5.8.21

Andrea Ferraris una zanzara nell'orecchio storia di Sarvari . recensione - intervista

Degli amici  di famiglia mi hano regalato   il bellissimo  Graphic  novel  di Andrea Ferraris  :  Una  zanzara  nell'orecchio   storia  di Sarvari (Einaudi editore) .
Non credevo  che  un   graphic novel, forse  è da poco che  mi sto  avvenutando   in questo  genere   \ tipo di fumetti    trattasse  storie  cosi  delicate  . Infatti  è  per  questo   che   ho riletto  per  3 di seguito  volte l'opera  ( di solito appena  comprato \  regalato  mi bastano  una \ massimo    due  )  : <<  [...] Ferraris disegna a matita, in maniera giustamente confidenziale, come ci ha abituati con i suoi precedenti lavori non disneyani (Churubusco, La cicatrice, La lingua del diavolo). Dà vita così, con salutare immediatezza, a un’opera tenera, sincera e ottimista, una volta tanto.>> ( da   https://www.artribune.com/  più precisamente   qui   ) La parola «adozione» non si può dire che arrivi improvvisa nella vita di Andrea. Tuttavia riesce, senza che ci sia stato il tempo di digerirla, a scombussolare il quieto tran tran che regola la sua vita di disegnatore di fumetti e frequentatore della movida cittadina. Soprattutto, lo mette davanti allo scoglio più grande, quello di immaginarsi padre. Ad aiutarlo, in questo caso, c'è Daniela, con la quale si crea un'intimità diversa, una sintonia nuova. I due si sposano e insieme si lanciano in un viaggio burocratico per adottare un bambino. Tra riunioni snervanti, colloqui con psicologi e assistenti sociali, rimangono sospesi in un limbo senza scadenza, fino al giorno in cui conoscono l'abbinamento con il Paese d'adozione, l'India, e il nome della bimba di cui saranno genitori: Sarvari. Un nome evocativo e pieno d'incanto, che vuol dire «Notte» o «Raga musicale».


 L'atterraggio a Mumbai è l'inizio di una nuova vita, anche se l'incontro con Sarvari si rivela più difficile del previsto. Eppure Andrea e Daniela imparano a stabilire un contatto che sembra impossibile, a spazzare via quei mille dubbi che ronzano fastidiosamente nelle orecchie: è stata la scelta giusta? E così dopo un forte temporale, attraverso gli occhi di quella bimba venuta da un Paese lontano ricco di colori, capiscono che ce l'hanno fatta. Sono diventati una famiglia. Una storia felice di adozione, integrazione e paternità. Un graphic novel dolce e pieno di vita che parla la lingua universale dell'amore .  Infatti   esso
è  è la storia delle mille difficoltà, ansie, desideri, incomprensioni e infine gioie incredibili che si celano dietro la parola "adozione".
Un  bellissimo racconto sentito, che esprime la voglia di diventare genitori del fumettista Andrea e della sua compagna (e futura moglie) Daniela, inconsapevoli del lungo e tortuoso tragitto per giungere da Sarvari: un nome evocativo, che vuol dire «Notte» o «Raga musicale», per una bimba di Mumbai la cui integrazione sarà complicata, piena di piccole e grandi insidie, fino a diventare parte di una nuova famiglia.
Una graphic novel sublime , resa visivamente in maniera suggestiva e con metafore poetiche, a volte ironiche e  autoironiche , del tutto appropriate e potenti, frutto del talento immenso di un grande narratore che sa usare le immagini per raccontare la realtà e dimostra di non aver paura di mettersi in gioco .  Un abile  narratore  che  sa   usare le immagini per raccontare la realtà e dimostra di non aver paura di mettersi in gioco.. è la storia delle mille difficoltà, ansie, desideri, incomprensioni e infine gioie incredibili che si celano dietro la parola "adozione".
Un racconto sentito ed  intimo , che esprime la voglia di diventare genitori del fumettista Andrea e della sua compagna (e futura moglie) Daniela, inconsapevoli del lungo e tortuoso tragitto per giungere da Sarvari: un nome evocativo, che vuol dire «Notte» o «Raga musicale», per una bimba di Mumbai la cui integrazione sarà complicata, piena di piccole e grandi insidie, fino a diventare parte di una nuova famiglia.I  colori     i  disegni specie   quelli  dela  2   parte    sono   stupendi   che sembra  di vedere  un film   in Blueray o in  Hd  .     In pratica  come    se     stessi  seguendo la loro storia  dal  vivo  .    Tale   raconto  ha  suscito in me  una  caterva d'emozioni   di rimettermi in gioco ed  esplorare  nuovi territori  e nuove  emozioni     proprio come  fa  l'autore :  « Non tutto per me era risolto. Da tempo cercavo di scovare, da qualche parte, il mio istinto paterno. Ma nella giunga di emozioni nella quale mi muovevo non ce n'era traccia »  (   da  https://www.doppiozero.com/materiali Ed  un  voler  approfonire  detterminate  tematiche     ovvero il dietro le  quinte   è quindi  ho intervistato l'autore  . 


rileggendo per la seconda vota , in quanto preso dal seguire testo e disegni non avevo notato subito come fosse cambiasse la colorazione tra le varie parti della storia , e chiaccherando con amici comuni ( che poi sono queli che mi hanno fatto conoscere le tue produzioni non disneyiane ) , ho notato che tae storia era già pronta da un bel po' ma che l'hai tenuta nel cassetto e l'hai pubblicata solo ora .Confermi tale mia supposizione ?

Si, giusto. La storia era nel cassetto da un bel pezzo.

se dovessi confermarla perchè cosa ti ha indotto ad indugiare cosi tanto ?

Il fatto che Sarvari non desiderava farla diventare un libro. Tanto che l’avevo dimenticata.
È stata Sarvari che, ad un certo momento, ci chiese che fine avesse fatto l’idea di raccontare la sua storia. Era arrivato il momento di riprenderla in mano...

il passaggio tra la vita alla minni e topolino al matrimonio \ desiderio di paternità che poi vi porterà
al matrimonio ed all'iter d'adozione è avvenuto spontaneamente oppure in due ?

