23.2.22

L'australiano emigrato in Sicilia che cucina per chi è in difficoltà: "Ho comprato la casa a un euro, ora mi do da fare" Nel cuore dell’entroterra siciliano, a Mussomeli, paese in provincia di Caltanissetta con 10.300 anime, in piena pandemia è nata una cucina solidale dove il cibo recuperato viene preparato per famiglie e residenti in difficoltà. Ad animare il progetto “The Good Kitchen” è Danny McCubbin, blogger australiano e volontario della comunità di San Patrignano per i rapporti internazionali tra Londra e Italia, che a dicembre 2020 ha deciso di acquistare una casa a 1 euro nel quartiere di Sant’Enrico, nella badia vecchia di Mussomeli. “Sono arrivato prima della Brexit - dice - era il mio sogno vivere in Sicilia. Mamma e papà amavano la campagna. Per questo ne ho comprata una anch’io qui a Mussomeli grazie a un crowdfunding di 25mila euro. Ho ristrutturato casa e mi sono subito dato da fare. Mi sono chiesto: cosa mancasse in questo paese”. Così Danny McCubbin apre la sua piccola cucina ogni mercoledì e ogni domenica per preparare i pasti da consegnare a case famiglia, parrocchie e residenti in difficoltà., L'aeroporto costruito intorno a un orto, perché il contadino non se ne vuole andare.,

L'aeroporto costruito intorno a un orto, perché il contadino non se ne vuole andare




Takao Shito coltiva i suoi ortaggi nel terreno che appartiene alla sua famiglia da oltre 100 anni. Si trova nell'area dell'aeroporto di Narita, il secondo più grande del Giappone. Per l'agricoltore 70enne quello è l'unico posto in cui abbia senso continuare a vivere e coltivare.


Il blogger australiano emigrato a Mussomeli: "Ho comprato casa a un euro, ora cucino per i bisognosi" L'australiano emigrato in Sicilia che cucina per chi è in difficoltà: "Ho comprato la casa a un euro, ora mi do da fare"

Nel cuore dell’entroterra siciliano, a Mussomeli, paese in provincia di Caltanissetta con 10.300 anime, in piena pandemia è nata una cucina solidale dove il cibo recuperato viene preparato per famiglie e residenti in difficoltà. Ad animare il progetto “The Good Kitchen” è Danny McCubbin, blogger australiano e volontario della comunità di San Patrignano per i rapporti internazionali tra Londra e Italia, che a dicembre 2020 ha deciso di acquistare una casa a 1 euro nel quartiere di Sant’Enrico, nella badia vecchia di Mussomeli. “Sono arrivato prima della Brexit - dice - era il mio sogno vivere in Sicilia. Mamma e papà amavano la campagna. Per questo ne ho comprata una anch’io qui a Mussomeli grazie a un crowdfunding di 25mila euro. Ho ristrutturato casa e mi sono subito dato da fare. Mi sono chiesto: cosa mancasse in questo paese”. Così Danny McCubbin apre la sua piccola cucina ogni mercoledì e ogni domenica per preparare i pasti da consegnare a case famiglia, parrocchie e residenti in difficoltà. Mussomeli, cuore dell'entroterra siciliano. Un paese di 10.300 anime in provincia di Caltanissetta. Di saracinesche abbassate da anni e di portoni scalfiti dall'abbandono. C'è silenzio in piazza Umberto I. Un silenzio spezzato dal rumore di rare automobili. Poi il profumo della salsa di pomodoro, come fatta in casa. "Chef, che c'è di buono oggi?". Chiede una signora curiosa, avvicinandosi a quella che ormai è diventata la cucina del paese. Cibo recuperato tramite donazioni di scarti alimentari al mercato di Caltanissetta, cucinato con dedizione e un po' di creatività da giovani volontari per le famiglie in difficoltà. "Sembrava un'utopia. E invece ce l'abbiamo fatta". È orgoglioso col suo grembiule in cucina, Danny McCubbin, blogger e campaigner australiano, che a dicembre 2020, in piena pandemia, ha deciso di trasferirsi a Mussomeli, acquistando una casa a 1 euro. "Volevo vivere in mezzo al silenzio e alla natura - dice - allora ecco perché la Sicilia. Ma volevo fare anche qualcosa per questa terra". Dopo 17 anni di carriera al lavoro per il cuoco e conduttore televisivo inglese Jamie Oliver, McCubbin, 57 anni, ha lavorato per 10 anni come volontario nella comunità di San Patrignano, occupandosi dei rapporti internazionali tra Londra e Italia. E continua ancora oggi, ormai punto di riferimento per molte famiglie londinesi di tossicodipendenti. Ma dalla sua nuova casa a Sant'Enrico, quartiere tra i più antichi di Mussomeli, ha deciso di puntare sulle giovani generazioni, insegnando loro l'importanza del farsi comunità. "Qui a Mussomeli non ci sono attività ricreative per i più giovani - dice - finita la scuola, finisce tutto. Voglio dare loro nuovi sogni e nuove prospettive". In piena pandemia, ha avviato il progetto "The Good Kitchen", una cucina sociale per famiglie in difficoltà, dove a cucinare e trasportare il cibo nelle case dei residenti sono 10 giovani volontari, tre dei quali, tra i 10 e i 12 anni. Cucinano ogni domenica per le famiglie del paese. Nelle ultime due settimane, Danny e i suoi volontari hanno cucinato 259 pasti per 11 famiglie in isolamento da Covid-19. E per i più anziani, soli in casa, i volontari restano anche a mangiare insieme a loro. Tra i destinatari del progetto Casa Vanessa, comunità alloggio per minori. "Il cuore del mio progetto - racconta Danny - sta nello sguardo di questi bambini: è bello che i miei giovani volontari cucinino per loro. Giovani al lavoro per i giovani. Questo è il futuro". Donazioni di cibo e campagne social per raccolta fondi, Danny lavora attraverso catene solidali che dalla terra approdano alla rete: la sua pagina Instagram @dannyforgood conta già oltre 30mila follower, accresciuta con il racconto giorno dopo giorno delle sue avventure e ambizioni a Mussomeli. "Danny è uno dei 265 stranieri che hanno comprato casa a Mussomeli grazie alla campagna di ripopolamento che abbiamo lanciato nel 2017 - dice il sindaco Giuseppe Catania - è un progetto di integrazione sociale ben accolto dai mussomelesi e unisce la riqualificazione urbana alla sostenibilità alimentare". Ad adocchiare il progetto "The Good Kitchen" è stata anche Barilla che ha in programma di attivare dei tirocini all'interno della cucina solidale di McCubbin. Mussomeli è uno dei paesi dell'entroterra, che hanno subito lo spopolamento urbano. C'è una povertà nascosta dietro le porte serrate della casa. Ma quella che non esiste affatto è la diffidenza. "Ho trovato una comunità che mi ha accolto", dice Danny. "Lui ha fatto per questo paese quello che nessuno ha mai fatto - dicono i residenti - regalarci umanità".

