9.7.17

Tommy, Laioung e Amir, tra rap e voglia di cittadinanza . Tre artisti rap della seconda generazione si raccontano



dopo questa canzone  di 


( lo avevo già intervistato per il blog , non ho voglia con questo caldo di ricercare e di linkarvi il post ) Tommy Kuti
  Ma  sopratutto dopo  queste  storie   che  riguardano  un milione di minorenni , circa , figli di genitori stranieri sono residenti in Italia,  di cui  circa 650 mila sono nati nel nostro Paese ma la legge 91 \1992 non riconosce loro lo la cittadinanza per lo ius soli. Loro devono richiedere il riconoscimento della cittadinanza compiuti i diciotto anni attraverso un complicato e costoso iter burocratico, fino ad allora devono rinnovare il permesso di soggiorno assieme ai genitori. Se dovesse esserci un qualsiasi intoppo, rischierebbero di essere espatriati in un paese sconosciuto, nonostante parlino italiano e vivano esattamente come i propri coetanei con genitori italiani.

sono sempre piu' convinto che lo Ius soli sia necessario in culo alla propaganda disinformativa dela destra ufficiale e alle manifestazioni di piazza di quella extra parlamentare . Infatti La forza delle parole, della musica, della rabbia sublimata in creatività per sostenere un diritto, lo ius soli. Rime, versi inediti (barre in gergo) regalati da rapper della cosiddetta G2, la seconda generazione di italiani, nata o cresciuta nelle nostre città, nei nostri quartieri. Su Repubblica Tv vedete i video e l'articolo sotto voci che raccontano una realtà che già esiste e grida per essere vista e riconosciuta a livello legislativo senza pregiudizi

 da  http://www.repubblica.it/politica/2017/07/08/

Tommy, Laioung e
Amir, tra rap e voglia di cittadinanza
Nuova puntata della webserie dedicata allo Ius soli. Tre artisti della seconda generazione si raccontano


 di   FEDERICO BITTI


Roma - «Le nostre prime parole le abbiamo dette in italiano». E quelle sillabe con gli anni sono diventate pensieri, concetti e rime cantate in musica. Perché il loro linguaggio è il rap e sono artisti, nati o cresciuti nelle nostre città, con storie lontane ma unite da un dettaglio: avere genitori stranieri
Laioung 

Sono Tommy Kuti, Laioung e Amir Issaa, cantano la G2, quella seconda generazione che da un paio di decenni è parte di una nuova Italia. Questi tre artisti hanno accettato l’invito di Repubblica di raccontare, con un rap inedito, cosa significa sentirsi italiani ma essere guardati come stranieri. L’occasione è il confronto politico che si sta consumando in Senato per lo Ius soli, il diritto di cittadinanza per i figli di immigrati. E se per Repubblica è una legge da non tradire per loro è il riconoscimento giuridico del proprio vissuto. “Sono cresciuto con Pozzetto e con Fantozzi” canta Tommy ma “Quando entro in un negozio/ mi sento sempre gli occhi addosso / scusi dov’è nato? / guardi io sono del posto”.










E in effetti Tommy Kuti - vero nome Tolulope Olabode Kuti - è nato in Nigeria nel 1989 ma è arrivato in Italia insieme ai suoi genitori ad appena due anni. L'infanzia a Castiglione delle Stiviere, piccolo comune in provincia di Mantova e dopo il diploma in lingue Tommy scrive i primi brani, registrati in casa, ha 16 anni e la cittadinanza italiana ottenuta da poco. Si sposta a Brescia dove comincia a fare sul serio, arriva a farsi notare e collaborare con un suo idolo Fabri Fibra. Si definisce un "afroitaliano" con l'accento bresciano, non straniero ma solo "stranero", l'ironia contro i pregiudizi è la sua arma più forte. E a casa, oggi Milano, tra un cornetto al bar e un piatto di pasta improvvisato Tommy lancia per noi il suo appello cantato: “Senza quel foglio sono solo più precario / e italiano sono solo quando segna Super Mario”.





