29.10.21

il caso squid game riporta d'attualità la domanda vietare \ censurare o lasciare libertà ? .

  colonna  sonora   


Avevo promesso di non parlare  più  , dopo averne  già ampiamente  parlato la  scorsa  settimana    in : << un   associazione di genitori   lancia una petizione online per fermare Squid Game in quanto “violento e pericoloso per i nostri figli”.   >>. Ma  : 1)  le  crociate  anacroniste   di  certi  sociologici (  ovviamente  senza  generalizzare  perchè  c'è vedi  articolo  sotto   ha  in quadrato  il problema )    che  propongono   divieti ormai  anacronistici  e  vedono la  cosa   solo ed    esclusivamente    come  negativa  ,    quando magari  con gli amici  loro stessi  imitavano le  mosse  del cartone  animato  uomo tigre , i  film \  saghe   come  karate  kid   e quelli  i Bruce Lee   solo   per  citare     i più  noti  2) di certi  genitori   vecchi tromboni  irresponsabili   che   :  non sanno  dire  un No  o   accettare  che il  loro  figlio  sia  diverso  dagli  altri  coetanei   ed  li parcheggiano  davanti  agli smartphone  o pc    senza  nessun  controllo  per  poi   meravigliarsi  dicendo  : <<    non  è mio figlio  , ecc . >>   e  difenderli a spada  tratta       quando   fanno qualcosa  di grave  . E  poi  ormai   è una  battaglia perchè   : 1)   devono    farne  una seconda  stagione    visto il  grande  successo  e lanotevole  pubblicità   gratuita  fatagli   da tali   atteggiamenti  censori  che  hanno  scatenato  la  fascinazione  del proibito   o  censurato  contenuta  in ciascuno di  noi   che   portata  a vederlo  di nascosto  .,  2) il  merchandising   sui   personaggi     della serie . Come  uscirne  allora   le  risposte  principali      vengono da  Serena Valorzipsicologa e psicoterapeuta cognitivo-comportamentale a Trento


 




da   https://www.ildolomiti.it/societa/2021/

Effetto Squid Game, l'esperta: ''La società è arrabbiata e aumentano i contenuti che riflettono la situazione attuale, amplificata dalla crisi Covid''

C'è il timore di emulazione da parte dei giovani a scuola, anche se in Trentino non ci sono particolari segnalazioni. Alcuni genitori hanno lanciato una petizione per far sospendere la messa in onda della serie. Serena Valorzi: "Il parental control è utile ma ormai spezzoni e riferimenti espliciti si trovano ovunque. I genitori non devono nascondersi ma confrontarsi con i figli per aiutarli a formarsi: divieti e arrabbiatura non sempre sono la soluzione ideale"

Di Luca Andreazza - 27 ottobre 2021 - 06:01

TRENTO. "Certo il parental control è utile ma non si può demandare alle strumentazioni di blocco quello che è il nostro compito di adulti". Queste le parole di Serena Valorzipsicologa e psicoterapeuta cognitivo-comportamentale a Trento. "I sistemi possono essere aggirati, si possono vedere i contenuti inadatti a casa da un amico oppure recuperare video e spezzoni in rete. L'approccio più efficace resta quello di confrontarci con i nostri ragazzi, capirli e dare insieme a loro un nome alle emozioni che comporta la visione prolungata di scene di violenza e aggressività". 

Con l’esperta e autrice di diverse pubblicazione sull’impatto cognitivo emotivo e relazionale delle nuove tecnologie e sulle dipendenze comportamentali (gioco d’azzardo, videogiochi, social network e smartphone) parliamo di Squid Game, la serie targata Netflix che racconta di un gioco di sopravvivenza ambientato in una realtà distopica in cui si perde la vita. 

C'è il timore di emulazione da parte dei giovani, soprattutto tra i più piccoli, anche se "In Trentino - rassicura Paolo Pendenzarappresentante dei dirigenti scolastici trentini - non ci sono particolari segnalazioni. Ma l'attenzione sui giovani deve restare alta in generale, non solo in questo caso". Alcuni genitori hanno lanciato una petizione per far sospendere la messa in onda della serie coreana perché potrebbe spingere i ragazzini alla violenza.  

Ma quali sono i rischi? Quella della violenza e del pericolo emulazione è una crisi quasi ciclica. Prima i film, poi i videogiochi. E ancora i social e le varie mode a turno fanno suonare i campanelli d'allarme. 

“Il primo modo con il quale impariamo a muoverci nel mondo è guardando e riproducendo ciò che vediamo fare agli altri così, se da più piccoli vediamo gli adulti comportarsi in modo gentile e rispettoso così faremo anche noi e ci sentiremo di vivere in un mondo più sicuro ma se il modello è violento tenderemo a esserlo anche noi o ad avere paura degli altri, soprattutto se non c’è quello spazio di riflessione condivisa che solo i più grandi possono regalarci", evidenzia Valorzi, "Le ricerche ci confermano che non possiamo sottovalutare gli effetti che i contenuti violenti possono avere sui minori; sono ancora piccoli e il loro senso critico e la loro capacità di gestione emotiva non è completamente sviluppata fino a tarda adolescenza e se non siamo noi adulti ad aiutarli a capire ciò che vedono e ciò che sentono potrebbero tendere a riprodurre acriticamente e automaticamente i comportamenti violenti cui sono esposti". 

La serie Squid Game allarma "ma attenzione - prosegue l'esperta - perché lo stesso vale anche per i videogiochi sparatutto che 'rapiscono' molti dei nostri ragazzi per molte ore al giorno: chiusi e soli nelle loro camere". 

E' quindi importante il contesto, ma censurare a priori un determinato film, piuttosto che un videogioco, potrebbe nascondere una criticità o solo rimandare un confronto tra genitori e figli. Spezzoni di una serie, riferimenti espliciti sono comunque presenti altrove. 

"Ormai - dice Valorzi - sono tantissimi i modi per riuscire a eludere eventuali controlli. Fa anche parte della crescita individuale violare qualche divieto imposto da mamma o da papà certo, e lì, ancora più importante è il nostro ruolo di colonne stabili a cui possano fare riferimento in caso di difficoltà. Arrabbiarci e punirli non è la soluzione ideale; possiamo farlo in un secondo tempo, ma prima è bene che ci preoccupiamo di come stiano e se ci sia bisogno di rassicurarli. Solo così potremmo tenere un buon canale comunicativo e evitare che si chiudano in un silenzio impenetrabile la prossima volta. In effetti, se, nonostante le nostre raccomandazioni, cadono a terra prima verifichiamo che non si siano fratturati qualcosa”. 

