13.1.18

il mondo accademico lo emargina e lo mobizza ma lui smaschera i falsi . Parla Carlo Pepi, una vita spesa a smascherare i falsari, vedi la mostra di Modigliani a Genova ma l'accademia lo ha messo in un angolo

ti potrebbe essere  utile
https://it.wikipedia.org/wiki/Amedeo_Modigliani
https://www.facebook.com/carlo.pepi.7 
  https://carlopepi.wordpress.com/

da  http://iltirreno.gelocal.it/regione/toscana/2018/01/12/



PONTEDERA. 
Lo 007 dei falsi, il Don Chisciotte dell’arte, l’uomo che fiutava gli imbroglioni. James Beck lo volle a capo della sezione contraffazione di Artwatch, l’associazione internazionale che si occupa di tutela delle opere d’arte. Da quando, solo ed isolatissimo, fu il primo a smascherare la burla delle teste gettate nel Fosso Reale a Livorno e frettolosamente attribuite ad Amedeo Modigliani, Carlo Pepi si è preso una serie di rivincite su un mondo accademico dell’arte che ha quasi sempre cercato di metterlo in un angolo.



Falsi Modigliani, l'esperto: "Sta producendo più da morto che da vivo"Intervista al critico d'arte e scovatore di falsi Carlo Pepi nella sua villa a Crespina. Che lancia un'allarme: "Nel centenario c'è il rischio di un boom di falsi"

L’ultima di queste vittorie è arrivata da Genova: la perizia dell’esperta Isabella Quattrocchi, nominata dalla Procura di Genova, che ha stabilito come 20 delle 21 opere sequestrate dalla mostra di Palazzo Reale siano degli autentici falsi. Di più, delle croste, peraltro mal riprodotte. Pepi usa un’espressione più colorita, per la verità. La stessa con cui battezzò le famigerate teste. Dei "troiai".Insomma, aveva ragione lui che, di fronte a quelle immagini, denunciò tutto con un esposto in Procura.Incontriamo Pepi nella tenuta dei Gioielli, sulle colline di Crespina, una delle due ville- caveau dove il collezionista 79enne custodisce un patrimonio di oltre 20mila opere, messe insieme a partire dalla fine degli anni ’50. E tra un Fattori e un Lega, tra i disegni di Picasso e Dalì, oltre ad una marea di volumi di storia dell’arte e cataloghi di mostre, ci accoglie con una battuta che è anche un manifesto della sua esistenza dedicata all’arte: «Modigliani? Sembra che abbia prodotto più da morto che da vivo».
Il pubblico   poco esperto  e profano   si  potrebbe chiedere  ma  chi è Carlo Pepi ?
Secondo qu,anto riferisce il  sito  http://www.modigliani1909.com/carlo_pepi.html  è  uno che    ci mette l'anima  e  con la  <<  Passione e intuito sono stati i punti cardinali che hanno orientato la ricerca di Carlo Pepi, sin dall'inizio della sua attività di collezionista. Una biografia ricca di incontri e di esperienze battagliere, in cui Carlo Pepi ha generosamente messo a disposizione dell'opinione pubblica, senza personali fini di lucro, solo per il gusto gratuito e verace della "scoperta", la sua conoscenza maturata sul campo e le sue innate doti di sensibilità artistica, per mettere in luce le luci, le ombre, le ambiguità di cui è costellato il mondo dell'arte.>> Infatti ---  sempre   il sito  secondo  Modgliani1909 ---Carlo Pepi si è dedicato all'arte per predisposizione naturale. Folgorato a sei anni dalla pittura di Van Gogh, ha coltivato sempre la sua passione. Ha iniziato molto giovane a lavorare come libero professionista e presto ha iniziato ad acquistare opere d'arte contemporanee.ngo sarebbe elencare i suoi interventi sempre vittoriosi: come quando ad esempio intervenne alla mostra di Ribera a Napoli facendo togliere una consistente serie di opere erroneamente attribuite al grande artista. Tra queste, alcune erano di coloro che sono ritenuti i maggiori esperti a livello internazionale dell’artista. Così come a Viterbo all’inaugurazione della mostra di disegni giovanili attribuiti a Modigliani, dove sostenne che di Modigliani non ce n’era neppure uno. I successivi risvolti gli dettero ragione: secondo i periti chimico-fisici la carta e l’inchiostro non potevano essere datati prima del 1925, ma Modigliani era morto nel 1920! Oppure nel caso del disegno "Donna con cappello" attribuito a Modigliani che lo vide davanti al tribunale a Livorno contro una decina di "esperti" mettendoli tutti alle corde, dimostrando che quel disegno acquistato per quaranta milioni di Lire non era lo stesso catalogato nel Pfannstiel a pag. 47 come sostenuto da due "eccellenti" certificati di autenticità (confermati da un consistente collegio di storici). Ma infinite altre sono state le sue prese di posizione che lo hanno visto sempre vincitore, anche se i mezzi d’informazione italiani, spesso indirizzati da potenti malavitosi, hanno fatto passare tutto sotto silenzio, possibilmente anche assecondando la voce dei suoi nemici falsari che hanno sempre cercato di screditarlo - con scarsi risultati - facendolo passare da semplice "appassionato" e senza mai riconoscergli neppure il merito di aver messo in piedi, con modesti mezzi, quella che é una delle più importanti raccolte d’arte d’avanguardia che va da i Macchiaioli ai giorni nostri e che spesso e volentieri concede gratuitamente a varie mostre. Sicuramente Pepi non teme rivali in quelle che sono le sue specialità: l’arte de i "Macchiaioli" con il loro allievi e delle avanguardie specialmente livornesi, in particolar modo su Modigliani, riguardo al quale, purtroppo, risulta essere sempre l'unico a pronunciarsi e a non sbagliare. Per le sue indiscusse qualità, una Università americana gli conferì una laurea honoris causa, anche se non si recò alla manifestazione per ritirarla, e sempre dall'America lo venne a cercare il famoso storico dell'arte della Columbia University di New York James Beck, per nominarlo Direttore della sezione Falsi e Contraffazioni dell’Associazione internazionale "ArtWatch International Inc" il cui unico scopo statutario è la tutela delle opere d'Arte.
Per questa associazione condusse molte importanti perizie come ad esempio sul restauro dell'ultima cena di Leonardo. Quando fu inviato da Beck a vedere i lavori del restauro in corso di realizzazione, puntualizzò il fatto che erano stati cambiati i connotati delle figure, dimostrando la sua tesi attraverso una sequenza di foto scattate nelle varie fasi di restauro. Il caso fu ripreso da Beck sollevando un clamore mondiale. Sempre per ArtWatch fu inviato per prendere visione del Crocifisso ligneo attribuito a Michelangelo, acquistato dallo Stato italiano per 3 milioni e 250 mila euro, opera che Pepi dichiarò essere stata eseguita da mano artigianale. Successivamente in molti hanno abbracciato questa tesi, tra cui James Beck che poco prima di morire riportò questa convinzione nel suo libro pubblicato nel 2007 "Da Duccio a Raffaello" tav 13 . Ed è forse per questo come segnala il primo articolo da me citato che si èfatto molti nemici e gli ambienti delle acccademie insomma la casta dell'arte ha sempre cercato di metterlo in un angolo senza riuscirci completamente visto le fiuguracce che gli fa fare. Ecco l'utima  

