7.12.14

Basquiat, the child prodigy di Matteo Tassinari


da http://wwwhete.blogspot.it/2014/12/basquiat-child-prodigy.html






















Oltre la strada


di Matteo Tassinari

Padre di Portorico e madre di Haiti, Jean Michel Basquiat è cresciuto a Brooklyn. Appena prese le matite in mano, si capiva che era dotato per le setole dei pennelli intinti nei colori ad olio. A sei anni dava i suoi primi segni di genialità e per questo lo iscrissero al museo del suo quartiere per cominciare ad educarlo allo stato dell’arte. Quello stesso museo, il Brooklyn Museum, restaurato e ampliato fino a diventare un punto centrale di tutti gli artisti del mondo, organizzando numerose retrospettive complete di questo artista vissuto come una meteora passata velocissima per spegnersi il 12 agosto 1988 a Noho e nato a New York il 22 dicembre 1960. E’ pazzesca una cosa, anche lui morì al suo 27° anno d’età e più so di questa leggenda metropolitana, comunque vera e più mi chiedo perché una coincidenza così particolare: come mai anche lui è morto al suo 27esimo anno completato? Forse è roba per noi vecchi rocchettari che rievocano cose che non interessano a nessuno se non a pochi.









27, il numero maledetto

Mi accorgo quanti artisti, cantanti e star siano morti proprio a quella età e controllate pure, vi accorgerete che il 27 non è un numero che passava inosservato da questi grandi visionari capaci laddove gli altri non potevano che rimanere allibiti o senza parole per l’incredibile potenza della rappresentazione. “27, è un numero maledetto” ha detto Eric Clapton durante un suo concerto al Basket Ball Stadium di Miami, per farvi capire come è sentita questa storia dagli show man rock and blues e di artistica varia.




Il numero

delle morti

come Hendrix, Morison, Brian Jones, Janis Joplin. In occasione del quindicesimo anniversario dalla morte di Kurt Cobain, Robert Smith della National Public Radio disse: "La morte di queste rock star avvenute all'età di 27 anni ha davvero rivoluzionato il modo di guardare al rock", cosa volesse dire però non chiedetemelo, perché fu un’affermazione avara d’info e coordinate, in breve è un'affermazione del cazzo. Amy Whinehouse, Pituce Bioll Stornes e la voce più acuta di tutte, Janis Joplin, quella di Hete ledger, l’attore in totale ascesa con il Joker nel sequel Batman, in circostanze non chiare, morto il 2008, nato nel 1979. Robert Johnson dei Flag of the United States per avvelenamento di droghe. Celebre chitarrista blues e jazz, due ossimori, pur avendo la stessa matrice, checché ne dicano i pischelli, sempre al 27° anno ha staccato il biglietto del non ritorno, vite come meteore o una candela che brucia da entrambe le parti come i Replicanti.







Keith Haring assieme a Basquiat









Keit Haring mimetizzato nell'ambiente per essere un tutt'uno con esso stesso, grande amico di Basquiat. Anche Haring covava uova al patinato di origini albanesi Warhol che agli artisti vampirizzava anche l'ultima goccia





Il colore come  obiettivo





Inizia davvero ad essere strano, troppi gli artisti morti allo scoccare del 27esimo anno della loro vita sudata. Su questa stringa,http://3ppppier.blogspot.it/2014/01/il-club-del-27-anno.html, c’è scritto molto di più su questa incredibile coincidenza o leggenda metropolitana. Basquiat, muore all’apice del suo successo, una dose esagerata di eroina lo stroncò. Le cento opere in mostra, raccolte dalle collezioni di tutto il mondo, sintetizzano il suo breve viaggio, lo raccontano con i suoi stessi segni, linee, figure, colori, tensioni, gesti, silenzi, grida, giallo, verde, nero. Se già la transavanguardia aveva portato a compimento la riscoperta dell'immagine significante, il graffitismo procedeva verso la rivalutazione delle forme identificandosi come una vera e propria arte di frontiera. Basquiat, è stato uno dei primi artisti afroamericani a guadagnarsi la fama da vivo, in ambienti dove l'arte era conciliabile quasi sempre e a certi livelli, col un certo mondo ristretto di bianchi.






Le maschere, i teschi, le tele


strappate per umiliare Andy Warhol (ma è sempre di mezzo ‘sto qui?) s’innamorò di Basquiat. Le tele, quasi tutte di formato gigante, come gli avevano suggerito i maestri della pop art. E' un concentrato di umori e malumori, visioni primordiali, ma soprattutto energia solida che ti spacca il volto all'impatto col viso. Sonò il campo su cui Basquiat sfogava le sue contraddizioni, la passione per la vita, l’attrazione per la morte. Spesso diventano strumento di protesta contro violenze, emarginazioni, luoghi comuni, oppure il pretesto per Gillespie, Cassius Clay, Joe Louis. Intuitivo e animalesco com’era, più che sentire, Basquiat sapeva. Sapeva la brevità del suo destino. E si scatenava a raccontare senza sconti tutto se stesso. Una vita bruciata ma costellata di successi, basti pensare che negli anni ’80 le gallerie addette ottenevano dalle tasche dei collezionisti dai 5.000 ai 10.000 dollari per un’opera e mitizzata anche grazie alla brevissima durata, quella di un artista che il 15 maggio 2013 segna da Christie’s un record d’asta di circa 49 milioni di dollari per Dustheads, acrilico su tela realizzato nel 1982 e stimato tra i 25 e i 35 milioni di dollari.




La morte di Warhol  e quella di Basquiat



Quando il 22 febbraio del 1987 Warhol all’improvviso morì al New York Hospital in seguito ad un’operazione alla cistifellea, davanti a Basquiat. Per il giovane portoricano si spalancò il baratro, una vertigine da cui non sapeva uscire, era tutto più confuso e non aveva l'ispirazione di sempre, come se con la morte di Warhol fosse estinta la sua arte. Visse la morte dell’amico come fosse la sua e cominciò la discesa a picco definitiva. L’abuso d’eroina lo consegnò in pasto a troppe malattie, che non troppo lentamente lo portarono ad indossare il cappotto di legno che, prima o poi spetterà a tutti noi, mai dimenticarlo, sarebbe la nostra morte da vivi, quella forse più terribile. Hai paura della morte? Bene, parlane, confrontati, senti cosa ne pensano gli altri. Un accidente tutto occidentale, perché basta andare in India e la morte è parte integrante della vita ed è vista con minor tabù. Ma come si può parlare di morte in una società che fa di tutto per rimuoverla? Come discutere di cosa pensiamo del nostro post mortem? Perché fuggiamo così dall'argomento morte?












