21.7.19

La commedia dei social Perché sentiamo la necessità di postare tutto quello che facciamo mentre lo ‘viviamo’ ?

Anche  se  non mi riguarda   completamente  essendo una generazione   di mezzo  fra il declino  culturale  degli anni '80\90   e gli anni '60\70  ed  lontano a che  pur  intossicato dal declino    degli anni  90\2000   questo     editoriale   di  editoriale    di Angela Iantosca  è  veramente  interessante   


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                                              ioacquaesapone di Luglio  2019

Perché sentiamo la necessità di racontare quello che facciamo, i concerti, le feste, il nostro dolore o le nostre gioie sulla rete? Di affidare la nostra vita ad amici virtuali, che a volte sono reali e con i quali, quindi, potremmo confrontarci privatamente? Perché dobbiamo sfogare i nostri rancori, emettere sentenze, confidando nel plauso superficiale di chi non conosce le reali vicende che hanno provocato quello sfogo?
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Sembra che il social sia diventato l’unico modo attraverso il quale parlare agli altri. Anche se forse è quello il modo attraverso il quale stiamo perdendo la capacità di parlare veramente...

Perché, se comunico usando un filtro che è lo schermo, sarò capace di esprimere le mie emozioni senza quello schermo? E soprattutto comunicherò la verità?
Ci penso spesso ad uscire dai social, ma poi non lo faccio perché lo uso per lavoro e, ammettiamolo, è comodo raggiungere persone lontane e informarle sulle nostre attività. Ma rimane il fatto che il modo in cui viene usata la rete in genere non mi piace: perché è una vetrina di intimità, è il nostro diario segreto, ma ripulito per essere presentato con il suo abito migliore. 
Pensate a quando non c’era. Era come se tutto fosse più profondo, più vero, più ‘conquistato’. Mi spiego: per sapere come stesse una persona, la chiamavi, non stavi sul suo profilo a spiare le sue foto ritoccate. Ti godevi quel momento, la condivisione vera, ti godevi i pranzi in famiglia senza la necessità di dover continuamente fare un video per fare vedere cosa stai mangiando e farlo sapere a tutti, condividendo in tempo reale un concerto (che poi nella realtà non stai guardando perché lo stai riprendendo), un matrimonio, una cena romantica (che ti perdi perché devi fotografare quella prelibatezza che ti è stata servita e che devi mostrare a tutti, fremendo per verificare quanti like otterrà quello scatto).
Ma c'è un'altra cosa a cui penso sempre: quanto di quell'amore, di quei baci, di quelle amicizie, di quei “ti adoro”, di quei rapporti familiari idilliaci, di quella fierezza dei genitori che viene spiattellata in rete corrisponde alla verità? Quante di quelle poesie, di quelle immagini di armonia corrispondono alla natura delle persone che scrivono? Quante coppie conoscete che sono in crisi totale, ma che in occasione del proprio anniversario non vedono l'ora di dichiarare al mondo il loro eterno amore? Non vi sembra a volte che sia tutta una grande commedia?

20.7.19

Genova 19-21 luglio di 18 anni fa scuola diaz e bolzaneto

 ho visito il film

Regia: Lucio Pellegrini

Cast: Jacopo Bonvicini, Violante Placido, Edoardo Gabbriellini, Elio Germano, Camilla Filippi, Riccardo Scamarcio, Andrea Samà


e mi chiedo , sapendo che la risposta volerò nel vento e finirà nelle ovvietà ,  come    sia potuuta  avvenire  una cosa  del genere  ed  i responsabili   promossi   o prescritti

Come il caso Bibbiano è diventato uno strumento di guerra sporca contro PD e comunità LGBT ed allo stesso tempo dall'altra parte si sminuiscono le responsabilità del pd



alla faccia di che dice che la politica non c'entra nel caso bibiano   e  di chi si  lamenta   quando ne parlo     e che dovrei aspettare  il processo  .  allora  lasciamo   disinformazione   e  fango  a ste   merde ?

https://www.esquire.com/it/news/politica

DI SIMONE ALLIVA 18/07/2019


Come il caso Bibbiano è diventato uno strumento di guerra sporca contro PD e comunità LGBT
Se pensavate che la politica italiana non potesse scendere più in basso, sappiate che Di Maio e la Lega stanno usando un caso di cronaca per cercare di associare PD e pedofilia.




