14.5.21

NOI DELO ZOO DI BERLINO SERIE TV PRIME 2021 dalle prime due puntate sembra una discreta imitazione dell'originale del 1981

Incuriosito dal battage mediatico , ma soprattutto per vedere come avrebbero reso il film ed il romanzo originale  , sto guardando , un po' a rilento perchè troppo crudo e duro , la serie di primevideo  noi ragazzi dello zoo di Berlino .



 Ora  dai primi due   episodi  la serie   anche se approfondita rispetto al film originale andava ambientata begli anni 90\2000 non negli anni 70\80 che ormai non esistono più se non per
sfruttarli economicamente e mitizzandoli la serie sembra niente male . Ma gli autori per evitare le pessime ( la maggior parte ) e stroncature avrebbero dovuto provare a fare un sequel che credo faranno visto che c'è scritto prima stagione o reboot sarebbe stato più efficace del semplice remake \ adattamento  per capire le differenze nell'uso delle droghe fra le due generazioni i vecchi
e i nuovi consumatori . Infatti la serie risulta nonostante le buoni intenzioni una , anche se guardabile , imitazione passiva \ un remake commerciale del film originale ( foto della locandina a destra ) . Comunque questa serie mi sta attraendo a tal punto che, immaginando già come andrà a finire avendo visto il film e letto il libro originali come vanno a finire i protagonisti che continuerò a guardare le altre 5 puntate . E a scrivere per il blog una recensione completa


13.5.21

ANCORA SULLA TRAGEDIA SI TORTOLI quando le donne come rita coltelllese commentano come i maschi misogeni e poi scendono con le scarpe rosse in paizza

  di cosa  stiamo  parlando 

  da la  nuova  Sardegna   12 MAGGIO 2021

Delitto di Tortolì, l'aggressione nel sonno e poi il massacro

L’assassino si è accanito sulla ex compagna e sul figlio accorso in sua difesa. Oggi, giovedì 13, l’autopsia sul corpo di Mirko, domani l’udienza di convalida del fermo

VALERIA GIANOGLIO
TORTOLÌ. Una «confessione a modo suo». Perché «cos’altro poteva dire una persona trovata a vagare con i vestiti zuppi di sangue?», la definiscono la Procura e gli investigatori. Una confessione dettata da un dato incontrovertibile: la presenza evidente, negli indumenti, delle tracce ematiche figlie di un’aggressione violenta e feroce, che si è spinta fino a picchiare una donna esanime dopo averla accoltellata per 18 volte, e aver trafitto un ragazzo con altri 4 fendenti.

oppure il  post  precedente  ( lo trovate  qui  )   di questo  blog  



Ora    leggendo i  profili Facebook  sono rimasto basito   e do ragione    a Patrizia    nel leggere  da parte di  un  altra  donna  (  ? )    un simile    becero  commento  che di  solito   ci  s'aspetta  da un  uomo   misogino 

 

che altro aggiungere a quanto detto sopra dall'amica ( chi volesse conoscere la sua storia veda l'archivio del blog o il suo profilo fb https://www.facebook.com/patrizia.cadau la trova anche fra i miei contatti social ) se no che Questa è una delle donne che si esprime dentro il copione scritto dalla cultura ed educazione maschilista patriarcale. Mi fa specie chi ha responsabilità istituzionali che esprime cordoglio, chiama Mirko eroe etc etc, chiede a chi? Interventi per prevenire la violenza e auspica una rivoluzione culturale. Dovremo mandarli a.... ehm .... a casa per inadempienza e irresponsabilità.

12.5.21

Tragedia a Tortolì: Mirko muore a 20 anni per difendere la madre dall’aggressione dell’ex-compagno violento

 Leggendo   le  ultime   notizie  sull'ennesimo femminicidio  avvenuto stavolta  in Sardegna   A  tortoli   più precisamente  mi  sono ritornate  alla mente     alcune  strofe    di  Non ricordo  più del mare    di Andrea Sisti 

Sono qui sdraiato a terra
Va di fretta la mia vita
Mentre il sangue dentro brucia
Mi si appanna anche la vista
Ma un sorriso mi sorprende
So che non morirò per niente
            