Sul Pollino ho imparato a sopravvivere in Alaska., Petali che curano: il prezioso zafferano., Una vita per il flipper, 50 anni di passione vintage.,



Sul Pollino ho imparato a sopravvivere in Alaska
Ha trionfato in tutto il mondo nelle maratone estreme sui ghiacci.   come  riporta  quest  articolo di http://www.abmreport.it/sport/

TERRANOVA DEL POLLINO - La storia di Pasquale La Rocca è quella di un sognatore, innamorato della montagna, dalla quale è stato "generato", che lo ha portato a trionfare in un ambiente ostile e solitario per la maratona invernale tra le più difficili ed estreme che l'uomo possa affrontare. E' lui il trionfatore della Iditasport, la ultramatarona tra le nevi dell'Alaska, sui sentieri della corsa per cani da slitta più famosa al mondo, la Iditarod. In solitaria per 160 miglia, oltre 257 chilometri, tra neve, ghiaccio e vento giorno e notte, a decine di gradi sotto lo zero, con gli sci ai piedi e trainando una slitta. Una impresa epica che lo sportivo di Terranova del Pollino ha compiuto tra laghi e fiumi ghiacciati, senza fermarsi se non poche ore per riscaldarsi, riposare e alimentarsi in uno dei diversi check-point lungo il percorso. Una gara estrema, dove è sufficiente perdere l’orientamento, avere un piccolo imprevisto (anche piccolissimo) per restare all’agghiaccio e rischiare seriamente la pelle. Scelta dei materiali, dispositivi elettronici per l'orientamento, ma anche alimentazione, gestione delle proprie forze e tanta tanta forza di volontà per arrivare al traguardo da primo assoluto. Una traversata infinita che è il risultato anche di tanto allenamento, una grande preparazione fisica e una determinazione eroica hanno commentato i suoi amici. Lo scorso anno stravinse anche in Svezia la Arctic Winter Race Rovaniemi 150, travalichi di molto l’ambito tecnico sportivo. Ciò che regala a tutto il Pollino l'avventura sportiva di Pasquale La Rocca è che le imprese sono alla portata di tutti, basta crederci, stringere i denti, essere pronti con umiltà a continui sacrifici, lavorare giorno e notte. Una storia che qualcuno già spera sia raccontata, come esempio virtuoso del Sud, ai ragazzi delle scuole.

Il suo segreto? Gli allenamenti sulla montagna dove è cresciuto. E dove ha scelto di restare a lavorare





Petali che curano: il prezioso zafferano
 

Lo si conosce per gli usi alimentari, ora in Abruzzo si sperimentano le sua proprietà antinfiammatorie per le malattie croniche intestinali. Sfruttando gli scarti

 
Una vita per il flipper, 50 anni di passione vintage Due generazioni di artigiani milanesi portano avanti un'impresa che resiste al boom delle console.
E si godono la rinascita di un gioco che conserva il suo fascino 

l'italia è il paese delle questioni di lana caprina . il caso di Alassio, il murales dei Presidenti è “troppo rosa”, la Soprintendenza: “Smorzate i colori”

 leggo   su   repubblica   d'oggi   dell'ultima  questione  di lana  caprina   

Alassio, il murales dei Presidenti è “troppo rosa”, la Soprintendenza: “Smorzate i colori”