È sopratutto Daniela a manifestare la voglia/bisogno di diventare madre. Io non ci pensavo. Mi sono lasciato trasportare dal suo entusiasmo. Credo però di essere stato un buon marinaio che ha eseguito le manovre e che alla fine è rimasto felicemente travolto dagli eventi.

avevate già in mente quale paese scegliere per l'adozione oppure è sto il caso nonostante ci fossero già come si evidenzia nella prima parte dei segnali premonitori ?

Non abbiamo scelto nulla. Il paese in cui saremmo stati adottati è arrivato improvviso, prima dell’abbinamento con Sarvari. Nel libro ho giocato un pò sul fatto che qualche segnale del paese dove saremmo andati c’era stato durante il matrimonio. Un modo per snellire le informazioni che stavo dando.

come ha reagito Sarvari quando hai deciso di pubblicare la vostra che poi , dal titolo è anche sua ?

Appunto è stata lei a chiedere di farlo. Ha partecipato attivamente. Ha letto il testo che ho scritto e ha controllato giornalmente i disegni delle pagine che realizzavo intervenendo con richieste e consigli.

visto che la zanzara nell'orecchio ha colpito anche voi ci sarà un seguito italiano della storia di
Sarvari ?

Non credo, anche se certo, mai dire mai. In diversi mi dicono di essere curiosi di conoscere come Sarvari si è integrata nel nostro mondo.

il libro è stato scritto \ disegnato a caldo cioè man mano che la vicenda s'evolveva oppure a freddo una volta che si è conclusa cioè quando Sarvari è arrivata in italia ?


L’ho scritto “a freddo”. Sono passati 15 anni dal momento in cui ci siamo incontrati a Mumbai. Ho ripreso gli appunti, i filmati, le fotografie, i vari documenti e ho cominciato a mettere ordine. È stato come aprire il vaso dei ricordi. Molte cose che credevamo dimenticate sono tornate a galla. Ci siamo resi conto che tutto era ancora chiarissimo.


Nello scriverlo ti sei basato solo sui vostri , visto che la storia \ vicenda è una vicenda corale , ricordi oppure avete usate anche diari \ appunti e magari se scritto a freddo cioè dopo anni i ricordi di Sarvari ?

Avevamo raccolto molto materiale. Ci ha aiutato a tornare a quelle incredibili giornate ma i ricordi in realtà erano nitidissimi ed è stato facile farsi trasportare dall’onda. ( ma forse ho già risposto sopra...)

 Avrei altre  domande   da  fargli  ma , non vorrei  risultare   stressante   .me  le conservero   per  l'eventuale seguito perchè credo  che  , visto  il forte  successo  , non mancherà  . 

