7.2.17

cosa è la vita parte II

 riprendo  il mio post precedente  :che cosa è la vita ? .... una bella domanda con  questo dialogo avvenuto   con *****  su facebook

La vita è uno strano regalo. All’inizio lo si sopravvaluta, questo regalo: si crede di aver ricevuto la vita eterna. Dopo lo si sottovaluta, lo si trova scadente, troppo corto, si sarebbe quasi pronto a gettarlo. Infine, ci si rende conto che non era un regalo, ma solo un prestito.”
(Eric-Emmanuel Schmitt)
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 *****Ciao Giuseppe, buon giorno  la vita è una: dalla nascita all'eternità. Abbiamo in prestito la libertà di scegliere qui, entro la morte corporale, di chi si è figli: di Satana o di Dio. Ignorarli entrambi non dà via di scampo <>
Giuseppe Scano si puo anche scegliere di non schierarsi nè per uno nè per l' altro
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*****  Mi dispiace dovermi ripetere: >>ignorarli entrambi non da via di scampo<< è superba ignoranza... Tanto grande l'Universo... è insulso che l'uomo si senta padrone di una tale sapienza in cui tutto ha un ordine e di cui pretende fottersene e fare a coccia sua! Comunque vada, le opere di ognuno dicono da che parte stiamo: se nel bene o messi male. Questo, l'Universo, cataloga con lo stesso minuzioso e scientifico ordine per cui tutto sussiste, sia che lo pensiamo sia che lo ignoriamo!
Giuseppe Scano   cara******* mi sono espresso male . non volevo dire ignorarli ma di on usare ne solo uno ne solo l'altro . perchè giustamente come dice tu Comunque vada, le opere di ognuno dicono da che parte stiamo: se nel bene o messi male. Questo, l'Universo, cataloga con lo stesso minuzioso e scientifico ordine per cui tutto sussiste, sia che lo pensiamo sia che lo ignoriamo! ma soprattutto perchè l'uomo è entrambe le cose
****** Eh, no! Scusami Giuseppe, non devo convincenti di niente, ma dico: ci sarà pure una destinazione, sia pure se solo cognitiva, x chi è "carne" e x chi è "pesce" & pure pe' nu 'mbiastr'!?! 
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Giuseppe Scano ******* 


Se avete altre interpretazioni ben vengano

Cosa rimane dell'esodo istriano: storia di Maria Soldati, comunista irriducibile rimasta in Istria per insegnare – Storie

Prima di'iniziare devo far due precisazioni :
1) l'articolo riportato sotto    della rivista    storie.it è stato riportato   con il  copia e incolla  senza    aspettare la  risposta  via email della rivista  .Quindi  se   al redazione  o  gli autori dovessero    vederne una violazione del copy right    , esso sarà rimosso  , lasciando  solo  l'indirizzo    internet  
2)   ho  solo accennato    a una  " categoria  " d'italiani   rimasti  dopo il 1945 nella  Jugoslavia  di Tito ora   Slovenia e  Croazia  perchè  online   (  forse  ho cercato male  o   chi  sa per  quale  arcano motivo  )  ho trovato   solo queste  storie  ma  grazie  ai rappresentanti   l'Unione Italiana in Croazia, Slovenia qui  loro  siti  di  riferimento    :

Nei  post  su tali argomento, negli anni precedenti ,   ho sempre  parlato  :  dell'esodo  ,  delle comunità sarde   degli esuli  istriani  . Ebbene stavolta   riporto la storia    di quegli Italiani che  sono rimasti .
Infatti  (....)  Una piccola parte della comunità italiana, soprattutto proletari, scelse, per ragioni ideologiche o per l'impossibilità "fisica" di affrontare l'esilio (per età, salute, vincoli famigliari (.....)
Foibe, convegno "negazionista" patrocinato dal Comune
di non emigrare e s'integrò nella società jugoslava ottenendo negli anni seguenti il riconoscimento di alcuni diritti, sia pure più formali che sostanziali; alcuni, perfino, non si resero conto che l'autorizzazione all'esilio, rilasciata dalle autorità jugoslave, era soggetta a scadenza, e lasciarono decorrere il termine, magari per prestare le ultime cure ai campi o alle vigne; ad altri Italiani, in generale medici, tecnici, ecc., considerati utili dal regime titoista, fu semplicemente negato il diritto all'opzione e all'esilio; talvolta gli Jugoslavi adottarono l'escamotage di autorizzare la partenza di tutti i membri di una famiglia tranne un figlio o, preferibilmente, una figlia, inducendo così anche gli altri a rinunciare. Secondo gli ultimi censimenti sloveni e croati vivono nell'Istria slovena intorno a 3.000 membri dichiaratisi di etnia italiana, mentre il loro numero in Croazia - fra l'Istria, Fiume e la Dalmazia - si aggira intorno ai 34.000  (....)  da https://it.wikipedia.org/wiki/Esodo_giuliano_dalmata
per  chi  ritenesse   l'articolo riportato sotto   poco rappresentativo sugli italiani  rimasti in  quei territori    sotto il regime  \   dittatura   Comunista  può consultare  questi documenti   bibliografici e  video


MONAI, Fulvio, Un pittore rimasto sempre fedele alla sua terra: Nino Perizzi sta in: ALTRA, L', Sponda;A.IV.Nr.10-12.1959., Milano, 1959., 5409/10

160/L-2012 LXI/B4 SIMONE, (De) Pasquale / Lettere dopo vent'anni ad un amico rimasto a Pola / Gorizia : Tipografia Budin, 1968. - 78 pp. ; 22 cm.

