ricordiamoci con le debite proporzioni visto che :[...] La “colpa” di questa giovane donna? Non si rassegnava a smettere di giocare a pallavolo,di fare sport, di continuare ad allenarsi, come impongono i talebani alle donne.Militava nella Nazionale Juniores di volley, sognava di diventare una giocatrice professionista, voleva andare in bicicletta, voleva vivere. Mahjubin Hakimi è morta per fare quello che qui da noi consideriamo scontato. È morta sfidando un potere maschile mostruoso. È morta difendendo un suo diritto, certo, ma in qualche modo stava difendendo i diritti di milioni di donne perseguitate nell’Afghanistan dei talebani.[ .... dalla bacheca facebook di Lorenzo Tosa ]
Nostra patria è il mondo intero e nostra legge è la libertà
21.10.21
ancora un caso di femminicidio avvenuto nel silenzio quasi totale . ci stiamo asssuefando oppure preferiamo guardare a quelli afgani ?
20.10.21
La dottoressa che cura le bambole e i ricordi , Musica e nuoto: la piscina dove si impara il ritmo, Auto come opere d'arte, il restauro è in officina
di Davide Cavalleri e Andrea Joly
Dario Masala e il suo progetto "Swim'n'Swing": nuotare è tutta un’altra Musica - Chiara Ricci
La rubrica online “Piazza Navona” incontra il musicoterapeuta Dario Masala, il creatore del progetto “Swim‘n’Swing” per imparare a nuotare a ritmo di funk, jazz e swing. Nuotare non sarà più la stessa musica!
La settimana della rubrica online “Piazza Navona” inizia con un incontro davvero interessante. Infatti, ospite della nostra piazza virtuale è Dario Masala, il musicoterapeuta originario della Sardegna che ha creato ed elaborato il suo interessante progetto Swim‘n’Swing portando la musica in piscina così da aiutare anche i nuotatori disabili a creare il proprio ritmo. Si tratta di un progetto che rivede e rivoluziona il concetto di sport e del nuoto.
Ascoltiamo cosa ha da dirci Dario Masala che mosso dalla passione per il suo lavoro ha idee molto chiare. E c’è anche un messaggio per il bassista Mark King…
Quando ha scoperto il suo amore per la Musica?
Per caso, quando avevo 17 anni un mio amico mi chiese di suonare il basso. Io non sapevo nemmeno cosa fosse. Mi presero un po’ tutti in giro per questa cosa qui. Ovviamente i miei amici erano tutti musicisti mentre io ero l’unico che non suonava ma facevo gare di nuoto. Ero un po’ scoraggiato perché suonavo con questi ragazzi che erano già bravi. Io ero un po’ giù, venivo deriso da tutti ma poi incontrai una persona, un batterista che mi disse, “Guarda, ascoltati questo e vedrai che ti verrà la voglia di suonare il basso”. Ed era esattamente un video dei Level42 e lì impazzii. Mi ritirai a vita privata per sei mesi, un anno e mi misi a suonare solo ed esclusivamente Mark King.
Quale è stata la sua formazione artistica e professionale?
Iniziai da autodidatta con i Level42, i Toto poi passai agli Iron Maiden. Avevo questa forte doppia personalità musicale che mi caratterizza in tutte le cose che faccio. Avevo questo forte dualismo dentro di me: adoravo Mark King e Steve Harris degli Iron Maiden quindi il funk con l’heavy metal. Poi iniziai a prendere lezioni da Massimo Moriconi, il bassista di Mina. Per me è stato determinante perché con lui ho iniziato a suonare in maniera un po’ più precisa, professionale anche se poi mi sono affidato molto più al mio istinto. Ma questa è la regola numero uno di Massimo Moriconi.
In che modo ha intuito gli effetti terapeutici della musica ed ha deciso di diffonderli, di metterli al servizio di chi avrebbe potuto beneficiarne?
È stato importante il mio percorso di musicoterapia, un triennio che tengo tanto a lodare, mi ha insegnato molto. Ho studiato a Milano presso la Scuola CMT, Centro di Musicoterapia Studi e Ricerche. Qui docenti super preparati mi hanno fornito importanti nozioni e ho realizzato una tesi improntata sul movimento avvalendomi dell’aiuto di una neurologa molto brava qui a Cagliari e di una fisioterapista di Nuoro molto competente. Per realizzare la tesi ho musicato i movimenti di una persona con problemi sul cammino. Abbiamo usato la musica come parte integrante di un lavoro di fisioterapia e di valutazioni neurologiche riguardati il cammino. Abbiamo compiuto un lavoro sul passo abbinando pattern ritmici e musiche suonate con strumenti a percussione e a corda.