"Quale è stata l'impressione?", "Cosa ne pensi?", "Ti sei divertito o ti sei spaventato?". Domande banali, ma che spesso consentono al ragazzo di riflettere sul film e di creare una propria personalità. "Evitare certi argomenti - continua la psicologa e psicoterapeuta - non è mai la soluzione: sono persone giovani e curiose che vanno accompagnate perché siano più consapevoli e capaci anche di distinguere la cornice, il contesto e ciò che vero da ciò che è finto e mira a trattenerli davanti a uno schermo. Ciò vale in particolare per le serie tv (un episodio tira l’altro e spesso si fanno le maratone perché non c’è palinsesto) e, in particolare, vale per Squid Game che rischia di esporli per molto tempo a contenuti estremamente violenti. Credo sia saggio e rispettoso dei nostri ragazzi che noi adulti ci prendiamo il tempo di informarci bene e di fare la fatica di stare al loro fianco facendo da filtro interpretativa della realtà”. 

Il caso di Squid Game può forse rappresentare uno step ulteriore rispetto ai canoni: giochi e ambientazioni per bambini che diventano sfide mortali per i concorrenti. "E' una contrapposizione tipica dei film horror. In questo caso - aggiunge Valorzi - si parte dai nostri ricordi di '1, 2, 3 stella', si riaccende la tenerezza per i giochi da bimbi per creare poi una contrapposizione forte con scenari angoscianti. Le sensazioni variano velocemente e creano comunque un disagio di cui ci si può anche non rendere completamente conto, se non se ne parla. Le parole sono uno strumento potentissimo con cui incorniciamo e ci rendiamo consapevoli  delle nostre esperienze e se ciò vale per gli eventi traumatici, dalle molestie ai lutti, vale di certo per la visione di qualcosa che un adulto saggio troverebbe quanto meno poco sano per se stesso, ancora più per i suoi piccoli". 

Una complessità oggi ancora più intricata da governare per i genitoriE che diventa difficile da paragonare rispetto anche solo a 10 anni fa per esempio. Un bambino parcheggiato davanti alla televisione o al tablet comunque viene influenzato in qualche modo da quello che guarda. 

“Un tempo gli spazi erano più strutturati - continua Valorzi - a una certa ora sapevamo che c’erano i cartoni animati ritagliati su misura per noi bambini e mai dopo le 21. Ora, con internet e la tv on demand è tutto a portata di mano, in ogni momento del giorno e della notte: basta che mamma ceda davanti alle mie martellanti richieste e mi dia in mano il suo cellulare e il gioco è fatto". 

Tutto, subito e in qualunque momento, senza apparenti difficoltà di accesso. "Un esempio eclatante è la pornografia (iper rappresentata sul web) che è diventata nel tempo sempre più spinta, bizzarra, irrispettosa e scollegata dai sentimenti dando non pochi problemi ai giovani (spesso anche agli adulti). Per motivi anche commerciali, i contenuti diventano sempre più estremi per poterci tenere incollati ai video, perché noi esseri umani tendiamo purtroppo ad abituarci a tutto e ne vogliamo ancora di più. Mi piacerebbe tanto che di fronte alla violenza e ai disvalori proposti riuscissimo a non abituarci mai ma anche a mantenere un certo grado di senso critico e di indignazione. Forse una serie come Squid Game ci 'risveglia' e ci ricorda di tenere le antenne ben dritte sugli stati emotivi nostri e dei nostri più piccoli".  

Insomma, censurare certi contenuti non può essere una scusa per non trovare il tempo di affrontare determinati argomenti. "Il dilagare di programmi e di serie che fanno leva sull'aggressività è comunque specchio di questo periodo caratterizzato dall'emergenza Covid. All'inizio dell'epidemia ci siamo scoperto tutti solidali verso il 'nemico virus' poi mano a mano che sono cresciute le incertezze per il futuro, le preoccupazioni e le difficoltà, ci siamo scoperti arrabbiati e il nemico è diventato l’altro (la paura e il dolore si tramutano in rabbia e aggressività se non sono adeguatamente contenute). In questo momento siamo avvolti da questa atmosfera belligerante, ma se ancora ci rendiamo conto che una serie tv violenta può crearci danno, forse non abbiamo perso completamente l’orientamento”, conclude Valorzi.



  da  : 


  • la  circolare di una preside un istituto comprensivo ( infanzia , materne , medie ed elementari ) dove addirittura bambini di 4\5 giocano ad imitare la serie . La circolare di Anna Rita Carati, dirigente di un istituto a Borgagne. "Non è un rimprovero alle famiglie ma un invito a prestare attenzione ai ragazzi: la visione di questa serie non è adatta a chi ha meno di 14 anni e potrebbe generare bullismo sui social o indurre comportamenti pericolosi"



  • I consigli ai genitori dello Sportello per la sicurezza degli utenti online


  • Un ragazzo riceve uno schiaffo dopo aver perso a 'Squid game' a Genova. Per la precisione a 'Ddakji game', la sfida lanciata, nella finzione del telefilm, da chi arruola i partecipanti al programma di giochi con in palio 33 milioni di euro. Nella serie cult coreana targata Netflix chi perde, però, muore.
    I due giovani, filmati in via XX Settembre, all'altezza dello store di H&M, sembrano mettere in scena un cosplay animato; uno dei due è vestito in giacca e cravatta proprio come l'attore Gong Yoo, prestigiosa guest star di Squid game, che nella serie ha il compito di arruolare i contendenti sfidandoli a ddakji. Il gioco consiste nel gettare con forza a terra delle forme di carte di colore rosso e blu con lo scopo di ribaltarle, chi perde paga ma, dato che tutti i personaggi sono al verde, i malcapitati ripagano il loro debito ricevendo per ogni sconfitta uno schiaffo. Ovviamente il distinto signore è infallibile e gli avversari si ritrovano con la guancia gonfia e piena di lividi.
    Nel video girato a Genova si vede il ragazzo-reclutatore simulare lo schiaffone, per gioco. Ma è proprio sui confini del gioco che scatta il corto circuito sull'accoglienza di questa serie che è diventata un fenomeno mondiale e che sta influenzando anche il marketing: le vendite delle scarpe indossate dai personaggi, ad esempio, hanno avuto un boom del +145% e tutti i capi di abbigliamento riconducibili alla serie sono introvabili. L'hashtag #squidgame su TikTok ha superato i 50 billion di visualizzazioni e in Italia alcuni genitori hanno lanciato una petizione su change.org per chiedere la rimozione della serie. Non solo: per le feste di Halloween alcune scuole in Italia hanno vietato di indossare i costumi dei personaggi della serie. Mentre da una parte Squid game alza il velo sulle responsabilità dei genitori e sulla capacità individuale e sociale di assorbire temi come quello della violenza, della diseguaglianza, del divertimento per noia fino alla morte, la Questura di Genova rilanca una serie di consigli per i genitori che sono precipitati nei tentacoli scivolosi di 'Squid game' (Gioco del calamaro).
    Per la polizia Squid game è un fenomeno molto pericoloso che va di moda tra i bambini e dallo Sportello per la sicurezza degli utenti online arrivano una seri di consigli per i genitori:

  1.  Ricordate che la serie Squid Game è stata classificata come VM 14 ovvero vietata ad un pubblico di età inferiore a quella indicata. Questa limitazione indica che i suoi contenuti possono turbare i minori con intensità variabile a breve e lungo termine;
  2.  Valutate se possa essere utile guardare la serie prima di esprimere assenso o dissenso alla visione dei vostri figli che hanno più di 14 anni: sarete più precisi e consapevoli di quali siano gli elementi critici su cui poggia la vostra decisione e potrete argomentarli in modo convincente ai vostri figli;
  3.  Parlate in famiglia della serie, chiedete ai bambini/ragazzi cosa ne pensano in modo che, anche se non hanno il permesso di vederla, siano in grado di partecipare ad eventuali commenti e discussioni con i coetanei;
  4.  Ricordate ai bambini/ragazzi che quanto rappresentato nelle serie è frutto di finzione e che la violenza non è mai un gioco a cui partecipare;
  5. • Tenete sempre vivo il dialogo familiare sui temi dell’uso delle nuove tecnologie con i ragazzi: ponete loro domande e ascoltate come la pensano. I nativi digitali hanno una visione differente da quella degli adulti e può essere utile conoscere il loro punto di vista sui rischi e sui fenomeni emergenti;
  6.  Se avete contezza che stanno circolando tra i bambini/ragazzi giochi violenti che imitano quelle ritratte nella serie, non esitate a segnalare la cosa a www.commissariatodips.it
    La circolare di Anna Rita Carati, dirigente di un istituto a Borgagne. "Non è un rimprovero alle famiglie ma un invito a prestare attenzione ai ragazzi: la visione di questa serie non è adatta a chi ha meno di 14 anni e potrebbe generare bullismo sui social o indurre comportamenti pericolosi"


concludo con i miei consigli : 1) usare  internet  (  social  , chat  in partico
lare ) , cellulare ( programmi come watsapp e simili ) ed netflix e altre web tv simili insieme fino ai 14\15 , poi da soli , ma insegnateli ad usarli criticamente ovvero navigare i vedere cose insieme e spiegarli la differenza tra realtà e fantasia tra violenza gratuita e violenza "utile ", tra consenso e non consenso nel caso capitassero.2) fargli passare del tempo senza internet e cellulare .3) usare i vecchi sistemi cioè staccare il modem della connessione , o la play station ed il cellulare e dargliela dopo aver studiato o come punizione se la usa irregolarmente







il caso il caso dell'alpino roberto Garro e dei suoi commilitoni vittime di un misterioso e spaventoso incidente a Gemona del Friuli, a circa 3 chilometri dalla caserma “Manlio Feruglio”, dove prestava servizio.

 dopo  aver  letto  sul  sul  settimanale giallo  della scorsa  settimana     della  bella notizia    sul caso  Tony Drago  il cui  ricorso ei familiari   è stato  accolto    dalla CEDU ovvero corte  europea  per  i diritti umani mi è ritornato alla  mente  il  caso  dell'alpino  Angelo Garro  un  caso dimenticato 

da http://www.alpinorobertogarro.it/ sito della  famiglia  


 Esso  non   può avere  giustizia   perchè   come  mi è  stat  spiegato da  genitori : <<   il ricorso lo abbiamo già fatto, ma senza esito sia alla corte europea dei diritti umani che al Parlamento di Strasburgo andandoci di persona; il fatto è, che loro intervengono quando in Italia si è chiuso ogni procedimento giudiziario, ma non essendoci mai stato in Italia mai nessuna indagine e nessuna apertura di procedimento giudiziario, Essi non possono intervenire e in Italia nessuno ne vuole parlare forse per via del "Segreto Militare" o del "Segreto di Stato". >>.
  Infatti 

Papà Angelo Garro: “Il ministro Elisabetta Trenta, riceve Ilaria Cucchi, ma noi no, nostro figlio è forse un morto di serie B?”. Roberto Garro è morto a 19 anni in un misterioso incidente a Gemona Del Friuli. Era in servizio di leva alla caserma Manlio Feruglio di Udine, dove quella sera venne richiamato dalla libera uscita insieme a quattro commilitoni che morirono con lui. La loro auto venne ritrovata orribilmente dilaniata.

 continua su: https://www.fanpage.it/attualita/alpino-morto-misteriosamente-i-genitori-convocati-dal-ministero-della-difesa-dopo-20-anni/