Nel primo album di Laioung, all’anagrafe Giuseppe Bockarie Consoli, c’è un omaggio a Pino Daniele perché è la musica italiana che ama, quella con la quale è cresciuto. Giuseppe è nato a Bruxelles 24 anni fa, mamma è della Sierra Leone e papà brindisino. La vita lo porta a Ostuni dai nonni, lì studia, cresce e come canta lui stesso “è diventato un uomo”. Il pezzo che scrive per noi nasce e prende forma in una notte – ci rivela - poche ore dopo la nostra telefonata. Lo incontriamo in uno studio a Milano. E’ un ragazzone, con i denti tutti d’oro, moda che imperversa tra i rapper e le sue rime trasudano rabbia e tanto orgoglio. "Cosa volete per le prossime generazioni? Tre quarti dei figli di stranieri sono nati qui / io e miei fratelli siamo stati abbandonati qui". Sì perché Laioung (la crasi tra lion, leone e young, giovane) per i suoi fratelli vuole essere soprattutto un esempio, un modello. Laioung si rivolge a una seconda generazione che certo non dimentica le proprie origini (canta dei “passaporti verdi" di un'Africa colonizzata, sfruttata) ma che si propone con creatività e voglia di fare.


Amir Issaa


Casa per Amir Issaa, non è semplicemente Roma, è Torpignattara, il quartiere più multietnico della capitale. L’incontro tra il papà egiziano e la mamma italiana fanno sì che la sua culla diventi l’isola Tiberina ma non "l’ho scelto io, lo ha scelto la vita”. E metà della vita Amir l’ha passata a dare voce a quelli come lui, non solo alla G2, a chi inciampa negli ostacoli della periferia. Una voce che arriva a fare da colonna sonora a film come "Scialla", che entra nelle aule delle scuole con workshop dedicati all’integrazione e ora diventa un libro nel quale ripercorre la sua storia di artista “meticcio”(“Vivo per questo”). A cappella la sua voce rimbalza tra i murales di “Torpigna”, e un gruppo di ragazzi si ferma, applaude, sorride e quel futuro di cui rappa sembra davvero già adesso dove "Siamo tutti fratelli e sorelle, buoni e cattivi, non c’entra la pelle".

Lui diventa Silvia, lei diventa Alessandro: si incontrano e ora si sposano Doppio cambio di sesso per la coppia che abita e lavora a Padova

  In sottofondo , quella    che  puo' essere considerata   a  tutti glie ffettio  la  colonna sonora per  post    come questi  e  che  è   stata  la canzone  per  il gay pride  a  sassarti  del  8\7\2017


da  http://mattinopadova.gelocal.it/padova/cronaca  del  07 luglio 2017


Lui diventa Silvia, lei diventa Alessandro: si incontrano e ora si sposano
Doppio cambio di sesso per la coppia che abita e lavora a Padova

di Vera Mantengoli

PADOVA. Una volta si chiamavano Gian Luca e Lisa. Lui abitava a Roma, faceva il parrucchiere e frequentava dei ragazzi. Lei invece è sempre rimasta a Padova, lavora ancora nella stessa grande azienda e nel suo passato ha una convivenza di dieci anni con una donna.
La loro vita procedeva come quella di tante altre, ma c’era qualcosa che li tormentava: entrambi si sentivano in un corpo che non era il loro e non potevano più mentire a sé stessi. Oggi quei due sono rispettivamente Silvia e Alessandro, hanno 31 e 44 anni, vivono a Padova e contano i giorni che li separano dal matrimonio, già fissato per il prossimo anno.





