premetto che non ho mai ne visto tale serie ne mi piace granché come attrice e non sono d'accordo , ma la rispetto della sua scelta di aver ricorso per le sue due
gemelle and una madre surrogata ma mi è piaciuta tale risposta che ha dato all start system di Hollywood e non solo Dopo questa premessa veniamo alla notizia .
Critiche sessiste a revival Sex and the city, Sarah Jessica Parker: “A un uomo non sarebbe successo”
L’hanno accusata di essere “troppo vecchia” per quel ruolo. E fin qui passi . Ma Le hanno fatto notare (e pesare) le rughe, i capelli bianchi, i suoi 56 anni, come se invecchiare per una donna - e farlo naturalmente - fosse un torto, qualcosa di cui vergognarsi. Lei, Sarah Jessica Parker, che sta per tornare nei panni di Carrie Bradshaw nel reboot di “Sex and the city”, ha dato una di quelle risposte che dovrebbero essere diffuse a social unificati. e che i nostri vecchi tromboni e retrogradi dovrebbero leggersi prima di aprire bocca o rendere pubblici certicomunicati stampa
“Ci sono così tante chiacchiere misogine intorno a noi, e pensare che su un uomo non sarebbero mai state fatte. Andy Cohen ha una testa piena di capelli grigi ed è squisito. Perché va bene per lui? Non so cosa dirvi gente! Sui social tutti hanno qualcosa da dire: ‘Ha troppe rughe, non ha abbastanza rughe'. Sembra quasi che le persone non vogliano vederci a nostro agio con la nostra età, quasi come se si divertissero a essere addolorati per quello che siamo oggi. E questo riguarda sia se scegliamo di invecchiare naturalmente e di non sembrare perfette, così come di ricorrere alla chirurgia. So che aspetto ho e non ho scelta. Cosa farò al riguardo? Smetterò di invecchiare? Dovrò scomparire?".
Difficile dirlo meglio di così. Infatti o pare alle donne è assolutamente vietata, specialmente a quelle che lavorano nel mondo dello spettacolo: invecchiare. Lo sta dimostrando pienamente la polemica che riguarda Sarah Jessica Parker, iconica protagonista di Sex and the City tornata sotto i riflettori grazie al sequel che presto vedremo sugli schermi, And Just Like That. <<Se da un lato l’attrice è >> -- secondo quanto riporta la sezione lifestyle di msn.com ( qui l'articolo completo ) << osannata per il senso del fashion che ha sempre caratterizzato il suo personaggio-feticcio Carrie Bradshaw, dall’altro il suo corpo naturalmente cambiato (sono passati 20 anni dalla serie) è oggetto di costante scrutinio e impietosi commenti da quando sono trapelate le prime immagini del set. Perché? >>
Perché, udite udite, Sarah ha le rughe. "Troppo vecchia", "un frutto avvizzito", "pelle flaccida": la scure del giudizio mediatico e social si abbatte più potente che mai sulle donne che iniziano a mostrare i segni del tempo ma si ‘ostinano’ a non volersi fare da parte (magari prendendo in mano i ferri e la calza?) o non voler ricorre alla chirurgia estetica ed al lifting . “Sembra che le persone non vogliano vederci a posto con noi stesse, preferiscono che soffriamo un po’ per quello che siamo oggi, sia che decidiamo di invecchiare in maniera naturale o che proviamo a fare qualcosa per sentirci meglio” ha commentato l’attrice a Vogue che le dedica la cover del numero di dicembre. “So come sono. Non ho scelta. Cosa ci posso fare? Smettere di invecchiare? Scomparire?”. Scomparire, sì, è proprio questo che succede alle donne dello star system dopo gli ‘anta’. Lo scorso anno uno studio condotto dal Geena Davies Institute, (fondato dall'attrice per studiare i temi legati al genere e alle disparità nei media) ha rilevato come le attrici superati i 50 anni smettano di essere le protagoniste di film o serie televisive. Le donne che hanno superato quella soglia di età ricoprono solo ruoli marginali, spesso limitati al personaggio anziano, debole, che sta a casa, sciatto. Salvo rare eccezioni, come il bellissimo film cult del 2020 , Elegia americana(Hillbilly Elegy) diretto daRon Howarde interpretato daAmy AdamseGlenn Close. Sceneggiato daVanessa Taylor, il film è l'adattamento cinematograficodell'omonimolibro di memoriedel 2016 diJ. D. Vance , la cinquantenne non è un personaggio che veste alla moda come Carrie Bradshaw, e sicuramente non è quello che fa sesso. “Ma io dico! I limiti non si capiscono? È terribile vedere una persona che non si accorge del tempo e di quanto sia impietoso”. “A un certo punto ci si dovrebbe ritirare dalle scene”. “Sembra una strega”. Sono altri commenti che potete leggere sui nostri social relativi ai post che ritraggono Sarah Jessica Parker.Come fa notare l’attrice durante l’intervista a Vogue, il trattamento che viene riservato alle protagoniste di And Just Like That non si ritrova minimamente nelle reazioni verso gli uomini (qualcuno ha letto critiche ai capelli bianchi di Chris Noth – ovvero Mr.Big?). Come sottolinea il produttore della serie Michael Patrick King, “Puoi avere al massimo 35 anni, poi c’è solo il ritiro in Florida. Manca un intero capitolo della vita delle donne”. In sostanza le donne sono o giovani, belle, fertili, oppure anziane e fragili: ogni tentativo di far emergere la cinquanta-sessantenne cool ed emancipata finisce sommerso di “Chiacchiere misogine”, come le definisce Sarah Jessica Parker.I corpi delle donne sono eternamente oggetto di giudizio, specialmente quelli delle donne che per mestiere sono mediaticamente esposte, e questo giudizio si fa particolarmente aspro quando si parla di età (e di taglia, naturalmente). L’invecchiamento è una condizione a cui non è possibile sfuggire, eppure è più che mai avversata.Da tempo molte star (e molte donne non famose) stanno rivendicando il diritto a invecchiare come vogliono, mostrando i segni del tempo se lo desiderano – in particolare i capelli grigi, divenuti un vero e proprio simbolo di empowerment. E da tempo il mondo della moda e del beauty stanno facendo passi in avanti nel combattere l’ageism, ovvero la discriminazione sulla base dell’età, ingaggiando sempre più testimonial e modelle ‘perennials’. Ma la strada da fare è ancora lunga, e lo dimostrano i commenti alle protagoniste di And Just Like That. Forse sarà proprio in questo il valore ‘sociale’ del sequel di Sex and the City: mostrare delle ultra-cinquantenni che si ‘prendono’ la città di New York, se la godono e se la vivono nonostante il superamento della soglia di età socialmente accettata. Donne che si prendono uno spazio che ancora non è loro concesso, ma che, tra body positivity, nuova consapevolezza, canoni e gi stereotipi classici vengono abbattuti, presto sarà anche loro, a prescindere dall’età e da come decidono di mostrarla.
