7.6.09

ecco la chiesa che preferisco

Dopo  l'ottimo intervento  di Danny  Tusc    dei rapporti   fra  le  gerarchie  eclessiastiche   e i regimi di destra  (  ne  trovate  qui  l'articolo )  ho  ricevuto  numerose  email  sia   da utenti   splinder    che di facebook   del tipo   : << più  figa meno politica  .,  credevo che  i  catto\comunisti  fossero  estinti  ,  oppure  credevo fossi   ateo  , ecc   ( cioè amenità  e  volgarità   ed insulti ovviamente  cestinati  .)  >> . Ecco  ad essi  la mia risposta 

1)    di rileggersi  
La parabola del ricco Epulone (Lc 16,19-31 )   che la  trovano qui
2)   con questa  lettera  censurata  dai media  italiani    di una suora  italiana   scritta sul giornale el pais   al seguito      del sesy  gate  italiano    che qui  riporto per intero perchè essendo   sull'edizione  italiana  del  el pais   con la denuncia  del  Nuovo Mussolini    potrebbe venire  oscurata 
Ecco il testo

Cari


Ho seguito in questi giorni le vicende italiane attraverso i vostri articoli dall'osservatorio di El Pais, e che dire? Per fortuna che c'è El Pais e la stampa estera! Non so se vi stupisce sentire da una suora che è proprio angosciata per questo melodramma italiano dai risvolti ormai più inquietanti che farseschi e su cui non si può più nemmeno fare dell'ironia.L'Italia mi pare proprio sia diventata una "terra desolata", per usare le parole del grande T.S. Eliot, popolata di "uomini vuoti". E come dice il poeta finirà "Not with a bang but a whimper", non con uno schianto, ma con un piagnisteo.Navigando in internet ho trovato sul sito della europarlamentare Silvia Costa una lettera di una suora sulla questione dei migranti respinti in mare. Qualcuno che pensa c'è ancora.In tutte queste vicende non è assente solo la sinistra, ma anche la chiesa, quella istituzionale, o meglio, quella del potere e dell'8x1000, perché pure le suore sono "istituzionali"..... La Conferenza Episcopale non ha saputo essere incisiva. E dire che ai vescovi, dalla loro cattedra, sarebbe bastato ricordare una sola frase del Vangelo detta da Gesù: "Ero straniero e non mi avete ospitato" nel vangelo di Matteo (25, 43) dove, pensa un po', si parla del giudizio finale. Su questo e poche altre cose si gioca il giudizio di Dio sull'uomo.Sarebbe bastato solo un titolo a otto colonne, sull'Avvenire, senza commenti, senza editoriale, sine glossa, come diceva (faceva!) San Francesco.Avrebbero scontentato tutti, destre, sinistre, neocon, teodem, atei devoti, etc. Che meraviglia! Avrebbero però avuto un illustre precursore: neanche Nostro Signore è stato simpatico a tutti!Ma forse i vescovi sono un tanto confusi e credono davvero di averlo ritrovato redivivo nel primo ministro, che come Gesù Cristo, va alle feste con 'veline' e pubblici peccatori. Strano che nessuno lo abbia osservato...


Con amicizia e stima.                                        


sr maria




 

non commento  perchè  chi mi segue  le mie  posizioni  (  l'avermi disabilitato  per  due  volte  e non ancora  ripristino  l'account   useppes@tiscali.it    di facebook    e  l'avermi costretto ad   avere un altro  account  scano.giuseppe@libero..it  )    e  l'essere   scomodo  sia  alla  casta  e  ala prtitocrtazia  di   destra  che  a  sinistra   tanto  da  esserre  scambiato  da  destra  per  una  di sinistra  e  vicversa    (  vedere i  miei post     nelle faq   in particolare  questo 

A  voi decidere    se  continuare   a seguirmi ( scrivere o  commentare   qui  )  oppure   cancelarvi sia    con  richiesta  sia  senza   come  hanno fatto alcuni\e   compagni  persi  per  strada  e  mai più  ritornati  a cui  dedico   questa  canzone 



 con questo   è  tutto  alla prossima 

Senza titolo 1513

  L'AVETE VISTO IL FILM SPLENDOR ?  :-)


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6.6.09

Oggi il mare...

Mare di OstiaImmagine di franca bassi "Lungomare di Ostia"


Oggi




Oggi il cielo era color sabbia.
Il vento entrava sotto le vesti
senza chiedere il permesso.
Con furia spettinava i miei capelli.
Ho guardato per voi
ho odorato...respirato
profondamente
il sapore delle alghe.
I gabbini stavano al riparo.
Deltaplani colorati
scendevano in picchiata
trasportati dal vento
fino a sfiorare le onde nervose
imitando goffamente
il volo dei gabbiani.
Ecco! vi regalo
il  mare  di Ostia in tempesta.


franca bassi




Le religioni del mondo sono in errore

Vi hanno ingannato. Vi hanno messo in testa che esiste un unico Dio artefice di tutto, mentre le cose stanno diversamente.


Il Vero Dio ha creato soltanto le cose incorruttibili, come lo Spirito. Il Dio Straniero, Satana, che è il Creatore Malvagio, è invece l'artefice di tutto ciò che è materia.


Il corpo è opera di Satana, non di Dio. La vita terrena è sofferenza e prigionia, ed è interesse dei demoni che continui tramite l'accoppiamento. Solo abbandonando il matrimonio, l'umanità potrà fuggire dal dolore che la divora.

Uno spazio per noi donne

Care donne lettrici di Compagni di Viaggio,


se aveste la possibilità di ideare e progettare uno spazio dedicato alla cura, alla tutela, all'assistenza ed all'accoglienza delle donne, nella vostra città, nel quartiere in cui vivete, quali elementi e quali prestazioni giudichereste fondamentali, importanti ed idonei per la realizzazione ed il buon funzionamento di questo servizio? Quali sono i problemi e le difficoltà, anche quelle più piccole, semplici e quotidiane, che oggi affliggono noi donne? Che cosa desideriamo, di cosa abbiamo bisogno, e che cosa le istituzioni ed i servizi pubblici e privati sul territorio non sono ancora in grado di offrirci?


MariLouLou, curiosa, spera di ricevere tante risposte, non solo dalle lettrici, e vi augura una buona giornata.


Se volete leggermi, la mia dimora è sita in  http://trattidanima.splinder.com 


 Salut à tout le monde!

prova

prova prova massi si massi

Vergogna in Danimarca



       
venerdì, 05 giugno 2009

Vergogna alla Danimarca



Dal  blog di  Pietro Atzeni   ho appreso   del    massacro in
Danimarca di delfini e foche.
Raccolgo l'appello   di Pietro di  divulgare   lo scempio che
viene   fatto di questi innocui animali   e faccio   il copia e
incolla del suo post,  pregando   chi  mi   volesse imitare  di
trasmetterlo ai propri contatti.
Apprendere   questa notizia  mi ha toccato particolarmente
nell'intimo perchè ho una particolare predilezione per questo
animale, tanto che per lungo tempo raffigurava il mio avatar.


venerdì, 05 giugno 2009  

 


C'è del marcio in Danimarca.


Questo post nasce grazie alla segnalazione di Carla Sannia sempre sensibile verso le creature più indifese. L’orrore per il mare che si tinge di sangue dice più di qualsiasi parola. Sì, c’è del marcio in Danimarca e sta alla nostra coscienza di uomini civili che questo orrore finisca.


 


 


 


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STESSA STORIA DELLE FOCHE.......! ................





 










 


 









BENCHE' QUESTO SEMBRI INCREDIBILE, OGNI ANNO, QUESTO MASSACRO BRUTALE E SANGUINARIO SI RIPRODUCE NELLE ISOLE FEROE, CHE APPARTENGONO ALLA DANIMARCA. LA DANIMARCA, UN PAESE SUPPOSTO 'CIVILIZZATO', MEMBRO DELL'UNIONE EUROPEA. TROPPE POCHE PERSONE AL MONDO CONOSCONO QUESTO AVVENIMENTO ORRIBILE E DEPROVEVOLE CHE SI RIPETE OGNI ANNO. QUESTO MASSACRO SANGUINARIO E' IL FRUTTO DI GIOVANI UOMINI CHE VI PARTECIPANO PER DIMOSTRARE DI AVER RAGGIUTNO L'ETA' ADULTA (!!). E' ASSOLUTAMENTE  INCREDIBILE CHE NON SIA FATTO NIENTE AFFINCHE ' QUESTA BARBARIE CESSI. UNA BARBARIE CONTRO I DELFINI CALDERONES, UN DELFINO SUPER INTELLIGENTE E SOCIEVOLE CHE SI AVVICINA ALLA GENTE PER CURIOSITA'.  
 

 



 INVIA QUESTO MESSAGGIO A TUTTI I TUOI CONTATTI.



VERGOGNA ALLA DANIMARCA !!!  




