22.10.14

La Sardegna nel cuore di De André di matteo tassinari


Tenuta dell'Agnata di Fabrizio De André 
De Andrè:
più sardo dei sardi
Macondo, luogo ideale per Gabriel Garzia Marquez

Faber,
il contadino

di Matteo Tassinari

Ho sempre  pensato che l’uomo, più  della donna, viva un bisogno più intenso: quello di avere nella propria memoria universale, un punto fermo dove ritirarsi all'uso, come fa il lupo nei momenti che vuole isolarsi dal gruppo per starsene da solo nella propria tana. Soprattutto quando questi intuisce che sta per vivere l’ultima porzione della sua vita o vede allorizzonte una buriana tsunamica e di sovente, questi luoghi, sono i posti della propria infanzia, ma anche no. Pavana per Guccini, Macondo per Marquez, Samarcanda per Vecchioni, Porto Empedocle per Camilleri e tanti altri.
Roberto Vecchioni, Luci a san Siro
La definisco,
in quanto non è che sia una patologia, ma una mia virata mentale che vale il momento che serve per dirla, poi basta: “nostalgia dell’innocenza”. Diceva di essere più sardo di Mario Segni e Francesco Cossiga: “che in Sardegna ci tornano due volte all’anno per 15 giorni”. Fabrizio De André, in Sardegna, precisamente nella tenuta dell’Agnata, in mezzo alle campagne di Tempio Pausania, ci viveva 8 mesi su 12 da circa 25 anni  assieme a Dori Ghezzi, con la quale ha trascorso tre di questi mesi proprio nel cuore (malato) della Sardegna, ha detta degli stessi sardi: LAnonima Sarda. Lui, quel periodo, lo chiamò “Hotel Supramonte”, una catena montuosa dell'entroterra sardo, nascondiglio dei più famosi latitanti dell’isola, dove Faber vide la neve col freddo, ma la sua maglia era per Dori, e non è romanticismo balordo.
Martino Moreddu (nella foto all'epoca del processo per il rapimento De Andrè-Ghezzi), presunto compagno di scorribande del cantante e poi noto per essere stato il "vivandiere" del sequestro. Poi
è stato assolto da ogni accusa perché il fatto non sussiste
L'odore del sangue
Intervistato il giorno dopo della liberazione di Faber e Dori da un gruppo di cronisti, De André tracciò un racconto pacato dellesperienza: “ci consentivano, a volte, di rimanere a lungo con le mani slegate e senza i cappucci che ci avevano messo in testa per non vedere alcun segno che poteva diventare di riferimento”. Ebbe parole di pietà per i suoi carcerieri: “Noi ne siamo venuti fuori, mentre loro non potranno farlo mai e se lo faranno, è per prendersi un colpo di pistola in testa. Dopo questa tragica esperienza vissuta con Dori, posso dire di conoscere meglio il popolo sardo”.
Questi     erano
i suoi     pensieri,
le sue conclusioni, come si trattasse di un fatto come un altro. Dopo il sequestro, in molti gli hanno chiesto perché decise di rimanere in Sardegna e se aveva paura del reiterarsi del rapimento: No, ormai non ci rapiscono più. Nessuno me l'ha detto a voce, ma gli occhi hanno parlato chiaro. Sono protetto ora! E guai a chi mi tocca!”, dice ridendo. Potrei urlare: GRANDE FABER! Il suo rapporto con la vita, natura, persone, codici di cultura e loro rispetto, una persona che intuiva lo stato d'animo, e non voglio fare di Faber una sorta di veggente, per carità e per essere precisi evitando fraintendimenti anche pelosi, non veri in breve, è che davvero, come nel caso di Princesa, il travestito a cui s'affezionò come amico, fino a fornirgli un'ingente parte della somma per l'operazione, il suo desiderio della vita, ora morta di aids da circa 10 anni.
L'aiutò     in altre situazioni,
 e spesso si vedevano e quando Princesa arrivava, Fabrizio De André, diceva ad alta voce: "Ed ecco arrivata la nostra principessa", da qui il titolo della stupenda canzone sul travestismo scritta con Ivano Fossati cosa che faceva con altre persone, ma non mi pare il caso di fare l'elenco delle buone azioni di De Andrè, lui per primo non lo accetterebbe pugnalandomi per come l'ho conosciuto. Si nutriva dell'intimità che creava il rapporto fra lui la persona, chiunque fosse e da qualsiasi parte del mondo arrivasse. Diceva che con la vita aveva un tipo d'approccio spiritualistico, cosa che in città non riusciva neanche ad immaginare, troppo distratto da tutto: “L’ambiente influisce sulla crescita di ogni persona, e a volte viene dato per scontato ciò che è sbagliato, come fare una stalla col tetto d'Eternit, ne ho viste. E’ da pazzi lasciare le pecore sotto l'Eternit nel luglio nuorese".
Fabrizio c'è, oltre il ricordo
Senza      Dori

non ce l'avrei        fatta
Il suo   essere quasi sardo, per così dire, non era il risultato del trascorrere del tempo di un’abitudine, né un effetto del trauma relativo al sequestro, ma semmai un percorso nel contempo lineare e tortuoso. A pagare il riscatto, 600 milioni di lire nel 1979, fu il padre, dirigente industriale, già braccio destro di Attilio Monti (quello che poi diventò il Gruppo Montedison del ravennate e dal sangue davvero romagnolo Raul Gardini). La presenza di Dori è stata fondamentale, - dice Fabrizio - affinché non succedessero fatti che avrebbero finalizzato molte cose, nel senso che avrei certamente cercato di scappare fossi stato solo. E' stata la mia salvezza e io la sua, per sua ammissione.
Hotel 
Supramonte

"E ora siedo sul letto del bosco che ormai ha il tuo nome, ora il tempo è un signore distratto è un bambino che dorme, ma se ti svegli e hai ancora paura ridammi la mano, cosa importa se sono caduto se sono lontano. Perché domani sarà un giorno lungo e senza parole, perché domani sarà un giorno incerto di nuvole e sole, ma dove dov'è il tuo cuore, ma dove è finito il tuo cuore".
Faber, il giorno del processo
Ho paura di    Brassens