123/L-2006PAIANO, Giacomo / La memoria degli italiani di Buie d'Istria : Storie e trasformazioni di una comunità contadina tra il 1922 e il 1954 nelle testimonianze dei "rimasti" / Rovigno-Trieste : Unione Italiana-Università Popolare, 2005. - 220 pp. ; 24 cm. - (Monografie IX)
65/L-2008LXI/C2TAZZER, Sergio / Tito e i rimasti : La difesa dell'identità italiana in Istria, Fiume e Dalmazia / Gorizia : LEG, 2008. - 230 pp. ; 21 cm.
67/L-2010LXI/B3BERNAS, Jan / Ci chiamavano fascisti. Eravamo italiani : Istriani, fiumani e dalmati: storie di esuli e rimasti / Milano : Mursia, 2010. - 178 pp. : ill. ; 21 cm.
646/L-2011CXIX/4RADIVO, Paolo / Una riconciliazione tra "esuli" e "rimasti" nella Sebenico del 1412 / S.l. : S.n., s.a. - ill. ; 24 cm. Estr. da: Archeografo Triestino, Serie IV - 2009 Volume LXIX (CXVII della Raccolta), 233-350
43/L-2013NEMEC, Gloria / Nascita di una minoranza : Istria 1947-1965: storia e memoria degli italiani rimasti nell'area istro-quarnerina / Rovigno-Fiume-Trieste : Centro di Ricerche Storiche-UI-UPT-Università degli Studi Dipartimento Studi Umanistici, 2012. - 446 pp. : ill. ; 24 cm. - (Etnia - XIV)
486/DVD-2010III/2-DVD/ ITALIANI sbagliati, storia e storie dei rimasti / Con la partecipazione di Ester Barlessi, Alessandro Damiani, Mario Schiavato, Giacomo Scotti, Claudio Ugussi; interventi di Silvio Forza, Elis Deghenghi Olujić, raul Pupo, Giovanno Radossi, Maurizio Tremul. - Soggetto e sceneggiatura Francesco Cenetiempo, musiche Thomas Bali. 

disponibili  presso il Centro di Ricerche Storiche di Rovigno 
Rovigno-Rovinj 52210, piazza/Trg Matteotti, 13 - Tel. +385 52 811133 / 811412 - Fax +385 52 815786  Orari: da Lunedì a Venerdì 07.00-15.00
 


da http://www.storie.it/storia/cosa-rimane-dellesodo-istriano-storia-di-maria-soldati-comunista-irriducibile-rimasta-in-istria-per-insegnare/


Maria Soldati (vedova Velan) è comunista da sempre. Non dice “socialista”, ma “comunista”, lei che è nata, ha vissuto e lavorato in Istria, a Rovigno, da comunista con i comunisti italiani rimasti, con gli italiani anticomunisti più o meno dichiarati rimasti, con quelli rimasti e basta e naturalmente con gli jugoslavi che arrivarono dopo la fine della seconda guerra mondiale, anzi, dopo l’esodo che svuotò queste terre nella seconda metà degli anni ‘40 del secolo scorso e oltre, negli anni ‘50. Maria è comunista, ma dice con schiettezza da brivido: “Ora sono anziana, mi è difficile anche pensarle, certe cose, però una cosa devo dirla: o abbiamo scherzato prima, intendo durante tutta la storia della Repubblica Socialista Federale Jugoslava, oppure abbiamo scherzato dopo”. Maria si riferisce al periodo che va dal 1944, con la proclamazione della generica Democrazia Federale di Jugoslavia, alla sua frantumazione conclusasi nel 1992.
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La locandina de “La città dolente” di Mario Bonnard,  (immagine  sopra  )  preziosa pellicola sul drammatico esodo degli italiani dall’Istria in seguito al trattato di pace di Parigi stipulato tra l’Italia e le potenze vincitrici con il quale fu decretata la cessione dell’Istria e di gran parte della Venezia Giulia alla Jugoslavia. Il film, realizzato nell’autunno del 1948, è quasi contemporaneo agli avvenimenti che racconta ed è stato sceneggiato, tra gli altri, da Fellini



Quasi mezzo secolo durante il quale dramma e commedia si fondono e, chiedendo scusa a Maria, viene in mente Maurizio Ferrini, comunista romagnolo di “Quelli della notte” di Arbore, rappresentante di pedalò della ditta Cesenautica, che condiva ogni suo intervento con il tormentone “non capisco, ma mi adeguo” e parlava del comunismo come di un destino dell’umanità “in un futuro di popoli” (richiamandosi allo Stalin della Conferenza di Yalta). Ecco appunto, popoli che si fecero guerra nei Balcani. Ma Maria è sincera: si rifà in primo luogo alle cosiddette “decisioni di Pisino” del 13 settembre 1943, cinque giorni dopo l’8 settembre, e confermate il 26 dello stesso mese, quando il Comitato regionale della Liberazione Popolare dell’Istria deliberò autonomamente sulla “unione alla madre patria e proclamazione dell’unione con i nostri fratelli croati”.
In pratica, i partigiani comunisti (tra i quali molti italiani provenienti dal nostro esercito, ma che non facevano parte del comitato direttivo) che insieme all’Armata Rossa e agli alleati avevano vinto la guerra, precorsero i tempi. Tanto più che le “decisioni di Pisino” annullarono le leggi fasciste, riconoscendo agli italiani d’Istria “tutti i diritti nazionali”. In realtà dopo l’8 settembre 1943 le truppe tedesche occuparono Trieste, Pola e Fiume, ma non riuscirono a controllare veramente l’interno dell’Istria, dove appunto si trova Pisino. Lì e in altre località affluirono le formazioni partigiane slave e un po’ ovunque vennero instaurati poteri popolari. Gli arresti e le violenze contro squadristi, gerarchi locali, rappresentanti dello Stato furono le prime manifestazioni del nuovo potere.
Ragioni storiche, etniche e politiche si fusero a istanze sociali e così furono colpiti anche possidenti terrieri italiani, dirigenti e dipendenti di aziende che il tribunale rivoluzionario di Pisino condannò e fece uccidere già nel corso di settembre-ottobre anche per liberarsi di pericolosi testimoni durante un’eventuale controffensiva tedesca. I fatti di Pisino si sommarono a quelli della primavera del 1945, quando alcune centinaia di militari italiani repubblichini furono giustiziati. Altri migliaia di uomini moriranno in seguito nei campi di prigionia titini, fra i quali anche finanzieri e membri della guardia civica, cioè corpi largamente infiltrati dal Comitato di Liberazione Nazionale italiano, che “non avevano mai partecipato ad azioni antipartigiane e avevano anzi preso parte all’insurrezione contro i tedeschi” (“La Storia, Biblioteca di Repubblica”, De Agostini/UTET 2004).
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Il presidente della Repubblica italiana Giorgio Napolitano, quello sloveno Danilo Turk e quello croato Ivo Josipovic di fronte al monumento dell’Esodo di Trieste in occasione della storica commemorazione del luglio 2010 che ha sancito la riconciliazione tra italiani, sloveni e croati