Pepi, come ha scoperto i falsi di Genova?
«Su Internet. Avevo letto la notizia che Chiappini organizzava una mostra di Modigliani a Genova. Mi sono incuriosito. Avevo fatto parte con lui degli Archivi Legali, poi ne uscii in polemica con quanto accadeva. Lui è rimasto. Così ho visionato il catalogo e mi è balzato agli occhi quel nudo. Scrissi subito su Facebook che era un falso».

Una delle opere attribuiteo Modigliani in mostra su cui il critico d'arte Carlo Pepi ha sollevato dubbi

  
Come se ne accorse?«Avevo visto quel dipinto in una mostra organizzata a Praga. Furono degli amici a farmi avere il catalogo e anche in quell’occasione dissi che era un falso, anche piuttosto grossolano»Cosa non andava?«Guardi, quando conosce le opere e l’artista, il contesto in cui lavora, la personalità, l’atmosfera capisce subito se il quadro è autentico»

E cosa ha fatto? «Ho visionato il catalogo e dissi subito che c’erano una ventina di opere fasulle. Così ho informato i carabinieri. Per un po’ non successe niente. Poi mi risposero e mi chiesero di fare una perizia da inviare alla Procura della Repubbliuca. L’ho fatta. C’era molta titubanza e prudenza nell’ambiente. Ma poi la Sovrintendente di Roma si pronunciò e disse che anche secondo lei c’erano dei falsi. Così è partita l’indagine. Ed in questi giorni è arrivata la perizia della Quattrocchi che conferma quanto sostenevo e spero faccia un po’ di chiarezza»
Lei è conosciuto anche per essere stato una sorta di predicatore nel deserto, o quasi, quando si dragarono i fossi di Livorno ed emersero le due famose teste. Tutti d’accordo: roba di Modì.
«Una vicenda che mi portò molti nemici. Ricordo che ero con mia madre quando seppi - quel 24 luglio del 1984 - che erano state trovate le teste. Prima quella del Froglia, poi il pomeriggio quella dei tre studenti. Mi precipitati subito dove dragavano, ma non mi fecero vedere le sculture. Il giorno dopo, invece, riuscii a visionarle. Dissi subito che erano false ed informai Jeanne Modigliani. Si vedeva chiaramente. Quelle teste avevano il volto spento, non parlavano, erano mute. Non c’era la luce di Modì».
Fu solo contro tutti...«Si, solo più tardi Spagnol sull’Espresso scrisse che anche a suo parere erano dei falsi»
Però la sua fama di castigatore dei falsi era appena cominciata. A Napoli successe un pandemonio...«Eravamo nel 1992. Ero andato a vedere una mostra del pittore del Seicento Jusepe de Ribera, conosciuto come lo "Spagnoletto". Mostra organizzata peraltro da due big come Sanchez, direttore del Prado e Spinosa, Soprintendente a Napoli. Vidi subito che c’erano dei falsi, ne identificai 20. Sa da cosa me ne accorsi? Dal disegno delle mani, il colore della pelle. Tra questi c’era anche un quadro di proprietà di Federico Zeri ed uno di Vittorio Sgarbi. Decisi di andare da Spinosa e di segnalare tutto. Sgarbi mi telefonò e mi disse che l’aveva levato. Con Zeri, invece, ci fu grande freddo. Mi ricordo uscì un articolo del Mattino sul cosa dei falsi Spagnoletto, fu uno scandalo, tanto che alcuni giorni dopo fu convocato un simposio di esperti. Vi partecipai ma non potei parlare. Alla fine tolsero 19 opere esposte. Ma non c’è solo questo» 
Vada avanti.«Mi ricordo della rassegna presentata da Sgarbi a Viterbo al Palazzo dei Papi sui disegni giovanili di Modì. Anche in quell’occasione vidì subito che non erano autentici. Lo vidi dal tratto dell’artista, non era il suo. Dall’atmosfera della scena. Dissi che secondo me era una mano femminile ad averli realizzati, più di una mano. Forse le donne della famiglia dell’artista livornese»Che successe?«All’inizio non mi credettero. Poi dissi agli organizzatori di far fare delle perizie. Convennero che la carta e l’inchiostro non potevano essere stati usati prima del 1925. Modigliani era morto nel ’20»Cosa gli resta, oggi, di queste esperienze alla luce anche di quanto si sta scoperchiando sui falsi?«È un buon inizio di anno, speriamo che si continui su questa strada e che le verità comincino veramente ad emergere. L’arte è una cosa, i mercanti sono un’altra. Io mi occupo di arte.Ma ho comunque un timore...»Si spieghi.«Nel 2020 ricorre il centenario della morte di Modì. Stanno nascendo come funghi da varie parti case natali dell’artista. Se non facciamo attenzione c’è il rischio che i falsi, che oggi sono centinaia in tutto il mondo, finiscano nuovamente in mostre e rassegne. Si è creato un artista parallelo che non ha nulla a che vedere con Modì».




11.1.18

«In Calabria il negazionismo ha due facce» di Emiliano Morrone

da  non  Calabrese     ma  da  uomo del sud   concordo conil compagno di viaggio  Emiliano Morrone in calabria si sta facendo lo stesso errore che si fece con la mafia siciliana cioè si dic che non esiste e se ne nega l'esistenza .La stessa  cosa  che  si fa  in sardegna ( http://www.pinoarlacchi.it/it/pubblicazioni/libri/488-perche-non-ce-la-mafia-in-sardegna  )    con le  infiltrazioni  sempre  più massice    delle mafie   confermate  anche da  .Un boss della mafia siciliana (Salvatore Costanza)  qui ulteriori  news.Per questo che diffondo  , vedere articolo  sotto ,  questa  sua   riflessione appena pubblicata da Corriere della Calabria

Si continua a negare il dominio della 'ndrangheta, della massoneria deviata e della politica che le unisce. Per cambiare bisogna avere il coraggio di raccontare la realtà, di scrivere e dire la verità. Basta con l'ipocrisia, soprattutto con quella intellettuale.