 Ma  ora   veniamo   ai  fatti   

Una terribile tragedia si è consumata la notte del 10 maggio a Tortolì (NU), in via Monsignor Virgilio, pieno centro: Mirko Farci, giovane di 20 anni, è stato ucciso a coltellate mentre cercava di difendere la madre Paola Piras, 50 anni, dall’ex-compagno Masih Shahid, 29 anni. Il killer pakistano, un operaio, è stato arrestato nella mattinata di ieri dai carabinieri, poi è stato trasportato in caserma per l’interrogatorio. A dare l’allarme Stefania Piras, zia di Mirko, che abita nella stessa palazzina della tragedia, al piano di sotto.Stando alla prima ricostruzione degli inquirenti, l’uomo sarebbe entrato nella casa dell’ex-compagna e l’avrebbe colpita con un coltello per ucciderla. Ma Mirko sarebbe intervenuto per proteggere la mamma da quell’uomo violento e avrebbe così perso la vita, ucciso dallo stesso coltello che ha ridotto la madre in un letto d’ospedale a lottare tra la vita e la morte. Il comportamento violento dell’ex-compagno non è stato un fulmine a ciel sereno: di recente, l’uomo era stato già arrestato per maltrattamenti


Mirko, ucciso dall'ex-compagno della madre: il killer aveva il divieto di avvicinarsi alla donna

La madre di Mirko, soccorsa dal 118, è ricoverata ora all’ospedale di Lanusei, in Ogliastra. La donna ha riportato sul corpo i segni di 17 coltellate, inferte con inaudita violenza ai reni, al volto, alla trachea e all’addome. I medici dell’ospedale Nostra Signora della Mercede di Lanuse l’hanno sottoposta ad un delicato intervento chirurgico durato circa 4 ore e tecnicamente riuscito, fa sapere lo staff sanitario dell’ospedale.L’ex compagno della donna, un pakistano di 29 anni, era stato già arrestato per maltrattamenti e, per questo motivo, gli era stato imposto dai giudici di Lanusei il divieto di avvicinamento, che ovviamente non ha rispettato. I due si erano conosciuti su Facebook due anni prima, per qualche tempo avevano avuto una relazione, ma la mamma di Mirko non riusciva più a liberarsi di quell’uomo violento, che continuava ad insultarla e minacciarla di morte.Tutti in quartiere sapevano di dover avvisare i carabinieri se avessero visto l’operaio arrivare in paese e avvicinarsi alla casa di Paola e Mirko. Ma l’uomo, sapendo ciò, ha scelto le prime luci dell’alba per agire, quando quasi nessuno avrebbe potuto vederlo ed avvisare le forze dell’ordine.   continua  https://www.ildigitale.it/mirko-ucciso-dallex-compagno-della-madre-difesa/

Un articolo  d cronaca nera    , cosa rara  , non troppo sensazionalistico rispetto    sia   all'orripilante     titolo     del  secolo  d'Italia    sia   all'indignazione  un tanto al  kilo di  