  qui  da  http://lasottilelinearossa.over-blog.it/ un sunto  della  sua  vicenda  

foto-alpino-roberto-garro-morte-misteriosa-2.jpgQuesta è la storia di 2 genitori Angelo ed Anna Garro, che nel 1998 hanno perso loro figlio. La storia di due genitori che non si arrendono e vogliono sapere la verità sulla morte di loro figlio. Si chiamava Roberto ed aveva 19 anni,un ragazzo pieno di entusiasmo, campione regionale lombardo di pugilato, prestava servizio di leva obbligatoria nel Reggimento degli Alpini, presso la Caserma "Manlio Ferruglio" a Venzone in Friuli . Come riportato nel loro sito https//alpinorobertogarro.altervista.org, questa brutta storia inizia con una telefonata, il 9 giugno 1998 nel cuore della notte:"E' successa una disgrazia. Vostro figlio è morto ieri sera in caserma, insieme ad altri tre commilitoni. Vi aspettiamo in caserma per il riconoscimento". Riconoscimento che però viene impedito. Una morte quella dell'Alpino Roberto Garro, avvenuta in circostanze misteriose. Ma veniamo ai fatti. La notte del 9 giugno 1998, l'Alpino Roberto Garro, poco prima di morire in quello che secondo la versione ufficiale è un incidente stradale, parla al cellulare con i genitori. Sono le 22.30 circa. Quella sera Roberto, con altri suoi commilitoni possono rientrare in caserma alle 00.30 in tutta tranquillità. Invece stanno rientrando prima dell'orario previsto. La madre gli chiede il perchè di quel rientro in caserma così anticipato e Roberto le dice:"Dopo ti spiego". Ma Roberto quella spiegazione non la potrà dare mai. Lui e i suoi commilitoni muoiono su un auto che esplode letteralmente in mille pezzi e non resta quasi nulla se non quallche rottame, come si può vedere anche nellle foto pubblicate sul sito sopracitato. La versione ufficiale è quella dell'incidente stradale. Uno scontro frontale dovuto allo sbandamento dell'auto contro un autoarticolato austriaco, guidato da un giovane bosniaco di 24 anni, Mirsad Cekic. L'incidente avviene  sulla S.S 13 Pontebbana. Siamo nel periodo della guerra dei Balcani. La caserma dove presta servizio Roberto Garro si trova in una zona isolata, con strade insicure e molto trafficate da camion che vanno e vengono dal valico di confine di Tarvisio, dall'Austria, i Balcani, ed il medioriente. Secondo quanto riportato dall'Associated Press in quel periodo"La polizia internazionale  indaga su un presunto traffico internazionale di esseri umani, droga e armi". La caserma "Manlio Ferruglio" dove presta servizio l'Alpino Roberto Garro, si trova sulla statale Pontebbana a 36 km da Venzone, vicino ad Udine, dove nel 1999 fu scoperta una centrale di traffico di organi umani. Tanti sono i fatti strani avvenuti subito dopo il supposto "incidente stradale". Tutti i frammenti dell'auto sparsi sul terreno vengono fatti sparire, scompaiono nel nulla tutti i testimoni dell'incidente dalla truppa  fino alle cariche più alte chiedono il congedo, il trasferimento, il pensionamento anticipato. Perchè? L'autista bosniaco testimone chiave della vicenda, sparisce pure lui nel nulla senza essere nemmeno sottoposto al test alcolemico per verificare se fosse in stato di ebbrezza o meno. Perchè? L'autoarticolato viene dissequestrato dopo soli nove giorni, rispedito in Austria senza essere sottoposto ad alcuna perizia. Perchè? Sempre secondo quanto riportato nel loro sito, i genitori dell'Alpino Roberto Garro affermano che c'è molta fretta di chiudere le salme degli Alpini deceduti nelle bare. Perchè tutta questa fretta? Ai genitori inoltre viene impedito il riconoscimento della salma del figlio. I funerali avvengono nella massima segretezza in caserma, non tutti i familiari delle vittime possono prendervi parte, perchè non vengono avvertiti. Un video girato durante il funerale, documenta le parole pronunciate durante il rito religioso:un invito "dimenticare la morte di quattro giovani sfortunati". Perchè bisogna dimenticare? L'impresa funebre alla quale viene affidato il trasporto delle salme, sempre secondo quando riferito dal sito https//alpinorobertogarro. altervista.org ,è l'"Amadeus", gestita da una banda di rumeni ed albanesi, il cui titolare Giuseppe Calabrese viene arrestato il 9 giugno 2010. Perchè? Solo dopo 3 anni di proteste, manifestazioni a Milano, denunce alla Magistratura, e al Capo dello Stato, una raccolta di 17 mila firme e via dicendo, i genitori di Roberto ottengono la riesumazione della salma del figlio per poter effettuare il riconoscimento. Il corpo del figlio è integro, è stato chiuso nella bara senza essere ricomposto,è senza vestiti, sporco, con l'uniforme appoggiata sul petto. Perchè? C'è anche la relazione del medico dell'Istituto di Medicina Legale di Milano e della Magistratura milanese e delle foto. Ma la relazione sparisce nel nulla. Perchè?  Una delle tante ipotesi sulla morte dell'Alpino Roberto Garro è quello dell'esplosione dell'auto  sulla quale viaggiava, a causa di un ordigno esplosivo. Forse, secondo i genitori di Roberto, il figlio e i suoi commilitoni"stavano eseguendo uno di quei favori-ordini fuori ordinanza ai quali non ci si può sottrarre, e stavano trasportando per conto di qualcuno, un pacco, una borsa, o un involucro contenente del materiale esplosivo". Forse i 4 militari non erano nemmeno a conoscenza di quello che stavano trasportando. L'ipotesi dell'esplosivo spiegherebbe anche la totale disntegrazione dell'auto, come si può vedere nelle foto sul sito. Tredici anni sono passati dalla morte dell'Alpino Roberto Garro e dei suo commilitoni. Tredici anni di misteri e di tanti perchè. Perchè e come è morto l'Alpino Roberto Garro? I genitori non si arrendono, hanno fondato un Comitato il CO.GE.MIL(Comitato dei Genitori di Militari Caduti in Tempo di Pace), e continuano a combattere la loro battaglia per la ricerca della verità. I tanti perchè di questa terribile storia devono avere una risposta. Se ancora esiste una giustizia in questo paese chiamato Italia. 



Prima di  bloccarmi  leggo sul sito   dei  familiari : 

(...)  Questo luttuoso e tragico avvenimento, sarebbe sicuramente passato sotto silenzio e del tutto inavvertito, se una serie di cose dette e fatte;
e ci riferiamo a menzogne e soprusi, compresa una prima vera e propria intimidazione da parte di alti ufficiali niente affatto gentiluomini (dopo ne vennero altre), non ci avessero messo sull'avviso di una situazione di grave anomalia.
Il tutto inizia con una serie di testimonianze ricevute ma non richieste (sapete il detto: EXCUSATIO NON PETITIA, ACCUSATIO MANIFESTA), tra l'altro in contraddizione fra di loro, e precedenti a quelli che potremmo definire senza tema di smentite: il funerale dell'infamia funerale svolto senza Camera Ardente, senza veglia di preghiera, ma abbandonati soli in una camera mortuaria senza picchetti, senza riconoscimento da parte dei familiari, senza un bacio d'addio dei genitori e senza la presenza dei genitori alla cerimonia funebre blindata (tutti sepolti nudi come vermi, sporchi, scomposti). Cerimonia svolta per terra nel cortile interno della caserma vicino ai cassoni della spazzatura nel cortile interno della caserma (come da foto e filmato allegati), Una cerimonia ad uso esclusivo dei soli addetti all'ambito militare ed a cui furono esclusi vergognosamente tutti i genitori dei militi caduti.


poiché la rabbia ed l'indignazione mi bloccano   e non riesco più a scrivere altro ,  se non  riportare  questo appello   di 

[...] 
 Per ricordare e mantenere alto il suo ricordo, e per fare di nuovo un appello a tutti coloro che avessero informazioni sulla sua tragica scomparsa, per dare una spiegazione, una motivazione, una chiusura e dare un po' di pace alla sua mamma ed al suo papà.  [...] 

lascio sotto forma di intervista chiacchierata , la parola ai genitori  non prima  di riportare  gli ultimi aggiornamenti 

la ex ministra della Difesa Trenta ci ha ricevuto e per tre ore abbiamo parlato di tutta la vicenda facendomi promesse, che qualche giorno dopo con una mail mi ha spiegato di aver passato il tutto al Pres. della Comm. difesa della Camera il quale mi riferisce che dai troppi impegni non è possibile istituire la richiesta Comm. d'Indagine parlamentare e la Ministra conferma che più di tanto non può fare. A luglio scorso siamo stati ricevuti dal Sottosegretario di Stato alla Difesa a Roma anche con lui due ore di chiacchiere e fino ad ora nessuna risposta nonostante un nostro sollecito inviato la settimana scorsa. Insomma, nessuno vuole rispondere e tanto meno risolvere

 


Ora  l'intervista

ho provato a fare delle ricerche in rete su tale caso ed risulta solo il vostro sito e nient'altro da parte dei familiari delle altre vittime , come ve lo spiegate ?

