Infatti concotrdo con Francesca Piferi : << Ma poi scusa che senso avrebbe fare una vignetta sui talebani per offendere la comunità lgbt! Ci vuole una mente contorta assai per pensarlo.>> e con Alessandro Carraretto << Santo cielo, a voler ostinatamente e narcisisticamente vedere del male in ogniddove, sembrate più estremisti di loro. >>
Nostra patria è il mondo intero e nostra legge è la libertà
19.8.21
la paranoia del linguaggio inclusivo e del politicamente corretto lancia una shitstorm contro la vignetta di Andrea Bozzo scherza chiaramente sul fatto che i talebani impongano lo ɐ,
Infatti concotrdo con Francesca Piferi : << Ma poi scusa che senso avrebbe fare una vignetta sui talebani per offendere la comunità lgbt! Ci vuole una mente contorta assai per pensarlo.>> e con Alessandro Carraretto << Santo cielo, a voler ostinatamente e narcisisticamente vedere del male in ogniddove, sembrate più estremisti di loro. >>
18.8.21
CHIACCHERATA INTERVISTA SUL DECRETO ZAN E SUL GENDER A CRISTIAN PORCINO
IO Indipendentemente da credente o non credente, visto che sei un filosofo e un docente, voglio chiederti cosa ne pensi di queste assurde dichiarazioni: << Mai andare oltre quello che ci è stato consentito, altrimenti si perde il concetto di essere umano >>. Così la senatrice della Lega Antonella Faggi ha concluso il suo intervento nel corso della discussione generale sul Ddl Zan nell'aula del Senato.
Noto con rammarico che chi non condivide alcuni aspetti del Ddl Zan
si è arroccato ormai su posizioni ideologizzate. Intavolare un dialogo con qualcuno presuppone
l’intenzione di ascolto e io non vedo in certi ambiti alcun interesse in tal senso. Chi ostacola
l’approvazione di questo disegno di legge si rende purtroppo complice dei crimini d’odio. Certi
esponenti politici italiani guardano con benevolenza alle politiche omofobe e misogine di Russia,
Polonia e Ungheria. L’approvazione della legge Zan segnerebbe uno spartiacque tra chi è in prima
linea per la difesa dei suoi cittadini e chi invece reprime e annienta tutto ciò che non rientra in uno
stereotipo tradizionale di stampo eteronormativo. Bisogna tenere presente che quando nasciamo
non abbiamo un genere ma un sesso. In molti hanno una gran confusione in testa su questi termini
e li utilizzano erroneamente come sinonimi.
A tal proposito vi consiglio la lettura di un libro illuminante scritto dalla sociologa Graziella Priulla
“C’è differenza”.
17.8.21
PIERA PER TUTTI E artista come nessuna © Daniela Tuscano
La contemporanea, godotiana Marina e la mitologica sovrana, giustamente vendicativa, tutta occhi e denti. Dedicarle un libro-paradigma, sorta di "Confessione" agostiniana, fu scelta felice, perché Piera fu naturalmente femminista: ai margini, sperimentale, ma non soltanto viscerale: proprio stramba, e per nulla snob. Attrice, produttrice, così tanto donna da riassumere anche l'uomo. E questo devastante 2021 ci ha sottratto pure lei, condannandoci a un orfelinato senza scampo.
SE OGNUNA DI NOI di ©Daniela Tuscano
Troppi obiettori in Sicilia, gli aborti tornano clandestini di Eugenia Nicolosi
17 AGOSTO 2021
Un tasso di obiezione di coscienza inferiore solo al Molise e alla provincia autonoma di Bolzano rende la Sicilia il posto in cui gli aborti clandestini e la legge 194, quella che dal 1978 regola le interruzioni volontarie di gravidanza in Italia, coesistono. Tenendo presente che i tempi per questi interventi sono limitati, visto che le donne — a seconda del metodo — possono interrompere una gravidanza al massimo entro i primi 90 giorni dal concepimento, chi decide di farlo nell’Isola si scontra con intoppi di ogni genere. E non sono poche le donne che valicano i confini regionali o della legge pur di farlo.