Era il suo momento

Ma Basquiat rimane com'era da giovanissimo, anche se con le mani sporche di colori ad olio nei locali più costosi di New York. In fondo a lui, non serviva l’attenzione del mondo dell’arte, della stampa, non gli servivano le copertine dei settimanali, non gli serviva nemmeno sapere che, appena dipinti, i suoi quadri finivano subito nelle collezioni internazionali a battute d'asta di milioni e per gli appassionati fino al midollo del moderno disposti anche a discutere anche in miliardi. Il suo tempo era compiuto. E con esso anche tutto quello che sapeva disegnare. Aveva una poesia ultra moderna esprimevano le sue tele spesso dalle dimensioni immense, pareti lunghe anche 20 metri contenenti una crosta di Basquiat.






Andy Warhol e Jean-Michel Basquiat








La mostra dimostra lavastità delle visioni del Writer e pittore portoricano. E’ stato uno dei più importanti esponenti del graffitismo americano, riuscendo a portare, insieme a Keith Haring, questo movimento che partiva dalle strade metropolitane alle gallerie d’arte dove mecenati di tutto il mondo compravano le loro tele a dozzine e a prezzi altissimi. Perché nella vastità delle opere, nel biancore delle pareti sconfinate opere come Jimmy the Best, Acque pericolose, The Nile, Tuxedo, Grillo, Pegasus, Eroica, fino a Exu, il più apocalittico dei suoi ultimi lavori e dedicato al dio africano, che fa da tramite con forze dell'aldilà, spiegano, senza bisogno di parole, chi era questo ragazzo che solo dieci anni fa è entrato a grandi passi nella storia dell’arte. Da adolescente si divertiva ad invadere coni suoi graffiti i muri del Lower East Side, alla punta estrema di Manhattan. Spruzzava frasi enigmatiche contro il lavaggio del cervello della religione, della politica, della filosofia e le firmava con lo pseudonimo Samo, che significava “same old shit”, stessa vecchia merda.




Le palle, sulla scia del


Surrealismo, gli servivano per fare scorrere il flusso della coscienza. Segni, ritmi, genio, dote, fantasia non comune, con virtuosismi posti all’estremo del suo apogeo così alto, all’apice del culmine massimo e parossistico, sommità e splendore, vertice e vette, lo zenit della pop art. La cima colma della sommità acutizzata dall’esasperazione autentica e non truffaldina. David Bowie, disse di Basquiat: “la potenza che trovi nelle opere di Michel, hanno un’indole aquilina, alta, laddove l’estro è un gigante dal talento come nume tutelare e vocazione del gusto e genialità del suo mistero”. Al punto che Andy il patinato, abbassò le mani e in un’intervista al NME sparò: “Non ho mai visto trattare il colore come sapeva fare Basquiat.





Viveva alla giornata


Quando disegnava sulle sue immense tele ad olio, sembrava assente, o forse lo era davvero. Mi sento umiliato ogni volta che guardo una sua tela, al punto di sentirmi inutile”. E’ vero. Warhol era inutile e Basquiat non ebbe bisogno dell’albanese per sfondare nei salotti bene di New York, la sua fiumana ti travolgeva e non sapeva quali fossero i suoi metodi e se glielo chiedevi s’arrabbiava, perché era come chiedere a Mozart come mai decise nella Sinfonia n.40esima in Mi bemolle maggiore, composta a Salisburgo nel luglio 1772, anziché usare un la minore in quarta. Abilità, ingegnosità, maestria, specialità, istinto, penchant, mago di bombolette spray e figlio legittimo della corrente collage-style su tela.





e per mantenersi vendeva in giro per il suo quartiere disegni, collages, magliette dipinte da lui. Quando ancora non aveva i soldi per comprare tele e pennelli, sicché si sfogava su cornici di finestre, porte di armadi o qualsiasi altro materiale che trovava abbandonato per strada, prediligendo per il materiale che il mare portava a terra partito da chissà dove. A volte passava intere settimana sulla costa californiana per vedere cosa l’oceano gli aveva preservato. Piantava la tenda e dormiva in un sacco a pelo da solo sulla costa di Malibù, per girare tutto il giorno e racimolare tutto quel che reputava utilizzabile per ottenere un risultato spirituale.








L'arte del riciclo


Ogni volta tornava a New York con un camper nuovo zeppo di sterpaglie, legni, ogni oggetto era imprevisto e per questo buono per esprimere quel malore che sentiva se non dava senso alla sua vita tramite questa forma d’arte, dove è stato il migliore. La svolta avvenne nel 1980 al Tintes Sqare Show, dove i critici con l'occhio più lungo di altri, si accorsero di lui subito. Se ne accorse pure la gallerista Annina Nosei, un’autentica mecenate molto influente nei salotti americani che sostenne il giovanissimo artista portoricano nella sua produzione, catalogata dalla prestigiosa casa d’asta Sothebys come una fonte inesauribile di soldi. Si sa le case d’aste non vanno per il sottile, per loro l’arte a massimi livelli, rimane sempre un business, come i farmaci per le case della farmacopea. Annina Nosei fiutò giusto, come sempre, ed esporrà le opere di alcuni dei più noti artisti contemporanei: Jean-Michel Basquiat, Keith Haring, Jeff Koons, Barbara Kruger e Julian Schnabel.







Location creative di Jean-Michel Basquiat



















In particolare, nel 1981, Annina Nosei è la prima gallerista a dare fiducia a Jean-Michel Basquiat, e gli organizza la prima mostra personale in assoluto. Per vivere e lavorare, gli offrì lo scantinato della sua galleria a Soho, uno studio, una location ultramoderna e minimalista di 380 metri. Jean Michel Basquiat ha spiccato il volo, solo che è partito come un razzo ed è andato troppo alto e fatica poi a tornare giù. Le gambe divennero timorose di ogni passo, per ogni capriola che prima gli riuscivano bene, la gratuità del suo operato non era più così coinvolgente. Era entrato anche lui nel mondo del business artistico e questo non gli fece bene. Disse Basquiat: "Non ascolto ciò che dicono i critici d'arte. Non conosco nessuno che ha bisogno di un critico per capire cos'è l'arte. Quando lavoro non penso all'arte, non penso all'arte, tento di pensare alla vita".








Tristan Tzara, fondatore Dadaismo



Per meglio scrivere


lo rovinò. Basquiat aveva appena compiuto vent’anni. Abbandonò lo pseudonimo e cominciò a firmare le tele col suo nome, perche nel frattempo era divento come Andrè Breton per i surrealisti che canalizzò la vitalità distruttiva del dadaismo alla Tristan Tzara, pseudonimo di Samuel Rosenstock, poeta e saggista rumeno di cui si poteva pure fare a meno, sopravalutato, anche se citarlo fa fichi. Tzara scrisse i primi testi Dadà, “La première aventure céleste de Monsieur Antipyrine”, ma soprattutto il manifesto del movimento, “Sept manifestes Dada”. Nella vastità delle sale appena restaurate e da Basquiat battute, senza bisogno di parole esprimevano chi era questo ragazzo, che in solo dieci anni è entrato a grandi falcate nel mondo alto dell’arte contemporanea americana e mondiale. Passi da gigante nel consorzio umano ed alto entourage dell’arte, da adolescente si divertiva ad invadere con i suoi graffiti i muri del Lower East Side alla punta estrema delle “personali” di Manhattan.