Fate sapere a tutti che in Danimarca


 massacrano ogni anno i delfini extra-


intelligenti e socievoli per una festa così


 come fosse un carnevale.


 



 Solo le persone inutili pensano


che tanto non cambia nulla e per


 questo rifiutano di inviare questo


 messaggio a tutti. Speriamo che


cambierà, chi lo sa!


 






Senza titolo 1512

  QUESTA E' UNA VECCHIA RADIO FRUTTOLO !  VE LA RICORDATE ?  :-)


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5.6.09

LA CHIESA E I REGIMI DI DESTRA


La componente del mondo cattolico italiano più sensibile ai valori democratici prova, e in alcuni casi esprime a chiare lettere, un sincero sgomento per l'assordante silenzio delle gerarchie vaticane di fronte al pericolo costituito per la legalità democratica dalla destra italiana. Per la verità, mi pare che questo stupore sia del tutto immotivato: l'atteggiamento attuale è, infatti, assolutamente coerente con quello tenuto di solito dal Vaticano nei confronti dei regimi autoritari di destra. Di seguito, qualche esempio tratto dalla storia del secolo scorso, cominciando col fascismo che, riguardandoci più da vicino, merita un'attenzione particolare.



In Italia nel 1922 Mussolini è appena arrivato al potere e mostra subito le sue intenzioni autoritarie proclamando alla Camera che poteva "fare di quest'aula sorda e grigia un bivacco di manipoli". La cosa non allarma il Vaticano, anzi il cardinale Gasparri, segretario di Stato, trova motivi per compiacersene e confida all'ambasciatore del Belgio presso la Santa Sede: "avvertire la Camera che resterà in funzione due anni, o solo due giorni, a seconda che si mostrerà ubbidiente o indisciplinata, è il colmo dell'audacia. Ma Mussolini ha terminato il suo discorso pregando Dio di assisterlo per portare a buon termine il suo arduo compito. Dal 1870 non si era più intesa, dalla bocca di un sovrano o di un ministro italiano, alcuna invocazione alla Divina Provvidenza. I liberali ... non si curavano della religione ... ed è un rivoluzionario convertito a dare l'esempio di un ritorno alle pratiche religiose. La Provvidenza si serve di strani strumenti per fare la felicità dell'Italia. Da parte mia, non rimpiango certo il parlamentarismo italiano, quando vedo Mussolini tendere risolutamente verso un governo conservatore".


Pochi mesi dopo, nella sua prima enciclica, Ubi arcano Dei, Pio XI, mettendo in guardia contro le agitazioni sociali e le ribellioni alle legittime autorità, sente il bisogno di sottolineare che esse sono più frequenti nei Paesi in cui è in vigore un regime basato sulla rappresentanza popolare, per il quale il papa pare non nutra particolare simpatia: "le forme di governo rappresentative, sebbene non condannate dalla dottrina della Chiesa (come non ne è condannata forma alcuna di regime giusto e ragionevole), pure è a tutti noto quanto facilmente siano esposte alla malvagità delle passioni". Non si può certo dire che con queste parole il papa abbia incoraggiato le forze politiche che si opponevano alla nascente dittatura.


Quando nel 1924, dopo l'assassinio di Matteotti, il fascismo sembra sul punto di crollare travolto dall'indignazione dell'opinione pubblica, tra i parlamentari popolari (privi del loro segretario, don Sturzo, già nel 1923 costretto dalle pressioni vaticane a dimettersi a causa della sua opposizione al nuovo ministero) e quelli socialisti si intavolano trattative per la formazione di un governo che possa succedere a Mussolini. Ma Pio XI coglie l'occasione di un Discorso agli studenti universitari cattolici per deplorare il possibile accordo: con una simile innaturale alleanza, infatti, i cattolici popolari porterebbero al potere il partito socialista, dichiaratamente favorevole alla detestabile separazione tra Stato e Chiesa, contrapponendosi per di più ai cattolici che si riconoscono nel partito fascista, e sarebbe "davvero penoso al cuore del Padre vedere buoni figli e buoni cattolici dividersi e combattersi a vicenda".


L'anno seguente, nell'enciclica Quas primas, Pio XI afferma che i governanti legittimi comandano per mandato di Cristo Re e conclude che, quanto più i cittadini saranno consapevoli che l'autorità viene dall'alto tanto più saranno pronti ad obbedire, e quindi si consoliderà una società ordinata e pacifica: "ancorché, infatti, il cittadino riscontri nei principi e nei capi di Stato uomini simili a lui, o per qualche ragione indegni e vituperevoli, non si sottrarrà tuttavia al loro comando qualora egli riconosca in essi l'immagine e l'autorità di Cristo". É appena il caso di ricordare che questo richiamo all'obbedienza valeva anche per quei cattolici italiani che ritenevano indegno e spregevole un capo di governo come Mussolini, che alcuni mesi prima in un discorso alla Camera si era assunto la responsabilità politica, morale e storica del delitto Matteotti.


Superato, quindi, il momento critico e messe definitivamente a tacere le opposizioni, Mussolini intensifica i rapporti col Vaticano, riuscendo nel 1929 a chiudere la questione romana. La Conciliazione tra Stato e Chiesa è indubbiamente un grosso successo per le due parti: da un lato rafforza il regime e dall'altro riconosce al cattolicesimo uno statuto privilegiato. Tralasciando gli aspetti più noti dell'accordo, può essere utile soffermarsi su quello economico. Da anni le finanze vaticane erano ridotte in condizioni disastrose e Mussolini aveva sempre mostrato grande sensibilità per questo problema: già nel 1924, e di nuovo nel 1925, aveva considerevolmente aumentate la rendita dei vescovi e la congrua dei parroci. Ma ora l'Italia versa alla Chiesa addirittura un miliardo in titoli e 750 milioni in contanti, e inoltre restituisce alcuni edifici ecclesiastici di enorme valore da tempo incamerati, esenta da ogni tributo le retribuzioni dovute a salariati e impiegati della Santa Sede e rinuncia ad imporre dazi doganali sulle merci importate dalla Città del Vaticano.


Non è necessario essere volgari seguaci di una concezione materialistica della storia per supporre che anche queste vantaggiose clausole finanziarie abbiano influito sull'entusiastico giudizio che sul Concordato appena firmato Pio XI espresse parlando ai professori e agli studenti dell'Università cattolica del Sacro Cuore: "Forse ci voleva anche un uomo come quello che la Provvidenza ci ha fatto incontrare, un uomo che non avesse le preoccupazioni della scuola liberale, per gli uomini della quale tutte quelle leggi ... erano altrettanti feticci ... tanto più intangibili e venerandi quanto più brutti e deformi. ... [Con lui siamo riusciti] a concludere un Concordato che, se non è il migliore di quanti ce ne possano essere, è certo tra i migliori".


In effetti, che Mussolini sia libero da scrupoli di tipo liberale è certo, e infatti ha già instaurato in Italia un regime totalitario, che ora si può consolidare con le elezioni plebiscitarie tenute proprio poche settimane dopo la firma dei Patti Lateranensi. Difficile negare che l'atteggiamento del Vaticano abbia aiutato il fascismo a mettere radici in Italia, tanto più che è un fatto riconosciuto dallo stesso Pio XI quando, in seguito alle violenze di stampo squadristico scatenate contro le associazioni dell'Azione cattolica, nell'enciclica Non abbiamo bisogno del 1931 accusa Mussolini di scarsa riconoscenza: anzi, vera ingratitudine "rimane quella usata verso la Santa Sede da un partito e da un regime che, a giudizio del mondo intero, trasse dagli amichevoli rapporti con la Santa Sede, in paese e fuori, un aumento di prestigio e di credito che ad alcuni in Italia e all'estero parvero eccessivi, come troppo largo il favore e troppo larga la fiducia da parte Nostra".


E tuttavia, neanche nel corso di questa crisi, che costituisce il momento di massima tensione col regime, e con questo documento, che è considerato la più chiara presa di distanza da esso, il papa ha intenzione di rompere col fascismo. Infatti dichiara che le sue critiche riguardano singole scelte, certamente gravi e detestabili ma che possono e debbono essere corrette, e conclude l'enciclica con la rassicurazione che "con tutto quello che siamo venuti finora dicendo, Noi non abbiamo voluto condannare il partito e il regime come tali".


In effetti, i buoni rapporti permangono anche quando nel 1935 Mussolini inizia la conquista dell'Etiopia. Si tratta con ogni evidenza di una guerra coloniale, e quindi ingiusta per la morale cattolica. All'estero tutti la giudicano così, ma Pio XI sembra dar credito alla propaganda governativa che la presenta come una guerra difensiva e, rivolgendosi a duemila infermiere, afferma: "Noi non crediamo, non vogliamo credere a una guerra ingiusta. In Italia si dice trattarsi di una guerra giusta: infatti, una guerra di difesa per assicurare le frontiere contro i pericoli continui e incessanti, una guerra divenuta necessaria per l'espansione di una popolazione che aumenta di giorno in giorno, una guerra intrapresa per difendere o assicurare la sicurezza materiale a un Paese, una tale guerra si giustificherebbe da sola". Così, quando gli Italiani, facendo uso anche di gas asfissianti, conquistano Addis Abeba e Mussolini proclama Vittorio Emanuele III imperatore d'Etiopia, in tutte le chiese si canta un Te Deum di ringraziamento.