Obiettori 5 ginecologi su 6
Il calvario inizia con la difficoltà di sapere come, quando e dove: i siti del ministero della Salute e dell’assessorato regionale alla Sanità non fanno cenno alle modalità di accesso. Da quanto emerge dalle testimonianze, da Palermo a Catania il sistema è ipertrofico: i consultori spesso ignorano il telefono e gli ospedali tendono a rimandare di settimana in settimana l’appuntamento, anche solo telefonico, chiesto da chi ha bisogno di informazioni. A monte di tutto ciò, i report del ministero e degli osservatori indipendenti concordano nel registrare un tasso di obiezione di coscienza dell’82,7 per cento, che in alcune province è pari al 100 per cento, come per esempio a Marsala. Di conseguenza, nel 2019, l’Istat dava 5.281 interruzioni volontarie di gravidanza in tutta la Sicilia, un numero inferiore a quello della sola città di Milano, 5.326. Ancora un dato: grazie alle mappe online delle associazioni pro-choice si scopre che l’accesso all’Ivg farmacologica con Ru486, possibile solo entro le prime 9 settimane, è attuata solo in otto strutture in tutta la Sicilia.
Toppi obiettori in Sicilia, la denuncia di operatori e volontari: "La legge 194 è disattesa"
Alla ricerca di un ambulatorio
Le storie dietro questi numeri sono violente: Sara racconta di aver litigato con lo staff sanitario che per ore ha tentato di dissuaderla, Claudia ha ascoltato le preghiere di una suora a fianco a lei durante tutta l’attesa, Valentina non trova nel suo Comune ginecologi che le facciano l’ecografia che certifica lo stato di gravidanza fondamentale per procedere e Lucia, lavoratrice con due bambini, deve affrontare dei pellegrinaggi a ovest perché in Sicilia orientale nessuno le fornisce la Ru486. Messina è dove inizia l’avventura di Virginia che dopo decine di telefonate e viaggi in lungo e in largo durante un periodo di “zona rossa” è riuscita a interrompere la gravidanza a Palermo pochi giorni prima dello scadere dei termini legali. «Io non sono obiettore ma tutto lo staff lo è, quindi non facciamo Ivg — racconta Giorgio, ginecologo di una struttura nel messinese — sono una decina all’anno le donne che vengono per questo e cerco di aiutarle mettendole in contatto con colleghi altrove».
Le scelte del personale non medico rispetto a come porsi davanti le Ivg sono un’altra variabile che incide: il ministero della Salute, nel 2016, dava un tasso di obiezione di coscienza negli staff delle strutture italiane pari all’85,2 per cento. Dalla zona di Agrigento raccontano: «Ho fatto l’Ivg farmacologica al Giovanni Paolo II di Sciacca. Dopo diverse ricerche ho capito che potevo rivolgermi solo a un ginecologo in tutta la provincia».
In viaggio verso il nord
Nell’intero territorio trapanese c’è un solo ospedale in cui si può abortire per scelta e a Catania «abbiamo dovuto aprire un consultorio noi — dice Maria Giovanna Chiovaro, del collettivo “Non una di meno” — tra ospedali che chiudono e consultori fantasma le donne sfiorano la disperazione delle ultime ore. Alcune per avere la certezza di farlo partono per il nord perché qui a Catania la Ru486 praticamente non esiste, quando arrivano da noi sono esauste». A Palermo il tasso di obiezione è leggermente inferiore, tuttavia «il diritto all’Ivg è in pericolo: noi stiamo andando tutti in pensione e oggi le classi di specializzazione sono tutte di futuri obiettori», dice Francesco Gentile, dell’ospedale Cervello.
Ma perché? «A parte un esiguo gruppo di colleghi che lo fa per motivi religiosi gli altri scelgono di dare le spalle a un carico di lavoro enorme e meno siamo più è difficile applicare la legge». Alcuni anni fa al Cervello fu finanziato un progetto che agevolava e sveltiva le Ivg. «Mi riferiscono che in quel periodo nessuno era più obiettore, poi finito il progetto e quindi i soldi ecco di nuovo l’obiezione — sottolinea Gentile — ne deduco che se ci fosse un riconoscimento economico il tasso di obiezione si dimezzerebbe. È un invito a valutare l’idea di incentivare queste procedure. Non è più possibile che in una nazione esista una legge e contemporaneamente una percentuale così alta di obiettori». Una visione confermata da una collega più giovane che attacca: «Sono una delle poche in Sicilia a praticare l’Ivg — dice Rosalia, ginecologa non obiettrice — E confermo anche che la Ru486 è difficilissima da trovare, nonostante la legge, soprattutto dalle parti di Messina». Poi c’è il problema dei colleghi obiettori: «Mi ci scontro spesso — racconta — d’accordo non fare le Ivg ma nemmeno è giusto scaricare tutte le pazienti a noi negando informazioni e a volte anche esami specifici. Siamo sommersi di lavoro».