Spruzzava frasi enigmatiche


contro il lavaggio del cervello della religione, della politica, della filosofia e le firmava con lo pseudonimo Samo. Significava “sa' me old shit”, ossia, stessa vecchia merda. Le parole, sulla scia del Surrealismo, gli servivano per fare scorrere il flusso della coscienza. Erano suono, segno, ritmo, arma. Anche se miliardario, Basquiat viveva alla giornata e per mantenersi vendeva in giro per il suo quartiere disegni e collages.




Col tempo, inevitabile, Basquiat


s’innamorò di Warhol, sempre nel mezzo i quegli anni, davvero una mignatta. L’idea di questo strano sodalizio era venuta al loro gallerista svizzero Bruno Bischotberger perché pensava fossero complementari l’uno all’altro. In realtà erano agli antipodi. Gelido, meticoloso, ripetitivo il patinato col parrucchino bianco, appassionato, intuitivo e imprevedibile il portoricano. Poi arrivo la donna che sperò ad Andy Warhol da parte dello SCUM, ad opera di Valerie Solanas. Entro cinque anni scompariranno tutti e rimarranno pochi nostalgici di certi momenti irripetibili, sia per il momento sociale collettivo e il panorama che ne emergeva, che per la mia giovane età che mi supportava e un certo spirito della ricerca rimbaudiano, mai stanco di girare i sette mari, girato il mare del Drago 10 volte per ammazzarlo 3. So che la morte di Warhol, mandò Basquiat fuori di testa, qualche mese e se andò anche Basquiat, ucciso, forse, nient'altro che dalla propria stessa vita. Non è semplice apprezzare il movimento artistico dell'artista portoricano, se non ce lo si trova di fronte, fatto che non capitò mai neppure a me. Il suo espressionismo è un’arte di ardore, esaltazione e furia, impulsività e impeto, passione e fiuto.









Allo stesso tempo è filtrata


e purificata da una irriverente anarchia multiforme, parlo dell'anarchia delle forme, curve, rettilinii, colori. Per essere chiaro, Bakunin, filosofo russo rivoluzionario e anarchico, non centra nulla in questo contesto. Va visto e nel momento in cui lo si vede sembra quasi di capire la ragione per cui è morto a soli ventisette anni, con quella sua bellezza anomala e quella sua eleganza innata. Come se l’irruenza, le virtù, la malattia che aveva fra le sue corde creative, fossero insieme troppo forti da reggere, la tensione di tutto era pressione. Entra in una violenta fase di tossicodipendenza. Il suo forte attaccamento al re della Pop Art, che aveva manifestato fino alla fine e gli voleva davvero bene, lo conduce all'abuso di eroina per superare il trauma. Ma lo spaesamento è troppo forte anche per chi ha vissuto in strada da bambino. È stato uno dei più importanti esponenti del graffitismo americano, riuscendo a portare, insieme a Keith Haring, questo movimento dalle strade metropolitane alle gallerie d'arte.




Entra in una fase violenta


depressiva associata ad un pesante uso d'eroina, a quei tempi era anormale non farsela, soprattutto in ambienti simili. Il suo forte attaccamento al re della Pop Art, che aveva manifestato fino alla fine, lo conduce all'abuso di eroina per superare il trauma. Ma lo spaesamento è troppo forte anche per chi ha vissuto in strada da bambino. È stato uno dei più importanti esponenti del graffitismo americano, riuscendo a portare, insieme a Keith Haring, questo movimento dalle strade metropolitane alle gallerie d'arte.

6.12.14

lettera aperta a Marco travaglio dal profondo sud di Desirè Giancana di http://www.dbtalk.it/