GETTY IMAGES



E allora cosa pensate dei fatti di Bibbiano, da che parte state, in quale tifoseria vi iscrivete? Da nessuna, dovremmo poter dire. Di fronte alle notizie orribili che arrivano dall’inchiesta “Angeli e demoni”, in cui alcuni bambini sarebbero stati manipolati e sottratti alle famiglie di origine per darli in affido ad altre, dovremmo poter dire: scelgo il silenzio. Mi allontano da questo circo osceno di opinioni nette, urlate. È certo una storia nera, orribile. Prima o dopo sapremo con certezza dalle carte giudiziarie e dai processi chi sono le vittime e i colpevoli in questa vicenda di abusi di potere, sulla quale davvero non ci sono parole che bastino. Funzionari pubblici, assistenti sociali e psicoterapeuti, bambini allontanati intenzionalmente dalla propria famiglia. E ancora le accuse di frode processuale, depistaggio, abuso d’ufficio, maltrattamenti su minori, falso in atto pubblico, violenza privata, tentata estorsione, peculato d’uso e lesioni personali gravissime.
La scena è questa. Basterebbe questo. Invece no. Questa è una vicenda di cronaca che parla da sola, eppure media e politica hanno deciso di trasformarla in altro per il proprio tornaconto elettorale e non solo. “Angeli e demoni” è già il titolo perfetto, ricorda già un altro romanzo di successo. Una fiaba nera con orchi e torture, lobby potentissime (quella Lgbt naturalmente) e l’eterno ritorno dei comunisti mangiatori di bambini. È questo l’effetto che fanno, del resto, certi dibattiti tv e certe riflessioni lette in questi giorni.
A Ferrara Fratelli d'Italia ha proposto di indagare sull'orientamento sessuale delle famiglie affidatarie: un altro passo verso il triangolo rosa sui cappotti degli omosessuali
Ma ci sono i fatti e poi ci sono le opinioni. Sembra inutile scriverlo ma ci siamo lasciati divorare dalle opinioni. Come succede ormai da tempo in questo paese sempre acceso. “Angeli e demoni” parla di un sistema in cui i bambini erano indotti a raccontare violenze subite dai familiari. Il motivo è chiaro: soldi. Ogni famiglia riceveva tra i 600 e 1200 euro al mese; mentre gli psicologici che supportavano i bambini avrebbero preso circa 135 euro a seduta.
Questi i fatti. Questa la scena. Ma come sempre la scena non conta, non interessa. Quello che non si vede affascina, seduce e aumenta il consenso: l’elettroshock somministrato ai bambini per fare il “lavaggio del cervello” ( notizia che non ha mai trovato riscontro). L’arresto del sindaco Andrea Carletti del Partito Democratico. Carletti viene arrestato “in merito alla presunta violazione delle normative degli appalti. Non ha accuse in concorso con le violenze ai bambini”. Non importa, conta solo quello che non c’è: Luigi Di Maio pubblica un post su Facebook che non lascia dubbi: “ARRESTATO” scrive in caratteri cubitali per il “business orribile sui minori”.
Il Partito Democratico viene ribattezzato “Partito di Bibbiano”. L’hashtag che si diffonde è definitivo: #PDofili. E ancora vignette, insulti e anche tentate aggressioni come l’irruzione da parte di due militanti di Forza Nuova nella sede nazionale del PD a Roma. Alle accuse su Moscopoli che travolgono la Lega di Matteo Salvini, i leghisti rispondono “Parliamo di Bibbiano”. La difesa somiglia a quei giochini che fanno i bambini in età prescolare: pari e patta, specchio specchio, quei giochi lì.
Poi, nella fiaba nera di Bibbiano, entra in scena un altro antagonista: il gender. “Il mostro arcobaleno vuole i vostri figli in pasto”, scrivono i militanti di Forza Nuova mentre ritraggono una signora intenta a mangiare un bambino (ricorda qualcosa?). Perché? Semplice: tra gli affidi manipolati c’è anche il caso di una bambina assegnata a una coppia di due donne, anche loro indagate per maltrattamenti.
Un caso gonfiato dai soliti noti: le associazioni omofobe come Pro-Vita, il giornale diretto da Belpietro, per fare alcuni esempi. A Ferrara Fratelli D’Italia ha presentato un’interpellanza per chiedere al Comune di entrare nella privacy dei genitori affidatari ferraresi e di quantificarli in base all’orientamento sessuale. Cioè schedare le famiglie arcobaleno. Un altro passo verso il triangolo rosa sul cappotto per gli omosessuali.
“Il mostro arcobaleno vuole i vostri figli in pasto”, scrivono i militanti di Forza Nuova
Il problema nella narrazione di Bibbiano resta la cortina tossica che lascia dietro. Le campagne ideologiche creano effetti domino. Mentre una parte di popolazione riesce a comprendere, non lasciarsi distrarre dall’obbligo di indignazione permanente, moltissimi non riescono a fare filtro per merito o per colpa. La Fiaba Nera di Bibbiano alimenta quel vento misterioso che non si sa da dove viene ed è inutile cercare, un vento dentro che gonfia il discorso d’odio, prende a pugni la pancia di un pezzo non minoritario della popolazione e poi incendia i tessuti sociali. È un tema di prossimità. Il vicino di casa legge dell’ex psicologa lesbica che “strappava i figli ai genitori per darli in pasto al gender” e reagisce in un unico modo: prendendo di mira chi trova assimilabile alla notizia, a prescindere dalla responsabilità personale.
Ci siamo seduti su una bomba mentre la morbosità e lo squilibri tra informazione e disinformazione sta portando la conflittualità di su un altro livello. Se anziché urlare nel mucchio ci occupassimo di capire eviteremmo tutto questo. Basta fare domande semplici, quelle che fanno i bambini. Tipo: se la psicologa lesbica fosse stata eterosessuale e avrebbe dato la bambina in affido a una coppia etero, l’abuso d’ufficio sarebbe meno grave? Ribaltare quel dettaglio su un altro piano ridimensiona la colpevolezza? Il fatto che la madre affidataria sia l’ex compagna incide sul piano penale? Aggiungere particolari voyeuristici non cambiano il rilievo penale della vicenda e neanche la responsabilità individuale. Eppure qualcuno ha inventato “il movente ideologico Lgbt dietro il complesso sistema degli affidi” – le parole sono del consigliere ferrarese Soffitti. Un movente che oscura l’intera vicenda solo perché una delle sette coppie è una coppia lesbica. Un dettaglio che diventa così la storia, la fiaba nera mentre il resto è contorno. Siamo tutti dentro, attori e spettatori, vittime di un sortilegio che ci intrattiene e ci fa avvelena, incapaci di fare silenzio e in attesa del primo tragico finale.