E persino nel 1938, quando sono appena state approvate le leggi razziali, fortemente discriminatorie nei confronti degli ebrei, Pio XI sembra ritenere che il merito di aver approvato i Patti Lateranensi, di cui è ormai prossimo il decennale, possa coprire tutti i demeriti di Mussolini, a cui esprime sincera gratitudine in occasione di un discorso al Sacro Collegio: "Occorre appena dire, ma pur diciamo ad alta voce, che dopo che a Dio, la Nostra riconoscenza e i Nostri ringraziamenti vanno alle eccelse persone - cioè il nobilissimo Sovrano e il suo incomparabile Ministro - cui si deve se l'opera tanto importante, e tanto benefica, ha potuto essere coronata da buon fine e felice successo". Del resto la Chiesa, se rifiuta un antisemitismo di carattere razziale, ha per secoli coltivato un antigiudaismo di carattere religioso. Nel 1924, per citare un solo ma significativo esempio, padre Agostino Gemelli, fondatore e rettore dell'Università cattolica del Sacro Cuore, scriveva: "se morissero tutti i giudei che continuano l'opera dei giudei che hanno crocifisso Nostro Signore, non è vero che al mondo si starebbe meglio?".


Con la Conciliazione Mussolini ha acquistato un merito indelebile anche per il nuovo papa. Nella Summi pontificatus del 1939, la sua prima enciclica, Pio XII infatti ricorda ancora con animo grato che dai Patti Lateranensi "ebbe felice inizio, come aurora di tranquilla e fraterna unione di animi innanzi ai sacri altari e nel consorzio civile, la pace di Cristo restituita all'Italia".


Della politica concordataria papa Pacelli è in effetti un convinto sostenitore, e già nel 1933, come segretario di Stato, aveva firmato il concordato con Hitler. Le trattative avviate dal Vaticano col governo tedesco inducono i vescovi, che avevano in precedenza espresso un giudizio fortemente negativo nei confronti del regime nazista, a modificare il proprio atteggiamento. Essi ricordano ora ai loro fedeli che debbono "adempiere con coscienza i propri doveri di cittadini, rifiutando per principio ogni comportamento illegale o sovversivo". La politica di Pacelli, letta in Germania come un avallo dato al nazismo, ha quindi provocato il disorientamento di milioni di cattolici tedeschi, che rinunciano ad ogni forma di opposizione, e la crisi del Partito del Centro Cattolico, che addirittura arriva all'autoscioglimento.


Deludendo le aspettative del Vaticano, Hitler non rinunzia però alle violenze contro i cattolici ma le proteste della Chiesa sono ormai inefficaci. L'enciclica di Pio XI del 1937, la Mit brennender Sorge, in cui il papa, accusando il governo tedesco di tollerare e addirittura favorire gli attacchi alla religione cristiana per sostituirla con la deificazione della razza e dello Stato, ribadisce che "il credente ha un diritto inalienabile di professare la sua fede e di praticarla in quella forma che a essa conviene" ma dichiara tuttavia di non avere perduto la speranza che finalmente il concordato possa trovare attuazione, può tutt'al più irritare Hitler ma non può certo mettere in difficoltà il regime. Del resto, il tono deciso delle parole del papa poco si accorda con l'atteggiamento conciliante mostrato nei mesi successivi in privato dal suo segretario di Stato, tanto che l'ambasciatore tedesco presso il Vaticano può comunicare al suo governo: "Pacelli mi ha ricevuto in modo decisamente amichevole e mi ha enfaticamente assicurato, nel corso della conversazione, che relazioni amichevoli e normali si sarebbero ristabilite il prima possibile".


Così il governo nazista continua a proclamare la religione del sangue, a perseguitare sacerdoti e sciogliere organizzazioni cattoliche, a imprigionare e uccidere ebrei, distruggendone case e sinagoghe: tutto ciò non induce il Vaticano a una condanna ufficiale. Anzi, divenuto papa nel 1939, nel comunicare a Hitler la propria elezione, Pacelli dà l'impressione che tutto in Germania vada per il meglio: "Noi stimiamo dovere del nostro ufficio dare notizia a Lei, come Capo dello Stato, dell'avvenuta nostra elezione. Al contempo Noi desideriamo assicurarla, fin dall'inizio del nostro pontificato, che restiamo legati da intima benevolenza al popolo tedesco affidato alle sue cure ... Nella cara memoria dei lunghi anni durante i quali, come nunzio apostolico in Germania, tutto abbiamo messo in opera per ordinare le relazioni tra Chiesa e Stato in mutuo accordo ed efficace collaborazione a vantaggio delle due parti ... Noi indirizziamo particolarmente in quest'ora al raggiungimento di tal fine l'ardente aspirazione che ci ispira e ci rende possibile la responsabilità del nostro ufficio".


Le atrocità commesse dal regime hitleriano negli anni successivi non sono sufficienti a convincere il papa ad abbandonare le ambiguità del linguaggio diplomatico. Solo nel giugno del 1945, quando la Germania sarà stata definitivamente sconfitta, Pio XII formulerà, in un'allocuzione al Sacro Collegio, quella chiara condanna che invano tante vittime della barbarie nazista avevano atteso nel corso della guerra: "Nutriamo fiducia che il popolo tedesco possa risollevarsi a nuova dignità e a nuova vita, dopo avere respinto lo spettro satanico esibito dal nazional-socialismo ". Peccato che queste parole siano state pronunziate con tanto ritardo!


Del resto, è ovvio che per il Vaticano non era facile rompere con i regimi fascista e nazista, di cui aveva negli anni precedenti appoggiata l'azione volta ad instaurare una dittatura di destra in Spagna. Nel 1936, infatti, il generale Franco, sostenuto da Germania e Italia, aveva dato inizio a una rivolta militare contro il Fronte Popolare che aveva vinto le elezioni. Ricevendo un gruppo di preti fuggiti dalla Spagna, Pio XI chiarisce subito da che parte sta la Santa Sede, mettendoli in guardia contro il pericolo di una possibile collaborazione dei cattolici con le sinistre, e invia la sua speciale benedizione "a quanti si erano assunti il difficile e rischioso compito di difendere e restaurare i diritti e l'onore di Dio e della religione", e cioè a coloro che si erano ribellati al governo legittimo.


É vero che in Spagna molti preti erano stati massacrati ad opera delle sinistre ma non pochi erano quelli massacrati dai militari ribelli. Eppure di questi ultimi Pio XI non sembra preoccuparsi, mentre nell'enciclica del 1937, la Divini Redemptoris, condanna senza mezzi termini il comunismo e le stragi perpetrate dai comunisti: "Il furore comunista non si è limitato a uccidere vescovi, migliaia di sacerdoti, di religiosi e di religiose ... Non vi può essere uomo privato che pensi saggiamente, né uomo di Stato consapevole della sua responsabilità , che non rabbrividisca al pensiero che quanto accade oggi in Spagna possa ripetersi domani in altre Nazioni civili".


Quando poi nel 1939 i legionari di Franco riportano la vittoria, Pio XII non perde tempo per esprimere con un radiomessaggio il suo entusiasmo e la sua fiducia nel nuovo governo: "Con immensa gioia ci rivolgiamo a voi, figli dilettissimi della cattolica Spagna, per esprimervi le paterne Nostre felicitazioni per il dono della pace e della vittoria ... I disegni della Provvidenza, amatissimi figlioli, si sono manifestati una volta ancora sopra l'eroica Spagna ... [Esortiamo i Governanti e i Pastori a insegnare i principi di giustizia contenuti nel Vangelo e] non dubitiamo che ciò avverrà: di questa Nostra ferma speranza sono garanti i nobilissimi sentimenti cristiani di cui hanno dato sicure prove il Capo dello Stato e tanti suoi fedeli collaboratori con la protezione legale accordata ai supremi interessi religiosi e sociali, in conformità agli insegnamenti della Sede Apostolica". Nelle carceri spagnole si trovavano allora oltre duecentomila prigionieri politici ma quei “nobilissimi sentimenti cristiani” non impedirono che ogni giorno a centinaia essi venissero portati davanti al plotone di esecuzione.