Le drammatiche notizie allarmarono profondamente la popolazione italiana, affievolendone la spinta a collaborare alla guerra contro il nazifascismo ancora in corso, nel timore che i partigiani titini vincitori avrebbero commesso nuove violenze. “A parte i casi evidenti di giustizia sommaria, sia gli arresti (…) sia le eliminazioni non avvennero tanto sulla base delle responsabilità personali quanto su quella della mera appartenenza nazionale”. Per quanto riguarda le vittime, “si può affermare che il numero di coloro che vennero gettati nelle foibe è probabilmente intorno al migliaio”. Tra scomparsi in prigionia e dispersi, per i giuliano dalmati le perdite furono “circa 10.000, contando anche le vittime di guerra in generale”. (op.cit.)
Maria, nata nel 1934, non aveva ancora dieci anni l’8 settembre. Continuò a studiare in scuole italiane e si diplomò maestra. Conseguì poi a Pola una sorta di laurea breve che la abilitò come insegnante di lingua e cultura italiana per le scuole medie e, dopo decenni di insegnamento, negli anni finali della sua carriera Maria è stata dirigente scolastica della scuola italiana di Rovigno, che comprendeva la materna, le elementari e la media inferiore. È in pensione dal 1991.
Più che le “decisioni di Pisino”, per quanto significative, fu il trattato di Parigi, firmato nel 1947 fra lo Stato italiano e gli Stati vincitori della seconda guerra mondiale, a cambiare per sempre la vita di Maria Soldati. Il trattato sancì infatti la cessione alla Jugoslavia, da parte dell’Italia sconfitta, della città di Fiume, del territorio di Zara, delle isole di Lagosta e Pelagosa, di gran parte dell’Istria, oltre che del Carso triestino e goriziano e dell’alta valle dell’Isonzo. Maria rimase. La sua famiglia rimase. Assistettero all’esodo di amici, parenti, conoscenti e concittadini, a quella diaspora storicamente definita “esodo giuliano dalmata” che fu particolarmente massiccio in Istria e portò al quasi completo svuotamento di interi villaggi e città, visto che anche numerosi croati e sloveni seguirono gli italiani nell’esilio.
La diaspora di circa duecentocinquantamila persone fu una decisione, o una costrizione, diffusa in tutte le classi sociali, dai professionisti agli impiegati pubblici ai molti artigiani e operai specializzati dell’industria: da ciò una profonda crisi economica del Paese, privato di risorse umane, di conoscenze, del proprio tessuto socio-culturale insomma. Risalgono proprio a quegli anni i ricordi più duri di Maria: chi partiva sapeva che avrebbe perso tutto ma lo stesso considerava inspiegabile la scelta di coloro che sarebbero rimasti e sarebbero andati incontro a nuove tensioni: come sarebbero stati trattati dai nuovi venuti, dai nuovi leader, quale sarebbe stato il futuro di una comunità ridotta, stroncata, decapitata? Chi rimase, però, ebbe una grande occasione, una sfida: mantenere in vita quella comunità, significando con questo la lingua, le tradizioni, i libri, i giornali, l’arte, insomma la cultura italiana.
Una dura lotta, lo si avverte anche dal racconto pacato di Maria, che ebbe sempre ben chiara questa missione, e per realizzarla lavorò a testa alta. Ben avvertendo, certo, l’ostilità dell’ambiente circostante, eppure, rigando dritto e lavorando sodo, poté fare molto, se è vero che le scuole italiane attirarono anche le famiglie croate. L’unica costrizione che Maria riconobbe chiaramente fu il divieto di professare a scuola qualsiasi religione, argomento peraltro drammaticamente attuale. Natale e Pasqua si celebravano all’inizio privatamente, con il passare degli anni sempre più apertamente. Ma Maria è atea e non avvertì più di tanto questa pressione. Poi ci furono gli anni belli, gli anni ’70 e ‘80, quando la famiglia Soldati passava le vacanze in Italia e andava a sciare in Trentino.

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Gina Lollobrigida e Raf Vallone in una scena di “Cuori senza frontiere” di Luigi Zampa. Ambientato in un paesino del Carso che si ritrova diviso in due dal confine fra Italia e Jugoslavia, il film vuole denunciare l’assurdità di un provvedimento che ha letteralmente lacerato la vita della popolazione locale



All’epoca Maria lavorava, il marito faceva il veterinario e avevano un figlio. Nel Paese del socialismo “dal volto umano”, nella Jugoslavia di Tito, si poteva fare anche questo. Ma il regime era sempre in allerta e già nel 1952, con la promulgazione dei decreti sulla scuola dell’Ispettore generale dell’istruzione pubblica jugoslava Anton Perusko, si erano create commissioni incaricate di verificare la “vera” nazionalità degli alunni delle scuole italiane. I cognomi che avevano un suono “slavo”, magari terminanti in “ch”, condannavano il portatore ad essere trasferito dall’istituto italiano in uno croato o sloveno. Comunque la storia superò anche Perusko, e la cultura italiana in Istria poté sopravvivere e persino prosperare, anche grazie a insegnanti e dirigenti come Maria. Nelle scuole, ma anche nei teatri, nei centri culturali italiani, un po’ ovunque, in uno spirito di unità e fratellanza.
Vennero pure gli aiuti dallo Stato italiano, attraverso accordi con quello jugoslavo prima e croato poi: sostegno attraverso libri di testo, gite in Italia, formazione degli insegnanti, scambi con scuole del Friuli Venezia Giulia, manifestazioni culturali. Una comunità e un organismo vivo. E allora ecco che, secondo il censimento del 2001, i comuni della Croazia con il maggior numero di parlanti italiano si trovavano tutti in Istria: Grisignana 66%, Verteneglio 41%, Buie: 40%, Portole: 32%, Valle d’Istria: 22%, Umago: 21%, Dignano: 20%. In molti comuni della Regione istriana della Croazia vigono statuti bilingui, e la lingua italiana è considerata lingua co-ufficiale. Vi sono alcune scuole italiane in Istria: scuole elementari a Buie, Umago, Cittanova, Parenzo, Pola e Rovigno; scuole medie a Pola e Rovigno. A Fiume (Rijeka) la comunità italiana dispone di asili, elementari, medie e un liceo. Vi è inoltre la proposta di elevare l’italiano a lingua co-ufficiale, come nella Regione Istriana. A Zara la comunità italiana locale ha richiesto la creazione di un asilo italiano che avrebbe dovuto essere aperto nel 2009, ma l’imposizione di un filtro nazionale – che imponeva l’obbligo di possesso di cittadinanza italiana per l’iscrizione – ne ha bloccato la nascita. In compenso, un asilo italiano è stato aperto nel 2010 a Lussinpiccolo.
Nel frattempo la politica ha fatto, pur con colpevole ritardo, dei passi avanti nel riconoscimento delle tragedie collaterali alla seconda guerra mondiale che hanno colpito rispettivamente il popolo italiano e quello slavo. In Italia è stato istituito dal 2004 il Giorno del ricordo, solennità civile nazionale, celebrata il 10 febbraio, giorno in cui, nel 1947, fu firmato il trattato di Parigi. Vale la pena citare il testo della legge: “La Repubblica riconosce il 10 febbraio quale ‘Giorno del ricordo’ al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale. Nella giornata […] sono previste iniziative per diffondere la conoscenza dei tragici eventi presso i giovani delle scuole di ogni ordine e grado. È altresì favorita, da parte di istituzioni ed enti, la realizzazione di studi, convegni, incontri e dibattiti in modo da conservare la memoria di quelle vicende. Tali iniziative sono, inoltre, volte a valorizzare il patrimonio culturale, storico, letterario e artistico degli italiani dell’Istria, di Fiume e delle coste dalmate, in particolare ponendo in rilievo il contributo degli stessi, negli anni trascorsi e negli anni presenti, allo sviluppo sociale e culturale del territorio della costa nord-orientale adriatica ed altresì a preservare le tradizioni delle comunità istriano-dalmate residenti nel territorio nazionale e all’estero”.zampa-cuori-senza-frontiere2