I familiari delle altre vittime per ragioni di “fatti loro” non hanno ritenuto ne formare un comitato ne fare altro; evidentemente faceva loro comodo metterci una pietra sopra anche se noi non crediamo alla bontà d’animo o al perdono di chiunque perda un figlio assassinato : ci sono ben due ragioni perché ciò accade, anzi tre: o si è comprati, o si è minacciati (con noi lo hanno fatto)o non gli dispiace più di tanto inoltre c’è da considerare che le altre tre famiglie avevano altri figli.


vista la situazione con cui vi è stato consegnato il corpo di vostro figlio , siete sicuri che dentro la tomba ci sia il corpo di vostro figlio o come credo leggendo quando voi dite : << (....) Giovedì 11 giugno 98, alle ore 16,30 attendiamo presso l'ingresso del Cimitero milanese di Chiaravalle la bara di colui che forse è nostro figlio; ed assistiamo così ad un'ulteriore scena di oltraggio e di vergogna, ma anche ciò lo realizziamo solo in seguito; al momento, dolore e lacrime non ci fanno connettere. Si presenta infatti un volgarissimo furgoncino Hyundai del tipo "vanette" targato AT576HZ di colore bianco completamente chiuso, usato di norma per il trasporto delle merci dai mercati, rigorosamente accompagnato da una Scorta militare nelle persona del Cappellano don Carmelo Giaccone (poco dopo per rimorso congedatosi) che viaggia su vettura dell'Esercito Italiano e con autista militare a seguito. Il furgone contiene due bare avvolte nel Tricolore e con sopra appoggiati due cappelli d'Alpino. Una di esse viene scaricata, con il dubbio che fosse quella di nostro figlio, l'altra prosegue il viaggio verso Modena: forse  quella dell'Alpino Mirco Bergonzini. (...)>>

Il dubbio che non ci fosse nostro figlio nella tomba è venuto anche al Magistrato che dopo tre anni ci ha concesso la esumazione e l’apertura della bara che per nostra “fortuna” lo abbiamo ritrovato anche se snelle condizioni bestiali con cui lo avevano tumulato ; cioè completamente nudo, sporco di sangue e fango e tutto storto nella bara. Non ce l’hanno deposto, ma lo hanno gettato dentro dopo averlo messo in un sacco di plastica al pari di spazzatura.


bomba  o  incidente  ?


Nessuno ha mai svolto un’ore di indagine, noi invece abbiamo indagato per anni è la certezza dell’attentato mafioso terroristico è un dato di fatto anche se da 23 anni lo denunciamo in tutti i modi, nessuno interviene. Quella era una caserma di trafficanti di droga e armi, e con mio figlio siamo certi che ci sia anche stato traffico di organi umani , cioè abbiano esportato via le cornee. Lo certifica la sparizione di parte dell’autopsia fatta dopo la esumazione e la sparizione delle stesse dal tribunale di Tolmezzo e con la complicità della magistratura militare.


 per   chi avesse  informazioni    o volesse  saperne  di più  ecco  come  contattare la  famiglia  

27.10.21

I restauratori di libri: ogni pagina è storia., A scuola con i cani: la pet therapy in aula., Ritorno al grano antico: gigante e senza insetticidi ., Dal trullo all'ashram, il sogno di Lisetta Carmi ed altre storie





I restauratori di libri: ogni pagina è storia



Volumi miniati medievali, sigilli per autenticare pergamene e persino popup antichi per bimbi: i tesori nel caveau dell’Istituto Centrale per la patologia dei libri

di Francesco Collina




A scuola con i cani: la pet therapy in aula



Un esperimento nato a Torino e ora replicato in diverse città: la lezione con gli animali aiuta a superare diffidenze e paure anche nelle relazioni coi compagni di classe

di Giulia Destefanis

Ritorno al grano antico: gigante e senza insetticidi



Le colture moderne sono basse: redditizie ma vulnerabili. Viaggio nella fattoria di Peccioli dove la produzione non è frenesia e si riscopre il passato. Lavorando meno

di Chiara Tarfano

Madri e figli a scuola insieme per imparare l'italiano

In Italia 110mila persone sono iscritte nei centri di istruzione adulti. L’ultimo suono della campanella in un istituto di Torino dove studiano alunni di 70 nazionalità





Dal trullo all'ashram, il sogno di Lisetta Carmi



Cinquant’anni fa la celebre fotografa arrivò in Puglia e portò la spiritualità incontrata in Oriente. Ora racconta quella stagione. E Cisternino le dedica una mostra

di Daniele Leuzzi e Gianvito Rutigliano



Rivive tra Molise e Abruzzo la Transiberiana d'Italia



Attraversa tre parchi naturali e si arrampica tra il massiccio della Majella e gli altipiani carsici: viaggio sulle carrozze storiche della linea Sulmona-Isernia

di Roberta Benvenuto

Medici di strada: un tampone per i clochard ., Il paese guardiano del bosco: lo difende fin dal medioevo., Il mago delle Ducati ora le restaura online ed altre storie

 


                                            Medici di strada: un tampone per i clochard



Aldo Morrone, dirigente del San Gallicano di Roma, ha organizzato una rete che effettua test Covid alle persone senza dimora. Ma nessuno voleva ospitare i positivi
                                              di Francesco Giovannetti


                       Il paese guardiano del bosco: lo difende fin dal medioevo



Se Luxottica ha adottato un’area boschiva veneta dopo la tempesta Vaia, a Trino Vercellese è la gente del posto a curare gli alberi. Con regole secolari
                di Giulia Destefanis



                           Il mago delle Ducati ora le restaura online



Enea era garzone d’officina nel mantovano, ma la sua passione era ridare vita alle moto d’epoca. E il direttore tecnico dello storico brand ha notato i suoi lavori
di Nicola Saccani



Sanremo, la dura vita del cacciatore d'autografi


In 28 anni di appostamenti Max ha raccolto 11 faldoni di firme delle star del Festival. I più sfuggenti? Achille Lauro e Bobby Solo. Ma nel 2021 il bottino è stato magro

di Giulia Destefanis



24.10.21

La colletta per aiutare il 27enne originario del Mali che fa il magazziniere al maglificio Ripa di Spino d'Adda: che si è visto l'auto distrutta dall'ereo caduto il 3 ottobre

