con questo post e con il banner del mio ex blog ( non ricordo da quale blog di splinder l'ho preso )
poichè ho poco tempo per fare ricerche eccovi in questo video delle iene la sintesi di cosa succede a chi denuncia l'anoressia nel mondo dello spettacolo . Poi quando ne muore uno\a sul palco a lamentarsi ed a piangere lacrime di coccodrillo gli idioti ed ipocriti . Ora poichè mediaset non fa azionare donwloadhelper di mozilla quindi eccone un estratto da repubblica
Comunque per chi riuscisse a scaricarlo ecc l'url del video del servizio delle iene . concludo con questa canzone di cui trovate qui il testo ( se nel caso sotto non dovesse riuscire al leggerlo bene non capisco una cippa di html e affini e non ho tempo per capire cosa va o meno ) e sotto io video che mi sembra proprio a tema
Una donna spesso cade, infatti, purtroppo,
co' ‘na spintarella sola, ma piano, aho,
secerne sangue dar nasale se cor gomito fai bum,
c'ha sbiancato, se mette a piagne, che donna è?
Ma cerca d'annattene, va.
Quando che me sento solo, e te credo sto ar bagno aho,
guardo la tua fotografia,
faccio n'assolo de Pus Jordan
finché ‘n vie' la Polizia.
A laziali: questa qui è la donna mia.
E infatti tu, o tu, sei ‘na modella,
modella, mode', modella, ah modè.
Me lavo entrambe le ascelle pe' te
rollo le canne col ketchup pe' te.
Nun sei donna, sei modella, sei de più.
E infatti infatti purtroppo tu, o tu, sei ‘na modella,
La corruzione non è diminuita, è diminuita la scoperta della corruzione, sono diminuiti i processi ma non la corruzione". (Gherardo Colombo, dal libro «Farla Franca», Longanesi)
Quindici anni dopo il biennio magico di Mani Pulite, l'Italia delle mani sporche ha perfezionato i metodi per rendersi più invisibile e invulnerabile. Prima sotto accusa erano i politici e il mondo industriale. Ora le parti sembrano invertite: sotto accusa sono soprattutto i magistrati. Ecco che cosa è successo negli ultimi anni, dal 2001 al 2007. Dal governo del cavalier Berlusconi e dell'ingegner Castelli a quello del professor Prodi e del ras di Ceppaloni, Mastella. La musica non cambia: è tutta colpa dei magistrati. Quei pochi che resistono, combattono da soli, spesso abbandonati dallo stesso Csm, vessati dalla stampa, criticati dalle altre istituzioni. Le leggi vergogna varate da Berlusconi dovevano essere subito smantellate dal centro sinistra. Invece sono ancora in vigore. A quelle se ne sono aggiunte altre come l'indulto per svuotare le carceri (di nuovo piene), le intercettazioni e il bavaglio alla stampa, l'ordinamento giudiziario Mastella: tutto in barba alle promesse elettorali dell'Unione. Prima era necessario corrompere, ora i soldi i partiti se li danno da soli, il controllato e il controllore sono sempre la stessa persona.
per concludere la colonna del blog
A chi mi dice che è vecchia rispondo che certo la canzone è stata scritta 20 anni fa... ma le cose non sono cambiate poi tanto . Infatti non ricordo chi in un commento ad uno dei tanti video di questa canzone ha giustamente aggiunto al testo che trovate qui questo pezzo . ( ....) E protetto le nipoti di Mubarak (... ) .. E poi è d'essa che si comprende in contesto che fa sencondo molti media il 1992 come un anno di svolta
Il titolo d’oggi
viene da
questa canzone della casa
del vento
Dopo le
proteste di Karzai capo "fantoccio " del governo Afgano per l’ennesima strage di civili in montagna
da parte degli Usa che occupano il
paese da più di 10 anni . Mi sono
chiesto anzi richiesto perché un simile post
l’avevo fatto ( non ricordo se pubblicato o meno )
per il m… ops nostro
precedente blog ( ricordo
ancora il vecchio l’url cdv.splinder.com ) : 1) da cosa nasce
la guerra ? 2)
da cosa nasce la violenza ? . Ebbene
credo ( se poi
qualcuno vuole discuterla
o è arrivato a
tale risposta per
un’altra via diversa dalla mia
, io sono a disposizione o qui nei commenti o
via email cliccate
quando aprite la home del
blog su contattami ) forse banale e ovvia ma sempre una
risposta e non una elucubrazione
a vuoto .Tali fenomeni
derivano dall'invidia esagerata,dal
desiderio e cupidigia di possedere
le ricchezze altrui , dal giudicare aprioristicamente e superficialmente .