«Eravamo in un locale a Londra», racconta Silvia che da poco si è trasferita a Padova per seguire Alessandro. «Stavamo bevendo un bicchiere di Porto, avevamo chiesto del vino, ma non lo avevano. Alessandro continuava a dirmi di berlo, ma io non ne avevo voglia. Poi ho visto qualcosa luccicare nel fondo: era un brillante. Si è inginocchiato e mi ha chiesto di sposarlo. E ora eccoci qui insieme».
La loro vita ha una svolta quando Gian Luca a 27 anni decide di diventare Silvia e Lisa a 36 diventa Alessandro. Allora non si conoscevano, ma entrambi nel 2012 avevano deciso di fare un passo senza possibilità di ritorno. Purtroppo l’operazione di Silvia non è andata come sperava. «Mi sono accorta che qualcosa non andava in quarta elementare e ne sono sempre stata consapevole», racconta Silvia.
«A un certo punto ho deciso di farmi operare a Roma, ma è stato un disastro perché non mi hanno messo al corrente di tante possibili conseguenze. Ora ho fatto causa con l’avvocatessa Alessandra Gracis e sto valutando se operarmi ancora».
In pratica l’operazione non era riuscita in quanto i tessuti della vulva si erano richiusi. Ieri pomeriggio Silvia è andata a Venezia per incontrare la chirurga americana Marci Bowers, icona mondiale per chi si occupa di operazioni di riassegnazioni di genere e, a sua volta, uomo tantissimi anni fa. L’appuntamento è stato organizzato da Gracis che è diventata donna nel 2013, grazie a Bowers.

L'immagine può contenere: una o più persone e sMS
 DAL GAY PRIDE  DI SASSARI  8\7\2017  DI  www.facebook.com/claudiacrabuzzaofficial/
«Voglio avere una relazione completa con Alessandro», racconta Silvia, «quindi sto pensando se farmi operare ancora». Per Alessandro le cose sono andate in modo diverso e si sono concluse in modo positivo. Lui ha dovuto prima sottoporsi a un intervento per togliere il seno e l’apparato vaginale, realizzato a Bologna. Poi però è arrivata la parte ancora più complicata, quella della ricostruzione del pene.
«Quando ho deciso di fare l’operazione per cambiare sesso», racconta, «sono andato dal presidente della mia azienda a dirglielo. Lui si è dimostrato una persona davvero aperta. Mi ha detto che se la sua azienda si fosse fermata negli anni davanti alle diversità, non sarebbe mai cresciuta. Io ne sono rimasto colpito, soprattutto perché quel giorno ha aspettato che finissi di lavorare e poi ha chiamato tutti i dipendenti dicendo loro che non voleva sentire né battute, né barzellette, né nessun commento a riguardo. Mi ha chiesto però di non dire il nome dell’azienda».
Alessandro si è affidato al Belgio per la falloplastica: «Non mi sarei fidato in Italia», spiega, «ma devo ringraziare l’Asl di Padova perché mi ha aiutato a farmi riconoscere l’operazione che costa circa 70 mila euro e che mi hanno in gran parte rimborsato».
Oggi Alessandro contribuisce a dare supporto al vero ritrovo di chi ha «un disturbo di identità di genere»: la pagina Facebook FTM o MTF &Friends. La questione è attuale: «La biologia stessa insegna che la vita è diversità e non ci si può fermare all’idea che nasci uomo o donna», ha detto Bowers,in viaggio a Venezia.
«Le religioni fanno del bene, ma in questo caso bloccano la scienza impedendo ad alcune persone di diventare se stesse. Tutta la società è cresciuta opponendosi alla natura, tirarla in ballo solo per la  questione sessuale è una mancanza di onestà». 





concludo con le note di




questione sessuale è una mancanza di onestà».