  riporto    qui     questa interessante  discussione  (  è ancora  in corso  aspetto  la contro  risposta  )      avvenuta     ed  in corso  qui  sulla pagina  facebook  

Daniele Lo Zio Tarasco I Amme' 'o PD Nun me piace. 
Ha troppi torti e troppe scelte 
conservatrici-reazionarie sulla coscienza.

Ma sul terribile caso di Bibbiano 
il PD non c'entra nulla.
Il sindaco PD di Bibbiano non è responsabile degli illeciti sugli affidi.
La responsabilità Penale , Morale , Giuridica , Sociale , Professionale è delle Assistenti Sociali che gestivano i casi dei minori.
Della Responsabile del Servizio Sociale ( poi bisogna vedere se il socio assistenziale è gestito in proprio o in un consorzio.) che autorizzava, avallava le pratiche ( è il responsabile del settore e il responsabile del servizio che firma e deve controllare ),
Del tribunale dei minori che deve decidere deliberare l'allontanamento e l'affido ( in comunità o in famiglie ) dei minori segnalati e seguiti dai servizi.
Dei " periti " in questo caso dello psicoterapeuta Dott. Foti di Hansel e Gretel di Moncalieri TO, e degli operatori , educatori e assistenti sociali e psicologi e chi altro ancora, che hanno poi fatto le relazioni finali. In base ai " protocolli " specifici sulla osservazione e la rela zione con i minori , ad es. Il protocollo di Noto, stilato e riconosciuto dalla comunità scientifica sociale italiana.
Ma questo è l'aspetto tecnico .
C'è un aspetto Sociale Politico.
Il Dott. Foti, non riconosceva il protocollo di Noto. Aveva sviluppato un suo metodo, che era diventata SCIENZA, in cui il minore non lo si ascoltava osservava , in modo razionale , empatico, non verbale , usando tecniche non invasive/manipolative, ma lasciandogli libertà di esprimersi tramite il disegno ( la tecnica più usata ) ma anche con il racconto/fiaba , il canto autoreferenziale e altre tecniche delle artiterapie e della comunicazione non verbale )
Ma intervenendo con suggerimenti, interpretazioni, forzature, con la presunzione certa dell'abuso subito dal minore.
Il " metodo " Foti/Hansel e Gretel, era usato come formativo da molti servizi socio assistenziali. E in molte comunità per minori come metodo di " osservazione " dei minori e degli operatori.
Personalmente DIFFIDO di chi ha granitiche certezze, di chi non subirà mai di se stesso e del proprio operato.
Da anni il Tribunale dei Minori di Torino non usa il Dott. Foti come perito/consulente/giudice onorario, ma il Dott Foti è stato spesso nominato come perito di parte nei casi di affidamento tra coniugi.
Quello che è aberrante è il mercimonio , il LUCRARE sui bambini ( così come il lucrare sui rifugiati e richiedenti asilo ) che è stato fatto a Bibbiano. MA.... Per fortuna è stato scoperto.
Quello che mi stupisce oggi è il silenzio degli ordini di Psicologi e Assistenti Sociali, dei Tribunali dei Minori, dei Servizi Sociali , specie quelli piemontesi che si avvale ano dei servigi di Hansel e Gretel.
In tutto questo, cari merdaioli fascio leghisti e pentastellati che : " i bambini di Bibbiano, gli altri possono esser buttati in mezzo a una strada o morire annegati nei mari.
In tutto questo il PD non c'entra.
C'entra invece l'assenza di un agire sociale umano e non solo professionale.
C'entra l'assenza di verifiche e controlli.
C'entra l'assenza di formazione verificata e di supervisione.
Ma io sono solo un Musicoterapista che si è schierato dalla parte dei minori , del disagio , dell'handicap. Che prova a lavorare coi loro tempi , non con il tempo digitale o analogico, ma con il tempo individuale del disagio e della disabilità.
Ma io sono solo un vecchio brontolone oramai insofferente.
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19.7.19

cambiare sesso a 17 anni ? se si è maturi e consapevoli si . la storia coraggio di Olimpia