 in una chat   ho avuto una discussione     simile  allo stato fb  dell'amica  


Essere spregevoli in politica è spesso consuetudine, non ci si dovrebbe meravigliare più di niente, ma la strumentalizzazione di Giorgia Meloni sulla tragedia di Mirko stamattina mi ha rivoltato le budella.
Ora trovatemi altri post della Meloni  o    degli altri esponenti  di  destra    ( compresi i loro seguaci   \  simpatizzanti )   sui vari casi di cronaca che affliggono il paese, io  vedo   che si espone solo quando si tratta di stranieri? Cosa vuol dire "Pakistano uccide"? Premetto che il fatto mi ha sconvolta abbastanza perché il  ragazzo   aveva più o meno l'età di mia nipote  ( figlia  di mio cugino in primo )  e all'assassino gli avrei dato la peggior pena, ma è un assassino  non un pakistano o d'altra nazionalità , l'intento della Meloni  e company  per il mio giudizio è da voltastomaco.  come  dicono alcuni comenti  alla  discussione ( qui tutti gli altri commenti ) dello stato prima citato        : 
  • ***   la morte di un giovane ragazzo non dev'essere d'esempio per nessuno di noi comuni mortali, dovrebbe essere una molla che fa agire il governo in difesa di persone indifese, cose ovviamente che son ben lontane dal nostro 2021. È l'ennesima tragedia di una vittima di violenza. Ma esempio di che? Se le leggi funzionassero non ci sarebbe bisogno di piangere innocenti !
  • concordo con te *****  il problema è la criminalità, non la sua provenienza, ci può stare l'indignazione. In effetti non ho nemmeno mai capito il perché nei fatti di cronaca si tende sempre a sottolineare la nazionalità di chi ha compiuto il crimine. Come se fosse più criminale uno "straniero" rispetto a un italiano, sei delinquente punto e devi essere condannato per quello non per la provenienza
<< soprattutto >>  come  risponde  l'autrice  del post   ad  un commento   <<  mi dicano dove leggono notizie di omicidi in cui si scriva "Italiano uccide". Ma quello che mi ha infastidito ora è cavalcare l'onda del dramma per il proprio tornaconto .🤮 >>>.  Sempre  in una    chat  privata il mio interlocutore  dicui parlavo  prima      mi è  stato  detto    << hai sollevato un "caso razzismo" dove proprio (in questo caso) non esiste... Mi dispiace... puoi anche trovare tutte le motivazioni possibili...ma è solo questione di pregiudizio... Io non ci vedo la benché minima traccia di razzismo  . A me non frega un corno il fatto che si sottolinei la provenienza del criminale, non la vedo una cosa razzista. Semmai si è portati a vedere razzismo ovunque anche quando palesemente chi ha commesso quel crimine, bianco, nero, giallo o veldi chi sia, dovrebbe essere solo ed esclusivamente condannato... Non che ogni volta si parte con la manfrina del razzismo... Ma basta Santo cielo... Per me può essere chiunque, sempre un disgraziato da punire, severamente, resta.>> Io  gli ho riposto  (  e  rispondo  a  tutti quelli che la pensano cosi )   ma tu un titolo della Meloni(  o altro esponente  di destra  )  "giovane italiano uccide immigrato" lo trovi? Magari uno su Zdenka Kreicikova  ( un altro orripilante  femminicidio  avvenuto  l'ano  scorso   qui  maggiori notizie  ) .  sapete   qual è, per me, il problema? É che se è già di per sé gravissimo quello che ha fatto questo pezzo di merda, diventa ancora più grave per il fatto di essere un ospite in un paese straniero... E questo vale anche per un italiano che commetta un crimine all'estero.  << Ma >>   e qui  concordo con  *** un altro mio amico   che  ha scritto  mi pare  sul suo  fb o sul suo twitter    <<  dire che non è la nazionalità o l'etnia a fare di una persona un delinquente e in questo caso un omicida ma la sua individualità come essere umano. La Meloni continua a ripetere le stesse parole di propaganda trite e ritrite da 30 anni  a questa  parte nell'ambiente   della   destra   e   ormai   (  come un onda  appiccicosa  ) non solo  quando avviene un evento delittuoso compiuto da uno " straniero " e ne rimarca la nazionalità, ma non lo fa mai quando ad uccidere o delinquere è un suo connazionale. Credo sia lapalissiano.  Chiudo qui perchè non so più cos'altro scrivere senza che le lacrime mi scendono sul viso se non che << tante cose segnano una vita\ e tante vite segnano qualcosa\qualcosa che verrà >> ( Kevlar Dall'album "Piazza Carlo Giuliani ragazzo" Il testo del ritornello è tratto da una poesia di Carlo )

11.5.21

“Io, malata di Sla assistita per anni da Martina Ciontoli, vi racconto chi è davvero la ragazza che avete odiato

    canzone  suggerita
Don’t Cry - Guns Roses (traduzione Italiano)

Sarà stata anche complice di un omicidio  infatti è stata condannata per concorso in omicidio volontario a quasi 10 anni ed come tale è giusto che sia punita e paghi per le sue colpe. Ma va anche raccontato anche cose che i media non fanno concentrandosi solo su quello negativo , dando pretesti agli haters di rovesciarli addosso il loro vomito , ignorandone anche l'altro lato  come    fa   Selvaggia Lucarelli  nell'articolo  sotto   riportato preso  da    https://www.tpi.it/cronaca/  del 11 Mag. 2021 alle 16:20



"Io, malata di Sla assistita per anni da Martina Ciontoli, vi racconto chi è davvero la ragazza che avete odiato"
00:33
/
00:33



