12.11.21

La storia della bambina nata in Ucraina dopo una maternità surrogata e abbandonata dai genitori italiani per poi essere adottata

DI COSA STIAMO PARLANDO

a bambina di 15 mesi abbandonata in Ucraina da una coppia italiana che l'ha avuta grazie alla maternità surrogata sta bene ed è arrivata a Roma grazie alla Croce Rossa italiana e alla Polizia di Stato. Salopette, maglietta bianca e una valigia rossa coi suoi giocattoli, la bambina è sbarcata a Fiumicino insieme alla pediatra Carolina Casini. "La piccola ha dormito per due ore e mezza, tutta la durata del viaggio, in braccio a me. Aveva un buon profumo. Per come si era presentata la missione avevamo paura di trovare una piccola mal tenuta, non ben nutrita e deprivata affettivamente, ma non è stato così: è allegra e interagisce positivamente con gli adulti. La tata ucraina che se ne è presa cura fino a ieri era invece disperata".  
per chi volesse ulteriori dettagli di questa storia lunga, complessa, dura ma, ce lo auguriamo, a lieto fine li trovi qui


Dietro questo video silenziato appositamente


questa foto e c’è come fa notare

Potrebbe essere un'immagine raffigurante 5 persone e persone in piedi

una storia toccante e straziante.
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Puntuale come le zanzare a luglio, Giorgia Meloni non ha trovato di meglio da fare che sciacallare su questa storia per la sua battaglia alla maternità surrogata. Che è a prescindere indipendentemente   dall'essere  pro   o contro     un tema complesso, delicato, e che tutto merita meno di essere banalizzato con questa falciloneria populista. Come se la storia intima e individuale di una coppia potesse essere usata come la mannaia contro quello che chiama  da  alcuni  demagogicamente “utero in affitto”. Giù le


mani da questa bambina. Il problema di questa bambina non è (  o non   solo  ) la maternità surrogata ma la mancanza di amore. Poi parliamo di tutto il resto.  In molti si chiederanno  : perché abbandonarla? La verità è che non lo sappiamo. Non lo sappiamo dal punto di vista della cronaca perché la storia è, giustamente, coperta da una certa privacy anche per il bene della bimba.
Ma    soprattutto non lo sappiamo  perché certe dinamiche della psiche umana sono complesse, vogliono una conoscenza approfondita che a volte richiede anni. Ed è il motivo per cui è doppiamente becero che politici pagati per occuparsi dei problemi della collettività speculino  su  un caso di cronaca senza sapere nulla per la loro propaganda politica permanente. Come se un caso singolo potesse spiegare un intero sistema, che pure ha al suo interno contraddizioni e storture. Non so a voi, a me questo modo di intendere la politica fa semplicemente schifo.
Soprattutto perchè non è la prima volta che la pratica della maternità surrogata, proibita in molti Paesi europei come l'Italia e la Francia, produce situazioni aberranti in Ucraina, che negli anni è diventata la destinazione europea più frequentata per il turismo riproduttivo grazie ai suoi prezzi competitivi rispetto agli Stati Uniti. Si ricorda il caso di Bridget, una bimba nata con un handicap lasciata in ospedale, proprio in Ucraina, dalla coppia committente americana e ora relegata in un orfanotrofio. E si ricordano pure gli oltre 60 neonati "parcheggiati" in un hotel di Kiev dal centro di fecondazione assistita BioTexCom durante il lockdown della primavera 2020, accuditi da puericultrici in attesa dello sblocco dei voli internazionali che consentisse alle coppie committenti di ritirare i loro bebè.
Non a caso anche in Italia esistono diverse proposte di legge che intendono trasformare il ricorso alla gravidanza per altri in un reato internazionalmente perseguibile, come accade con il turismo sessuale.

replica di Gabriel Zuchtriegel Direttore del Parco archeologico di Pompei UNICITÀ I REPERTI RIGUARDANO LE ÉLITE: QUASI MAI SI HANNO NOTIZIE DEI LAVORATORI

 dopo  l'articolo sull'uso  strumentale    e  propagandistico     delle nuove ( o presunte   tali  )    scoperte  a pompei    riferite  da il fatto quotidiano 11\11\2021   ecco sempre   su   fattto la replica  del direttore  degli scavi   archeologici di Pompei    