La scelta di Maria: “Io tornata sui banchi per mio figlio autistico” La mamma ha lasciato il lavoro per seguire Alessio nella sfida più grande Hanno conseguito insieme la maturità e ora pensano a un’azienda agricola

repubblica.it il primo e fanpage il secondo





L'altro giorno è andato in piscina con i compagni di classe. Sabato sera era alla festa di un amico che compiva 18 anni, come lui. È la bellezza veloce della giovinezza semplice: soli, mai. Il 27 giugno ha affrontato gli orali della maturità: perito agrario, voto finale 81. Accanto a lui, in classe, la mamma. Stesso banco: anche lei, 51 anni, alle prese con l’ultimo esame prima della seconda vita, quella sequestrata sempre dal pensiero di domani: 86 su 100. Alessio e Maria Gariup non sono solo madre e figlio. Sono i protagonisti, sportivamente parlando, di un’impresa. A lui, poco dopo i tre anni, i medici hanno diagnosticato l’autismo. Lei, ragioniera e contabile in un’azienda, cinque anni fa si è licenziata per «non condannarlo a crescere sepolto vivo». «Non è stata una scelta facile — dice Maria — mio marito Stefano fa il magazziniere. Il mio stipendio serviva. Per pagare le bollette, a volte, ci hanno aiutato i miei. Da una parte c’era una possibilità su un milione di far vivere un figlio come gli altri ragazzi. Dall’altra la sua condanna ad una malattia che ti isola. Abbiamo deciso di tentare l’impossibile».
La famiglia Gariup vive a Moimacco, in Friuli. Conosce l’emergenza nascosta che in Italia emargina 100 mila bambini e 400 mila adulti, ignorati dalla scuola, dalla sanità e dallo Stato. Tremila euro al mese, il costo medio dell’assistenza di una persona colpita dall’autismo: 500 euro al mese la pensione d’invalidità. Dopo i 16-18 anni si smette di esistere, inghiottiti in un limbo. Qualcuno fa debiti. Qualcuno vende tutto. Qualcuno si arrende. Alessio e Maria invece hanno imboccato un sentiero nuovo: studiare e superare i limiti grazie alla bellezza delle cose se si sanno. «Anche per denunciare — dice — un sistema che non finanzia i servizi che sulla carta attiva. In Italia 1 ragazzo su 150 soffre di patologie dello spettro autistico. Per queste persone manca però un progetto di vita, figure che le seguano a scuola e nell’inserimento al lavoro. Uno straordinario giacimento di talenti finisce semplicemente bruciato». L’autismo è un disturbo pervasivo dello sviluppo neurologico. Compromette le relazioni con gli altri e limita la capacità di comunicare. Alessio, una volta adolescente, ne è risultato colpito in modo grave. Problemi di comportamento. Comunica ma non articola un discorso, scrive al computer ma risponde solo scegliendo una delle risposte che gli vengono presentate. «Cinque anni fa — dice Maria — doveva iscriversi alle superiori. Assistenza e sostegno, fino alle medie, lo avevano aiutato. Entrato nell’Istituto tecnico agrario “Paolino d’Aquileia” di Cividale, sono emerse le difficoltà. Gli educatori continuavano a cambiare, le figure non erano formate, la scuola non poteva assicurare una presenza costante. Mancanza di fondi: ho capito che dovevo fare da sola». Per questo si è licenziata e si è iscritta a scuola, come un’allieva normale. Ha abbandonato il lavoro ed è tornata indietro di trent’anni. Si è messa in banco con il figlio e ogni giorno, per cinque anni, l’ha accompagnato in palestra, nelle aule-laboratorio, nel caseificio, nel frantoio e nella cantina vinicola dell’istituto.
La scelta di Maria: “Io tornata sui banchi per mio figlio autistico”
Maria e Alessio Gariup al lavoro

La scelta di Maria: “Io tornata sui banchi per mio figlio autistico”
Maria e Alessio Gariup nel caseificio dell'istituto agrario