Nel luglio 2010, come scrive forse un po’ affrettatamente il Piccolo online “La riconciliazione tra italiani, sloveni e croati è compiuta. Come da programma, il presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano, quello sloveno Danilo Turk, e quello croato Ivo Josipovic hanno deposto corone all’ex Hotel Balkan, luogo simbolo delle sofferenze patite dalla minoranza slava nel corso del Novecento, e al monumento all’Esodo degli istriani, fiumani e dalmati di piazza Libertà”.
Maria, che era ed è comunista, ripensa alla sua vita, ma non ha una soluzione, una sintesi, come la maggior parte di noi. Guarda il sublime panorama del panettone di Rovigno nella mite e luminosissima giornata di febbraio che ha benedetto il nostro incontro. Pensa al comunismo, pensa alla Jugoslavia, pensa ai morti, i suoi italiani, i fascisti italiani, i comunisti italiani, i partigiani jugoslavi e italiani, gli jugoslavi, i suoi concittadini croati, i suoi concittadini italiani, e ai vivi, agli esuli sopravvissuti e ai loro discendenti. Persone e ideali, fatti e conquiste concrete che non ci sono più, o che hanno cambiato definizione, o che non sono più sentite come tali. Confini, forme di governo, e tutto mentre la vita continua e cambia. Perché la vita non sempre aderisce ai trattati: “Non è una storia semplice. E comunque nelle partite con la Croazia faccio il tifo per l’Italia”, confida Maria. (Marco Zovi)




6.2.17

finalmente anche le associazioni degli istriani dicono : " Giorno del Ricordo Basta strumentalizzazione politica"



L'assenza delle massime cariche dello Stato (  vedere  il mio post precedente  ) lascia a tutti l'amaro in bocca, ma non giustifica contrapposizioni sterili e strumentali che offuscano il senso della ricorrenza»



L'Unione degli Istriani sta diffondendo in queste ore un comunicato relativamente alle recenti dichiarazioni di alcune forze politiche a proposito del "Giorno del ricordo". Oggetto delle polemiche la mancata presenza alla cerimonia sulla Foiba di Basovizza, il prossimo 10 Febbraio, del Presidente della Repubblica e del Presidente del Senato. In occasione della ricorrenza, l'organizzazione degli esuli in Italia ha quindi redatto il seguente comunicato stampa a firma del presidente Massimiliano Lacota: «L'Unione degli Istriani invita tutte le forze politiche, nazionali e locali, nella ricorrenza del Giorno del Ricordo che questo 10 Febbraio coincide con il 70° Anniversario del Trattato di Pace di Parigi, ad astenersi in maniera responsabile da qualsivoglia polemica o provocazione, evitando cosí di avvelenare la vigila della ricorrenza, sminuendone significato e valenza morale e storica».
«Il 10 Febbraio, questo in particolare, non puó e non deve alimentare alcuna forma di scontro politicooppure partitico di carattere speculativo intorno alla celebrazione di una giornata che necessariamente dovrebbe portare a riflettere in silenzio chiunque abbia a cuore i sentimenti di sofferenza e sopportazione degli Esuli istriani, fiumani e dalmati. Vero è che l'assenza delle massime cariche dello Stato a questa celebrazione lascia a tutti l'amaro in bocca, ma ció non giustifica, in nessun modo, la nascita e lo sviluppo di contrapposizioni sterili e strumentali che rischiano seriamente di offuscare ovunque nel Paese la portata di questo importante anniversario. Gli Esuli questo non lo vogliono, e l'Unione degli Istriani non lo permetterà!».

DA GIOVANI con © Daniela Tuscano

  in sottofondo  ( lo so che  sarò retorico  e  ripetitivo   ma  non me  ne  vengono in mente  altre )  Canzone  per  un amica 