Domenica notte si trovava nella sua casa di Prati, a Roma, quando è stato svegliato dalle urla di una donna, vittima di un tentativo di stupro nell’androne del palazzo. Marcelli è corso di sotto senza pensarci e si è ritrovato di fronte un “energumeno di 100 chili che le stava sopra, la palpeggiava, mentre cercava di sfilarle i collant e provava a trascinarla giù nei sotterranei”. A quel punto lo ha spinto via, è riuscito a stenderlo, immobilizzarlo e, infine, grazie anche all’arrivo di altri condomini, a farlo arrestare. Mi Vengono i brividi a pensare a quello che sarebbe accaduto senza la prontezza, il coraggio e anche le capacità fisiche e mentali di quest’uomo di 55 anni che ha fermato a mani nude un “bestione” di vent’anni più giovane, evitando uno stupro. << Non sono un eroe - si schermisce lui con Lorenzo Tosa - Ho fatto quello che ogni cittadino per bene dovrebbe fare, fermare una violenza contro una donna indifesa >>. Può dire quello che vuole ma per me questo è un eroe. Che merita di essere conosciuto e poi riconosciuto dalle istituzioni per quello che ha fatto. Ora
Lorenzo Tosa Prima che arrivino gli sciacalli a banchettare, li anticipo: lo stupratore è un ucraino di 36 anni, contenti? Come se spostasse di una virgola la questione o ne cambiasse il senso. Non esistono gli stranieri tutti buoni o gli stranieri tutti cattivi, se non nella propaganda di qualche demagogo di quart’ordine. Esistono solo gli esseri umani. E la nazionalità non conta. Ora possiamo parlare di cose serie, grazie.
Non sempre sono d'accordo con lui , ma stavolta con questo commento che smorza ogni tentativo di becera polemica utile solo ad alimentare verità distorte merita, secondo me , un applauso . Infatti In questi tempi dove regnano sovrani l’indifferenza e l’egoismo assoluto, l’atto altruistico del signor
Marcelli è veramente meraviglioso e merita di essere riconosciuto! La razza l'etnia e la nazionalità non contano nulla ! Ci vuole solo coscienza e giustizia. E la certezza della pena . Con concludo con una delle mie solite elucubrazioni mentali : se non fosse stato un pugile, oggi staremmo probabilmente raccontando oltre a uno stupro anche un pestaggio. Dove non può arrivare la polizia, cioé, nell’immediato, praticamente da nessuna parte, in casi particolari padroneggiare le basi di autodifesa può salvarti e salvare qualcuno. È qualcosa che interroga le mie convinzioni e mette in discussione le mie idee, ma è una questione che è giusto porsi. Voi cosa ne pensate?
I mille avvocati di strada che restituiscono dignità ai senza dimora (e agli ultimi)
di Maria Novella De Luca
Sono lo studio legale più grande d'Italia, tutti "soci" volontari, con il fatturato più povero: zero euro. Assistono persone precipitare nella povertà dopo licenziamenti, sfratti, divorzi, costrette oggi a vivere sui marcipiedi, nei dormitori, in auto. Per tutti la sfida più grande: ottenere un indirizzo di residenza per non essere più invisibili.
Sono lo studio legale più grande d'Italia (mille "soci" tra civilisti e penalisti) e anche il più povero: fatturato euro zero. Del resto i loro clienti, nella scala sociale, sono gli ultimi degli ultimi, così privi di tutto da non avere nemmeno un indirizzo: sono clochard, senza tetto, senza fissa dimora. Si chiamano "avvocati di strada", sono riuniti in un'associazione fondata nel 2001 da Antonio Mumolo, avvocato giuslavorista che nelle fredde notti di Bologna, da volontario portava cibo e coperte a chi viveva sui marciapiedi o sotto rifugi di cartone. "E molti di loro, conoscendo il mio mestiere, mi facevano domande legali, raccontandomi di pensioni perdute, di eredità negate, di figli mai più incontrati per mancanza di un indirizzo di residenza, di fallimenti economici per crediti inesigibili, di assistenza sanitaria negata. Capii che quel mondo di invisibili finiva per strada non soltanto per tossicodipendenza, alcolismo o per problemi psichiatrici, ma soprattutto per diritti negati".