Scontro istituzionale fra Comune e Ministero per l'opera che celebra i nostri Capi di Stato ma solleva anche la questione di genere

In principio era un anonimo muraglione di contenimento in cemento armato in mezzo al verde collinare lungo 55 metri e alto circa 10 situato sulla strada panoramica tra Solva, Vegliasco e Cavia, alture di Alassio. Dopo la trasformazione in murales con l’effigie dei 12 presidenti della Repubblica italiana – realizzato da Robico, al secolo Roberto Collodoro, pittore e street artist siciliano – da ‘Wall of Presidents’ è diventato suo malgrado il muro della discordia. Proteste sui costi, discussioni sui social e infine i controlli del NOE (Nucleo Operativo Ecologico) dei Carabinieri in Comune ad Alassio per raccogliere la documentazione inerente al progetto.

Questo perché l’opera era stata realizzata senza l’ok della Soprintendenza, pur essendo stata richiesta. “Il progetto era stato avviato a fine settembre e deliberato in giunta dall’amministrazione affinché fosse pronto per l’elezione del nuovo Capo dello Stato italiano”, spiega il vicesindaco e assessore al Turismo Angelo Galtieri, fautore dell’iniziativa. “A novembre vi è stato poi il passaggio tecnico della Commissione per il Paesaggio per il rilascio delle autorizzazioni, la quale ha deliberato si a dicembre, ma essendo sotto le feste natalizie ha inviato il dossier alla Soprintendenza ai primi di gennaio, perdendo così la tempistica necessaria. Il parere tardava ad arrivare, le elezioni incalzavano e l’artista ci aveva dato disponibilità solo per una ventina di giorni, dal 10 gennaio, essendo molto richiesto. Dunque, mea culpa: ammetto di non aver pressato chi di dovere per velocizzare la procedura e di aver detto a Robico di iniziare i lavori, nelle more della autorizzazione, pur non avendo ancora il benestare”. La parete cambia così volto e diventa una sorta di Monte Rushmore impressa sul cemento anziché nella roccia e rimanendo in tema americano fa il pari con la scritta di hollywoodiana ispirazione con cui la cittadina della Baia del Sole si fa annunciare, nel suo ingresso di levante. Quell’autorizzazione della Soprintendenza però è di fatto mancante, da lì la visita del Noe in Comune cui vengono consegnati atti, rilievi, fotografie del prima e del dopo intervento e quant’altro. Nel frattempo ai primi di febbraio in coincidenza col giuramento di Mattarella arriva l’ok della Soprintendenza, con l’indicazione di applicare quanto previsto dalla Commissione per il Paesaggio.

Galtieri tira un respiro di sollievo. “L’idea mi era venuta durante una camminata estiva in zona con un amico milanese che si occupa di street-art e conosce tutti in quell’ambiente. Penso che sotto il profilo meramente estetico abbiamo riqualificato una superficie in stato di incuria ispirandoci a un tema di alta istituzionalità; nei nostri intendimenti vi è pure quello di realizzare in loco un percorso nella natura e nella cultura, con pannelli serigrafati con la storia della repubblica, più una mostra specifica all’Anglicana e appena possibile, espletata la parte burocratica, invitare il Presidente Mattarella. Le polemiche sui costi? Assurde: la realizzazione dell’opera è costata 3.500 euro, tra affitto elevatore per consentire a Rubico di lavorare, rimborso spese e vitto. I colori sono stati pagati da una nota azienda-sponsor. Lo stanziamento è stato di 7 mila euro in via prudenziale, perché si pensava di dover pagare anche i pernottamenti dell’artista, poi ospitato dall’Associazione Albergatori”.

Il muraglione prima del murales 

Sembrava tutto a posto, tuttavia quel rosa vivido non è piaciuto a Soprintendenza e a Commissione paesaggistica, intimando ai diretti interessati di modificare la cromia utilizzando un colore “Nella gamma delle terre in modo da armonizzarsi con i colori del contesto paesaggistico naturale in cui si inserisce”, così come i colori delle figure, attenuando il nero dei volti. Contestazione legittima, non fosse che si sta parlando di un’ opera d’arte e non di un palazzo. L’artista - fa sapere Galtieri - si è messo a disposizione per riadattare il murales, non nascondendo però la sua delusione. Al di là dell’omaggio ai quasi 80 anni della Repubblica, aveva infatti intitolato il suo bel lavoro “#quoterosa” non a caso, lasciando uno spazio vuoto e lanciando un preciso messaggio e perché no, un auspicio: la presenza, prima o poi, di un capo di Stato donna.
“Appena possibile tornerò ad Alassio per modificarla, ma così viene distrutto il messaggio che volevo dare e mortifica la mia professionalità, la libertà d’espressione artistica”, commenta laconico Collodoro/Robico. Avevo ricevuto carta bianca per realizzare il tutto a mia libera interpretazione; l’unico riferimento femminile era lo sfondo rosa. Cambiandolo viene meno il senso e il nome dell’opera, che raffigura solo uomini”.