4.8.21

il peggior nuotatore della storia , la no vax pentita che invita a vaccinarsi ,


  da   https://storiecorrenti.com/


Il peggior nuotatore della storia


By Andrea Sylos Labini
-30 Luglio 2021



Il peggior nuotatore della storia non sono io. O meglio, probabilmente lo sono, ma non ho guadagnato questo titolo a livello internazionale.Questa pregiata onoreficenza spetta ad un ragazzone della Guinea Equatoriale che risponde al nome di Eric Muossambani, ma sento davvero che anch’io ho qualcosa in comune con lui.Io che ho avuto in dono dal buon Dio un fisico poco portato per lo sport in generale, e decisamente “poco acquatico” nel particolare.Io che quando ero piccolo i miei decisero che dovevo fare un po’ di nuoto (all’epoca non è che lo sport te lo sceglievi) perchè faceva bene al fisico, dicevano;Io che avevo una sorella cinque anni più piccola, e mia madre per ottimizzare gli accompagnamenti in piscina cercò due corsi che si svolgessero contemporaneamente;Io che ebbi la sfiga che a quell’ora c’era un solo corso adatto al mio livello, che disgraziatamente coincideva con quello di mia sorella; e cosi io quattordicenne e lei novenne finimmo nello stesso corso popolato da bambini di dieci anni;Io che ero una frana a nuotare, tanto che nelle vasche a rana (quanto l’ho odiata la rana) i bambinetti per superarmi nella corsia mi superavano passando sott’acqua;Io che nelle dannatissime garette di fine corso ebbi un moto di orgoglio e decisi che almeno a stile libero, dovevo salvare la faccia e arrivare davanti ai mocciosi, costi quel che costi.Così in acqua quel pomeriggio diedi tutto quello che avevo, e forse rischiai anche un po’ la pelle, e ancora ricordo quelle due vasche a stile come uno degli sforzi maggiori della mia vita;Io che avevo rimosso questo ricordo, finchè non ho sentito la storia che adesso vi vado a raccontare. E quando ho visto il video -che trovate nel primo commento- ho potuto sentire sulla mia pelle lo sforzo eroico di ogni bracciata di Eric Moussambani, detto “l’anguilla”.Moussambani era un pallavolista amatoriale, nato e cresciuto nella Guinea equatoriale, e fino all’età di 21 anni non aveva mai imparato a nuotare.Poi nel 2000 la Guinea rientra in un programma per l’incentivazione dello sport nei paesi in via di sviluppo, e ottiene una Wild Card per il nuoto per le Olimpiadi di Sidney, quelle del nuovo millennio.Eric impara a nuotare alla meno peggio, un po’ in mare, un po’ nei fiumi, un po’ nell’unica piscina che ha a disposizione, quella dell’Hotel Ureca a Malabo.Con questo pregevole curriculum, forse unico nuotatore del suo paese, Eric parte per Sidney, partecipa alla cerimonia di apertura come portabandiera per la Guinea, e si presenta in piscina il giorno della gara: 100 mt stile libero.E’ una gara di qualificazione, per accedere alle fasi finali bisogna rientrare in un certo tempo, gli organizzatori lasciano da soli un’ultimissima batteria i tre “desperados” possessori di Wild card: Karim Bare dalla Nigeria, tale Farkod Oripov dal Tagikistan, ed il nostro valoroso Eric.E’ una gara apparentemente senza senso, nessuno dei tre ha speranze di rientrare nei tempi per accedere alle finali, ma si svolge comunque nello stadio del nuoto, davanti a 17.000 spettatori.In una piscina olimpionica di 50 mt.Eric una piscina di 50 mt non l’ha mai vista, quella dell’Hotel Ureca sarà grande si e no una quindicina, e la cosa deve aver influito nella scelta della gestione delle energie.Bene, in questi giorni di Olimpiadi abbiamo tutti negli occhi una gara di nuoto olimpica: atleti in tutine iperaderenti che salgono in pedana, sciogono i muscoli, sistemano cuffia e occhialini, poi si tutffano e partono con un ritmo indiavolato che va crescendo nel corso della gara, negli ultimi metri sembrano motoscafi.Eric sale in pedana con l’aria del condannato al patibolo: non ha tutine aderenti, non ha cuffia. Ha solo un costume mutanda slacciato e degli occhialini con l’elastico che svolazza.I suoi due compagni di batteria prendono un clamoroso abbaglio: si buttano in acqua pima dello start. Squalificati.Eric rimane al suo posto, aspetta il segnale di partenza e si tuffa in acqua in modo un po’ sgraziato.Solo.Con 17.000 spettatori che lo fischiano e ridono.Eric percorre la prima vasca a tutta birra, o per lo meno con quella che è la sua versione di “a tutta birra”: ben diversa da come siamo abituati a vedere alle olimpiadi, ma con un certa innegabile cazzimma.Arriva alla sponda dei 50 mt, vira in modo abbastanza dignitoso, ed inizia il ritorno.Il lunghissimo ritorno.Eric sembra aver bruciato tutte le sue energie nei primi 50 mt, e affronta la seconda vasca decisamente affaticato.Più aumenta la fatica, più la sua azione perde efficacia. Dapprima si scoordinano le gambe, poi le braccia e infine la testa. Gli ultimi 25 metri le gambe quasi non le usa più, devono essergli diventate dei pezzi di legno, e le braccia e la testa sembrano mosse dalla forza della disperazione.Ma Eric non molla.E’ solo, qualunque sia l’esito comunque non si qualificherà, il suo dovere ormai l’ha fatto, gambe e braccia devono bruciargli da morire e immagino quanto gli manchi il respiro.I cordoli delle corsie sono lì a portata di mano, e sarebbe tanto facile aggrapparsi e porre fine all’agonia.Ma Eric non molla, e continua a buttare lì bracciate scoordinate, che sono ognuna un inno alla sofferenza.E qui il miracolo dello sport: il pubblico se ne accorge, smette di ridere ed inizia ad applaudirlo.Eric lo sente, e sospinto dal calore della gente, trova la forza di concludere gli ultimi penosissimi 15 mt.Intanto la regia in mondovisione mostra il tempo di Eric (siamo oltre 1 minuto e 50) mentre come in tutti gli arrivi olimpici si vede in sovrimpressione il tempo del World record (all’epoca 48 secondi), amplificando l’effetto tragicomico, quasi a ricordarci che quel ragazzone nero che stenta a mantenersi a galla sta concorrendo per le OlimpiadiEric tocca l’agognata sponda come se fosse un naufrago che raggiunge la riva, e lo stadio del nuoto di Sidney esplode in un boato.La regia ci mostra il primo piano del volto di Eric deformato dalla fatica, con lui che a stento riesce ad alzare un braccio per salutare il pubblico che ormai lo adora.Ed io nel mio piccolo quando ho visto il video in un primo momento ho riso (perché inevitabilmente la scena si presta a facili ironie).Poi mi sono ricordato la mia sofferenza nella gara coi bambinetti, quando decisi che dovevo dare tutto. E ho sentito di nuovo su di me il bruciore nei muscoli pieni di acido lattico che non ce la facevano più, e i polmoni che sembravano scoppiare, e il senso di fatica prossimo al collasso quando mi aggrappai al bordo alla fine del supplizio.E ho pensato che è facile fare i fenomeni, se nasci Michael Phelps. Ed è bello immedesimarsi in Phelps quando nuota come un motoscafo e colleziona medaglie su medaglie, mangiandosi gli avversari.Ma ognuno deve giocare la partita con le carte che gli sono state servite, e ogni giorno deve confrontarsi con le prove che la vita gli mette davanti, anche senza essere particolarmente dotato o preparato per superarle.Anzi a molti di noi comuni mortali a volte tocca affrontare i problemi della vita con lo stesso sguardo con cui Moussombani ha visto per la prima volta la piscina olimpinica: qualcosa di enorme e apparentemente insuperabile.E allora nuota Eric. Nuota per tutti noi, gente normale.L’hanno capito i 17.000 dello stadio di Sidney, e oggi l’ho capito anch’io: in ogni tua bracciata affannata c’è lo sforzo di chi lotta con ostinazione per arrivare a fine giornata.In palio non ci sono medaglie, né onori.In premio per chi non molla c’è solo la soddisfazione di avercela fatta, e il rispetto di chi ti vuole bene.Il che, a ben pensarci, può essere una motivazione sufficiente a smuovere il mondo.