Durante il processo, fu rilevato il paradosso del cantautore anarchico rapito dai banditi verso cui simpatizzava e salvato dal capitale famigliare. Furono in pochi a sapere, allora, che De André Senior, come Fabrizio avrebbe raccontato all’amica Fernanda Pivano, era un mazziniano convinto, quindi non lontano da idee libertarie. Quando tornava a casa dalla Francia per i suoi impegni di lavoro come A.D. dell’Eridania, non dimenticava mai di portare a Fabrizio un disco di George Brassens, a cui piaceva non solo come cantante, ma era per lui un riferimento culturale, che non volle mai incontrare per paura di rimanerne deluso, questo è quello che diceva, ma io non ci credo. Credo più alla sua universale timidezza che lo immobilizzava, pur riuscendo sempre a trovare il modo brillante per uscire da situazioni imbarazzanti.
De Andrè durante il processo dove sembra irridere in faccia al giudice

Un    piede in terra
l’altro in      mare
Qualcosa di  simile è successo con la Sardegna. Tra De André e l’isola esisteva un sostrato comune, una comune concezione del mondo, come se l’antistatalismo “naturale” di De André (caratterialmente, oltre che ideologicamente anarchico) e quello storico della Barbagia si fossero ad un certo punto incontrati e avessero deciso di stringere un patto di ferro. Un’amicizia poi cementata dall’amore per le sughere e per il vino, per il granito, il pane, il mare e le vecchie leggende che ad ogni racconto s’infarcivano di ulteriori aneddoti. Un mondo che fai fatica a scoprire in corso Buenos Aires a Milano. Un idem sentire che neppure il sequestro cominciato il 27 agosto e finito il 22 dicembre 1979, riuscì a spezzare. Anzi, per certi versi, la rese ancora più radicato e forte il culto della Sardegna in Fabrizio, definendo quella sarda un’etnìa rivolta al futuro e rispettosa del loro passato. “Gente - diceva – che ama i bambini e rispetta i vecchi”. 
La Barbagia è una vasta regione montuosa della Sardegna centrale
che si estende sui fianchi del massiccio Gennargentu.

Li per circa 3 mesi, all'aperto, hanno vissuto Fabrizio e Dori


Vado a correggere
la       fortuna
Murales di De André Orgosolo Associazione Cuncordu
E    questo potrebbe far sorgere il sospetto d’un approccio romantico, l’approccio che può permettersi chi ha fama e soldi ed una splendida famiglia. Una specie di recupero barbaricino del mito del buon selvaggio. Il fatto è che De André in Sardegna si è sporcato le mani, rischiando forse troppo,  ha combattuto, durante i primi anni della tenuta Agnata con le normative agrarie ed i contributi Cee di cui poteva beneficiare in quanto coltivatore diretto.
Colui, che    per 
isottoscritto è
stato il maggiore poeta italiano del secolo scorso, il più grande distillatore di emozioni in versi, spesso si svegliava presto al mattino per dare mangimi e latte alle sue bestie. Questa immagine incantevole, oltre che seducente fino alla meraviglia, mi offre il senso della grande bellezza nel silenzio, da solo con i suoi animali da allevare e di cui era innamorato. Ognuno è fatto a modo suo, no? Ha letto decine di libri sulle tecniche di coltivazione e di allevamento, ha tentato di far quadrare i conti della sua azienda agricola, l’ha cresciuta, sviluppata e ingrandita. Se nel 1978 decise di cantare in pubblico alla Bussola Viareggio per la prima volta, fu proprio per i debiti accumulati a causa dell’azienda Agnata. Avrebbe potuto chiedere aiuto alla famiglia, ma non volle neanche sentire parlare di questa opzione troppo comoda: “Hanno già fatto troppo col sequestro e adesso gli vado a chiedere altri soldi perché ho l’azienda in difficoltà? No, non si può”.

Ad ogni concerto 
una bottiglia di whisky per cercare di sedare quel mostruoso batticuore e paura di ritrovarsi all’improvviso davanti a migliaia di persone che non aspettavano altro che ascoltare il cantautore più conosciuto, ma anche il più sconosciuto, vista la sua ritrosia, timidezza, riserbo, l’estrema paura di sbagliare, qualche accordo non acciuffato. Disse: “Se non era per l’Agnata ed i debiti, non so se mi sarei sbloccato, perché per me era un blocco cantare davanti a migliaia di volti oscurati e nessuno conosciuto, non era usuale per me. Sarebbe come prendere Toro Seduto e sbatterlo davanti ad un computer, che ci fa?”. Ma l’Agnata aveva bisogno di mangime e le bestie non potevano aspettare certo le date dei tour e le vacche volevano essere munte. Chiese un credito ad una banca, nell’arco di 5 anni lo liquidò e i trattori che zollavano la terra divennero cinque.
Fabrizio, Dori e la figlia Luvi nella stalla della tenuta


I Marinai di foresta
Dopo  il sequestro, De Andrè coniò la fuorviante “Hotel Supramonte”, mentre un poeta sardo, nuorese per giunta, Sebastiano Satta, definì i banditi “belli, feroci e prodi”. De André li definì, più sobriamente: “marinaio di foresta”, i latitanti della Barbagia che negli anni '70 erano quasi una decina. Poi collaborò alle indagini senza incertezze e si costituì parte civile, però solo contro i capi, i mandanti, quelli che non si sono sporcate le scarpe di fango, ma da Milano, ogni tanto facevano un salto all’Hotel Supramonte per vedere come andava il sequestro e non contro i gregari, che in pratica facevano la vita di Faber e Dori, freddo, sole, acqua, neve e disagi enormi come imboccare i due sequestrati che hanno tenuto quasi sempre un cappuccio in testa.
Fabrizio "tra" le sue mura
Il      Giorno
del    Giudizio
Ma c’è un altro Satta, un altro sardo che ha qualcosa in comune con Fabrizio De André: Salvatore Satta, insigne giurista, poi scrittore. Se De André vedeva nei racconti dei vecchi di Tempio qualcosa che gli faceva pensare a Gabriel Garcia Marquez, Satta nel suo “Giorno del giudizio”, ha descritto un sistema di valori e di rapporti che sembrano parlare col mondo di De André. “Il pastore appartiene alla dinamica della vita, il contadino alla statica. Nessuna legge può impedire al pastore di considerare la sua proprietà in tutto quello che l’occhio può abbracciare”. Ha detto De André parlando dei suoi sequestratori: “Era come se dicessero: a me non manca nulla ma perché mi metti sotto il naso la tua villa con piscina, il SUV, tutti con i Rolex ai polsi, valigie di Louis Vuitton e di fianco sempre pronto per partire con l’aereo privato?