In questo clima  , che  attanaglia   come  un onda  nera  appiccicosa   da quasi 30  anni  il  nostro paese  ,   di :  razzismo  , exenofobia   ,  omofobia  ,  sessismo ecc  ci sono anche degli anticorpi  e    questa storia  lo dimostra  

  repubblica  24\10\2021

Aereo precipitato a Milano, Ibrahim perde la macchina nello schianto: "Il mio datore di lavoro me ne ha regalata una nuova, i colleghi hanno pensato al resto"



Domenica 3 ottobre, a causa dell'incidente aereo che è costato la vita a otto persone, aveva perso la sua macchina. L'aveva parcheggiata davanti al muro della palazzina contro la quale si è schiantato il Pilatus PC-12, il monomotore privato precipitato non lontano dalla fermata della M3 di San Donato Milanese, davanti ai silos con i parcheggi coperti. "Ho pagato 4 euro per parcheggiarla all'aperto, e l'avevo messa lì,
davanti alla parete della palazzina, dove sono rimasti solo detriti", racconta Ibrahim Kamissoko. Originario del Mali, 27 anni, magazziniere al maglificio Ripa di Spino d'Adda, il Comune in cui abita da sette anni, dopo aver raggiunto l'Italia dalla Libia a bordo di uno dei barconi dei viaggi tragici della speranza. Oggi racconta: "La macchina per me era fondamentale, era la mia migliore compagna, l'avevo comprata usata lo scorso dicembre, per 5000 euro. Avevo da poco finito di pagare le rate". Venerdì scorso, Luca Bianco, il titolare del maglificio che ha assunto Ibrahim gli ha fatto una sorpresa e gli ha regalato una Renault Clio mentre al pagamento del bollo e dell'assicurazione hanno pensato, con una colletta, i suoi colleghi di lavoro.

Ibrahim, come ha preso questa sorpresa?

"Sono felicissimo. Un'emozione forte mai provata in vita mia, forse un po' troppo per me, mi è venuto da piangere, è la prima volta che mi capita una cosa del genere. Il responsabile mi ha detto 'è merito tuo, te la meriti proprio, ringrazia te stesso e vai avanti così come ti stai comportando. E' felice di come lavoro, e anche di me come persona, per quel che ho passato e per quel che faccio, e mi ha commosso".

Quel giorno hai scoperto che la tua macchina non esisteva più arrivando al parcheggio?

"Sì. Era domenica e avevo appuntamento con un mio amico a Milano per una passeggiata. Dovevo andare in Duomo e ho parcheggiato lì a San Donato per prendere la metropolitana perché con la macchina in città non entro mai. Quando sono tornato per prenderla, all'uscita della metropolitana ho visto tutta la zona chiusa, polizia e carabinieri ovunque, e i vigili del fuoco proprio vicino alla mia macchina che spegnevano le fiamme. Ho saputo cosa era successo, mi hanno fatto entrare, ho comunicato i dati della mia macchina a un carabiniere che è andato a vedere ed è tornato dicendomi che la mia Opel Corsa era distrutta".

Come sei tornato a casa?

"Ho telefonato alla famiglia che dall'inizio mi ha aiutato a Spino d'Adda, anche mettendomi in contatto con il mio datore di lavoro. E mi è venuta a prendere la signora Barbara: neanche quindici minuti dopo la chiamata è arrivata sul posto, mi ha chiesto se stavo bene, le ho spiegato che per fortuna io non ero lì quando è successo. Mi ha visto nelle immagini del Tg5 sul disastro aereo anche il mio responsabile, che mi ha detto 'Ho sentito che domenica non è andata bene, per te'. Gli ho spiegato che la mia macchina era bruciata. Qualche giorno dopo mi hanno fatto la sorpresa: con una scusa mi hanno fatto uscire dal magazzino per andare a caricare un bancale su un camion, nel frattempo hanno portato la macchina all'interno e quando sono rientrato ho visto tutti che applaudivano e la Renault per me, intestata a me, più nuova della macchina che avevo prima".

Ora cosa ti manca?

"Ho una casa, pago 400 euro di affitto, lo stipendio mi lascia altri mille euro. Devo cercare una fidanzata perché non posso stare sempre solo, nella vita. E deve essere la fidanzata per la vita, quindi bisogna scegliere quella giusta".

proste per combattere il femminicidio senza dover fare nuove ed inutili leggi

  Nei   giorni scorsi  avevo rilanciato su  il mio  Facebook  un post  pubblicato   sul blog   riguardante
sull'ultimo (   almeno  fino  adesso )  femminicidio
ecco    il  dialogo    (  qui  il  post   in questione per  chi volesse  leggere    gli   altri   commenti    )    riguardante   fra  me    ed  un mio utente   

 



Ed  sempre  riferito  a  tale  post     ho ricevuto   da  lettori   poco  informati o in malafede   sui  post  del  blog   ( ma  che  ......  le  leggete  le FAQ prima   )   che  i  post  che scrivo su tali argomenti  sono  come un foco di paglia    o  i soliti  :  ....bla .. bla....    senza  proporre    soluzioni su come evitarli o meno  .  Ora  ,  chiedo scusa se mi ripeto (   chi mi segue   sul serio  e  legge  le  faq  , può saltare   questa parte  )    ecco le mie  proposte  .  Premetto  non  sono : 1) un esperto  della materia  (  antropologo ,   psicologo , ecc.  )   o  un addetto   a  tali problemi  (  educatore  ,  responsabile  di centri  antiviolenza  , ecc.  ) ., 2)  non ho la pretesa  d'essere   , vista la complessità della materia    e  del problema  , esaustivo ed  completo .  
N.b  trovate  a    fine  post    i link  consultati 

L'associazione   UNWomen ( https://www.unwomen.org/ ) ha stilato un decalogo per cui tutti possiamo trasformarci da semplici cittadini ad attivisti. Basta poco per fare la differenza. Perché la fine della violenza contro le donne non è una cosa che riguarda solo le donne, ma è affare di tutti.  Infatti   si  parla  di tale  fenomeno  male  ( solo raccontando   spesso in maniera  morbosa  e  spettacolizzando  i fatti   con caratteri morbosi )  o   nelle  date  canoniche  \  istituzionalizzate   cioè l'8 marzo   e  il 25  novembre   Ma  soprattutto