Stanza dei servi

Pompei è un luogo eccezionale e ci stupisce ancora con nuove scoperte, ma non tutti la vedono così. L’altro giorno il Fatto, a proposito della “stanza degli schiavi” scoperta a Civita Giuliana, una grande villa a nord della città antica, ha parlato di “una colata di gesso, usata per riempire i vuoti lasciati nella cenere dai materiali deperibili scomparsi (…) e tanto bastava per far parlare di scoperta eccezionale”. Certo, l’eccezionale ha sempre qualcosa di soggettivo. Quando facevo ricognizione nell’hinterland della Costa Ionica in Basilicata alla ricerca di tracce di fattorie e villaggi rurali, mi emozionavo per concentrazioni di minuscoli frammenti ceramici nei campi, che ci consentivano di aggiungere un altro sito alla carta archeologica del territorio. In questo caso, anche qualche collega addetto ai lavori aveva
difficoltà a condividere il mio entusiasmo.

Lo stesso interesse scientifico per la vita quotidiana, più che per il recupero di nuovi “capolavori”, rende la stanza degli scavi una scoperta eccezionale, poiché getta luce su un mondo che ci è poco noto: quello dei ceti non elitari, degli schiavi, dei subalterni. Ricostruire la loro realtà è difficilissimo perché nelle fonti ufficiali appaiono raramente e solo dalla prospettiva dell’élite. Per questo l’archeologia è spesso l’unico modo per risalire alla loro realtà quotidiana. Ma persino le indagini di grandi ville “schiavistiche” in Italia e altrove non sono arrivate al grado di dettaglio che ora ci viene offerto dai letti e mobili della stanza scoperta a Pompei, grazie al metodo dei calchi. Oltre ad alcune anfore (la stanza serviva anche come ripostiglio) e pochi vasi posizionati sotto i letti, la materia antica è quasi del tutto scomparsa: materiali deperibili hanno lasciato un vuoto nella cinerite che il gesso ha riempito, restituendo straordinari dettagli di tessuti, corde e briglie di cuoio. Nessun “tesoro” di preziosi oggetti, per intenderci, ma uno spaccato di un mondo precario, lontano nel tempo, che è il vero tesoro che l’archeologia può regalarci.

Come tutti gli scavi promossi dal Parco archeologico di Pompei, anche quello di Civita Giuliana corrisponde a una visione integrata di tutela, conoscenza e fruizione. Nato sulla base di un protocollo d’intesa con la Procura della Repubblica di Torre Annunziata, stipulato dal ex direttore e attuale direttore generale dei Musei, Massimo Osanna, lo scavo, finanziato con fondi ordinari del Parco, ha recuperato un complesso importante, che per anni è stato oggetto di un saccheggio sistematico da parte di scavatori clandestini. Lo stesso modello, del resto, è stato applicato durante gli scavi nell’ambito del Grande Progetto Pompei sotto la direzione di Osanna: anche qui tutti gli interventi di scavo furono parte di un percorso di miglioramento della conservazione. E ciò impegnando per le indagini stratigrafiche – che portarono, tra l’altro, alla scoperta del termopolio e della “Casa di Orione” – appena il 2,7% dei 105 milioni che Stato italiano e Ue avevano stanziato per il Grande Progetto. Scrivere che i fondi siano stati “utilizzati anche per scavare, molto”, facendo in tal modo intuire che si trattasse di una deviazione arbitraria rispetto alle finalità del progetto, è semplicemente fuorviante. Anche perché la stessa Corte dei Conti ha confermato la correttezza della spesa del Grande Progetto, nonostante i tempi stretti e la complessità degli interventi di restauro e messa in sicurezza: un altro risultato, che mi sentirei di definire eccezionale. Ma di fronte al dato, scientifico o economico che sia, ciascuno giudichi secondo la propria conoscenza e coscienza.

*Direttore del Parco archeologico di Pompei

11.11.21

la sardegna non è solo costa smeralda ed affini ma è anche un nobel per la letteratura a una donna coraggio per quei tempi ed monumenti particolari

