E’ l’ultimo Natale che i giganti di Monti Prama, le statue della memoria nuragica, passeranno assieme.
A gennaio partiranno dal centro di Restauro di Li Punti, che le ha ricomposte da migliaia di frammenti.
A marzo una ventina di statue verranno esposte in una mostra in onore di Giovanni Lilliu. Subito dopo sei di esse, assieme a quattro modelli di nuraghe, saranno visibili in una sala del Museo di Cabras.
La divisione sta per concretizzarsi.
L’idea del Soprintendente Minoja, maturata ai tempi di Bondi e Resca, procede: un esecutivo da portare a termine. Si è provato a suggerire che le copie finissero al Museo di Cagliari, ciò che forse non avrebbe invalidato la forma.
Lo Stato centrale ha fatto la sua parte.
Ma la sconfitta è del territorio e dell’ipotesi che non ci sarebbe stata divisione, ribadita sino al 2010 dall’assessore Milia; del Sinis, che ha accettato un mediazione (alla fine di questo processo, ma la data non è certa, le tre statue più rappresentative e un modello di nuraghe andranno al Museo di Cagliari, le altre a Cabras) che può avere qualche valore politico, ma è culturalmente sbagliata.
L’appello promosso da chi scrive con Carlo Tronchetti, Fabio Isman, Mario Torelli, Giulio Angioni, Paolo Bernardini, Alberto Moravetti, Marco Milanese, Giuseppina Manca di Mores, Emanuela Atzeni, Franco G. R. Campus, Alberto Gavini, Valentina Porcheddu, Luca Sanna, Laura Soro, è stato firmato da migliaia di persone tra le quali nomi del mondo archeologico come Sandro Filippo Bondì, Eugenia Equini, Mario Liverani, Attilio Mastino, Elena Pierro, Giuseppe Pucci, Maria Josè Strazzulla, Maurizio Tosi, Peter Van Dommelen, Cinzia Vismara.
Da questo punto resta in apparenza inascoltato, ma ha segnato, e segna – perché non si chiuderà - una traccia verso un obiettivo. Vi chiedo perciò di potenziare l'evento, che si chiuderà con il ritorno definitivo di tutti i materiali a Cabras.
Oggi le statue possono stare a Cabras solo in piccolo numero, e non si coglie più il senso di un’azione che poteva costruire un’ottima base di partenza: il bel progetto vincitore del concorso sul ‘Polo museale di Cabras’ realizzato dai giovani professionisti di Alghero e Sassari Renata Fiamma, Walter Dejana, Simone Lumbau, con la collaborazione di Maria Grazia Satta
In questo modello non ci sono ostacoli, come mi hanno confermato i progettisti, per ospitare tutto il complesso scultoreo.
Le critiche sono note, e le riassumo: un contesto coerente non si divide su musei diversi (le difficoltà per l’interpretazione di tale coerenza non ne diminuiscono la natura di contesto) senza ostacolarne fruizione e lettura.
E’ un concetto basilare della recente modernità in archeologia e in museologia.
Vi si è arrivati – evidentemente non in modo compiuto - superando vecchie concezioni antiquarie che formavano l’apparato ideologico della pur valida legge 1089 del 1939, con un patrimonio di battaglie e alte riflessioni lungo la seconda metà del Novecento. L’inseparabilità, più che un principio, è la condizione migliore per lettura, interpretazione e godimento. Una separazione non diventa unità solo perché il “sistema Mont’e Prama”, composto da un museo statale, uno civico e un Centro di restauro, viene definito ‘unico sistema museale’.
E’ naturalmente utile abituarsi a pensare che una critica e un confronto, anche severi, non siano una drammatizzazione del dibattito ma l’illustrazione di diverse letture e posizioni, e, nel caso (come in questo), la relativa battaglia di cittadinanza.
Gli aspetti positivi ci sono, e assai importanti: attraverso materiali archeologici di grandissima rilevanza il bianco racconto della pietra arenaria configurata a torri e guerrieri cercherà di arrivare con nuova forza. Nuove speranze provengono dalla ripresa a lungo invocata degli scavi nel sito.
Ma, infine, la questione va oltre l’archeologia e coinvolge gestione e sviluppo dei beni comuni, il processo decisionale ad essi legato. Il destino di un bene comune, qua con forte valore identitario, dovrebbe essere determinato assieme alla comunità e nella comunità.
Il progetto che si porta a compimento si chiama “BC2 Beni culturali Beni Comuni. Un approccio partecipativo alla valorizzazione: Il sistema museale di Mont’e Prama”. Workshops ben gestiti e senz’altro migliorativi rispetto alle vecchie prassi. Ma si è partecipato ad una scelta già fatta....
Aggiornando la vecchia massima del marchese De Coubertin, l’importante è partecipare, non decidere. I beni comuni, che animano il titolo del progetto, richiedono ben altri processi decisionali!
Infine, i modelli territoriali. In attesa del futuro Museo di Cabras (o comunque della nuova sede per Monti Prama), la concezione centralista che interpreta contesto, musealizzazione, fruizione e valorizzazione inciderà su quella ‘speranza’ di dinamiche territoriali, anche economiche, insite nel differente modello territorialista dello ‘sviluppo locale’.
E’ stato sostenuto da funzionari della Soprintendenza che la visita all’esposizione cagliaritana spingerà la gente ad andare nel Sinis a vedere le altre statue. Succederà, ma sarà un fatto decisamente minore.
La maggior parte dei visitatori, vista l’esposizione cagliaritana, dirà “
beh, le statue le ho viste’ e passerà ad altro.
Buon Natale quindi, e felici auguri per un cambio decisionale e culturale, perché questa visione riverniciata in digitale ma ottocentesca, è introiettata non tanto e non solo (ovviamente è il suo ruolo) dal Ministero, quanto dalle attuali rappresentanze del territorio sardo. Mi auguro che questa battaglia continui in maniera civile, riuscendo a riportare nella sua sede naturale tutti i materiali archeologici, dentro quel grande luogo che è la Penisola del Sinis, la sua gente, le sue aree protette, la sua cultura, le economie di terra, mare e stagno.