I codici imposti
“Mi pare che sempre di più sarebbe necessario che invece di dire che Fabrizio è il Bob Dylan italiano, si dicesse che Bob Dylan è il Fabrizio americano”. (Fernanda Pivano, consegnando il Premio Lunezia 1997 a Smisurata preghiera). De André, giunto in Sardegna da contadino, è diventato pastore, sublimazione stupenda, soprattutto sul piano dell’immaginazione collettiva e la figura costantemente imprevedibile di Faber, come l'amico Gaber. Ha considerato “suo” quell’intero mondo, dove mari e odore salmastro, lo difendevano dal caos e dalle maggioranze silenziose ma assordanti delle grandi città del Continente.
Fabrizio al lavoro
"Eravamo fratelli"
Imparò alla perfezione il sardo, come fosse naturale saperlo, in neanche un anno e lo parlava da sardo, racconta il contadino che gli ha insegnato tutto dei lavori di un’azienda agricola. Oggi, questo anziano signore, quando parla di Faber, piange, dicendo con la voce interrotta dal pianto: “Eravamo due fratelli e respiravamo il rispetto che ognuno aveva per l’altro”. Arrivò a condividere anche le rabbie, i disagi, le illusioni fino ad aderire ad un movimento indipendista sardo, fino ad aprire la sua casa a tutti i visitatori facendone un agriturismo speciale, dove non ti sentivi ospite ma amico. E io sono ancora qui a mangiarmi le punta delle dita per non aver accolto nel 1998, al Teatro Turismo di Riccione, il suo invito ad andarlo a trovare a casa sua per tutto il mese d’agosto. Purtroppo avevo già prenotato un altro viaggio, pensando che avrei potuto esaudire questa grande emozione, quella di vivere a 360 gradi per un mese la vita del cantautore e poeta migliore del secolo scorso. E se qualcuno pensa che esageri, non me ne frega proprio nulla.

il cavaliere del tempio seconda volume dela saga gli dei del pozzo di gianluca turconi . per letturefantastiche

Il  romanzo science fantasy "Il Cavaliere del Tempio" dell'autore Gianluca Turconi,  ha  un seguito secondo capitolo della Saga del Pozzo, chiediamo cortesemente collaborazione per la diffusione della notizia tramite i canali a disposizione.

Di seguito riporto i collegamenti web per i romanzi della Saga attualmente disponibili, pagine in cui è anche possibile leggere un'anteprima di 75 pagine delle opere in diversi formati per ebook (ePub, Mobi, PDF) nonché trovare i link diretti all'acquisto sulle migliori librerie on line. In coda al messaggio è inclusa un'introduzione alla trama del nuovo romanzo e una breve biografia/bibliografia dell'autore.

GLI DEI DEL POZZO (Volume 1 della Saga)
http://www.letturefantastiche.com/gli_dei_del_pozzo.html

IL CAVALIERE DEL TEMPIO (Volume 2 della Saga)
http://www.letturefantastiche.com/il_cavaliere_del_tempio.html