22.2.22

Reggio Emilia, si presenta ai carabinieri: "Arrestatemi prima che ammazzi la mia ex moglie". Arrestato per atti persecutori

  E'  la  prima  volta   che  io  ricordi  che  uno stalker si auto denunci e  riesca  a fermarsi  prima  di  fare   un femminicidio





Tragedia sfiorata? Forse, ma questa volta è finita diversamente. Un uomo di 50 anni della provincia di Reggia Emilia è stato arrestato con l’accusa di atti persecutori.
In caserma, davanti ai Carabinieri ha chiesto testualmente di essere arrestato perché viceversa avrebbe ammazzato l'ex moglie. Sotto casa di lei l'aveva riempita di minacce ("ti ammazzo", "ti taglio la gola", "ti taglio la testa"), poi - una volta convocato in caserma dai Carabinieri di Scandiano (Reggio Emilia) - ha confermato tutto riferendo testualmente: "Se non mi arrestate adesso lo farete quando l'ho uccisa, mi dovete arrestare altrimenti la uccido, se non mi ammanettate la uccido".
E alla fine l'uomo, 50enne, è stato arrestato con l'accusa di atti persecutori.
Dapprima si era presentato sotto l'abitazione dell'ex consorte minacciandola e spaventandola; così la donna aveva chiamato i Carabinieri, i quali si sono poi sentiti ripetere in diretta "le gravi minacce tanto che alla luce della flagranza di reato di atti persecutori veniva tratto in arresto", riferisce la nota dei militari.

21.2.22

Firenze: "Sei incinta? E che problema c'è? Ti assumo lo stesso", la reazione del datore di lavoro spiazza la candidata al posto

quanto è umano lei diceva un famoso comico ed la stessa cosa dico pure quando un imprenditore \ datore di lavoro si comporta cosi in questa situazione .Il fatto che storie come queste siano ancora una notizia dimostra quanto sia lungo il cammino da percorrere per sradicare le disuguaglianze di genere.

repubblica  21\2\2022



Federica Granai, 27 anni, ha scoperto lo stato di gravidanza


essere stata selezionata da VoipVoice. Lo ha confessato tremante al titolare ed è stata sorpresa dalla risposta. "Dovrebbe essere sempre così", dice l'imprenditore


Era rimasta senza lavoro a causa della pandemia e ha iniziato a cercarne uno nuovo. Quando ha trovato l'azienda giusta che ha deciso di assumerla ha scoperto di essere incinta e ha avuto paura che avrebbe perso per sempre quell'opportunità. E invece è andata in modo diverso, felicemente e inaspettatamente diverso.

Federica Granai ha 27 anni, vive a Santa Croce sull'Arno (Pisa) ed è originaria di Cerreto Guidi (Firenze). Per cinque anni è stata la responsabile del servizio clienti per un'azienda di luce e gas. A giugno 2020  per lei arriva la cassa integrazione. Si candida per il posto di customer care per VoipVoice, azienda di Montelupo Fiorentino (Firenze) che si occupa di telecomunicazioni e servizi informatici. Supera tutti gli ostacoli, dopo il colloquio iniziale ne segue un altro, poi tre prove pratiche e infine il colloquio con l'amministratore delegato e proprietario dell'azienda, Simone Terreni. Federica Granai supera tutte le prove e risulta essere la migliore tra i tanti candidati che ambivano a quel posto di lavoro.
Quando la responsabile della selezione delle risorse umane le comunica il periodo di prova, Granai chiede di poter parlare con Terreni. La voce tremante e lo sguardo
pieno di timore, la donna comunica al suo futuro capo: "Per correttezza, prima di cominciare, ti dico che sono incinta".  "E che problema c'è?" le risponde Terreni. "Mi ha spiazzato - dice la donna -. Ero quasi in lacrime, mi aspettavo di essere accompagnata alla porta d'uscita e invece lui mi ha aperto quella d'ingresso. Mi ha dato la possibilità di prendere anche la maternità facoltativa oltre a quella obbligatoria. Ho creduto che potessero scartarmi perché aspettavo un bambino". Federica aveva completato il corso di formazione che l'azienda prevede per i neo-assunti. Il suo primo giorno di lavoro era fissato per il 7 settembre. "Il 28 agosto ho scoperto di essere incinta. Mi è caduto il mondo addosso perché dopo che la vecchia azienda mi aveva messo in cassa integrazione e avevo saputo di aver superato il primo colloquio in VoipVoice, mi sono licenziata. Conosco storie di moltissime donne rifiutate perché madri, o per la loro volontà di esserlo in futuro. Ho creduto che mi chiedessero di tornare dopo il parto o peggio, che mi avrebbero esclusa. Così avrei perso anche la disoccupazione Naspi. Nel 2022 le donne sono costrette a scegliere tra carriera e famiglia. Siamo succubi del sistema, sembra che non possiamo ambire alla stessa vita che può fare un uomo" dice Federica Granai. "Invece sono rimasta sorpresa. Il primo febbraio sono tornata al lavoro, oggi il mio bimbo compie dieci mesi. Ho un orario di lavoro flessibile con alcuni giorni in smart working, che mi permette di conciliare lavoro e famiglia".