Siamo stati tutti così: inesausti, eccessivi, ladri. Sì, ladri, perché da giovani il tempo si ruba. Il furto implica il rischio e, quando hai pochi anni e gli ormoni a palla, il pericolo è sesso. E quale tempo più rubato delle notti interminabili, del divertimento solo tuo, del vuoto? Un vuoto di mondo, da gustare e riempire.
L'immagine può contenere: 3 persone, selfie e primo piano
I ragazzi di Guidonia non avevano volti particolarmente pensosi. Erano bellocci e comuni, forse distratti. E proprio per questo è facile identificarsi in loro. Le domande? Se le ponevano, ma inespresse. Un giovane è sempre il primo, non ha storia. Solo una vitalità animale, quindi incolpevole, anche quando avrebbe dovuto pensarci, e poteva, doveva farlo. Anche quando il felino inganno di velocità, risa, abbracci, luci e lamiere lo annienta. Anche quando non si sofferma sui prati, al canto degli uccelli, al paradiso quotidiano. Paradiso? Un inferno, semmai. Inganno, fregatura, sacrilegio nei confronti della sua regale, famelica divinità. Ma, attenzione, non lasciamoci ingannare: pur se azzarda come non ci fosse un domani, al futuro pensa eccome. È proprio perché ne ha fame che corre, vola, nell'illusione di afferrarlo. E a nulla servono i consigli, le raccomandazioni. Figurarsi le minacce.
Non ditegli che ripete. Lo umiliate. Del resto, v'ignorerebbe. Lui è sempre l'unico, e va. Poi sbaglia e delle volte quel tempo rubato lo brucia definitivamente. Nemmeno cinque minuti, poi, per imparare, crearsi una storia, abbandonare l'innocenza conquistando una umanità forse completa, ma scettica e disincantata.
Da giovani si è, e basta. Giunge poi, dietro l'angolo, una curva imprevista, un taglio netto, e l'illusione finisce.
                              © Daniela Tuscano

quando si celebrerà il 10 febbraio a 360 gradi ricordandone le cause precedenti a TITO le foibe finiranno d'essere una ferita ancora aperta

  
  ecco perchè      nonostante odi la  giornata    del 10 febbraio   ricordo   le  foibe  a  360  gradi  


 contesto  ed  interpretazioni 
testimonianze  



Eccoci   come ogni 10 febbraio  a  " contro celebrare "  quello che  avrebbe dovuto essere la  giornata del ricordo   degli  aberranti episodi  di  pulizia  etnica  secolare   e del problema  del   confine orientale   e dell'esodo   di intere  o quasi popolazioni  che  abitavano da secoli  quelle  zone  . Giornata  divenuta  , SIC  , un mezzo  di fabbrica  del  falso e dell'uso politico    strumentale   della storia   dove  vengono :   decontestualizzate ed omesso   ciò che   successo prima   dall'impero austro  ungarico   a  fascismo  ed  il nazismo  , esaltate ed  ingigantite   le  atrocità  comuniste  ,  ed  il  silenzio  imposto    dagli  " Amici  Americani  " per  non disturbare  Tito  che  al'epoca  della  guerra  fredda  avedva  una  funzione  anti Sovietica  in quanto la  ex Jugoslavia  faceva  da  stato  cuscinetto  tra  il blocco Americano e  quello  Sovietico  .
Insomma    <<  Il fenomeno dei massacri delle foibe è da inquadrare storicamente nell'ambito della secolare disputa fra italiani e popoli slavi per il possesso delle terre dell'Adriatico orientale, nelle lotte intestine fra i diversi popoli che vivevano in quell'area e nelle grandi ondate epurative jugoslave del dopoguerra, che colpirono centinaia di migliaia di persone in un paese nel quale, con il crollo della dittatura fascista, andava imponendosi quella di stampo filosovietico, con mire sui territori di diversi paesi confinanti. >>  (  dalla  voce   massacri delle foibe   di  https://it.wikipedia.org/ )  Cosa    che  viene fatta  metà e in maniera  incompleta  ed  maniera  da  ambo le parti  negazionista (  anzi meglio o riduzionista)

Ora  concordo    con questo articolo     per  http://www.wumingfoundation.com/

di Nicoletta Bourbaki

E così, di nuovo, e ormai con una certa stanchezza, arriva il 10 Febbraio.IL  feuilleton ( corsivo  mio )  Il Cuore nel pozzo sarà trasmesso per l’undicesima volta sulla , vedremo pubblicata la foto della fucilazione di Dane su diversi siti e giornali e sentiremo le boutades di qualche associazione di esuli. Immancabili le interviste a Cristicchi. Raccontare la storia al grande pubblico non è mai facile, soprattutto se si tratta di vicende complesse. Più parti se ne occultano, più il quadro risulta incomprensibile. Ma solo aggiungendo l’arroganza di un forte movente politico e una regia mediocre si è potuti arrivare a quello che è il discorso sulle foibe in Italia. Nonostante l’impegno, l’entusiasmo, i finanziamenti e il consenso bipartisan il Giorno del ricordo è “andato storto”, a partire dalla data scelta. Non certo per mancanza di alternative, la ricorrenza è stata fissata nell’anniversario della ratifica del Trattato di Pace di Parigi, 10 febbraio 1947, data in cui l’Italia – sconfitta nella guerra che aveva combattuto al fianco di Hitler – si impegnava a restituire tutte le colonie e buona parte dei territori annessi in Istria e Dalmazia. Per molti italiani un giorno infausto, che li ha trasformati in vittime di un’ingiustizia. Far coincidere proprio quella data con una narrazione che descrive «gli Italiani» unicamente come vittime significa omettere tutto quel che accadde prima. Ma la realtà non si lascia omettere così facilmente. E così, la caratteristica saliente, la costante del parlar di foibe in Italia è la sfiga, la mosca nella minestra che rovina il pasto quando hai già il cucchiaio in bocca.L’abbiamo visto con le medaglie che ogni anno vengono assegnate ai parenti di infoibati/dispersi/caduti che-poi-in-fondo-è-la-stessa-cosa. «Per L’Italia», c’è scritto. 
C’è una commissione dell’esercito che studia le biografie dei papabili e dovrebbe garantire l’irreprensibilità di queste assegnazioni – e invece zac!, l’anno scorso spunta quella assegnata a Paride Mori, ex ufficiale del Battaglione “Benito Mussolini” che combatté al fianco dei nazisti. Putiferio, imbarazzo. Han decorato un fascista? Sarà un caso isolato! Ce n’è altri trecento, si scopre subito, perché il Giorno del Ricordo è un medaglificio fascista.
«Io non c’entro», avrà a dire la Presidente della Camera.
Medaglia revocata il 25 aprile. E le altre?