Una questione di fede
Chi fa obiezione di coscienza si appella spesso alla fede. «L’ho fatto per motivi religiosi — spiega un medico di Palermo — mi sentivo troppo in colpa e ho smesso. Credo sia però doveroso aiutare le pazienti a procedere facendo da tramite tra loro e i colleghi: non occorre entrare nel merito della loro decisione, presa giustamente in autonomia». Da Catania una ginecologa obiettrice spiega che non ha mai praticato le Ivg per motivi religiosi e che «l’obiezione quando c’è è totale: non fai differenza tra Ivg e aborto terapeutico, non interrompi nessuna gravidanza». Il che rimanda all’articolo 9 della legge 194: «L’obiezione di coscienza — si legge nella norma — non può essere invocata quando l’intervento è indispensabile per salvare la vita della donna». La legge del 1978, però, è di fatto una legge costantemente disapplicata.
«Se non ci fossero le associazioni — commenta Maria Angela Fatta, attivista di Non una di Meno — tante donne non saprebbero come fare, per non parlare di migranti o altre fasce fragili: stiamo tornando a parlare di aborti clandestini e conosciamo i rischi che ne derivano, ma purtroppo alcune non hanno altre modalità. Tutto a causa della mancanza di controlli sul tasso di obiezione, di informazione pubblica e di amministrazioni locali che operano secondo la loro morale lasciando le donne a informarsi tramite passaparola». Dalle diverse province sono tante le ragazze che contattano la rete associativa del capoluogo per essere aiutate: «Grazie alle reti si sa che qui va un po’ meglio — continua Fatta — ma siamo ben lontane da una situazione dignitosa».
Boom di anestesisti obiettori
E se il tasso di obiezione tra i ginecologi cresce di anno in anno, lo stesso accade tra gli anestesisti: nel 2017 le statistiche del ministero della Salute registravano un’obiezione di coscienza tra gli anestesisti pari al 49.3 per cento su tutto il territorio nazionale, in sostanza la metà. Anche in questo caso il tasso di obiezione è più alto a Sud e in Sicilia il valore è del 79,2 per cento. «Non stento a crederlo — commenta Silvia Peralta, anestesista e rianimatrice del Cervello — quello sull’obiezione è un dialogo aperto a livello nazionale tra noi, anche se al momento rispetto a quanto accade tra i ginecologi c’è più equilibrio». Semplicemente gli anestesisti obiettori non vengono messi di turno quando ci sono da fare le Ivg.
«Li comprendo — continua Peralta — nemmeno io lo faccio a cuor leggero, mentre sono lì cerco di convincermi che sto facendo altro». Un tema sollevato da molti medici è l’abuso della procedura, anche quella chirurgica, da parte di donne che sembrano non usare contraccettivi: «Ero a Trapani anni fa e ho visto praticare l’Ivg a una donna per l’ottava volta — conclude l’anestesista — e non è un caso rarissimo. È chiaro che c’è un problema di informazione generale rispetto alla salute riproduttiva».
C’è dell’altro che cresce di anno in anno: sono i collettivi, le associazioni e i canali informativi che sollevano la questione tra sit-in, tour di sensibilizzazione e richieste di ascolto rivolte alle istituzioni. «La questione delle Ivg annulla per magia il divario tra nord e sud — osserva Adele Orioli, responsabile delle iniziative legali dell’Unione atei e agnostici razionalisti — la Sicilia e Bolzano negano questo diritto in modo identico. In Italia l’obiezione è al 70 per cento e sulle spalle dei pochi non obiettori grava anche la responsabilità di assistere le donne di San Marino e di Città del Vaticano, dove le Ivg sono ancora un reato con tanto di pena detentiva, sono costrette a valicare i loro confini. Accade qui e accade ora».
un radical chic ipocrita mette ko un arrogante .