"È così che dovrebbe essere per tutti" commenta l'ad Simone Terreni. "La gravidanza per noi non è assolutamente un problema. Non chiediamo mai a una donna se ha figli o se ha intenzione di averli". Tutte le mattine Terreni scrive un post sui suoi canali social per parlare dell'azienda. La storia di Federica Granai su LinkedIn ha avuto due milioni di visualizzazioni. "Tante donne mi hanno raccontato di avere avuto un'esperienza negativa. Un uomo mi ha scritto 'Mia moglie la hanno assunta, ma è successo in Svezia'. Sono sinceramente stupito. Credo di aver toccato un nervo scoperto della nostra società". L'azienda di Montelupo Fiorentino attua una procedura di selezione del personale molto complessa, con diversi colloqui e prove tecniche. "Qualcuno ci critica per questo. Noi lavoriamo con GiovaniSì di Regione Toscana, una volta selezionato il personale facciamo un contratto di apprendistato per tre anni e poi il tempo indeterminato. Quando si trova la persona idonea a ricoprire il ruolo e investiamo su di lei, perché dovremmo privarcene? Soltanto perché per un periodo sarà in maternità? Qualcuno mi ha scritto che se si ha bisogno urgente di una figura professionale per l'azienda, il periodo di maternità può essere un ostacolo. Ma noi non dobbiamo tappare buchi all'improvviso, pianifichiamo. Per me come imprenditore è un motivo d'orgoglio che le persone che lavorano con me possano crescere e realizzarsi e fare un progetto di vita. Il lavoro è un patto e in quanto tale è anche etico, si basa su una scelta reciproca, non è sfruttamento. Inoltre la nostra è un'azienda informatica, per noi è fondamentale usare gli strumenti digitali. C'è lo smart working e ci sono i servizi in cloud, perché non utilizzarli?". 

20.2.22

un prete a passo con i tempi don matteo sacerdote di Lonato del Garda nel Bresciano è diventato una star dei social citando le canzoni di Sanremo nelle sue omelie.

estratto al video   di repubblica 
  Una scelta inusuale, ma in perfetta coerenza con il suo stile di predicazione, come ha spiegato al Giornale di Brescia: «Tutte le domeniche spiego il Vangelo attraverso la quotidianità: questo è l’insegnamento di Gesù, che nel suo stare tra la gente contestualizzava la parola del Padre nella vita di tutti i giorni. Il Vangelo di quella domenica raccontava la chiamata di Pietro. I “brividi” sono quelli provati verosimilmente da Pietro quando per la prima volta incontra Gesù. La sua vita assomiglia tanto alla nostra, vogliamo amare questo Dio ma siamo fragili e cadiamo. Sbagliamo sempre, appunto ». Un apertura   all'attualità  

/da  repubblica  20\2\2022

Per spiegare il Vangelo ai fedeli ha usato nella sua omelia domenicale le parole di Blanco e Mahmood, di Elisa e di Gianni Morandi: l’idea è venuta a don Matteo Selmo, 38enne co-parroco di Lonato del Garda (nel Bresciano) e grande appassionato di musica, che è diventato una star dei social citando e soprattutto cantando dal pulpito le tre canzoni sul podio dell’ultima edizione del Festival di Sanremo.Con la musica parlo a tutte le generazioni"

                       di Lucia Landoni


“Per me la musica è vita e mi sono reso conto una volta di più di quale strumento straordinario sia. Proprio grazie alla musica sono riuscito a raggiungere con le mie parole tutte le generazioni – racconta don Matteo – Nei giorni scorsi, quando Blanco ha citato il video in cui cantavo un frammento di ‘Brividi’, mi hanno contattato moltissimi ragazzi, mentre adesso è stato Gianni Morandi a pubblicarlo sulla sua pagina Facebook e questa volta mi hanno scritto genitori e nonni”. Ora manca solo la reazione di Elisa, “di cui sono un grandissimo fan, tant’è vero che uso spesso le sue canzoni durante le omelie – continua il sacerdote – Citando il Festival di Sanremo ho accostato l’attualità alla parola di Dio, esattamente come faceva Gesù quando trasformava episodi di vita quotidiana in parabole. Non ho fatto nulla di eccezionale, lui è stato il vero innovatore”

Si chiama Sofia Jirau, è portoricana, ha 25 anni ed è la prima modella con sindrome di Down a sfilare per Victoria’s Secret.


Una scelta che stravolge i canoni, include, rompe tabù e rovescia stereotipi.Un messaggio che non è solo etico ma anche estetico (lei è bellissima), perché contribuisce a cambiare e allargare la concezione di bellezza e delle sue infinite forme.Un successo anche personale per Jirau, che è anche attivista e da
anni combatte in prima linea per la libertà di amare ciò che si è ed essere ciò che si vuole.
E ben vengano testimonial come lei e campagne come queste per accelerare il cambiamento. Ogni tanto, pare, succedono anche cose molto belle. Fantastici😤😷😢🤮 quelli che: “È una trovata pubblicitaria”. Ma dai? E allora? E dunque? Ma ben venga che si utilizzi una campagna pubblicitaria per far passare un concetto enorme come questo. Preoccupatevi, piuttosto, quando la pubblicità promuove tematiche tossiche e malsane, cioè praticamente sempre o quasi . Niente, non ce la faremo mai.