Anche in anni recenti l'opposizione al comunismo sembra agli occhi delle gerarchie vaticane un valore tale da permettere di chiudere gli occhi su illegalità, violenza e dittatura. Nel 1973, rovesciato il legittimo governo del socialista Allende, il generale Pinochet instaura in Cile la sua dittatura. Si tratta di un regime universalmente condannato per la sua ferocia dall'opinione pubblica democratica, eppure il papa Giovanni Paolo II non ha difficoltà, nel corso del suo viaggio in Cile del 1987, a presentarsi in pubblico a fianco di Pinochet, che dichiara che quando ha assunto la guida del Paese ha affidato "il successo della nostra missione a Dio e alla santissima Vergine del Carmelo". E nel 1993, in occasione del cinquantesimo anniversario del matrimonio del generale, il papa invia una sua foto con la seguente dedica: "Al generale Augusto Pinochet Ugarte e alla sua distinta sposa, signora Lucia Hiriarde Pinochet, in occasione delle loro nozze d'oro matrimoniali e come pegno di abbondanti grazie divine, con grande piacere impartisco, così come ai loro figli e nipoti, una benedizione apostolica speciale. Giovanni Paolo II". Ancor più calorosa la lettera del cardinale Sodano, segretario di Stato, che riconosceva negli sposi una coppia cristiana esemplare e rinnovava al generale "l'espressione della più alta e distinta considerazione". Come stupirsi quindi dell'intervento vaticano a favore di Pinochet presso le autorità inglesi e spagnole quando nel 1998 il sanguinario dittatore cattolico rischia di essere processato per i crimini commessi?


Non meno feroce la dittatura militare instaurata in Argentina nel 1976. Ma appena tre mesi dopo il golpe arriva la benedizione dell'allora nunzio apostolico Pio Laghi: "Il Paese ha un'ideologia tradizionale e quando qualcuno pretende di imporre altre idee diverse ed estranee, la Nazione reagisce come un organismo, con anticorpi di fronte ai germi, e nasce così la violenza. I soldati adempiono il loro dovere primario di amare Dio e la Patria che si trova in pericolo. Non solo si può parlare di invasione di stranieri, ma anche di invasione di idee che mettono a repentaglio i valori fondamentali. Questo provoca una situazione di emergenza e, in queste circostanze, si può applicare il pensiero di san Tommaso d'Aquino, il quale insegna che in casi del genere l'amore per la Patria si equipara all'amore per Dio". I generali colpevoli di genocidio, come Videla, Viola, Galtieri e Massera, tutti poi amnistiati dal presidente Menem, vengono ovviamente invitati dal nunzio apostolico Calabresi ai festeggiamenti ufficiali del 1991 per il tredicesimo anniversario dell'elezione di Giovanni Paolo II. E mentre Roma abbandona alla loro sorte vescovi come Angelelli, Gerardi o Romero, trucidati perché schieratisi con gli oppressi, gli ecclesiastici che per anni hanno mantenuto ottimi rapporti con gli aguzzini sono considerati in Vaticano degni di promozione: così monsignor Medina diventa vescovo castrense, monsignor Quarracino cardinale arcivescovo di Buenos Aires, e monsignor Laghi cardinale prefetto della Congregazione per l'educazione cattolica.Se questa è stata la politica della dirigenza ecclesiastica nel secolo scorso, non si capisce per quale ragione ci si dovrebbe attendere oggi una particolare sensibilità per i pericoli che corre la democrazia in Italia. Penso che i cattolici democratici farebbero bene, quindi, a proseguire nel loro impegno di difesa della legalità costituzionale senza preoccuparsi delle posizioni delle gerarchie vaticane, che hanno fermamente condannato i regimi totalitari comunisti ma non quelli fascisti. Se delle immani sofferenze provocate dai primi, da sempre combattuti, i responsabili della politica vaticana non portano il peso, di quelle provocate dai regimi autoritari di destra, di norma legittimati, essi sono senza dubbio oggettivamente corresponsabili. Somigliando, per quanto riguarda il campo politico, a ciechi che pretendono di guidare altri ciechi, questi uomini sono perciò da affidare alla misericordia del Padre, dato che spesso non sanno quello che dicono e che fanno.





Elio Rindone




LA CHIESA E I REGIMI DI DESTRA

La componente del mondo cattolico italiano più sensibile ai valori democratici prova, e in alcuni casi esprime a chiare lettere, un sincero sgomento per l'assordante silenzio delle gerarchie vaticane di fronte al pericolo costituito per la legalità democratica dalla destra italiana. Per la verità, mi pare che questo stupore sia del tutto immotivato: l'atteggiamento attuale è, infatti, assolutamente coerente con quello tenuto di solito dal Vaticano nei confronti dei regimi autoritari di destra. Di seguito, qualche esempio tratto dalla storia del secolo scorso, cominciando col fascismo che, riguardandoci più da vicino, merita un'attenzione particolare.

In Italia nel 1922 Mussolini è appena arrivato al potere e mostra subito le sue intenzioni autoritarie proclamando alla Camera che poteva "fare di quest'aula sorda e grigia un bivacco di manipoli". La cosa non allarma il Vaticano, anzi il cardinale Gasparri, segretario di Stato, trova motivi per compiacersene e confida all'ambasciatore del Belgio presso la Santa Sede: "avvertire la Camera che resterà in funzione due anni, o solo due giorni, a seconda che si mostrerà ubbidiente o indisciplinata, è il colmo dell'audacia. Ma Mussolini ha terminato il suo discorso pregando Dio di assisterlo per portare a buon termine il suo arduo compito. Dal 1870 non si era più intesa, dalla bocca di un sovrano o di un ministro italiano, alcuna invocazione alla Divina Provvidenza. I liberali ... non si curavano della religione ... ed è un rivoluzionario convertito a dare l'esempio di un ritorno alle pratiche religiose. La Provvidenza si serve di strani strumenti per fare la felicità dell'Italia. Da parte mia, non rimpiango certo il parlamentarismo italiano, quando vedo Mussolini tendere risolutamente verso un governo conservatore".

Pochi mesi dopo, nella sua prima enciclica, Ubi arcano Dei, Pio XI, mettendo in guardia contro le agitazioni sociali e le ribellioni alle legittime autorità, sente il bisogno di sottolineare che esse sono più frequenti nei Paesi in cui è in vigore un regime basato sulla rappresentanza popolare, per il quale il papa pare non nutra particolare simpatia: "le forme di governo rappresentative, sebbene non condannate dalla dottrina della Chiesa (come non ne è condannata forma alcuna di regime giusto e ragionevole), pure è a tutti noto quanto facilmente siano esposte alla malvagità delle passioni". Non si può certo dire che con queste parole il papa abbia incoraggiato le forze politiche che si opponevano alla nascente dittatura.

Quando nel 1924, dopo l'assassinio di Matteotti, il fascismo sembra sul punto di crollare travolto dall'indignazione dell'opinione pubblica, tra i parlamentari popolari (privi del loro segretario, don Sturzo, già nel 1923 costretto dalle pressioni vaticane a dimettersi a causa della sua opposizione al nuovo ministero) e quelli socialisti si intavolano trattative per la formazione di un governo che possa succedere a Mussolini. Ma Pio XI coglie l'occasione di un Discorso agli studenti universitari cattolici per deplorare il possibile accordo: con una simile innaturale alleanza, infatti, i cattolici popolari porterebbero al potere il partito socialista, dichiaratamente favorevole alla detestabile separazione tra Stato e Chiesa, contrapponendosi per di più ai cattolici che si riconoscono nel partito fascista, e sarebbe "davvero penoso al cuore del Padre vedere buoni figli e buoni cattolici dividersi e combattersi a vicenda".

L'anno seguente, nell'enciclica Quas primas, Pio XI afferma che i governanti legittimi comandano per mandato di Cristo Re e conclude che, quanto più i cittadini saranno consapevoli che l'autorità viene dall'alto tanto più saranno pronti ad obbedire, e quindi si consoliderà una società ordinata e pacifica: "ancorché, infatti, il cittadino riscontri nei principi e nei capi di Stato uomini simili a lui, o per qualche ragione indegni e vituperevoli, non si sottrarrà tuttavia al loro comando qualora egli riconosca in essi l'immagine e l'autorità di Cristo". É appena il caso di ricordare che questo richiamo all'obbedienza valeva anche per quei cattolici italiani che ritenevano indegno e spregevole un capo di governo come Mussolini, che alcuni mesi prima in un discorso alla Camera si era assunto la responsabilità politica, morale e storica del delitto Matteotti.
Superato, quindi, il momento critico e messe definitivamente a tacere le opposizioni, Mussolini intensifica i rapporti col Vaticano, riuscendo nel 1929 a chiudere la questione romana. La Conciliazione tra Stato e Chiesa è indubbiamente un grosso successo per le due parti: da un lato rafforza il regime e dall'altro riconosce al cattolicesimo uno statuto privilegiato. Tralasciando gli aspetti più noti dell'accordo, può essere utile soffermarsi su quello economico. Da anni le finanze vaticane erano ridotte in condizioni disastrose e Mussolini aveva sempre mostrato grande sensibilità per questo problema: già nel 1924, e di nuovo nel 1925, aveva considerevolmente aumentate la rendita dei vescovi e la congrua dei parroci. Ma ora l'Italia versa alla Chiesa addirittura un miliardo in titoli e 750 milioni in contanti, e inoltre restituisce alcuni edifici ecclesiastici di enorme valore da tempo incamerati, esenta da ogni tributo le retribuzioni dovute a salariati e impiegati della Santa Sede e rinuncia ad imporre dazi doganali sulle merci importate dalla Città del Vaticano.
Non è necessario essere volgari seguaci di una concezione materialistica della storia per supporre che anche queste vantaggiose clausole finanziarie abbiano influito sull'entusiastico giudizio che sul Concordato appena firmato Pio XI espresse parlando ai professori e agli studenti dell'Università cattolica del Sacro Cuore: "Forse ci voleva anche un uomo come quello che la Provvidenza ci ha fatto incontrare, un uomo che non avesse le preoccupazioni della scuola liberale, per gli uomini della quale tutte quelle leggi ... erano altrettanti feticci ... tanto più intangibili e venerandi quanto più brutti e deformi. ... [Con lui siamo riusciti] a concludere un Concordato che, se non è il migliore di quanti ce ne possano essere, è certo tra i migliori".