Poi si è trovato
un sistema dare per parafrasare questa canzone \ cantilena << (...) E' una pensata alquanto diabolica \ da soluzione finale\risolvere il problema della povertà\ facendo guerra a chi ha fame (....) >> ( Ambaradan - Yoyo Mundi dall'album alla bellezza dei marginiresto del testo e video ) cioè il
capitalismo ovvero tutti \e
siano uguali nelle
ricchezze , nei diritti , tutti
lo stesso abito , ecc . Ma poi ripensando a due storie di Martin mystere ( esse sono il n°100 -- foto a destra -- e il n°200 ) mi sono accorto che l’uguaglianza assoluta\ totale specie in una
società dove : << (….) Oggi
Contessa ha cambiato sistema\si muove fra i conti cifrati \ha lobby potenti ed
amici importanti \e la sua arma più forte è comprarti\la sua arma più forte è
comprarti! (…) >> ( mia dolce rivoluzionaria de Modena city ramblers ) è una
utopia irrealizzabile o un
illusione dipende dai punti di vista che
ha fatto nel corso del secolo scorso ( e
ancora rischia di farne )
troppi danni , e poi si rischierebbe come
succede nei regimi
autoritari \ dittature o
nella democrazia
conformista \ omologata \ mediatica nota meglio come democradura [1] cioè di
creare automi
, bimbiminkia , apatici , abulia,
parassitismo, è vigliaccheria ciè indifferenti ( quelli odiati da Gramsci vedere
video sotto )
o di far vivere
la gente come :
monumento in un luogo dove
si respira un aria immobile e controvento
non si piscia più ( mia
parafrasi della dei Mau
Mau resistenza marzo 1995 ) Quindi
, come dicevo da
titolo l’unica via
per dare a
tutti \ e una globalizzazione più umana o
uguali diritti senza creare
mostri è non evadere ( sia
con la mente o con mezzi
artificiali ) completamente
ovvero negarla , ma accettarla
e lottare per modificarla in senso positivo ,
conciliano uguaglianza con diversità ( identità )
e sconfiggere o ridurre
questa omologazione culturale di stampo neo liberista . Ecco perché
, cosi rispondo alla domanda di
alcuni di voi , che mi chiedono
come mai : nelle email , nei forum , newsgroups , nei miei (ora solo questo ) blog , e ora su facebook e
twitter metto come signe e condivido canzoni
come questa ( stornelli dall’esilio ?
) anarchica \ libertaria della
seconda metà del 1800 : <<
nostra patria è il mondo nostra terra
è la libertà >>qui il testo completo
1)una
democrazia che opprimeva con gli strumenti della democrazia
aggiungo al mio post precedente sulla giornata del 10 febbraio fra i motivi che mi spingono a ricordare e a parlare di tali avvenimenti c'è anche , l'errata convinzione proveniente da sinistra che , lo leggerete e ne troverete la smentita in questa storia che riporto sotto , tutti i profughi \ esuli istriani siano tutti fascisti . Non aggiungo altro perchè due parole sono troppe è una è poco , ma soprattutto te ne cadono le braccia , a leggere tali storie , e di come Destra e Sinistra la usino a loro uso e consumo . Inoltre la vicenda ( meglio le vicende ) dei profughi Giuliani è una macchia nera nella storia della nostra repubblica, ed è giusto che non se ne perda traccia ma resti a memoria delle generazioni più giovani .... . .Ma ora basta parlare ,andiamo alla storia d'oggi
Foibe e profughi minori. La vergogna che fatico a perdonare
Non ero sicuro di voler scrivere su questo argomento. Non lo sono nemmeno ora che lo sto facendo. Né lo sarò quando, nella mostruosa lingua della rete, “posterò” questo pezzo. “Pezzo” è invece una parola della lingua da giornale di carta, tra poco obsoleto quanto l’aoristo greco. Ma io resisto. Dicevo, non sono sicuro sia giusto occuparmi di questo tema perché è personale e non ho fatto questo blog per farne la piattaforma di un cicaleccio privato.
Sono figlio di una profuga giuliano dalmata. Mia madre Giuliana Langendorff era nata a Fiume 77 anni fa ed era una patriota italiana. Il nome potrebbe far credere il contrario. Mio nonno Ludovico era austriaco, aveva combattuto la Prima guerra mondiale nella marina imperiale e quando il suo mondo crollò, decise di rimanere in Istria. Mia nonna Nives era croata ma detestava le due più importanti fazioni della sua etnia: i fascisti di Ante Pavelic e i comunisti di Tito.
Per libera scelta decisero di diventare italiani – un anno dopo aver tolto la divisa asburgica il nonno già partecipava all’impresa dannunziana di Fiume – e di far crescere i loro figli da italiani. Progressivamente, in casa si smise di parlare tedesco e si assunse il dialetto fiumano, simile al triestino. E’ stata una lingua della mia infanzia, quella delle mie vigilie di Natale che il nonno organizzava con un misto di fiaba austriaca e magia felliniana. Mia madre ha continuato fino all’ultimo a parlare il dialetto con le sorelle. Se sento dire “me son iozà la cotola”, capisco. I speak the language.
La famiglia di mia madre non visse direttamente la tragedia dell’esilio improvviso, delle persecuzioni e delle foibe. Durante la guerra il nonno si era trasferito a Milano per lavoro. Ma persero la casa e tutto quel che avevano. Il loro piccolo appartamento di via Macedonio Melloni fu il primo rifugio per decine di parenti e conoscenti cacciati da Fiume. Almeno quelli che non erano finti nelle foibe e dei quali non si ebbe traccia per anni e anni.
Non sfuggirono tuttavia all’umiliazione e all’oblio ai quali l’Italia condannò i suoi stessi profughi. Nel dopoguerra gli ebrei hanno dovuto lottare contro il tentativo di rimozione dell’Olocausto. I giuliano dalmati anche contro l’umiliazione di essere profughi. Non mi sogno di paragonare il gigantesco massacro della Shoah con le foibe, un avvenimento minore dell’odio degli uomini. Ma per ogni popolo la sua tragedia è La Tragedia.