Agrigento, l'appello dal letto di ospedale di una no-vax pentita: "Ho sbagliato, vaccinatevi tutti"






Agrigento, l'appello dal letto di ospedale di una no-vax pentita: "Ho sbagliato, vaccinatevi tutti"
"Ho sbagliato a non volermi vaccinare, adesso sono ricoverata e sono stata malissimo a causa del Covid. Grazie alle cure sto un po' meglio. Io ho rischiato la vita, ma voi vaccinatevi". È l'appello lanciato da una donna di 57 anni, Maria Paola Grisafi, ricoverata per Covid all'ospedale di Ribera, Agrigento. Le immagini sono state diffuse dall'Asp di Agrigento

Perchè gli emendamenti del centrodestra al ddl Zan aprono a discriminazioni e offese

Sono una marea gli emendamenti presentati al disegno di legge Zan contro l'omotransfobia, la cui discussione è ufficialmente slittata a settembre dopo l'ultimo scontro tra Italia Viva e le altre forze di centrosinistra (più il Movimento Cinque Stelle), che si sono accusate a vicenda di voler affossare la legge. Il rinvio, d'altronde, era nell'aria da quando, lo scorso 20 luglio sono stati presentati in Senato oltre mille emendamenti al testo, di cui quasi 700 dalla sola Lega. Se qualche emendamento dovesse essere approvato la legge sarebbe costretta a ricominciare il suo iter parlamentare, tornando alla Camera. Il che significa che prima di un'approvazione definitiva passerebbero sicuramente ancora altri mesi, facendo slittare ulteriormente la legge.Togliere ogni riferimento all’identità di genere, non tentare di imporre ai mezzi di informazione o alle scuole il recepimento dell’ideologia gender, non considerare discriminatorio il comportamento di chi si oppone alle adozioni da parte di coppie dello stesso sesso. Sono solo alcuni degli oltre mille emendamenti presentati al ddl Zan, la cui discussione è slittata ufficialmente a settembre.
Infatti secondo https://www.fanpage.it/politica/perche-gli-emendamenti-del-centrodestra-al-ddl-zan-aprono-a-discriminazioni-e-offese/



La maggior parte degli emendamenti riguarda l'identità di genere, che le forze di centrodestra (ma anche Italia Viva ed velatamente alcuni del Pd ) vorrebbero togliere. Il disegno di legge Zan chiede di aggiungere alla legge Mancino, che punisce i reati di incitamento all’odio e di istigazione alla violenza legati al razzismo e alla discriminazione religiosa, le discriminazioni per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità: includere l'identità di genere significa dare un nome alle violenze che subiscono tutte quelle persone in fase di transizione o che non identificano il proprio genere, appunto, con il sesso biologico. Ed è esattamente questo punto che il centrodestra vuole eliminare.


 

La replica dei sostenitori al ddl Zan è che eliminare il riferimento all'identità di genere a una legge che vuole contrastare tanto l'omofobia quanto la transfobia, finirebbe per svuotare il provvedimento di senso. E per non tutelare una parte della società che oggi continua a subire discriminazioni proprio a causa della propria identità di genere. Eppure un altro emendamento proposto dai senatori di Forza Italia Paola Binetti e Maurizio Gasaparri chiede di sostituire le parole "oppure fondati sul sesso, sul genere, sull'orientamento sessuale, sull'identità di genere" con "oppure fondati sul sesso o sul genere femminili", escludendo quindi le discriminazioni che può ricevere un uomo sulla base della sua identità di genere.
Infatti  fra gli emendamenti più discriminatori c'è  quello   a firma Malan, inoltre, chiede di "non tentare di imporre ai mezzi di informazione o alle scuole il recepimento dell'ideologia gender o comunque il concetto per il quale i bambini non nascono necessariamente da un uomo e una donna". Un altro, infine, afferma che non devono essere considerati discriminatori comportamenti per cui, nel caso di locali o attività divise per sesso, non ammettano persone a quelli diversi dal loro sesso anagrafico, o per cui ci si opponga alle adozioni da parte di coppie dello stesso sesso. Allo stesso modo, secondo Malan non va considerato discriminatorio "non prestare la propria opera o proprietà o esercizio per celebrazioni relative a un determinato orientamento sessuale" oppure "esprimere presenze sull'orientamento sessuale dei figli e dei parenti".




da https://www.fanpage.it/politica/perche-gli-emendamenti-del-centrodestra-al-ddl-zan-aprono-a-discriminazioni-e-offese/

Mi  fanno  schifo  perchè capisco  i punti g  ed  h   ma   i punti b  e  f  h   sono prprio   discriminatori  e meschini  .  soprattutot perchè non è  vero  che  si limita la   libertà d'espressione     da un giornale    di destra    civile  




storie olimpiche V parte dalle barracopoli al quasi oro olimpico grazie alla box , uomo o donna , gesso portafortuna , atleti vandali , medaglia più giovane ed altre storie olimpiche





Il ragazzino della discarica salvato dalla boxe a un passo dall'oro delle Olimpiadi di Tokyodal nostro inviato Ettore Livini


Carlo Paalam festeggia la vittoria per ko ai quarti (afp)


Il filippino Carlo Paalam ha scavato fino a nove anni tra i rifiuti di Barangay Carmen facendo a pugni per i migliori pezzi di materiale da recupero. Scoperto dagli "osservatori" sui ring di quartiere è arrivato alle semifinali dei pesi mosca e con la prima borsa ha regalato un sacchetto di riso alla famiglia