 Lei è Grazia. Nasce a Nuoro, in Sardegna, nel 1871. La sua famiglia è benestante. La madre è una donna severa, il padre si diletta con la poesia. Grazia legge sempre, ovunque. Finisce la quarta Elementare, i genitori dicono che è tempo di lasciare la scuola. Grazia non capisce, le piace tanto. Semplice, perché sei una femmina. Grazia serra le braccia, e in qualche modo la spunta. Studia a casa con un precettore, poi continua da sola. Ha 17 anni, invia un racconto a una rivista. Lo pubblicano! Grazia festeggia, mentre in paese si grida allo scandalo. Anche il parroco si unisce alle malelingue. I genitori tentato di farla ragionare, spiegano che le donne badano alla casa, funziona così. Grazia tira
fuori il taccuino. Mamma, papà com’era l’ultima frase? Me la segno per il prossimo racconto. Grazia continua a scrivere, ma quando mette un piede fuori di casa, trova terra bruciata. Ha bisogno d’aria. Fa le valigie e parte per Roma, la capitale della cultura, dove non verrà giudicata per ogni respiro. Non è proprio così. Scrittori e intellettuali la guardano dall’alto in basso. È una donna, senza istruzione, dove crede di andare? Grazia punta i piedi. Da qui non mi muovo. Ha 29 anni. Incontra Palmiro. È un uomo schietto, gentile e senza pregiudizi. Entra con garbo nei suoi pensieri e nella sua vita. Sono marito e moglie. Grazia è felice, ma ha un peso nel cuore. Davvero ti sta bene se faccio la scrittrice? Palmiro balza in piedi. Perbacco se mi va bene, anzi, mollo il mio lavoro e ti faccio da agente. Grazia e Palmiro diventano gli zimbelli della città. Una donna intellettuale e un uomo che si mette al suo sevizio, si è mai vista una tale assurdità ? Grazia para i colpi con la penna. I suoi libri piacciono, e non solo agli italiani. Viaggiano oltre confine, arrivano agli occhi di una certa accademia reale svedese. È il 1926. Grazia Deledda vince il premio Nobel per la letteratura. Sale sul palco, mano nella mano con il marito. Sono una sprovveduta, un’ignorante se più vi piace, ma non dimenticate che sono una donna, e non ho paura di lottare.




Scava-scava Tra affreschi “a luci rosse”, “botteghe di street food” e date di eruzioni spostate, il ministero Franceschini fa propaganda e marketing

Un classico esempio su  come  avere  i fondi anche internazionali        e  visibilità       ed  nascondere  le  magagne  facendo  propaganda  e  marketing Il metodo  del ministro Franceschini  .   


  • da  IL Fatto Quotidiano
  • Pompei&C., gli scoop-dopati tra milioni a pioggia e carriere

    METODO FRANCESCHINI “Scoperte sensazionali”

                                                      Leonardo Bison

    Potrete stare certi che tra qualche settimana sarà comunicata al pubblico una nuova scoperta archeologica eccezionale. E poi un’altra, nei giorni intorno al Natale. Seppur pochi tra i non addetti ai lavori se ne siano resi conto, la comunicazione archeologica propagandistico-sensazionalistica è diventata da tempo una cifra del ministero di Dario Franceschini, fatta di “scoperte sensazionali” che, troppo spesso, non lo sono. Ultima in ordine di tempo la cosiddetta “stanza degli schiavi” presentata dall’ansa sabato scorso come “ambiente intatto”. Peccato che non ci siano evidenze che lo associno proprio a schiavi, e che di intatto ci fosse ben poco: una colata di gesso, usata per riempire i vuoti lasciati nella cenere dai materiali deperibili scomparsi – con una tecnica usata dal 1863 –, dava l’impressione di stuoie e letti ben conservati – in realtà ricostruiti nelle forme dal gesso –, e tanto 

    FOTO ANSA
    La “stanza degli schiavi” Così è stata subito ribattezzata l’ultima scoperta a  Pompei qualche giorno fa


    bastava per far parlare di scoperta eccezionale. Solo l’ultima di una lunga serie di “scoperte” annunciate a mezzo stampa dal ministero della Cultura dal 2014 a oggi, con linguaggio che pesca dal cinema, come “l’ultimo fuggiasco”, “il tesoro della fattucchiera”, l’affresco “a luci rosse”, la “bottega dello street food”, o calchi di gesso presentati come corpi o ambienti intatti, quando non lo sono. Un trend comunicativo che nel 2019 è arrivato a parlare di “iscrizione che cambia la storia” – spostando la data dell’eruzione di Pompei da agosto a ottobre – per un’iscrizione che non faceva che corroborare l’ipotesi di una eruzione autunnale, già fatta propria dagli archeologi da decenni.
    Non è un atteggiamento mediatico che riguarda solo Pompei, divenuta vessillo di “successo, rinascita e riscatto”, usando le parole del ministro, ma anche altre realtà: il 15 ottobre Franceschini parlò di “scoperta sensazionale” riguardo il ritrovamento di uno scheletro di un individuo morto per l’eruzione a Ercolano, mentre il giorno successivo toccò a un relitto rinvenuto nel Canale d’otranto ottenere le luci della ribalta. Si tratta a volte di scoperte – o sarebbe meglio dire “rinvenimenti” – di grande rilievo, a volte meno, ma che inserite in questa centrifuga di comunicazioni roboanti rendono impossibile la comprensione del pubblico, oltre a fare ombra a ciò che eccezionale è davvero: ad esempio il ritrovamento di abitati in legno realmente ben conservato (rarissimo, ma accade occasionalmente nell’arco alpino) o di altri risultati di spessore la cui eco mediatica viene pressoché annullata dalle comunicazioni ministeriali.

