29.1.20

se la destra contesta anche uno dei massimi storici vicino a loro come raul Pupo sulle foibe vuol dire che il 10 febbraio è solo propaganda

articolo di Marco Ballico 14 Gennaio 2020 ilpiccolo.it








Pupo: «Testo sempre aperto alle osservazioni, le polemiche non c’entrano.» Ma a destra l’aggiornamento non basta. «Resta il silenzio sulla pulizia etnica»



TRIESTE Il vademecum per il Giorno del ricordo “scomunicato” nel 2019 a Palazzo viene aggiornato dall’Irsrec, l’Istituto regionale per la storia della Resistenza. Raoul Pupo, curatore del documento, assicura che le polemiche « non hanno influenzato la seconda stesura » ma, tra modifiche e integrazioni, « ci sono parecchie parti nuove». La reazione di chi aveva contestato? L’assessore regionale Fabio Scoccimarro (Fdi) parla di « passo parziale ma importante verso la verità storica », mentre l’ex consigliere regionale Piero Camber da Fi ribadisce le sue critiche.


A suscitare un dibattito di proporzioni nazionali fu lo scorso aprile in Consiglio regionale la mozione a firma proprio di Camber e del leghista Giuseppe Ghersinich che conteneva l’atto di indirizzo alla giunta di stoppare i contributi pubblici a favore delle associazioni negazioniste e riduzioniste sulle foibe e sull’esodo giuliano-dalmata. Nel mirino, tra l’altro, lo stesso vademecum dell’Irsrec, «con il quale – scrivevano i consiglieri del centrodestra – si vuole diffondere una versione riduzionista della storia della pulizia etnica perpetrata dai partigiani titini».La seconda edizione è conseguenza di quel dibattito? Pupo, al lavoro con i colleghi Gloria Nemec, Anna Vinci e Fabio Todero, dice di no: «A dettare le novità della seconda edizione «sono state esclusivamente osservazioni e richieste che ci sono pervenute su una pubblicazione che avevamo già definito “aperta”. Il risultato non avrà accontentato tutti, ma la finalità non cambia, cioè offrire uno strumento di prima consultazione, il più possibile rigoroso anche se sintetico, sui temi legati al Giorno del ricordo nell’imminenza del 10 febbraio». I ritocchi sembrano riguardare sia la forma che la sostanza. «Il termine “etnico” – spiega lo storico – non può venire applicato a comunità nazionali che si definiscono su basi non etniche, come gli italiani di Venezia Giulia e Dalmazia. In tali casi è preferibile fare riferimento ai processi di “semplificazione nazionale” che hanno interessato tutta l’Europa centro-orientale nel Novecento».
Si raccomanda in particolare di «non considerare semplicisticamente con quei termini tutti gli atteggiamenti di critica nei confronti di interpretazioni consolidate, specie se queste sono maturate nell’ambito polemico-politico piuttosto che scientifico. La messa in discussione delle precedenti letture del passato – avverte il vademecum – rientra nella normale pratica della ricerca, così come la presa di distanza dalle semplificazioni diffuse nell’uso pubblico della storia ».
A una prima lettura, Scoccimarro vede, dal suo punto di vista, luci e ombre. «Il vademecum segna un’indubbia discontinuità con le narrazioni precedenti e restituisce giustizia alla tragedia del confine orientale. Ma restano alcuni punti sospesi o rimossi», sostiene il segretario regionale di Fdi invitando a «contestualizzare la brutalità, pur innegabile, del “fascismo di confine”, un tempo esasperato in tutt’Europa dallo sciovinismo più spinto» e denunciando la minimizzazione «dei quaranta giorni dell’occupazione jugoslava a Trieste e del parallelo martirio di Gorizia, quando la polizia politica titina non si limitò a uccidere veri o presunti fascisti, ma avviò una calcolata caccia a ogni possibile oppositore». Quanto al ruolo del Pci di Togliatti, «dal 1944 al 1948 il segretario si adeguò agli ordini di Mosca e sostenne apertamente le mire di Tito sulla città di Trieste. Il tutto anche a danno dei partigiani “bianchi” come nella strage di Porzus». Non manca l’attacco a «certi professori del “pensiero unico” che insistono con tesi negazioniste, giustificazioniste o riduzioniste».
Camber è ancora più netto: «Anche questo aggiornamento contribuirà a diffondere una versione riduzionista della storia degli eccidi sistematicamente perpetrati dai partigiani titini contro gli italiani. Una vera e propria pulizia storiografica». Il vademecum, prosegue il forzista, «giocando sulle definizioni, continua a negare che le foibe furono pulizia etnica. Si legge infatti che Tito operò una “semplificazione nazionale”, non volendo assolutamente cacciare gli italiani dall’Istria e dalla Dalmazia. Sappiamo, invece, quanto lucida e spietata sia stata la pianificazione titina per cancellare gli italiani dalle terre dell’Adriatico orientale». Camber cita infine le parole di un anno fa del presidente Mattarella e conclude: «Sarebbe corretto che simili pubblicazioni riportassero integralmente il discorso di quel 9 febbraio al Quirinale».—






