Dopo i vigliacchi attentati nella settimana santa nello sri lankka \ isola di ceylon e i vari servizi dei media in cui si specificava nonostante fosse ovvio e scontato il tipo di religione delle vittime ho cercato di capire interrogandomi ponendomi tale domanda : È proprio necessario , non dovrebbe essere ovvio e scontato , che ogni volta che avviene, in una chiesa o un altro luogo di culto nelle festività ( ma anche non ) religiose un attentato o una strage da parte di fanatici fondamentalisti di un altra religione o confessione, specificare l'appartenenza religiosa \ confessionale o meglio la fede delle vittime ?!.
Ho e ho trovato la risposta in quest'articolo del prof e storico del cristianesimo Alberto Melloni intitolato appunto la religione delle vittime edito da repubblica del 23\4\2019 ed in particolare in questa frase : << Che condivido questa affermazione : << le persone uccise dal terrorismo non possono essere divise in base alla fede per incentivare altro odio >>
in quanto come dice anche il mo contatto facebookiano
Maurizio Perronein realtà in Italia ne parlano alla grande quando le vittime sono cristiane e/o occidentali. Questo perché ritengono che la notizia sia più interessante e perché così possono fare propaganda politica.
Ma poi un accesa discussione con Daniela Tuscano sulla nostra appendice facebokiana
CompagnidistradaCara Daniela Tuscano << le persone uccise dal terrorismo non possono essere divise in base alla fede per incentivare altro odio >> Alberto Melloni Repubblica d'oggi ( 23.4.2019 )
CompagnidistradaE poi frase cretina quella di Melloni, li hanno uccisi perché cristiani, non perché passassero di lì a caso, vogliamo riconiscerlo riconoscerlo o ci vergogniamo? Questo non significa incentivare odio, è la semplice verità, e per tua informazione chi ha segnalato il tweet sconsiderato di Obama è stato un imam. I musulmani sono piu più solidali coi cristiani di tanti politicorretti occidentali. Smettila di difendere l'indifendibile.
Cristiana Girardi"Adoratori di Pasqua" è una maldestra traduzione dall'inglese all'italiano...la gravità è che la maggior parte di noi lettori italiani non ce ne siamo accorti, presi come siamo dalla voglia di polemizzare.
CompagnidistradaNon è voglia di polemizzare. Avessero scritto "cristiani" non ci sarebbe stara stata alcuna maldestra interpretazione. Fatto tanto più grave considerato che, dopo l'indignazione GENERALE (non solo italiana come suggerisce lei) non si sono sentiti in dovere di precisare nulla. Hanno avuto timore a scrivere "cristiani", come del resto si sono sempre disinteressati della loro sorte da almeno dieci anni a questa parte. Per quanto ci si rigiri sopra, le cose stanno così.
mi è ritornato il dubbio tanto da dovermi rileggere l'articolo di Melloni sopra riportato . Ed è cosi che ho dato ragione a Daniela infatti
Daniela TuscanoIl titolo non rende l'idea dell'articolo... e si continua a non capire. Il primo intervento poi, che identifica occidentali e cristiani, oltre a non avere percezione della realtà (i cristiani massacrati erano CINGALESI, altro che occidentali!), conferma pienamente questa cecità. Evidentemente ignorate anche le origini del cristianesimo. PS. Certo che bisogna specificarlo, si deve, dato che sono stati ammazzati in quanto cristiani, non perché passavano da quelle parti per caso. E bisogna specificarlo due volte poiché nella neolingua obamiana la parola "cristiano" è diventata tabù. A breve una mia riflessuone. (D. Tuscano)
Maurizio Perronenel mio intervento ho scritto cristiani e/o occidentali, quindi una delle due cose o entrambe, nel discorso dell'interesse dei media e delle persone. È noto che una vittima più vicina a noi, per come percepiamo il mondo, suscita emozioni diverse rispetto a una più lontana. È un comportamento umano noto. In questo caso l'attacco ai cristiani si è potuto cavalcarlo per far propaganda politica e ascolti.