Stjepan Mesic
Stjepan Mesic
L’abbiamo visto con il discorso di Giorgio Napolitano il 10 febbraio del 2007: le foibe e l’esodo scaturite «da un moto di odio e furia sanguinaria e un disegno annessionistico slavo che prevalse innanzitutto nel trattato di pace del 1947, e che assunse i sinistri contorni di una pulizia etnica». Non è cosa da poco, perché se lo dice la prima carica dello Stato significa contestare la legittimità del Trattato di Pace e del confine. E allora zac!, com’era prevedibile il Presidente croato Stjepan Mesic replica in tono compunto – ma corretto – precipitando il teatrino della pacificazione nazionale in salsa nazionalista in un grave incidente diplomatico con interessamento della stampa internazionale.Sentiremo che dirà quest’anno Mattarella. Sul fronte delle “arti”, degli strumenti di edificazione a beneficio dell’ampio pubblico, abbiamo visto la già menzionata fiction sulle foibe ambientata in Istria nel 1944 e che dell’Istria non ha nulla, né storia né luoghi.Del resto, con il 1944 le foibe c’entrano poco.Abbiamo visto lo spettacolo teatrale che innesta il genere pseudostorico nel fertile tronco della commedia popolare: «Un certo Giuliano Dalmata!» Prooot! Risate.Abbiamo visto il diario scritto da Frediano Sessi come se fosse Norma Cossetto,
Simone Cristicchi
Cristicchi
la conoscenza della cui tragica fine si basa però in gran parte su congetture e dicerie o, per dirla con Roberto Spazzali, « incontrollate fantasie e presunte testimonianze ». Un’opera dettata da un imperativo etico, si direbbe.Lo sterile connubio tra artisti in cerca di finanziamento e foiberia, esoderia, confineorientaleria scade in un rapporto perverso in cui il taglio preciso richiesto dal committente sovrasta le possibilità dell’autore (in genere non eccelse) e il fiasco è assicurato sempre o quasi.
[--- continua  nell'url  citato  sopra  ] 
Infatti ha  ragione  l'articolo  precedente    se   una  serie di  storici   a  360°  ed intellettuali   chiedono  
(... ) Ogni 10 febbraio i mass media italiani non perdono l’occasione per raccontare una storia parziale e distorta del confine orientale, spesso basandosi su dati falsi o manipolati dalla propaganda neofascista. Il dibattito cui assistiamo ogni Giorno del ricordo sui mass media italiani appare pesantemente condizionato da omissioni e censure che possono essere lette come una spia del perdurare di un pericoloso vittimismo nazionalista all'interno della cultura e dell’informazione italiana.Anziché fare chiarezza su un tema cruciale che andrebbe trattato in maniera accurata, sono state riproposte cifre sensazionalistiche e approssimazioni che fanno ormai parte dell’arsenale retorico del Giorno del ricordo pur senza essere sostanziate da basi storiografiche.( .... continua qui )
Il monumento in onore delle vittime delle foibe a Basovizza, in provincia di Trieste, il 17 marzo 2011. - Michele Borzoni, TerraProject/Contrasto
Il monumento in onore delle vittime delle foibe a Basovizza, in provincia di Trieste, il 17 marzo 2011. (Michele Borzoni, TerraProject/Contrasto)

Allora   voi lettori (  vecchi e  nuovi, sia  che leggiate o meno le  faq  e  loro  aggiornamenti )   vi chiederete 😕😯 ma allora  perchè  lo ricordi   se  odi tale  evento  ? per  diversi motivi   eccone   alcuni

5.2.17

Frutti dimenticati: la missione di Isabella, l'Indiana Jones degli alberi Dalla pera Marzola al fico Permaloso: parla Dalla Ragione, l'archeologa arborea che ha vinto il premio Nonino.


 da  repubblica  del  01 febbraio 2017

Frutti dimenticati: la missione di Isabella, l'Indiana Jones degli alberi
Dalla pera Marzola al fico Permaloso: parla Dalla Ragione, l'archeologa arborea che ha vinto il premio Nonino. 

di LICIA GRANELLO

                                              Isabella Dalla Ragione 

Metti una sera a cena la pera Marzola, il fico Permaloso, la susina Scosciamonaca. "Io faccio con la frutta quello che Pierre Michon fa con la vita degli uomini", spiega Isabella Dalla Ragione, fresca del Premio Nonino sezione "Risit d'aur", dedicato alla civiltà contadina. Il riferimento è a un altro premiato (nella sezione internazionale), autore del toccante Vite minuscole, libro che strappa all'oblio le storie di chi ha vissuto nelle campagne francesi, segnate da emigrazione e povertà. Le mele di Isabella come i paysans di Michon: frutti della terra, dimenticati e negletti.
Il mestiere di Isabella è quello di archeologa arborea, passione ereditata dal padre Livio: testi, riconoscimenti, documentari, interviste sui giornali di tutto il mondo, una fondazione e un archeo-frutteto a Città di Castello, nel cuore dell'Umbria, testimoniano un'attività instancabile, in equilibrio perfetto tra lo studio di testi medievali e la caccia agli alberi che ancora fruttificano quelle varietà. Una sorta di Indiana Jones dei frutti dimenticati.

È così importante recuperare le vecchie varietà?

"Il frutto è solo la punta di un iceberg. Sotto ci sono territori, tradizioni, esistenze, saperi, appartenenze. Si parla tanto di varietà antiche. Aggiungo "locali". Perché le varietà sono figlie di una terra specifica e hanno uno straordinario valore genetico. Il contrario di quanto succede con l'agricoltura seriale". 

Un'operazione culturale, la sua.

"Non solo. Prendiamo le pere, di cui siamo terzi produttori mondiali. Per l'80%, sono Williams, Conference, Abate: trasportabilissime, resistenti, conservabili. Le altre infinite varietà sono finite del dimenticatoio. Eppure, quando nel '600 arrivarono in Italia, le tipologie francesi - Passagrassana, Abate, Decana - convivevano insieme alle nostre. Con il legno del pero si facevano le madie, il mobile più importante della casa: liscio, senza tannini, non poroso, perfetto per conservare i cibi e impastarci il pane. I frati del sacro convento di Assisi la sera mangiavano mandorle, noci e le pere Fiorentine cotte, e il pero Madernassa - che dava il pruss gobb - era un toponimo. In generale, sono scomparse le varietà che non si mangiano crude, visto che cuocerle richiede tempo. Eppure la cottura della frutta è stata a lungo una modalità funzionale, a volte indispensabile al consumo. La frutta cotta era venduta in strada dai più poveri, che non avevano altro da offrire. Dare del peracottaio non era un complimento".

Lei ha studiato arte per supportare la sua ricerca.