Voglio " tranquillizzare " miei utenti e non solo che mi dicono che sto difendendo Salmo . Se ci si sofferma solo al titolo : << il gesto di salmo è idiozia ma anche no >> del precedente post lohgico che si crede ciò , se invece si legge per intero l'articolo si capisce che io sto solo affermendo che il gestoi di Salmo è comprensibile cosa diversa dasl giustificabile . Provate voi artisti o pseudo artisti a fare concerti con regole contrdditorie e cosi stringenti , e sopratutto rispettate da poch vedi il festeggiamento del campionato e degli europei di calcio .
Però come , fanno notare , le fonti citate nel post precedente mi fanno dare ragione , SIC al radical chic pensiero a sinistra portafoglio a destra .
Mi fermo ho già sprecato troppo tempo a parlare di , gusti personali , queste nullità pseudo-musicali e de degli eventuali artisti ( o pseudo tali ) e personaggi ormai in declino che diranno la loro per avere una chance di ritornare in auge o far parlare di se
16.8.21
La scelta controcorrente di Greta e Natascia, le gemelle che si sono inventate casare
La scelta controcorrente di Greta e Natascia, le gemelle che si sono inventate casare
di Carlo Petrini
Quando mi hanno parlato per la prima volta delle gemelle Facciotti, Greta e Natascia, pensavo erroneamente che la loro scelta di vita derivasse dalla volontà di continuare la tradizione di famiglia. Fermo nella mia convinzione raggiungo quota 1800 metri dove, all'Alpe Ciletto di Carcoforo (ultima borgata della val Sermenza in Alta Valsesia in provincia di Vercelli), dal 2018 Greta e Natascia Facciotti trascorrono la stagione estiva con le loro venti vacche e settanta capre. Le osservo finire di mungere a mano le capre, e poi iniziamo a chiacchierare mentre le seguo
nel loro lavoro.
Classe 1995, le gemelle Facciotti crescono nel comune di Boccioleto (Vc), il padre e il fratello lavorano in fabbrica: "Niente storia di generazioni e generazioni di allevamento, quindi". Greta, la più estroversa tra le due, prosegue raccontandomi come si sono avvicinate a questo mondo: "Natascia ha iniziato da bocia quando aveva otto anni, aiutando una lontana prozia che aveva una decina di capre. Io invece a 14 anni ho iniziato a seguire una signora di Boccioleto nella gestione delle sue cinque vacche e venti capre. Sono rimasta con lei fino a poco più che maggiorenne, quando abbiamo deciso di aprire la nostra attività".
A monte della loro scelta ci sono quindi sì passione e vocazione, ma soprattutto uno spiccato spirito di cittadinanza attiva e senso di responsabilità nei confronti della comunità montana. "La Val Sermenza stava morendo, non c'era più niente. Dovevamo fare qualcosa. E così, con grandi sacrifici, abbiamo iniziato da zero dapprima ristrutturando alcuni edifici, ora adibiti a stalla per le capre, e poi costruendone uno per le vacche. Abbiamo accettato tutto il bello e il brutto di questa scelta, spesso sbagliando, ma con la consapevolezza che ogni difficoltà può essere superata con impegno e la giusta predisposizione mentale".
Greta sposta la caldaia contenente la cagliata, sul fuoco alimentato a legna, e io rifletto sulla tenacia, schiettezza e genuinità con cui le due sorelle portano avanti il loro lavoro; alla continua ricerca del giusto equilibrio tra tradizione e innovazione, nel rispetto della montagna che le ospita, e delle esigenze dei loro animali: "Potremmo portare su il gas che renderebbe il processo più veloce e non dovremmo preoccuparci della pioggia che rende la legna umida, o dell'odore di fumo quando è molto ventoso - mi dice Greta - Non ricorrendo al gas, siamo obbligate a fare legna. In questo modo contribuiamo a tenere pulito il bosco, evitando il propagarsi di incendi devastanti".
Mentre Natascia ripone sul legno quello che, da lì a sessanta giorni, diventerà una forma di Macagn, presidio Slow Food, mi spiega un'altra presa di posizione importante: "Fare formaggio a latte crudo significa lavorare una materia viva che dipende da molte condizioni che non è possibile controllare; è un continuo imparare. Ieri abbiamo portato le vacche al Pian della Rosa, circa 300 metri più in alto rispetto a dove ci troviamo ora.
Spostarsi è un fattore di stress per loro, quindi sappiamo che nei prossimi giorni la quantità del latte diminuirà e probabilmente il formaggio che ne risulterà non sarà perfetto, perché dobbiamo dare alle bestie il tempo di adattarsi al nuovo pascolo. È giusto che sia così".