Compagna di classe. «Con il tempo — dice — ho fatto una scoperta sorprendente: se vivi davvero, è bellissimo. All’inizio Alessio ed io eravamo soli. Presto ci siamo ritrovati vicini i compagni di scuola, i professori, il personale dell’istituto. Tutti lì, a dare una mano. Non ci hanno regalato niente, ma hanno voluto partecipare alla nostra scommessa». Superare la maturità sembrava una follia. Non ad Alessio, che sui libri ha scoperto la sua memoria prodigiosa. Fino all’autunno, quando Maria ha intuito che per farcela serviva qualcosa di più. Sono stati i docenti a proporle l’impossibile: affrontare anche l’ultimo esame, dopo quelli integrativi sostenuti da privatista, assieme al figlio. È successo, primo caso in Italia. Madre e figlio diplomati nella stessa classe, mentre tutti consigliavano di lasciar perdere perché «un ragazzo autistico non può avere dei sogni come tutti gli altri».
«Ho imparato — dice Maria — che se le famiglie non reagiscono vengono emarginate come i loro figli. Nessuno suona alla porta per chiedere come stai. È terribile. La scuola dell’obbligo finisce e migliaia di giovani vengono risucchiati nel buio. Per loro non esiste un pubblica piano esistenziale, l’affiancamento al lavoro, incentivi a chi assume, un sostegno medico». Oggi Alessio lavora in un’azienda vitivinicola. Pulisce e fa i lavoretti. Ma è come se frequentasse l’oratorio. Nessun incarico e nessun compenso, altrimenti perde l’indennità mensile. Prospettive zero. «È assurdo — dice Maria — ma la via d’uscita la troveremo un’altra volta noi. L’ultimo sogno è una piccola impresa agricola, tutta nostra. Questione di dignità: ci stiamo lavorando, so che ci riusciremo». Dopo l’esame, per la prima volta, Alessio ha sorriso. Aveva capito tutto, da molto tempo.



A 51 anni lascia il lavoro e torna a scuola per il figlio autistico: i due si diplomano insieme

La scelta coraggiosa di Maria, 51enne. La donna ha superato l’esame di maturità insieme al suo Alessio all’istituto tecnico agrario all’istituto Paolino d’Aquileia di Cividale. “Ci è stato detto che la scuola non era per lui, ma più mi dicevano così più io mi incaponivo. Dopo un po’ di fatica e molti incontri , il preside ha accettato di riprendere Alessio a patto che a seguirlo ci fossi anche io”, ha raccontato la donna


A 51 anni lascia il lavoro e torna a scuola per il figlio autistico: i due si diplomano insieme La scelta coraggiosa di Maria, 51enne. La donna ha superato l’esame di maturità insieme al suo Alessio all’istituto tecnico agrario all’istituto Paolino d’Aquileia di Cividale. “Ci è stato detto che la scuola non era per lui, ma più mi dicevano così più io mi incaponivo. Dopo un po’ di fatica e molti incontri , il preside ha accettato di riprendere Alessio a patto che a seguirlo ci fossi anche io”, ha raccontato la donna. Maria Gariup fino a 5 anni fa era ragioniera e contabile in un’azienda della provincia di Udine. Poi ha deciso di mollare tutto. Lo ha fatto per il figlio, Alessio, affetto da autismo. Il ragazzo si era appena iscritto all’istituto tecnico agrario all’istituto Paolino d’Aquileia di Cividale. La madre non poteva lasciarlo da solo. E così è tornata a sedersi su un banco di scuola, accanto al figlio. Il 27 giugno Alessio si è diplomato. E mamma Maria ha conseguito un secondo diploma. “Già finire le scuole medie è stato molto difficile per mio figlio, a causa dei continui cambi di educatori non qualificati e dell’inadeguatezza del sostegno che lo aveva seguito per tre anni e che lo aveva fatto regredire rispetto alle primarie. I servizi non hanno curato l’inserimento scolastico e il passaggio dalle medie alle superiori. Ci è stato detto che la scuola non era per lui, ma più mi dicevano così più io mi incaponivo. Continuavo a pensare che se lo avessi lasciato a casa, se avessi tolto a un ragazzo di 14 anni il diritto di frequentare la scuola, gli avrei tolto tutto. Dopo un po’ di fatica e molti incontri, il preside ha accettato di riprendere Alessio a patto che a seguirlo ci fossi anche io", ha raccontato la donna a Udine Today. Quando ha scelto di intraprendere questo percorso con suo figlio, Maria non ci ha pensato due volte: "Anche a me e a mio marito era parsa l’unica soluzione percorribile". Il primo anno, Maria ha provato a lavorare part-time. Ma si è accorta che non era facile. Così ha lasciato tutto e si è dedicata solo ad Alessio e alla scuola. "Una volta in classe mi sono sentita di invadere un territorio, non solo con i ragazzi ma anche con gli insegnanti. Arrivare così di botto è stata dura, non solo per me e Alessio, ma anche per i nostri compagni. Nel corso degli anni si sono accorti che ero ‘una di loro', non una mamma che rompeva le scatole e credo che mi abbiano voluto bene come sanno fare gli adolescenti", spiega. Ha seguito il suo Alessio anche davvero in ogni momento. "Abbiamo partecipato a tutti i diciottesimi – continua – siamo andati in discoteca e a tutte le gite. È stata un’avventura, a volte faticosissima. Alessio cambia continuamente la sua condizione, destabilizzando anche gli altri e credo che anche per i nostri compagni sia stata un’esperienza unica, a volte difficilissima e a volte bellissima… sono certa però che ora sappiano cosa significhi sacrificio e dedizione". "La cosa che mi preme di più, oltre al presente e al futuro di mio figlio, è dire agli altri genitori che non si scoraggino mai. Io ho studiato tantissimo e ho avuto la possibilità di lasciare il lavoro, so che non tutti se lo possono permettere, ma so anche che una soluzione, se si vuole davvero, si trova sempre. E, infine, vorrei che la nostra società capisse che i problemi non si possono ignorare, le persone autistiche o con disturbi non si possono escludere pensando di risolvere così la questione. Ci vuole impegno, certo.. ma il fatto che si parli tanto di autismo è perché i numeri sono importanti e allora bisognerebbe strutturare la nostra società in maniera che sappia dare una possibilità anche a loro", conclude. Maria ammette che al giorno d’oggi non sono semplici le cose per una famiglia nella sua stessa situazione. E i disservizi che ha dovuto incontrare non riguardano solo lei. "Le cooperative che mettono a disposizione gli educatori – racconta  la donna – vivono di appalti sempre al ribasso e questo fa sì che il personale cambi continuamente senza dare garanzia di una formazione adeguata".