TOKYO - Il ragazzo dei rifiuti ha passato i primi nove anni della sua vita nella discarica di Barangay Carmen. A scavare tra i rifiuti, contendendosi a cazzotti con i coetanei quelli più pregiati e cercando tra cartacce e montagne di plastica un qualche pezzo di metallo da vendere. Oggi, a 22 anni, quel metallo l'ha trovato. Se sarà oro, argento o bronzo lo saprà nei prossimi tre giorni. Quando il filippino Carlo Paalam - che nella vita non ha mai smesso di fare a pugni - si giocherà nella semifinale (e magari anche in finale) dei pesi mosca di pugilato il suo posto sul podio delle Olimpiadi di Tokyo.
Il percorso di Paalam verso il Giappone è iniziato da lontano nelle baracche dove viveva a fianco del suo "posto di lavoro" a Cagayan de Oro quando aveva appena sette anni. Nel paese di Manny Paquiao la boxe è sacra. I ragazzini, invece di tirare calci al pallone, si prendono a montanti e ganci nei cortili di casa. Carlo ha iniziato a sette anni. E quando un vicino di casa l'ha visto per caso combattere, ha fiutato il talento e gli ha consigliato di andare a guadagnarsi qualche soldo non nell'enorme immondezzaio dove cercava per dieci ore al giorno ferro e rottami da rivendere, ma a "Boxing in the park", i ring comunali costruiti in tutto il paese per far "giocare" al pugilato i bambini.
Detto fatto. Paalam, come i ragazzini di tutto il mondo, ha bigiato il lavoro e si è presentato ai Campetti. Magrissimo, pelle e ossa. In apparenza niente di che. Ma velocissimo e preciso come un laser. Uno alla volta ha iniziato a mettere al tappeto ragazzi più grandi e pesanti di lui. I talent scout che frequentato queste palestre all'aria aperta l'hanno notato subito. E dopo un paio di settimane il piccolo Carlos è tornato a casa, fierissimo, con un sacchetto di riso comprato con i soldi guadagnati con la sua prima "borsa". "Ho trovato materiale ottimo in discarica", ha raccontato al padre, totalmente all'oscuro dei suoi exploit sportivi.
La doppia vita tra rifiuti e ring è continuata fino al 2009. L'eco delle vittorie a raffica del ragazzetto della pattumiera è arrivato all'orecchio delle autorità sportive di Cagayan de Oro. Un potenziale talento nella boxe, nelle Filippine, è materiale su cui investire. E nel 2009, a 9 anni, Paalam è entrato nel piano sport-lavoro del governo. Un progetto che garantisce palestra per gli allenamenti e un piccolo stipendio mensile alle giovani promesse a patto che vadano a scuola.
La discarica di Barangay Carmen è uscita così dalla sua vita. A 13 anni è entrato in nazionale. Lo scorso anno ha vinto l'oro nei pesi mosca ai giochi del sud est asiatico. Oggi è il numero 12 del ranking mondiale nella categoria. "Se arrivo a Tokio è merito di chi ha creduto in me quando avevo nove anni - ha ricordato in un'intervista prima di partire per il Giappone -. Ringrazio la mia piccola squadra di boxe di Cagayan e il sindaco Oscar Moreno". La strada è stata lunga, ma il traguardo è a un passo. E invece di pezzi di rame, rottami di metallo o di stagno, ha un sogno tutto d'oro.



Sky Brown, con lo skateboard alle Olimpiadi di Tokyo a 13 anni

di Lorenzo Nicolao

Si è guadagnata il pass per i Giochi superando brillantemente un grave infortunio: battuto il record di precocità per gli inglesi della nuotatrice Margery Hinton

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(Instagram)

Le sono bastati 13 anni e 11 giorni di vita per raggiungere l’ambito traguardo delle Olimpiadi. Un’età da record con la quale Sky Brown sarà la più giovane atleta della Gran Bretagna a partecipare ai Giochi di Tokyo il 4 agosto. La skateboarder sarà così una delle protagoniste del debutto olimpico della sua disciplina, affiancata dalla compagna di squadra 14enne Bombette Martin. Terza agli eventi di qualificazione, Brown è nata in Giappone il 12 luglio del 2008 da papà inglese e mamma giapponese ed è anche la più giovane professionista del suo sport. Con questo traguardo supererà il record della nuotatrice Margery Hinton, che aveva solo 31 giorni in più quando nel 1928 gareggiò ad Amsterdam per la nona Olimpiade moderna. La giovanissima skater è stata quindi confermata nel team britannico che raggiungerà Tokyo alla fine del mese, dopo aver già vinto una medaglia di bronzo ai campionati del Mondo del 2019 a San Paolo, successo che le aveva permesso di diventare subito una star, non solo nel mondo dello skateboard ma popolare anche fuori, con 809 mila follower su Instagram in vertiginoso aumento.

Il record di precocità alle Olimpiadi è solo uno dei tanti che Sky Brown ha già battuto, basti pensare al contratto con la Nike quando aveva 8 anni o ai successi in tornei dove gareggiava con ragazze che avevano il doppio della sua età, con tanto di partecipazione alle Vans United States Open Pro Series già nel 2016 e vittorie in tornei ospitati dal suo Paese e all’estero, in Svezia, Singapore ed Estonia. Personaggio ideale per qualsiasi campagna pubblicitaria, la piccola campionessa è già un modello da seguire, con dichiarazioni da attivista che infondono coraggio alle coetanee e che hanno presto raccolto l’approvazione del pubblico. «Noi ragazze sulla tavola possiamo fare tutto ciò che fanno i maschi, quindi il divertimento non può e non deve essere solo per loro. Lo skateboard è felicità e libertà per tutti».

Dietro il suo successo non può comunque mancare il pieno e totale supporto dei genitori, che le amministrano sponsor e vita professionale, oltre a una già oculatissima gestione della comunicazione, soprattutto sui social network. Le nuove piattaforme sono infatti imprescindibili per colei che farà il debutto olimpico in una delle discipline più giovani che saranno ospitate ai Giochi. Lo skateboard, nelle sue varianti park e street, sarà per la prima volta nel calendari di gara, insieme a surf, softball, baseball e karate, sport che con tutta probabilità raccoglieranno l’interesse delle fasce di pubblico più giovani. A dispetto dell’età, Sky Brown è comunque un’atleta già navigata, tra infortuni più o meno gravi, con uno dopo il quale ha rischiato anche la vita. A fine maggio del 2020, quindi in piena corsa per poter rientrare nella squadra olimpica britannica, la baby star dello skateboard è caduta da cinque metri d’altezza fratturandosi il cranio in allenamento. Tra lo spavento e il trasporto in ospedale d’urgenza in elicottero, dopo i primi momenti di paura la giovane campionessa ha però mostrato un atteggiamento super positivo, ringraziando il casco e i soccorsi per averle letteralmente salvato la vita ma subito riaffermando la chiara volontà di riprendere quanto prima, per poter andare all’Olimpiade di Tokyo e provare a vincere l’oro durante Giochi simbolici per lei, anche per essere ospitati dalla patria della mamma.Lo Chef de Mission del team britannico Mark England ha annunciato con grande orgoglio Brown e la compagna Bombette Martin come ambasciatrici dello skateboard a Tokyo. «Incredibilmente emozionante avere non solo le due skateboarder come volti della squadra in questa disciplina completamente nuova per le Olimpiadi, ma anche contare su promesse così giovani e dal grandissimo futuro davanti, talenti dei quali siamo fieri. Ora spetta solo a loro presentarsi a Tokyo nella migliore forma atletica possibile e competere per i traguardi più ambiti».