Giuseppe ScanoHai perfettamente ragione , carissima Daniela Tuscano , il titolo del post era ambiguo e di facile fraintendimento . infatti volevo , ma evidentemente che non ci sono riuscito in pieno , criticare chi ( media maistream , politicanti , extra parlamentari ) usano la religione per strumentalizzare i problemi e giustificare il loro razzismo e la loro propaganda . Infatti se leggi il post fino alla fine ti ho dato ragione a quel che dici sulle dichiarazioni di Obama . Io non nego le origini della religione cattolico \ cristiana in quanto , anche se negli anni sono passato da una fede confessionale \ praticante ad una fede laica e non confessionale e non praticante ( salvo i giorni delle feste principali cioè pasqua e natale , o matrimoni e funerali ) , sono le mie radici la mia identità e negarlo sarebbe come negare una parte di me . Ed è per questo che ho condiviso credendolo un buon intervento l'articolo di Alberto Melloni e il post di Maurizio ( ti ha risposto anche lui ) . Comunque attendo con curiosità la tua riflessione da te accennata .
Infatti mi sono sbagliato come mi è stato segnalato sempre Daniela e da u altro utente
Daniela TuscanoSi legge male, ma a parte ciò... Informo il prof. Melloni che anche la cristianofobia, anzi soprattutto quest'ultima (benché non ami il neologismo), è una variante, o meglio lo sviluppo estremo dell'antisemitismo. Evidentemente egli dimentica che il cristianesimo non ha radici in Occidente quindi NON si identifica (del tutto) con esso. Ma il suo vero pensiero si svela quando asserisce che sottolineare l'appartenenza religiosa delle vittime equivarrebbe ad "alimentare l'odio". No, professore, significa prendere atto della realtà. Questa fa il paio con gli "adoratori di Pasqua" e impegna solo il suo autore. Chiedo perdono a quei morti a nome di certi sconsiderati "intellettuali" d'Occidente e torno a dialogare coi musulmani. Vado decisamente più d'accordo con loro.
Alessandro MorazziniQuesta cosa di considerare il cristianesimo come un tutt' uno con l' Occidente è il tipico pregiudizio dei politicamente corretti, che rivela anche e purtroppo una sostanziale ignoranza. E mi dispiace che un intellettuale che per altri aspetti condivido ceda, o meglio cada, che è il termine più appropriato, in simili pregiudizi.
Credevo che ai giovani non importasse niente degli anziani e dell'oro familiari dopo che vanno via da casa.invece ci sono dei casi seppur isolati come quello che riporta l'unione sarda di ieri 21.IV.2019
innovazione, sostenibilità ambientale, performance: la rivoluzione del surf si chiama Alterego e parte da Alghero, in Sardegna.
Le tavole prodotte nella Riviera del Corallo sono pronte a segnare una linea di demarcazione tra passato e futuro. Finalmente il rispetto per la natura e la massima resa sportiva.L’obiettivo di Alterego è uno: realizzare un prodotto ad alta tecnologia, costruito su misura ed ecosostenibile. Nasce così in Sardegna, in una fabbrica di Alghero, una tavola da surf che impiega il sughero e i materiali più avanzati e a chilometro zero. Il risultato? Una tavola pronta a cavalcare le onde, che garantisce flessibilità e performance, ma con al suo interno un’anima green.
Alessandro Danese, general manager di Alterego
«Per noi la sostenibilità non è uno stile, ma una costante che è presente in tutti gli aspetti del nostro ciclo produttivo. La tavola sa surf viene creata da pani in Eps, il polistirene espanso sinterizzato, acquistato a Ottana. In azienda ricicliamo oltre l’ottanta per cento degli scarti di produzione. Ogni tavola viene quindi laminata con una bio-resina e la sua struttura portante, diciamo le sue fondamenta, sono costruite con il sughero. Materiale straordinario, duttile ed elastico, che viene comprato in Gallura».L’azienda ha sede nella zona industriale di Alghero, a una decina di minuti dalle spiagge della città e dalle onde del nord Sardegna.Un sogno diventato realtà nel 2017 grazie all'investimento dei fondatori della società Italian Waves e al contributo di Invitalia.