Gli istriani erano semplicemente dei “fascisti”. Gli attivisti del Pci andavano alla stazione Centrale per insultare i profughi, i ferrovieri della Cgil si rifiutavano di manovrare i treni che li portavano dall’esilio. Era vietato perfino usare questa parola, esilio. Per decenni il Partito comunista è stato responsabile di un comportamento vergognoso, avallato dai partitini vassalli di allora, socialisti compresi. E anche la Dc, perché gli istriani ricordavano ai governi italiani l’umiliazione degli accordi di Osimo: territorialmente non c’era alternativa, forse. Ma
«In questo paese ci sono più persone che scrivono libri di quelle che li leggono» diceva un mio vecchio professore universitario, e che il nostro sia un paese di non-lettori non è certo una novità. Capita, peraltro, che ci siano poi delle vere e proprie “bolle” su libri che vengono creati raffazzonando materiale altrui e leggende metropolitane, ma che hanno però tutte le luci della ribalta (nonché varie ospitate e trasmissioni speciali sulla terza rete Rai) e libri che, magari anche solo in parte, tentano di spostare quei riflettori sulle tantissime zone d'ombra della nostra storia e che, per questo, non godono della stessa fortuna.
Proprio uno di questi ultimi casi potrebbe permettere al nostro paese di fare un salto di qualità, una crescita intellettuale se vogliamo, favorendo una discussione che da troppo tempo viene rimandata e che riguarda una manciata di anni, quelli che i libri di storia hanno definito “di piombo”. Il libro in questione è “Colpo al cuore: dai pentiti ai “metodi speciali”, come lo Stato uccise le Br. La storia mai raccontata”, scritto dal giornalista Nicola Rao nei mesi scorsi ed edito da Sperlink&Kupfer.
Premetto che ancora non ho avuto modo di mettere le mani sul libro, per cui questa non sarà assolutamente una recensione. Quello che mi interessa, invece, viene sviscerato su internet in questi giorni grazie al prezioso lavoro del blog Baruda.net. Ad oggi, il tentativo di raccontare dei metodi illegali usati dallo Stato (no, qui non esistono pezzi di Stato “deviato” e “non-deviato”) contro i gruppi che, a sinistra, scelsero la lotta armata tra i Settanta e gli Ottanta sono stati affrontati solo da due libri (al contrario dei tanti – non sempre utili – scritti sulla criminalità organizzata): uno è quello, appena citato, di Nicola Rao. L'altro si chiama “Le torture affiorate”, fa parte di una più ampia collana (cinque libri) chiamata “Progetto Memoria”, una «ricerca storico-documentaria sull'esperienza armata che ha attraversato l'Italia negli anni 70-80», come è possibile leggere sul sito della cooperativa “Sensibili alle foglie” (fondata nel 1990da Renato Curcio, Stefano Petrelli e Nicola Valentino nel carcere romano di Rebibbia), un altro dei libri che difficilmente vedremo “recensiti” da Fabio Fazio e soci.
Si è sempre detto, a torto, che “i cattivi” fossero gli operai, gli studenti o i “militanti” che scelsero la lotta armata e che i “buoni” fossero gli uomini dello Stato, belli e ligi al dovere ed al rispetto delle regole come quelli che ti fanno vedere nei “serial” in televisione. Poi, però, arriva un De Tormentis qualunque a scombinare i piani.
Foto proveniente dalla perizia del medico legale Mario Marigo, 3 febbraio 1982 Padova.Tracce di tortura compiuta con elettrodi sui genitali di Cesare Di Lenardo,militante delle Brigate rosse in carcere da 29 anni
Il “professor” De Tormentis. No, quello non è un cognome vero. “De Tormentis” è l'eteronimo – ripreso da un trattato medievale sulla tortura scritto dalla scuola bolognese di giurisprudenza tra la fine del 1200 e l'inizio del 1300 - con cui è noto il funzionario dell'Ucigos ("Ufficio centrale per le investigazioni generali e le operazioni speciali", oggi diventato “Polizia di prevenzione”) che in quegli anni girava questure e caserme del Belpaese insieme ad una squadra speciale con il compito di estorcere informazioni ai militanti – o presunti militanti – delle Brigate Rosseattraverso metodi – come il waterboarding - che oggi, se contestualizzati in paesi come l'Afghanistan, l'Iran o l'Iraq, non abbiamo problemi a definire come “torture” o “violazione dei diritti umani”. In una intervista al quotidiano Secolo XIX pubblicata nel giugno 2007, è lui stesso a delineare il suo curriculum, iniziato negli anni Cinquanta e conclusosi con il ruolo di questore dopo tre decenni, passando attraverso la Sicilia dei Liggio e dei Riina, Napoli e l'ispettorato antiterrorismo creato da Emilio Santillo, fino all'approdo all'Ucigos. Nella stessa intervista è lui stesso a dare indicazioni sulla sua identità – facilmente rintracciabile con una non troppo complessa ricerca in rete – dicendo di essere raffigurato nella fotografia che immortala il ritrovamento della Renault 4 rossa in via Caetani dove si trovava il corpo di Aldo Moro. A Napoli, siamo nel 2004, diventa commissario per la federazione provinciale di Fiamma Tricolore, partecipando tra il 1986 ed il 1987 ai processi contro la colonna napoletana delle Br, al cui smantellamento aveva concorso lui stesso con i suoi metodi “speciali”.
Oggi “De Tormentis” fa l'avvocato proprio presso il foro napoletano, notizia che – ovviamente – non è piaciuta proprio a tutti i suoi colleghi. «Come Codesto Ordine comprenderà non è certo particolarmente “edificante” per chi esercita questo mestiere ormai da qualche annetto apprendere che un “collega” si vanta pubblicamente di avere torturato, quando era un poliziotto, dei cittadini arrestati prima di affidarli al Magistrato competente», scrive l'avvocato Davide Steccanella (il sottolineato non è opera mia) di Milano in una “richiesta chiarimenti” all'Ordine degli Avvocati di Napoli[1].