c'è odio costruttivo ed odio distruttivo .

  a chi mi dice come critichi gli odiatori e poi se un odiatore tu stesso ? o parli di odio costruttivo ? che .... dici .ecco cosa dico . leggetevi queste tre slide .


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chiedo scusa  ai miei  15  lettori\ letrrici     fissi  e  a quelli occasionali  se  le ripeto  ma  evidentemente    pochi leggono  l'archivio del  blog 

Manuel Bortuzzo, la rinascita dopo la sparatoria: torna a nuotare, una forza della natura ed altre storie disabili





 





E chi lo ferma più: Manuel Bortuzzo va dritto come un treno. Oggi, infatti, è tornato ad allenarsi in piscina, come mostra l’ultimo video pubblicato sul suo account Instagram. Una passione, quella per il nuoto, che gli ha permesso di andare avanti col sorriso sulle labbra nonostante lo scorso febbraio sia rimasto coinvolto in una sparatoria a Roma dove ha perso l’uso delle gambe.
La sfida a Detti e Paltrinieri
Poi il giovane nuotatore (la cui storia diventerà un film diretto da Raoul Bova) ha lanciato una sfida a Gabriele Detti e Gregorio Paltrinieri, campioni di nuoto a livello mondiale. «Vi sfido in un 50 stile, quando volete» ha scritto su Instagram. «Oggi si è deciso di fare sul serio» è, invece, il commento di papà Franco che gli è sempre stato vicino in questa difficile battaglia (che ha già vinto).
Il processo
Intanto continua il processo a carico di Lorenzo Marinelli e Daniel Bazzano, i due giovani di Acilia che, secondo l’accusa, sarebbero i responsabili del ferimento di Manuel Bortuzzo. I due hanno scelto il rito abbreviato così da avere uno sconto della pena, qualora venissero riconosciuti colpevoli. Lunedì 8 luglio la prima udienza. Ma Manuel, lo ha sempre detto, non prova rancore: non vuole saperne di chi lo ha privato delle sue gambe. Ora guarda dritto e sogna le Olimpiadi.
Leggi anche:


Roma, il bus è senza pedana e il passeggero in carrozzina blocca il mezzo per protesta

"Dovete rispettarci, non siamo un rifiuto": lo ha urlato a gran voce un anziano sacerdote mentre con la sua sedia a rotelle ha bloccato il transito di una vettura della linea 160 a piazzale Flaminio. La scena è stata ripresa nei giorni scorsi e poi postata in rete. L'uomo non è potuto salire perché sul mezzo Atac non c'era la pedana per agevolare la salita dei portatori di handicap . 


"Non siamo spazzatura, dovete rispettarci". Lo ha urlato a gran voce l'anziano sacerdote mentre con la sua sedia a rotelle bloccava il passaggio del bus della linea 160 alla fermata di piazzale Flaminio. Tutta la scena è stata ripresa e poi postata in rete. L'uomo non è potuto salire perché sul mezzo Atac non c'era la pedana: "Qui passano cinque linee e nessuna ha la pedana - ha spiegato esasperato l'anziano al vigile intervenuto nell'accesa discussione -   da qui non mi sposto, non siamo spazzatura dobbiamo essere rispettati". E sembra che non sia la sua prima volta.Per 20 minuti la protesta è andata avanti fino a quando dalla municipalizzata ai trasporti è stata mandata una seconda vettura: "Non appena abbiamo ricevuto la segnalazione sul disservizio ci siamo adoperati per inviare un secondo mezzo provvisto di pedana - spiegano gli uffici direzionali di Atac - Purtroppo sui mezzi più vecchi non sono previste. Un disservizio di cui ci siamo scusati".
Ma problemi per il trasporto pubblico per persone con handicap - discorso a parte le scale mobili e gli ascensori fuori uso delle metro - si sono registrati anche sulla linea 590, istituita proprio per il trasporto dei disabili: "Ci sono arrivate segnalazioni di mancanze di supporti per i portatori di handicap anche sui mezzi di questa linea - denuncia Mercurio Viaggiatore, blogger sui trasporti della Capitale attento anche tante problematiche dell'handicap - effettua lo stesso itinerario della linea A della metro, le cui stazioni sono praticamente inaccessibili a chi ha problemi di deambulazione, eppure erano sprovvisti di pedane e quindi non accessibili"