Nel 2015 Stefania è una grafica di successo. Ha 56 anni, un compagno, due figli, un’esistenza piena. Martina ha 19 anni, i primi due esami superati per diventare infermiera, un fidanzato che sogna di indossare una divisa. Quell’anno, la vita di due donne ancora sconosciute l’una all’altra, viene sconvolta dalla tragedia dell’imprevedibilità: Stefania scopre di essere malata di Sla. Martina perde il suo fidanzato per un colpo di pistola sparato dal padre.
Martina è quella Martina Ciontoli che da anni tv, stampa e la ferocia dei social descrivono come fredda assassina, donna spietata, criminale, puttana. Oggi ha 25 anni ed è in carcere, a Rebibbia, condannata a 9 e 4 mesi per concorso in omicidio volontario
Due esistenze lontane e diverse, quella di Martina e Stefania, destinate ad incrociarsi. E si incrociano senza che nessuno lo sappia, nel nido sicuro di una casa in cui Stefania vive attaccata ad un respiratore e in cui Martina, fresca di laurea, arriva tre anni e mezzo fa per accudirla.
Martina non l’ha mai raccontato. Non ha mai voluto vendere pezzi di sé ai media, non ha voluto impietosire, far sapere chi fosse davvero e cosa abbia fatto in questi anni bui di attesa logorante. Se la sono immaginata tutti beata a spassarsela con un nuovo fidanzato, hanno scritto che era incinta, che era in vacanza, che chiedeva voti più alti agli esami perché era quella della tragedia Vannini.


Oggi, chi è stata Martina in questi anni, lo raccontano Stefania, il suo compagno e sua sorella e caregiver Susanna. Ci sono anche Giorgia e Marta, le figlie di Stefania. “Martina non è la persona che viene descritta dalle tv. È arrivata qui mandata da una cooperativa tre anni fa. Aveva 22 anni, un anno in meno di mia figlia Marta”, mi dice Stefania comunicando tramite sua sorella Susanna.
“Uno dei problemi della mia malattia, la Sla, è comunicare quello di cui ho bisogno, io non posso più parlare da 5 anni”. Il suo compagno mi spiega che prima Stefania utilizzava un comunicatore computerizzato comandato dagli occhi, ma da un anno non riesce più a muovere bene i bulbi oculari. Ora comunica con una tabella, su cui ci sono le lettere dell’alfabeto.
“Quando Martina è arrivata abbiamo stabilito subito una forte sintonia, lei è stata in grado di leggere velocemente, di capirmi, è stato tutto molto intenso perché mi assisteva, curava, medicava almeno 15 giorni al mese”, aggiunge Stefania.
La chiacchierata è interrotta più volte dalla commozione di tutti, le voci sono spesso rotte da un pianto silenzioso. “Quando è arrivata qui non sapevamo chi fosse Martina. Poi, dopo un po’, la cooperativa ci ha informati. Ho informato Stefania, ma lei si è innamorata subito di Martina, non ci importava chi fosse”, mi racconta il compagno.
“Un giorno proprio Martina mi ha chiesto se sapessi di lei, della storia di Marco. Io le ho risposto di sì. Lei allora mi ha risposto: ‘E perché mi hai presa?’. ‘Perché sei brava’, le ho detto”.
Susanna legge le parole che Stefania vuole farmi arrivare: “Martina, col suo lavoro svolto con passione, mi ha aiutato in momenti difficili, soprattutto quelli del mio peggioramento. Lei ha organizzato la mia prima uscita per andare a vedere il mare, caricandomi su un’ambulanza. Mi ha fatto risentire dopo tanto tempo i sapori della cioccolata, della frutta, del gelato, della mozzarella… cose che un malato di Sla non può più sentire. Insieme guardavamo i film e ascoltavamo la musica e mi ha fatto ballare appesa al sollevatore!”.
Più tardi mi gireranno un video su Whatsapp: c’è Martina che fa dondolare Stefania sul sollevatore sulle note di “Su di noi” di Pupo. Balla, canta, Stefania accenna un sorriso, Martina le solleva amorevolmente il capo che si era inclinato su una spalla.