"È bellissimo scoprire il rapporto tra frutta e pittura, dal linguaggio simbolico - la cornucopia, trionfo di generosità e benessere - alla documentazione storica. In Piero della Francesca o nel Pinturicchio, i frutti sono testimonianza e la simbologia è potente. Penso al bambino che stringe un mazzetto di ciliegie nel polittico commissionato dalla Badessa del convento di S. Agostino. Oppure i quadri di Francesco Melanzio ospitati nel museo di S. Francesco a Montefalco: uno con una ghirlanda di frutta, l'altro con Madonna, bambino e tre ciliegie bianche, dalla dolcezza straordinaria, totalmente prive di acidità. Poter disporre di tante varietà è fondamentale perché ci permette di attrezzarci contro i cambiamenti climatici. Poi è chiaro che la valorizzazione deve essere a misura, senza pensare di farne dei nuovi oggetti di consumo, che tutti devono avere. Siamo pieni di farro romeno: come viene coltivato pare non interessi a nessuno". 

C'è ancora spazio per le buone pratiche agricole?

"La produzione industriale ha fatto dei danni devastanti a tanti livelli, culturale, sociale, paesaggistico, salutistico. L'attività più connessa con la natura è diventata la sua grande nemica. Tornare indietro è difficilissimo, anche perché l'inversione di tendenza è a carico della piccola agricoltura. Chi non fa agricoltura non capisce il legame, il senso di appartenenza, l'identità, valori che invece vanno difesi e promossi".

Un processo faticoso, in controtendenza.

"Abbiamo perso un'occasione enorme con l'Expo, dove non c'è stata nessuna informazione sull'origine del cibo, che è diventato business, più è pornografico più vende e fa audience. La semplificazione del nostro patrimonio vegetale e la superficialità nella comunicazione mi disturbano molto. Personalmente, continuo a studiare, a cercare, ma soprattutto a trovare. È fantastico: malgrado i disastri ecologici di questi anni, resiste una diversità sconosciuta, con stratificazioni storiche e culturali ancora leggibili. È chiaro che ci vuole saggezza per promuovere questo approccio al cibo. Masterchef è più facile, immediato, redditizio, ma va da un'altra parte".

Come supportare i piccoli agricoltori nella vita quotidiana?

"Mai dimenticando quant'è bassa la terra e quanto scotta il sole. Il lavoro della campagna va rispettato". 





rispettato".

ma che cavolo l'hanno istituita la giornata del ricordo ( 10 febbraio ) se poi non si presenta nessuna istituzione ?




Quando l'ideologia è più forte di qualsiasi evidenza storica e di ogni sentimento di pietà. Vergogna è troppo poco.  ( dal web  )  



Un dramma da non dimenticare ma  soprattutto  da  non strumentalizzare  . Interessò  sia  le migliaia di persone, che dovettero lasciare la propria casa e i propri affetti dirigendosi verso Venezia e poi nel resto dell’Italia, dopo che l’Istria e la Dalmazia diventarono jugoslave sia  quelli che  , e  di cui non si parla   nelle celebrazioni mediatiche    rimasero  " in clandestinità " negli ex  territori  fascisti  costretti  dal regime  di Tito  a nascondere  le loro origini e la loro identità   ed  uniformarsi ad un a cultura  \  identità non propria

Una tragica immagine dell’epoca che mostra il ritrovamento delle vittime delle Foibe


Ferita    che  brucia  ancora  di più  perchè oltre  ad essere  strumentalizzata ideologicamente   e   decontestualizzata  i  nostri politicanti  che l'hanno istituita    ( il 10  febbraio del 2005  )


Foibe, Meloni e Salvini contro Mattarella e Grasso: “Gravissima l’assenza delle cariche dello Stato al Giorno del Ricordo”




La leader di Fratelli d'Italia e il segretario della Lega Nord: "Siamo basiti dal fatto saranno altrove e non abbiano considerato una priorità essere presenti in quel luogo nel giorno in cui ogni italiano si stringe alla comunità dei nostri fratelli di Fiume, Istria e Dalmazia"
“È gravissimo che nè il presidente della Repubblica Mattarella nè il presidente del Senato Grasso saranno presenti alla foiba di Basovizza il 10 febbraio in occasione del Giorno del Ricordo“. Così Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, sul proprio profilo Facebook. “Siamo basiti dal fatto che la prima e la seconda carica dello Stato saranno altrove e non abbiano considerato una priorità essere presenti in quel luogo nel giorno in cui ogni italiano si stringe alla comunità dei nostri fratelli di Fiume, Istria e Dalmazia“.
Salvini: “Italiani di serie A e italiani di serie B” – L’assenza del capo di Stato italiano, impegnato in un viaggio istituzionale a Madrid, presso il Palacio Real de El Pardo, come scrive l’agenda del Quirinale, e di Pietro Grasso è stata criticata anche da Matteo Salvini. “Per il 10 febbraio – ha detto il leader della Lega Nord – pare non ci saranno le principali autorità dello Stato. Mattarella, Grasso, Boldrini e Gentiloni non si presenteranno. 350.000 esuli italiani in fuga dal regime slavo, migliaia di innocenti ammazzati e infoibati dai comunisti: una strage infame che qualcuno in Italia, vergognosamente, nega sia stata compiuta. A Basovizza io ci sarò . 

Come la prenderanno gli esuli e i superstiti della fuga davanti alla violenza titina alla fine della Seconda guerra mondiale?
Male, sicuramente  .  E questa è ---- come dice questo articolo di http://www.lultimaribattuta.it  ----  davvero una mancanza di rispetto incredibile dello Stato italiano nei confronti di quella gente. Soprattutto tenendo conto che al prossimo anniversario con un numero tondo, del 2027, in molti non ci saranno più per motivi anagrafici“, scrive il Giornale ( I II  )  quotidiano, uno dei pochi, che ha riportato la notizia come si deve.
Intanto,  sempre  secondo  la stessa   fonte   duecento lettere di protesta sono state già recapitate al Quirinale  anche se  sicuramente   non risponderanno   e neppure leggeranno . Anche il Comune di Trieste, guidato dal sindaco di centrodestra Roberto di Piazza, ci teneva molto alla presenza di almeno una delle più alte cariche istituzionali. “Siamo incavolati neri. Ci trattano come vittime di serie BAi profughi istriani ed ai loro eredi va tutta la mia solidarietà, ritengo inoltre che di quella ipocrita delle istituzioni dello stato ne possono fare tranquillamente a meno.Concludo  oltre  ad  invitare  a  ricordare  a  tutto tondo e contestualizzare  le  foibe , onde  evitare  strumentalizzazioni ideologiche  e   di parte   , oltre  che  il solito  riduttivismo, ed  esaltazione   neo fascista  e neo nazista  come  il concerto di un gruppo neonazista che si terrà il 13 febbraio il Municipio 4 del Comune di Milano ha deciso di patrocinare un'iniziativa che già sta suscitando molta polemica . Infatti nella Palazzina Liberty del municipio 4 per ricordare il 10 febbraioMi chiedo  , anche  se  so  già che la mia domanda  volerà nel vento ,   che  ... l'hanno istituita  a fare  tale  giornata  se   poi si comportano cosi  ?