Il festino con alcol finisce male: muro sfondato e vomito, devastata stanza nel Villaggio Olimpico

Vomito in camera e un buco nel muro dell’hotel che ospita gli atleti nel Villaggio Olimpico di Tokyo. Sono stati questi i danni registrati subito dopo un festino a base di alcol finito male. “Un comportamento inaccettabile” che ha portato all’avvio di un’indagine interna per cercare di smascherare i responsabili.
A cura di Fabrizio Rinelli
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Gli atleti australiani hanno danneggiato le stanze del villaggio Olimpico di Tokyo prima di partire, mentre altri compagni di squadra hanno mostrato "comportamenti inaccettabili" durante il volo di ritorno. A dirlo è stato il Comitato Olimpico Australiano che ha spiegato come alcuni atleti avevano danneggiato i letti dell'hotel in cui alloggiavano per i Giochi e praticato addirittura un buco in un muro.
Il capo del Team Australia, Ian Chesterman, senza nominare gli atleti o lo sport che rappresentavano, ha sottolineato cosa sia realmente successo ammonendo pesantemente i responsabili affidando alle specifiche federazioni il compito di smascherare i colpevoli: "Hanno lasciato le stanze in una condizione inaccettabile", ha detto Chesterman ribadendo comunque che il danno è stato minore di quello che si possa intendere:
"Non era difficile rompere il letto di cartone – ha aggiunto – Le stanze non sono state completamente distrutte in alcun modo". Problemi anche nel volo di ritorno dalle Olimpiadi verso Sidney. Ad essere finiti nell'occhio del ciclone, in questo caso, sono state le squadre di rugby e canottaggio.
Vomito nelle stanze e party con le altre nazioni
Alcuni atleti australiani avrebbero fatto baldoria poco prima della loro partenza. Una sorta di party in camera avrebbe scatenato l'ira degli addetti alle pulizie che sono stati chiamati per asciugare il vomito negli alloggi di alcuni atleti. In diversi erano ubriachi e scatenati a tal punto da danneggiare alcune camere. Il Comitato olimpico australiano ha dunque confermato che "alcuni individui hanno lasciato le loro stanze in uno stato disordinato e inaccettabile" ma senza voler estremizzare l'accaduto.
Nel frattempo le federazioni di rugby e canottaggio stanno avviando un'indagine interna per capire cosa sia accaduto: "Rugby Australia ha avviato un'indagine interna sulla questione per ribadire ancora una volta i valori del nostro gioco: rispetto, integrità, passione e lavoro di squadra". L'Australia ha dunque confermato quanto accaduto riservandosi di sanzionare gli atleti responsabili ma ribadendo come però il team australiano sia stato sempre corretto durante il soggiorno a Tokyo: "Alcuni giovani hanno commesso un errore e dovranno pagarne le conseguenze".





“Siamo sicuri che è una donna?”: l’orrendo sospetto sull’argento nei 200 femminili alle Olimpiadi
Christine Mboma ha vinto la medaglia d’argento nei 200 metri alle Olimpiadi di Tokyo, ma c’è chi getta pesanti ombre sulla sua strepitosa prestazione. La 18enne namibiana ha realizzato un tempo pazzesco, nuovo record mondiale Under 20. “È una chiara ingiustizia nei confronti delle donne che sono sicuramente donne”, l’attacco durissimo.
A cura di Paolo Fiorenza




Non c'è pace per Christine Mboma, 18enne atleta namibiana già oggetto di polemiche nell'avvicinamento alle Olimpiadi. La giovane velocista e mezzofondista africana era stata estromessa ad inizio luglio dalla partecipazione ai 400 metri olimpici – nei quali aveva uno dei migliori tempi stagionali al mondo – per il livello troppo alto di testosterone, stessa sorte riservata alla connazionale e coetanea Beatrice Masilingi. Due giovanissime dai tempi mostruosi sulle quali si era abbattuta la World Athletics, regolamento alla mano: negli eventi femminili dai 400 metri al miglio il livello di testosterone non deve infatti superare un certo limite.
Secondo il Comitato Olimpico della Namibia, alle due ragazze è stato riscontrato "un livello naturale di testosterone alto" dopo che si sono sottoposte a test specifici per atleti con differenze di sviluppo sessuale. Mboma e Masilingi hanno una condizione che si chiama iperandrogenismo, ovvero appunto una eccessiva produzione di ormoni sessuali maschili da parte delle ghiandole endocrine: è la stessa situazione in cui versa la campionessa sudafricana Caster Semenya – due volte medaglia d'oro olimpica negli 800 a Londra e Rio – a sua volta fermata nel 2019, dopo l'introduzione del nuovo regolamento. La Federazione internazionale adesso impone che le atlete che superino il limite di 5 nanomoli di testosterone per litro di sangue debbano sottoporsi ad un trattamento farmacologico per abbassarlo e rientrare nei parametri, se vogliono partecipare alle competizioni sulle distanze che vanno dai 400 metri al miglio.
Queste atlete non possono dunque iscriversi a 400, 800, 1500 metri e miglio. Christine Mboma ha ripiegato allora – si fa per dire – sui 200 metri, dove ha piazzato un'altra prestazione pazzesca sulla pista dello Stadio Olimpico di Tokyo: medaglia d'argento col tempo di 21"81 – record mondiale Under 20 – dietro la giamaicana Elaine Thompson, sopravanzando di 6 centesimi la statunitense Thomas. Una grande gioia per la 18enne namibiana, offuscata dalle parole rivoltele dopo la corsa dall'ex velocista polacco Marcin Urbas, che ci è andato giù durissimo: "Vorrei chiedere alla Mboma un test approfondito per essere sicuri che sia una donna. Il suo vantaggio di testosterone sulle altre partecipanti è visibile ad occhio nudo. Nella corporatura, nel modo di muoversi, nella tecnica, è schiacciante anche in velocità e resistenza. Ha i parametri di un ragazzo di 18 anni, a quell'età il mio personale era di 22"01, guardate il suo tempo a Tokyo".