Emiliano Morrone                       Emiliano Morrone
Possiamo ripeterci che la Calabria è bellezza, incanto, magia; agricoltura, gastronomia, olio e vini eccellenti. Possiamo esaltare l'umanità, l'accoglienza e la generosità del suo popolo. Possiamo dirci dell'antica tradizione della nostra terra, delle fatiche, dei sacrifici e del talento di giuristi locali, medici, accademici, imprenditori e artigiani, emigrati o residenti. Possiamo compiacerci ricordando la scuola pitagorica di Crotone, l'utopismo di Gioacchino da Fiore e Tommaso Campanella, la carità di Francesco di Paola, i natali dello scrittore Corrado Alvaro, del “Nobel” Renato Dulbecco, dello stilista Gianni Versace o del filosofo Ermanno Bencivenga. A compendio possiamo sbandierare le origini calabresi di uno degli intellettuali più famosi, Gianni Vattimo, o di artisti come Steven Seagal, Raul Bova, Chick Corea e John Patitucci.
Nulla cambierebbe la realtà: la Calabria è forse l'ultima regione d'Europa per servizi, diritti e indicatori economici, ma sta in cima per tasso di spopolamento. Qui comandano la 'ndrangheta, la massoneria deviata e una politica immorale che spesso lega cosche e logge. L'amministrazione pubblica è attraversata dalla corruzione; gli incarichi illegittimi fioccano in libertà e buona parte della burocrazia obbedisce ai governanti di turno e relativi faccendieri: “trucca” concorsi, istruttorie, autorizzazioni, concessioni e perfino bilanci. La sanità agonizza, il mare puzza, la montagna brucia, le strade crollano e i paesi muoiono.
In Calabria la fantasia supera la realtà: vige un diritto speciale che, plasmato alla bisogna, aggira e sotterra le norme comuni. Non di rado i concorsi sono una farsa, i peggiori occupano posti di responsabilità e i migliori sono respinti, isolati e indotti a partire.
La recente operazione “Stige” (della Dda di Catanzaro) ha confermato la pervasività dell'organizzazione criminale e l'adesione, le aderenze politiche diffuse. E ha ribadito che l'economia è alterata da un sistema, di connivenze, violenza e favori, che aumenta le disparità e la massa proletaria, divisa, costretta alla sopravvivenza e resa inabile alla rivolta.
Il negazionismo ha di solito due facce. La prima è quella dei conservatori integrali, che alle spalle alimentano l'odio verso chi scrive, racconta, denuncia, esorta, ammonisce; la seconda, più ingannevole, è quella degli apologeti, i quali, traendo lauti benefici dal ruolo raggiunto, dipingono una Calabria da sogno, immaginaria, mitica, unica. Della regione costoro decantano le potenzialità, che restano proiezioni, suggestione e motivo di orgoglio posticcio, strumentale al mantenimento dei rapporti di forza vigenti.
Per battere la 'ndrangheta strutturata e culturale occorre demolire due assunti falsi e propagandistici, pure utilizzati tra gli ingenui. Il primo è che siamo perfetti e non potremmo vivere meglio; il secondo è che la Calabria è la prima al mondo in quanto a paesaggio, storia e natura.
Abbiamo tanto, sì. Ma abbiamo perduto la memoria, a causa della cementificazione dei luoghi e dello spirito, della distruzione dei simboli e della capacità di giudizio.

Ma come scriviamo e parliamo le parole sono importanti . si rischia di scambiare aglio per cipolla e d'essere fraintesi

  canzoni suggerite
Raffaella De Vita: 'Rodolfo De Angelis - Bravo! Ma come parla bene'


il mio compianto ed esimio quantio stravagante professore di letteratura italiana all'università Nicola Tanda scomparso   quasi due  anni  fa   ed i mie familiari hanno ragione quando mi ripetono che le parole sono importanti e  rifacendomi   questa  famosissima  scena   di un film   famoso  




come scrivi ci agggiungo io . 
Infatti commentando l'ennesimo  femminicidio , stavolta  è  avvenuto   qualche  giuorno fa   nel Novarese , con l'aggravante che  secondio    repubblica  ( trovate  qui l'intero articolo di repubblica )  : 



(...)  I vicini di casa parlano di litigi continui ma nessuno ha sentito nulla ieri sera. Eppure ci sono quei segni di violenza e molti precedenti che mettono Lucherini in una posizione delicata. Più di una volta i carabinieri erano dovuti intervenire nella cascina dove abitavano. Ma per ora i militari non hanno trovato denunce a carico dell'uomo, nessuna querela per maltrattamento, nessun esposto in procura. Lei lo perdonava sempre e tornava sempre a vivere con lui. Esiste invece una denuncia per maltrattamenti nei confronti della madre e l'estate scorsa l'uomo era stato arrestato dai vigili di Trecate perché aveva aggredito due agenti durante i rilievi di un incidente.(....) 

  ho scritto  sulla mia  bacheca    che 

tacio 🤐🤬 altrimenti mi viene da scrivere il commento che le femministe , non le biasimo ma anche alte donne immagino condividano e stia pensandolo come me , diranno che è 😤😡😈 e che io sarei una 💩
.

poi un mia amica mi ha fatto notare l'errore e mi ha giustamente   commentato  <<  Non ho capito niente  >>  . Ecco che  allora  l'ho corretto 
tacio 🤐🤬 altrimenti mi viene da scrivere il commento che farà incazzare le femministe dure e e pure ( ma credo che molte donne condividano e stiano pensandolo come me ) e diranno che è 😤😡😈 e che io sarei una 💩

 Ma  anche cosi sembra  che non vada  bene  . Infatti  anche se  corretto    vengono accusato  di  : <<   Insomma. Ma perché, anche in questo caso attaccheresti le donne? Fai pace col cervello allora >> .
Replico , a chi mi dice cose del genere di rileggersi bene lo scritto e che io denuncio critico certe donne ovvero quelle che : 1) hanno la sindrome da crocerossina [ I II ] ., 2) che difendono nonostante le violenze a spada tratta , nonostante le violenze ed i sopprusi evidentissimi , il partner vedi il caso
e Ylenia Grazia Bonavera il  ex  stato condannato  di recente  .
Quindi non sono io che ,  anche  se  ogni tanto  dovrei farla  ,  a dover  fare pace  con il mio cervello  . Ma  loro che non riescono ad interpretare   , e   a  volte non hanno tutti i torti perchè  dovrei scrivere  e spiegarmi meglio ,  quelloche scrivo  . Eppure sono anni   che   mi seguono  ( acuni \e   prima di   fb ) o mi conoscono al di fuori dal virtuale  . 