7.7.17

non si finisce mai d'mparare e mettere indiscussione cio che si è imparato lungo la strada




L'altro  girno ho avuto  un interesante  discussione   sull  fb  in merito  al post  precedente ( verdere  url sopra   ) ivi riportato  . Nel corso     degli studi  scolastici  ,   fino all'eta   di 14\15   ,poi entro a Risultati immagini per mi mettoindiscussionepieno regime il concordato  bis  \  rinnovo de patti lateranensi e  dal  catechismo  (  ci   andavo  con scarsa  convenzione  per  far  contente le mie  nonne molto cattoliche perchè credo che  la fede  dev'essere   una cosa spontanea  e  non imposta ) sapevo  che Cattolici   e  protestanti \  chiese  riformnate     fossero due  entite  diverse  che    (  come  tutte le religioni\  fedi  d'altronde   )   che hanno  come puntoi di riferimento  Dio  ma  ci arrivano per  vie  diverse  . Ma  poi   dopo  questa discussione   ho appreso che non è  cosi


********Già dal titolo, questo articolo è una balla colossale. Oltre che profondamente ignorante. Informatevi su Islam, induismo, ebraismo... Finitela di prendervela col cristianesimo (che peraltro ha donne sacerdoti e vescove in confessioni non cattoliche. E si che, qui, ne ho parlato svariate volte...)

Giuseppe Scano ero provocatorio cara Daniela Tuscano non ho parlato di religione cattolica non cristiiana che sono duie fedi differfenti . per il resto che mi devo informare sulle altre tre religioni ne prendo atto

***** Guarda che il cattolicesimo non è un'altra religione. E la confessione cristiana più diffusa. Così, inter nos. È comunque, bastava chiedere a me...
Giuseppe Scano  cara  ***** non si finisce  mai d'imparare  . e di rimettere indiscussione le proprie errate convinzioni 


******** Era solo un modo per denigrare la chiesa cattolica... Un musulmano non lo farebbe mai, con la sua religione...

Giuseppe Scano ******  ti giuro che non avevo nessun intento denigratorio . ma solo provocatorio

*******Un post con un titolo simile sull'Islam non l'avresri mai fatto. Mentre in Medio Oriente i cristiani vengono sterminati
Giuseppe Scano  e chi te lo dice 