Come e quando nasce il suo progetto Swim’n’Swing?
Io ho scritto tanto sul mio lavoro utilizzando poi il mio elaborato per depositare il progetto, l’idea alla sezione Olaf, Opere dell’ingegno della Siae. Lo Swim‘n’Swing nasce quando io ero ragazzino e facevo dei seminari sul nuoto con un grande allenatore ungherese che si chiamava Thomas ma dal cognome impronunciabile e difficile da ricordare. Mi ricordo questi appunti che ci lasciava e la prima voce era il nuoto è ritmo. Allora ho pensato: se il nuoto è ritmo perché non si parla di ritmo? E da lì ho iniziato a osservare tutti i nuotatori forti che lui portava con sé per farci i corsi di formazione.
A quel punto ho iniziato a usare tutti gli esercizi di Massimo Moriconi, ho iniziato ad ascoltare le musiche più adatte alle nuotate, ho iniziato a capire dall’esterno alcuni movimenti dei nuotatori e successivamente ho iniziato a nuotare e a capire tutti i miei movimenti, “nuotandoli e suonandoli”. Dopo averli suonati con il basso ho creato una vasta gamma di esercizi e di brani via via sempre più complessi per arrivare all’optimus, cioè alla nuotata evoluta dell’atleta. Ho sbirciato le nuotate degli atleti più forti, i video didattici di nuoto, le immagini sul web e ho iniziato a suonare con il basso tutte le loro nuotate. Questo ho iniziato a farlo quando ero agonista intorno ai vent’anni. Poi la mia vita è cambiata perché ho iniziato a lavorare in una clinica come istruttore di nuoto per i disabili all’interno di uno staff sanitario occupandomi della parte sportiva. Dopo la chiusura della clinica e dovendo ricominciare tutto daccapo ho ripreso a sviluppare e a perfezionare questa idea.
Ho iniziato a notare che ad iscriversi ai miei corsi per disabili erano anche persone senza disabilità. In termini didattici ho ottenuto molti risultati. La musica mi ha permesso di comunicare con gli allievi in maniera diversa. Questa che propongo è una variante del nuoto che non esclude tutto il resto. L’obiettivo delle mie lezioni, infatti, riguarda la fluidità del movimento e l’intenzione ritmica della nuotata. Pensiamo a Federica Pellegrini che nuota in quel modo, ha quell’espressione ritmica e musicale che io riproduco in musica principalmente con il basso e la batteria: la batteria è lo scheletro del movimento mentre il basso è il sangue della musica dando quel senso di movimento fluido e oscillante (proprio come l’acqua). Swing e il funk sono i generi che più oscillano cosi come fluttuano i nuotatori nell’acqua. Massimo Moriconi ricorda in un suo libro: “il walking bass va suonato con efficacia e fluidità, le stesse caratteristiche richieste al surfista con la sua tavola sulle onde”.
Queste sensazioni di oscillazione e di rotondità proprie del nuoto ce l’hanno anche il funk e il jazz e i pilastri della ritmica di questi interessanti generi musicali. Il funk dei Level42, ad esempio, è un funk particolare perché è emotivo e ha un qualcosa di quasi goliardico e frizzante che sa di festa. Loro hanno questa parte giocosa, molto rotonda trasmessa da Mark King attraverso la sua risata e la sua abilità tecnica . Un nuotatore deve essere così: pensante , giocoso e istintivo. L’equilibrio tra queste virtù compone, secondo me, il nuotatore che più si avvicina alla perfezione come per esempio i grandi Phelps, Thorpe, Pellegrini e Paltrinieri. Pensiamo alle doti di coordinazione e di predisposizione di coordinazione di Mark King che firma autografi con la sinistra e suona con la destra cantando e suonando con il basso – allo stesso tempo – linee completamente differenti. Mark King dovrebbe essere oggetto di studi di Michael Touth, il neuroscienziato americano che studia le relazioni esistenti tra musica e cervello o del Professor Giuliano Avanzini dell’Istituto Carlo Besta di Milano. Questi scienziati si divertirebbero a studiare il cervello di Mr Level42: Mark King dovrebbe mettersi a disposizione della scienza!