    10.11.21

    Follonica, da 25 anni in paese lo credevano morto, poi la telefonata: «Sono Paolo di Senzuno, e sto benissimo»

     

      incuriosito da  quel video citato nel  post  precedente     ho  deciso  di cercare ulteriori news     ed  ecco cosa     ho  trovato


    https://iltirreno.gelocal.it/grosseto/cronaca  del  15-9-2021


     SENZUNO (FOLLONICA).
    Ostinarsi a tener viva la memoria delle comunità, anche le più piccine, è sempre una buona pratica. E a volte può riservare sorprese straordinarie. È il caso del bellissimo lavoro di Carlo Tardani e Silvano Polvani, che con il loro libro "Senzuno" hanno ricostruito per immagini e racconti la "storia popolare" dello storico rione di Follonica. Presentato alla fine dello scorso luglio, il libro è stato accolto con favore e ammirazione nel quartiere e anche "oltre la Gora", come dicono gli autori, ammettendo "che qualche mugugno lo ha lasciato semmai in quanti non si sono sentiti rappresentati". Un successo prevedibile, vista la qualità dell’operazione. Nessuno invece avrebbe potuto immaginare che - uscito dai confini della Gora - questo libro potesse riaccendere la luce, come in un thriller alla Alfred Hitchcock, su un "mistero" di Senzuno. Restituendo al rione, vivo e vegeto, un suo figlio che in tanti credevano morto. Come ci racconta lo stesso Polvani.

    di SILVANO POLVANI

    Qualche giorno fa Carlo Tardani riceve una telefonata. Il numero è sconosciuto, ma dall’altra parte non c’è qualcuno che vuole venderti qualcosa: c’è una voce estranea, che senza presentarsi, passa a fare l’elogio del libro. Il tono e il timbro di voce, graffiante e rauco, ne rivela l’età. Carlo non può che apprezzare e chiede chi sia dall’altra parte a tessere questi complimenti. "Sono Paolo Boschi, di Senzuno, ti ricordi di me? ", è la risposta. Carlo al nome Paolo Boschi impallidisce e si smarrisce, avverte come l’apparizione di un fantasma, apre una lunga pausa e poi si riprende. Una reazione istintiva e comprensibile, perché tra la gente di Senzuno Paolo Boschi risultava deceduto in Albania da almeno venticinque anni e c’era qualcuno che giurava di averne persino visto il certificato di morte presunta, dal momento che il corpo non era mai stato ritrovato.Carlo deve vincere la titubanza, uscire dall’imbarazzo e avere la certezza che stavano parlando della stessa persona. E solo dopo aver avuto conferma che si trattava proprio di quel Paolo Boschi, senzunese, trova il coraggio di raccontargli ciò che era voce di popolo nel quartiere: della sua morte presunta. Paolo si abbandona a una fragorosa risata - e immaginiamo i riti scaramantici - e lo invita subito a raggiungerlo a Piombino, città dove ora risiede, per raccontargli tutta la sua verità. Siamo andati a Piombino e abbiamo trovato Paolo, che abita con la moglie Rosa Esposito Corcione in una casa nei pressi delle acciaierie. Il saluto fra Carlo e Paolo è emozionante, i due per quanto di età diversa, si conoscono bene e i ricordi del quartiere e dei suoi personaggi sono chiari e definiti: Asare, Fogliano, i Carresi, Puppachiodi, il Monco e tanti altri sono al centro della discussione.