Il primo velo su De Tormentis e le
Ecco cosa succede quando si guarda lontano , senza fare un passo decisivo non ha il coraggio di tentare . Dimenticando che << Anche un lungo cammino comincia con un piccolo passo o Ogni Lunga Marcia Comincia Con Un Piccolo Passo >> ( Mao Tse-tung )
Dentro la storia di un'azienda ci può essere la storia di tante altre aziende, specie se stiamo parlando di un colosso che nella sua vita secolare ha dato lavoro a centinaia di migliaia di persone cavalcando da sempre il cambiamento tecnologico fino a che il cambiamento non ha finito per schiacciarlo. La bancarotta di Kodak, con una procedura controllata scattata dopo il fallimento degli ennesimi sforzi di rilancio, diviene così il più recente simbolo del "furore" del capitalismo, capace di creare o distruggere in poco tempo società gigantesche. Un processo, tutto sommato, negli Stati Uniti ancora virtuoso, se è vero che lungo la parabola discendente di Kodak sono nati giganti come Google e Facebook, hanno prosperato Microsoft e Amazon, è rifiorita Apple. Nomi non casuali, perché sono fra i principali beneficiati di quella rivoluzione digitale che ha travolto, invece, proprio la ditta che è stata a lungo tutt'uno con il concetto stesso di fotografia.
L'istanza di bancarotta è stata depositata in tribunale a New York alla mezzanotte di mercoledì, e da ieri Eastman (il cognome dello storico fondatore) Kodak è in amministrazione controllata. Questo sta a significare che in realtà la società non è fallita ma entra, appunto, in un regime di amministrazione straordinaria per ristrutturarsi e tentare di riprendere la normale attività, il tutto facendo leva su un prestito di 950 milioni di dollari ottenuto da Citigroup per sopravvivere alla riorganizzazione. E per capire la difficoltà del tentativo basta far riferimento alle cifre fornite dalla stessa Kodak: nei documenti presentati in tribunale la società dichiara di avere 5,1 miliardi di dollari di attività e ben 6,75 miliardi in debiti.
Numeri che di certo non fanno stare tranquilli i suoi 19.000 dipendenti, la cui sorte è appesa un filo. In pratica, il numero dei licenziamenti sarà inversamente a quello dei brevetti che Kodak riuscirà a vendere, poiché quest'ultimi rappresentano il vero patrimonio residuale dell'azienda. Quasi ventimila persone in bilico sono un'enormità, eppure si tratta di una pattuglia di superstiti. Ben diversi, infatti, sono stati gli organici nei lunghi decenni di splendore, quando Kodak deteneva la leadership lungo tutta la filiera della fotografia, dalle pellicole alle fotocamera di piccolo e medio formato, dalle attrezzature per lo sviluppo dei negativi alla carta fotografica. A metà degli anni ottanta, ad esempio, il gruppo impiegava 145mila persone con una presenza planetaria, ed agli inizi del Duemila si parlava ancora di settantamila dipendenti.
Poi, il tracollo, con l'organico che negli ultimi sette anni si è ridotto di 47mila persone con la chiusura di 13 stabilimenti. Nel 2007 l’ultimo bilancio chiuso con qualche profitto da destinare agli azionisti. Gli stessi che hanno assistito ad un macabro spettacolo finanziario: se nel 1996 a Wall Street il titolo Kodak valeva 80 dollari, mercoledì la quotazione dell’azione è sprofondata sotto un dollaro. Su cosa abbia condannato l'azienda creata da George Eastman nel lontano 1892, i giudizi sono abbastanza unanimi. Se il fondatore era uno straordinario visionario, un filantropo morto suicida a 78 anni con una frase spiazzante: «Il mio lavoro è compiuto, perché attendere?», ai suoi successori più recenti ha fatto difetto proprio la visione.
E dire che molte delle prime fotocamere digitali erano uscite proprio dai suoi laboratori. Ma poi il management decise che non aveva senso investire sulla nuova tecnologia quando si era leader della fotografia tradizionale. Leader ma non padrone, e così altri hanno investito con profitto sulla fotografia digitale, la cui qualità non eguaglia ancora quella della pellicola tradizionale ma offre ormai enormi vantaggi in termini di produzione e condivisione delle immagini. Negli ultimi anni, quando era tardi, anche in Kodak avevano capito. Ma le presentazioni delle nuove fotocamere digitali sembravano ormai una fiera del rimpianto.
Crisi di coppia, del maschio italiano, dei valori... Quale che sia la ragione, anche le donne del Belpaese sono state contagiate dal malcostume del sesso a pagamento lontano dai confini nazionali. Perché quel che accade all'estero, resta all'estero. Soltanto negli ultimi anni le italiane rappresentano dal 3 al 5% dei turisti in cerca di sesso. Lo denuncia il Rapporto 2010 Eurispes-Telefono Azzurro su Infanzia e Adolescenza.