Oggi nella factory Alterego si continua a fare ricerca, guidati da una mentalità ecologica e con l’obiettivo di produrre tavole veloci e stabili. E i riconoscimenti ufficiali sono già arrivati, l’azienda è stata infatti selezionata come finalista nella sezione Innovazione Blu del Premio Costa Smeralda 2019.
Impresa composta da giovani sardi
Il nostro team è composto da giovani sardi con delle solide esperienze professionali. La linea di produzione è diretta da Michele Piga, esperto di laminazione con un background professionale nel settore degli yacht. Le tavole da surfvengono testate in acqua continuamente da Giovanni Cossu, uno degli atleti più forti della Sardegna. Tra i tester anche Andrea Costa, giovane agonista ligure e il kitesurfer Fabrizio Piga. Questi ultimi due partecipano al campionato italiano. Una parte fondamentale della ricerca è stata affidata a Luca Oggiano, ingegnere che si divide tra la Norvegia e l’Australia. Non ci poniamo però confini e siamo in continuo movimento. Stringiamo e cerchiamo collaborazioni in Europa e nel mondo, dove i surfisti si contano a milioni. Infine, non nascondiamo che stiamo lavorando per poter offrire una tavola che sia al cento per cento riciclabile».Le tavole Alterego sono disponibili su misura dal sito internet alteregosurf.com e presto anche nei migliori surf shop e negozi specializzati d’Europa.
I propositi dell’azienda
«Puntiamo certamente ai surfisti italiani, ma soprattutto a quelli dell’oceano. Il nostro orizzonte è far crescere la factory vogliamo dimostrare che è possibile cambiare il modello produttivo delle tavole da surf, un mercato in costante espansione e che vale ogni anno di più. E far capire che abbandonare i materiali inquinanti e poco rispettosi dell’ambiente è possibile. Lo meritano i surfisti e lo meritano soprattutto il mare, l’oceano, le nostre spiagge e le nostre coste. I luoghi che i surfisti amano e frequentano intensamente, e che noi tutti abbiamo il dovere di preservare».
"Mi piace inventare gli spettacoli che voglio... quelliche non riesco a vedere, cerco di sognarli..." Guido Crepax (1933-2003)
Un attesa del 50 anniversario dello sbarco ( vero o presunto che sia ) sulla luna oltre alla bellissima trasmissione di Andrea Purgatori
L'uomo che comprò la luna è un film di genere commedia del 2018, diretto da Paolo Zucca, con Jacopo Cullin e Stefano Fresi. Uscita al cinema il 04 aprile 2019. Durata 102 minuti. Distribuito da Indigo Film.
L'uomo che comprò la luna è una commedia "etnica" completamente imbevuta di quella "sardità" con cui Gavino deve confrontarsi. Alla regia c'è Paolo Zucca, al suo secondo lungometraggio dopo L'arbitro (già corto pluripremiato); alla sceneggiatura ci sono Geppi Cucciari e Barbara Alberti. Insieme confezionano una trama che è giusto definire "lunare", non solo perché vede al centro l'imprendibile Selene, ma anche perché è stralunata e surreale, e contiene eguali parti di poesia e di farsa.
Il punto debole è una trama che privilegia la gag etnica alla progressione della storia, dando molto spazio allo stereotipo sardo e meno all'intreccio degli eventi. Il punto di forza è la conoscenza approfondita che Zucca e Cucciari hanno della loro terra, che dà loro la libertà di prendersi in giro con disinvoltura senza lasciarsi intimidire da alcun tipo di correctness.
di correctness.