10.1.18

ma la clausura dei monaci\che esiste ancora ? La missione di suor Caterina: «La clausura è la mia gioia» Oristano, il racconto di una clarissa che vive nel monastero di Santa Chiara «Preghiamo e lavoriamo, anche con Facebook. E abbiamo contatti con il mondo


per  approfondire  
http://www.miopapa.it/suore-di-clausura-ecco-chi-sono/

https://www.vice.com/it/article/yva79w/intervista-sbardella-abitare-il-silenzio-suore-clausura-998
http://www.famigliacristiana.it/articolo/via-il-saio-continua-l-esodo-di-frati-e-suore-la-ricetta-della-chiesa.aspx
http://www.famigliacristiana.it/articolo/via-il-saio-continua-l-esodo-di-frati-e-suore-la-ricetta-della-chiesa.aspx

Io credevo che a  clausura     dei monaci \ che   fosse  qualcosa di rigido ( vedere qui  e    i due siti  sopracitati )  ma  poi   sia leggendo  l'articolo di   di Enrico Carta , riportato   sotto  ,  preso  dalla   
 dalla  nuova  sardegna  del  8  gennaio 2018   e  quanto ha detto  Papa  frasncesco    da poco 


                                                         


ORISTANO. Per chi arriva da fuori, la prima cosa bella è il silenzio di quell’angolo di mondo. Un’enclave di medioevo dove anche i rumori delle poche macchine che passano in quel tratto del centro storico di Oristano faticano a farsi sentire. Nemmeno loro sembrano avere il permesso di entrare nel piccolo scrigno, custode ancora oggi di un passato che respira. Secoli andati che si perpetuano grazie alle architetture. Forme che riportano alla gloriosa epopea dei giudici d’Arborea e che vivono col battito dei dieci cuori che quasi invisibili inseguono giorni identici gli uni agli altri. Ore scandite da una routine quotidiana quasi inscalfibile.
Eppure, nell’anno del Signore 2018, nel monastero di clausura di Santa Chiara anche la modernità trova tra le grate un pertugio attraverso il quale affacciarsi al mondo esterno. Dentro il convento è rimasto un manipolo di suore, sempre meno. La più anziana, Suor Maria Teresa, di anni ne ha 97; la più giovane, Suor Caterina Quartu, ne ha invece 42 e da un decennio esatto ha fatto la sua scelta. Avvolta dall’abito sacro così la interpreta: «Non è una scelta più difficile di altre, è solo una scelta che va confermata ogni giorno. La mia è maturata col tempo e non senza contrasti interni, con la preghiera assumeva un ruolo sempre più importante. Alla fine ho capito che cercavo la felicità piena e fuori dal monastero mi sentivo realizzata solo in parte».



È così che ha maturato la decisione di fare il suo ingresso nell’ordine religioso delle clarisse per andare incontro a una vita che solo in pochi osano ancora affrontare. È una vita ancora oggi scandita quasi esclusivamente dalla preghiera, con qualche apertura in più rispetto a qualche decennio fa, quando il giornalista Sergio Zavoli fece per la prima volta ingresso in un convento di clausura con le telecamere al seguito. «I rapporti con l’esterno sono più frequenti rispetto al passato – spiega Suor Caterina –, ma dal convento si esce raramente. Capita solo quando ci sono le elezioni o le visite mediche e, se ce lo chiede l’arcivescovo, in occasione della festività della Candelora».
Il resto del tempo è fatto di giornate che devono ripetere uno spartito che comincia, si sviluppa e finisce sempre con le stesse note: quelle dell’intimo rapporto con la religione e della forte coesione che le consorelle instaurano nella loro piccolissima comunità. «Estate o inverno, alle 5.30 del mattino suona la sveglia e andiamo in chiesa per le lodi a cui fanno seguito le meditazioni e la messa. Alle 9 facciamo la colazione, poi sbrighiamo gli uffici nelle nostre celle. A mezzogiorno e mezzo c’è il pranzo cui seguono i momenti di lavoro, la cura delle sorelle più anziane o malate, la cura del piccolo orticello che da qualche tempo abbiamo preso a coltivare per soddisfare le piccole esigenze del convento. Alle cinque del pomeriggio comincia l’ora dello studio attraverso la quale approfondiamo la parola del Vangelo, prima di dedicarci ai vespri e quindi alla cena che precede la ricreazione che facciamo tutte assieme sino alle 21.15 quando recitiamo la compieta che è l’ultimo momento della nostra giornata».
Intanto, fuori, il mondo cammina alla velocità della luce, tra frenesie e gesti altrettanto ripetitivi, soltanto differenti rispetto a quelli di chi ha scelto la preghiera. Eppure i due mondi riescono ancora a comunicare, anzi l’osmosi tra il monastero e la vita laica è maggiore di quanto si possa pensare. Un tempo esisteva solo la ruota quale mezzo di contatto con l’esterno, oggi non è più così. «La clausura non è più solo la grata che ci separa dagli altri – dice Suor Caterina –, la clausura è qualcosa che ognuno vive nel rapporto col Signore ed è per questo che, senza snaturare la nostra regola, abbiamo avuto di recente delle aperture verso l’esterno. L’attenzione della città verso di noi è aumentata con la mostra fotografica “La luce delle clarisse” che ci ritraeva in vari momenti della vita a Santa Chiara. Da quel momento in tanti hanno iniziato a interessarsi a noi, la mostra è stata come una specie di amplificatore». E poi c’è la radio, quasi sempre sintonizzata su Radio Maria «e mai su stazioni che trasmettono musica rock»; c’è qualche momento per la tv «per lo più per assistere alle messe che vi vengono trasmesse»; e c’è il computer attraverso il quale Suor Caterina cura la pagina Facebook. «È una seconda ruota, una ruota mediatica virtuale. Attraverso essa comunichiamo con la città e spieghiamo le attività che facciamo. Abbiamo una rubrica che contiene riflessioni sulla parola del Vangelo e coi messaggi le persone ci comunicano le loro riflessioni o ci chiedono di pregare per loro. Se prima la clausura era solamente il non farsi vedere, oggi la clausura è anche l’andare incontro ai bisogni delle persone. Chi pensa che sia qualcosa fuori dal tempo sbaglia, perché la preghiera non ha mai fine».
Eppure questi cambiamenti sembrano non bastare e il convento diventa sempre meno frequentato «col rischio che si chiuda. Un po’ come succede per qualsiasi altro posto di lavoro. Ma io insisto e dico che la mancanza del mondo esterno non pesa affatto. Chi opta per il convento fa una scelta in fondo non differente da quella di chi si sposa. Cambia solo il modo di evolversi delle cose in base alla strada che ciascuno intraprende nella propria vita e poi abitiamo in un luogo bellissimo, un gioiello architettonico. Si è davvero sicuri che sia meglio la frenesia dell’esterno? Quella per cui non ci si accorge più dell’altro, di chi ci sta a fianco. Si è davvero sicuri che sia migliore una vita in cui non ci si ferma un secondo per riflettere? Il poco rispetto per l’altro è frutto dell’affermazione di se stesso a qualsiasi costo. L’altro non è più considerato persona, diventa solamente un ostacolo verso il proprio obiettivo e i social network ampliano questo atteggiamento. Lì si nota tantissimo che molti scrivono come se le parole non avessero un loro significato profondo e sempre valido. È come se ci si stesse rivolgendo a qualcuno che non esiste o al quale non diamo il valore di persona».
Bisogna andare. Il ferroso rumore della chiave che gira nel portone della chiesa sigilla due mondi. Pochi metri più in là, una persona suona la campanella e chiede udienza attraverso la ruota. Risponde una voce anziana, mentre tre strade oltre le auto fanno già sentire il loro canto stonato. Il tempo sino a poco prima dilatato, ora scandisce secondi che corrono più 