TRAMA DE "IL CAVALIERE DEL TEMPIO"
Anno 817 dopo Cristo.
Sono trascorse tredici estati da quando Loki, il Dio Ingannatore, è tornato nel Tempo, sconvolgendo l'Europa medievale e dando inizio all'Era del Ritorno. Un solo elemento impedisce la sua piena reincarnazione: la ferita infertagli da Rollant di Bretagna durante la Battaglia dei Due Picchi che gli ha spillato sangue e lo obbliga all'incompletezza nel corpo e nel potere.
Dal suo rifugio nei pressi dell'apertura del Pozzo, in Dania, l'Ingannatore deve quindi attendere che la Ricerca del Sangue giunga al termine in suo favore, mentre mantiene ben stretto il giogo sui Popoli del Nord vichingo, per mezzo delle mostruose creature evocate tramite la fede di quegli uomini sottomessi.
Tuttavia, altre popolazioni ancora resistono.
In Hispania, i Cristiani asturiani e i Pagani sassoni sono anch'essi alla ricerca del Sangue per ostacolare Loki, grazie ai Cercatori, non disdegnando di servirsi del medesimo potere del Pozzo sfruttato dall'Ingannatore per le evocazioni, pur di salvare il Regno delle Asturie da vicini ostili.
I primi tra essi sono i principati islamici, dall'Emirato di al-Andalus in Occidente fino al Califfato di Baghdad in Oriente. Seguendo una fede pura, i Musulmani non attingono al potere del Pozzo per combattere Loki. Ricercano invece una soluzione definitiva per sconfiggerlo nella conoscenza, su antichi testi, in particolare presso la Bayt al-Hikma, la Casa della Sapienza di Baghdad, e ciò li porta a perseguire tanto i Cercatori quanto gli Evocatori.
Ma la resistenza contro Loki non avrebbe conquistato tempo per i propri tentativi se, dalla settentrionale Saxonia fino ai Pirenei nell'estremo sud, in terre un tempo appartenute al Regno dei Franchi di Carlo Magno, non si fosse scatenato il caos dopo il Ritorno dell'Ingannatore. Dallo sfaldamento dei legami feudali e religiosi, sono emersi i Cavalieri del Tempio della Fede nell'Uomo, guidati da uno spietato e misterioso comandante, conosciuto solo con l'appellativo che esprime i suoi fini: il Senza Dio.
Egli ha un unico scopo, estirpare con ogni mezzo qualsiasi fede, per porre un freno alle evocazioni legate al potere del Pozzo e forzare sulla difensiva Loki, insieme a qualunque altro Evocatore.
Questo precario equilibrio tra le diverse fazioni in lotta è però destinato a spezzarsi, perché oscuri personaggi si muovono dietro le quinte, con propri scopi imperscrutabili e sufficiente potere per conseguirli.
Sullo sfondo di tutto ciò, colpevolmente ignorato, lo "strumento di Dio" - come i monaci cristiani chiamano la macchina che ha annullato Tempo e Spazio, riaprendo il Pozzo - è ancora nelle lande fantasma di Aquitania, appartenenti ai domini dei Cavalieri del Tempio...
L'AUTORE
Gianluca Turconi, nato nel 1972, già più volte finalista al Premio Alien per la narrativa fantascientifica e vincitore della XIII Edizione del Premio Lovecraft per la narrativa fantastica, ha effettuato studi linguistici e giuridici, e attualmente vive e lavora in provincia di Monza e Brianza.
Da quasi un ventennio sostenitore del Software Libero, è stato tra i fondatori del progetto di marketing internazionale, di documentazione e di localizzazione italiana della suite software Apache OpenOffice, nonché curatore del dizionario italiano utilizzato dai programmi software Google Chrome, Mozilla Firefox e Thunderbird.
Nell’ambito della narrativa fantastica e sportiva ha pubblicato per case editrici e riviste specializzate nazionali e straniere (Eterea Comics & Books, Delos Books, Asociación Alfa Eridiani, Axxón, Graphe, DiSalvo, A3, Horror Magazine), ha rivestito il ruolo di editor per il romanzo "Figlio della schiera" di Giampietro Stocco (Chinaski) e di selezionatore e coordinatore della traduzione per l’antologia di narrativa fantascientifica latinoamericana "Schegge di futuro".
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19.10.14

Il potere che protegge la pornografia infantile. Lydia Cacho, I demoni dell'Eden.



"Se vivo sotto scorta, e sono costantemente minacciata, non è per ciò che scrivo ma per quello che voi potreste leggere".
Lydia Cacho, I demoni dell'Eden.




Questa non è la storia di un uomo che scopre quanto gli piaccia avere rapporti sessuali con bambine anche di soli cinque anni. Questa è la storia di una rete criminale che protegge e sponsorizza la pedopornografia infantile. È la storia di Jean Succar Kuri (distinto proprietario di alberghi), il capo di questa rete, che intesse relazioni con importanti uomini politici e influenti imprenditori messicani ai quali procura bambine e bambini per il loro piacere. Scrivere o leggere un libro sugli abusi sessuali infantili e sul traffico di minori non è un compito facile né un passatempo gradevole. Su questo
fenomeno, tuttavia, è più pericoloso mantenere il silenz io. Con la tacita connivenza della società e dello Stato, migliaia di bambine e bambini diventano vittime di trafficanti che li trasformano in oggetti sessuali a beneficio di milioni di uomini, che dalla pedopornografia e dall’abuso sessuale sui minori traggono un godimento personale esente da interrogativi etici. Benché gli episodi raccontati dalle vittime siano profondamente dolorosi, il coraggio dei testimoni e la chiarezza degli esperti ci consentono di scorgere la luce in fondo al tunnel e approfondire le conseguenze dell’inazione di fronte alla violenza e allo sfruttamento sessuale. Questo è un libro di Lydia Cacho, la giornalista più temuta e ricercata del Messico. Il primo libro di Lydia Cacho. Per questa inchiesta la giornalista è stata arrestata illegalmente, torturata e minacciata di morte numerose volte.
“Lydia Cacho è un modello per chiunque voglia fare giornalismo. È una donna di grande coraggio che ha sopportato la prigione e la tortura per difendere una minoranza che nessuno ascolta, per attirare l’attenzione sugli abusi che bambine e donne devono subire in Messico e nelle parti più povere del mondo. Ha raccolto informazioni mai venute alla luce prima, ha rischiato in prima persona facendo i nomi di politici e imprenditori.” Roberto Saviano
“Le mafie mi vogliono morta non per quello che so, ma per quello che voi e le vostre figlie saprete leggendo i miei libri.”

se la puntata della presentazione de libro alla trasmissione pane quotidiano rai3 del 16\10\2014 non si dovesse vedere  o avete  difficoltà  con il video  lo




 la trovate  qui  (  http://goo.gl/xIg733 )

14.10.14

Giovanni falcone si rivolterebbe nella tomba nel vedere la sorella che accetta l'onorificenza da Napolitano chiamato in tribunale per la trattativa con la mafia






Lo so  che  è riferito  a Berluisconi  ma  visto come si sta  comportando    è  addatta anche  per  lui  


 lo sa che il nappi  ops   Napolitano   dev'essere  interrogato  da i Magistrati che stanno indagando    sulla  trattativa  stato mafia  e  nonostante  ha detto che non ha niente da nascondere    ha  : 1) preferito lasciarsi interrogare lontano dal tribunale  ., 2)    far si che   le intercettazioni telefoniche  in cui compare il suo nome e il nome del  suo segretario fossero di strutte   ?   Forse  fa  buon viso a cattivo gioco  per  far  conoscere  la  sua  associazione   dedicata  al fratello Giovanni e  Francesca  ?