Come è stato accolto il suo progetto nel mondo sportivo, in particolar modo in quello del nuoto?
Il nuoto è diviso in due grandi aree: quella degli agonisti e il resto del mondo che, spesso, non avendo accesso alla tecnica agonistica, cioè quella che ti rende maggiormente fluido in acqua, si iscrive in una palestra. Un giorno una ragazza viene in piscina per fare la lezione di prova (aveva già preso lezioni in un’altra piscina ma era curiosa e un po’ scoraggiata per la sua tecnica ), entra in acqua e mi vede con il basso a tracolla a bordo vasca con il set di percussioni. Lei ha sorriso spiazzata. Le dico di nuotare e lei nuota come solitamente fa l’adulto eseguendo colpi di gambe in ottavi continui e rigidi collegati ai quarti della bracciata. Lo schema è completamente rigido portando spesso a un affaticamento notevole. Poi è uscita dall’acqua e abbiamo iniziato a suonare cose molto semplici. Poi le ho chiesto di nuotare sulla musica e ha iniziato a scivolare rispettando la metrica che aveva suonato sui bonghi. Ad ogni sua bracciata corrisponde un’estensione numerica, metrica e di intenzione ritmica. Le persone sono tutte diverse ovviamente e io cerco di capire i messaggi musicali più adatti mantenendo delle costanti , faccio quindi rilassare i miei allievi su dei pattern ritmici a seconda degli stili (delfino, dorso, rana e stile libero). La ragazza alla fine avanzava con il minimo sforzo ed era arrivata dall’altra parte della vasca seguendo ciò che aveva ascoltato e suonato.
“Swim’n’Swing” (Per gentile concessione di Dario Masala) |
Quali sono i ritmi, gli stili, gli autori musicali più adatti a metter sulle note e sul pentagramma le nuotate in piscina?
I musicisti cui io faccio riferimento sono: Mark King e quindi i Level42, i Toto, Allan Holdswroth (in particolar modo il suo disco Secret determinante per il mio lavoro), poi ci sono delle interpretazioni di Standard Jazz di Massimo Moriconi, Bill Evans, Sting e il batterista Vinnie Colaiuta. Ci sono alcune canzoni di Vasco Rossi dei primi dischi come Sensazioni forti (nella sua parte centrale è un po’ swing) e Amore, altri brani degli Earth, Wind & Fire, Dizzie Gillespie e Charlie Parker, Miles Davis, gli Yellow Jackets. Spendo poi due parole per Fabio Poddighe Sassares quattro volte campione di pentathlon, allenato da Ilario Ierace il quale ogni tanto mi concede un concerto insieme al suo atleta. Lui nuota e io suono sulla sua nuotata perfetta (dispari – asimettrica).
A chi è rivolto il suo progetto?
Il mio progetto è rivolto a chi ama il cambiamento e ha anche un po’ di timore di cambiare. Perché chi ha timore di cambiare, se cambia, diventa felice. Io mi entusiasmo dell’entusiasmo ma mi entusiasmo ancora di più con la persona che non sa di avere del talento in una cosa e quasi ride prima di scoprire di averlo. E far sì che questo si realizzi per me è interessante. Una persona che si iscrive perché vuole nuotare e rassodare i glutei non gliene frega nulla del basso o di Sting. Poi a un certo punta si compra il basso. Molti dei miei allievi in piscina, soprattutto le donne, hanno acquistato il basso e ora hanno una loro vita bassistica.
Quali sono i suoi programmi per il futuro?
I miei programmi per il futuro… io so cosa voglio ma non esiste. Non esiste perché occorrerebbe un imprenditore che anziché costruire un ipermeracto in mezzo alla città o in periferia costruisse una piscina dotata di una sala di registrazione con il marchio Swim’n’Swing realizzando un sistema unico replicabile ovunque. È un nuovo modo di pensare il nuoto con piscine molto più piccole delle tradizionali. Ma nella realtà non esiste. Esiste nella mia mente. Questo sistema avrebbe un grande successo perché non ci sarebbe concorrenza, non esistono altre realtà simili, non esistono persone in accappatoio che arrivano col basso a bordo piscina.
