nel 1952 emigrò in Australia, dove si sposò con Marjorie.
Da qui si trasferì, nel 1968, negli Stati Unti, dove ebbe modo di ampliare i suoi studi e le sue conoscenze di ingegnere meccanico, lavorando nel centro di ricerca dell’Ibm, sul progetto dell’acceleratore di particelle e per la Nasa.
Jason, invece, si è dedicato alla finanza: opera nello stock exchange di New York, dove vive con la moglie Moriah e il figlio Teodoro Carlo di 4 anni.
Oggi è un professionista che lavora in proprio, ma l'11  settembre 2001 era impiegato in un’azienda che operava nel complesso dei sette edifici del World Trade Center, di cui facevano parte anche le torri gemelle abbattute dagli attacchi aerei.
«Impossibile – racconta Jason – dimenticare quel giorno. Al momento dell’attacco ero in metropolitana, stavo andando in un grattacielo vicino alle torri gemelle. Mi sono salvato per miracolo».
Quest’anno il viaggio rimasto da tempo nel cassetto, quello alla ricerca delle sue origini. Voleva vedere la casa dove era cresciuta sua nonna Romana, della famiglia Florianon–Rigori. Grazie ad alcuni storici locali l’ha trovata, nella frazione di Cella, ristrutturata dopo il terremoto del 1976 e ora disabitata.
«Non è la prima volta in Italia – ha ricordato – ma mi ero fermato solo dai miei lontani cugini a Grizzo di Montereale Valcellina, che mi hanno accompagnato qui».
Dopo l’immancabile foto di gruppo davanti alla casa dei suoi avi, un passaggio in municipio per recuperare qualche documento ufficiale sui suoi parenti prima di riprendere la via degli Usa.

«Nessuno». «Se non glielo ha dato nessuno, come fa a chiamarmi?». La linea cade.