    Paolo Bianchi con la moglie Rosa affacciati alla veranda della loro casa di Piombino

    Carlo ha ancora nella faccia i segni dell’incredulità, non ha ancora abbandonato i sospetti e allora senza preamboli si cala subito nella sua curiosità: «Paolo, ma vuoi spiegarci questo fatto della tua morte presunta che nel quartiere, seppur sommessamente torno a dirti, è voce di popolo?». Paolo è un signore anziano che porta ancora bene i suoi ottantatré anni, si lamenta dei molti acciacchi che lo tormentano ma in realtà lo conforta una buona memoria, e non gli manca certo la parlantina. E come chi tornasse a parlare dopo un lungo silenzio, prende avvio il suo racconto. I suoi ricordi partono da Senzuno, da via della Repubblica dove è nato, fra il ronzio delle zanzare e il gracidio delle rane. Cresce assieme alla gioventù senzunese, ne condivide gli hobby e i sogni, è un appassionato frequentatore del Gatto Grigio, alle scuole dell’avviamento professionale si forma all’addestramento pratico.Paolo è un ragazzo intelligente e da giovane autodidatta si interessa al cemento armato, tanto da essere assunto nelle migliori aziende che costruiscono autostrade. Il lavoro lo porta a Roma. Rientra a Follonica e al bar della stazione conosce Rosa, se ne innamora e insieme con una fiat Duna, carica all’inverosimile, decidono di trasferirsi in Albania. Si fermano a Lezha. Non è una fuga, precisa Paolo: lui aveva venduto le sue proprietà e aveva con sé i soldi risparmiati con il suo lavoro. Non aveva creditori alle calcagna, o minacce da gentaccia a cui far perdere le tracce. La scelta dell’Albania non è causale, dopo la caduta del comunismo, lo Stato albanese si era ritrovato all’inizio degli anni Novanta in una situazione molto difficile. E quando venne alla luce l’arretratezza economica che il precedente regime aveva lasciato dietro di sé, politici ed economisti occidentali presentavano l’Albania come "la nuova California", "la piccola Svizzera dei Balcani". Paolo parte e da allora, volutamente chiude i rapporti con parenti e amici. Non farà sapere a nessuno dove si trovi e cosa faccia. Sono tempi questi segnati dalla speranza ma anche dalla delusione: apre un’azienda per l’esportazione del legno di faggio ma non avrà successo. Da Lezhasi si sposta a Tirana dove con Rosa apre un supermercato.Le cose non vanno come previsto, gli albanesi fuggono in Italia, sono impauriti, la confusione è sovrana, nascono bande criminali, il codice civile e penale è scritto a matita, i telefoni non funzionano al pari dei mezzi di trasporto. L’anarchia è sovrana, prendere un caffè è da signori, il contrabbando la regola. Paolo si ritrova solo e ogni giorno i suoi risparmi si assottigliano e perdono valore. A lui e Rosa non rimane che rientrare in Italia e lo fanno trasferendosi in Liguria, a Recco, dove assieme ripartono adattandosi ai lavori più umili. Di loro, da tempo, nel quartiere si sono perse notizie. E Rosa, entrando nella discussione, rivolta al marito conferma: «Oh Paolo ti ricordi che in piazza Bovio quel tuo amico vedendoti ti disse «Come stai? Ti davano per morto». O quando a Follonica un altro amico ti salutò dicendoti "Oh Paolo sono contento di vederti, dicevano che eri morto». Oggi Paolo e Rosa sono due anziani che vivono con serenità l’età della pensione, sono molto gentili, agli ospiti senzunesi offrono un polpo lesso condito semplicemente con olio, una vera delizia. Il libro "Senzuno" ha risvegliato in loro l’orgoglio dell’appartenenza al quartiere, tanto da rifarsi vivi dopo un lungo silenzio. Del resto, anche il più incallito degli avventurieri sa che si viaggia, sapendo però che c’è un luogo dove occorre sempre ritornare, quello delle proprie origini e degli affetti più cari.

    La campionessa dei droni: "Non cammino, so volare"., Tra le baracche romane la scuola degli ultimi., il fu mattia pascal esiste vive a follonica

    Tre volte campionessa italiana di drone racing, un Guinnes world record, la nomina ad Alfiere della Repubblica dal Presidente Sergio Mattarella e tanta passione per il volo. Che per lei è la cosa più vicina alla libertà. Luisa Rizzo è una pilota salentina di droni, ha 18 anni e con un radiocomando e i droni realizzati da papà Michele gira l'Italia e il mondo. 