Strage di Via D’Amelio. Il coraggio di Emanuela Loi


Guance piene, chioma fulva e aria da ragazzina spensierata: Emanuela Loi aveva in effetti poco meno di venticinque anni quando rimase uccisa nell’attentato di Via D’Amelio in cui perse la vita il giudice Paolo Borsellino.Originaria di Sestu, vicino a Cagliari, Emanuela sognava in realtà di diventare maestra; ma per qualche strana ragione a volte si fanno scelte che condannano il proprio destino, e la giovane, ispirata dalla sorella maggiore, tenta insieme a lei il concorso in polizia, superandolo – a differenza della sorella – a pieni voti.
Nel 1989 Emanuela entra perciò, quasi per caso, nella Polizia di Stato, spostandosi a Trieste per l’addestramento e iniziando la serie di trasferimenti che la porteranno lontana dalla famiglia e dalla sua terra.  Due anni dopo, infatti, invece di rientrare in Sardegna, viene trasferita a Palermo, dove le vengono affidati i piantonamenti a casa Mattarella, la scorta alla senatrice Masaino e la guardia al boss Francesco Madonia. E così, oltre al dispiacere della lontananza da casa, si aggiunge la paura, perché la Sicilia tra gli anni Ottanta e Novanta è martoriata di stragi mafiose che uccidono indifferentemente magistrati e agenti di polizia. A Palermo, inoltre, Emanuela deve fronteggiare anche gli sberleffi degli adolescenti, che scherniscono le donne in divisa.È il luglio 1992. Solo due mesi prima, la strage di Capaci ha ucciso il giudice Giovanni Falcone insieme Quel tremendo attentato ha scosso profondamente tutti i poliziotti, anche Emanuela, che come i colleghi non si sente più sicura.
È il luglio 1992. Solo due mesi prima, la strage di Capaci ha ucciso il giudice Giovanni Falcone insieme a quasi tutta la sua scorta. Quel tremendo attentato ha scosso profondamente tutti i poliziotti, anche Emanuela, che come i colleghi non si sente più sicura.Non servono le rassicurazioni alla famiglia e al fidanzato che non le sarebbe successo nulla: Emanuela sa di rischiare la vita per quell’incarico, molto più pericoloso dei precedenti; a darle coraggio, il pensiero di fare scrupolosamente il suo lavoro, e soprattutto di fare ritorno a Sestu, nella sua Sardegna, per un periodo di ferie.Ma Emanuela non ne avrà il tempo.Il secondo giorno di scorta a fianco di Borsellino, alle 16.58 del 19 luglio 1992, in via D’Amelio, dove il giudice si era recato per un saluto alla madre, una Fiat 126 esplode proprio nel momento in cui i due scendono dall’auto, uccidendo insieme a loro anche gli altri membri della scorta Walter Eddie Cosina, Agostino Catalano, Claudio Traina e Vincenzo Li Muli.Emanuela avrà il triste primato di prima donna poliziotto a morire in servizio. In Sardegna la aspettavano a fine mese mamma Alberta e papà Virgilio, la sorella Claudia, il fratello Marcello e il fidanzato, ma a Sestu tornerà solo il suo corpo dilaniato dall’esplosione. Claudia, 26 anni, quella sorella di cui Emanuela voleva seguire le orme e che invece era diventata parrucchiera, oggi tiene vivo il suo ricordo nell’associazione contro le mafie “Libera”.Emanuela era una ragazza solare e sorridente, che amava la vita e il suo lavoro, a cui ha sacrificato anche se stessa.Gli ultimi istanti della sua vita sono raccontati in un bellissimo libro per ragazzi di Annalisa Strada, Io, Emanuela, agente della scorta di Paolo Borsellino, che dipinge il coraggio di questa giovanissima poliziotta, per restituirle almeno sulla carta i sogni che quel giorno di luglio le ha spezzato troppo presto.