Solo alla fine però ci si renderà davvero conto che il film racconta la riappropriazione di un'identità geografica, proponendosi come un'ode a tutti i sardi che le radici se le tengono strette, così come si tengono stretto il diritto di sognare e quei "fondamentali" che privilegiano lealtà e rispettoLa scena più commovente del film (e inaspettata, in quel contesto comico) è l'incontro fra Gavino e i sardi che, nella storia dell'isola, hanno saputo resistere per portare avanti la loro originale visione del mondo. Spassose invece le gag sulla "camminata del latitante" e l'esame di sardità di Gavino. E Zucca conferma il suo talento registico nella composizione accurata delle inquadrature e nella fluidità con cui la cinepresa accompagna i suoi personaggi, rispettando le caratteristiche individuali di ognuno: la legnosità nuragica del "formatore culturale", assai ben interpretato da Benito Urgu, come l'afflato poetico di Angela Molina, la donna per cui l'uomo che comprò la luna si è appropriato di ciò che gli americani credevano appartenere solo a loro.
Mi è piaciuto un film Ironico, surreale, divertente e mai offensivo, onirico e naturalmente magico benchè... stralunato. La sceneggiatura, punto forte nonostante alcune debolezze di questa commedia, parla di vari aspetti ma in particolare dei sardi che tengono strette le proprie radici, così come si tengono stretto il diritto di sognare . Come rivendicare le proprie radici e scherzarci su allo stesso tempo . Lo consiglio per tutte le età, uscirete dalla sala con animo più leggero di quando siete entrati.Un film che contiene a chi vuole leggerli dei messaggi importanti di denuncia che non svelo per non fare ulteriore SPOILER .e magari togliendovi la voglia d'anfare a vederlo o cercarvelo online
Lo so che vi sarete rotti le 🗯🗨💨💥⚡🌩 di sentire ancora parlare del rogo di Notre Dame ma partita la classica raccolta fondi a livello planetario
Ora va bene che L’Europa intera ma on solo perde un pezzo importante della sua storia e che la maestosa cattedrale di Notre-Dame a Parigi,sia simbolo per eccellenza dell’architettura gotica e patrimonio dell’umanità come ho già detto nella mia riflessione precedente e come ha detto l'amica ed utente Daniela Tuscano nel suo bellissimo post : << il cuore >> Quindi è giusto essere solidali ma prima bisognerebbe pensare un po' a noi , non è cinismo ma triste realtà . Infatti concordo quando circola su fb ( vedere meme a sinistra ) ed riportato nel titolo . Alcuni di voi sia quelli che mi conoscono al di fuori dei social e della rete sia gli altri stupefatti avranno da ridire che io di sinistra ed antifascista la pensi come i fascisti e sovranisti . Ma qui non si tratta di becero nazionalismo leggi sovranismo ma di buon senso e d'amor proprio . Infatti non sempre purtroppo si può' essere generosi con gli altri bisogna ogni tanti pensare anche e stessi . Un raro caso in cui #primagliitaliani non viene usato in senso egoistico ed xenofobo insomma carico d'odio come si sente più spesso nelle piazze e nelle periferie .
Ma poi è bene chiaro che ognuno dona i suoi soldi per quello che gli pare.
Io non sto imponendo niente , il mio è solo titolo ed un post sfogo
concludo con questa canzone adesso in canna nello stereo
Anche loro devono vivere la loro sessualità non capisco questi stupidi tabù . E già per loro la vita è difficile , se poi gli togliamo \ proibiamo anche questo :-( . la storia di uomo disabile e gay che vive in sedia a rotelle, e trova consolazione alla sua situazione nel fare sesso Prima di negare la sessualità ai disabili leggete questa storia tratta da https://www.huffingtonpost.it/ 20/04/2019 12:06
Questo post è apparso per la prima volta su The Huffington Post USed è poi stato tradotto dall'inglese da Milena Sanfilippo.