In effetti, che Mussolini sia libero da scrupoli di tipo liberale è certo, e infatti ha già instaurato in Italia un regime totalitario, che ora si può consolidare con le elezioni plebiscitarie tenute proprio poche settimane dopo la firma dei Patti Lateranensi. Difficile negare che l'atteggiamento del Vaticano abbia aiutato il fascismo a mettere radici in Italia, tanto più che è un fatto riconosciuto dallo stesso Pio XI quando, in seguito alle violenze di stampo squadristico scatenate contro le associazioni dell'Azione cattolica, nell'enciclica Non abbiamo bisogno del 1931 accusa Mussolini di scarsa riconoscenza: anzi, vera ingratitudine "rimane quella usata verso la Santa Sede da un partito e da un regime che, a giudizio del mondo intero, trasse dagli amichevoli rapporti con la Santa Sede, in paese e fuori, un aumento di prestigio e di credito che ad alcuni in Italia e all'estero parvero eccessivi, come troppo largo il favore e troppo larga la fiducia da parte Nostra".
E tuttavia, neanche nel corso di questa crisi, che costituisce il momento di massima tensione col regime, e con questo documento, che è considerato la più chiara presa di distanza da esso, il papa ha intenzione di rompere col fascismo. Infatti dichiara che le sue critiche riguardano singole scelte, certamente gravi e detestabili ma che possono e debbono essere corrette, e conclude l'enciclica con la rassicurazione che "con tutto quello che siamo venuti finora dicendo, Noi non abbiamo voluto condannare il partito e il regime come tali".

In effetti, i buoni rapporti permangono anche quando nel 1935 Mussolini inizia la conquista dell'Etiopia. Si tratta con ogni evidenza di una guerra coloniale, e quindi ingiusta per la morale cattolica. All'estero tutti la giudicano così, ma Pio XI sembra dar credito alla propaganda governativa che la presenta come una guerra difensiva e, rivolgendosi a duemila infermiere, afferma: "Noi non crediamo, non vogliamo credere a una guerra ingiusta. In Italia si dice trattarsi di una guerra giusta: infatti, una guerra di difesa per assicurare le frontiere contro i pericoli continui e incessanti, una guerra divenuta necessaria per l'espansione di una popolazione che aumenta di giorno in giorno, una guerra intrapresa per difendere o assicurare la sicurezza materiale a un Paese, una tale guerra si giustificherebbe da sola". Così, quando gli Italiani, facendo uso anche di gas asfissianti, conquistano Addis Abeba e Mussolini proclama Vittorio Emanuele III imperatore d'Etiopia, in tutte le chiese si canta un Te Deum di ringraziamento.

E persino nel 1938, quando sono appena state approvate le leggi razziali, fortemente discriminatorie nei confronti degli ebrei, Pio XI sembra ritenere che il merito di aver approvato i Patti Lateranensi, di cui è ormai prossimo il decennale, possa coprire tutti i demeriti di Mussolini, a cui esprime sincera gratitudine in occasione di un discorso al Sacro Collegio: "Occorre appena dire, ma pur diciamo ad alta voce, che dopo che a Dio, la Nostra riconoscenza e i Nostri ringraziamenti vanno alle eccelse persone - cioè il nobilissimo Sovrano e il suo incomparabile Ministro - cui si deve se l'opera tanto importante, e tanto benefica, ha potuto essere coronata da buon fine e felice successo". Del resto la Chiesa, se rifiuta un antisemitismo di carattere razziale, ha per secoli coltivato un antigiudaismo di carattere religioso. Nel 1924, per citare un solo ma significativo esempio, padre Agostino Gemelli, fondatore e rettore dell'Università cattolica del Sacro Cuore, scriveva: "se morissero tutti i giudei che continuano l'opera dei giudei che hanno crocifisso Nostro Signore, non è vero che al mondo si starebbe meglio?".

Con la Conciliazione Mussolini ha acquistato un merito indelebile anche per il nuovo papa. Nella Summi pontificatus del 1939, la sua prima enciclica, Pio XII infatti ricorda ancora con animo grato che dai Patti Lateranensi "ebbe felice inizio, come aurora di tranquilla e fraterna unione di animi innanzi ai sacri altari e nel consorzio civile, la pace di Cristo restituita all'Italia".

Della politica concordataria papa Pacelli è in effetti un convinto sostenitore, e già nel 1933, come segretario di Stato, aveva firmato il concordato con Hitler. Le trattative avviate dal Vaticano col governo tedesco inducono i vescovi, che avevano in precedenza espresso un giudizio fortemente negativo nei confronti del regime nazista, a modificare il proprio atteggiamento. Essi ricordano ora ai loro fedeli che debbono "adempiere con coscienza i propri doveri di cittadini, rifiutando per principio ogni comportamento illegale o sovversivo". La politica di Pacelli, letta in Germania come un avallo dato al nazismo, ha quindi provocato il disorientamento di milioni di cattolici tedeschi, che rinunciano ad ogni forma di opposizione, e la crisi del Partito del Centro Cattolico, che addirittura arriva all'autoscioglimento.

Deludendo le aspettative del Vaticano, Hitler non rinunzia però alle violenze contro i cattolici ma le proteste della Chiesa sono ormai inefficaci. L'enciclica di Pio XI del 1937, la Mit brennender Sorge, in cui il papa, accusando il governo tedesco di tollerare e addirittura favorire gli attacchi alla religione cristiana per sostituirla con la deificazione della razza e dello Stato, ribadisce che "il credente ha un diritto inalienabile di professare la sua fede e di praticarla in quella forma che a essa conviene" ma dichiara tuttavia di non avere perduto la speranza che finalmente il concordato possa trovare attuazione, può tutt'al più irritare Hitler ma non può certo mettere in difficoltà il regime. Del resto, il tono deciso delle parole del papa poco si accorda con l'atteggiamento conciliante mostrato nei mesi successivi in privato dal suo segretario di Stato, tanto che l'ambasciatore tedesco presso il Vaticano può comunicare al suo governo: "Pacelli mi ha ricevuto in modo decisamente amichevole e mi ha enfaticamente assicurato, nel corso della conversazione, che relazioni amichevoli e normali si sarebbero ristabilite il prima possibile".

Così il governo nazista continua a proclamare la religione del sangue, a perseguitare sacerdoti e sciogliere organizzazioni cattoliche, a imprigionare e uccidere ebrei, distruggendone case e sinagoghe: tutto ciò non induce il Vaticano a una condanna ufficiale. Anzi, divenuto papa nel 1939, nel comunicare a Hitler la propria elezione, Pacelli dà l'impressione che tutto in Germania vada per il meglio: "Noi stimiamo dovere del nostro ufficio dare notizia a Lei, come Capo dello Stato, dell'avvenuta nostra elezione. Al contempo Noi desideriamo assicurarla, fin dall'inizio del nostro pontificato, che restiamo legati da intima benevolenza al popolo tedesco affidato alle sue cure ... Nella cara memoria dei lunghi anni durante i quali, come nunzio apostolico in Germania, tutto abbiamo messo in opera per ordinare le relazioni tra Chiesa e Stato in mutuo accordo ed efficace collaborazione a vantaggio delle due parti ... Noi indirizziamo particolarmente in quest'ora al raggiungimento di tal fine l'ardente aspirazione che ci ispira e ci rende possibile la responsabilità del nostro ufficio".