Morto di covid Renzo Belli, farmacista modenese Medaglia d’oro al valor civile: aveva aperto la casa agli sfollati del sisma del 2012

 Morto di covid Renzo Belli, farmacista modenese Medaglia d’oro al valor civile: aveva aperto la casa agli sfollati del sisma del 2012

Aveva 76 anni. Lo ricorda la Federazione degli Ordini dei farmacisti: "Innumerevoli le iniziative di solidarietà che ha promosso. Fu impegnato nella Protezione Civile insieme alla moglie Carla per offrire assistenza ai terremotati della sua Modena e, più tardi, agli sfollati del sisma che ha colpito le Marche e l’Umbria" . Per il suo impegno aveva ricevuto la Medaglia d’oro al valor civile. Belli era ricoverato al Policlinico di Modena, dove è deceduto dopo aver contratto il Covid-19. Il sisma emiliano del 2012, di magnitudo 5.9, fece 27 vittime: Renzo Belli, ancora in lutto per la morte del figlio Marco in un incidente stradale, aveva tenuto aperta l’unica farmacia agibile del paese e organizzato il Campo Paradiso: un allestimento di sacchi a pelo nel suo giardino per chiunque non avesse più un tetto a causa del sisma.Lo ricorda il sindaco di Concordia, Luca

Prandini: “Il suo sostegno e quello della sua famiglia agli sfollati nei momenti più drammatici del sisma del 2012 restano una delle pagine più belle della nostra comunità. Il Campo Paradiso allestito nella sua residenza, dove ha ospitato un centinaio di concordiesi, è diventato un esempio nazionale di solidarietà, riconosciuto anche con il conferimento ai coniugi Renzo e Carla della Medaglia d’oro al valor civile, la più alta onorificenza concessa dalla Repubblica Italiana”.Piange la scomparsa di Renzo Belli anche la Federazione degli ordini dei farmacisti italiani (Fofi), che conta il “trentaduesimo farmacista deceduto a causa del Covid”. La Federazione ricorda “le innumerevoli iniziative di solidarietà promosse dal dottor Belli nella sua lunga carriera, che lo hanno visto impegnato come farmacista nella Protezione Civile prodigandosi, insieme alla moglie Carla, per offrire assistenza e conforto ai terremotati della sua Modena e, più tardi, agli sfollati del sisma che ha colpito le Marche e l’Umbria”.“È una giornata di grande tristezza”, scrive la Federazione, “per la comunità dei farmacisti che perde un collega di grande valore umano, che si è sempre speso con generosità e passione per il bene del territorio e dei suoi concittadini. I messaggi di affetto e commozione espressi in queste ore dai colleghi e da tutti quanti lo conoscevano rendono omaggio a una persona di rara levatura morale che si è dedicata, con altruismo e senso del dovere, alla tutela della salute delle persone e al conforto della sua comunità”.Ehgli  ha saputo trasformare  il lutto  in gioia  . Infatti pochi giorni prima aveva pure perso il figlio Marco in un incidente stradale, nel momento più difficile della sua vita, invece di chiudersi nel proprio legittimo dolore privato, con la moglie Carla Cestari aprì le porte della sua residenza a centinaia di sfollati, realizzando dal nulla nel suo giardino un vero e proprio centro di accoglienza. Lo chiamarono “Il Campo Paradiso”, in memoria del figlio scomparso. Una grande lezione su come trasformare un dolore immane in un enorme atto di solidarietà. Per quel gesto Renzo e Carla anni dopo ricevettero dal Presidente Mattarella la Medaglia d’oro al valor civile, la più alta onorificenza della Repubblica. Quando se ne vanno uomini così, perdiamo tutti qualcosa.Un abbraccio fortissimo alla moglie Carla. E grazie di tutto.

19.2.22

le foto di Whilelm Brasse ed altre storie del 900

 il ricordo di tali eventi  no  è   solo  il 27 gennaio 


Un giorno di febbraio del 1941, un giovane prigioniero polacco di nome Whilelm Brasse fu incaricato dai nazisti di fotografare, uno dopo l’altro, tutti i prigionieri di Auschwitz, di fronte e di profilo.
Quando, quasi due anni dopo, fu il suo turno, prima che la foto fosse scattata, Czesława Kwoka “si asciugò le lacrime e il sangue dal taglio sul labbro” - come ricorda lo stesso Brasse - che le aveva procurato la kapò a bastonate in faccia.
In quel momento Czesława aveva 14 anni, era appena arrivata al campo, non parlava e non capiva una
parola. Poche settimane dopo, il 18 febbraio 1943, le ammazzarono la madre, Katarzyna. Il 12 marzo fu assassinata con un’iniezione di fenolo nel cuore.