L'identikit della donna a caccia di giovani amanti a pagamento è presto tracciato: sono per lo più single e neodivorziate, scelgono mete come Gambia, Senegal, Marocco, Kenya, oltre a Cuba e Giamaica. Vanno, insomma, in cerca di quello che volgarmente si chiama il "big bamboo"... Anche l'età media, Anche l'età media, che fino a qualche anno fa si aggirava attorno ai 40 anni, oggi si sta abbassando molto grazie soprattutto ai voli low cost che consentono alle più giovani di raggiungere facilmente meteesotiche dove l'offerta è altissima. Il turismo sessuale è un fenomeno che sta assumendo caratteristiche e proporzioni che vanno ben oltre le relazioni, seppur a pagamento, tra gli avventurieri occidentali e le bellezze del posto. E sebbene la donna che va all'estero a caccia di gigolò faccia ancora notizia e rappresenti più che altro un fenomeno di costume che ancora incuriosisce molto, quello con cui ci si deve confrontare è un vero e proprio sistema di sfruttamento della prostituzione. continua qui su http://quaeram.blogspot.com/
mi accorgo che vecchioni in questa famosa canzone di qualche anno fa , di cui riporto la versione live da me girata c'ha ragione e l'aveva previsto
Un post che , non ricordo se l’ho messo o meno nel mio vecchio blog ( se lo doveste ritrovare cercando l’archivio trasferito qui , ne chiedo venia , ) per il terremoto avvenuto il 26 dicembre 2004, che ha avuto l'eccezionale magnitudo di 9.0 , ancora più attuale che mai
Leggendo in internet questo articolo dal titolo Italia, caos e tirchieria: gli aiuti solo a parole : << di Toni Fontana : << Caos e tirchieria. Dopo la sbornia di apparizioni
televisive di Fini e Berlusconi,promesse e dichiarazioni di buone intenzioni,
si scopre che la macchina degli aiuti italiani sta girando a vuoto, che,
salvati i turisti sopravvissuti, il governo non apre i cordoni della borsa, e
soprattutto non dice nulla sulla destinazione delle enormi somme accumulate
grazie alla generosità degli italiani. Le Ong sono in rivolta e, come spiega il
presidente dell’associazione delle organizzazioni non governative Sergio
Marelli, chiedono di «rivedere la Finanziaria» e soprattutto giudicano
«urgente» spiegare gli italiani «chi gestirà i fondi raccolti (….) »
mi è venuta in mente una vignetta di Staino dell’unità ( www.unita.it
) del 29\12\2004 che sono riuscito ad riottenere via email grazie all'autore stesso
La vignetta oltre ad essere ironica
, descrive benissimo il classico
fenomeno , iniziato
dal XVII \ XVIII °
secolo , dell’egoismo dei paesi
ricchi nei con fronti dei paesi poveri o peggio poverissimi ( che
come in questo caso hanno subito
tale sciagura naturale ) che
dipendono al 90 %
da “noi occidentali “ . Tale sciagura
ha coinvolto a noi , infatti
basta vedere le varie speculazioni e deturpamenti al
livello turistico solo per
fare degli esempi lamapanmti
fatti dala multinazionali .
Ritornando alla news d’apertura del post Quello che
mi dà più fastidio è che
1) i soccorsi arrivano solo
nei luoghi in cui ci sono gli occidentali i loro ziracchi
.. ehm … servbi ; 2)
il becero e vergognoso nazionalismo della stampa nostrana ( ne
ho già parlato in precedenza sul vecchio blog ora trasferito qui su blogger vedere archivio ) ;
3) che quando si tratta
di sfruttarli con un turismo di massa ( vedere la news che i
viaggi in quelle zone hanno ripreso a funzionare
) o prendendoli le
risorse imponendoli delle mono culture pagandogliele una miseria
, o usarli come delle cavie per la
produzione di sostanze tossiche
proibite in patria vedi
il mio post per il 20 °
di Bhopal ( vedere anche archivio 2004 ) o
discariche per i rifiuti
radioattivi ( vedere i retroscena del caso Ilaria Alpi)
, mentre non si fa un cazzo (scusate la volgarità
gratuita , ma quando ci vuole ci vuole ) ,
salvo alcune eccezioni
, per aiutarli seriamente
senza specularci sopra
o ipocritamente ( per pulirsi la coscienza ) .
Avrei un milione di cose da dire ma il coraggio e la voglia di dirne nemmeno una. Tenere tutto per me, nel bene e nel male ed aspettare che arrivi marzo il più presto possibile.
Sono caduti i fiocchi di neve, è arrivato l’inverno e con loro è arrivato lo scoglionamento (non prendiamoci per il culo: la neve è bella quando si sta a casa al calduccio o magari in una baita in montagna in dolce compagnia, non quando devi andare al lavoro coi mezzi pubblici o devi scendere sotto casa alle 6 del mattino per sbrinare l’auto, per dire).
Io odio cordialmente la neve, e ne avrei fatto volentieri a meno.
Ma ieri sera a quest’ora (19) ero ancora in ufficio a morire di sonno e con decisamente meno pazienza, e successivamente a cena fuori con i colleghi informatici (gli strani, detti anche, semplicemente, gli uomini), esattamente dall’altra parte della città, ed al ritorno con due colleghe di piano da riportare a casa sane e salve. Il che, per essere in un giorno lavorativo, per me è l’equivalente di aver fatto qualcosa di molto rischioso.