Le atrocità commesse dal regime hitleriano negli anni successivi non sono sufficienti a convincere il papa ad abbandonare le ambiguità del linguaggio diplomatico. Solo nel giugno del 1945, quando la Germania sarà stata definitivamente sconfitta, Pio XII formulerà, in un'allocuzione al Sacro Collegio, quella chiara condanna che invano tante vittime della barbarie nazista avevano atteso nel corso della guerra: "Nutriamo fiducia che il popolo tedesco possa risollevarsi a nuova dignità e a nuova vita, dopo avere respinto lo spettro satanico esibito dal nazional-socialismo ". Peccato che queste parole siano state pronunziate con tanto ritardo!

Del resto, è ovvio che per il Vaticano non era facile rompere con i regimi fascista e nazista, di cui aveva negli anni precedenti appoggiata l'azione volta ad instaurare una dittatura di destra in Spagna. Nel 1936, infatti, il generale Franco, sostenuto da Germania e Italia, aveva dato inizio a una rivolta militare contro il Fronte Popolare che aveva vinto le elezioni. Ricevendo un gruppo di preti fuggiti dalla Spagna, Pio XI chiarisce subito da che parte sta la Santa Sede, mettendoli in guardia contro il pericolo di una possibile collaborazione dei cattolici con le sinistre, e invia la sua speciale benedizione "a quanti si erano assunti il difficile e rischioso compito di difendere e restaurare i diritti e l'onore di Dio e della religione", e cioè a coloro che si erano ribellati al governo legittimo.

É vero che in Spagna molti preti erano stati massacrati ad opera delle sinistre ma non pochi erano quelli massacrati dai militari ribelli. Eppure di questi ultimi Pio XI non sembra preoccuparsi, mentre nell'enciclica del 1937, la Divini Redemptoris, condanna senza mezzi termini il comunismo e le stragi perpetrate dai comunisti: "Il furore comunista non si è limitato a uccidere vescovi, migliaia di sacerdoti, di religiosi e di religiose ... Non vi può essere uomo privato che pensi saggiamente, né uomo di Stato consapevole della sua responsabilità , che non rabbrividisca al pensiero che quanto accade oggi in Spagna possa ripetersi domani in altre Nazioni civili".

Quando poi nel 1939 i legionari di Franco riportano la vittoria, Pio XII non perde tempo per esprimere con un radiomessaggio il suo entusiasmo e la sua fiducia nel nuovo governo: "Con immensa gioia ci rivolgiamo a voi, figli dilettissimi della cattolica Spagna, per esprimervi le paterne Nostre felicitazioni per il dono della pace e della vittoria ... I disegni della Provvidenza, amatissimi figlioli, si sono manifestati una volta ancora sopra l'eroica Spagna ... [Esortiamo i Governanti e i Pastori a insegnare i principi di giustizia contenuti nel Vangelo e] non dubitiamo che ciò avverrà: di questa Nostra ferma speranza sono garanti i nobilissimi sentimenti cristiani di cui hanno dato sicure prove il Capo dello Stato e tanti suoi fedeli collaboratori con la protezione legale accordata ai supremi interessi religiosi e sociali, in conformità agli insegnamenti della Sede Apostolica". Nelle carceri spagnole si trovavano allora oltre duecentomila prigionieri politici ma quei “nobilissimi sentimenti cristiani” non impedirono che ogni giorno a centinaia essi venissero portati davanti al plotone di esecuzione.

Anche in anni recenti l'opposizione al comunismo sembra agli occhi delle gerarchie vaticane un valore tale da permettere di chiudere gli occhi su illegalità, violenza e dittatura. Nel 1973, rovesciato il legittimo governo del socialista Allende, il generale Pinochet instaura in Cile la sua dittatura. Si tratta di un regime universalmente condannato per la sua ferocia dall'opinione pubblica democratica, eppure il papa Giovanni Paolo II non ha difficoltà, nel corso del suo viaggio in Cile del 1987, a presentarsi in pubblico a fianco di Pinochet, che dichiara che quando ha assunto la guida del Paese ha affidato "il successo della nostra missione a Dio e alla santissima Vergine del Carmelo". E nel 1993, in occasione del cinquantesimo anniversario del matrimonio del generale, il papa invia una sua foto con la seguente dedica: "Al generale Augusto Pinochet Ugarte e alla sua distinta sposa, signora Lucia Hiriarde Pinochet, in occasione delle loro nozze d'oro matrimoniali e come pegno di abbondanti grazie divine, con grande piacere impartisco, così come ai loro figli e nipoti, una benedizione apostolica speciale. Giovanni Paolo II". Ancor più calorosa la lettera del cardinale Sodano, segretario di Stato, che riconosceva negli sposi una coppia cristiana esemplare e rinnovava al generale "l'espressione della più alta e distinta considerazione". Come stupirsi quindi dell'intervento vaticano a favore di Pinochet presso le autorità inglesi e spagnole quando nel 1998 il sanguinario dittatore cattolico rischia di essere processato per i crimini commessi?

Non meno feroce la dittatura militare instaurata in Argentina nel 1976. Ma appena tre mesi dopo il golpe arriva la benedizione dell'allora nunzio apostolico Pio Laghi: "Il Paese ha un'ideologia tradizionale e quando qualcuno pretende di imporre altre idee diverse ed estranee, la Nazione reagisce come un organismo, con anticorpi di fronte ai germi, e nasce così la violenza. I soldati adempiono il loro dovere primario di amare Dio e la Patria che si trova in pericolo. Non solo si può parlare di invasione di stranieri, ma anche di invasione di idee che mettono a repentaglio i valori fondamentali. Questo provoca una situazione di emergenza e, in queste circostanze, si può applicare il pensiero di san Tommaso d'Aquino, il quale insegna che in casi del genere l'amore per la Patria si equipara all'amore per Dio". I generali colpevoli di genocidio, come Videla, Viola, Galtieri e Massera, tutti poi amnistiati dal presidente Menem, vengono ovviamente invitati dal nunzio apostolico Calabresi ai festeggiamenti ufficiali del 1991 per il tredicesimo anniversario dell'elezione di Giovanni Paolo II. E mentre Roma abbandona alla loro sorte vescovi come Angelelli, Gerardi o Romero, trucidati perché schieratisi con gli oppressi, gli ecclesiastici che per anni hanno mantenuto ottimi rapporti con gli aguzzini sono considerati in Vaticano degni di promozione: così monsignor Medina diventa vescovo castrense, monsignor Quarracino cardinale arcivescovo di Buenos Aires, e monsignor Laghi cardinale prefetto della Congregazione per l'educazione cattolica.Se questa è stata la politica della dirigenza ecclesiastica nel secolo scorso, non si capisce per quale ragione ci si dovrebbe attendere oggi una particolare sensibilità per i pericoli che corre la democrazia in Italia. Penso che i cattolici democratici farebbero bene, quindi, a proseguire nel loro impegno di difesa della legalità costituzionale senza preoccuparsi delle posizioni delle gerarchie vaticane, che hanno fermamente condannato i regimi totalitari comunisti ma non quelli fascisti. Se delle immani sofferenze provocate dai primi, da sempre combattuti, i responsabili della politica vaticana non portano il peso, di quelle provocate dai regimi autoritari di destra, di norma legittimati, essi sono senza dubbio oggettivamente corresponsabili. Somigliando, per quanto riguarda il campo politico, a ciechi che pretendono di guidare altri ciechi, questi uomini sono perciò da affidare alla misericordia del Padre, dato che spesso non sanno quello che dicono e che fanno.



Elio Rindone











SANE POLITICHE AMBIENTALI: ELEZIONI 2009 PER IL PARLAMENTO EUROPEO


Giorgio Schultze, candidato indipendente nella lista Italia dei Valori per le europee 2009, aderisce all'iniziativa dell'Associazione Culturale Pediatri intitolata "SANE POLITICHE AMBIENTALI".


Al link seguente trovate maggiori informazioni:

"Il nostro obiettivo è di accrescere la consapevolezza di come i problemi ambientali influiscano sullasalute e delle opportunità politiche, esistenti e future, a disposizione dei nuovi membri del ParlamentoEuropeo per migliorare la situazione", ha dichiarato Giacomo Toffol, coordinatore del gruppo Pediatri per un mondo possibile dell'ACP (http://pumpacp.blogspot.com), che ha diretto la campagna di sensibilizzazione in Italia. “Vogliamo inoltre portare a conoscenza dei cittadini le azioni che i nuovi membri del Parlamento europeo intraprenderanno in merito a queste problematiche durante il loro mandato”.

“Sarà nostro compito monitorare le risposte dei candidati alle Elezioni 2009 che verranno elettieurodeputati per verificare se manterrano nella pratica quanto ci hanno promesso sulla carta”, conclude Toffol.

Oche Selvatiche (una poesia di Mary Oliver)



Oche selvatiche







Non devi essere buono.

Non devi camminare sulle ginocchia

per cento miglia nel deserto in penitenza.

Devi solo lasciar che il dolce animale del tuo corpo

ami ciò che ama.

Raccontami della disperazione, la tua, ed io ti racconterò la mia.