veloci, di nuovo frenetici.

Infatti  concordo con   quanto dice questo articolo sotto riportato integralmente  di    

https://it.businessinsider.com/ anche la clausura  deve  aprirsi   al mondo  





Le suore di clausura, forse l’attività meno ‘social’ del mondo, aprono a Facebook per rimediare al calo di vocazioni

Bruce T. Morrill*, The conversation 
 30/6/2017 6:00:45 AM 
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Le suore di clausura del Monastero di Santa Chiara a Oristano. Gabriele Calvisi, CC BY


Un monastero di 10 monache di calusura Clarisse Urbaniste, il monastero di Santa Clara di Oristano, sta usando i social media per condividere il lavoro della propria comunità e assicurare la propria sopravvivenza. Questo potrebbe sembrare sorprendente considerando che queste suore hanno scelto una vita di lavoro silenzioso e di preghiera separata dal mondo.
Ma come teologo cattolico che si concentra sulla vita liturgica e religiosa, la mia ricerca mostra che la svolta delle suore verso il cyberspazio è solo l’ultimo capitolo di una lunga storia di ordini religiosi che usano i migliori mezzi di comunicazione.
La storia di come i gesuiti hanno aumentato il loro ordine nel XVI secolo offre un interessante caso di studio.
Comunicare per la sostenibilità monastica
Quasi tutti gli ordini cattolici romani in Europa e in Nord America, maschili e femminili, hanno visto negli ultimi decenni un forte declino nelle adesioni. Tra quelli che sono stati più colpiti ci sono molte comunità di monache di clausura, che praticano la loro vita di preghiera e lavorano dietro le pareti che le separano dal mondo.
Uno di questi conventi in difficoltà è il Monastero di Santa Chiara, fondato nel XIV secolo nella città di Oristano, nella Sardegna occidentale. Oggi, questa comunità è ridotta a 10 sorelle, la maggior parte delle quali sono anziane, alcune hanno già più di 90 anni.Sebbene tutte le suore partecipino al meglio possibile alle otto sessioni di preghiera quotidiane, solo poche possono lavorare occupandosi del giardinaggio, della cucitura e della cura dei bambini, oltre ad ascoltare le persone che vengono a parlare o a chiedere preghiere. Le suore anziane, ovviamente, hanno bisogno di cura. Per sopravvivere oggi, è necessario trovare un sostegno più ampio e nuovi membri.
Una suora del monastero di Santa Chiara. Gabriele Calvisi, CC BY

Nel Medioevo, quando i monasteri proliferavano nell’Europa occidentale, spesso si trovavano in città più o meno grandi. Ritirati dalla società circostante, i monaci e le monache offrivano comunque istruzione o orientamento spirituale ai visitatori. La gente poteva sedere sui bordi designati delle cappelle monastiche per ascoltare e pregare in silenzio mentre la comunità cantava negli stalli del coro. Era attraverso tale interazione tra il monastero e il “mondo” che la chiamata ad aderire alla comunità arrivava facilmente all’esterno. Uomini e donne sono stati esposti all’esistenza e al modo di vita del monastero attraverso la vicinanza fisica e le visite personali.
Oggi, tuttavia, l’appello alle vocazioni deve essere trasmesso attraverso la Rete. Insieme ad altri numerosi conventi e monasteri in tutto il mondo, le suore di Santa Chiara hanno riconosciuto la necessità di comunicare meglio chi sono e cosa hanno da offrire. Il loro membro più giovane, la sorella Maria Caterina, 42 anni, ha lanciato il sito della comunità e la pagina di Facebook.



Ma questa non è la prima volta che le comunità religiose devono pensare al modo migliore di comunicare per poter far aumentare le loro adesioni.
La crescita dei primi gesuiti
La Compagnia di Gesù, un ordine di sacerdoti e fratelli comunemente noti come gesuiti, fa risalire le sue origini al 1541. Il suo gruppo iniziale comprendeva sette amici che si impegnavano non solo a vivere in povertà, castità e obbedienza, ma anche ad essere a disposizione del papa per qualsiasi missione. A differenza delle comunità religiose monastiche, i gesuiti erano apostolici, cioè un ordine missionario. Piuttosto che stare in clausura, questo tipo di ordine cattolico romano è “in missione” nel “mondo”. Nel momento in cui i pochi fondatori morirono, l’ordine era già cresciuto a più di mille membri.
Una chiave per quel successo è stata la circolazione delle lettere scritte a mano – un mezzo pittoresco oggi, ma uno strumento di comunicazione vitale a suo tempo. Il nuovo ordine gesuita si ritrovò molto presto invitato dalla Chiesa e dai funzionari reali per creare missioni in Asia. Le lettere tra i superiori religiosi e i loro uomini all’estero contenevano presumibilmente informazioni, richieste o direttive e davano consigli. Alcune lettere, tuttavia, erano state pensate per ottenere il sostegno per l’ordine, per edificare i membri e per ispirare nuovi uomini a unirsi. Lo storico dei gesuiti John O’Malley spiega: “La cosa più importante è che sia gli stessi gesuiti sia gli altri hanno appreso chi fossero i gesuiti leggendo quello che avevano fatto”.
Le lettere di Francesco Saverio hanno contribuito a ispirare la crescita dell’ordine dei gesuiti. Burns Library, Boston College, CC BY-NC-ND