Tra i progetti in cantiere, c'è la costruzione di una cantina dotata di un controllo automatizzato di umidità e temperatura. In assenza di ciò, il risultato del loro duro lavoro rischia di essere vanificato da una eccessiva variabilità delle condizioni ambientali durante il periodo di stagionatura. E poi ancora, la non più posticipabile digitalizzazione delle vallate montane: "Internet ormai è indispensabile anche nel nostro lavoro. Non possiamo creare un sito e poi non riuscire a mantenere una comunicazione efficiente con i clienti. Questo è un disservizio che non accettiamo", afferma Greta.
Prima di salutarci mi affidano una loro preoccupazione, che è quasi un appello: fornire una valida soluzione alla presenza dei lupi, che sono ritornati anche da queste parti. "Il lupo ha cambiato completamente il modo di fare. Le bestie ora devono essere controllate costantemente, questo allunga di molto il nostro tempo di lavoro e rende ogni spostamento più complicato". C'è necessità di un coinvolgimento attivo delle istituzioni su questo fronte, che non possono limitarsi a elargire risarcimenti per i danni subiti, o a remunerare ogni ora aggiuntiva di lavoro. Allo stesso tempo bisogna contrastare la dialettica negativa che vede i pastori come degli sterminatori di lupi. Perché in fondo quello che chiedono non è altro che il diritto di poter svolgere il loro lavoro con maggiore tranquillità.
Se programmate una gita in montagna potrete trovare queste due giovani pastore e casare il venerdì e il sabato presso il punto vendita dell'Azienda Agricola Sorelle Facciotti a Boccioleto, oppure la domenica al mercato di Carcoforo. Le gemelle Facciotti e gli altri produttori del presidio Slow Food del Macagn saranno presenti alla tredicesima edizione di Cheese dal 17 al 20 settembre da Slow Food Italia a Bra.
Dalle bufale sulla chiave inglese alla santificazione ipocrita: l’Italia uno come Gino Strada non lo meritava
leggi anche
- Cecilia Strada: «A qualcuno non mancherà mio padre, perché attirava l’odio di tanti. Mi ha insegnato a esserci per chi ha bisogno» – Il video
- https://ulisse-compagnidistrada.blogspot.com/2021/08/non-esistono-piu-gli-odiatori-di-una.html
Olttre alla caterva d'insulti e calunnie a lui e all'associazione che vi risparmio in quanto le trovate sul web e riportarle ulteriormente significa dare spazio a tali cloachè di cui una delle ultime è quella del consigliere di Cogoleto che fece il saluto romano in aula
da https://www.nextquotidiano.it/francesco-biamonti-consigliere-cogoleto-inferno-gino-strada/
Francesco Biamonti, consigliere del Comune di Cogoleto (Genova) sospeso dalla Lega per aver fatto il saluto romano in assemblea, si scaglia contro Gino Strada nel giorno della sua morte con un commento becero e sgrammaticato
Un errore di grammatica di base, un punto di vista populista e xenofobo e un augurio scabroso. Si può sintetizzare così il commento che Francesco Biamonti, il consigliere comunale leghista di Cogoleto (Genova) che lo scorso 28 gennaio era passato alle cronache per aver fatto il saluto romano nel Giorno della Memoria durante una votazione, ha riservato alla notizia della morte di Gino Strada, fondatore di Emergency. “Un’insopportabile compagno che voleva africanizzare l’Italia, che bruci all’inferno”, ha scritto Biamonti (l’errore, ribadiamo, è suo e non nostro) sotto al post di Francesco Calderoli che rilanciava la notizia dell’Ansa sulla morte del medico attivista.[.... segue sul sito citato ]
Il compianto Gino strada ha ricevuto come sempre più spesso accade con personaggi di primo piano la classica santificazione da morto con post e parole grondanti nella maggior parte dei casi frasi di circostanza e pelosa ipocrisia dopo averlo calpestato, ignorato, umiliato in vita, con quel sospiro di sollievo, in fondo, di chi sa che non dovrà più fare i conti con la coscienza di Gino, le sue sentenze dritte, nette, senz’appello che ti inchiodavano di colpo alle tue responsabilità politiche, umane, civili.