Insieme a un solo altro collega, Mumolo fonda la onlus "Avvocato di strada", oggi presente in 56 città, con mille legali che offrono assistenza (gratuita) ai senza dimora, trentottomila persone seguite dal 2001 ad oggi, tremila pratiche aperte ogni anno, centinaia di cause vinte, ma soprattutto centinaia di ex drop-out tornati a vivere dal mondo di sotto al mondo di sopra. Con il motto non "esistono cause perse", "Avvocato di strada" ha dedicato ai sessantamila clochard italiani addirittura un festival nell'ottobre scorso, per raccontare questo estremo segmento di povertà.
La storia di Fra
Spiega Antonio Mumolo: "Il senzatetto che dorme sui cartoni è solo la forma più evidente di questa emarginazione, figlia delle ripetute crisi economiche che hanno devastato l'Italia. A differenza di vent'anni fa quando i senza dimora erano persone con storie di alcol o malattie mentali, oggi sono cittadini, all'ottanta per cento italiani, che da un giorno all'altro perdono il bene fondamentale: la casa. Ci vuole poco: un licenziamento, le rate di mutuo non pagate, lo sfratto, una pensione troppo misera, un divorzio e ci si ritrova a dormire in auto, nei dormitori pubblici, negli edifici occupati, in fila alla mensa, alle docce, alle distribuzioni di vestiti usati. Bussando da una porta all'altra alla ricerca di lavoro".
La storia di Francesca, da commessa in un supermercato ad una vita senza più figlie né una casa
Come accade a F. che chiameremo Francesca, nelle tante storie che "Avvocato di strada", pubblica sul suo bilancio sociale ogni anno. Francesca è italiana, ha 40 anni, è mamma di due bimbe di 6 e 8 anni. Emblema e paradigma di come si possa passare da una situazione dignitosa alla povertà in un tempo brevissimo, fulmineo. Un capitombolo nel baratro. "F. era commessa in un supermercato, conviveva con il suo compagno e padre delle bambine, finché i due non decidono di separarsi e l'uomo, abbandonata la casa, smette di prendersi carico delle spese. F. non ce la fa, il suo stipendio è troppo basso per pagare un affitto e gestire, da sola, due figlie. Arriva lo sfratto e le bimbe vengono affidate ai nonni paterni. Costretta a dormire in macchina, Francesca si rivolge ad "Avvocato di strada" perché è inverno, i soldi stanno finendo e pagare la benzina per arrivare al lavoro diventa impossibile". F. si ammala di broncopolmonite, viene aggredita nella notte, la macchina si guasta irreparabilmente. Sul lavoro le assenze diventano troppe e Francesca viene licenziata.
"Dopo aver messo in contatto Francesca con i servizi sociali della città - ricorda Agostina, avvocata di strada di Milano - siamo riusciti a farle ottenere la residenza fittizia, grazie alla quale ha potuto cercare un nuovo lavoro e un alloggio". Piano piano Francesca riemerge dal buio e ricostruisce un rapporto con le figlie. Con il sogno, oggi, di riaverle con sé. Per chi nella vita ha sempre avuto un indirizzo e un nome sul citofono, la parola residenza evoca soltanto un fastidio burocratico da espletare quando, magari, si cambia casa o città. Invece no: la residenza è un diritto fondamentale che determina lo spartiacque tra l'esistenza e la non esistenza. Tra l'essere cittadini o clandestini. Essere invisibili oggi è non poter fornire un indirizzo, dunque ottenere una carta d'identità, quindi un lavoro e l'assistenza sanitaria. Gli avvocati di strada ricostruiscono i fili spezzati di queste vite, cuciono una tela che riannoda affetti, patrimoni, dignità. Portano in tribunale comuni e datori di lavoro, enti previdenziali e familiari disonesti. "I comuni - dice Mumolo - spesso violano l'obbligo di assegnare per legge ai senza dimora una di quelle vie fittizie inventate proprio per dare una residenza a chi non ce l'ha". Come via Modesta Valenti a Roma, clochard che morì di stenti, o via della Speranza, o via dei Senzatetto in altre città. Si sentono rinascita e resistenza nelle storie degli avvocati di strada. C'è M, italiano, che viveva in un dormitorio dopo una dolorosa separazione. Grazie all'assistenza legale riesce a definire il divorzio, trova alloggio in co-housing. "La cosa più bella - è stata sentirmi di nuovo chiamare papà".
La storia di Stella, da clandestina a una vita alla luce del sole
C'è S. la chiameremo Stella, ucraina, mamma di un bellissimo bambino con cui viveva, però, quasi nascosta. "Nel periodo in cui è venuta al nostro sportello viveva in una situazione totalmente precaria fuori Genova. Non aveva documenti, non riusciva ad ottenere un permesso di soggiorno ed era costretta a vivere nella clandestinità, nella paura, senza assistenza sanitaria, senza potersi rivolgere ai servizi sociali, né poter iscrivere suo figlio a scuola" Stella era invisibile. Gli avvocati strada rintracciano in Grecia il padre del bambino, ottengono i suoi documenti, regolarizzano la posizione di Stella. "Oggi a lei ed al suo piccolo è stata restituita la dignità e il riconoscimento che per troppo tempo erano stati loro ingiustamente sottratti". E Stella e il suo bambino non hanno più paura di camminare alla luce del sole.