Poco prima che l’Armata rossa fece irruzione ad Auschwitz, i nazisti ordinarono a Brasse di distruggere tutte le foto insieme ai negativi, ma lui riuscì coraggiosamente a salvarne qualcuna. Tra queste, c’era quella di Czesława, che diventerà una delle fotografie più iconiche di sempre di quell’orrore, e nel 2018 fu colorata per aumentarne la vividezza.
Questo scatto è di una dignità, nello strazio, da mettere i brividi.

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La chiamavano affettuosamente “la biondina della Val Taleggio”. Ma lei, Piera Vitali detta Pierina, era prima di tutto una partigiana, una combattente, una donna libera.

E lo è stata sempre, fino all’ultimo istante.
È stata arrestata dai fascisti a 21 anni, mentre combatteva per la liberazione.
È stata interrogata, ma lei non ha fatto i nomi dei compagni.
È stata messa al muro davanti a un plotone armato. Ma lei non ha fatto i nomi.
È stata pestata a sangue, torturata, ma lei non ha fatto i nomi.

Hanno tentato di comprarla i nazisti. Ma anche in quel caso lei non ha fatto i nomi.
Infine l’hanno caricata su un pullman diretto ai campi di concentramento. E lei ha sfondato il finestrino e si è lanciata in corsa, tornando a fare la staffetta partigiana fino alla libertà.
Aveva 21 anni, poco più che una ragazzina.
Due anni fa esatti, Pierina se n’è andata a 96 anni. Lei, una di quelle che la patria l’ha difesa davvero, non a parole o a slogan, ma con un coraggio e una forza (e a un’età) che oggi fatichiamo anche solo a immaginare.

Ciao Pierina, ovunque tu sia. 

Roma, l'appello shock dell'ex prof del Righi sui social: "Preghiamo per chi manda le figlie a scuola vestite come tro..."

 DI COSA    STIAMO PARLANDO

DA repubblica ( QUI L'ARTICOLO https://bit.ly/3H7VEiJ ) questa #schifonotizia


Roma, l'appello shock dell'ex prof del Righi sui social: "Preghiamo per chi manda le figlie a scuola vestite come tro... . avremmo necessità di un serio sistema di reclutamento e di valutazione dei docenti, quest'ultimo non esiste e siamo gli unici un Europa. Aveva ragione Gaber : << C'è un'aria, un'aria, ma un'aria >>. Lo so che : << Comunque la stanno facendo troppo lunga, e basta! >> come hanno
scritto in un commento sul mio facebook . 
Ma però una cosa lasciatemela dire, a costo di risultare impopolare ed essere ( anche se ho imparato a scivolarci su ) del retrogrado ed all'antica da parte progressista soprattutto quella radical chic .
Possiamo stare a discutere ore sull’opportunità o meno di un dress code a scuola, sull’esigenza di
un certo tipo di decoro ed comportamento da tenere in aula e, per carità, posso anche essere d’accordo.
Ma mentre discutiamo di questo, però, la situazione sta sfuggendo completamente di mano e finendo sullo sfondo il vero tema della questione. Anzi, i temi:
1. Che è inammissibile, senza se e senza ma, che un’insegnante dia, di fatto, della prostituta a una ragazza di 16 anni semplicemente per un ombelico di fuori o una maglietta corta
2. Che se, invece di una ragazza a pancia scoperta, ci fosse stato un ragazzo in bermuda, non gli avrebbe detto “Stai sulla Salaria?” ma “Non sei al mare”.
3. Che il minimo che possiamo e dobbiamo pretendere da un educatore, un insegnante in questo caso , è che sia in grado di dare ai ragazzi gli strumenti per capire cosa è eventualmente opportuno e cosa non lo è. Di educare, appunto, non di umiliare e offendere come se fossimo, più che in un’aula scolastica, nell’ultimo baraccio della Salaria (e non in quel senso).
4. Che si può o meno condividere la loro protesta, ma non si può sentire gente della mia età e oltre che si permette in modo insopportabilmente paternalista di dire a ragazzi di 16 anni per cosa è giusto o non è giusto scendere in piazza, per cosa vale o non vale la pena farlo, ignorandoli bellamente quando gli stessi scendono in piazza contro lo sfruttamento e le morti sul lavoro a scuola e vengono manganellati ( se non peggio ) dalla polizia.
Parliamo, prima di tutto, di questo. Impariamo - noi da loro - a mettere davanti le cose che davvero contano, gli insulti che feriscono, le parole che pesano come macigni, il rispetto dell’altro, del ruolo e del senso fondamentale dell’insegnante, il più importante al mondo

18.2.22

storie di centenari. I 107 anni di Luisetta Mercalli Quaquero insegnante di generazioni di studenti e morto a 101 Morto pilota Usa che lanciava con il onte aereo dolci ai bambini di Berlino nel 1948

 la nuova  sardegna  del  17\2\2022

La signora Luisetta Mercalli Quaquero

Nata a Carloforte, studi a Padova, l'ultracentenaria signora è stata docente alla scuola media Alfieri di Cagliari ed è la madre di Angela e Myriam, la prima, psicoterapeuta, è la presidente dell'Ordine degli psicologi della Sardegna e la seconda, musicologa, è docente al Conservatorio di Cagliari