Leggi anche




















I GIUSTI DELL'ISLAM . Mussulmani che salvano ebrei dai i lager . ma di questo non se ne parla , si vedono solo i mussulmani come pericolo



lo che la giornata settimana della memoria finita è come me pensate che ...... vi capisco , ma nella foga retorica celebrativa ci si è , volutamente dimenticati e ignorato ( salvo eccezioni ) che fra coloro che salvarono gli ebrei ci furono anche 

I GIUSTI DELL'ISLAM



E di qualche anno fa  , più precisamente del 2009  Una mostra «Giusti dell’islam» - promossa dal Centro di cultura e attività missionaria Pime di Milano e curata da Giorgio Bernardelli - racconta alcune di queste storie. Parla di due bosniaci, tre albanesi, due diplomatici turchi e un iraniano che con il loro coraggio salvarono alcune decine di ebrei  e  che    viene  ripetuta  anche  quest'anno  come dimostra questo articolo   (  suggeritami  da  una  di  quelle  eccezioni  di cui  parlavo prima   la  compagna  di  strada   ed autrice  decennale   del nostro   blog   DAniela  Tuscano ) di repubblica  https://milano.repubblica.it/cronaca/2020/01/28/  del riportato  sotto 










I musulmani che durante il nazismo salvarono gli ebrei, la loro storia in una mostra
"Giusti dell'islam" è il titolo dell’allestimento che parla dei musulmani nell'elenco dei “Giusti tra le nazioni”

                   di ZITA DAZZI

Una mostra per riscoprire le storie dimenticate di alcuni musulmani che durante la persecuzione nazista salvarono la vita ad alcuni ebrei e un incontro a più voci fra cristiani, ebrei e musulmani per favorire il dialogo interreligioso in occasione della Giornata della Memoria 2020. L'associazione ChiAmaMilano e "Casa Comune" propongono nella sede di via Laghetto 2, dietro alla Statale, la mostra curata da Pime Milano "Giusti dell'islam" che parla dei circa 22 mila nomi che sono nell'elenco dei “Giusti tra le nazioni” censiti dallo Yad Vashem, il memoriale della Shoah a Gerusalemme. Fra questi ci sono settanta musulmani. Persone che - in nome di valori islamici - si diedero da fare per salvare la vita ad alcuni ebrei durante la persecuzione nazista. Con questo loro gesto hanno ricordato che la frase del Talmud "Chi salva una vita salva il mondo intero" compare anche nel Corano. Un invito ad andare oltre le generalizzazioni facili nella percezione dell’altro e delle sue aspirazioni.
Attraverso i suoi 14 pannelli, la mostra "Giusti dell’islam" - aperta dalle 10 alle 20 fino al 1° febbraio e promossa dal Centro di cultura e attività missionaria Pime di Milano e curata da Giorgio Bernardelli - racconta alcune di queste storie. Parla di due bosniaci, tre albanesi, due diplomatici turchi e un iraniano che con il loro coraggio salvarono alcune decine di ebrei. Inoltre rende conto del lavoro compiuto dallo storico americano Robert Satloff, il primo a proporre ufficialmente allo Yad Vashem un arabo come candidato «Giusto tra le nazioni». La mostra è a disposizione di scuole e amministrazioni locali per attività culturali legate al tema del rapporto tra religioni e identità diverse. Venerdì 31 gennaio alle 11 ci sarà un incontro pubblico fra Pierfrancesco Majorino eurodeputato Pd, Khalid Chaouki, ex presidente della Grande Moschea di Roma, Laura Silvia Battaglia, giornalista e documentarista, Giorgio Bernardelli del Pime, ideatore della mostra, don Virginio Colmegna, presidente della Fondazione Casa della carità "A. Abriani", e Gabriele Nissim, presidente di Gariwo (l'associazione milanese che gestisce il giardino dei Giusti a Montestella), con un saluto di Milly Moratti. A introdurre l’incontro sarà Daniele Nahum, e parteciperanno alcune classi del Liceo classico Manzoni e dell'Itt Artemisia Gentileschi.rgomenti