Infatti
La morte di Gino Strada sta facendo risalire a galla lo spurgo fetido di un’Italia meschina, provinciale, malmostosa, spaurita di fronte a una bellezza che non è neanche in grado di immaginare (figuriamoci apprezzare), incapace di riconoscere la grandezza di questo essere umano, medico e filantropo che il mondo ci invidia. da Lorenzo Tosa su https://www.nextquotidiano.it/
È proprio vero purtroppo . L’Italia uno come Gino Strada proprio non se lo meritava.Quindi si dall'una che dall'altra fazione facciamo silenzio al meno ai funerali e lasciamo in pace in vece di tirarlo per la giacchetta
15.8.21
si riuscira a realizzare un informazione corretta alle paraolimpiadi ?
si riuscirà a realizzarlo ed a creare un precedente nell'informazione applicando tale proposito anche a fatti di cronaca nera e di femminicidio ? Speriamo di si .
da https://it.notizie.yahoo.com/ sab 14 agosto 2021, 5:23 PM
'O anche no': su Raidue le paralimpiadi raccontate con garbo
di Valeria Iorio
AGI - "Buona educazione, cortesia e informazioni. Niente pornografia del dolore, ma non solo supereroi". Così la giornalista e conduttrice Rai, Paola Severini Melograni racconta all'AGI lo spirito del programma 'O anche no', striscia quotidiana che racconterà le Paralimpiadi in onda su Raidue dal 25 agosto al 4 settembre, intorno alle 18. Il programma nasce nel 2019 da un'intuizione di Carlo Freccero che viene ripresa da Ludovico Di Meo "a cui devo tutta la mia gratitudine".
Un modo diverso di fare informazione, per raccontare la vita di tutti i giorni con professionalità e garbo. "Certi temi - sottolinea la giornalista - vanno trattati con delicatezza e correttezza. Il tema del sociale è il più importante perché è il fulcro del servizio pubblico. Sulle Paralimpiadi di Tokyo la Rai non solo ha anche i diritti internet, come nel suo intero portafoglio, ma detiene i diritti esclusivi multipiattaforma Free e Pay”.
"Racconteremo come è cambiata la società italiana e mondiale dagli anni '30 a oggi - spiega Severini - quando i disabili erano una pietra di scarto, totalmente residuali. Racconteremo tutta la storia della Paralimpiadi partendo dalla vicenda dell'ideatore, il dottor Ludwig Guttmann, un noto neurologo tedesco, probabilmente il medico più famoso della Germania, però ebreo".
"Dopo la Notte dei Cristalli - racconta la giornalista - avendo intuito che nemmeno la sua scienza lo avrebbe salvato, dovette scappare in Inghilterra dove avviò una grande rivoluzione: quando arrivò all'ospedale di Stoke Mandeville nel Berkshire, nel 1944, decise che i soldati parapleggici feriti in guerra, non avrebbero mai più dovuto incontrare commiserazione". Normalmente i paraplegici morivano dopo sei settimane a causa delle infezioni urinarie e delle piaghe da decubito, ma "Guttmann trovò nello sport - dice Severini - un nuovo approccio alle cure, una nuova motivazione, un cambiamento".
Ogni puntata vedrà l'intervento di ospiti speciali: Maria Stella Maglio (vedova di Antonio Maglio, l'italiano che battezzò ufficialmente le Paralimpiadi nel 1960 a Roma) Claudio Arrigoni del Corriere della Sera, Massimiliano Castellani e Adam Smulevich, autori del libro 'Un calcio al razzismo', Italo Cucci, Vito Cozzoli, presidente di Sport e Salute e Gabriele Gravina, presidente della Figc e Giampiero Spirito. "Abbiamo invitato, e speriamo di averlo tra gli ospiti, il figlio di Primo Levi, Renzo" racconta Severini.
Un programma di dieci minuti, che nasce dal lavoro di squadra "di una grande redazione: dal capo autore di 'O anche no' Maurizio Gianotti, all'autrice Giovanna Scatena, la produttrice Anna Santopadre. Uniremo diverse reti e diverse direzioni Rai - aggiunge - Rai per il sociale, Rai pubblica utilità, Rai sport, RadioRAi, Gr Parlamento che la mattina alle 11 riproporrà in formato audio la nostra trasmissione. Ma un ringraziamento va anche all'Inail oltre che Luca Pancalli del Comitato Paralimpico".
