UN PO’ MERIDIONALE
Parte Prima
Personaggi reali:
Insegnante precaria, ormai da quasi un anno in quella scuola, conosce i nomi dei bambini ma
dimentica i cognomi.
Rappresentante dei genitori, giovane donna bella, alta, lunghi capelli biondi, molto curata,
abbigliamento alla moda ma di classe.
Ins. -E’ riuscita a raccogliere tutte le quote per pagare l’attività di musica?-
Rappr. –Me ne manca solo una, quella della Spatafora, non riesco mai a vederla-
Ins. –Spatafora, Spatafo…è la mamma di chi ?-
Rappr. –Spatafora, Rosy credo si chiami la bambina, quella…UN PO’ MERIDIONALE.
Parte Seconda
Personaggi reali:
Stessa insegnante precaria, ma in una scuola diversa.
Mamma di un bambino, giovane donna obesa, abbigliamento decoroso senza eleganza né
stranezze.
Mamma. –Mi ha detto Mirko che c’è una nuova a scuola-
Ins. –Tra gli adulti o i bambini?-
Mamma -Noo, è grande, deve essere una bidella, ha i capelli color melanzana, credo
sia…UN PO’ MERIDIONALE.
EXSTRAREGIONALI, COME DIRE, PROVENIENTI QUASI TUTTI DAL SUD.
Parte Prima
Personaggi reali:
Interlocutori scelti a caso in cortile.
Luca, ragazzo un po’ più a sinistra della sinistra, laureato in storia, fa parte di un’associazione
che fa ricerca storica sui deportati nei lager nazisti, milita nel sindacato di base.
Stessa insegnante precaria, ossia io.
Stiamo aspettando insieme di sostenere la prova scritta di un concorso e siamo nel cortile del
mega Istituto Aldini Valeriani.
Io. –Quanta gente che viene da fuori-
Luca. –No, non credo-
Io. –Vuoi scommettere? Ora vedrai-
Con il pugno chiuso a mo’ di microfono mi rivolgo agli interlocutori intorno, che mi rispondono divertiti: “Scusi, un’intervista a caldo, lei da dove viene?”
Interlo. –Da Catanzaro-
Io. –Sa bene cosa significherebbe vincere il concorso? Trasferirsi, cercare casa, che non si
trova, pagare un affitto alto, vivere con i costi di Bologna e uno stipendio non certo alto.
Interlo. –Lo so, ma dove c’è possibilità di lavoro io vado.
Dopo l’ennesima “intervista” con risposte simili (cambiava solo la provenienza, Caserta, Potenza, Campobasso, Lecce), mi volto sorridendo verso Luca: “Hai visto?”, gli dico. E lui:
-Però, non pensavo ci fosse tanta gente… EXTRAREGIONALE-
Gli faccio notare che ha appena coniato una definizione, mutuandola da extracomunitari, ma che esiste già un termine, meridionale, che non è una parolaccia.
Mi risponde, un po’ imbarazzato, che si, non ha usato la parola in questione per il timore di sembrare offensivo.
Parte Seconda
Personaggi reali:
Giovane madre di un bambino di tre anni.
Direttrice della scuola.
Si è svolta da pochi giorni la riunione con i genitori dei bambini nuovi iscritti. A scuola sono stati letti due elenchi di nominativi. All’appello, i genitori alzavano la mano e veniva loro riferita la classe di appartenenza del proprio figlio.
Madre. –Vorrei chiederle se è possibile per mio figlio cambiare classe-
Direttr.-Ormai le assegnazioni sono state fatte d’ufficio, secondo una graduatoria, ma se ci sono
delle motivazioni valide, di solito proviamo a venire incontro ai genitori-
Madre. –Sa, alla riunione ho notato che in quella classe ci sono genitori, diciamo…diversi da me-
Direttr. –Vuole dire che c’erano molti genitori stranieri?-
Madre. –No, no voglio dire che ho “sentito” che c’erano molti genitori che non appartengono
al mio ambito-
Direttr. –(?)-, in attesa di chiarezza.
Madre. –Si, mi è sembrato che avessero tutti in comune un’unica provenienza,
che provenissero…PER LA MAGGIOR PARTE DAL SUD.
Sa (frase ad effetto finale), io sono un insegnante.
Diffusa la notizia, riporto il commento di una bidella, 40enne, bolognese da sette generazioni:
“Bisognerebbe sapere dove insegna quella lì, per evitare di mandarci i figli a scuola, da una così”.
Approvo e sottoscrivo. Informo inoltre, che da oltre un decennio nelle scuole del comune di Bologna si lavora su progetti di multicultura per l’integrazione di bambini con diverse culture di provenienza.(v. stranieri). Dico anche che i fatti narrati sono realmente accaduti, così come i personaggi sono persone reali, non leghisti, ma brave e comuni persone, che usano definizioni come UN PO’ MERIDIONALE per paura di risultare razzisti, o che addirittura evitano di pronunciare la parola meridionale, per il timore di sembrare offensivi; persone che, con un giro lessicale, chiedono che il proprio figlio non stia in classe con bambini i cui genitori provengono dal Sud.
Io un po’ ci rido, un po’ mi infiammo, constato, mi arrendo, allargo le braccia, a volte mi ricadono pesanti lungo i fianchi, non so che dire.
E che pensare.