    Grazie a lui ha scoperto un mondo che doveva essere uno strumento per conservare la forza nelle mani e combattere la sma che la accompagna ed è diventato una professione, tra gare di velocità contro i normodotati e riprese cinematografiche. I due Rizzo sono diventati un simbolo nel circuito, con un rapporto che va oltre quello tra padre e figlia: sono una squadra, tra aiuti reciproci e condivisione. Una metafora della vita

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    Una passeggiata tra i resti degli acquedotti dell'antica Roma per raccontare la storia di  L'associazione culturale Ottavo Colle promuove queste attività per far conoscere ai romani e non "uno dei figli migliori di Roma", che nel 1968, arrivato nella parrocchia di Pontecorvo, affacciandosi dalla finestra della sua chiesa, vide per la prima volta le file e file di baracche della capitale.

     E proprio in una baracca di nove metri quadri, appartenuta a una prostituta, civico 725, aprì la scuola per i ragazzi dell'Acquedotto Felice, considerati bambini di serie B e quindi lasciati indietro dalla pubblica istruzione. Si cominciava alle tre di pomeriggio con la lettura dei giornali, poi c'era il momento di disegnare quello di cui si era discusso in classe, su fogli riciclati e con pastelli a cera. E proprio tramite il disegno Don Roberto, prete di borgata, riuscì a far entrare il mondo nelle baracche, trattando gli argomenti più disparati, da Malcom X a Ghandi e Che Guevara, racconta Marzia Consalvi della Biblioteca Raffaello di Roma, dove è conservato il fondo Don Sardelli, che lui stesso donò a questo istituto pochi anni prima di morire, proprio per la vicinanza all'Acquedotto Felice

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    Per 25 anni l’hanno creduto morto, invece abitava con la moglie a pochi chilometri di distanza.

    E un giorno all’improvviso si è presentato agli amici di un tempo


    a Biella un’etichetta indipendente registra solo su analogico ., In Europa c'è un ultimo muro che resiste anche al nuovo millennio, a quasi trent'anni dalla caduta di quello di Berlino. È a Cipro., Lo skate non è un crimine: la storia degli skaters, dalla polizia a Tokyo 2020 ed altre storie .,

     Norec Studio è una sala registrazione per musicisti e gestito da musicisti, completamente analogica. Il tempo, in questo capannone della periferia di Biella trasformato in tempio della musica underground, sembra essersi fermato agli anni ’90: niente computer, la musica viene registrata come una volta su pellicola (e poi trasformata in file), tutto viene gestito con grandi macchinari, "che registrano un suono molto più caldo, di qualità diversa rispetto al digitale", spiegano i ragazzi del collettivo Kono Dischi, etichetta indipendente che ha da poco dato vita allo studio.


    Macchinari che hanno una storia da raccontare: tutti di seconda mano, molti arrivano dallo storico Sauna Recording studio di Varese dismesso. Ma il protagonista è il mixer audio, che arriva addirittura dai Nomadi. "Abbiamo visto l'annuncio su internet e quando abbiamo capito che era dei Nomadi è stato bellissimo, è un pezzo di storia italiana - raccontano - Qui diamo nuova vita a macchine di grande qualità, lo facciamo con passione e poesia, e questo suscita molto interesse anche tra i giovani". Perché è vero che oggi tutti in casa possono produrre musica con un computer, "ma farlo con strumenti del genere ha un altro gusto". Un'esperienza, quella di registrare un album facendo un viaggio nel tempo, alla quale per ora partecipano le cinque band dell'etichetta, ma che apriranno a tutti i musicisti interessati


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    In questi giorni si ricorda la creazione avvenuta nell'agosto di 60 anni fa del muro di Berlino , ma cisi dimentica che In Europa c'è un ultimo muro che resiste anche al nuovo millennio, a quasi trent'anni dalla caduta di quello di Berlino. È a Cipro, la terza isola del Mediterraneo per grandezza dopo Sicilia e Sardegna e che da 44 anni è divisa in due, con tanto di filo spinato, eserciti contrapposti e check-point militari nei quali è obbligatorio esibire il documento per passare.


    Una situazione che dura dal 1974, quando la Turchia invase e occupò un terzo del Paese nella parte settentrionale, costringendo 165mila persone a fuggire dalle loro case e a diventare profughi di guerra. Da quell'anno, l'isola è rimasta divisa lungo la cosiddetta "linea verde", con il governo ufficiale della Repubblica di Cipro a Sud, guidato dai greco-ciprioti, e la sedicente Repubblica turca di Cipro del Nord, guidata dai turco-ciprioti e riconosciuta solo dalla Turchia. In mezzo, l'unica "zona cuscinetto" presidiata dai caschi blu dell'Onu all'interno dell'Unione europea. Una situazione anacronistica che dura ancora oggi, nell'epoca dei social network e in un mondo sempre più interconnesso, e che impedisce alle nuove generazioni di poter finalmente tornare a vivere insieme e in pace nel loro Paese.