Ogni puntata verrà arricchita con la lettura di un estratto del libro 'Un cuore da campione. Storia di Ludwig Guttmann inventore delle Paralimpiadi' di Roberto Riccardi "un libro strepitoso, che non racconta solo la vita di un personaggio straordinario, ma è la vita dell'Europa" conclude Severini.
il gesto di salmo è idiozia ma anche no
se è vero che come dice
ancora una volta che chi è chiamato a decidere non ha nessun rispetto e nessuna attenzione per la musica “leggera” e per il nostro pubblico.
è proprio vero che la pietà è morta Latina, Lega e FdI contro il cimitero dei poveri: "Perchè esporre i cittadini alla vista di queste sepolture ?"
Pietà l'è Morta - versione dei Modena City Ramblers
Matteo Alfieri
A me è sembrato un fumoso giro di parole per dire "via i morti extracomunitari" ma senza dirlo: che poi si appare come degli stronzi razzisti.
alla ricerca delle proprie radici Dagli Usa al Salento, sulle tracce del nonno profugo ebreo: "Qui fu accolto e io ora rivivo la sua storia
Di solito dopo aver letto una storia mi vengono in mente canzoni , stavolta mi sono venuti in mente libri . ecco la play list collegata a quest articolo .
Essa è tratta daLa ricerca delle radici è un'antologia curata da Primo Levi scritta nel 1981 che raccoglie brani degli autori che più hanno contato nella sua formazione e conferma il carattere enciclopedico dell'autore che incrocia gli interessi scientifici con quelli umanistici. qui l'elenco https://it.wikipedia.org/wiki/La_ricerca_delle_radici a qaule mi permetto d'aggiungere tre libri di cui il primo riletto da poco ed in sintonia oltre che con i libri citati prima con la storia qui riportata .
- La frontiera scomparsa di Luis Sepulvera
- il profumo della speranza. Un viaggio nell'adozione alla ricerca delle proprie radicidi Paolo La Francesca
- Il senso di appartenenza. Alla ricerca delle proprie radici. Un viaggio essenziale per una vita più intensa e consapevole di Willi Maurer
ma ora basta divagare e veniamo alla storia d'oggi
repubblica 12 AGOSTO 2021
Dagli Usa al Salento, sulle tracce del nonno profugo ebreo: "Qui fu accolto e io ora rivivo la sua storia"
di Biagio Valerio
A sinistra Mark Hoffman a Santa Maria al Bagno nel 1943, a sinistra suo nipote Micheal posa come lui
Micheal Hoffman lavora per Facebook e proprio grazie ai social
che ha rilanciato il suo appello social
Michael Hoffman è con Bob Hoffman e altri 11 a Santa Maria al Bagno.
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So. Crazy story. We have these old pictures of my Grandfather - “Papa” - from right after WW2 when he was taken to a displaced persons camp in #Bari… or so we thought. Since I was headed to Bari, I decided to post on social media to try and identify the locations which I thought was wishful thinking. Surprise! The internet pulled through. My friend Marcello connected me with Steven Crutchfield who manages an “Expats in Puglia” Facebook Group. He graciously posted all of the pics to the group and within hours the locations were identified, most being in Santa Maria al Bagno 1.5 hours from Bari. Turns out they brought a LOT of refugees there. There’s even a museum dedicated to the jewish refugees museo della memoria. At this location, Jews were being shipped off to Palestine (now Israel) to start a new life. Because I am who I am (lol) I had to recreate the images. So Brett and I drove to the town of Santa Maria al Bagno and took these! Swipe for more side-by-side photos.
I am so grateful for this moment, those who helped and my dad Ken Hoffman who ensures Papa’s story lives on. It was magical to be able to set foot in the location my Papa spent two years before heading to America.
Quindi Storia pazzesca. Abbiamo queste vecchie foto di mio nonno - ′′ Papà ′′ - di subito dopo la WW2 quando è stato portato in un campo di sfollati a #Bari... o così abbiamo pensato. Dato che ero diretto a Bari, ho deciso di pubblicare sui social per cercare di individuare le location che pensavo fossero un pensiero augurale. Sorpresa! Internet ce l'ha fatta. Il mio amico Marcello mi ha collegato con Steven Crutchfield che gestisce un gruppo Facebook ′′ Espatriati in Puglia Ha gentilmente postato tutte le foto al gruppo e nel giro di poche ore sono state individuate le località, la maggior parte di Santa Maria al Bagno a 1.5 ore da Bari. A quanto pare hanno portato un sacco di profughi lì. C ' è anche un museo dedicato ai profughi ebrei museo della memoria. In questo luogo, gli ebrei venivano spediti in Palestina (ora Israele) per iniziare una nuova vita. Perché sono quello che sono (lol) ho dovuto ricreare le immagini. Così Brett ed io abbiamo guidato fino alla città di Santa Maria al Bagno e abbiamo preso questi! Scorri per altre foto di fianco a fianco.