“Su di noi nemmeno una nuvola”, canta Pupo, nonostante di nuvole sulla testa di questa giovane ragazza che era in attesa di giudizio ce ne fossero già tante.
“Per me è come una figlia”. Chiedo se ci sia mai stato un momento di sconforto per Martina. Susanna, la sorella di Stefania, mi spiega : “Lei aveva dei momenti di assenza, ce ne accorgevamo. Spesso arrivava con gli occhi lucidi, si capiva che aveva pianto. Poi, dopo la sentenza dell’appello bis, quella che condannava a nove anni di carcere anche lei, il fratello e la madre, ci ha detto che non sarebbe più venuta, non voleva più alzarsi dal letto la mattina. Allora Stefania le ha detto: ‘Se non vieni più ad assistermi, mi lascio andare. Smetto di lottare’. E alla fine Martina ha continuato a venire. Avevano in programma di andare di nuovo al mare e invece…”.
Domando come sia stato possibile che nessuno l’abbia inseguita fin sotto casa loro e che tutto sia rimasto nascosto. Il compagno di Stefania mi spiega come funzionava: “Per venire qui Martina si travestiva. Noi stessi, se l’avessimo incontrata, non l’avremmo mai riconosciuta. Faceva tutto questo per discrezione e per la paura dei giornalisti. Voglio dire questo. Noi conosciamo bene la sofferenza e sappiamo che la perdita di un figlio, come accaduto con Marco, è qualcosa che va oltre. Martina però non meritava una pena simile, pensarla in cella ci sembra una cosa abnorme. Ricordo che in altre occasioni la Corte di Cassazione, penso al caso delle molte vittime bruciate vive alla stazione di Viareggio, è stata meno severa: il capo delle Ferrovie dello Stato, responsabile come Martina, è stato mandato a casa. Anche lì c’erano delle madri che piangevano, che avevano perso i figli… per Martina nessuna pietà però”.
Chiedo come stesse Martina nei giorni precedenti la sentenza definitiva. “Era un uccellino sparito. Diceva: ‘Ho paura, ho paura, ho paura’. Mi chiedeva: ‘Cosa mi faranno?’. Noi la consolavamo: ‘Sei giovane’, le dicevamo… ma sapevamo già come sarebbe finita. C’era troppa sete di vendetta. Antonio e sua moglie erano due adulti, Martina e suo fratello erano due due ragazzi, hanno obbedito al padre, un omicidio colposo è diventato omicidio volontario. Tutto assurdo”.
Susanna aggiunge: “Questi sei anni la sua vita è stata una galera, aveva il terrore anche di andare in vacanza, si sentiva braccata. Le hanno dato una pena che è la metà della vita che aveva vissuto quando è accaduto il fatto tragico. Io posso dire che, se all’epoca avesse avuto la preparazione infermieristica che ha oggi, la storia di quella notte sarebbe stata riscritta. Si dedicava a questa professione in modo incredibile. È bravissima, qui era la più veloce a capire dalla tabella cosa volesse Stefania. Faceva operazioni complesse, assistere un malato di Sla è molto impegnativo. So che in carcere le concederanno di proseguire un corso di specializzazione, sono contenta”.
Chiedo se i commenti su Martina li ferissero. “Un giorno ero a pranzo e sento un tizio dietro di me che dice: ‘Quella grandissima mignotta ora si è fidanzata di nuovo’. Stava parlando di Martina. Ho contato fino a cento”, racconta il compagno di Stefania, spesso commosso. E mi dice che ha un sogno: “Noi non siamo giuristi, ma esiste l’affidamento sociale. Martina è stata condannata per non aver soccorso il fidanzato. Qui lavorava ‘soccorrendo’ Stefania con dedizione e amore. Vorrei che la affidassero a noi, che scontasse la sua pena facendo questo, credo sia molto più rieducativo di un carcere. Noi siamo pronti ad accoglierla, a fare la nostra parte, anche con i carabinieri a cavallo sulla porta di casa, non importa”.
Replico che per ora non è possibile, la legge non prevede questa possibilità, deve passare un po’ di tempo. “Allora quando si potrà. Grazie a Martina, Stefania ha messo di nuovo i piedi nell’acqua, al mare. E Stefania amava così tanto il mare..”. E Stefania aggiunge: “L’ultima volta che l’ho vista le ho promesso che sarò forte e lei l’ha promesso a me. Ma ho paura di non rivederla più”.
“Perché non avete mai raccontato tutto questo?”, chiedo alla fine di questo racconto bello e straziante. “Perché Martina non ce l’ha mai chiesto”.

9.5.21

Una cabina telefonica come casa, Iasmina salvata dagli abitanti del suo quartiere

 

REPUBBLICA 9\5\2021

A Mirafiori Sud, periferia di Torino. Per due settimane una donna rom ha dormito in un metro quadrato


Chiedeva l'elemosina Iasmina, un volto diventato familiare tra i torinesi che frequentano il mercato di via Cesare Pavese, quartiere Mirafiori Sud, ultimo lembo di città tra la vecchia fabbrica e le campagne che sfiorano l'autostrada. Chiedeva l'elemosina e se ne andava. Dove chissà. E il giorno dopo tornava. Una routine che a un certo punto si è interrotta e gli abitanti del rione l'hanno vista, a sessant'anni, che si sistemava per la notte dentro una vecchia cabina telefonica caduta in disuso. Per due settimane ha creato in quel metro quadrato protetto da quattro vetri il suo giaciglio. In molti l'hanno avvicinata, hanno raccolto il suo racconto di donna rom, con una situazione personale complicata, che aveva avuto dissidi con la propria famiglia e che per quel motivo non tornava al campo.