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    "Skateboarding is not a crime", dicono da sempre gli skaters di tutto il mondo: fare skate non è un crimine. Una frase che riassume decenni di fughe dalla polizia, tavole sequestrate, pomeriggi trascorsi in strada sotto lo sguardo diffidente dei passanti, carenza di strutture e mancata considerazione da parte delle istituzioni.


    A sessant'anni dall'apparizione della prima tavola a rotelle lungo le vie della California, lo skateboarding si è emancipato fino a venire ufficialmente riconosciuto come sport olimpico. E anche in Italia, un movimento per molti aspetti clandestino e in qualche momento addirittura proibito, legato a controculture di strada come il punk, il rap, i graffiti e la breakdance, è riuscito col tempo a essere progressivamente accettato dalla società. Un percorso lungo e complicato: dai pionieri che negli anni '80 e '90 skateavano in giro per le città italiane e per questo venivano multati o addirittura arrestati, fino ai giovani skater che oggi hanno sponsorizzazioni anche da stilisti e marchi famosi, viaggiano in tutto il mondo per le gare e sognano un posto alle prossime Olimpiadi. Un viaggio non solo sportivo, perché lo skate non è solo uno sport ma un vero e proprio stile di vita all'insegna della libertà che unisce musica, cultura, arte e voglia di stare assieme: un mondo intero, che gravita intorno a una semplice tavola di legno con quattro ruote.





    Barcellona, fa il record della maratona spingendo per tutta la gara la madre sulla sedia a rotelle

     


    La maratona di Barcellona ha segnato un record molto speciale. L'atleta dilettante Eric Domingo Roldán e Silvia Roldán (sua madre) hanno tagliato il traguardo con il record spingendo una sedia a rotelle in 2 ore e 53'.


    ei, Per  lei che soffre di sclerosi multipla da 17 anni, è stata una occasione speciale perché è anche sopravvissuta al Covid e ha voluto partecipare anche per ricordare l'impegno contro la malattia. Suo figlio si dedica anche al sostegno della ricerca sull malattia che ha colpito sua madre e si era dato l'obiettivo di legare il record al suo nome. In più, Barcellona è la loro città e infatti hanno corso col sostegno di amici e parenti. "Grazie per aver fatto sentire speciale mia madre", ha detto alla fine Eric Roldán ringraziando alla fine della corsa.

    stato assassino morale la storia di Adelina Sejdini si è suicidata: denunciò racket della prostituzione. Chiedeva la cittadinanza italiana: “Se torno in Albania mi ammazzano”

    Eco come lo stato uccide Poiché non penso che la gente legga tutto l'articolo o ne abbia il tempo trova qui un riassunto della vicenda
     

    Girando  tra  i follower   dei miei social   ho  trovato  questo 

    18 h 
     
    Adelina, donna albanese, vittima della tratta delle schiave, era arrivata in Italia come tante altre sue compagne di sventura su un gommone. Dopo essere stata rapita giovanissima dalla crudele mafia albanese, dopo essere stata stuprata dal branco, è stata avviata alla prostituzione coatta sul ricco mercato italiano, perché, diciamolo, in Italia il mercato del sesso sfruttato è una fonte importante di reddito per le mafie Adelina poi con le sue coraggiose rivelazioni ha fatto arrestare 40 persone mentre altre 80 vennero denunciate, di fatto sferrando un duro colpo all'organizzazione di suoi connazionali che avevano messo su un importante giro di sfruttamento della prostituzione in Italia. Adelina più volte poi ha chiesto la cittadinanza italiana perché, dopo aver denunciato i suoi sfruttatori, se fosse tornata in Albania sarebbe andata incontro a morte certa. Ripetutamente questa giovane donna ha protestato contro quel permesso di soggiorno concessole inizialmente in cui non risultava più apolide, ma cittadina albanese. A fine ottobre, venuta a Roma, sperando in un intervento del Presidente Mattarella, si è data fuoco davanti al Viminale, cioè davanti al Ministero dell'interno, che avrebbe dovuto proteggerla in virtù della sua collaborazione con la giustizia. Dopo essere stata soccorsa con ustioni su tutto il corpo, beffardamente le è arrivato anche un provvedimento di allontanamento dal Comune di Roma e il divieto di farvi ritorno per un anno ! Adelina, a Pavia dove risiedeva, non è più rientrata: sabato scorso si è gettata da un cavalcavia ferroviario a Roma. Vittima silenziosa di uno Stato distratto, miope, ignaro, o, forse, forte con i deboli e debole con i forti.