Un altro obiettivo è quello di coinvolgere musicisti anche di fama internazionale facendogli suonare il loro strumento sulle nuotate degli atleti. Seguo un ragazzo che è stato costruito dal punto di vista didattico da me, con il mio metodo e successivamente allenato da Gianluca Fenu (sport full time Sassari). Lui è in carrozzina e ha un solo braccio funzionante. È un ragazzo splendido. Ha avuto un incidente ed è arrivato terzo ai Campionati italiani paralimpici nel 2018 a Brescia. Lui con un braccio solo è come se suonasse la batteria in acqua. Mi immagino musicisti suonare su nuotate di atleti disabili e non disabili, tutti insieme, dove la musica e l’acqua facciano da riduttori di barriere così da costruire un ritmo e orchestrare dei movimenti sempre più coordinati. Sarebbe interessante poi far suonare i grandi campioni della musica con i grandi campioni del nuoto. Fondamentalmente penso a Mark King e a Ian Thorpe: sono fratelli e non lo sanno.
Tra i suoi musicisti preferiti c’è Mark King il quale è molto sensibile alla Musicoterapia impegnandosi in prima persona. Vuole lasciargli un messaggio?
Lasciare un messaggio a Mark King… caspita. L’ho visto in concerto tre volte: al Royal Albert Hall nel 2008 e gli ho stretto la mano. In realtà non ho stretto la mano a Mark King ma a un pensiero perché quando una persona diventa così grande diventa un pensiero. Mark King si stacca da Mark King e diventa un sistema di pensiero artistico. Tutti i grandi si staccano dalla musica che fanno e diventano libri, parole, modi di essere e questo è quello che accade con Mark King e sarà cosi anche fra cent’anni.
Cosa chiederei a Mark King? Di suonare a bordo vasca sulle nuotate dei miei allievi disabili e di nuotare con noi. Piccoli laboratori percussivi con coloro che già hanno una minima preparazione in acqua e vorrei che venisse nella nostra vasca per suonare il basso sulle nuotate degli atleti. Soprattutto sulla nuotata di Luigi Usai che, a seguito di un incidente stradale, è in carrozzina e ha solo un braccio funzionante. Mark King si renderebbe conto che se suonasse un 7/4 col suo basso sulla nuotata di questo ragazzo (un pattern abbastanza semplice che farebbe in tre secondi) proverebbe la stessa sensazione di suonare con Gary Husband alla batteria.
Quale nuotatore vorrebbe mettere in musica?
Mi piacerebbe mettere in musica Michael Phelps, cioè la sua nuotata e poi far suonare Mark King sulla nuotata di Michael Phelps. Ci vorrebbero un po’ di prove, vasca sgombra da corsie, impianto per basso di fianco la piscina, King e Phelps che si accordano su come arrangiare la nuotata. Io spiegherei le piccolissime direttive poi mi leverei di mezzo… lì il concerto è sul piatto d’argento.
Auto come opere d'arte, il restauro è in officina
Viaggio nel laboratorio del Cuneese dove una coppia di sposi recupera modelli storici utilizzando le tecniche applicate per la conservazione dei beni culturali . Barbara e Ivano Toppino sono marito e moglie, lei restauratrice, lui carrozziere. Con una passione in comune: le auto d'epoca. Così dieci anni fa hanno messo su insieme, alle porte di Alba, in provincia di Cuneo, un luogo singolare: l'Atelier Toppino, dove si recuperano appunto le auto storiche utilizzando le tecniche del restauro d’arte. L'ultima novità? L'uso di un particolare laser per ripulire i metalli, un'idea che presentano alla fiera Auto e Moto d'Epoca di Padova del 21-24 ottobre 2021. Ecco un viaggio dietro le quinte del loro atelier, tra carrozzerie rimodellate, risanamenti di tessuti, studi sulle vernici, lavori certosini su auto ma anche carrozze.
di Giulia Destefanis
19.10.21
Da Assunta Legnante a Vincenzo Boni, da Angela Procida a Gianni Sasso, capitano della nazionale di calcio per amputati: sono i portavoce di 2000 atleti disabili e chiedono che non si spenga l'eco delle Paralimpiadi di Tokyo: "Perché qui in gioco c'è la vita"
leggi anche
- Il cammino di Santiago in stampelle, l’ultima sfida di Gianni Sasso di PASQUALE RAICALDO 29 Novembre 2018
Oltre la disabilità: i campioni e le storie dello sport campano senza barriere
Angela Procida |
Sono storie di passione e di coraggio. Storie straordinariamente normali. Perché loro rispondono tutti allo stesso modo, più o meno: "Non chiamateci eroi, semplicemente ci mettiamo gioco, come se i limiti non esistessero". Eppure i limiti ci sono, o meglio: ci sarebbero. Un arto mancante, la sedia a rotelle, la vista che non c'è più, o quasi. Quanto basta per smettere di giocare? Per nulla. Perché l'esercito silenzioso degli atleti paralimpici campani suona la carica per chi vorrebbe desistere, dopo una diagnosi o dopo un incidente. O non vorrebbe neanche iniziare, in caso di una malattia congenita.