Andrew Gurza e sua madre Sher
Da uomo disabile e gay che vive in sedia a rotelle, e ama fare sesso con altri uomini, ho dovuto affrontare la fase del coming out più volte e in modi diversi.Mi sono dichiarato gay a sedici anni. All'epoca, faticavo ad accettare la condizione di disabile su una sedia a rotelle e temevo che rivelando la mia sessualità, avrei aggiunto soltanto un ulteriore peso alla mia vita.Dopo aver cercato un termine che mi si adattasse in modo più autentico, mi sono dichiarato queer a ventisette anni. La parola gay non mi faceva sentire più a mio agio. A causa della disabilità, non sono muscoloso, "maschio" e non vanto nessuna di quelle caratteristiche che spesso sono associate culturalmente a quella parola. Il termine "queer" mi faceva sentire al sicuro. Significava che non dovevo conformarmi a un concetto che rimanda a immagini e idee ben precise e che la mia disabilità non avrebbe potuto soddisfare.A trent'anni, mi sono dichiarato uno "storpio queer." È stato durante la fase "Fanculo! Sono disabile e se non riuscite ad accettarlo, fuori dalle palle." Sapevo cosa pensava la gente del rapporto tra disabili e sesso, e volevo prendere quei pregiudizi, sovvertirli e mettermeli addosso come una medaglia al valore. Se avessi rivendicato la parola "storpio", pronunciandola per primo, magari la discriminazione e il pregiudizio che affrontavo ogni giorno non mi avrebbero fatto più tanto male, giusto?Per tutta la vita, ho dovuto rivelare le mie identità differenti agli infermieri a domicilio che mi aiutavano nelle attività quotidiane come farmi la doccia o andare al bagno. Ogni volta che facevo coming out con uno di loro, speravo che la mia onestà non li offendesse, perché dipendo dal loro aiuto. Mi è capitato di nascondere ciò che ero per non perdere l'assistenza.Ho dovuto rivelare la mia identità sessuale anche ai membri della comunità di disabili. Con mio enorme sgomento, con loro fare coming out si è rivelato spesso più difficile. Mi sono sentito dire che mi serviva solo una ragazza normodotata e tutto si sarebbe sistemato. Ciascuna di queste storie ha plasmato la mia identità di queer disabile in maniera sostanziale, ma credo che la mia esperienza recente di coming out sia stata la più potente e la più rivoluzionaria del mio percorso: ho detto a mia madre degli escort.Ho deciso di rivolgermi a degli escort circa due anni fa. Non ne potevo più della discriminazione che dovevo tollerare quando cercavo una scappatella. Non ne potevo più di sentirmi chiedere se i miei genitali funzionavano correttamente o di ricevere messaggi in cui mi dicevano che ero "troppo carino per essere disabile o che sembravo "ritardato, nessuno ti vorrebbe". Il dolore causato da questi scambi aveva un effetto devastante su di me e non sapevo cosa fare. Ero furioso perché non potevo godere del mio corpo come desideravo e perché gli altri uomini queer non mi consideravano sessualmente appetibile.Un giorno, ho visitato un sito di escort gay e ho iniziato a guardarmi un po' intorno. Non avevo idea di quello che avrei fatto, ma sapevo di dover provare qualcosa di diverso.Ho contattato un paio degli uomini del sito e chiesto loro se erano mai stati con un cliente disabile. Qualcuno mi ha risposto di sì e molti altri mi hanno detto di no. Alla fine ho trovato un escort che mi piace molto – capelli castani, bellissimi occhi azzurri e il petto villoso (il mio punto debole). Gli ho scritto dicendogli che volevo prenotare una sessione. Lui ha accettato. Da allora, ci vediamo a cadenza regolare.La nostra prima sessione è stata caratterizzata dal nervosismo: entrambi cercavamo di capire come approcciare la mia disabilità. Lui non voleva farmi male e, più tardi, mi ha confessato che temeva di non soddisfare le mie aspettative. Io cercavo di fare del mio meglio per rendergli più facili le fasi legate alla disabilità - farmi salire sul letto, sistemarmi nella mia imbracatura speciale mentre gli dicevo come muovermi. Ho passato quella prima notte a temere che mi avrebbe detto che non poteva o che se ne sarebbe andato, come avevano già fatto tanti altri