Dal canto suo, la giovane namibiana è assolutamente dentro le regole per quanto riguarda la sua partecipazione ai 200 metri, avendo ricevuto l'autorizzazione a competere a Tokyo da parte del Comitato Olimpico Internazionale. Tuttavia secondo Urbas è ingiusto che la Mboma stia battendo i record mondiali juniores con estrema facilità grazie alla sua situazione ormonale: "Con la progressione e il miglioramento della sua tecnica, presto scenderà a 21 secondi nei 200 metri e a 47 secondi nei 400 metri. È una chiara ingiustizia nei confronti delle donne che sono sicuramente donne". Al di là del merito della vicenda, non deve essere facile a 18 anni vivere tutto questo per Christine. E le polemiche sono destinate a proseguire.






La favola di Tamberi, oro a Tokyo con quel gesso custodito 5 anni: “Per me significa tutto”
Gianmarco Tamberi ha festeggiato la medaglia d’oro nel salto in alto alle Olimpiadi di Tokyo a modo suo. Ha portato in pista il gesso con cui era stata immobilizzata la sua caviglia sinistra dopo l’infortunio rimediato nel 2016 un mese prima dei Giochi di Rio. Gimbo l’ha conservato per tutto questo tempo, in attesa del momento della sua rivincita sul destino: “Ricorda il giorno in cui ho deciso di provarci”.
A cura di Sergio Chesi





Sulla pista del National Stadium di Tokyo ad un tratto è spuntato un gesso. Proprio nei momenti decisivi della finale del salto in alto, con Gianmarco Tamberi e il qatariota Barshim a giocarsi la medaglia d'oro che si sarebbero spartiti qualche istante più tardi. Quel gesso è il simbolo del trionfo di Gimbo. Un monumento alla resilienza, al sudore, al sacrificio di un'atleta che cinque anni fa si infortunava ad un mese dai Giochi Olimpici di Rio e oggi trionfa nella sua gara. Il lieto fine di una favola cominciata da un evento nefasto, per questo ancora più speciale da assaporare.
Tamberi abbraccia l'amico rivale Barshim, con cui si è diviso la medaglia d'oro, poi comincia a saltare incredulo sulla pista del National Stadium, prima di crollare a terra commosso e incredulo. A pochi passi da lui c'è quel gesso, che poi abbraccia e porta in trionfo. "Per me significa tutto – racconterà qualche istante più tardi ai microfoni Rai – Per me significa tutto. Mi ricorda il giorno in cui ho deciso di provarci".
Un giorno di luglio 2016. Mancano poche settimane alle Olimpiadi di Rio de Janeiro, Tamberi è in forma, proprio come oggi, e sta superando se stesso. Salta a 2.39, poi tenta di superare i 2.41 ma si fa male nel tentativo. La diagnosi è impietosa: lesione al legamento della caviglia sinistra e stop forzato di quattro mesi. Addio ai Giochi, quelli a cui sarebbe arrivato tra i favoriti nella sua disciplina.
"Ho passato una settimana nel letto a piangere – ha ricordato pochi minuti dopo aver vinto l'oro a Tokyo -. Per giorni ho pensato di aver perso tutto quello per cui avevo lavorato, tutti i miei sogni". Da quello stesso letto di ospedale, in qualche modo, Gimbo trova la forza interiore per ripartire e costruire la sua rivincita. "Ero in ospedale il giorno in cui ho deciso di provarci – ricorda –. Ho scritto Tokyo 2020 sul gesso e già sapevo che vincere sarebbe stato qualcosa di incredibile".
E così è stato. Tamberi ha conservato gelosamente il gesso dell'infortunio per cinque anni, la più forte delle motivazioni per ripartire nel viaggio verso il suo sogno olimpico. E sono arrivati insieme a destinazione, lì dove hanno trovato un nuovo compagno di viaggio. La medaglia d'oro.

3.8.21

quando si dice prendere la vita con filosofia e non reagire a tali imbelli il caso di Ali che ci da una bella lezione di dignità e compostezzail cado di Ali

quando si dice prendere la vita con filosofia e non rewagire a tali imbelli il caso di Ali che ci da una bella lezione di dignità e compostezza  dall'acount  facebbok  #StorieDaCaffè