    P.s.: come vedete dalla foto, questa disgraziata leonessa nel frattempo ha dovuto anche fronteggiare la triste esperienza di una malattia oncologica.

    Quello che  fa  più rabbia  è  che 


     da  il  https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/11/08/

    Più volte aveva chiesto di poter ottenere la cittadinanza italiana: era disperata dopo che nel suo permesso di soggiorno era stato tolto lo stato di apolide e indicata la cittadinanza albanese. Sabato scorso si è tolta la vita lanciandosi da un cavalcavia ferroviario: così è morta Adelina Sejdini, ex prostituta nata a Durazzo che ha avuto il coraggio di far arrestare i suoi sfruttatori. Grazie alle sue rivelazioni 40 persone furono arrestate e altre 80 denunciate, tutte appartenenti alla mafia albanese che controllava lo sfruttamento della prostituzione in tutta Italia. Il 3 novembre era stata ospite a L’aria che tira su La7 [ vedere  video  ]   doveva aveva raccontato: “Io se torno in Albania sono una donna morta, ho paura di essere ammazzata da quelli che ho fatto arrestare“. Sejdini, 46 anni, viveva a Pavia ed era malata di tumore con frequenti ricoveri in ospedale al San Matteo. Dopo essere fuggita dai suoi sfruttatori, aveva denunciato l’organizzazione e negli anni successivi si era anche impegnata al fianco dei City Angels per aiutare le giovani prostitute vittime del racket a liberarsi da quella schiavitù. Non aveva più voluto la cittadinanza albanese, il paese che aveva lasciato nel 1996 quando era arrivata in Italia a 22 anni. In occasione dell’ultimo rinnovo del suo permesso di soggiorno, però, non le era stato riconosciuto più lo stato di apolide. “Non solo, c’è scritto che lavoro. Di conseguenza non posso più avere i sussidi e la pensione d’invalidità che mi serve per vivere”, aveva racconto Sejdini. Una commissione medica, invece, l’aveva riconosciuta invalida al 100%.Nella sua nuova condizione avrebbe incontrato enormi difficoltà a vedersi assegnata una casa popolare. Per protestare contro la burocrazia, alla fine di ottobre aveva deciso di andare a Roma, nonostante le sue precarie condizioni di salute, sperando di poter incontrare il presidente della Repubblica Sergio Mattarella o almeno alcuni funzionari del ministero dell’Interno. Poi il 28 ottobre si è data fuoco. Soccorsa e traportata all’ospedale Santo Spirito con gravi ustioni, la donna raccontava: “Ho presentato la domanda per avere una casa popolare, ma adesso me la sogno. I documenti non corrispondono più. E non posso accettare la cittadinanza albanese, dal momento in cui me l’hanno scritto ho gli incubi. Mi ammazzo piuttosto”. Su disposizione delle autorità, dopo il ricovero nella Capitele sarebbe dovuto rientrare a Pavia, dove era in cura ed era finita anche in terapia intensiva. Ma Adelina Sejdini da Roma non è mai tornata e sabato scorso si è lanciata da un cavalcavia ferroviario. Sulla tragedia sono in corso accertamenti da parte della Polizia Ferroviaria di Roma Termini

    quanti suicidi o  invisibilità    dovranno ancora  succedere  prima  che   si faccia  un  legge  seria  e  no demagoga   e  malpancista   che  regoli  in maniera  umana   tali fenomeni ?

    Io   penso  mai   in quanto  calcare le  nostre paure  ,  le nostre titubanze    serve non solo  a guadagnare  voti   e consenso  ma  a  nascondere    ed  usare  tali fatti  come foglia di  fico  per  nascondere   gli insuccessi e  la  mala  politica 

    «Il patriarcato è finito. Violenze in aumento per l’immigrazione illegale»: il discorso di Valditara alla Fondazione per Giulia Cecchettin. se stava zitto faceva più bella figura

    «Occorre non far finta di vedere che l’incremento dei fenomeni di violenza sessuale è legato anche a forme di marginalità e devianza, in qua...