CAGLIARI. Grande festa nella residenza sanitaria assistenziale “Fondazione Stefania Randazzo” di Selargius, per il centosettesimo compleanno di Luisetta Mercalli. L’ultracentenaria nata a Carloforte il 17 febbraio 1915, di mercoledì, il giorno delle “Ceneri”, è la primogenita delle tre figlie di Limbania Rivano e Giorgio, ufficiale del regio esercito nella Prima guerra mondiale e successivamente funzionario della società che aveva la concessione per lo sfruttamento della miniera di Montevecchio a Iglesias.Luisetta Mercalli, sopravvissuta alla “spagnola”, la pandemia influenzale che contrasse nel 1918, quando aveva 3 anni, e quest’anno al covid-19, dopo aver studiato all'istituto Carlo Felice di Cagliari, ha conseguito un secondo diploma alla scuola femminile superiore ”Pietro Scalcerle” di Padova, per insegnare quindi Economia domestica nella scuola secondaria di avviamento professionale prima a Carloforte, poi a Monserrato. Era l’insegnante prevalente: la materia comprendeva contabilità, disegno professionale, merceologia. Successivamente, dal 1 ottobre 1963 sino alla pensione, 1979, ha insegnato Applicazioni tecniche nella scuola media Alfieri a Cagliari.Il 28 giugno del 1951, dopo un breve fidanzamento, si è sposata nella chiesa di San Carlo a Carloforte con Luigi Quaquero, un ufficiale carlofortino che durante la Seconda guerra mondiale era stato catturato dagli inglesi nell’Africa Orientale e tradotto in uno dei campi di prigionia allestiti in Kenia.

La signora Luisetta a passeggio con le figlie Myriam e Angela

La signora ultracentenaria ha avuto due figlie: Angela Maria, laureata in Lettere e Psicologia, psicologa psicoterapeuta, già assessora alle politiche sociali della provincia di Cagliari dal 2005 al 2013, attuale presidente dell’Ordine degli Psicologi della Sardegna, e Myriam, laureata in filosofia e Disciplina delle arti, della musica e dello spettacolo (DAMS), diplomata in composizione, musicologa e titolare della cattedra di Storia ed estetica musicale presso il conservatorio di musica “Pierluigi da Palestrina” di Cagliari fino al 2018. Dotata di una grande manualità la signora Luisetta ha sempre amato ricamare e cucire. Dal mese di dicembre dello scorso, grazie ad un intervento eseguito dall’oculista Sergio Manuel Solarino, ha riacquistato una parte della vista. E pertanto può nuovamente dedicarsi alla lettura, un’altra delle sue passioni.Tra i primi a esternarle gli auguri oltre alle figlie, ai generi e alle 3 nipoti Alice, Francesca, Elena, anche la sorella ultimogenita Maria Vittoria, novantunenne, una delle prime ad aver conseguito in Sardegna il diploma di laurea Isef, e il sindaco di Carloforte Salvatore Puggioni.

Halvorsen, 'bombardiere di caramelle' contro embargo sovietico

(ANSA) - ROMA, 17 FEB - Gail Halvorsen, l'ex pilota americano passato alla storia per aver lanciato dolciumi ai bambini di Berlino durante l'embargo imposto dall'Unione sovietica, è morto a 101 anni. Soprannominato il 'bombardiere di caramelle' o 'zio Wiggly Wings' per il modo in cui manovrava il suo aereo in modo che i bambini sapessero del suo arrivo, fu il primo pilota a far piovere su Berlino piccoli paracaduti riempiti cioccolata, gomme da masticare e caramelle e ispirò tanti altri piloti a fare lo stesso dopo di lui. "Anche se volavo giorno e notte, con il ghiaccio e sotto la neve... ero felice quando vedevo l'espressione dei bambini che aspettavano i paracaduti. Ne andavano matti", raccontò Halvorsen in un'intervista di dieci anni fa. Alla fine della Seconda Guerra Mondiale, dal 1948 al 1949 gli americani e gli alleati organizzarono un'operazione chiamata 'Il ponte di Berlino' per portare rifornimenti ai 2,5 milioni di abitanti di Berlino ovest, ancora sofferenti per il conflitto e circondati ai sovietici che avevano bloccato tutti gli accessi ai tre settori occupati da statunitensi, inglesi e francesi e tagliato tutti i collegamenti ferroviari e stradali. Furono 2 milioni le tonnellate di merci trasportate da oltre 270.000 voli alleati. Almeno 78 piloti americani, britannici e tedeschi hanno perso la vita in incidenti aerei o a terra, consegnando cibo e altri generi di prima necessità alla popolazione di Berlino che era allo stremo. (ANSA).



non sempre è necessario abortire la storia di laura malata di oloprosencefalia alobare, una malformazione congenita del cervello

  Le voci di Andrea Celeste e di Francesco si sovrappongono come in un concerto polifonico, senza mai prevaricare l’una sull’altra. Chi li i...