CARO MARCO TRAVAGLIO TI RACCONTO COS’E’ LA MAFIA E COME SI COMBATTE

by • 17 novembre 2014 

E’ passata poco più di una settimana da quando ti ho visto in Tv, comodamente seduto sulla tua poltrona a parlare di mafia. La nostra mafia. Già, perchè per quanto vi sforziate di comprenderne tutti i più microscopici meccanismi, la mafia è “cosa nostra” e non è facile da capire. Bisogna viverla, respirarla da vicino. Tu sei di Torino, città lontana dalla mia amata Sicilia. In quella puntata tu parlavi dell’arresto del superlatitante Totò Riina. In quegli anni tu ancora studiavi all’università e ti eri da
poco iscritto all’albo dei giornalisti professionisti. Ma ti occupavi di altro, non di lotta alla mafia. Di mafia allora se ne parlava poco, troppo poco. E chi osava faceva una brutta fine. Nel ventennio 70/90 tanti tuoi colleghi furono brutalmente uccisi dalla mafia. (Mauro Rostagno, Beppe Alfano, Peppino Impastato, Mauro De Mauro, Mario Francese, Giuseppe Fava, Carmine Pecorelli, Giovanni Spampinato). Ma quelli erano altri tempi. Ed era proprio di questo che ti volevo parlare.
Siamo alle soglie del 2015. E’ facile, anzi di moda, parlare di mafia. Ancor più di antimafia. Sfilano in passerella nei giorni in cui ricade l’anniversario delle stragi, qualche strada intitolata a qualche eroe morto di mafia. Perchè qui Marco si muore di malattia e anche di mafia. Quanti paladini della giustizia ho visto sfilare in questi anni, pronti a sputare sentenze per raccogliere qualche applauso. Ma sputare sentenze è facile da dietro uno schermo. Io invece voglio raccontarti di quegli anni da dentro, perchè io c’ero. Come te studiavo all’università, ma di Palermo, dove vivevo. Il mio paese di origine è Castelvetrano, paese dove sorge il più grande parco archeologico d’Europa, ma che invece viene ricordato per bel altro. Ma tu lo sai già. Perciò chi più di me può indignarsi di fronte al tuo visino sorridente mentre parli di uomini che l’hanno combattuta davvero la mafia, in prima linea. Loro, quelli che tu deridi in puntata descrivendoli come degli incapaci, corrotti e magari mafiosi, sono quelli che dopo 23 anni di latitanza sono riusciti a mettere le manette a Totò Riina.
Loro sono quelli che, mentre tu ti esercitavi a scrivere pezzi come vice-corrispondente da Torino, vivevano notte e giorno chiusi nelle balene, isolati dal mondo e facevano la pipì nelle bottiglie per non farsi scoprire. Vivevano ogni istante con la paura di fare il “botto”. Per mesi non vedevano le loro mogli e figli. Strisciavano di notte sulle montagne di Aspra come dei vermi per non farsi beccare. Mangiavano scatolette e non si lavavano per giorni e non per la carriera, nè per la gloria, ne certamente per soldi. Solo perchè ci credevano. E ci credono ancora.
Qui a Castelvetrano non li vedi, ma si sentono. Ma adesso è un’altra storia caro Marco. Adesso il popolo è consapevole, i cittadini collaborano, si fanno cortei, i pentiti cantano, la tecnologia aiuta e si sa come funziona la mafia (grazie al lavoro certosino di quei carabinieri che per primi scoprirono il sistema dei pizzini e l’organizzazione delle “famiglie”). Oggi le associazioni antimafia informano e lottano a fianco dei militari. A quei tempi no Marco. Le forze dell’ordine erano SOLE e lavoravano in condizioni pietose e per una manciata di spiccioli. Poi arrivi tu e racconti a tutta l’Italia di un capitano che a gennaio 93 arresta Riina però ad aprile dello stesso anno, secondo te, farebbe scappare volontariamente Nitto Santapaola dal suo covo di Terme Vigliatore. Mi è sembrata un’incongruenza talmente enorme che sono andata  a fare delle ricerche trovando in internet delle sentenze che documentano quei fatti. Così soprattutto sopra di lui ci sono procuratori e vertici dello Stato. A loro competeva la decisione e l’ordine di non perquisire, e se hanno dato tale ordine vuol dire che qualche motivo per adottare quella strategia ci doveva essere, non trovi?.
ho scoperto che hai mentito: il capitano Ultimo fu a Terme Vigliatore il 5 di aprile, ma Santapaola non fuggì per niente. Nei giorni successivi i suoi picciotti venivano intercettati mentre parlavano di Santapaola che se ne stava lì senza il minimo turbamento. Soltanto dopo perquisizioni di polizia effettuate in quel sito DOPO il 15 aprile, perquisizioni di cui si sente parlare nelle intercettazioni, il boss cambiò il covo,  soltanto dopo un mese.                                   Perché dunque hai mentito? Me lo puoi spiegare? E poi della storia che tu racconti sempre, secondo la quale Ultimo non avrebbe perquisito il covo di Riina senza un motivo, ne vogliamo parlare?  Forse tu dimentichi che un capitano non decide autonomamente cosa e quando fare. Sopra di lui c’è un maggiore, un colonnello e un generale. Ma   Forse ti sfugge il concetto di “militare” ed “eseguire ordini”. Io, al contrario tuo, non sputo sentenze. Perciò non avrò la presunzione di raccontare una verità che non conosco e che forse, da come esponi i fatti, pare che neppure tu conosca così bene.  Ma il pubblico televisivo farà sempre difficoltà a capire come stanno realmente le cose, perchè in quelle trasmissioni ci sei sempre solo tu a raccontare la tua verità. Non c’è contraddittorio. Che strano, eppure siamo in democrazia, credo. Io penso che se la trattativa c’è stata (e io lo credo possibile) c’è da

daniela loddo fa Un maxi necrologio per il suo cavallo "Ci giocavo a nascondino tra gli alberi"


 canzoni consigliate
  •  extra terrestre -Eugenio  Finardi
  • assomigliami  - Biagio Antonacci
  • una  piccolla parte  di te  - Fausto leali
  • un giorno credi  - Eduardo Bennato
in sottofonmdo



da www.unionesarda.it   del 5\12\2014




Daniela Loddo ( foto sotto ) la donna che ieri ha usato un'intera pagina de L'Unione Sarda per un necrologio "speciale", racconta il rapporto con il suo cavallo Zeuss, venuto a mancare un mese fa.

Daniela Loddo con Zeus
Zeuss le fu regalato da uno zio 18 anni fa e da quel momento Daniela ha stretto con l'animale un rapporto come tra madre e figlio: ci ha parlato nei momenti di solitudine; ci ha giocato a nascondino fra gli alberi; ci ha raccolto fichi d'India ("lui mi reggeva il secchio con la bocca"); gli ha preparato una torta speciale a ogni compleanno e quando ha avuto uno stipendio, lo ha diviso con lui. Un amore speciale quello che da sempre li ha tenuti legati, e che la donna ha voluto raccontare giorno per giorno in un diario. Zeuss è morto un mese fa. Un attacco di coliche fulminante. Ora, giura Daniela, non potrà esserci nessun altro.


Ma  chi sono io  per  giudicare  ?  l'importante  che  con tale  gesto   non faccia  del male a  gli altri\e  o all'ambiente  .
Lo so  che , come uno dei commenti ,  lasciati all'articolo  originale  (   qui l'url ) , ti  vine  il  nervoso    tipo  : <<  poteva  spendere  tutti  quei soldi in qualcosa   di  più  utile  o  darl  a  chi ne  ha  bisogno ., vabbe che uno con i propri soldi può' farne quello che vuole, ma una carità' invece di sprecare quei soldi per che cosa? Per un cavallo??!! Si posso anche capire che un animale ti possa dare certe
emozioni, ma per favore evitiamo di ridicolizzare il tutto. Persone che instaurano tali tipi di rapporti con gli animali danno segni di una propria difficoltà' ad instaurare dei rapporti affettivi con i propri simili e trovano negli animali quelli amici invisibili che si creano da piccoli. ho forse piu' rispetto io per gli animali che chiunque litratti da "pupazzi" o da esseri "umani" e' chiaro che si debba piangere un amico anche se animale ed e' naturale, ma la storia del comprare pagine di un giornale per il necrologio..e' ridicola..scusa..quando per disgrazia (non sia mai e facciamo gli scongiuri) muore un parente..che fa per due mesi compra la prima pagina del giornale ??? andiamo non esageriamo.. >> , ma  avendo vissuto   una  esperienza   simile alla sua  (  trovate    due  foto una  a  sinistra  e  una  al centro   )


   ,  cioè  ho perso   il mio gatto  persiano   4 anni  fa   , viveva  con noi    da  12\13  anni  ,  questo sfogo   viene meno  anche  perchè non  è detto    chi  non ami   anche i propri simili   .  E'  vero che   ci saranno anche  (  e  desto  questo atteggiamento  ipocrita  ) ,  persone hanno dei problemini di equilibrio neurologico, così come a dei miei conoscenti, sempre pronti a difendere a spada tratta i poveri animali ma altrettanto pronti a prendere a brutte urla la propria figlia perchè non riesce a fare bene i compiti.Ma  non generalizziamo e  rispettiamo  le  scelte  delle persone   specie  quando  non le  conosciamo benissimo e    non   fanno  nessuno  danno  a  gli altri\e  .


 come dice  uno dei commenti più  belli all''articolo  sopra  vedere   anche url 

pulpul
05/12/2014 08:59
meraviglioso
Questo è un esempio di come questi splendidi animali ci riempiono le giornate ma soprattutto il cuore e che ci danno un amore incondizionato.
Purtroppo c'e anche chi ancora preferisce mangiarli....