/*aperta parentesi
E comunque ste donne (perché dopo i 20 si è donne, mica ragazzine) che hanno la patente da tre vite e non hanno mai guidato perché hanno sempre avuto il fidanzato di turno a scarrozzarle, devono svegliarsi. Cosa sono io, che a quasi 19 anni ho preso la patente e la settimana dopo facevo i miei primi 60km in solitaria, ed ora ti riporto a casa anche se abito in direzione opposta, una stronza? Allora dillo, prendi la patente a 30 anni ed inizia guidare subito. Non che fai la figa per aver preso la patente alla prima, a 18 anni e 3 mesi la riponi nel portafogli per dimenticartene, e poi la volta che ti metti in strada vai ai 30 l’ora e mi investi perché confondi la frizione con il freno.
chiusa parentesi*/
Respiro e mi calmo, visto che questo è uno degli argomenti caldi che mi fanno infuriare ogni volta che una si avvicina e mi chiede un passaggio perché “sai ho la patente, pure l’auto volendo, ma non ho mai guidato”. Insomma FFFFFFUUUUUU.
Cooomunque, buon week end, si vocifera di un ulteriore calo della temperatura. Io non so se questo possa essere possibile, visto il pinguino che ho investito con l’auto tornando a casa.
Alcuni diabetici che hanno portato avanti una terapia a base di cellule staminali non hanno più dovuto far ricorso alle punture di insulina visto che il loro corpo ha ricominciato a produrre l'ormone naturalmente.
"Circa centoventimila donne, alla fine degli anni Cinquanta, venivano impiegate in Umbria, in Puglia e in Veneto, nella raccolta del tabacco. Il giornalista Ugo Zatterin realizza, con le sue interviste dal vivo, una fotografia di quell`Italia. La raccolta del tabacco si svolgeva alla fine dell’estate e durava circa un mese, si procedeva quindi all’essiccazione delle foglie che venivano successivamente riposte in cassette. La visita ad una masseria in Puglia, dove nove nuclei famigliari sono impegnati in questa attività, permette di osservare da vicino lo svolgimento del lavoro, nel quale venivano coinvolte anche le continua qui nella mente e nel cuore: Omaggio alle "Tabacchine"(Salento),"LA RACCOLTA DE...
Ne ho sentite tante sul calcio :papere sui goal , rigori assegnati da centro campo , di portieri che partono in attacco , il nuovo oppio dei popoli
ma questa le batte tutte e farà storia . La squadra dell'Olbia ha chiesto alla Fgi ( federazione Italiana giovo calcio ) di ripetere la partita . dalla news sotto maggiori dettagli
Un rigore a porta vuota. E' capitato in Promozione, ieri pomeriggio a Olbia. Il portiere dell'Olbia 05, Gianni Picasso, tra i pali non c'era, si stava sistemando i calzettoni. Una perdita di tempo non gradita dall'arbitro, che per tutta risposta ha fischiato: un trillo secco che per Talanas, il giocatore del Fonni incaricato di trasformare il penalty, e' stato il via libera per prendere la rincorsa e calciare: 1-0 per gli ospiti e partita vinta. L'Olbia ha gia' chiesto la ripetizione della gara.
La denuncia dell'associazione Certi diritti: le motivazioni sono le più curiose e spaziano dal divieto di pornografia a quello, più ridicolo, di esibire un abbigliamento provocatorio
'Il Comune di Milano censura i siti d'informazione
gay": è la denuncia dell'associazione radicale Certi diritti, che ha
segnalato come sia "impossibile" accedere attraverso la connessione
wireless gratuita di Palazzo Marino "ai principali siti di informazione
Lgbt" (lesbiche, gay, bisessuali e transessuali). "A cadere sotto la
scure del censore meneghino è anche il sito nazionale di Arcigay -
spiegano - ma curiosamente non quello della sezione milanese".
Le
motivazioni del blocco della navigazione "sono le più varie e curiose -
affermano dall'associazione - Spaziano dal divieto di pornografia a
quello di materiale sessuale sino a quello più diffuso e ridicolo, ma
anche inquietante, cioè il divieto di abbigliamento provocatorio".
L'associazione ha annunciato che sul tema il consigliere radicale Marco
Cappato ha presentato un'interrogazione urgente in consiglio comunale
per chiedere spiegazioni e l'immediata rimozione dei blocchi.
"E'
inaccettabile che si ricada ancora nella censura di siti d'informazione
per il solo fatto di contenere la parola 'gay' o 'queer' nell'url"
(ovvero quella sequenza di caratteri che identifica l'indirizzo di una
risorsa in Internet). "Non tutti i siti gay sono pornografici come non
tutti i siti pornografici sono gay - concludono dall'associazione Certi
diritti - Questa equivalenza non fa altro che confermare l'odioso
pregiudizio che riduce l'omosessualità al suo aspetto puramente sessuale
negandone l'aspetto affettivo erelazionale e ledendo la dignità di tutte le persone Lgbt".