Informarsi, dentro e fuori la Rete E parlarne. Che si debba partire da qui per risolvere il problema ?

Oltre i classici consigli , come questo   riportato da http://www.webnews.it   e  proveniente dai moltissimi spunti raccolti all’Internet Festival e redatto  da Cospe, su  come   contrastare ed ridurre la diffusione dell'odio nella rete, ecco  questa  storia  .
dall'unione  sarda  

Si sono piazzati al terzo posto gli studenti dell'Università di Cagliari  (  foto sotto   presa  dall'account  fb di ,  Giulia  Tumatis  ,  una  di loro  ) 

L'immagine può contenere: 4 persone, persone in piedi, cielo e spazio all'aperto
 che hanno partecipato al concorso mondiale del "Facebook digital global challenge" grazie alla campagna "#ReAct", dedicata al tema dell'immigrazione e al contrasto dell'estremismo creata dal team guidato da Christian Rossi, Facoltà di Scienze economiche.
Il premio da mille dollari è stato assegnato a Washington (Usa) al termine della finale in cui ogni gruppo ha presentato il proprio progetto.
Al primo posto si è piazzata una squadra del Libano, al secondo il Belgio; a congratularsi tra i primi, l'ambasciata italiana negli Stati Uniti.
IL TEAM - Il gruppo sardo che ha esposto il progetto era formato da Giulia Tumatis, Luciana Ganga, Alessia Dessalvi, Giulia Marogna ed Ema Kulova; ma alla realizzazione hanno contribuito anche Claudio Pitzalis, Pier Andrea Cao, Alessio Zuddas, Lucia Corrias e Jacopo Lussu.

IL  loro  progetto  ( sotto   l'immagine della loro  campagna tratta     dall'account     fb   di   Giulia  Tumatis )

L'immagine può contenere: 18 persone, persone che sorridono, sMS   presentato all'interno della  campagna   React    dove  la sigla #ReAct significa Re = Rigettare ogni forma di estremismo e violenza; A = awarness, ossia la consapevolezza attraverso l'informazione; C = courage, il coraggio di contrastare estremismo e pregiudizi; T = tolerance, tolleranza nel senso di convivenza tra più culture

onde  evitare  😁😄  d'essere  accusato di provincialismo    riporto sotto  l'articolo del corriere  della  sera  del  4\2\2017   in cui parla   di tale risultato . 



Le 5 ragazze di Cagliari che combattono l’odio online 
(e vengono premiate negli Stati Uniti)
Alessia Dessalvi, Giulia Tumatis, Giulia Marogna, Luciana Ganga, Ema Kulova si sono classificate terze in una competizione di Facebook ed EdVenture Partners

di Martina Pennisi


                Foto dalla pagina Facebook di React shadow



«Basta odio», ha ammonito ieri il parroco al funerale di Italo D’Elisa, il giovane ucciso a Vasto in un clima di tensione riscontrabile anche sui social network. «Basta odio» diremo a Trieste, il 17 e 18 febbraio durante il primo evento nostrano dedicato alle espressioni violente che corrono in Rete, Parole Ostili. E «basta odio» è la non facile missione che l’iniziativa internazionale P2P Program ha affidato a 150 università di tutto il mondo. Organizzata da Facebook ed EdVenture Partners, mette in palio tre premi in denaro per altrettanti gruppi di studenti in grado di distinguersi con un progetto Web per combattere estremismo e incitamento alla violenza.
L’Università di Cagliari si è classificata terza, alle spalle delle compagini libanese e belga. Racconta Alessia Dessalvi, 22 anni, volata a Washington con le sue quattro compagne di avventura per ritirare il riconoscimento: «Ci siamo guardati intorno: la Sardegna e l’Italia stanno convivendo con l’immigrazione, un grande problema anche dal punto di vista culturale. Soprattutto i più giovani si informano poco e quando lo fanno si soffermano solo sui titoli senza approfondire. Si crea così un clima di paura del diverso». La risposta (premiata) dell’Ateneo sardo è stata la campagna React, caratterizzata da brevi spot capaci di ottenere centinaia di migliaia di visualizzazioni sul social network. Per «smontare le notizie false (fra le priorità di Facebook, ndr) — come quella sull’assegnazione di 35 euro al giorno a ogni immigrato a scapito degli italiani— e gli stereotipi», le ragazze e i loro compagni hanno creato contenuti ad hoc, cimentandosi anche nella recitazione; hanno cercato e raccontato storie positive di immigrazione e integrazione e hanno invitato gli utenti a fermarsi e informarsi con l’hashtag-claim #TimeOut.
Adesso Alessia Dessalvi, Giulia Tumatis, Giulia Marogna, Luciana Ganga ed Ema Kulova rimarranno per qualche settimana negli Stati Uniti nell’ambito del progetto Young leaders per condividere le buone pratiche emerse. Sul punto di forza della loro campagna non hanno dubbi: «È stata la coesistenza di un lavoro realizzato sia online sia offline. Abbiamo organizzato incontri e ci siamo confrontati faccia a faccia. Continueremo a farlo nelle scuole che ci hanno contattato». Informarsi, dentro e fuori la Rete. E parlarne. Che si debba partire da qui per risolvere il problema?

questa sarà  una delle   domande  che  farò  alle   dirette  interessate   a  rilasciare  un  intervista  .  in attesa  di  una loro risposta    vi saluto    odiatori  e non  odiatori  
 e  vi lascio  con questo    video bellissimo  e toccante   preso    dai video di    https://www.facebook.com/psicologia.applicata/videos/ che  potrebbe essere  uno sviluppo    del progetto  prima  citato  

con questo   è tutto   alla prossima