Infatti  A volte il dolore per la perdita di un animale non viene capito  o viene deriso   Tutti ti ripetono: "pensa a Tizio che gli è morta la moglie, quello sì che ha il diritto di piangere"! Ma perchè non si può piangere il compagno di una vita? Il punto fermo, quell'esserino che ti ama in modo incondizionato, qualsiasi cosa succeda...Il lutto è lutto, per chiunque.

4.12.14

Fotoconsigli: infrangere le regole


Avete imparato le regole base della fotografia? È il momento di scatenare la vostra creatività! Vedi tutti i fotoconsigli 
Imparate le regole della fotografia, poi infrangetele. Gli insegnamenti convenzionali forniscono una base importante e indispensabile, ma una volta imparate, non ci sono limiti all'espressione personale
 

Donna sul gommone lago Kuril, Kamchatka, Russia.
Fotografia di Randy Olson, National Geographic



Utilizzare lo spazio negativo
Lo spazio vuoto non significa necessariamente spazio sprecato nell'inquadratura. Se considerate lo spazio vuoto come un oggetto, e gli date lo stesso peso rispetto ad altri elementi nell'inquadratura, l'effetto può essere interessante. In questo caso, ad esempio, lo spazio vuoto è stato utilizzato assieme alla composizione per conferire all'immagine un senso di sognante solitudine.


Fotoconsigli: infrangere le regole
Il salto
Fotografia di James Nachtwey, National Geographic
 
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Rompere la regola dei terzi
Una delle regole base della composizione è dividere l'inquadratura in terzi e porre il soggetto nell'intersezione tra le linee, una misura che permette all'occhio di assorbire l'intera scena.
Ma si possono ottenere immagini molto forti anche con il soggetto al centro dell'inquadratura, soprattutto se c'è simmetria nell'immagine e un punto di riferimento solido, come in questa immagine scattata in Sudafrica. L'occhio cade innanzitutto sul ragazzo che salta al centro della foto, la cui energia viene enfatizzata dalla centralità. Gli altri ragazzi forniscono una quinta piacevole ed equilibrata da entrambi i lati, come una sorta di cornice.


Fotoconsigli: infrangere le regole
Un mattino a Shanghai
Fotografia di Justin Guariglia, National Geographic
Un gruppo di ballerini si esercita sul Bund di Shanghai di primo mattino.
 

Scattate in controluce
Una delle regole più citate della fotografia è che bisogna scattare con la fonte di luce alle spalle, in modo che il soggetto che volete ritrarre sia illuminato in maniera corretta e non in ombra.
La retroilluminazione crea l'effetto opposto, e isola il soggetto dallo sfondo in un modo che può risultare molto suggestivo. Se volete ottenere una sagoma scura, esponete sullo sfondo. Se scattate contro il sole, aspettate che venga coperto da qualche elemento nell'inquadratura, in modo che la fotografia non venga eccessivamente sovraesposta.


Fotoconsigli: infrangere le regole
 
Nel vecchio ranch    Fotografia di Raul Touzon, National Geographic  Questo granaio fa parte del Bonanza Creek Ranch, un'azienda agricola spesso usata come set cinematografico.



Stortate l'inquadratura
Mantenere l'orizzonte allineato con la base dell'inquadratura, e comunque mantenere dritta  l'intera scena, è una regola importante della fotografia, soprattutto quando si fotografano i paesaggi. Tuttavia, un'inclinazione intenzionale e suggestiva della macchina fotografica può dare un tocco dinamico al vostro scatto, trasformando una scena consueta in qualcosa di sorprendente.



Fotoconsigli: infrangere le regole
La ballerina
Fotografia di Joseph Valdivia, Your Shot
Yna ballerina sul palco a Rochester, Minnesota.
 

Creare un effetto mosso
L'effetto mosso può essere un errore, frutto del tremore delle vostre mani o di un tempo di esposizione troppo lungo, ma in alcuni casi il risultato può essere molto piacevole, e può conferire al vostro scatto l'atmosfera giusta. Provate a scattare con tempi di esposizione lunghi per sfocare il vostro soggetto in movimento, ma cercate sempre di mantenere un punto di riferimento che non sia mosso, anche una piccola porzione dell'inquadratura che risulti ben delineata e incisa. Ma in certi casi, se il soggetto possiede un certo equilibrio grafico, anche una foto completamente mossa può risultare in un'immagine splendida e astratta.




Fotoconsigli: infrangere le regole
 
Ragazzi in volo  Fotografia di Amy Toensing, National Geographic Tre ragazzi saltano da un ponte sul Mulwala Canal di Deniliquin, in Australia.

Scattare sotto il sole di mezzogiorno
Si dice spesso che l'orario ideale per scattare foto sia il mattino presto, oppure il tramonto, quando il sole è basso, la luce è più morbida e le ombre sono lunghe. Tuttavia, a volte la luce cruda di mezzogiorno può conferire l'atmosfera giusta al vostro scatto, e le ombre compatte e ben delineate possono contribuire a rendere l'immagine più interessante.





 
Fotoconsigli: infrangere le regole
 
Donne amish sulla spiaggia Fotografia di Johnny Nicoloro, National Geographic Un gruppo di donne amish sulla spiaggia di Waveland, nello stato del Mississippi.

Invertite la regola degli spazi attivi
Piuttosto che rispettare la regola dello spazio vuoto in cui si muove il soggetto, potete fare esattamente l'opposto. Fotografare il soggetto che esce dallo spazio vuoto anziché entrarvi crea un senso di movimento, e focalizza l'interesse su ciò che il soggetto si lascia alle spalle.



Fotoconsigli: infrangere le regole
 
Donne di Pechino Fotografia di Randy Olson, National Geographic Due giovani donne di Pechino, Cina.

Sfuocare il soggetto

In alcuni casi può risultare efficace sfuocare il soggetto principale, a patto che vi sia un particolare sullo sfondo che resti a fuoco. In questo scatto, si ha l'impressione di scrutare dietro le quinte, cogliendo un particolare intimo. Utilizzate il fuoco manuale e aprite il diaframma il più possibile per ottenere una profondità di campo ridotta. Fate dei tentativi, scegliendo di mettere a fuoco un soggetto in primo piano o sullo sfondo. Si può anche scegliere di sfuocare l'intera immagine, ma non esagerate, altrimenti non si riuscirà a discernere alcun particolare.


Fotoconsigli: infrangere le regole
 
Times Square
Fotografia di Michael Yamashita, National Geographic  Vista con mosso controllato di Times Square, New York.

