chi lo dice che i musei antropologici \ degli antenati debbano per forza annoiare ed essere meta di
nostalgici del tempo che fu si ricrederà vedendo questo museo . n cui si parla oltre che della vita contadina in Gallura , di quello"S'Accabadora". Questa figura, che negli ultimi anni è ricomparsa nella memoria del popolo sardo in concomitanza con i fatti di cronaca legati all'eutanasia, svolgeva un compito difficile e delicato: quello di porre fine alle sofferenze e alla lunga agonia dei malati in fase terminale. Osteggiata dalla chiesa e dalla gran parte delle persone religiose, era, in realtà, protetta con il silenzio e pochi conoscevano la sua identità e i suoi modi di agire. Questa copertura è stata così efficace che, ad oggi, esistono studiosi che pensano che i racconti che fanno riferimento a S'Accabadora, non siano altro che leggende mitiche o che al massimo facciano riferimento a una figura che agiva in un antico passato. In realtà numerosi sono i viaggiatori e gli studiosi stranieri, giunti in Sardegna nei secoli, che fanno riferimento a questa figura.Questa intervista prova che in realtà, una figura di tal genere è esistita almeno fino agli anni Quaranta del secolo scorso.
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- https://www.facebook.com/pala.piergiacomo la pagina del curatore del Museo sul'Accabadora e autore dell'antologia della femmina Accabora
- http://youtu.be/z7Nh6qkEh9M interessantissima e importante intervista-documento, realizzata dall'antropologa Dolores Turchi, viene raccontato dalla signora Concas di Gadoni il modus operandi de "S'Accabadora". [...continua nella didascalia de video ]
- http://it.wikipedia.org/wiki/Femmina_accabadora con un interessantissima bibliografia fra cui gli studi di Dolores Turchi l'intervistatrice del video sopra
- http://www.centrosardegna.net/s'accabadora.htm
COME TI VENDO UN PO' DI CULTURA ISOLANA: IL MUSEO DELL'ACCABBADORA
12 Giugno 2014
MUSEI
I musei etnografici annoiano, da morire. E se la morte è causata da asfissia cerebrale per voce di racconti soporiferi su cosa facevano i nostri avi nelle lunghe giornate di lavoro per vivere e sopravvivere, non è difficile immaginare che questi luoghi di cultura, così come sono gestiti, celebreranno sempre e solo se stessi e saranno tanto più inefficaci quanto più vasta è l’eco prodotta da stanze vuote e inanimate da visitatori.Ma, se la morte arriva per mano di una donna che con un colpo secco di martelletto mette fine alle pene di un moribondo, l’interesse per quei racconti della tradizione isolana cresce e i visitatori di un museo aumentano.Succede a Luras,
un piccolo borgo con meno di tremila anime, nella pancia dei monti del Limbara. Negli ultimi tempi il paese, che dagli anni ‘90 ospita un museo etnografico privato, è diventato meta di turisti, talvolta per caso, distrattamente interessati alla storia della forme di vita sociale e culturale della Gallura, e spinti invece dalla curiosità di conoscere una figura femminile, un po' madre un po' matrigna, nota in Sardegna col nome di accabadora, la donna che, da voci popolari e scarse fonti scritte, praticava l’eutanasia sul finire dell’ottocento.All’interno di un antico palazzo granitico, hanno trovato una sistemazione utensili, arnesi, reperti, accrocchi e testimonianze dell’antica civiltà gallurese, raccolte fin dall’adolescenza da Pier Giacomo Pala, proprietario del museo Galluras .
Cosa offre di diverso il museo di Luras rispetto alle altre sette esposizioni regionali di tradizioni popolari tutte concentrate nella stessa provincia, è il racconto di una storia, che gli altri non hanno. Quella dell’accabadora, e del ritrovamento fortuito e fortunoso di un martello di legno, su mazzoccu, col quale pare, la donna infliggesse il colpo di grazia sul capo al malato sofferente e in fin di vita.Le storie bisogna anche saperle raccontare, e Pier Giacomo Pala importando la tecnica dello storytelling diffuso nel marketing 2.0, rapisce e coinvolge i visitatori lasciandogli impugnare l’arma del delitto. La ricostruzione di questo spaccato di cultura sarda silenziosa e omertosa, svela a credenti e miscredenti il mistero truce dell’ultima esecuzione, pare avvenuta nel 2003 in un paese vicino a Bosa, per metter fine alle sofferenze di un malato terminale di cancro. Che la figura di questa donna un po' misteriosa e un po' macabra sarebbe stata un'attrazione per il pubblico, Pala ci aveva pensato prima ancora che all’ufficio marketing dell’Einaudi, decidessero di cambiare in Accabadora (in sostituzione del prescelto L’Ultima madre) il titolo del romanzo di Michela Murgia, per spingere le vendite.