***** Eh, lo dico io... 😋

poi altri vari link che riporto sopra

L'elzeviro del filosofo impertinente

In vista di un imminente trasloco ho riportato alla luce frammenti di un passato distante anni luce dalla mia memoria e personalità. Rovistando fra scatole e scatoloni ho fatto un viaggio nei ricordi. Sicuramente alcuni vissuti con coscienza e altri un po' meno. Che strana sensazione rivedere i quaderni delle elementari, i primi sussidiari, i ritagli di giornale,  le riviste, i giocattoli dell'infanzia  etc. Più cestinavo e più mi accorgevo che in quei contenitori non c'era più il mio presente e nemmeno il mio futuro. Io come essere umano sono cristallizzato in una dimensione temporale che possiamo chiamare adesso, ma in verità abito un nonluogo! Io sono un progetto in fieri. Una idea partorita da qualche mente sognante che non ha fatto ancora pace con la realtà. Sono stato una determinata persona, e il tempo mi ha portato inevitabilmente altrove. Rivedere quegli appunti e andare immediatamente con la memoria a quell'istante in cui scrissi tutto mi ha riportato a vedere le cose con un certo distacco. In quelle scatole ho rivisto le mille prospettive che potevo attuare. Ho provato un certo sollievo nel buttare diverse porzioni della mia vita. Ho percepito le aspettative e i sogni infranti appuntati con uno spillo sul bavero dell'anima. Crescere significa anche fare i conti con una verità tangibile. Ora comprendo la sensazione di liberarsi di quella zavorra che ti tiene ancorato al passato, e ti fa pensare a tutto ciò che poteva essere e non è mai stato. Ho vissuto forse mille vite senza essermene accorto. Chi era quel bambino che annotava le sue impressioni in quel diario? E quel ragazzo che scriveva con convinzione i propri pensieri? Chi lo sa! Di certo non io, o almeno non più.
«Scrivevo silenzi, notti, notavo l’inesprimibile, fissavo vertigini» (Arthur Rimbaud).
In un vecchio giornale ho trovato una riflessione della scrittrice Susanna Tamaro che fa al caso nostro: «Il grande dono che ci è stato dato è il libero arbitrio, cioè il poter scegliere. Scegliere vuol dire semplicemente avere due strade davanti e decidere di imboccarne una anziché l'altra. Scegliere non vuol dire anche rinunciare. Non so cosa c'era nell'altra strada, né mai lo saprò perché l'ho lasciate alle spalle e non posso più tornare indietro». È vero, non possiamo più tornare indietro, ma non possiamo nemmeno affermare che avevamo ampia facoltà di scegliere. La scelta è una iattura non un dono. Non esistono mai scelte giuste o sbagliate. Quando le hai compiute rifletti a posteriori sui benefici ricevuti o meno. Siamo liberi di scegliere tra due alternative ma nessuna di queste è realmente scevra da inganni. Ci illudiamo di scegliere, ma se a tavola hai pasta o pesce dovrai inevitabilmente optare per una delle due senza troppi ma e senza se. Io devo essere in grado di fare una vera scelta e non essere obbligato ad un bivio bloccato. Io non ho mai avuto facoltà di scegliere perché mi sono ritrovato a barcamenarmi fra l'apparire e scalfire la mia essenza, oppure autoingannarmi pensando di essere davvero libero. Come sosteneva John Stuart Mill: «La libertà di ogni individuo deve avere questo preciso limite: egli non deve essere di disturbo agli altri». Io, infatti, non ho mai disturbato gli altri ma tale principio non è stato certamente ricambiato, anzi. Ho sperimentato sulla mia pelle quanto diceva Sartre: «L’enfer, c’est les autres». All'esistenza dell'inferno post mortem non credo, ma alla gente che ti rende infernale la vita purtroppo sì! Chissà perché queste nullità che abbiamo avuto il dispiacere di conoscere emanano ancora un lezzo nauseabondo, proprio come le fogne di Calcutta, ed è proprio per questo che dobbiamo allontanarle. Questi umanotteri depensanti impestano l'aria con la loro malvagità morale e la loro puzza contagiosa, ma non dobbiamo farci contaminare da questa decomposizione interiore. Pertanto ritorno alle mie scatole, e nel frattempo solletico la mia riflessione con una canzone di Brunori Sas.
«La verità è che ti fa paura/ L'idea di scomparire/ L'idea che tutto quello a cui ti aggrappi
Prima o poi dovrà finire/ La verità è che non vuoi cambiare/ Che non sai rinunciare a quelle quattro, cinque cose a cui non credi neanche più».

Cristian Porcino


® Riproduzione riservata

6.7.17

andare con il costume tradizionale del paese alla maturità è provocazione o esibizionismo ?Nuoro, all’esame di maturità con il costume sardo: «Amo la mia isola» Pastore di mattina, studente alle serali, poeta per passione. Il 21enne orgolese Giuseppe Rendini ha sorpreso tutti



Secondo me la seconda anche se ci vedo un po' di provocazione . Infatti oteva essere provocazione e sfida all'autorità costituita il regno sabaudo e poi d'italia compreso il fascismo che imponeva , punendo con il carcere e\o emarginando chi non parlava italiano o usava tutti i giorni l'abito tradizionale senza premunirsi d'usare il bilinguismo o altroi sistemi soft non punitivi dal punto di viosta giudiziario legislativo o di emarginazione sociale .
Oggi Non è vestendosi in costume e presentandosi in sardo , nelle sue tante varianti linguistiche l'esame di diploma. Che si è più sardi o veri sardi questo è solo ed esclusivamente esibizionismo a meno che non lo si faccia ed allora qui potrebbbe avere ancora il senso di provocazione e recupero della propria identità se usato per spiegare meglio l'argomento che porti all'esame . Ecco come giudico questa vicenda di Giuseppe