Un vagone di uno dei treni con
 i quali vennero deportati gli ebrei (ansa)
Inoltre rende conto del lavoro compiuto dallo storico americano Robert Satloff, il primo a proporre ufficialmente allo Yad Vashem un arabo come candidato «Giusto tra le nazioni». per riscoprire le storie dimenticate di alcuni musulmani che durante la persecuzione nazista salvarono la vita ad alcuni ebrei Tra i circa ventiduemila nomi dei “Giusti tra le nazioni” censiti dallo Yad Vashem, il memoriale della Shoah a Gerusalemme, figurano anche quelli di settanta musulmani. Persone che - in nome di valori islamici - si diedero da fare per salvare la vita ad alcuni ebrei durante la persecuzione nazista.Con questo loro gesto hanno ricordato che la frase del Talmud «Chi salva una vita salva il mondo intero» compare anche nel Corano. Oggi, però, sono i più dimenticati tra i Giusti, perché politicamente scorretti sia per tanti ebrei sia per tanti arabi. Sono infatti un invito ad andare oltre le generalizzazioni facili nella percezione dell’altro e delle sue aspirazioni.
Pe r chi avesse  qualcosa  d'obbiettare   questa   è la mia risposta  
L'immagine può contenere: testo   

altre informazioni tali storie 


25.1.20

E' per fatti come questi di Mondovi che scrivo sul 27 gennaio pur giudicandola una giornata rompi


Prima  dell'inizio  del  post  d'oggi    Troverete     quegli approfondimenti  che mettono  a  fine post ,   qui  ho  deciso di metterli  all'inizio  post  in quanto   davanti a fatti simili  e    in vista  di giornate celebrative  di  solito    sono le  cose  che  si leggono  per  prima  ,    sulla  differenza  di  come    nei  lager  ci finirono  cosa  che    l'autore  (  o gli autori  )   di   tale infamia  e    vergogna  ignora  ,   anche   non ebrei  ma  politici  ,   omosessuali , ecc




di cosa  stiamo  parlando

Mondovì, scrivono "Qui c'è un ebreo" sulla porta del figlio di una deportata

L'uomo aveva ricordato su un giornale locale la madre, Lidia Beccaria Rolfi, che era stata imprigionata a Ravensbruck come politica. Il figlio: "Si è creato un clima e questi sono gli effetti". La ministra Azzolina: "Sono turbata, si è passato il limite".

Ora  dopo questa pippa iniziamo  il post    vero e proprio


Come  ho già detto nel  titolo di questo post m   ed ripetuto  ( l'ultima  qualche  post  fa  )   sarà una  giornata  rompi  e  puli coscienza   e  quindi davanti a fatti come  quello successo recentemente  Mondovì   non si ripetano e  non siano considerati  solo dei  gesti  isolati di deficienti   che  lo fanno  per  noia ed  emulazione     bisogna  parlarne ed  scriverne  sempre non solo a date    fisse    ed  evitare   la retorica   e di concentrarsi  come    non solo  il   27 gennaio   o quando  si tratta appunto  d'anniversari   come  quello  di  2  anni fa   in cui   si celebravano gli  80  anni  delle  leggi razziali  -  SIC  -  italiane , ma   tutti  i giorni  .
Parlare  ed  possibilmente  agire  In modo  di

24.1.20

storie di centenari e più sardi

  La prime  due  sono poeti 
Fanny  satta    morta  l'anno  scorso    a 104  anni  ma  solo   a  100  anni    a deciso  di pubblicare .  Il suo  libro  (   foto  al lato )   raccoglie un centinaio di poesie di un'autrice  "esordiente ", Fanny Satta, scritte a partire dagli anni Cinquanta e mai prima presentate al pubblico.