Francesco Saverio, primo missionario gesuita in India e Giappone, ha inviato lettere non solo ai suoi superiori religiosi di Roma e Portogallo, ma anche al re portoghese Giovanni III, dal 1542 al 1552. Il re chiese che ognuna delle otto lettere ricevute da Saverio venisse letta pubblicamente alle feste celebrate in tutto il suo regno.Le lettere, che includevano richieste di reclute di alta qualità, hanno sia rafforzato il sostegno del re a Saverio, come suo ambasciatore in Oriente, sia contribuito a ispirare la rapida crescita della nuova Società del Gesù in Europa.

Nel frattempo, l’ordine gesuita ha sviluppato un proprio sistema di lettere inviate all’interno e tra le loro comunità. Esempi notevoli sono le lettere circolari semestrali di Juan Alfonso de Polanco a metà del 1500. Polanco è stato segretario esecutivo dei primi tre generali superiori gesuiti a Roma. Le sue lettere hanno trasmesso la formazione della leadership, del modo di vivere gesuita e del loro sistema educativo. Queste lettere hanno costruito lo stile gesuita della vita religiosa distinta e proiettato quella che si è rivelata un’immagine attraente per nuove reclute.
Le lettere tra gesuiti in terre straniere, come Francesco Saverio, e i funzionari in Europa sono state trasportate con le navi commerciali e spesso hanno impiegato diversi anni per raggiungere i loro destinatari finali.Perché le lettere da diffondere tra un pubblico più ampio – come i membri delle case gesuite o il pubblico che frequentava le messe nel Portogallo di Re Giovanni – dovevano essere copiate a mano.
L’evoluzione della stampa fece esplodere la parola scritta sulle pagine di libri, riviste e giornali.
Nel corso del XX secolo, la comunicazione di massa è avvenuta attraverso lo sviluppo del telefono, della radio, del cinema e dei mezzi televisivi e internet. La condivisione di idee e informazioni è diventata sempre ampia più in volume e in portata.I Nuovi Gesuiti che raggiungono il mondo sul web
Durante questo periodo moderno, le istituzioni cattoliche e gli ordini religiosi, compresi i gesuiti, hanno utilizzato tutti questi mezzi di comunicazione. Più di recente, dal Vaticano a scendere fino alle istituzioni regionali e locali, si è verificata una proliferazione della presenza cattolica su Internet. I siti web presentano in gran parte informazioni su una data diocesi, scuola o ordine religioso. Alcuni utilizzano il giornalismo tradizionale, come riviste e giornali, per trasmettere il loro messaggio.
Un gruppo di giovani gesuiti americani ha anche avviato la propria piattaforma internet, The Jesuit Post. I loro blog e tweet sono rivolti alla loro generazione. Come dicono sul loro sito web, questi giovani gesuiti cercano di “dimostrare che la fede è pertinente alla cultura di oggi e che Dio è già al lavoro“. Come per le lettere circolanti del tempo che fu, in questi giorni è il cyberposting che promuove l’immagine gesuita. Altri ordini religiosi, come i domenicani, stanno facendo lo stesso.
Condividendo il loro lavoro attraverso i più recenti mezzi di comunicazione, questi ordini religiosi stanno solo adattando quella che è stata una lunga tradizione di contatto con il mondo. Anche per le suore di clausura come quelle del Monastero di Santa Chiara, rimanere in vita in questo grande mondo è questione di condivisione della propria vita sul web.




*Edward A. Malloy Chair of Catholic Studies, Professor of Theological Studies, Vanderbilt University. Bruce Morrill è un prete cattolico e membro dei Gesuiti.
Questo articolo è tradotto da The Conversation. Per leggerlo in lingua originale vai qui





Ma perché il cervello umano e così feroce da tenere in memoria i ricordi peggiori ?



Rileggendo " il cuore di lombroso " ( copertina a sinistra ) di Davide Barzi - Francesco de Stena ultimo numero de le storie collana a fumetti di Sergio bonelli editore miho fatto mia questa che poi ha dato il titolo al titolo riflessiuone SPOLLER di una protagonista nel finale della storia raccontata abilmente ed impeccabilmente nel del fumetto in questione SPOLLER. 
Ora non essendo mai posto tale domanda ( ma anche come spesso mi è capitato , quando me le pongo e ripongo ) tanto d'essere sul punti di lasciarla volare nel vento cadere nel vuoto perchè credevo che fosse una semplice elucubrazione sega mentale un volo pndarico inutile , una di quelle zavorre che appesantisco il camino e la creazione di'opere d'arte .  Ma poi testardo come sono , ho deciso di farla mia applicando il metodo filosofico \ scientifico della dialettica : << uno dei principali metodi argomentativi della filosofia. Essa consiste nell'interazione tra due tesi o princìpi contrapposti (simbolicamente rappresentati nei dialoghi platonici da due personaggi reali) ed è usata come strumento di indagine della verità.
L'etimologia deriva dai termini della lingua greca antica  [ ..... ] continua https://it.wikipedia.org/wiki/Dialettica >>
In questo caso però ho scelto d'applicare  alla discussione avvenuta  sui  social   il pensiero dialettico di Georg Wilhelm Friedrich Hegel (1770 - 1831) che trovate riassunto sotto in questo articolo di http://www.oilproject.org/ : 
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per Hegel la razionalità del reale e diventa lo schema di ogni processo della realtà, secondo la sequenza di tesi (come momento astratto o momento intellettuale), antitesi (come fase dialettica o momento razionale negativo) e sintesi (il momento speculativo o razionale positivo, che unifica ed eleva le opposizioni precedenti). Il dinamismo logico del processo è atemporale e costitutivo della ragione umana, che riproduce in sé le contrapposizioni del reale così come esso si presenta ai nostri occhi. Il confronto tra Kant ed Hegel è allora netto e decisivo: il secondo si spinge esattamente oltre i limiti imposti dal criticismo kantiano, postulando la ragione come identità di pensiero e realtà superiore all’intelletto e la dialettica come logica intima di tutta la realtà. Si apre così una nuova fase per il pensiero moderno. 
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 Ora  dopo   questo  spiegone   veniamo   alla mia elaborazione  