Intanto il mondo va avanti.

Intanto il sole e i chiari cristalli di pioggia

si stan muovendo pei paesaggi, su praterie e profondi alberi,

su montagne e fiumi.

Intanto le oche selvagge, alte nel puro aere blu,

son di nuovo sulla rotta verso casa.

Chiunque tu sia, non importa quanto solo,

il mondo offre se stesso alla tua immaginazione,

come le oche selvatiche ti chiama, aspro ed eccitante -

annunciando ancora e ancora il tuo posto

nella famiglia delle cose.




Mary Oliver




Mary Oliver e il suo cane Percy


Senza titolo 1511

  L'AVETE LETTA LA FIABA L'ISOLA DEI NASI NERI ?  :-)


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4.6.09

Opposte latitudini


Dati i tempi calamitosi, abbandonarsi a eccessivi entusiasmi risulta, più che esagerato, imprudente. E proprio questo, d'altronde, è un indicatore assai eloquente della perversità del periodo attuale: la censura, o meglio l'auto-censura, della passione, dell'afflato mistico, dell'istinto potente e creativo.

Ma così va il mondo. Tuttavia, poiché tale ripiegamento sulle proprie ambasce non può che logorare, vogliamo cogliere intorno a noi segnali di speranza. E anche la rabbia, in tal senso, va intesa positivamente. Certa rabbia, almeno. Che non si rassegna, che vuol reagire. E altra rabbia, che sarebbe forse più appropriato definire dispetto o stizza (puerile, riottosa e pertanto pericolosissima) che, suo malgrado, è anch'essa positiva.

Sembra infatti che Osama Bin Laden, o chi per lui, in questo momento sia molto arrabbiato, anzi stizzito, anzi indispettito, anzi riottoso, puerile, pericolosissimo. Lo capisco, lo storico discorso ai musulmani del suo quasi omonimo Obama non può che spuntargli le armi. Hai voglia a latrare che Barack e Bush "sono la stessa cosa": evidente che non è così, e certo il barbuto miliardario annoiato che gioca con le bombe e i tagliagole rimpiange i bei tempi in cui alla Casa Bianca sedeva il suo corrispettivo wasp, tutto crocifissi, guerra "per la democrazia" e scontro di civiltà. Molto più facile e comodo, allora, ma George W. è tramontato: chissà che non lo segua, presto, lo stizzoso barbuto che sèguita a ululare alla (mezza)luna.

Rimane tanto da fare, beninteso. Tutto, o quasi: l'avanzata dei talebani in Pakistan che ha comportato il martirio in particolare delle donne, i colpevoli di Guantanamo che restano tranquilli e onorati nelle loro case, la guerra in Medio Oriente che prosegue. Ma, a volte, la forma è sostanza. Una frase, una parola, scatena un mondo di idee, sensibilità, azioni e aspirazioni. Obama ha molti amici e altrettanti nemici, dai razzisti alla potentissima destra neocon. Gli tocca persino succiarsi le fregnacce degli anti-abortisti, non di rado supportati o almeno benevolmente guardati dal Vaticano, che di fronte alla povertà incipiente, alla disoccupazione e alla guerra se ne sbattono l'anima, anzi approvano quest'ultima esattamente come sostengono con convinzione la pena capitale; e la scorsa settimana, in perfetta coerenza con la loro strenua difesa della Vita, hanno accoppato un medico reo di praticare quelli che essi definiscono con pio orrore "assassini".

Non amiamo l'agiografia, ma il Presidente dal nome islamico che recluta nel suo staff donne di valore, che proclama gli Usa "il più grande paese musulmano del mondo" (Oriana Fallaci si rivolterebbe nella tomba...) e, udite udite, osa persino dichiarare giugno "il mese dei diritti dei gay", un po' di simpatia la suscita. Se non altro perché queste sue prese di posizione mandano su tutte le furie i Bin Laden di cui sopra, i Ratzinger, i Berlusconi: che rispetto a lui ci stanno molto più antipatici. E sono pure più brutti, toh!

Qualcuno obietterà che la periferia Italia non meriterebbe nemmeno un cenno. E' vero, ma si dà il caso che noi ci si abiti, in questa oscura periferia, e i raffronti sorgono spontanei.

Perché qui va tutto a rovescio. A Milano Mohamed Ba, scrittore e attore senegalese [foto a destra], lo scorso mese protagonista di un appassionante Monologo dello schiavo all'interno dello spettacolo Traslochi e autore dello splendido Decalogo dell'intercultura, è rimasto vittima di un'aggressione da parte di balordi razzisti. Balordi razzisti, vale a dire gente perfettamente normale, però, cavolo, che fastidio quel negro. Allo stesso modo degli aggressori veronesi del procuratore Schinaia. La polizia ha fermato un diciassettenne, uno bravo, incensurato, tranquillo, tutto casa e scuola. Allo stesso modo degli omicidi di Nicola Tommasoli, che non era negro ma bianco, ma non bianco come loro. Portava l'orecchino, i capelli lunghi, forse era comunista, forse era pure frocio, forse semplicemente era alieno, estraneo, straniero come nel romanzo di Camus, forse rovinava il paesaggio. Tipi normali perché, adesso, proclamarsi razzisti non è più né esecrabile né meritevole di condanna. Lo si dice apertamente, vantandosene anche. E' diventata la norma, la regola, la giusta reazione dei bravi borghesi, dei figli affettuosi, d'impeccabili padri di famiglia. Ba e Schinaia se la sono cavata con un fracco di legnate, Nicola è morto. Sento già le proteste (stizzose) dei borghesi indispettiti: "Ma non siamo tutti così, noi vogliamo solo ordine". Solo ordine, certo, che diamine! E fingono di non capire, gli ipocriti, che non occorre far fuori materialmente qualcuno per alimentare odio e intolleranza. E' sufficiente accettare un sistema, appartenervi, sentirlo proprio. O, anche, lasciarselo vivere addosso, con indifferenza, con accidia.


In Italia la considerazione della donna è regredita a un'epoca pregoldoniana. E' tornata a essere puro corpo, meglio se fresco, freschissimo, quasi implume. Per le "altre", le diverse, nessun futuro e nessuna speranza. Anche in questo caso si è trattato di un processo cominciato una ventina d'anni fa, con la Milano da bere, i nani e le ballerine, le ragazze del Drive In, le ragazze Cin Cin dell'indimenticabile Colpo grosso con Umberto Smaila, le ninfette di Non è la Rai, le trasmissioni urlate, le corna in pubblico, la compravendita dei sentimenti, la morale liquida, le doppie, triple e mezze verità che corrispondono al nulla etico, contro il quale però nessun Ratzinger si scaglia mai, perché il patto d'acciaio tra la Chiesa e la destra è più che mai solido e, per quanto mi sembra, anche abbastanza manifesto: non condivido pertanto la definizione "accordo segreto" elaborata da "Repubblica". Ma tant'è.

E sale un'altra rabbia, verso le smaccate e irridenti ingiustizie, verso le promesse di cartapesta non mantenute, verso un'apocalisse prossima ventura che, però, non ha neppure i tratti d'una wagneriana grandezza ma somiglia al putridume accumulatosi a Palermo: non un fosco Moloch, ma una montagna di maleodorante zozzeria. Sembra che a metà degli italiani, la metà vincente (ripeto, non illudiamoci...), piaccia molto sguazzare in questa zozzeria; ci domandiamo per quanto tempo ancora. Intanto, lasciateci respirare la giovane America. E, se ci dànno degli esterofili, pigliamolo come un complimento.


Daniela Tuscano

Favola vera - 1

Scatola di ricordi


                                                          Disegno di franca bassi: "Scatola di ricordi"                                       



                                     