La storia di Giuseppe, non aveva più una residenza ora l'ha ottenuta
C'è G, lo chiameremo Giuseppe, napoletano. "Arrivò ad Avvocato di strada dopo girato tutti servizi della città senza essere riuscito a far rispettare un suo diritto essenziale, quello alla residenza anagrafica. G. che un tempo aveva una casa e un lavoro, aveva camminato tanto, tra uffici freddi e pieni di inutile burocrazia, trovando tutte le porte chiuse. Quando arrivò da noi era veramente esausto e sfiduciato. Aveva perso la speranza e la sua voglia di credere in una società giusta e civile. In breve tempo, grazie al preziosissimo aiuto di una nostra volontaria, G. ottiene la residenza nella via fittizia. Oggi ha nuovamente diritto di voto, accesso alle cure mediche. È tornato a godere di tutti quei diritti fondamentali di cui gode un cittadino italiano residente sul territorio".
Antonio Mumolo cita una frase "cult" del libro di John Grisham "L'avvocato di strada": "Prima di tutto sono un essere umano. Poi un avvocato. E' possibile essere entrambe le cose".
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L'adolescente, del North Carolina, si trovava in macchina con il suo rapitore, un uomo di 61 anni. Dal finestrino ha lanciato questo particolare "grido" di aiuto. Un automobilista ha capito e ha chiamato le forze dell'ordine. La polizia è riuscita a fermare la macchina e ha arrestato l'uomo che ora è accusato di rapimento e di possesso di materiale pedopornografico.La ragazza era stata dichiarata scomparsa dai suoi genitori martedì scorso secondo l'ufficio dello sceriffo della contea di Laurel nel Kentucky. Il salvataggio è accaduto giovedì, nel Kentucky. "L'automobilsta si trovava dietro il veicolo e ha notato una passeggera che faceva gesti con le mani, noti sulla piattaforma social 'Tik Tok' per denunciare la violenza domestica, 'ho bisogno di aiuto'", si legge nella dichiarazione dell'ufficio dello sceriffo.La persona che ha chiamato il 911 è rimasta dietro il veicolo del rapitore per 11 chilometri, trasmettendo informazioni alla polizia. Il sospetto ha portato l'adolescente dal North Carolina all'Ohio, dove ha dei parenti, ha detto la polizia. Ha poi lasciato l'Ohio quando i parenti del rapitore hanno scoperto che la ragazza era minorenne.
Gli Indiana Jones, quelli veri: in Sicilia 73 ricerche archeologiche, così la storia antica verrà riscritta
di Isabella Di Bartolo e Claudio Reale , video di Tullio Filippone e Marta Occhipinti , Infografiche di Silvio Puccio
Mentre Harrison Ford gira il quinto capitolo della saga di Indy l'Isola vive una stagione irripetibile: dal teatro ellenistico di Agrigento alla città greco-romana scoperta a Tusa, ecco i ritrovamenti che gli studiosi di tutto il mondo stanno portando alla luce
Da un angolo all'altro della Sicilia a chiunque può capitare di incontrare Indiana Jones. E in questa storia Harrison Ford non c'entra: mentre le troupe Disney girano fra Cefalù, Siracusa e il Trapanese il quinto capitolo della saga di Indy, infatti, l'Isola sta vivendo la più straordinaria stagione della sua archeologia, con 73 campagne di ricerca che stanno portando alla luce fra le altre scoperte un teatro ellenistico e un tempio greco ad Agrigento, una città greco-romana nel Messinese, necropoli preistoriche nell'Ennese e navi romane nel mare di fronte a Palermo. A esplorare il sottosuolo e i fondali di quest'avamposto dell'era classica nel cuore del Mediterraneo sono le università di tutto il mondo, che si affidano per gli scavi alle mani di studiosi giovani e vere e proprie leggende viventi dell'archeologia, capaci di raccontare in un soffio di fiato il primo incontro con una statua di 2.500 anni fa, il Giovinetto di Mozia ora tornato in Sicilia dopo essere stato esposto al British Museum e al Getty di Los Angeles.
Niente che Harrison Ford possa davvero raccontare. "Era un giorno come questo, in autunno - ricorda Francesca Spatafora, che al culmine della carriera è stata direttrice del museo Salinas di Palermo e ora si dedica alla divulgazione - stava per arrivare la stagione delle piogge e quindi ci accingevamo a chiudere la campagna di scavi. Un operaio stava sistemando e venne fuori la parte inferiore di un blocco di marmo lavorato. Ci rendemmo conto che era qualcosa di grosso: chiamammo il sovrintendente dell'epoca, Vincenzo Tusa, e ricominciammo a scavare. Era una statua alta un metro e ottanta, con la testa staccata dal corpo ma perfettamente coincidente". È questa, in fondo, la sfida degli archeologi: entrare in contatto con la storia dell'arte e farle prendere vita, ricalcando e innovando le pagine scritte da tanti studiosi del passato. Ernesto De Miro, Giuseppe Voza, Paola Pelagatti sono tra i fondatori della moderna archeologia e hanno lasciato in Sicilia decine di eredi: da Lorenzo Guzzardi, oggi impegnato in numerosi scavi nel parco di Lentini e Megara Hyblaea che dirige, a Flavia Zisa, docente e firma del lemma di Archeologia della Magna Grecia nell'enciclopedia Treccani, dal primo ricercatore del Cnr Massimo Cultraro a Rossella Giglio, che a Segesta è impegnata a riportare alla luce pezzi della città degli Elimi.