La  prima  risposta   che  mi sono  dato  ( capita    , mica  si  trova  tutto al primo colpo 😁🤩🙄 , magari )    è ovvia  e scontata  : <<  perchè la vita è uno schifo >>   e pensavo  come  mi  ha  suggerito L'amico woodstock live nella diuscussione a tale argomento  sul mio  facebook 


poi  riflettendo con ***** ( uno dei contatti  , ma  anche  un  amico non virtuale  , di watzapp    a  cui ho rivolto tale  domanda  )  :
[22:53, 1/1/2018] +39 328 684 9962: Ma perché il cervello umano e così feroce da tenere in memoria i ricordi peggiori ?[23:09, 1/1/2018] ***** : Le ragioni possono essere  tante,  ma quel che conta è che il cervello non è feroce;  tenere in memoria significa aumentare la conoscenza... però Giuseppe,  non so se questo messaggio era diretto  a me[23:10, 1/1/2018] +39 328 684 9962: Volevo sentire i vostri pareri ed esperienze[23:11, 1/1/2018]  **** Ah,  ok[23:15, 1/1/2018] ******i: Apparentemente tiene in memoria solo i ricordi peggiori,  ma in realtà quelli più belli  sono i più numerosi

Poi   ragionando   e  facendo   un viaggio  a riotroso  dai 14\15   anni fino  a 41   ho pensato   che potrebbe essere (  in effettiin parte  potrebbe esserlo  visto che  per  alcuni miei problemi   sono troppo personali. per  parlarne  qui   con tutti\e  li conosce  solo io   ed  mio   amico analista   a cui h  inviato anche  a lui    questa mia elucubrazione    via  wtzapp  ) come  miha  suggerito *****  un mio amico e  coetaneo prof  di filosofia   : <<   Perché non sono superati >> . Sembrava  finita qui  invece   ragionando  sempre  sul miopassato e    del perchè alcuni problemi sono  stati risolti o sono in via  di risoluzione   sono arrivato  ,  a volte  nel  viaggio   succede  ,  ale stesse conclusioni    anche  se  attraverso strade  divertse     di altri miei  contatti  social  e  di wtzapp  fra  cui   alcuni utenti di questo blog   , che  :  << Nessuno sa, forse  neppure  tu  ,  perché ci focalizziamo su alcuni episodi negativi enfatizzandoli, e tentiamo, ahimè, di archiviare   definitivamente  solo  quelli positivi. Se ci fai caso talvolta basta uno sbaglio e decidiamo di non parlare più con un amico e dimentichiamo, invece, tutte le volte che ci ha aiutato e  ci sono stati utili    >> .  Ma  poi    come  suggerisce   un altro amico   fotografo  ed artista  *****  <<  [09:13, 2/1/2018] Mario Bianchi: La risposta è molto semplice: è l’istinto di sopravvivenza che, per proteggerci, memorizza ciò che ci ha fatto più male per tenerci lontani una prossima volta >> .
Mi sembrava  d'aver  trovato la   risposta  ed  essere arrivato  alla  fine del percorso  .  Ma i   riascoltando , una delle   canzone  della mia infanzia

Lo vedi tu com'è... bisogna fare e disfare. Continuamente e malamente e con amore, battere e levare. Stasera guardo questa strada e non lo so dove mi tocca andare. Lo vedi, siamo come cani. Senza collare. Lo vedi tu com'è... è prendere e lasciare. Inutilmente e crudelmente e per amore, battere e levare. Ma non lo vedi come passa il tempo? Come ci fa cambiare? E noi che siamo come cani. Senza padroni. So che tu lo sai perfettamente, come ti devi comportare. Abbiamo avuto tempo sufficiente per imparare. E poi lo sai che non vuol dire niente dimenticare. E tu lo sai che io lo so e quello che non so lo so cantare. Lo vedi tu com'è... come si deve fare. Precisamente e solamente, battere e levare. Vedo cadere questa stella e non so più cosa desiderare. Lo vedi, siamo come cani. Di fronte al mare.
                              Battere  e  levare   - Francesco de  gregori


  e  leggendo    quanto mi   ha  scritto    su  fb  l'amica




Gabriella Piccolo questione di allenamento, quando arrivano bisogna spazzarli via come si soffia su una candela per spegnerla ... prova e sostituirli con pensieri e ricordi positivi 


  che   poi   corrisponde  a  quando  dice  il mio anlista  :<<  Vanno contrastati  >> .  Ecco   quindi  che   risolto il problema  , il viaggio  continuo  il  battere  e levare   (  vedere testo di De  Gregori sopra  citato )   riprende  

viaggi che non vorresti fare ma che prima o poi si devono fare


Nellla  vita    e nella nostra  d'opera  d'arte   ci sono viaggi   che non vorresti mai  fare .
 m a questoò il prezzo da pagare     se  si vuole esere liberi



o    essere vento



Ma  dolenti ( secondo   video )  o nolenti ( primo video  )  vanno affrontati  . Prima  li si affronta   èmeglio è meglio   stai  sia  fisicamente   che psicologicamente  . A noi  decidere se farli da solo in compagnia ,  con niente ,  con  macchina fotografica  , moleskina  ,   con libri (come nella foto sotto ) 

L'immagine può contenere: una o più persone, persone in piedi, montagna, cielo, spazio all'aperto e natura

arte, musica , droghe legali ed illegali e come suggerisce questa pagina fb con le " droghe telematiche "



Viaggio con la mente perchè l'aereo costa troppo è con Nakhil Italia.
12 giugno 2017 ·

Nessun testo alternativo automatico disponibile.
Come cazzo si fa a non drogarsi?! Tutti hanno bisogno di una spintarella per tirare avanti in questa vita, tutti hanno il sacrosanto diritto alla droga e tutti si drogano. Si drogano di sesso, di soldi o di potere, si drogano di like, di social network, si drogano rincoglionendosi davanti alla televisione, all’X box o essiccandosi il portafoglio alle slot machine, Si drogano tutti quelli che non riescono a sopportare l’ansia, il dolore o semplicemente non riescono a dormire, anche le vecchiette sole ed impaurite dal mondo andranno in chiesa tutti i santissimi giorni che gli restano per farsi una dose di dio e di speranza.