Usare lo zoom in fase di scatto
Un altro metodo per creare un senso di movimento e di dimensione è utilizzare lo zoom mentre si scatta. Per farlo però dovete mantanere l'apparecchio ben fermo, magari su un treppiede, e utilizzare un tempo di esposizione abbastanza lungo da permettervi di zoomare durante lo scatto. Zoomate con un movimento fluido e costante, e scegliete una situazione in le fonti di luce disponibili vi permettano di ottenere un effetto suggestivo.








Allatta un bimbo mentre prende un tè Il cameriere: "Non può, deve coprirsi"


Allatta un bimbo mentre prende un tè
Il camerie


La donna, Louise Burns, ha pubblicato le foto su Twitter per rendere nota quella che definisce "una vera umiliazione".
Mentre allattava al seno il suo bimbo di 3 mesi, una donna di 35 anni, Louise Burns, che si trovava in hotel di lusso a Londra, ha visto avvicinarsi velocemente un cameriere che le porgeva un enorme tovagliolo dicendole: "La politica dell'hotel prevede che lei si copra". Incredula a quelle parole, la donna ha iniziato a piangere: "Questo è il mio terzo bambino.
Ho avuto problemi al seno con i primi due, ma questa volta era andato tutto bene. Non mi aspettavo di essere ammonita". Teatro della scena, il Claridge's Hotel, dove Louise era andata per prendere un tè con la madre e la sorella. Louise ha pensato di andarsene, ma la gentilezza del cameriere l'ha calmata e si è fatta scattare queste foto, poi pubblicate su Twitter per denunciare quella che ha definito "una vera umiliazione".
I proprietari dell’hotel hanno offerto alla mamma uno sconto di 75 sterline oltre all’invito a ritornare ad esser loro cliente. Ma, stando a quanto ha dichiarato lei sul social network, ha provato una tale vergogna "che non potrà mai ritornarci".




ESIBIZIONISMO?????
Capisco tutto ma un gesto così puro come l'allattamento richiede discrezione e sopratutto di essere praticato al riparo dagli sguardi indiscreti...dei fotografi!!!
 
Non è che  invece  è come  dice   il mio contatto  Daniele Della Famiglia Guidazzi Se guardiamo i governi e le leggi che fanno. Basate proprio sullo stupido concetto di società ipocrita che oggi impera.
 
   A  voi la scelta  

La foto che commuove il Brasile La bimba fa il bagno nel tombino

  La foto della bimba a Rio

L'immagine scattata da un fotografo al quale il padre della bimba ha chiesto l'elemosina. E lei: "Non dategli niente!".
Suscita commozione, in Brasile, l'immagine scattata ieri da un fotografo a Rio de Janeiro. Una bimba di circa 5 anni fa il bagno nell'acqua sporca di un tombino aperto, sotto lo sguardo indifferente di molti passati. La piccola, che indossava solo gli slip, è rimasta nella pozzanghera fino all'arrivo del fotografo, al quale il padre, seduto poco lontano e in apparenza ubriaco, ha chiesto l'elemosina. Ma la bimba è intervenuta: "Non dategli niente - ha detto - altrimenti spende tutto".

La campagna maschilista contro gli stupri della polizia ungherese




La polizia ungherese ha pubblicato un video per mettere in guardia le donne contro gli stupri. Nella clip tre ragazze si divertono e flirtano in discoteca con degli uomini. Per molti il messaggio è colpevolizzante: se ti metti la minigonna e bevi alcol inciti gli uomini a commettere violenza sessuale.
  Ma  che  raxza   di pubblicità è  questa  ?  ha  ragione Luigi Piga  , comtatto di facebook <<  maschilista..bell'arietta in Ungheria >> 
Ogni nulteriore  commmento  è di troppo  

Vicenza, lascia l'azienda in eredità ai 25 operai. Il funerale in fabbrica di Leonardo Martini, patron della Dioma



Non voleva lasciare l'azienda in mano agli estranei. E così Leonardo Martini, imprenditore vicentino, ha deciso che gli eredi dovessero essere i suoi 25 operai. Il funerale è stato celebrato il 2 dicembre in forma laica all'interno della fabbrica, la Dioma.
Lo riporta il Giornale di Vicenza:
Chissà se si è mai visto prima un funerale in un capannone industriale. Con la bara e i fiori tra i bancali sopra gli scaffali, gli scatoloni e la gru-paranco che sostiene un uomo di Leonardo in legno. Dove non c'è il prete, perché è un rito laico. Ma parlano operai, collaboratori e amici. E se non si è mai visto prima allora forse era giusto che quell'omaggio di ieri fra le fabbriche in zona industriale fosse dedicato a Leonardo Martini.
Lo hanno voluto i suoi dipendenti, il rito in fabbrica. Dentro quella Dioma srl in via dell'Economia che fa stampaggio di materie plastiche e crea gli stessi stampi. E che vende ad aziende come Audi, Volkswagen e Saeco. Una fabbrica che Leonardo Martini, morto a 72 anni senza figli dopo una breve malattia, ha messo in piedi nel 1967 e lascia in piena salute in un settore che è invece in piena crisi. E soprattutto che lascia in eredità ai suoi 25 dipendenti, come ha scritto nel testamento che verrà aperto oggi.

3.12.14

Cina: donna finisce nel fiume in auto, i passanti la salvano .ESISTE ANCHE LA SOLIDARIETA'

In Cina nella Contea di Xiangshan una donna ha perso il controllo dell'auto ed è finita in nel fiume. I passanti che hanno assistito alla scena sono intervenuti per salvare la donna dall'acqua e a tirarla su mentre l'auto affondava


2.12.14

Riacquista la vista a 103 anni dopo un intervento a Oristano . ne vale la pena ?

 Leggendo la storia  che trovate  sotto mi chiedo , ma  che  se  ne  fa  , una che  è arrivata   già  malata   a  quell'età  della vita  , non è meglio  stare  come  si sta   ed  acettare  la situazione  di fatto , senza ricorrere  ad interventi  o meno  ?

unione sarda   Martedì 02 dicembre 2014 16:56


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La felicità dev'essere arrivata tutto d'un colpo, per la nonnina di 103 anni che dopo un delicato intervento è tornata a vedere i colori, i volti delle persone, i dettagli delle cose.
L'anziana signora ha infatti riacquistato la vista, persa molti anni fa, grazie a un delicatissimo intervento chirurgico eseguito ieri nel Reparto di Oculistica della Casa di Cura Madonna del Rimedio di Oristano. La paziente era cieca a causa di una cataratta inveterata totale complicata all'occhio sinistro e di un'atrofia del nervo ottico all'occhio destro.



L'equipe del dottor Giorgio Mattana ha utilizzato la tecnica di "facoemulsificazione", che ha permesso di eliminare la cataratta e contemporaneamente di impiantare una lentina intraoculare di ultima generazione e il successo dell'intervento, spiega la Casa di Cura, è stato reso possibile "anche dallo spirito collaborativo e motivato della paziente".