Bella intuizione, buona la scenografia, stimolante il racconto, ma come ci arrivano i turisti a Luras?Il viaggio inizia dal web con prima tappa sul portale: un sito fai da te, con una semplice ed efficace architettura delle informazioni; un’attenzione per i testi scritti, le fotografie suggestive e una call to action (l’invito a compiere un’azione) in buona evidenza, sollecita l’acquisto del libro finanziato interamente dal proprietario.Indispensabile e visibile nella home page il widget del tour operator più influente della rete, Trip Advisor, la sacra bibbia del turista. Una recensione positiva su questo portale di viaggi ha l’effetto del moltiplicatore keynesiano (senza lasciarsi ingannare da profili fake e dichiarazioni pilotate).Un cospicuo numero di visitatori arriva al museo proprio attraverso questo canale e grazie ad una buona presenza del sito del museo sui motori di ricerca, blog e portali istituzionali; altri turisti invece sono naufraghi in un’isola muta, avversa alle segnaletica stradale e informativa, e come pecorelle smarrite arrivano a Luras, un borgo delizioso ma sconosciuto.Terzo fattore di
successo per staccare un biglietto di ingresso di un museo delle tradizioni popolari in un piccolo centro della Sardegna, è la passione profusa dal proprietario, direttore e guida del museo, esperto conoscitore della donna accabadora, Pier Giacomo Pala che, realizzando il suo sogno con un investimento di capitale interamente personale, ha anche inventato il proprio lavoro.Nello scorso anno Pala ha registrato cinquemila presenze per un costo del biglietto pari a 5 euro a persona, seguendo inconsapevolmente una elementare e rudimentale strategia di marketing culturale: posizionandosi sul mercato dei musei etnografici con una storia interessante e misteriosa che i diretti concorrenti non possiedono, la racconta con passione e una vena di fantasia e fa quel tanto che può di pubblicità, seguendo le tendenze più diffuse in materia di comunicazione digitale. E siamo semplicemente a Luras.
un piccolo borgo con meno di tremila anime, nella pancia dei monti del Limbara. Negli ultimi tempi il paese, che dagli anni ‘90 ospita un museo etnografico privato, è diventato meta di turisti, talvolta per caso, distrattamente interessati alla storia della forme di vita sociale e culturale della Gallura, e spinti invece dalla curiosità di conoscere una figura femminile, un po' madre un po' matrigna, nota in Sardegna col nome di accabadora, la donna che, da voci popolari e scarse fonti scritte, praticava l’eutanasia sul finire dell’ottocento.All’interno di un antico palazzo granitico, hanno trovato una sistemazione utensili, arnesi, reperti, accrocchi e testimonianze dell’antica civiltà gallurese, raccolte fin dall’adolescenza da Pier Giacomo Pala, proprietario del museo Galluras .
Cosa offre di diverso il museo di Luras rispetto alle altre sette esposizioni regionali di tradizioni popolari tutte concentrate nella stessa provincia, è il racconto di una storia, che gli altri non hanno. Quella dell’accabadora, e del ritrovamento fortuito e fortunoso di un martello di legno, su mazzoccu, col quale pare, la donna infliggesse il colpo di grazia sul capo al malato sofferente e in fin di vita.Le storie bisogna anche saperle raccontare, e Pier Giacomo Pala importando la tecnica dello storytelling diffuso nel marketing 2.0, rapisce e coinvolge i visitatori lasciandogli impugnare l’arma del delitto. La ricostruzione di questo spaccato di cultura sarda silenziosa e omertosa, svela a credenti e miscredenti il mistero truce dell’ultima esecuzione, pare avvenuta nel 2003 in un paese vicino a Bosa, per metter fine alle sofferenze di un malato terminale di cancro. Che la figura di questa donna un po' misteriosa e un po' macabra sarebbe stata un'attrazione per il pubblico, Pala ci aveva pensato prima ancora che all’ufficio marketing dell’Einaudi, decidessero di cambiare in Accabadora (in sostituzione del prescelto L’Ultima madre) il titolo del romanzo di Michela Murgia, per spingere le vendite.
Bella intuizione, buona la scenografia, stimolante il racconto, ma come ci arrivano i turisti a Luras?Il viaggio inizia dal web con prima tappa sul portale: un sito fai da te, con una semplice ed efficace architettura delle informazioni; un’attenzione per i testi scritti, le fotografie suggestive e una call to action (l’invito a compiere un’azione) in buona evidenza, sollecita l’acquisto del libro finanziato interamente dal proprietario.Indispensabile e visibile nella home page il widget del tour operator più influente della rete, Trip Advisor, la sacra bibbia del turista. Una recensione positiva su questo portale di viaggi ha l’effetto del moltiplicatore keynesiano (senza lasciarsi ingannare da profili fake e dichiarazioni pilotate).Un cospicuo numero di visitatori arriva al museo proprio attraverso questo canale e grazie ad una buona presenza del sito del museo sui motori di ricerca, blog e portali istituzionali; altri turisti invece sono naufraghi in un’isola muta, avversa alle segnaletica stradale e informativa, e come pecorelle smarrite arrivano a Luras, un borgo delizioso ma sconosciuto.Terzo fattore di
successo per staccare un biglietto di ingresso di un museo delle tradizioni popolari in un piccolo centro della Sardegna, è la passione profusa dal proprietario, direttore e guida del museo, esperto conoscitore della donna accabadora, Pier Giacomo Pala che, realizzando il suo sogno con un investimento di capitale interamente personale, ha anche inventato il proprio lavoro.Nello scorso anno Pala ha registrato cinquemila presenze per un costo del biglietto pari a 5 euro a persona, seguendo inconsapevolmente una elementare e rudimentale strategia di marketing culturale: posizionandosi sul mercato dei musei etnografici con una storia interessante e misteriosa che i diretti concorrenti non possiedono, la racconta con passione e una vena di fantasia e fa quel tanto che può di pubblicità, seguendo le tendenze più diffuse in materia di comunicazione digitale. E siamo semplicemente a Luras.
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