-Ed-

a  voi scegliere









 



7.1.18

Oltre Non si può migliorare se non si è vulnerabili.pronti ad accogliere.oltre i pregiudizi: cinque anni tra gli zingari nelle immagini di Andrea Ciprelli



«L'emarginazione deriva anche da comportamenti acquisiti da culture antichissime. Gli zingari girano il mondo da più di duemila anni, se vogliamo credere a Erodoto. Questi Rom, questo popolo libero è affetto da dromomania, cioè desiderio continuo di spostarsi. Non credo abbiano mai fatto del male a qualcuno, malgrado le strane dicerie; è vero che rubano - d'altra parte non possono rinunciare a quell'impulso primario presente nel DNA di ciascun essere umano: quello al saccheggio, di cui abbiamo avuto notizie in queste ultime amministrazioni - però non ho mai sentito dire che abbiano rubato tramite banca. Inoltre non ho mai visto una donna Rom battere un marciapiede. Girano senza portare armi; quindi se si dovesse dare un Nobel per la pace ad un popolo, quello Rom sarebbe il più indicato.»

[ Introduzuone  fatta  dalo stesso Fabrizio de  Andrè  al brano Khorakhané (A forza di essere vento) durante il concerto al Teatro Valli di Reggio Emilia (6/12/1997) ]



La fotografia è un invito a fare un passo oltre, a prestare attenzione, a rivalutare ed a volte ricostruire. Non si può migliorare se non si è vulnerabili.pronti ad accogliere.pronti a cambiare. ( Andrea crispelli ) . Infatti  oltre cinque anni ci sono voluti per realizzare il reportage di Andrea Ciprelli ( http://andreaciprelli.it/  )  classe 1985, fotografo specializzato in ritratti e matrimoni. Le immagini, che raccontano uno spaccato di vita intimo, mai realizzate prima a Torino, immortalano diversi momenti delle popolazioni Rom che vivono sulle sponde dei fiumi della città. Fotografie intense e coinvolgenti che mostrano una realtà d’altri tempi, per realizzare le quali il fotografo ha dovuto entrare in contatto con le varie famiglie Rom 
dal  suo  sito 
che hanno abitato e abitano tutt’ora nei campi, creando così un rapporto che gli ha permesso di immortalare momenti rari, come matrimoni,


Oltre i pregiudizi: cinque anni tra gli zingari nelle immagini di Andrea Ciprelli
                               da  http://torino.repubblica.it/cronaca/2018/01/05/foto/


feste ai principi e alle principesse Rom arrivate da altri paesi d’Europa, fidanzamenti, feste religiose e momenti quotidiani come un bagno nella Stura o la nascita di un nuovo figlio. Le immagini, che presto saranno esposte in una mostra - sono state realizzate tra il 2010 e il 2016 nei campi di via Germagnano, lungo Stura Lazio e corso Vercelli. "Le persone che hanno visto le mie fotografie - racconta il fotografo - si chiedono come io abbia fatto a passare così tanto tempo con gli zingari, come abbia fatto a non odiarli, a stargli vicino, a mangiare nelle loro baracche e condividere anche le posate. Ho intrapreso la strada più difficile, cioè quella dell’amore, perché io li ho amati, fin da subito. E quell’amore è diventato il mio reportage

Un reportage  coraggioso   in tempi in cui i fantasmi del passato (  exenofobia , razzismo  , eccessivo  populismo e qualunquismo  )      ritornano    più forti  . Infatti  l'autore  scrive  introducendo   il suo reportage  , di  cui  alcune foto  sono presenti qui     nel post  e le altre qui nelll'introduzione a tale lavoro : <<  Il mio piu’ grande atto di coraggio e’ finito per diventare il mio primo grande progetto.
Scaldarsi con un braciere, mangiare nello stesso piatto, lavarsi nel fiume,  volevo rivivere una realta’ antica, scomparsa. La mia notte moderna fatta di cocktail era migliore di quella?Mi ripetevo che non aveva senso andare a trascorrere le mie giornate, le  mie nottate  con loro, in quei posti da dove ti insegnano a starci alla larga fin da piccolo.Li ho cercati  per sentire il battito dell’altro che mi sta di fronte, ed e’ come me: Impaurito, irrequieto, disilluso, disorientato. Non voglio condannarmi all’incapacita’ cronica di confrontarmi con l’altro, non voglio perdere la mia curiosita’.In quel bosco, Sulle rive del  fiume ho visto crescere i bambini , gli uomini invecchiare. In 5 anni e’ come se ne fossero passati 10. Non ho solo fotografato. Ho vissuto con loro. La Pasqua, il Natale, la celebrazione dei Santi, le feste dei matrimoniinterminabili. Le persone spesso mi chiedono ma come hai fatto a entrare? Si sono fatti fotografare? Perche’ non accettano che sia stato possibile. Non vogliono crederci perche’ conoscono la realta’ in quel modo. Non si spiegano che invece  di odiarli, li abbia amati, ci siamo amati.Sono tornato li tante volte. In quel bosco sentivo ancora la musica, vedevo ancora i bambini correre a piedi nudi. Ho salvato quello che ho potuto, i teli colorati appesi alle pareti delle rouloutte, le gonne a fiori. Li ho raccolti. Il fiume me li aveva lasciati li.Stanno perdendo le loro tradizioni le loro regole, e insieme a loro stiamo perdendo anche noi. Sono loro gli ultimi indiani d’Europa, e come quelli d’America speriamo di poterli confinare tutti e voltare pagina?  >>


d  visto che  siamo   vicino alla   " stucchevole    "    e retorica    giornata    del 27 gennaio  che  ricorda  , salvao eccezioni     , soo u olocausto   ( quello  del popolo ebraico  )    ne  approfitto per   segnalare   attraverso la musica  (  grazie   https://www.antiwarsongs.org/ per  l'elenco   che trovate qui )  il Porrajmos  ( olocausto \  genocidio   nei lager  hitleriano del popolo rom  ) 

ci vuole un fisico bestiale per resistere a certe cose soprattutto quando internet ( i social in particolare ) e vita reale sono tutt'uno

davanti a certi commenti e diatribe ( vedere qui le ultime https://goo.gl/Bh61G6  l'jo riportato  anche qui  sul  queste pagine  qualche    giorno  fa  ) che suscitano i miei post  non solo  sui  social  , è meglio cosi alla faccia di chi mi fa il cazziatone perchè condivido e faccio scrivere certe cose piuttosto che il silenzio ed accettare passivamente questa situazione



prospettata    e  sempre  più confermata    dai governi   e  non solo post  tangentopoli    da questa  sublime  canzone    di Battiato