Granchi rossi in marcia Lo spettacolo australiano


 canzone consigliata in viaggio  -  ex  Csi



Granchi rossi in marcia Lo spettacolo australiano

 

 

 

                                                      La migrazione dei granchi rossi




Una volta l'anno, all'arrivo dei monsoni, quasi 50 milioni di granchi si mettono in marcia attraverso la foresta per raggiungere l'oceano. Christmas Island è una piccola isola montuosa che si trova al largo delle coste dell'Australia. Per la maggior parte dei mesi, è un perfetto e stupendo paradiso, con fitte foreste e coste bellissime. Una volta all'anno si tinge di rosso con milioni di granchi (Gecarcoidea natalis) che migrano dalla foresta verso costa per riprodursi e deporre le uova.
LA SENSIBILITA' DELLA POPOLAZIONE - Da tempo il fenomeno è documentato con foto e video. Gli abitanti sono abituati a vedere questo spettacolo. Anzi, hanno maturato nel tempo un istinto protettivo. Come? Cercando di ridurre le morti accidentali attraverso la costruzione dii ponticelli di diversi o deviando le strade. Proprio sulle strade non è raro trovare dei cartelli che invitano gli automobilisti a fare attenzione.
IL VIAGGIO - I granchi rossi attraversano l'Isola per raggiungere la riva. Qui i maschi scavano tane in cui si verifica l'accoppiamento con le femmine. Le uova si schiuderanno dopo circa un mese in acqua. I giovani granchietti, anche se grandi appena cinque millimetri di diametro, lasceranno poi la riva per migrare verso l'interno e dopo 9 giorni di marcia raggiungeranno l'altopiano. Si rimetteranno in viaggio solo quando arriverà l'età dell'accoppiamento, percorrendo la strada già fatta, ma stavolta al contrario.






Scatola davanti al ristorante cinese: "Ora mangiatevi questo gatto


Va  bene  , fare dele provocazioni   ,   ed essere amanti  degli animali  . Ma  l'autore dello "SCHERZO", come lo definisce chi ha scritto l'articolo sotto , penso sia stato compiuto da un "amante degli animali", che nella sua ignoranza non si e' neanche documentato: 1) sulla  cucina cinese  (  I  II  ) i cinesi "si dice" che mangino i cani  come  in molte parti dell'Asia e non  ( ma  l'ipotesi e  controversa  http://www.webalice.it/nvcaporale/mangiare_cani_e_gatti_in_cina.html )  i gatti, questi ultimi "sempre si dice" sono sempre stati una prelibatezza di Mantova e secondo alcuni  anche  dell'Italia del centro-nord ed in particolare in Veneto con epicentro nelle zone di Vicenza e Verona, ma anche nelle province che stanno ad est della Lombardia (Bergamo, Brescia e Mantova) e in alcune zone del Piemonte e dell'Emilia Romagna   seconmdo http://espresso.repubblica.it/food/dettaglio/sos-gatti-ce-ancora-chi-li-cucina/2172961
2)   se  effettivamente  in quel locale  si cucinassero e servissero  gatti  . 
Ed in virtù diu cio'    mi sembra ben lontano dall'essere un amante degli animali..sembra molto di più uno scherzo razzista  \ exenofobo   e questo lo conferma




                                       Il gatto lasciato fuori dal ristorante (foto Il Secolo XIX)


Scherzo di pessimo gusto fuori da un ristorante cinese a La Spezia.

"Se avete finito i vostri, mangiatevi questo gatto arrabbiato". E' la scritta trovata su uno scatolone lasciato fuori da un ristorante cinese di La Spezia all'interno del quale c'era un trasportino con un gatto bianco a pelo lungo. Al momento non è chiaro se si sia trattato di un gesto di razzismo, ispirato al pregiudizio, o di uno scherzo di cattivo gusto. E ora resta da chiarire a chi appartenga l'animale. Sulla vicenda sta indagando la polizia.
"Mai mangiato un gatto - dice il proprietario del ristorante - Nella regione in cui sono nato non si mangiano i gatti. E comunque, tutto quello che è sul me

nu ha ingredienti ben chiari. Ci sono frequenti controlli sanitari, non ho mai ricevuto una multa".

1.12.14

Il telefonino distrae dalla cena. Ecco la soluzione per riavere l'attenzione




"Passami il sale", questa la traduzione del titolo (e anche lo spunto) di questo corto geniale che vuole indagare l'influenza delle tecnologie, e in particolar modo dei social, nella vita di tutti i giorni a discapito dei rapporti sociali. "Pass The Salt", ideato e realizzato da Matthew Abeler, studente di comunicazione mediatica alla Northwestern University, gioca infatti sull'alienazione dovuta all'uso dello smartphone di due ragazzi seduti a tavola durante una cena. Il padre davanti a questa loro "distrazione tech" avrà un'dea brillante per richiamare la loro attenzione. Il corto è anche vincitore del Best Comedy Award at the 2014 Five16 Film Festival
(a cura di Nicola Perilli)

non sempre i bambini\ gli adolescenti sono bimbiminkia la storia del piccolo Santiago [ argentina ] e di Maggie [inghilterra ]

per  chi volesse  approfondire


 Sono due  bellissime  ,prese  (  commenti compresi  ) da  http://www.caffeinamagazine.it/bambini/
 non so da  quela  incominicare  ,  esse    smontano  il  luogo  comune  che  tutti i  bambibni\e  siano     dei  bimbiminkia .
 
Ecco ora  ci sono   ho scelto d'iniziare  da  quella  di Maggie  perchè  
 
 << 

Laura Shiatsu · Milano
minchia chissa che rompicoglioni sara da grande!!!

"Anche a me piacciono i robot" e la bambina di 7 anni denuncia il supermercato
 



Mentre camminava tra gli scaffali di Tesco (la nota catena inglese di distribuzione alimentare) Siamo nel reparto giocattoli e Maggie, accompagnata dalla mamma, nota un cartello che la disturba, c'è scritto: "Regalo divertente per maschietti". Ma perchè? In fondo sono dei robot ed anche a lei piacciono, proprio come gli piacciono gli zombie e Spiderman. Allora non ci sta e convince la madre a farsi fotografare con la faccia imbronciata davanti al cartello incriminato. (continua dopo la foto)



Il tweet di Karen Cole, la mamma giornalista e blogger, è stato condiviso quasi diecimila volte e ha convinto la Tesco a ritirare i giocattoli con quella scritta per accontentare la bimba.
Il fatto non è sfuggito ai coordinatori della campagna "Let toys be toys" (lasciate che i giocattoli siano i giocattoli, ndr) che ha l'obiettivo di lasciare liberi i bambini e le bambine di giocare con ciò che desiderano, senza limitazioni di genere: femminucce con i robot e maschietti con le bambole, se lo vogliono.