13.10.14

cari giornalisti finitela con il terrorismo mediatico la . la falsa news Ebola, a Roma scatta l'allarme virus Ricoverato un cittadino africano


spesso le agenzie e di conseguenza i giornali online e non chye si basano al 90 % su d'esse prendono cantonate . Infatti la notizia è già stata smentita.quest" uomo ha avuto una crisi epilettica.NON si tratta di Ebola e basta con questo terrorismo mediatico.L'articolo nn doveva esistere perchè nn c'è notizia. Per di più un titolo del genere specie in facebook e sui social dove la gente legge solo i titoli e condivide se non commnta con conati e malpancismi al limite estremo fra xenofobia e razzismo ( ovviamente senza generalizzare ) senza leggere l'articolo un titolo è assolutamente fuorviante .
Ma fortunatamente stavolta , come si puo' notare aprendoil post che porta all'articolo del giornale in questione , lo svarione è stato corretto . Infatti



Allerta durante un'udienza in tribunale. Il giudice dispone il ricovero. Paura anche a Roma, dove un caso di epilessia ha fatto scattare le procedure d'emergenza.

Un cittadino di origine ghanese, imputato a Milano in un processo per direttissima, si è sentito male e ha iniziato a sputare sangue. Per questo il giudice ha deciso di disporre il ricovero per accertamenti all'ospedale Sacco, presidio per l'emergenza nel capoluogo lombardo per i sospetti casi di virus Ebola. L'aula del Palazzo di Giustizia dove è avvenuto il fatto è stata contemporaneamente chiusa per controlli da parte delle autorità sanitarie. Sulla porta è stato affisso un cartello con la scritta: "Inagibile - Non accedere". I test medici, però, avrebbero escluso il contagio. Il paziente viene comunque tenuto ricoverato per accertamenti sul malore che lo ha colpito.
FALSO ALLARME A ROMA - Sempre oggi un altro campanello d'allarme era scattato nell'Ufficio immigrazione della Questura di Roma, dove un cittadino africano ha accusato improvvisamente un malore. Sul posto è intervenuto il personale del 118 che ha trasportato l'uomo all'ospedale Umberto I per accertamenti. In seguito ai controlli, i portavoce sanitari hanno però dato il cessato allarme: secondo le prime informazioni l'immigrato avrebbe avuto un semplice attacco di epilessia. "Aveva convulsioni, febbre alta, perdeva sangue dal naso a fiotti e si è accasciato improvvisamente al suolo", spiega il segretario generale del Siulp Saturno Carbone riportando i racconti dei suoi colleghi dell'Ufficio Immigrazione della Capitale. Di qui il sospetto che potesse trattarsi di Ebola., allarme poi fortunatamente rientrato.
Lunedì 13 ottobre 2014 15:11

12.10.14

la sardegna non è solo paolo fresu o enzo favata . Logrind: Da Oristano il rock made in Italy che fa la differenza

la sardegna   non è  solo  Maria  Carta  , Sandro  Fresi  , Piero Marras  ,  Paolo Fresu o Enzo Favata ,  solo per  citare  i primi  che mi vengono in mente . Ma    


Fra  questi nuovi  gruppi    della  nuove leve   ci sono   Oppure (  vedere  sotto  la   nota  stampa \ recensione  dell'amica     \  compagna di strada   Eleonora Casula ) i logrind un gruppo  Oristanese

Essi    a  mio avviso  almeno da quei pezzzi che  ho  avuto modo  d'ascoltare   online ( vedere  url  sotto  )   che promettono  bene , infatti  stanno   riscuotendo  ottimi critiche    da specialisti  e  dei media   ecco uno Da Oristano parte il viaggio musicale dei Logrind, una band rock/pop italiana, quattro giovani una sola passione: la musica pop ed il rock americano anni 90. 
Andrea Carmelita alla voce,  Sharmel, Gianluca Macis  alla Chitarra,  L.Macys, Alessandro Dalla Palma alla Chitarra ,  Dallas, Fabrizio Foglia, Batteria , Fabrice e Omar Lampis al Basso  O.Jay, un caldo mix sardo molisano, che si mette  in gioco. 
Il proprio ambiente non basta per chi è giovane ed ama la musica; è necessario uscire e, sognando un po,' si arriva a superare i confini nazionali esportando il “Rock made in Italy”. 
Tra aspettative e duro lavoro in studio e sul palchi dell'Isola e non solo,  i Logrind sono immediatamente apprezzati dal Contest Heineken Jammin’ Festival e da Mondo Ichnusa. I brani composti e suonati dal gruppo si “piazzano bene”: svettano in cima alle classifiche ascolti in poco tempo, i riconoscimenti arrivano da migliaia di utenti della rete e non solo. 
L'energia data dai risultati positivi porta i Logrind a partecipare alla tappa milanese del TMF (Tour Music Fest) dove ottengono “ un’ottima critica artistica da parte  degli addetti ai lavori.”  
A luglio 2014 esce  FIRED,  il primo EP della band made in Oristano. Fired è disponibile sui migliori digital stores ed in cd.  Interamente  creato e prodotto dai Logrind con il mastering analogico di Filippo Strang del VDSS Studio di Morolo – Frosinone, l’extended play  è composto da cinque tracce con una durata di 20 minuti di Rock/Pop. 
I Logrind sono determinati e così, qualche giorno fa, ennesimo goal:  la band conquista  il primo posto al concorso regionale “Radio Contea”  svolto in Sardegna e dedicato agli artisti emergenti. Ulteriore conferma della spiccata attitudine dei Logrind  per il live. 
Piccoli e grandi successi proseguono, i Logrind vengono apprezzati negli Stati Uniti dove alcuni artisti seguono con attenzione la band oristanese presente anche sul sito americano Reverbnation. 
Al  sogno segue la realtà: il singolo “Waiting for your call” dei Logrind è attualmente in rotazione su numerose radio FM regionali italiane e in diversi network europei. 
Altro da dire? Sicuramente tanto tantissimo ma lo faranno i Logrind stessi. 
Per ora continuiamo a seguirli e perchè no a dar loro sostegno al concorso online Redbull Tour Bus Chiavi in manoIl brano è  votabile dagli utenti fino al 17 Novembre 2014. 
Una band con un percorso musicale tutto vissuto e tutto da vivere, una band che continuerà a far parlare di sé: mentre scriviamo questa nota in quasi tutte le region di Italia passa il single, ascoltabile nelle maggiori radio fm regionali e diversi network europei. 
Perchè con Logrind il rock made in Italy è differente.  ma  peccato  che  abbiano deciso   di farsi conoscere  usando  solo l'inglese  . Con le loro  potenzialità  potrebbero dare l'esempio , e forse  portare  ad un movimento , le premesse  e e basi ci sono  capace ( come quello  che  fu il rock progressive italiano ) di svecchiare completamente come sta facendo il rap e l'hip hop la musica italiana che ha ripreso dopo al parentesi 60\80 a essere solo fior e cuore \ amore  e menate  simili , salvo poche eccezioni  del mondo  indie    che purtroppo non riesce ad  emergere  dal suo ruolo di  nicchia  , ma canzone fu cosi profetica  ,   in giro  da   Renzo Arbore con questa  canzone  