Trovati nel mare delle Egadi 25 rostri: "Riscriviamo l'epilogo della prima guerra punica"
Una stagione irripetibile
Le campagne in corso, del resto, sono un elenco senza fine. Ciascuna delle province siciliane ne ha almeno una: e se in siti patrimonio dell'Umanità come la Valle dei Templi di Agrigento si continuano a scoprire nuove testimonianze della grecità, a stupire è anche l'individuazione di nuovi insediamenti archeologici. E mentre a Calascibetta, nell'Ennese, si lavora su una necropoli preistorica, il nuovo sito più sorprendente è forse quello di Tusa, in provincia di Messina: le università di Palermo, Messina, Oxford e Amiens stanno riportando alla luce pezzo dopo pezzo una città fondata dai greci e poi conquistata dai romani, Halaesa Arconidea, scoprendovi teatri, basi di templi, un'acropoli e un sistema difensivo. "Invece di iniziative spot isolate una dall'altra - osserva l'assessore regionale ai Beni culturali, Alberto Samonà - si è voluto perseguire una direzione, quella di una politica culturale che guarda alle collaborazioni con le università e con gli istituti di ricerca per riportare alla luce le testimonianze del passato. Abbiamo voluto farlo in grande stile, attraverso ricerche un po' dappertutto, in terra e in mare. Il futuro della Sicilia passa dalla riscoperta del nostro passato".
Viaggio nella Sicilia delle scoperte archeologiche, l'assessore: "Così riscriviamo la storia"
Sulle spalle dei giganti
Un'intuizione che, del resto, è l'eredità di Sebastiano Tusa. L'assessore-archeologo morto il 10 marzo 2019 nella tragedia del Boeing 737 Max in Etiopia ha lasciato un'eredità politica e scientifica che si traduce soprattutto nelle ricerche in corso nel suo campo preferito, il mare: al largo di Isola delle Femmine, dove è stata scoperta una nave romana, ma soprattutto sul fondale delle Isole Egadi, dove la scoperta di un'enorme quantità di rostri sta permettendo di riscrivere l'epilogo della prima guerra punica. "Eravamo abituati a pensare che la Battaglia delle Egadi fosse stata combattuta a Cala Rossa, a Favignana - spiega Valeria Li Vigni, che oltre a essere la soprintendente del Mare è anche la vedova di Tusa - Attraverso lo studio delle fonti e attraverso la documentazione raccolta dai pescatori si ottenne invece la certezza che la presenza di innumerevoli ancore lasciate sul fondo a Cala Minnola, a Levanzo, fosse la testimonianza di un appostamento per colpire di sorpresa le truppe cartaginesi". Ne è venuto fuori un tesoro mozzafiato: fino a pochi anni fa i rostri di epoca punica rinvenuti in tutto il mondo si contavano sulle dita di una mano, da allora ne sono stati trovati 25 solo fra le Egadi e il resto del mare siciliano.
A scuola dai pionieri
Sebastiano Tusa e il padre Vincenzo, però, non sono gli unici pionieri dell'archeologia che hanno rivoluzionato il settore in Sicilia. Il decano è Giuseppe Voza, 94 anni, che parla ancora con l'entusiasmo dei primi giorni. Campano di nascita, ha scavato per sei decenni in Sicilia, facendo alcune tra le più belle scoperte dell'Isola: fu lui, nei primi anni Settanta, ad andare in una vecchia masseria nelle campagne intorno a Noto e riconoscere, in una stalla, i mosaici della villa del Tellaro o, più tardi, a far deviare l'allora costruenda autostrada Palermo-Messina per avere scorto in uno dei cantieri alcune tessere musive di quella che è oggi la domus romana di Patti Marina. La folgorazione avvenne un giorno del primo dopoguerra, quando la sua strada si incrociò con quella di Luigi Bernabò Brea, uno dei padri fondatori dell'archeologia moderna. "Ne rimasi affascinato - racconta - e allora gli dissi di alcune scoperte fittili simili a quelle da lui rinvenute a Lipari. Dopo qualche tempo mi telefonò e mi chiese di andare per tre mesi in Sicilia a lavorare con lui. Andai e quei mesi diventarono 60 anni". Tra le sue tante scoperte, quella che ricorda con più entusiasmo è la grande area sacra sotto piazza Duomo, a Siracusa. "Un lavoro meraviglioso - commenta - ricordo che in piazza c'era un oleandro, proprio davanti a palazzo Beneventano, e sotto le sue radici trovai un vaso con la raffigurazione di Artemide 'domatrice delle belve'. Era la prova che il tempio ionico sotto il municipio, poco distante, fosse dedicato a questa dea". L'elenco delle sue scoperte è infinito, però: impossibile, ad esempio, non citare le centinaia di statuette di Demetra nell'area del santuario scoperto a ridosso del santuario della Madonna delle Lacrime, a Siracusa. "Manufatti bellissimi - racconta - che raccontavano la vita di questo luogo. Scoperte che oggi continuano ad emozionare nel museo Paolo Orsi a cui ho lavorato per anni e che ho creato ispirandomi ai più grandi musei con i quali compete in meraviglia e ricchezza".