"Guarda che stanotte mi sono affacciato dal balcone e alle quattro era ancora dentro la cabina", è stata la telefonata che un residente ha fatto a Vincenzo Camarda, coordinatore della terza commissione della circoscrizione 2, che si occupa di politiche sociali e integrazione. "Il nostro quartiere è ricco di sentinelle che si preoccupano di ciò che accade sul territorio e che vogliono risolvere i problemi, non rimuoverli. Ed è su queste basi che si è creata una rete di aiuto che funziona", spiega Camarda. Oltre alla circoscrizione, sono intervenuti anche i servizi sociali. Iasmina all'inizio rifiutava qualunque aiuto: "Non ho bisogno di niente", diceva. Ma la gente del mercato non riusciva a voltarsi dall'altra parte: "Fa male alla nostra coscienza, come un fatto che vorremo non vedere e non sapere, ma la povertà è qui, non sono numeri, dobbiamo avvicinarla", si è fatta avanti una donna del quartiere. Sono arrivati anche i volontari della Boa urbana, ma Iasmina non si è fatta agganciare e non ha accettato l'invito ad andare in un dormitorio. Eppure la gente del quartiere non si è rassegnata: "Nessuno ha la capacità magica di risolvere all'istante problemi, soprattutto come in questo caso, sono anni che la signora è in difficoltà, ci vuole fiducia", ha raccontato un residente. Non è stato facile, ma alla fine Iasmina è stata aiutata a riprendere in mano la sua vita, a riappacificarsi con la famiglia ed è tornata ad avere un tetto sotto cui dormire. "Quando le persone si mettono insieme, aprono piccoli spiragli di luce", è la lezione di Fabrizio Floris, docente universitario esperto di integrazione e migrazioni, che ha seguito da vicino il caso di Iasmina.

ma basta mestolare sul caso grillo e company un po' di rispetto per le vittime

sfogliando https://news.google.com/foryou?hl=it&gl=IT&ceid=IT%3Ait sono capitato in questa anteprima
Mi    chiedo   ma  basta parlare di questi assatanati ( metaforicamente  parlando  )     che da come si sarebbero comportati  e  dalle   acuse  che li vengono rivolte      sembra che non abbiano ai visto .... e considerano il sesso come un diritto ed un obbligo . Quindi   per rispetto   soprattutto  delle due vittime  i come afferma Luca Marfé 



 << [...] 𝒶𝒹ℯ𝓈𝓈ℴ 𝓈ℯ 𝓂𝒶ℊ𝒶𝓇𝒾 𝓁𝒶𝓈𝒸𝒾𝒶𝓂ℴ 𝓁𝒶𝓋ℴ𝓇𝒶𝓇ℯ 𝒾 𝓂𝒶ℊ𝒾𝓈𝓉𝓇𝒶𝓉𝒾, ℯ 𝒶𝒹𝒹𝒾𝓇𝒾𝓉𝓉𝓊𝓇𝒶 𝓁𝒶 𝓈𝓂ℯ𝓉𝓉𝒾𝒶𝓂ℴ 𝒹𝒾 𝓂𝒶𝓈𝓉𝓊𝓇𝒷𝒶𝓇𝒸𝒾 𝒸ℴ𝓃 𝓆𝓊ℯ𝓈𝓉𝒶 𝓋𝒾𝒸ℯ𝓃𝒹𝒶, 𝒸𝒾 𝒻𝒶𝒸𝒸𝒾𝒶𝓂ℴ 𝓉𝓊𝓉𝓉𝒾 𝓆𝓊𝒶𝓃𝓉𝒾 𝓊𝓃𝒶 𝒶𝓈𝓈𝒶𝒾 𝓅𝒾𝓊̀ 𝒷ℯ𝓁𝓁𝒶 𝒻𝒾ℊ𝓊𝓇𝒶 .>>


Almeno fino  a processo   

perdono

  canzoni  suggerite PERDONO tiziano ferro lyric (official video) Caterina Caselli - Perdono come fai a perdonare tutto e tutti ? soprat...