 Ma   è  ed   questo  che mi piace  di loro  l'umiltà e la modestia  . Infatti  <<  Non siamo una band che nasce con l’aspirazione e/o presunzione di svecchiare la musica italiana. 
. Per le  altre recensioni  , pezzi  , ecc   ecco dove  cercare  


LINE UP

Andrea Carmelita – Voce (Nome d’arte Sharmel)
Gianluca Macis – Chitarra (Nome d’arte L.Macys)
Alessandro Dalla Palma – Chitarra (Nome d’arte Dallas)
Fabrizio Foglia – Batteria (Nome d’arte Fabrice)
Omar Lampis – Basso (Nome d’arte O.Jay)

Siti

Contatti: booking@logrind.com – logrindmusic@gmail.com Tel. +39 347 5095698

Contatti con stampa e media:

Eleonora Casula
3397916117
eleonora@webjournalist.eu
Linkedin: Eleonora Casula




In virtù'  dei loro  pezzi  e    delle ottime recensioni  che  si leggono in rete   ho deciso  d'intervistarli

nella vostra bio : << Scelgono di esprimersi in lingua inglese per dare una dimensione internazionale alla propria musica, scelta dettata dal sound moderno a metà strada tra il Brit Pop e il Rock americano degli anni ’90, ma anche dal forte desiderio di varcare i confini regionali-nazionali per mettersi in gioco innanzi a realtà artistiche importanti ed esportare il Rock “Made in Italy”.>> non è che vi  siete , con il rischio di bruciarvi ( toccando ferro e facendo gesti apotropaici ) parti troppo in fretta a livello internazionale senza fare una gavetta in italia o tentare di svecchiare la musica italiana come fecero i gruppi ( pfm , banco del mutuo soccorso , ecc ) del rock progressivo italiano ? come mai questa scelta ? 
 La scelta della lingua inglese è dovuta alla musicalità della lingua stessa. Probabilmente ciò è dovuto
alla minore presenza di nessi consonantici e “suoni duri” rispetto all’italiano  che la rendono
maggiormente malleabile. E’ una scelta dettata dalla resa melodica complessiva, ma anche dalla
mia personale passione per le lingue estere.Non siamo una band che nasce con l’aspirazione e/o presunzione di svecchiare la musica italiana.
Hai fatto giustamente riferimento a capisaldi del prog italiano, tuttavia erano altri anni, noi siamo 
una band rock/pop del 2014 laddove le condizioni sociali si sono ribaltate, il music business pure e 
la “partita” si gioca a viso aperto nel mondo social con il quale è meno arduo rispetto al passato 
raggiungere un pubblico multiculturale, benché la qualità di molte bands  emergenti e dunque la 
concorrenza sia di altissimo livello.Essere sognatori è una qualità indispensabile per un musicista, pertanto non credo che il desiderio
di raggiungere certi obiettivi sia foriero di sventura o implichi la presunzione di voler evitare, o
sottrarci alla gavetta regionale e nazionale, cosa che peraltro stiamo facendo e vogliamo continuare
a fare con passione, dedizione e sacrificio. Ben vengano infatti clubs e manifestazioni che possano
ospitare i nostri concerti. Tuttavia spero che il contenuto della nostra biografia non dia adito a
fraintendimenti, l’umiltà è la prima delle qualità umane che si devono possedere in questo ambito.
Siamo persone umili ma determinate. [....]
Hai fatto giustamente riferimento a capisaldi del prog italiano, tuttavia erano altri anni, noi siamo
una band rock/pop del 2014 laddove le condizioni sociali si sono ribaltate, il music business pure e
la “partita” si gioca a viso aperto nel mondo social con il quale è meno arduo rispetto al passato
raggiungere un pubblico multiculturale, benché la qualità di molte bands emergenti e dunque la
concorrenza sia di altissimo livello.
In sintesi, non credo che il nostro modus operandi possa portare verso un’amara sconfitta. Anche
Mogol in una recente intervista, alla domanda: “Quali sono le possibilità di affermazione per un
giovane o per una band emergente?” ha risposto: “ Deve mettersi alla prova, sperimentarsi, crearsi
una cultura musicale e farsi conoscere. Formazione e promozione: le due parole d’ordine”.
 Ed è quello che stiamo facendo noi. Creiamo e suoniamo questi brani perché in questi ci
riconosciamo, ci appassionano e fare musica migliora la qualità della nostra esistenza, ci mettiamo
alla prova, sperimentiamo, inoltre ascoltiamo qualsiasi genere per accrescere la nostra cultura
musicale. Anche una semplice intervista presso una radio, un giornale e un ottimo blog come il tuo
credo possano instillare un certo grado di interesse verso la musica che facciamo, nel bene e nel
male.
cosa c'è oltre le vostra provenienza , di sardo e molisano nella vostra arte ?E’ vero, nella nostra arte non vi sono elementi folk, non ci sono tracce né di Sardegna né di Molise a
parte la provenienza geografica, ciò nonostante siamo fieri delle nostre radici.
a quando qualche pezzo in italiano ?
 Ti rivelo che esistono già alcuni singoli in italiano che potrebbero essere inseriti in qualche nostra futura pubblicazione,
ma che si possono già ascoltare ai nostri live.