Sono così grata per questo momento, a coloro che hanno aiutato e a mio padre Ken Hoffman che assicura la storia di papà continua a vivere. È stato magico riuscire a mettere piede nella location in cui mio padre ha trascorso due anni prima di andare in America.
Il campo è diventato, in quegli anni, il trampolino verso la terra promessa, il nascente Stato di Israele. Tantissime altre persone si imbarcarono verso il Sudamerica e gli Stati Uniti in un nuovo grande esodo di rinascita dopo gli orrori delle persecuzioni. Non è l'unico esempio in Puglia. Altri campi vennero allestiti nei pressi di Bari e Barletta nel nord della regione, a Santa Maria di Leuca, Santa Cesarea (per questo i campi venivano chiamati "le sante") e Tricase Porto, luoghi di recupero fisico e psicologico soprattutto per quanti erano scampati ai forni, alle privazioni, alle malattie ed ai lavori forzati.
Ma è Michael Hoffman, un giovane comunicatore di New York, a rinvigorire le vecchie radici della Storia. Lui ha trovato, grazie al padre Ken, le vecchie foto del nonno in posa in diversi luoghi di una, non precisata fino ad un anno fa, località italiana. Così si è messo in moto in vista di un suo viaggio nel Belpaese ed ha contattato alcuni amici su Facebook, il social che "gli torna facile" utilizzare visto che Hoffman lavora proprio per il marketing del colosso creato da Zuckerberg.
"Questa storia è storia pazzesca. Avevamo queste foto del nonno scattate subito dopo la Seconda Guerra Mondiale, quando era stato trasferito in un campo per persone disperse a Bari. O così credevamo. Visto che ero diretto a Bari - spiega e continua Michael nel suo racconto - ho deciso di scrivere un post sui social per provare a identificare il posto esatto. Sorpresa! Internet è arrivato in soccorso. Il mio amico Marcello mi ha messo in contatto con Steven Crutchfield che gestisce il gruppo Facebook "Espatriati in Puglia". Molto gentilmente ha pubblicato le foto sul suo gruppo e in poche ore sono state individuate le località, la maggior parte a Santa Maria al Bagno, un paio d'ore di distanza da Bari. È venuto fuori che moltissimi rifugiati sono stati portati qui. C'è anche un Museo della Memoria dedicato ai profughi ebrei. Da qui, gli ebrei partivano per la Palestina, oggi Israele, per iniziare una nuova vita. Io e Brett abbiamo
guidato fino a Santa Maria al Bagno e abbiamo scattato queste foto. Sono profondamente grato e riconoscente con chi mi ha aiutato a far sì che la storia del nonno resti viva".
Una vicenda umana, l'ennesima, che riannoda i fili dopo che uno studioso di Santa Maria, Paolo Pisacane, ebbe l'intuizione di lanciare un sito amatoriale con i riferimenti alla vicenda storica. Da allora, circa 35 anni fa, sono stati centinaia gli ebrei che, soprattutto dagli Stati Uniti, hanno fatto il viaggio al contrario ritornando a Santa Maria. Qui in riva allo Jonio però, l'amministrazione comunale di Nardò sta consentendo la costruzione di una stazione per idrovolanti nel Giardino della Memoria e ha autorizzato un mercatino turistico all'ingresso del Museo della Memoria, quello visitato dal giovane Hoffman. Non esattamente un bel biglieto da visita per chi ha percorso migliaia di chilometri per toccare la Storia da vicino.
mentre concludevo questo post la radio suona questa canzone adattissima a tale storia
CREUZA DE MÄ - Fabrizio De Andrè
Manuale di autodifesa I consigli dell’esperto anti aggressione Antonio Bianco puntata IX SE NON POTETE SCAPPARE USATE I GOMITI E LE GINOCCHIA
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