da  https://www.possibile.com/femminicidio/

La Ministra Boschi, fresca di nomina alle pari opportunità,scrive in un post che, dopo aver pianto, “dobbiamo chiederci cosa fare perché non succeda ancora”. Chiediamocelo certo, ma rispondiamoci pure. Alla Ministra suggeriamo che un grande passo avanti sarebbe lavorare per la piena applicazione della Convenzione di Istanbul. In questi giorni Telefono Rosa ha elaborato una versione della Convenzione per i ragazzi dai 13 ai 19 anni, di cui consigliamo la lettura e la diffusione a chiunque, Ministra compresa. Si può trovare qua. Noi nel nostro piccolo abbiamo presentato una serie di proposte che le mettiamo a disposizione. Alcune di esse mirano all’uguaglianza di genere tra uomini e donne: dalla parità salariale, all’osservatorio sui prezzi per prodotti femminili, alla tampon tax.Poi abbiamo presentato due proposte che si occupano specificatamente di violenza di genere. La prima è finalizzata all’istituzione di una Commissione Bicamerale di Indirizzo e Controllo che si occupi di affrontare esclusivamente il tema del contrasto alla violenza di genere nel suo complesso, mettendo in rete e coordinando i cav, supportando e formando tutti gli operatori coinvolti, programmando politiche mirate, affrontando il recupero degli uomini maltrattanti, lavorando per una corretta informazione… La proposta nel dettaglio si può trovare qua                                                                                                    Una seconda proposta invece è finalizzata all’istituzione di un fondo per l’indennizzo delle donne vittima di violenza e per i loro figli. La proposta è stata incardinata qualche giorno fa in commissione giustizia e speriamo di vederne presto la luce. Come per la Mafia . In particolare, nel caso dei figli di donne vittime di violenza chiediamo che lo Stato riconosca loro lo stesso supporto psicologico ed economico che riconosce ai figli vittime di Mafia. Mafia, sì. Chiediamo che lo Stato si faccia carico di un dramma che è conseguenza non di un crimine comune, non di una disgrazia accidentale, ma di un fenomeno sociale e culturale radicato in tutto il Paese e che come tale va affrontato. Chiediamo che venga fatto quel passaggio forte, ma fondamentale, che è stato compiuto quando lo Stato ha preso coscienza che la Mafia non è un comune criminalità organizzata, ma un fenomeno molto più vasto e complesso, che si nutre nella cultura di un popolo e nella società. Scrivono Donatella Coccoli e Raffaele Lupoli sull’ultimo numero del settimanale  Left: “Se fossero 150 morti per Mafia lo stato reagirebbe”.E’ vero. Ma non è sempre stato così: è stato necessario, negli anni, una presa di coscienza seguita a tantissimo sangue e a un lungo elenco di uomini e donne a cui non saremo mai abbastanza grati, che hanno lottato a costo della vita perché la Mafia venisse riconosciuta per quello che è e facesse sì che lo Stato reagisse di conseguenza. La violenza sulle donne si nutre di disuguaglianza, di discriminazioni, dello smantellamento dello stato sociale, di omertà, di stereotipi, di solitudine, di indifferenza, di ignoranza, di sonno delle coscienze, di analfabetismo sentimentale. Servono gli strumenti sociali, economici e culturali per riconoscerla, prevenirla e sconfiggerla, fin da bambini.Ma prima di tutto serve uno Stato che prenda piena coscienza del fenomeno, invece di restare fermi alla la retorica di “mamme, figlie e mogli”. E lanciafiamme. Smettiamo di chiederci cosa serve, iniziamo a metterlo in pratica.

Ecco   che  faccio  miei  le  proposte     suggerite    dai siti  consultati 
 
Ascoltiamo e crediamo alle vittime 
Quando una donna trova il  coraggio  di  condividere la sua storia di violenza, fa il primo passo per interrompere il ciclo di abusi. Sta a tutti noi darle lo spazio sicuro di cui ha bisogno per parlare ed essere ascoltata. È importante ricordare che quando si discutono casi di violenza sessuale, la sobrietà, i vestiti e la sessualità di una vittima sono irrilevanti. Dobbiamo  aiutarla  o  indirizzarla  verso chi  può  farlo  perchè  conosce  meglio di noi il problema   a  non farla sentire  in colpa   e farle  capire  che  L'autore è l'unico colpevole di aggressione e deve assumersi la responsabilità da solo. Rifuggire  il victim blaming e cerchiamo di contrastare il più possibile l'idea che spetti alle donne evitare situazioni che potrebbero essere viste come «pericolose» dagli standard tradizionali. Tutti siamo responsabili moralmente  del fatto che una vittima possa avere giustizia, perché potrebbe toccare a noi o  a  una  nostra  familiare  o  amica  \conoscente  un giorno. Non diciamo mai: «Perché non te ne sei andata? Perché non hai fatto nulla?». Piuttosto diciamo: «Ti ascolto. Ti credo. Sono con te».

Educhiamo le future generazioni e impariamo da loro
Gli esempi che diamo alle nuove generazioni modellano il modo in cui pensano al genere, al rispetto e ai diritti umani. Iniziamo da subito le conversazioni sui ruoli di genere e sfidiamo le caratteristiche tradizionali assegnate a uomini e donne. Sottolineiamo gli stereotipi che i bambini incontrano costantemente, sui media, a scuola, nella vita, e insegniamo loro che va bene essere diversi. Incoraggiamo una cultura dell'accettazione e dell'accoglienza. Parliamo con loro di consenso, autonomia corporea e responsabilità, e ascoltiamo anche quello che hanno da dire sulla loro esperienza del mondo. Istruiamoli sin da piccoli sui diritti delle donne.Insomma  educhiamo      senza  tabù ed  censure   i nostri  figli   cioè    << non insegnare a tua figlia ad essere preda ,insegna a tuo figlio a non essere cacciatore >>( joumana haddad poetessa libanese -1970  - vivente  ).  Infatti bisogna   lavorare  perchè noi uomini accettiamo  che  anche le  donne  possano essere  come  noi pur  nella  diversità  . Infatti :


 da  https://www.ok-salute.it/salute-mentale/per-fermare-la-violenza-sulle-donne-bisogna-educare-i-maschi-fin-da-piccoli/