la storia e' anche la gente non solo gli eventi [ perchè racconto storie ]

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Come  ho già detto  nel titolo  la  storia  è fatta  non solo di : date , eventi  , ideologie  \ pensieri  , ma  anche  dalla  gente  . Infatti :


 [--- ] La storia siamo noi, siamo noi che scriviamo le lettere, siamo noi che abbiamo tutto da vincere, tutto da perdere. E poi la gente, (perchè è la gente che fa la storia) quando si tratta di scegliere e di andare, te la ritrovi tutta con gli occhi aperti, che sanno benissimo cosa fare. Quelli che hanno letto milioni di libri e quelli che non sanno nemmeno parlare, ed è per questo che la storia dà i brividi,
perchè nessuno la può fermare.[---] 
Ora  almeno all'inizio  credevo  bastasse  solo   questa  canzone  per spiegare\  rispondere alle  domande  che  mi vengono  , nonostante  le faq  ed i rispettivi aggiornamenti  (  a cui vi rimando  ) , continuamente  rivolte  . Ma  poi mi sono reso conto  che  è   da un bel  po'  a che non aggiorno  , dettagliatamente le  Faq . Ecco   che approfittando di questa  discussone    avvenuta nei commenti a  questo precedente  post  in cui riprendo la storia di un ragsazzo che entra ed esce dal carcere da 30 anni consecutivi o quasi  


 Alessio Meloni ha detto...
Che intervista inutile, chi ha scritto questo articolo il giorno dopo ha intervistato un missionario???!!!! Questo tizio arrestato 70 volte con quasi 30 anni di galera viene intervistato e gli dedicano una pagina nell'unione sarda. complimenti!!!!
05 ottobre 2014 01:40  

 Giuseppe Scano ha detto...
Caro Alessio Meloni perchè inutile ? ciascuno di noi nel bene e nel male ha una sua storia , bella o brutta che sia . Ed è giusto raccontarla . Ovviamente a 360 gradi , come mi sembra che sia stato fatto nell'articolo dell'unione . 
05 ottobre 2014 12:59  

di cui non ha  avuto repliche   . Evidentemente  o  non sa  cosa rispondere  o  gli va bene  la  mia risposta  .  

Ora   riporto   indirettamente  ( prendendole  dalla rete  )  o  direttamente  (  intervistando e facendo parlare  i protagonisti  come nel  caso  da  me  riportato precedentemente  di valentina loche  e  del suo blog http://millimetroemezzo.blogspot.it/ )    

PERCHÉ ORMAI SIAMO CIRCONDATI DA TUTTI I RACCONTIdi Giorgio Vasta 7 maggio 2013   da  www.minimaetmoralia.it/wp/recensione-immersi-nelle-storie-frank-rose/
[...] Immersi nelle storie. Il mestiere di raccontare nell’era di internet di Frank Rose (Codice Edizioni, traduzione di Antonello Guerrera) riflette su questo naturalissimo paradosso: com’è possibile che le storie – quelle che leggiamo, che guardiamo al cinema e in tv o che seguiamo (e contribuiamo a costruire) in rete – siano in grado di girare intorno alla nostra poltrona e collocarsi non solo alle nostre spalle ma tutt’intorno a noi?In effetti le storie non se ne stanno più al loro posto. Non le troviamo solo nei libri, sullo schermo, in un dvd o in un teatro. Non sono più oggetti che, consumati, riponiamo su uno scaffale, così come non sono più luoghi dai quali, conclusa la narrazione, possiamo andare via. In sostanza le storie non fanno più parte di un’esperienza separabile e perimetrabile. Come se dallo stato solido fossero passate prima a quello liquido, dilagando in ogni direzione, per divenire poi gassose, sostanze che un semplice respiro trasloca all’interno dei nostri corpi.Attraverso INCONTRI con registi (da James Cameron a David Lynch), creatori di serie tv (Damon Lindelof di Lost), ideatori e sviluppatori di videogame, Rose chiarisce un punto: se le storie sono ciò che ci nutre questo dipende dal fatto che tendiamo a leggere il mondo in relazione a un senso. Come in Cosmo di Gombrowicz, dove ogni fenomeno è percepito quale indizio di qualcos’altro, nel nostro quotidiano cerchiamo di non abbandonare nulla né al caso né al vuoto pretendendo invece che tutto ciò che c’è sia in grado di significare.[....]  È meglio spalancarsi all’ibridazione: scoprire che da sempre il legame tra realtà e finzione ha una natura meticcia. Ed è indispensabile ricordarsi che la ricostruzione del significato (o meglio la sua invenzione) procede per vie tortuose. Come il protagonista di Reality di Matteo Garrone anche noi penetriamo a forza nello spazio della finzione per contemplare sorridenti la stellata notturna del senso.