Intima Babele

 Il suo  libro  (   foto  al lato )   raccoglie un centinaio di poesie di un'autrice  "esordiente ", Fanny Satta, scritte a partire dagli anni Cinquanta e mai prima presentate al pubblico.
Eccone   una  


Vorrei 
Vorrei la buona terra
per poter rifiorire
per non dover morire
senza lasciare traccia.
Vorrei una buca fonda
sotto un albero ombroso
dov’è il canto festoso
di uccelli e di cicale,
o presso una gran roccia
dove le felci e i cisti
preparino, non visti,
un recinto fiorito.
Vorrei che dalla morte
germogliasse la vita
che una storia finita
potesse alimentare
storie d’erbe e d’insetti
di pascoli e di agnelli
di fieni e di arboscelli
rifiorenti in aprile.
Vorrei sentir il fiato
della notte e del giorno
e i profumi che intorno
esala la campagna.
Vorrei sentire le zolle
leggere inturgidire
lievitare e fiorire
ad ogni primavera.
Non darmi sepoltura
dentro una cassa-forte:
se possibile, o sorte,
rendimi alla natura
che mi tenga abbracciata
mi sottragga alla morte
mi leghi alla sua sorte
alla sua eternità.
  L'altro   è   morto  recentemente è



Muore a 108 anni tziu Gaspare, il poeta





OROTELLI.
 Piccolo di statura ma una vera roccia, robusta e granitica come quelle che circondano la sua Orotelli. Negli ultimi mesi il vate appariva più affaticato e meno brillante del solito. Superato qualche passaggio a vuoto, dovuto anche a un ricovero ospedaliero, si era mostrato ancora tenace e incredibilmente attaccato alla vita. Ieri, tziu Gaspare Mele, il patriarca di Barbagia con i suoi 108 anni e 9 mesi, è morto nella sua casa che si affaccia nella via principale di Orotelli, dove l’ultracentenario viveva da sempre accudito con amore dai familiari. L’uomo, una vita dedicata al lavoro e alla sua grande passione, la poesia, si è spento poco dopo le 13, in una giornata cupa e piovosa.

Un trapasso lieve senza traumi e sofferenze. Tziu Gasparru si è addormentato nel tepore della dimora dove amava nelle giornate d’inverno stare seduto in una poltrona davanti al camino acceso e scoppiettante. Con lo sguardo sempre rivolto alla fiamma che disegnava strane figure e traiettorie. Probabilmente la sua mente scavava nella memoria ancora fertile alla ricerca di qualche poesia, delle centinaia composte in questi anni, sugli argomenti più svariati. Quando la giornata era propizia e l’interlocutore quello giusto, ripeteva i suoi componimenti con precisione. La sua voce nel rievocare quelle rime e quelle storie di vita vissuta diventava musica. Una cadenza regolare che aveva i suoi picchi quando si trattava di esaltare un concetto o una sfumatura.
Altre volte rispolverava i suoi quaderni e i tanti appunti. Comporre odi era una passione vera. Così come la sua memoria un mistero che nemmeno le neuroscienze riuscivano a indagare. Una mattina si svegliò con i versi di una poesia che aveva recitato solo una volta 90 anni prima. Per sicurezza quei versi furono fermati con l’inchiostro sulla carta.
Gaspare Mele era nato a Orotelli il 29 aprile 1911. Dalla moglie Rosalia Ortu (deceduta nel 2007 a 93 anni), ha avuto 8 figli. Aveva sedici nipoti e sei pronipoti. Poter condividere con lui anche pochi minuti rimaneva un’esperienza particolare e un esempio di una tempra d’acciaio. Fotografi e documentaristi sono venuti da varie parti del mondo per catturare il suo sguardo fiero e registrare quelle storie così lontane che raccontavano una Sardegna arcaica e la vita dei campi, poi l’inizio di un percorso nella modernità, ma soprattutto per cercare di carpire l'elisir di lunga vita.




Isili, ha compiuto cent'anni e per festeggiare regala un'altalena ai bambini del paese - La Nuova Sardegna Cagliari <!--

Isili, ha compiuto cent'anni e per festeggiare regala un'altalena ai bambini del paese

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Il sindaco Luca Pilia con Antonio Piras davanti all'altalena regalata dal centenario

Il bel gesto di Antonio Piras, reduce della Seconda guerra mondiale. Il sindaco ringrazia Tziu Tonni e i suoi familiari