Perché i casi di violenza sulle donne sono ancora così tanti?
Mai come in questi ultimi otto anni le donne sono state inseguite, controllate, minacciate e uccise. Il passaggio dallo stalking all’atto criminale da parte dell’uomo, spesso ex-fidanzato e marito, è direttamente proporzionale alla conquistata indipendenza della donna nelle ultime decadi. Dopo gli anni Sessanta l’indipendenza femminile si è consolidata sino a raggiungere una sicurezza che si esprime con la libertà di non dipendere dall’uomo. Tale padronanza culturale provoca instabilità nell’uomo insicuro e possessivo, condizionato da una cultura del passato basata su un falso potere acquisito dal sistema economico e dalla forza fisica. L’uomo è sempre stato maschilista, machista, possessivo, trionfatore e anche vendicativo, specialmente quando era convinto di perdere il possesso di ciò che egli pensava essere suo. Inoltre, il fidanzamento, insieme al matrimonio, rafforzava e rafforza l’idea del possesso assoluto nella mente di alcuni uomini.
Come si può prevenire la violenza sulle donne?
La battaglia contro il maschilismo possessivo e la violenza sulle donne comincia dall’educazione dei più giovani. Sin dalle scuole medie occorre parlare ai ragazzi di come la cultura maschile sia cambiata negli anni e non riconosca il possesso verso l’altro. La scuola non dovrebbe limitarsi a fare lezioni e fornire informazioni sui diritti e il rispetto delle donne. Bisogna ricorrere a strategie educative rivolte ai maschi, verificando quanto si è assorbito sui sentimenti e sull’amore.
L’essere padre-padrone, il nonnismo, il nepotismo, il mobbing, il vandalismo cittadino e ogni tipo di bullismo hanno radici comuni di criminalità. Queste, prima o poi, potrebbero manifestarsi in modo grave. Se ad alcuni uomini capita di entrare in un tipo di ossessione, possesso e gelosia morbosa, il consiglio è rivolgersi a un professionista. Psicologi, psichiatri e professionisti potranno aiutare a elaborare molte loro sofferenze.
[....  segue   sull'url citato  ] 



Chiediamo risposte e servizi adeguati allo scopo
I servizi per le vittime di violenza di genere sono essenziali. Ciò significa che case rifugio, centri antiviolenza, numeri verdi, servizi di consulenza devono essere facilmente reperibili e disponibili per chi ne ha bisogno, anche e soprattutto ora, durante la pandemia di coronavirus. gettare insomma   una luce su ciò che non funziona e a richiedere tutti insieme che le cose cambino. Si può  scrivere    anche  a  costo   d'essere  molesti  ai giornali  che  usano nei  titoli     un linguaggio  da maschio  alfa  cioè   sessista        o  come dicevano i nostri  nonni\e  da   trivio     \ da bar  o espressione   <<  ho  avuto un  raptus  >>   o  mettono in risalto le parole del  carnefice      con  frasi    : <<  sè l'è  cercata  , mi  provocava  >> 

Comprendiamo cos'è il consenso
Il consenso entusiastico e gratuito a ogni richiesta è la conditio sine qua non perché non vi sia margine di violenza. Frasi come “«Mi sembrava che ci stesse» o «Chiaramente lo voleva» o «Ma si sa, è un uomo» tentano di offuscare i confini sul consenso sessuale, attribuendo la colpa alle vittime e fornendo un alibi agli autori dei crimini che hanno commesso. Il consenso non ammette linee sfocate: il sì dev'essere entusiastico, senza esitazioni né costrizioni. Dev'essere reversibile. Il silenzio non è consenso, il flirt non è consenso, la minigonna non è consenso, il forse non è consenso.

Riconosciamo i segnali di abuso
Esistono molte forme di abuso e tutte possono avere gravi effetti fisici ed emotivi. Per citare le più subdole: il partner controlla il cellulare, impedisce alla compagna di uscire senza di lui o di vedere le amiche, pretende che lei risponda sempre e subito a ogni sua chiamata o messaggio, controlla ogni cosa che compra, non le permette di avere un'indipendenza economica, lA insulta per l'aspetto fisico o quello emotivo («Come sei grassa!», «Non capisci niente!», «Sei buona solo a fare figli»)... Se sei vittima di uno o più di questi comportamenti o conosci qualcuno che li subisce, non aspettare un minuto di più e denuncia: meriti sicurezza e sostegno.

Sensibilizziamo, anche sui social  e sulla rete 
La violenza contro le donne è una violazione dei diritti umani che si perpetua da decenni. È pervasiva, ma non inevitabile, a meno che non restiamo in silenzio. Mostriamo la nostra solidarietà alle vittime e la nostra posizione nella lotta per i diritti delle donne, scrivendo post sull'argomento, condividendo sui social media i banner che lo riguardano o utilizzando il filtro facciale creato dalle Nazioni Unite per l'occasione, per spargere la voce e incoraggiare la comunità a fare lo stesso. Usiamo anche gli hashtag #orangetheworld, #16Days e #GenerationEquality per avviare delle conversazioni sulla violenza di genere.

Prendiamo le distanze dalla cultura dello stupro  e del maschio alfa  
La cultura dello stupro è l'ambiente sociale che consente di normalizzare e giustificare la violenza sessuale, alimentata dalle persistenti disuguaglianze di genere e dagli atteggiamenti riguardo al genere e alla sessualità. Denominarlo è il primo passo per smantellare la cultura dello stupro. Ogni giorno abbiamo l'opportunità di esaminare i nostri comportamenti e le nostre convinzioni alla ricerca di pregiudizi che consentono alla cultura dello stupro di continuare. Partiamo da noi: pensiamo a come definiamo la mascolinità e la femminilità e a come i pregiudizi e gli stereotipi ci influenzano. Dagli atteggiamenti che abbiamo nei confronti delle identità di genere alle politiche che sosteniamo nelle nostre comunità, possiamo tutti fare la nostra parte per opporci alla cultura dello stupro. Lo so    che  è difficile  e duro  ,  ed    significa  : << Fare come un eremita Che rinuncia a sé>>

Finanziamo le organizzazioni femminili
Sosteniamo le organizzazioni locali e nazionali che danno potere alle donne, amplificano la loro voce, supportano le vittime e promuovono l'accettazione di tutte le identità di genere e le sessualità (per citarne alcune tra le tante, AIDOS e Vides).

Riteniamoci reciprocamente responsabili
La violenza può assumere molte forme, comprese le molestie sessuali sul posto di lavoro o negli spazi pubblici. Prendiamo una posizione, richiamandola ad alta voce quando ne notiamo una: commenti sessuali inappropriati, battute sessiste, fischi di approvazione non vanno mai bene. Creiamo un ambiente più sicuro per tutti, invitando i nostri conoscenti a riflettere sul proprio comportamento e parlando chiaramente quando qualcuno supera il limite, oppure chiedendo l'aiuto di altri se non ci sentiamo al sicuro. Come sempre, ascoltiamo le vittime e assicuriamoci che abbiano il supporto di cui hanno bisogno.

E  pe r concludere  insistere  con se  stessi per   vincere  le nostre frustrazioni    e   i  nostri complessi    verso le  donne   e  l'universo femminile   per  non caderci  o caderci il meno  possibile    proporre  ai futuri  candidati (  locali e nazionali     tali proposte  )  

  Siti  consultati  

«Il patriarcato è finito. Violenze in aumento per l’immigrazione illegale»: il discorso di Valditara alla Fondazione per Giulia Cecchettin. se stava zitto faceva più bella figura

«Occorre non far finta di vedere che l’incremento dei fenomeni di violenza sessuale è legato anche a forme di marginalità e devianza, in qua...