Ho fatto  mie  le tesi   di  Jack Zipes in  perchè abbiamo bisogno di storie. Ma  soprattutto perchè  << Miti, leggende, favole, filastrocche, ninnenanne, canzoni: sono tanti i modi di raccontare e di raccontarci. Il racconto accomuna tutti, piccoli e grandi, in ogni latitudine; si racconta sempre, a partire da quella che è stata la nostra giornata, riportando cosa ci è successo o qualcosa che si è visto o ascoltato.>>. Infatti i  ricordi  più beli che  ho di mio nonno  paterno  morto  che avevo appena  10 anni   sono  i suoi racconti   e e  sue  storie    alcuenvere  altre rimmaneggiate  come    quella  dello sceriffo di Bortigiadas. Ora  << Raccontare storie non è solo questione di parole, ma è anche mettere insieme immagini, musica, gesti, emozioni in una trama da cui viene fuori un tessuto che connette le persone tra loro e in cui ciascuno entra e trova il suo filo.>> sempre  secondo   www.multiversoweb.it/incontri/qui-capossela-2210/ <<  L’esperienza del racconto inizia da bambini, quando si entra in relazione con i tanti mondi della fantasia e dell’immaginazione. Spesso, gli artisti, alcuni più di altri, riescono a creare un contatto con il nostro immaginario attraverso le atmosfere e le vicende delle storie che raccontano. >>Tra questi artisti rientrano oltre A  Guccini  (   sia  dischi  che libri )  e  a  Luciano Ligabue  anche  <<  Vinicio Capossela che con il suo stile visionario e fiabesco, le sue ambientazioni ora malinconiche ora circensi, i suoi riferimenti alle più disparate storie popolari e intime è sicuramente uno dei più originali narratori del nostro tempo..  In un incontro con gli studenti universitari, Capossela ha ‘raccontato’ cosa sia per lui il racconto, come lui racconta e come si racconta in musica. >>  (  vedere  l'url  per  i  video  )  
 Come scelgo le  storie  ?  Semplice  non  ho  un criterio fisso o standard  , ma mi baso  sui sentimenti  e le  emozioni  che  esso mi danno  e  mi trasmettono  ,. Infatti posso essere  o  ai margini   dei media    e cioè usati come riempimento  televisivo o  cartaceo oppure  escluse  dai media  . Ed  a volte  e  il caso   recente  del blog  di valentina   ne  ho parlato precedentemente  qui  in questo post , quando  la storia  è incompleta(   leggi    articolo a pagamento  o tropo  breve  )  allora   faccio qualche intervista  . 
Ed  per  questo che mi sto appassionando   alla nuova collana della Bonelli intitolata  appunto le  storie  



9.10.14

non c'è solo l'omofobia ma c'è anche l'eterofobia[ reprise \ aggiornamento ]

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http://ulisse-compagnidistrada.blogspot.com/2014/10/non-ce-solo-lomofobia-ma-ce-anche.html

Il post precedente  ( vedere  url  sopra  )  ha  creato vespaio di polemiche ecco una email fra le  tante  che mi sono arrivate



Oggetto: ma  non eri gay
Data: Wed, 05 Oct 2014 06:01:55 -0700 (PDT)
da :**********@*******
A: redbeppe@gmail.com

Leggo che  rispetto  ai tuoi post  o meglio le   tue storie   sul mondo  \  universo Lgbt  ha cambiato idea  e  non sei come credevo un figlio della luna ed ha capito che  la canzone  di Povia  Luca  era gay  dice il vero

 eda queste voglio rispondere   e chiarire  il mio pensiero  rispetto  a  tali tematiche  .

N.b
ma stato gay



 da  1.43  a 3.00

e  poi  se  anche lo fossi  



  che ve  frega  l'importante   è  che  non v'inculi

questo  articolo   di http://www.fanpage.it  da me   condiviso  spero  valga  chiarirvi  da  che parte  sto

Un militare gay, ad esempio, ha scritto una lettera al Mattino che vi riproponiamo integralmente:
Sono un militare e sono gay, ho assistito come tutti alla manifestazione delle “Sentinelle in piedi”. Ebbene volevo dirle che sono indignato. Ho ventisette anni e un compagno.
Ripetere per l’ennesima volta che l’omosessualità non è una malattia mi sembra da stupidi, lo sanno anche i muri ormai.
Io ho giurato anni fa di difendere questa nazione dinanzi a una bandiera, e come me mille altri di noi (sia etero, sia gay, sia lesbiche). Mi sembra che giorno dopo giorno mi venga tolto quel poco di diritto che mi rimane.
Vivo male la mia omosessualità a causa di gente come le “sentinelle” a cui non auguro nulla di male, mai.
Vorrei prestargli, se me lo permette, le mie scarpe. A tutti questi meravigliosi individui con le candele ai piedi e i libri fra le mani, vorrei fargli provare il mio cammino, le mie sfide e la cosa più brutta di tutte, tenere nascosta una storia che di nascosto non dovrebbe avere nulla.
Mantenere nascosto un compagno, una vita, un amore. E dire bugie, quelle ormai sono semplici da inventare.
Soffrire in silenzio a lavoro perché se parli dopo vieni additato e mi creda non è bello. Eppure ti fai forza e speri che un domani le cose possano cambiare. Ecco, io vorrei solo un domani poter assistere il mio compagno, in salute e in malattia.
Non ho bisogno di un matrimonio in chiesa, vorrei solo che mi venga riconosciuto in tutto e per tutto il mio compagno, mio marito.
Oggi, nel duemilaquattordici la gente scende in piazza non “per noi” (che potremmo essere i loro figli, fratelli, nipoti, amici) ma “contro” di noi.
Tutto ciò mi fa tanto male, mi ricorda che siamo in un paese senza diritti.
In un paese dove i ragazzi come me, persone normalissime e con interessi, vengono “freddati” da atteggiamenti di questo genere che fanno male.
Più male di un pugno nello stomaco.
Più male di un calcio nei denti.
Silenziosi.
Perché questa cattiveria gratuita e silenziosa fa male al cuore, di chi come me crede sempre che il domani possa sorprenderci.
E invece, caro direttore, devo ricredermi.
Oggi, nel duemilaquattordici, mi sono sentito un po’ più solo.
Oggi, nel duemilaquattordici mi sono sentito diverso.

continua su: http://www.fanpage.it/io-militare-gay-indignato-e-offeso-dalle-sentinelle-in-piedi/#ixzz3Faajf6fG


se non bastasse  eccovi un sunto delle  mie posizioni
1)  matrimonio gay  se  lo loro religione  lo accetta  posso farlo anche  in chiesa  altrimenti in comune
2) adozione   da decidere caso per caso  come per le adozioni delle coppie etero  . L'importante   e che riceva un educazione sessuale  ed  all'affettività a  360 °   cioè non solo quella  gay  .
3) maternità  contrario  perchè è contro natura  . La maternità non è un gioco  . Ma  soprattutto  perchè porta al'utero in affitto  e allo sfruttamento  per  poter  partorire  ele  ragazze  e  e le done dei paesi poveri  .

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