Noi, esempio per tanti ragazzi
Il movimento in Campania: un esercito di 2000 atleti
"I riflettori si spegneranno dopo le Paralimpiadi? Inevitabile. - prosegue - Mi rammarica che l'attenzione mediatica, di cui siamo grati alla stampa e alle televisioni, non si traduca in un'attenzione concreta nella politica regionale. Il presidente De Luca non ha ancora assegnato la delega allo Sport, né è stato costituito il comitato tecnico sportivo con undici rappresentanti, previsto già dieci anni fa dalla legge regionale sullo sport. Lo sport è una Cenerentola, quello per disabili ancor di più. In Puglia, per dire, sono stati destinati all'attività paralimpica 500 mila euro in tre anni per le scuole. Da noi, zero. Con queste premesse, aver portato otto atleti paralimpici campani alle Paralimpiadi è stato un piccolo miracolo per il quale ringraziamo i tanti, atleti e tecnici in primis, che hanno fatto tanti sacrifici, in particolare durante il lockdown. Questo è un movimento che, per ora, si regge sull'appassionato impegno delle singole società, cuore pulsante di un movimento che noi abbiamo il privilegio di coordinare".
"Se puoi sognarlo puoi farlo"
Alessandra, Emanuele e Matilde: storie straordinarie
Tutti insieme, senza differenze
Un calcio alle barriere
La storia del padre che denuncia il figlio 16enne che aveva pestato un compagno di scuola È accaduto a Castrolibero, in provincia di Cosenza. Il giovane ha pestato un ragazzo di 14 anni e, alla fine, ha confessato tutto ai genitori che non hanno esitato e lo hanno portato dai Carabinieri
Questa lettera e questo fatto mi interrogano prima come zio diretto ( la figlia di mio cugino ) ed indiretto ( il nipote di un parente lontano di mia nonna paterna ) e poi come cittadino. Essa Impone a tutti noi una riflessione profonda sulle nostre idee, le nostre convinzioni, sul confine tra le nostre certezze e le nostre debolezze umane. Mi auguro di non vivere mai quello che stanno vivendo i genitori di entrambi, vittima e carnefice, ma mi auguro, se mai dovessi ritrovarmi in quei panni, di avere la stessa dignità di questi genitori. Ma soprattutto , mette in discussione , le mie credenze che certi genitori difendo i figli a spadfa tratta anche quando sono colpevoli e li giustificano sempre .
“Da poche ore abbiamo appreso, da nostro figlio, che è lui l'autore dell'aggressione al giovane di Castrolibero. E, da quello stesso istante, il mondo ci è crollato addosso, con una sola certezza: quella di dover informare le Forze dell'Ordine.Il fatto, da qualunque angolazione lo si guardi, è di gravità inaudita. È grave per la giovane vittima, è grave per la sua famiglia, è grave per nostro figlio, è grave per nostra figlia che, frequentando quella stessa scuola, rischia di portare il peso di comportamenti non suoi e, se possibile, è ancora più grave per me e mia moglie, che stiamo vivendo il dramma di un fallimento. Perché in questo momento ci troviamo a sperimentare che quello del genitore è veramente il mestiere più difficile al mondo.Non facciamo altro che chiederci dove abbiamo sbagliato, dopo aver vissuto una vita intera guidati dai valori dell'accoglienza, della correttezza e del senso di responsabilità. Valori lontani anni luce da queste azioni. Non so se avremo mai risposta a questa domanda, ma, proprio sulla base dei valori che ci guidano, riteniamo giusto che nostro figlio impari ad assumersi le sue responsabilità ed a rispondere delle sue scelte e delle sue azioni, sebbene ancora minorenne”.