L'obbedienza non è più una virtù, arriva lo strip delle casalinghe .Burlesque, l'altra faccia dello “strip”
LE STORIE. Assunta Pittaluga e le sue trenta allieve over 40
C'è chi dice sia la via democratica allo strip. Nel senso che per praticarlo non c'è bisogno di essere «belle, alte e disinibite». «Alte magre basse grasse, tutte possono». Assunta Pittaluga insegna burlesque a trenta allieve over 40 nella sua scuola cagliaritana di danza
Si chiama burlesque e ha un sacco di ammortizzatori per evitare di dire papale papale quello che è: uno strip. Non integrale ma comunque strip. «Detto così, sembra un'altra cosa. Invece è ironico, rilassante, divertente».Dunque dev'essere un irresistibile bisogno di ironia, di relax e di divertimento che spinge decine di donne - dalla manager alla postelegrafonica - a frequentare corsi per imparare a spogliarsi. In un certo modo, s'intende.Nella sua scuola cagliaritana di danza, Assunta Pittaluga ha una trentina di allieve che frequentano lezioni di burlesque. Se ne occupa personalmente, e non solo. Fa spettacoli: il prossimo è a Milano. Single, non ammette oltraggi. E nemmeno insinuazioni. Il suo passato di ballerina classica, i lavori a fianco dei più importanti coreografi italiani, il sogno (irrealizzato) di riuscire a ballare almeno nei pressi di Rudolf Nureyev, ne fanno una testimone autorevole. Pronta a mentire solo su un dettaglio: «Sono dolosamente vaga quando mi chiedono l'età. Non me la ricordo».L'ufficio di segreteria del suo istituto (uno splendido palazzetto d'epoca) è tappezzato di locandine e attestati vari: questo per dire che la carriera c'era e c'è. Colpa di una nonna che, quand'era piccina, l'ha trascinata in una scuola dove le bimbe-bene imparavano a muovere i primi passi con grazia in attesa di diventare signorine da marito. Da allora - ed è passato davvero molto tempo - non si è fermata più.Perfettamente a suo agio in una mise da spogliarellista (ma questo si scoprirà solo dopo) nonostante il freddo e un imbarazzato notes davanti agli occhi, parla del burlesque con vezzosa intelligenza. Respinte al mittente le provocazioni.
continuando con lo stesso articolo c'è un intervista \ chiacchierata ad Assunta
Come sono le donne che fanno burlesque?
«Donne che fanno burlesque».
Bruttine stagionate?
«L'unica stagionata del gruppo sono io».
Età media?
«Over 40».
Over quaranta vuol dire tutto.
«Allora diciamo che sfiorano i cinquanta. Cambia qualcosa?»
Sul palcoscenico insieme a nomi mitici (Ugo Dell'Ara) o a teatro con Arnoldo Foà, ha metabolizzato un sacro principio: la danza è vita. Perdersi nel labirinto fra orientale, jazz, classica, sportiva o contemporanea è soltanto un gioco da salotto. «L'importante è volere», spiega con un sorriso che si allunga verso nerissime ciglia finte. Il body scuro e le calze da allungare al momento opportuno come l'elastico di una fionda sono (provvisoriamente) coperte da un giaccone in attesa che cominci il servizio fotografico a corredo di questa intervista. Come antipasto, giusto le ammissioni di prammatica: vero che per molte la danza è un pretesto per fare amicizia, falso che sia un passaggio obbligato per playboy a lungo invecchiamento, vero che aiuta a mettersi in pace con se stessi, verissimo che può servire quando si vive sull'orlo d'una crisi di nervi.Il destino di Assunta Pittaluga viene probabilmente da molto lontano, da una casa ingombra di specchi dove lei - ragazzina coi brufoli - passava depressa sotto esame. «Ero bruttina. Grazie alla danza mi sono rifatta dopo». Nel senso che ha imparato a volare, ad essere e a sentirsi libera dalle mille piccole spietate zavorre imposte dal conformismo, dal comandamento che regola l'obbedienza collettiva: questo si fa, questo non si fa. Con lei non vale.
A che serve la danza?
«Per chi la fa a livello professionale, serve come appagamento interiore. Non ci puoi rinunciare. Niente di diverso dalla febbre che può avvertire un musicista, un pittore, un poeta. Per quanto mi riguarda, potrei starmene finalmente tranquilla a fare la calza. Beh, non ci riesco, continuo a non poterne fare a meno».
Per gli altri invece cos'è?
«È una tecnica formidabile per educare il corpo, uno strumento per socializzare, scoprire un pianeta che - fino a quando non sei entrato in una scuola di danza - non puoi immaginare».
Perché fa burlesque?
«Perché mi diverte. Non è importante essere belle, giovani, disinibite. L'importante è aver voglia di mettersi in gioco».
Lo dicono anche le veline e le aspiranti miss.
«Nel caso del burlesque non è una frase fatta. Alte magre grasse basse, tutte possono».
Difatti lei l'ha fatto pure in tv a Videolina.
«Sì, ma siccome la trasmissione andava in onda in fascia protetta mi sono limitata a sfilare i guanti».
Altrimenti?
«Il burlesque non prevede il nudo integrale, se è questo che voleva chiedermi. Ci sono molte differenze tra la ricetta europea e quella americana».
Cioè?
«Gli Usa hanno una visione del burlesque a mezza strada tra avanspettacolo e cowboy: amano le ragazze che si strizzano le tette, per esempio. Oppure fanno roteare come un lazo le nappine copri-capezzolo. In Europa non succede nulla di tutto questo. Dita von Teese, che è la regina del burlesque, non farebbe mai cose del genere. Noi siamo molto diversi. Più chic».
In che senso?
«Lasciamo che sia la fantasia a sedurre, non ti scaraventiamo le tette addosso come il bidone del latte».
C'è stato l'imbarazzo della prima volta?
«No, perché mai? Importante precisare tuttavia che il burlesque non è danza. Semmai teatro. Racconta con ironica civetteria storie che durano qualche minuto, mostra situazioni che possono e debbono suscitare un sorriso».
Un sorriso e nient'altro?
«Se nasce altro, affari loro. Tutta salute se si tratta di adulti consenzienti. Ai miei corsi non sono gradite minorenni. Una scuola della provincia mi ha chiesto di tenere un corso: ho declinato l'invito quando ho saputo che avrebbero assistito ragazzine interessate al burlesque».
Complimenti?
«Il migliore è quando, finito uno spettacolo, ti propongono un nuovo contratto. Di insulti non mi chieda: ci sono stati di sicuro ma io non sono mai riuscita a sentirli».