Parlano i veri Indiana Jones
Quest'eredità, adesso, dev'essere portata avanti dai giovani ricercatori impegnati in Sicilia. Lo sa bene Daniele Malfitana, che dirige la Scuola di specializzazione in Archeologia dell'università di Catania: "La soddisfazione per chi pratica la ricerca sul campo o in laboratorio - osserva il docente siciliano, che dirige uno scavo a Portopalo di Capopassero per portare alla luce un sistema di tonnare e gli stabilimenti per la lavorazione del pesce in antichità - è proprio quella di vedere la soddisfazione dello studente quando si impadronisce di un metodo, sa applicarlo e riesce ad interpretare ciò che ha in mano o ciò che sta studiando. Insomma, quando si trasmette il mestiere". Già, condividere emozioni: come sta provando a fare Rosalba Panvini, ex soprintendente di Ragusa, Catania, Caltanissetta e Siracusa, oggi impegnata nelle ricerche al Bosco Littorio, a Gela. "Adesso - sorride - torno a scavare con i ragazzi nel luogo in cui ho fatto la più bella scoperta della mia carriera, l'emporio di Gela". Ne è passato di tempo dal 1981, quando fu chiamata proprio da De Miro per scavare nella necropoli di contrada Pezzino, ad Agrigento. "Avevo 25 anni ed ero appena diventata mamma - ricorda - un'emozione e una fatica indescrivibile. Se tornassi indietro rifarei tutto". Impossibile sottrarsi: "Non so perché ho scelto di fare l'archeologo ma l'ho sempre voluto - racconta Dario Palermo, a cui sono legati 40 anni di scavi a Prinias in Grecia e, in Sicilia, alcune grandi scoperte tra cui il sito di Monte Polizzello e di Sant'Angelo Muxaro - e il mio primo scavo, a Rocchicella, da universitario fu la conferma di un sogno che si realizzava". Con lui, a Rocchicella per volere di Luigi Bernabò Brea, c'era anche Massimo Frasca, già docente di Archeologia della Magna Grecia all'università di Catania, che ha dedicato molti decenni di scavi alla città greca di Leontinoi, dove adesso tornerà a scavare da docente in pensione. "Avevo 14 anni - racconta - quando mi regalarono un gioco in cui si vedevano le piramidi tridimensionali. Fu l'inizio di una passione mai finita. Abitavo a piazza Lanza, nel cuore di Catania, all'epoca con pochi palazzi e tanti prati dove giocare tra cui quello in cui c'era un ipogeo: qui sognavo battaglie e fantasticavo". Un sogno da fare a occhi aperti, per scoprire le meraviglie un tempo immaginate. E senza uno straccio di effetti speciali. Perché alla fine non ci sono i titoli di coda. Alla fine c'è il privilegio di avere riscritto la storia.
Chi ha fatto un commento insulso sul coming out di Spadafora e perché proprio il leghista Spirlì?
L’ex Presidente “facente funzioni” della Calabria si lascia andare – come al solito – in un commento privo di senso. Questa volta sull’ex Ministro dello Sport
Questa mattina, parlando del coming out di Vincenzo Spadafora, avevamo parlato di “gesto di coraggio” in un periodo storico in cui l’Italia che è sempre meno tollerante. La conferma è arrivata a stretto giro di posta, con un commento insulso pubblicato sulla sua pagina Facebook ufficiale da Nino Spirlì, l’ex Presidente “facente funzioni” della Calabria. Il leghista, omosessuale dichiarato da tempo, senza che nessuno glielo chiedesse ha deciso di dire la sua sulle parole dell’ex Ministro dello Sport. E lo ha fatto come farebbe il classico leghista.
Nino Spirlì e quel commento insulso sul coming out di Vincenzo Spadafora
“E chi se ne frega, non ce lo metti?”. Queste le nove parole utilizzate da Nino Spirlì per commentare il coming out fatto da Vincenzo Spadafora nel corso dell’ultima puntata di “Che tempo che fa” (su RaiTre). Eppure il discorso dell’ex Ministro dello Sport era intriso di grandi verità e di un dilemma personale vissuto per anni, per paure di essere giudicato per il proprio orientamento sessuale. Perché Spadafora ha sottolineato come la decisione di rendere pubblica la sua omosessualità sia stata molto sofferta, ma necessaria. E il deputato del MoVimento 5 Stelle lo ha detto commosso, perché sa bene come tutto ciò sia molto difficile nel nostro Paese. Lo è per la persona, ma lo è anche per il politico. “Penso che la vita privata delle persone debba rimanere tale, ma ritengo anche che chi ha un ruolo pubblico, un ruolo politico, abbia qualche responsabilità in più – ha detto Vincenzo Spadafora a Fabio Fazio -. Io l’ho fatto anche per me stesso, perché ho imparato forse molto tardi che è molto importante volersi bene e rispettarsi”. L’esponente pentastellato parla di se stesso nel suo libro dal titolo “Senza Riserva”, in cui si racconta sia come politico che come uomo. E lì spiega i motivi che lo hanno spinto a rendere pubblica la sua omosessualità. Ora Lo so che ceti discorsi interessano poco o niente , ma come specificavo In : << Mai giudicare il libro dalla copertina ovvero occhio a non partire prevenuti >> è triste anche dover ribadire l’ovvio. Ma tant’è. Aspettando il giorno, temo lontanissimo, in cui la normalità sarà finalmente normale facciamolo . Ogni volta che un personaggio noto o meno noto fa “coming out”, una delle classiche reazioni - più o meno in buonafede - è questa: “E allora? Chissenefrega con chi va a letto”. Bene, una volta per tutte chiariamo questa cosa :Punto primo.