[....] << Se davvero voglio aiutare mio figlio >> ha dichiarato a https://www.nextquotidiano.it/ << devo farlo alla luce del sole, non possiamo nasconderci. C’è bisogno che la comunità capisca”, ha scritto il padre del 16enne che aveva picchiato, solo qualche giorno fa, un 14enne in un cortile della sua scuola. Perché il giovane, per motivi ancora da chiarire, aveva ripetutamente colpito al volto l’altro ragazzo. E la madre di quest’ultimo aveva condiviso sui social le foto del minore con il volto insanguinato dal letto del Pronto Soccorso della cittadina in provincia di Cosenza.Lo aveva fatto per cercare la verità dietro a quell’assurda aggressione. Lo aveva fatto per chiedere a chi avesse visto quel pestaggio di farsi avanti e testimoniare. Ma i giorni sono passati, senza notizie in merito. Fino al “crollo” del 16enne che ha deciso di raccontare ciò che aveva fatto al suo compagno di scuola. E, allora, i suoi genitori hanno trovato il coraggio educativo di fare quel che doveva essere fatto: andare dai Carabinieri per auto-denunciare il proprio figlio. E il padre ha spiegato perché ha deciso di portare avanti questa dolorosa decisione: “Il fatto, da qualunque angolazione lo si guardi, è di gravità inaudita. È grave per la giovane vittima, è grave per la sua famiglia, è grave per nostro figlio, è grave per nostra figlia che, frequentando quella stessa scuola, rischia di portare il peso di comportamenti non suoi. Ed è grave per me e mia moglie, che stiamo vivendo il dramma di un fallimento. Perché in questo momento ci troviamo a sperimentare che quello del genitore è veramente il mestiere più difficile al mondo>>.Credo come lui che tutti dovremmo dir loro grazie per questo esempio in quanto questi sono Genitori di rara correttezza e responsabilità nei confronti della vittima, del figlio e di loro stessi....decisione difficile, molto difficile , ma che in futuro consentirà a questi genitori il poter andare a testa alta davanti al mondo ...... e per il figlio speriamo un grande insegnamento di vita che difficilmente dimenticherà !!! Infatti questa è una vicenda che racconta di come, spesso e volentieri, sia difficile per i genitori rendersi conto di ciò che fanno i propri figli. Ma si racconta anche come ci sia il tempo per recuperare e restituire al mondo un senso di educazione in linea con il proprio ruolo genitoriale.
Questo per tutti quelli che dicono che dietro ad un qualsiasi gesto, non c'è una buona famiglia. I ragazzi seppur abbiano alle spalle una buona educazione e valori spesso compiono gesti che nulla hanno a che fare con ciò che gli è stato insegnato. Non sappiamo cosa in quel momento gli passava per la testa, questo non significa che i suoi genitori non siano delle brave persone. Il fatto che lui stesso alla fine abbia denunciato la cosa ai genitori vuol dire che le basi le ha... Ora resta solo da capire e lavorare su di lui perché non si ripeta questa violenza. Complimenti ai genitori per la denuncia, la lettera e per metterci la faccia prendendosi tutta la responsabilità.
18.10.21
la storia di Jamil primo cittadino di Rimini e come è andata a finire a rondanina
riepilogo
COSA ERA SUCCESSO
Dopo il clamoroso pareggio nel comune più piccolo della Liguria, a Rondanina vince Tufaro
GENOVA - È finita 26 a 23 nel comune di Rondanina per il sindaco Gaetanino Giovanni Tufaro. Sì, perché nel comune più piccolo della Liguria, dove gli elettori sono in totale 76, si era finiti al ballottaggio per l’elezione del nuovo primo cittadino. Al primo turno Tufaro, ingegnere residente (e lavoratore) a Genova, già sindaco per due mandati qualche anno fa, ha ottenuto gli stessi voti del 'rivale' Claudio Casazza, pompiere in pensione e residente in paese, anche lui già consigliere. Il clamoroso pareggio – 22 voti a testa, con una scheda bianca – avevano sorpreso la cittadina in alta val Trebbia.
Lo scarto di 3 voti ha fatto sì che vincesse la lista Innovazione Progresso Rondanina. Gaetanino Giovanni Tufaro era già stato sindaco dal 1995 al 2004. Questa volta i 49 votanti hanno tutti espresso chiaramente la propria preferenza, senza schede bianche o nulle. Se così non fosse stato, davanti ad un nuovo pareggio, avrebbe vinto Casazza della lista civica Rondanina per noi in quanto candidato 'più anziano'. L'affluenza questa volta è stata del 64,47%, superiore rispetto al primo turno di quattro elettori.
non sempre è necessario abortire la storia di laura malata di oloprosencefalia alobare, una malformazione congenita del cervello
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