Nessuno che abbia ecceduto durante uno spettacolo?
«Nei locali dove mi esibisco c'è un discreto e robusto servizio di sicurezza. Impossibile scavalcare certe regole di rispetto e buona creanza».
Come sono le sue allieve?
«Non capisco la domanda».
Ha capito benissimo.
«Alcune potrebbero tranquillamente affrontare il pubblico».
Cosa c'è di ironico nello spogliarsi?
«Se una sa di essere normale, giocare a fare la vamp o la pin up significa fare ironia. Il pubblico coglie subito questo aspetto».
Perché piace?
«Alle donne, soprattutto a quelle che fanno una vita frenetica, frustrante da casalinga o esaltante in carriera, serve per riscoprire la propria femminilità. E a condirla di gesti che vanno oltre la noia, la ripetitività e l'abitudine. Non a caso chi fa burlesque ha un alter ego».
Che significa?
«È una delle regole che insegno dopo le prime tre lezioni: darsi un nome d'arte. È un gioco psicologico. In questo modo puoi assolverti: chi fa quelle cosacce col burlesque è un'altra, mica sono io».
Lei ha un nome d'arte?
«Certo: Velvet virgin. Vergine di velluto. Ma tra noi ci sono anche Cherry Sixx, Baby revolution, Vicky Devil, Lady Camarilla».
Qual è il confine tra danza e disturbo psichico?
«C'è ed è sottilissimo, come sottilissimo d'altronde è il confine tra la vita di tutti i giorni e un'eplosione di follia».
Scegliere il burlesque non è spia di un disagio?
«In alcuni casi potrebbe anche essere. Voglio dire che si iscrive ai corsi anche la donna infuriata col mondo, oltre che con se stessa. Il burlesque è una reazione, una meravigliosa scappatoia».
Viviamo travolti da scosciate & tette all'aria: qual è la novità?
«L'atmosfera di eleganza che si riesce a creare, una seduzione dal gusto nuovo e originale, sapori retrò e grande fascino».
E magari un pizzico di disperazione nascosta.
«Per alcune forse sì. Ma che bella reazione arrivare al burlesque per tentare di liberarsene».
Proviamo a catalogare.
«C'è la drogata, cioè la donna letteralmente ipnotizzata dal burlesque, che una volta iniziato non smetterebbe mai. Poi c'è quella che ha sempre desiderato trasgredire e non ha mai potuto. Non avete idea di che volontà ed energia le animi. Entrare in classe significa ricevere una scarica di adrenalina».
Quelle che rinunciano.
«Succede. Il vero problema è superare la prima lezione. Dopo il riscaldamento, si comincia con le pose da vamp, gesti che in casa neanche morta. Se non riesci a entrare nel meccanismo ti senti inevitabilmente ridicola perché quello non è il tuo modo di essere abituale. E a quel punto può accadere che abbandoni».
Quelle che a tutti i costi.
«Le negate, quelle che sbagliano gesti e posizioni? Bisogna pazientare e attendere che migliorino, che riescano ad entrare nel ritmo».
E se non ci riescono?
«Ho sbottato una volta sola in vita mia e ho detto ad un'allieva: se facciamo La bella addormentata tu farai la Bella nel secondo atto. Perché, salvo qualche minuto, deve solo dormire».
Quelle che bisogna cassintegrare.
«No, mai. La considero una violenza. Seppure mi trovo di fronte a una donna assolutamente incapace, evito di ferirla. Il burlesque, se hai la sensibilità di capirlo, è anche terapia».
Ha mai chiesto perché lo fanno?
«No, per non metterle in imbarazzo. Venire a fare burlesque è già una conquista di libertà con se stesse. Una grande conquista. Figuriamoci se è il caso di fare domande. Semmai, raccolgo qualche confidenza non richiesta».
Per esempio?
«Penso a quella donna che durante la terza lezione ha avuto una crisi di gioia. All'improvviso ha detto: grazie, mi hai aperto le porte di un mondo sconosciuto».
Spiegate anche il senso del ridicolo?
«Nel burlesque averlo è fondamentale, altrimenti si diventa una macchietta. Aspetto che siano loro a coglierlo, io non fiaterei neanche sotto tortura. A lezione non si deve parlare neppure di difetti fisici, sennò si rischia di diventare anoressiche».
Come mai?
«La danza fa scattare l'idea della leggerezza, della levità. L'anoressia è la trappola che ci sta dietro. Quindi occorre attenzione».
Impresentabili.
«Ci sono. Ma finché si divertono a livello amatoriale, se vedi che sono felici a danzare, che stanno finalmente sognando, perché rompere un incantesimo?»
L'intervista è conclusa. Assunta Pittaluga aspetta un segnale dal fotografo e fila dritta in una delle sale della sua scuola. Di colpo si libera dal giaccone che la copriva fin sotto le ginocchia e sfodera un fisico sorprendente, reggicalze nero incluso assieme a un décolleté ampio e ospitale. Afferra una sedia per la tipica foto da strip teaser, racconta di un charleston trasformato in spogliarello di fronte a una platea stupita e intanto punta l'obiettivo con sguardi a senso unico. Posa perfino sul vano-scale della scuola, sorriso a tutto tondo: alla faccia dei moralisti e dei miscredenti. Alla fine, quasi fosse una vendetta premeditata, si volta e finge di ricordare: «Mi aveva domandato quanti anni ho? Me ne sono ricordata. Ne ho compiuto sessantaquattro l'altro giorno».