Fare “coming out” ha a che fare solo molto, ma molto marginalmente con l’andare a letto con qualcuno, semmai riguarda l’affettività di una persona, la sua identità, il suo rapporto emotivo con la società in cui vive, di cui il sesso è una componente assolutamente marginale, oltreché intima e personale.
(Estremizzando, una persona potrebbe benissimo decidere di fare coming out senza andare a letto con nessuno, e non toglierebbe nulla alla dichiarazione).Quindi non è solo esibizionismo vedere l'url contenuto nel post citato qualche riga fa come dicono molti citando a sproposito tale canzone di Gaber
Due.
Nel migliore dei mondi e delle società possibili, una persona non dovrebbe essere spinta o incoraggiata a dichiarare pubblicamente il proprio orientamento sessuale. Ma, non so se ve ne siete accorti, questa è tutt’altro che la migliore delle società possibili. Questa è la società in cui due ragazzi o due ragazze non sono liberi di girare per strada mano nella mano o di scambiarsi un semplice bacio per paura di essere picchiati o anche solo fissati o ridicolizzati. È la società in cui esistono cento modi per prendere in giro un omosessuale, in cui 135 senatori della Repubblica applaudono schiumanti per aver cancellato i diritti di altre persone.
Terzo, forse il più importante.
Non è vero, come ci ripetono alla nausea, che “gli etero mica fanno coming out...” Al contrario. Gli etero fanno coming out in continuazione, ogni giorno della loro vita, con la ingenua nonchalance di chi non si sente giudicato ogni volta che parla di “mio marito”, “mia moglie”, ogni volta che fa una battuta esplicita sull’altro sesso, ogni volta che celebra le proprie performance da seduttore o semplicemente racconta la propria vita di coppia. Bene, a un gay questa normalità è negata.
Quarto, ma non ultimo.
Perché un personaggio pubblico - specie chi fa politica a prescindere dal suo schieramento d'appartenenza - ha anche la responsabilità di indicare un sentiero, di normalizzare ciò che è ancora considerato eccezione, di mostrare e dimostrare che è possibile venire allo scoperto a quelle decine di migliaia di ragazzi che, ancora oggi, nascondono alla famiglia - e a se stessi - la propria omosessualità, per paura di essere giudicati o rifiutati o nel caso di Spirli essere gay repressi
Forse ora è più chiaro perché Vincenzo Spadafora non ha fatto solo qualcosa di utile ma qualcosa di importante. Di coraggioso. Di necessario. E per questo tutti - non importa quale sia il nostro orientamento sessuale - dovremmo dirgli grazie
Dopo il successo di Giuseppe Gibboni 20 anni Al concorso violinistico Paganini di Genova edizione 2021 ci sono anche altri successi al premio internazionale Chopin quelli di Leonora Armellini, 29 anni e il secondo premio con Alexander Gadjiev 27 anni. Ora non sono che altro aggiungere a quanto già detto precedentemente su queste pagine . lascio parlare uno che ne sa più di me ovvero riprendo , l'ho trovata sui Facebook la lettera che Danilo Rossi, prima viola alla Scala di Milano, ha appena inviato ad Aldo Cazzullo del Corriere della Sera.
"Carissimo,
dopo una estate stracolma di allori sportivi, medaglie, campionati europei vinti, l'autunno é il periodo dei grandi concorsi internazionali musicali.
Al Concorso Pianistico Chopin di Varsavia l'Italia ha ottenuto il quinto premio con Leonora Armellini, 29 anni e il secondo premio con Alexander Gadjiev 27 anni.
Al concorso violinistico Paganini di Genova invece l'Italia con Giuseppe Gibboni 20 anni ha vinto il Primo Premio assoluto, cosa che non succedeva da 24 anni.
In nessun giornale nazionale e in nessuna TV nazionale é stata data questa notizia.
Inoltre nessun politico con ruoli istituzionali importanti, dalla cultura alla scuola all'università, ne ha parlato.
Mi risulta che i vincitori di medaglie varie, olimpiche o tornei, dal tennis al volley, vengono invitati dal Presidente del Consiglio o addirittura dal Presidente della Repubblica.
La cultura al primo posto ? Se fosse veramente così questi straordinari giovani sarebbero su tutti i giornali e su tutte le televisioni e sarebbero già stati invitati dalle più alte cariche dello Stato. Invece nulla di tutto questo è accaduto. Quindi in realtà siamo il terzo mondo culturale ? Mi piacerebbe avere un riscontro a questa mia domanda.
La ringrazio.
P. S. Aggiungo anche che pochi giorni fa l'Accademia Bizantina, ensemble italiano di musica barocca ha vinto ai Grammy il premio come seconda miglior orchestra al mondo!
Anche in questo caso, silenzio totale!
Con stima. Danilo Rossi
Prima viola Solista Orchestra Teatro alla Scala di Milano".