da  la nuova  sardegna  del 06 luglio 2017
Nuoro, all’esame di maturità con il costume sardo: «Amo la mia isola»
Pastore di mattina, studente alle serali, poeta per passione. Il 21enne orgolese Giuseppe Rendini ha sorpreso tutti

di Valeria Gianoglio


NUORO. «Volevo finire col botto, lasciare un segno indelebile e un messaggio forte in difesa della mia Sardegna e per esortare i sardi a scuotersi, e ce l’ho fatta. Il voto dell’esame non conta tanto, contava lasciare il segno. Il costume? Ho deciso solo all’ultimo, di indossarlo: né i miei professori, né i miei compagni ne sapevano niente». Ventun anni compiuti a marzo, figlio di un carabiniere, nipote di allevatori, componente da quasi 10 anni del gruppo folk “Murales” di Orgosolo, e una passione sterminata per la poesia e per la Sardegna che sente scorrere nel sangue ogni giorno nel percorrere le campagne di Montes per andare ad accudire il bestiame di famiglia. Giuseppe Rendini, ieri mattina, alla solita attività di pastore, ha unito anche quella di studente del tutto speciale. Il giovane allevatore, infatti, è stato l’unico maturando dell’Itc Chironi – che ha frequentato nel corso serale – a essersi presentato all’esame di Stato indossando il prezioso costume di Orgosolo. Un degno accompagnamento per la sua tesina incentrata sulla Sardegna, sui suoi problemi, sulla sua immensa voglia di riscatto sociale.

«Non avevo avvisato nessuno, che avrei indossato il costume – ribadisce ieri, dopo la grande fatica – ma i miei prof sapevano solo che avrei recitato la poesia che ho composto, dal titolo “Terra mia”. Sono quindici quartine che cominciano con una sorta di esortazione “Sardigna, ischida, patria mia”. Il filo conduttore è l’amore per la mia terra, e l’invito ai sardi a scuotersi dal torpore. A superare la crisi». Ha raccontato tutto questo, e molto di più, ieri mattina, Giuseppe Rendini, davanti ai componenti della commissione dell’Itc Chironi che lo interrogava per l’esame di Stato. Alle sue spalle, mentre esponeva la tesina, sono state proiettate le quartine della poesia “Terra mia”, mentre davanti allo studente, seduti tra i banchi, c’era un folto gruppo di amici, curiosi ed è spuntata anche qualche telecamera attirata dalla singolarità dell’evento.
«I professori mi hanno ascoltato con attenzione – racconta Giuseppe – non mi hanno interrotto nemmeno per un secondo. Sono contento di essere riuscito a far arrivare anche a loro il messaggio. Certo, quando sono entrato in aula, sono rimasti davvero sorpresi: hanno visto il costume e non se lo aspettavano. Ma del resto ho sorpreso anche mio padre e altri amici. È stato davvero un bel momento: volevo lasciare il segno e lanciare un messaggio e ci sono riuscito».
E così, dopo la grande fatica dell’ultimo anno, trascorso tra campagna e bestiame al mattino,
e corso serale all’Itc Satta, Giuseppe Rendini si prepara alle nuove sfide dell’immediato futuro. «Spero di riuscire ad andare all’università – dice – ma sto ancora valutando. Ma una cosa è certa: non lascerò comunque la campagna. E’ la mia vita, ci tengo tanto, e mi ha insegnato tanto».

non so chi è peggio tra trap e neomelodici ( ovviamente senza generalizzare ) "Frat'mio", "Lione", "Amo'": i post che esaltano gli omicidi, a Napoli, e le armi «facili» nelle mani dei ragazzi

Dice: «Gli zingari». Dove hai preso la pistola? «Dagli zingari». E sarà pure vero. E se è vero, certo non lo ha scoperto guardando Gomorra, ...