18.7.19

morte di un poeta e di un filosofo

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Ma come poeta ? Camilleri è uno scrittore 🤔😒? Certo In senso stretto nell'ambito di una classificazione letteraria o estetica un poeta è uno scrittore di poesie. Il sostantivo deriva dal verbo greco ποιέω (traslit. poieo), il cui significato letterale è "fare". Ma molti  di loro si applicarono non solo nel campo della poesia, ma anche della commedia, della tragedia e della narrativa divenendo veri e propri letterati e intellettuali del loro tempo e dando vita a vere e proprie correnti poetico-letterarie.  Infatti  Il valore dei testi dei poeti va al di là del vero significato delle parole, e coinvolge aspetti fonetici e musicali, attraverso un linguaggio che spesso si presta a varie interpretazioni e può suscitare forti emozioni. Perciò in senso lato si suole definire poeta chiunque - artista o no - manifesti questa capacità nelle proprie opere o anche soltanto nel proprio modo di comunicare.Ed  è questo il caso  di  Camilleri .  Uno  che  porta persone   di diversa  provenienza  geografica   ed  esperienze   diverse (  vedere  gli stati sotto   anche se  entrambi laureati in filosofia siano concordi    nel ricordare  ed  arrivare  alle mie  stesse  considerazioni  su un grande  letterato  il  termine poeta  ci   sta  tutto








 vacanze siciliane un suo romanzo storico, o un giallo (ora lieve ora fosco) di Montalbano, o qualche altra opera.

Mangiavo ancora carne e, soprattutto, pesce all'epoca, così mi incapricciai della sua vasta e puntigliosa cucina letteraria. (Cucinai persino gli arancini seguendo la ricetta di Adelina).
Parallelamente scoprii la Sicilia barocca, quella messa in scena dagli sceneggiati (chiamiamoli col loro nome) di mamma RAI. Una Sicilia molto diversa dalla mia dei monti Nebrodi. Fu così che mi appassionai agli Iblei e al ragusano - Modica, Ibla, Scicli (la "città più bella del mondo" per Vittorini). Fu un incredibile andirivieni tra letture, viaggi, visione e immaginazione. 
Ma più di ogni cosa fu la lingua a farmi impazzire. Tutto quel mondo che avevo in me fin dalla mia infanzia, instillato goccia a goccia dai miei genitori, dai miei parenti nati agli inizi del secolo scorso, dai modi di dire, dalle storie di paura, dalle "iastime", dai racconti degli antichi - la "lingua-madre", appunto. Fu una nuova eruzione di sicilianità, però più consapevole. 
Camilleri ricreò quel mondo a modo suo, e contribuì - insieme a tutti gli altri poeti, narratori, visionari e contastorie di questa mia folle isola - a tenerne vivo il mito, che tuttora perdura. Con le tante luci - e le altrettante ombre. E lo sterminato desiderio di riscatto. 
Un'ultima cosa m'impressionò: le forti e pensose bracciate di Montalbano nelle sue nuotate in mare (l'equivalente, per me, del camminare per ridare senso al mondo).
L'aperto. L'orizzonte. L'oltre. L'altro. L'andare. 
È giusto l'ora del tramonto. Nuoterò con quella stessa foga.







Bizzarro come si possa godere della morte di un "comunista pdiota" (per chi non sa nemmeno come sia tenere un libro in mano dopotutto Camilleri non è niente di più) e sostenere con fanatico sentimento d'entusiasno un leader che si vende l'anima e l'Italia a Putin per un pugno di spiccioli.

Ovvero quando hai solo un neurone ed è pure irrimediabilmente spento. 


. Infatti  molti  hanno  reagito    a  gli insulti   con un odio costruttivo (  anche  se  per  la stampa  serva   sono   tutti insulti  )  verso  l'ipocrita ministro  degli interni   definendolo  giustamente   un "provocatore" e un "ipocrita". "Non hai avuto rispetto di lui da vivo dovresti solo vergognarti di onorarlo da morto!!!", "Se c'era una volta, nella vita che potevi non scrivere niente e stare zitto, era in questa occasione", "come telegramma può andare. Ma a volte il silenzio è d'oro", sono solo alcuni dei commenti comparsi sotto il tweet del ministro.

Se c'era una volta, UNA VOLTA, nella vita che potevi non scrivere niente e stare zitto, era in questa occasione.

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Concludo     sotto   rispondendo a  daniele  ormai davanti  agli insulti  ed  all'odio inutile   smetterò  (   ma    non credo di riuscirci   )   di indignarmi ed scrivere post  su  tali odiatori   come  ho  già  detto in precedenza su queste pagine  mi ci incazzerò neanche più. Tutti i giorni si vede di peggio. Temo che tra un po’ si arriverà alla resa dei conti, speriamo incruenta.Ed  è  per  questo che approvo la decisione della  famiglia  Camilleri  di volere  funerali privati 

P.s
proprio mentre  mi accingevo a scrivere le  ultime righe  di questo blog    apprendo della morte di Luciano de  Crescenzo   e  non trovando  parole   adatte    lascio    che a parlarne  sia la testimonianza    di chi o ha conosciuto  

La notizia della tua morte mi lascia senza parole. Sei stato un maestro eccezionale e ho avuto la fortuna di conoscerti. La tua dipartita lascia un vuoto incolmabile in chi ha amato i tuoi libri e la tua profonda ironia. Ti immagino adesso a passeggiare e dialogare con il tuo amato Socrate. Buon viaggio “nonno” Luciano. Tuo “nipote” Cristian #lucianodecrescenzo#decrescenzo #rip #bellavista #ilfilosofoimpertinente



con questo  è tutto buonanotte