Frank Sinatra - Strangers In The Night " - That's Life
Oggi domenica 7 novembre è andata in scena la Maratona di New York 2021. La 42,195 km più famosa, iconica e prestigiosa al mondo torna dopo due anni e si preannuncia spettacolo nella Grande Mela con tantissimi big pronti a darsi battaglia per la vittoria a Central Park. Purtroppo . causa il travel ban che ha vietato vista la pandemia di COVID-19 la trasferta ai podisti provenienti dal resto del mondo. la folla di amatori alla partenza sul Ponte di Verrazzano, l'edizione dei 50 anni è stata contenuta . Oggi si riprende, ma dovendo fare ancora i conti con il maledetto virus: all’ormai tradizionale partenza dal ponte di Verrazzano, a Staten Island, saranno in circa 33.000, suddivisi in cinque ondate, tutti vaccinati o con tampone effettuato nelle ultime 48 oreMa non è della maratona in se che voglio parlare oggi ( per quello trovate qui su https://www.oasport.ite alla voce : Maratona di New York su https://it.wikipedia.org/una guida completa per sapere tutto sulla Maratona di New York ) ma di tale storia ad essa collegata quella di Larry Trachtenberg uno dei partecipanti ala prima edizione ( vedere vide sotto per chi capisce l'inglese ) che corre per l'amico Jim Isenberg, partecipante anche lui alla prima maratona di Ny ma che essendo paralitico non puo' parteciparvi
oppure leggere l'articolo sotto
all'epoca
oggi
da repubblica del 6\11\2021
New York alla maratona numero 50 con Larry, superstite della prima volta
di Emanuela Audisio
NEW YORK — L’America non è più senza fiato. Lunedì riapre i confini. E domani torna a respirare con lui. Per dimostrare che si torna alla normalità. Servono i polmoni di Larry. E la sua faccia screpolata dal vento. È l’unico sopravvissuto: a 50 anni di corsa, a una stravaganza ormai stile di vita, alla tradizione di una città che non dormiva mai, ma che la pandemia ha reso più debole. Si chiama Larry Trachtenberg. È l’ original finisher . In mezzo secolo ha fatto meglio di Forrest Gump: ha corso, ha smesso, ha ripreso. Nel 1970 era uno dei 127 che si buttò a fare i quattro giri di Central Park, la prima maratona di New York, 1 dollaro d’iscrizione, un solo rifornimento d’acqua. Al traguardo arrivarono in 55. Lui finì 32° in 3 ore 22’ 4”.
la targhetta ricevuta
Trachtenberg, 67 anni, viene dal Queens, N.Y, ma vive in Oregon. «È la prima volta che corro da pensionato, strano essere l’unico sopravvissuto ». Lo è, tra 1.288.005 partecipanti è l’unico che può dire: io c’ero. «All’arrivo mi scolai sei lattine di soda. Faceva caldo quel 13 settembre, mi diedero una targa-ricordo e tutto finì lì. Non pensavo fosse una gara storica». Lo era. A piedi nudi nel parco non ci andava nessuno, gli edifici erano pieni di graffiti, la droga si vendeva alla fontana di Bethesda. Quella prima maratona servì per dire che il parco doveva rinascere. E questa cinquantesima serve allo stesso scopo: dimostrare che la città torna a correre dopo la pandemia e l’annullamento dell’anno scorso.
Con Larry ce n’era anche un altro. Jim Isenberg, 70 anni, che arrivò 25°, con il numero 64 attaccato con la spilletta. Ma Jim non può correre. Questa è una storia di vite parallele: strangers in a race , canterebbe Frank Sinatra. Isenberg nel 70 aveva 19 anni, studiava a Princeton, aveva già corso quattro maratone. Arrivò in città in corriera, pagò 1 dollaro e 80 di biglietto, e si presentò alla partenza dove c’era anche Trachtenberg, sedicenne. Larry non aveva mai corso quella distanza, non sapeva come ci si allenava, aveva lavorato in un campo estivo, dove per stare in forma faceva su e giù su un tratto di autostrada. «Alla vigilia feci tutto quello che non bisogna fare, tipo eccedere nello sforzo, però ero veloce e tenni il ritmo basso». Un anno dopo Trachtenberg e Isenberg si ritrovarono insieme in squadra a Princeton nella gara di cross-country e scoprirono di aver corso entrambi a New York. Si dissero che sarebbe stato bello rifarlo 50 anni dopo. «Promesso?». Tutti e due sono diventati insegnanti, Jim si è laureato in fisica, Larry si è dedicato agli studenti che hanno bisogno di aiuto. Entrambi a Eugene, in Oregon. Isenberg era quello più fissato con le maratone, ne ha corse 143 fino al 2017, e in più facendo collezione di maglie e numeri di iscrizione. In attesa della 50ª a New York. Nel dicembre 2017 Jim con la famiglia andò per lavoro in Australia e fece un bagno a Bondi Beach. Un’onda lo capovolse, si ruppe le vertebre C2 e C3, smise di respirare. Trachtenberg ebbe la notizia via mail: «Il dottore non lasciava speranze. Io mi aggrappavo alla parola paralisi parziale». Invece era permanente.
Isenberg da allora è tetraplegico, vive sotto un ventilatore per 20 ore al giorno, usa un Dps per tradurre la sua voce e comunicare. È ancora attivo nel dare consigli al suo amico Larry che domani torna sulla strada per la sua prima maratona in 43 anni. E pagando 295 dollari di iscrizione. «Non sono messo bene, ho problemi al femore e ho una valvola cardiaca calcificata, ma i dottori mi hanno dato il permesso, sento molta responsabilità perché avrò gli occhi addosso. Non so se ce la farò fino alla fine, partirò con il quarto gruppo, quello sulle 4h e 26’, mi piacerebbe molto passare a Long Island, dove sono nato. E poi ho Jim con me, che mi guida, lui ha studiato la tattica e il ritmo che dovrò tenere». Sarà Isenberg, l’uomo che non corre più, a spingere Trachtenberg, l’uomo che corre ancora. Se lo erano promesso: tra 50 anni.