                                            "La bambolina"
In un paese lontano...lontano viveva una fanciulla di nome Prisca. La sua tristezza era ormai conosciuta da tutti nel villaggio, ma tutti le volevano bene. Aveva sempre una carezza, una parola buona per tutti, ma Prisca non riusciva a comprende perché sul suo bel volto non appariva mai un sorriso, eppure lei dentro era felice. Spesso si fermava dietro il trullo per odorare il profumo degli alberi di bergamotto e quando il sole tramontava si fermava per sentire il respiro della terra. Udiva le voce degli anziani che avevano faticato per lasciare quello spettacolo. Lo chiamavano "il giardino di Principessa".
Prisca aveva sentito tanti racconti di fate e folletti e sapeva che le radici di tali racconti affondavano in una terra lontana: la Tuscia. Nella terra rossa, l'antica terra dei Messapi, Principessa era venuta in un periodo della sua vita e si era fermata. Ormai gli anni erano passati veloci, gli oggetti dispersi. Di Principessa restava solo il giardino profumato, recintato da muretti a secco, posto alle spalle dell'antico trullo.
Spesso Prisca sognava, una bella fanciulla dai capelli color del sole, nel sogno le sorrideva e la prendeva per mano, poi insieme sedute sotto un antico albero di "fragno" aspettavano il calar del sole. Prisca giocherellava sempre con la sua mano e nel sogno la guardava piena di terra. La bella donna le sorrideva e le diceva di cercare una scatola nascosta nella terra rossa. Al risveglio la fanciulla si chiedeva se veramente doveva cercare una scatola nascosta nel terreno o doveva lasciare i suoi sogni e continuare la solita vita.
Un giorno dell'anno 2218, quando la primavera incominciava a scaldare la terra, improvvisamente il cielo si fece notte. Un fulmine spaccò in due l'antico fragno. Prisca pianse per giorni per la morte del bell'albero, accaduta in quella notte di tempesta. Anche l'antico albero si era arreso, restavano solo rami bruciacchiati e ancora alcune ghiande grandi come ambre. Una mattina, alle prime luci dell'alba, uomini armati di lance infuocate, finirono di abbattere l'antico albero. Prisca non capiva perché anche il tronco doveva finire in quel modo crudele. Solo una grossa voragine restava a ricordo del suo amico albero. Era così grande che una casa vi entrava dentro. A cosa serviva piangere? Ormai il suo bell'albero non c'èra più, restava intorno solo il profumo di bergamotto, che lei amava tanto. A Prisca piaceva alzarsi presto, prima che quelle macchine infernali iniziassero a sollevare la terra e che uomini armati di spade infuocate, iniziassero a tagliare i teneri rami. Non le piaceva affatto, si sentiva ferita nel profondo. Era estranea a quel mondo spesso crudele. A lei piaceva accarezzare con le sue mani i tronchi. Sentiva che dentro c'era la vita. Silenziosa girava intorno alla grande buca in parte illuminata dai primi raggi di sole. Vide qualcosa nel terreno che risplendeva. Prisca si chinò, scostò con la mano lo strato di terra che ricopriva l'oggetto e apparve una grande scatola di metallo. Ecco! Nella sua mente il ricordo del sogno... Seduta su una pietra, iniziò ad accarezzare il coperchio. Intimorita non sapeva se aprirlo oppure rimettere la scatola sotto uno strato di terra, senza svelare a nessuno il ritrovamento. Non ebbe il coraggio di aprirla e la nascose sotto il suo giaciglio. Di notte controllò più volte che la scatola fosse ancora al suo posto. Si addormentò e anche quella notte il sogno le venne d'aiuto. La stessa donna sorridente la prendeva per mano, le faceva un cenno e le diceva: "Prisca, ormai hai trovato la scatola puoi aprirla, ma la devi anche proteggere". La voce gentile smise di parlare, poi riprese come se la sua voce fosse un canto: "Prisca, dentro ci sono degli oggetti a me molto cari, li ho portati sempre con me. Semplici monili. Non sono d'oro, ma per me sono stati molto importanti". Il sogno continuò fino all'alba, quando le macchine avevano già ultimato la chiusura della grande voragine nel terreno. Uno sguardo veloce sotto il suo giaciglio per accertarsi che la scatola fosse ancora lì. Prisca, rimasta sola, si nascose in una camera dove c'erano vecchie cianfrusaglie, alzò delicatamente il coperchio e diede un rapido sguardo. Un profumo noto entrò nelle sue narici. Le sembrò di riconoscere il profumo del bergamotto. Una strana fibula di bronzo, una pallina colorata con disegni in azzurro ed una scritta: "Regnat Amor". Una collana con sfere colorate, ancora una collana con un uno strano pendaglio grigio, un vecchio lume rotto, una piccolissima bambolina dai capelli color del sole e tanti fogli scritti ordinati con le pagine numerate. Prisca iniziò a leggere quei fogli. Incuriosita accarezzò la piccola bambolina e sentì che dal suo stomaco saliva verso il volto uno strano solletico. Le labbra iniziarono a tremare. Prisca, scossa da un gesto repentino, alzò il suo avambraccio e, con la manica del suo vestito, spolverò un vecchio specchio, guardò dentro fino a trovare l'immagine e il suo viso s'illuminò di uno splendido sorriso. Era la prima volta che vedeva un sorriso sul suo volto. Incuriosita e felice continuava a guardare, voleva capire il significato di quegli strani oggetti e cosa volessero raccontare. Iniziò a leggere il primo foglio: “Quando troverai questa scatola, questo foglio ti svelerà cosa hanno significato per me questi oggetti. Sono una tua antenata. Il mio nome è Franca detta "Principessa". La scatola è appartenuta a mia madre Olga. Ci conservava i suoi sogni, i suoi ricordi di moglie, di madre felice. La piccola bambolina, la trovai in un vecchia casa nell'antica terra dei Sabini, dove avevo un casale dell'anno 1845. Una mia vicina, un'anziana donna, me la donò. Era priva di capelli. Tagliai una mia ciocca e le feci la parrucca. Con merletti antichi la vestii. Era povera e sola e nella mia casa trovò la sua nuova vita, il suo splendore. La fibula di bronzo a forma di chiocciola è appartenuta all’antico popolo dei Romani. Trovata sempre nel terreno vicino al casale, la tenevo sempre con me. Mi piaceva portare una fibula antica e spesso mi chiedevo chissà quale tunica fermava. La collana di sfere colorate era composta dai frutti essiccati della pianta del chinotto e del bergamotto. Mi piaceva quando la indossavo. Le sfere sprigionavano ancora quel profumo che io ho amato tanto. Ecco perché ho piantato moltissimi alberi di bergamotto in questa terra. Sai le nostre radici affondano nell'antica Tuscia e questo lume era di mia nonna Elisabetta. Mi dispiace che si sia rotto, ma l'ho conservato ancora per te. Quando lo prenderai in mano potrai vedere ancora la luce che manda. La collana con il pendaglio grigio è una sfera "Etrusca" trovata nel terreno. Come vedi sono oggetti molto antichi. Si tratta delle nostre radici. Bastano pochi oggetti per darti la sicurezza, non servono grandi tesori. Serve sapere che tutti abbiamo delle profonde radici, molto lontane. Sii fiera di te. Ama le piccole cose, ama e difendi la natura e ti sarà amica come lo è stata per me. Questi miei fogli sono storie vere. Leggile e raccontale quando incontri un bambino triste. Dagli un po' del tuo amore, una carezza. Non servono grandi doni, ma solo amore. Conserva con te questa mia scatola di ricordi. Mettici qualcosa di tuo e lasciala a una tua discendente, sempre se pensi che comprenda e la meriti. Altrimenti trova un bell'albero e nascondila bene. Un giorno qualcuno la troverà e saprà di noi". Franca Bassi
 




Questionario sulla religione, prof sospeso


 


Corriere della Sera.it
MILANO - Lo hanno sospeso per due mesi per avere distribuito tra i suoi studenti un questionario sull'ora di religione. Ma contro un atto che viene definito «ingiustificato e gravissimo» è stato promosso per mercoledì a mezzogiorno un sit-in di protesta davanti all'istituto in cui l'insegnante lavora, il liceo scientifico di «Righi» di Cesena. Destinatario del provvedimento - che prevede Leggi ancora...

JoyCut > La Stranissima Storia di Mr.Man continua nella Foresta degli Alberi Fantasma




Il Signor Uomo,
in cerca di Ossigeno,
si sposta dallo scenario SubUrbano
all'estrema desolazione
delle aree ambientali complessamente violentate.
Dove gli Alberi.
Come fantasmi soffocati.
Rappresentano l'unico rifugio.
L'unico non-luogo da Evocare.
La sola linfa da sfrondare.
Per Svanirci.
Disintegrandosi di Vita".

Decalogo dell'intercultura

1. Non avrai altro io all'infuori di te.


2. Non nominare la nazionalità degli altri invano.



3. Ricordati di valorizzare le feste di tutte le culture presenti nella tua città.



4. Onora la memoria dei tuoi nonni e raccontala ai tuoi ospiti.



5. Accogli spontaneamente il punto di vista degli altri, non imporre il tuo.



6. Non rubare la parola ai nuovi compagni, prima di tutto impara ad ascoltarli.



7. Non testimoniare sulla cultura degli altri se non ne sai niente.



8. Non desiderare solo la tua cultura: rischi la solitudine e l'arretratezza.



9. Non desiderare solo la cultura degli altri: rischieresti di far morire la tua.



10. Non uccidere le differenze culturali: sono la bellezza dell'umanità.






COGLIETE L'ATTIMO: ACCOGLIETE.






Mohamed Ba


 


 


Ecco invece come la pensa in materia Borghezio, europarlamentare leghista.


«Il patriarcato è finito. Violenze in aumento per l’immigrazione illegale»: il discorso di Valditara alla Fondazione per Giulia Cecchettin. se stava zitto faceva più bella figura

«Occorre non far finta di vedere che l’incremento dei fenomeni di violenza sessuale è legato anche a forme di marginalità e devianza, in qua...