  
Infatti  .  Io     fin da piccolo   , quando andavo   a  giocare  con le  figlie  dei vicini di nonna    materna  giocavo anxche  con le  bambole  ,  ed  adesso se pove    e  prendo un ombrello  anche donna  .  Condivido pienamente ! pure non avendo  figli\e  il pensiero  di   Paola Tamino · Roma
Ho avuto due gemelli: un maschio e una femmina e hanno giocato insieme, senza distinzione di sesso (il più possibile) e sono cresciuti in armonia fra loro. Purtroppo , una volta diventati più grandi,io stessa ho dovuto fare delle distinzioni, come ad esempio, uscendo sola da una festa tardi, lei correva più pericoli del fratello . Ora sono loro ad educare i figli e ad affrontare il problema, non aiutati però dall'industria del giocattolo che accentua le differenze per motivi economici, , per andare sul sicuro." Speriamo che ce la caviamo" .
 
La seconda  storia   invece  Lezione   di Umiltà e semplicità , valori che stanno scomparendo  al mond  d'oggi   
 
 

Solo un "tagliere" per regalo: il figlio ringrazia. Ma poi arriva il regalo vero. E la felicità

 
 
Ci troviamo in Argentina, nei pressi di Bahia Blanca. Il piccolo Santiago è un bambino che fa parte di una povera famiglia. E' il suo compleanno e la mamma gli da in dono una regalo incartato, lui lo scarta e scopre di aver ricevuto un tagliere, si un tagliere di legno, quello utilizzato da tutti noi per affettare le verdure. La cosa sembra strana ma il ragazzo ringrazia e abbraccia la mamma, conscio del fatto che in una famiglia povera anche un oggetto come quello può essere tanto. 
 

 
Ma la vera sorpresa deve ancora arrivare. Alla fine dei ringraziamenti per il tagliere, la mamma fa notare a Santiago che i regali non sono finiti e che deve ancora scartane uno. Nel nuovo pacco avvolto dalla carta regali c'è un tablet, bello e nuovissimo con il quale il piccolo potrà giocare, studiare e rimanere connesso col mondo. A questo punto arrivano le lacrime, l'abbraccio alla mamma è commovente e rappresenta al meglio la gioia di un bimbo che riesce a dare un valore immenso ai sacrifici della propria famiglia. Un bel messaggio in vista del periodo natalizio che si sta avvicinando. 
 

30.11.14

Santa Teresa detenuto arrestato con la pistola davanti a casa del rivale chiede << voglio restare in carcere altrimentio mi rovino >>


unione  sarda  del  30\11\2014

mentre provavo a cercare  con gooogle  prima di  copia e  incollare tramite   il file  png   la news  dall'edizione  cartacea dell'unione  sarda   ,  leggo queste altre due  storie 

La prima   da http://www.liberta.it  (  giornale di Piacenza  e dintorni  )  del 27 maggio 2013

“Voglio rimanere in carcere perché ho sbagliato”. Parla l’assassino di Angelica


“Ho sbagliato e voglio rimanere in carcere”. A parlare è Maurizio Ciceri, 49 anni, operaio di Guardamiglio che venerdì scorso ha ucciso a coltellate la sua ex convivente Angelica Timis, 35 anni, di origini romene. L’altro pomeriggio davanti al Gip del tribunale di Lodi, Alessandra del Corvo, Ciceri ha parlato per quindici minuti. Ad assisterlo c’era il suo avvocato Paolo Aliprandi, del foro di Lodi. L’operaio ha spiegato di non aver retto la fine della relazione con l’ex compagna, aggravata dalla precaria situazione economica e lavorativa. L’azienda per cui lavorava infatti aveva deciso di chiudere. E proprio venerdì pomeriggio i colleghi di Ciceri stavano incontrando l’avvocato quando hanno appreso che lui aveva assassinato l’ex compagna nei giardini di via Paolo VI a Guardamiglio. Davanti al giudice ha raccontato di aver preso dalla sua casa un coltello da cucina (con un lama di 15 centimetri) e di aver atteso il passaggio della ex convivente che stava andando a lavorare come domestica in un’abitazione. Già lo scorso ottobre Ciceri aveva picchiato Angelica perché non sopportava l’interruzione della loro storia. Lei all’inizio lo aveva denunciato ma poi aveva cambiato idea. L’uomo resta in carcere a Lodi. L’accusa è di omicidio volontario.
Intanto Emilia, l’amica del cuore di Angelica, ha raccontato che la vittima le diceva di stare tranquilla perché non si sarebbe fatta prendere da Ciceri. Ma purtroppo le cose sono andate diversamente. Domani sera alle 20.30 il sindaco di Guardamiglio Maria Grazia Tondini ha indetto una fiaccolata per ricordare Angelica.







La  seconda  Palermomania.it > DAL MONDO  27/11/2014 - 12:23

Baltimora, gangster mette incinte 4 guardie: ''Questo è il mio carcere''

Boss spacca cuori: Tavon White dovrà scontare vent'anni per tentato omicidio nel penitenziario americano, ma durante la permanenza mette incinte quattro guardie, cadute ai suoi piedi

di Palermomania.it | Articolo inserito il: 27/11/2014 - 12:23 | Articolo letto 827 volte

È una storia che ha dell’incredibile quella di Tavon White, gangster americano condannato a vent’anni di carcere per tentato omicidio e spaccio di droga che ha messo incinte ben 4 guardie carcerarie.
Il boss spacca cuori di Baltimora avrebbe fatto proprio colpo, ma a scandalizzare di più sono le dichiarazioni del detenuto, che ha fatto del penitenziario il luogo dove portare a termine qualunque “delirante” progetto personale. “Questo è il mio carcere, la mia parola è legge” avrebbe affermato White, considerato un vero e proprio gangster all’interno della prigione dove si è conquistato il ruolo di boss di una banda di trafficanti che racimola tra i 10 e i 20mila dollari a settimana.   
Nel carcere,  Tavon ha creato una sorta di harem, esercitando sulle guardie donna una tale influenza psicologica da indurre due di loro non soltanto a concedersi alle sue attenzioni sessuali fino al punto di rimanere gravide, ma addirittura a tatuarsi il suo nome sulla pelle per avere di lui un ricordo indelebile.  
Tavon è il leader di quella che è stata chiamata la Black Guerilla Family, una gang che opera praticamente indisturbata nel Baltimore City Detention Centre, grazie alla collaborazione tra detenuti ad essa affiliati e guardie conniventi, per il traffico carcere di droga e telefoni cellulari . L’uomo è anche considerato il testimone chiave nell’ambito di un caso federale che vede coinvolti decine fra detenuti e officers del penitenziario in quello che è stato definito l’ “upside down world”, ovvero un giro di collaborazione a delinquere nel quale gli officers si sono posti al servizio dei membri della gang.
Che sia il successore di Charles Manson? Di certo, un criminale sui generis di cui sentiremo riparlare.


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