LA RIVINCITA DI ALÍ
Immaginate una spiaggia di sabbia bianca, nel caldo di agosto.
Immaginate gli ombrelloni, i bambini, le sdraio, i teli mare, la gente, i racchettoni, i materassini, il
caldo cocente.
Riuscite ad immaginarla? Ne avrete viste tante.
Ora immaginate un po' meno gente. Siamo su una spiaggia un po' Vip, la spiaggia della “gente bene” di una città del sud Italia dalla spiccata vocazione commerciale.Qui le signore ci tengono molto: si mantengono, si curano, si ritoccano. Ma anche si guardano, si commentano, si criticano.Sono tutte ossessionate dal fare la cosa giusta: il costume giusto, il ristorante giusto, il marito giusto. Loro, le signore, non vorrebbero sentirselo dire, ma si respira un’aria un po' provinciale.Bene, su questa spiaggia un po' così, ci sono anche loro, quelli che sono nati dalla parte sbagliata del mondo, e per sopravvivere sono stati costretti ad attraversare il mare in qualche modo, e ad inventarsi un mestiere qui da noi. C’è Aisha, che cammina per la spiaggia portandosi dietro in una fascia sua figlia Fili. Sorride a tutti e per 15 € acconcia con traccine afro le teste delle bambine di buona famiglia che vogliono darsi un tocco naif.C’è Omar, che vende borse di marca praticamente identiche a quelle vere. Sorride a tutti, mostra il campionario alle signore. Loro le guardano tutte, solo per poter commentare un po' scandalizzate con le altre signore che “E’pazzesco, sembrano proprio identiche alle originali. Però si capisce che sono false perché c’è un dettaglio che….”Poi però con circospezione prendono il numero di telefono di Omar, che incontreranno in gran segreto per acquistare quei tanto criticati oggetti del desiderio.C’è Khaled, che compare nelle giornate di vento con una scia di coloratissimi aquiloni svolazzanti; c’è Hassan, che trascina sul bagnasciuga una fila di pinguini di gomma che ondeggiano allegri sul loro contrappeso; c’è Tulip, che vende il cocco fresco. Sono tutti educatissimi e discreti, si avvicinano solo se chiamati e sorridono sempre. Sorridono, onostante il caldo e l’ingiustizia.E poi c’è Alì.Alì ha un campionario di anelli, bracciali, collane e gioielli vari in argento, o quel che è.Cammina sulla spiaggia drappeggiato in una lunga tunica, e se una signora lo chiama si inginocchia sulla sabbia, stende un telo e con pazienza espone il suo ben assortito campionario. Intorno a lui si crea sempre un capannello di mamme e bambine, e quando sciorina la merce di solito riesce sempre a vendere qualcosa.Mia moglie e la moglie del mio amico S. sono sue affezionate clienti, e uno dei giochi dell’estate è sfottere S. che lavora, mandandogli una foto della moglie che dilapida il patrimonio di famiglia mercanteggiando con Alì.L’altro giorno Alì è stato chiamato da una signora, di quelle di cui in premessa: ritocchi sul corpo, ritocchi sul viso. Il risultato dei ritocchi è un corpo da pin up e una faccia da megera.Ma Alì tratta con eguale cortesia Principesse e streghe: si inginocchia sulla sabbia, stende il telo e con solennità inizia ad esporre il campionario. La strega però sembra non sapere quello che vuole, e dopo aver fatto tirare fuori fino all’ultima collana dice che non è convinta, e chiede di vedere i bracciali. Pretende di vederli tutti, e un po' seccata decide i passare agli orecchini. Poi non contenta prova con gli anelli. Dopo più di mezz’ora non è ancora soddisfatta, e chiede di rivedere le collane. Sembra finalmente interessarsi ad una, poi cambia e si concentra su una collana che Alì vende a 40 Euro. E ne offre 5.Ora, con Alì, e i venditori da spiaggia in generale, un po' di contrattazione è d’obbligo, loro probabilmente se l’aspettano e la mettono in conto.Un piccolo sconto lo fanno sempre, e lo sconto diventa maggiore se magari compri due o tre cose.E magari offrire 5 € per una collana per cui te ne chiedono 40 potrebbe essere una tecnica di contrattazione, finalizzata magari a chiudere la trattativa ai 35, o addirittura 30 Euro.E invece no.La Pin up col volto da arpia non vuole trattare. Lei, dopo averlo tenuto tre quarti d’ora in ginocchio sotto il sole, ora la pretende quella collana per 5 Euro.E non si limita ad offrirli i 5 Euro, ma per dimostrare tutta la sua pochezza -se mai ce ne fosse bisogno- sventola sotto il naso la banconota ad Ali, ripetendo con aria di sufficienza “Se li vuoi, questi sono”; quasi che Ali, preso dalla fame o dalla necessità debba avventarsi su quella banconota spiegazzata.Così abbiamo lei all’ombra del suo ombrellone, seduta in punta al suo lettino da mare; c’è il telo con la bigiotteria ai suoi piedi sulla sabbia; c’è Alì seduto a gambe incrociate dall’altro lato del telo e c’è una banconota da 5 Euro che viene sventolata davanti alla faccia di Alí come un croccantino davanti al muso di un cane.Ma qui Alì compie il suo capolavoro.Scuote la testa, e quasi scusandosi le dice “Mi dispiace, non posso” mentre con le mani inizia a raccogliere la sua roba dal telo e a metterla a posto.Col piede però, senza che la befana se ne accorga, accumula un po' di sabbia sull’orlo del tuo telo.“Tanto non ti do neanche un euro di più” continua a dire lei.Lui continua a scuotere mestamente la testa e a riporre bracciali sempre con la stessa lentezza; e intanto col piede accumula altra sabbia.“Mi dispiace, cinque euro non posso” ripete ancora Alì alzandosi in piedi, che ha ormai riposto tutta la sua mercanzia. A terra è rimasto solo il telo con l’orlo coperto di sabbia.“Peggio per te!” sentenzia la bisbetica, riponendo la banconota con evidente stizza.“Mi dispiace”, ripete un’ultima volta Alì inchinandosi; intanto raccoglie il telo con un gesto ampio ed elegante che fa volare sulla befana tutta la sabbia accumulata.L’epilogo è cinematografico, con Alì che si allontana lentamente sorridendo, e l’isterica che parte da “Ma vedi sto morto di fame!” e continua a raschiando il fondo del barile del razzismo più becero e ributtante.Ma adesso il sorriso di Alì è diventato anche il nostro sorriso.E in quel sorriso c’è tutto il senso della sua dignità, nonostante l’ingiustizia della situazione. Intanto la stronza continua ad urlare.Inutile far finta di non sentire: in quel berciare bilioso c’è tutta la nostra maledetta ipocrisia.


Manuale di autodifesa I consigli dell’esperto anti aggressione Antonio Bianco puntata IX SE NON POTETE SCAPPARE USATE I GOMITI E LE GINOCCHIA

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