prima di lui.Invece è rimasto, e ormai siamo entrati nella giusta sintonia. Condividiamo i nostri corpi, le nostre vulnerabilità e ci facciamo un sacco di risate. Abbiamo costruito una fiducia che non ho con nessun altro, e che non cambierei con niente al mondo. Mi ha aiutato a riconnettermi con la mia identità di queer e con la disabilità in modi che non riesco nemmeno a descrivere, e gli sono infinitamente grato.Mentre l'avventura in questo mondo andava avanti, continuavo a nascondere le mie nuove esperienze a mia madre e la cosa mi stava uccidendo. Lei ha visto il meglio e il peggio di me – e del mio corpo – e siamo sempre stati sinceri l'uno con l'altro, su tutto. Ma non osavo ammettere che stavo pagando un escort. Una parte di me si vergognava a morte e voleva risparmiarle quella vergogna. Inoltre, non volevo che si preoccupasse che suo figlio – un uomo fisicamente debole – avesse preso una brutta strada né che si chiedesse quali sarebbero state le conseguenze di quella scelta su di me e sul mio futuro. Perciò non le ho raccontato nulla di quello che sto (molto felicemente) facendo... Fino a un paio di settimane fa.È successo un martedì sera; io e mia madre eravamo nel pieno di una delle nostre chiacchierate al telefono. Non ricordo neanche di cosa parlassimo – qualcosa di marginale, comunque – e d'improvviso, ho preso coraggio e l'ho sparata lì: "Sai mamma, sto vedendo un escort." Ero terrorizzato dalla sua reazione, ricordo che mi è mancata l'aria dopo aver pronunciato quelle parole. Ha aspettato circa dieci secondi prima di parlare e, in quel lasso di tempo, ho immaginato tutte le reazioni possibili. Si sarebbe arrabbiata. Mi avrebbe denunciato. Si sarebbe vergognata di me. E poi, dopo quella breve pausa (che mi è sembrata lunga cent'anni), ha detto una cosa che non dimenticherò mai: "Ma è fantastico." Mi sono sentito travolgere da un'ondata di sollievo. Ho fatto un respiro profondo. Quando mi spavento o mi eccito o provo una qualsiasi emozione, i miei muscoli si contraggono (grazie mille, paralisi cerebrale). Ma quel giorno si sono rilassati all'istante e io sono sprofondato sulla mia sedia a rotelle. D'un tratto mi sono sentito libero come non mi era mai successo. Con mia madre potevo essere me stesso in tutto e per tutto: un uomo sulla sedia a rotelle; queer, disabile, un uomo che si rivolge a degli escort per soddisfare le sue esigenze.Raccontare a mia madre di questo aspetto della mia vita mi ha aiutato ad accogliere e celebrare la capacità decisionale che ho sul mio corpo, sul mio tempo e sui miei soldi e mi ha permesso di cambiare il mio punto di vista sull'intimità, sul sesso e sull'amore. Una delle frasi più potenti che mia madre ha detto dopo la nostra chiacchierata è stata: "Andrew, non c'è niente di male nel sesso." È un'affermazione semplice eppure straordinariamente potente quando a farla è una persona che rispetti, che ami e che vuoi rendere orgogliosa. Mi ha detto anche: "Puoi anche solo fare sesso, l'amore non dev'esserci per forza". Dal momento che gran parte del discorso su sesso e disabilità viene collegata all'amore romantico – e al trovare qualcuno che ti ami "oltre la disabilità" – il fatto che mi abbia riconosciuto e sostenuto come un disabile queer che cerca solo sesso, come e quando vuole, è stato incredibile.Ma soprattutto, credo che uscire allo scoperto con mia madre abbia rafforzato il nostro legame. Adesso so che posso confidarle ogni aspetto della mia vita di queer e disabile e questo per me non ha prezzo. Inoltre, adesso possiamo costruire un'amicizia ancora più forte come due individui indipendenti – senza interpretare i rispettivi ruoli di "madre e figlio".Fare coming out non è mai una passeggiata. C'è sempre la minaccia incombente di uscirne ripudiati e feriti e se sei disabile rischi di perdere ancora di più. Ma più condividiamo le nostre storie e raccontiamo le esperienze che viviamo – e il motivo delle nostre decisioni – più sfonderemo le barriere tra le persone che amiamo e il mondo in generale.Purtroppo, nel 2019, rivolgersi a un professionista del sesso è ancora oggetto di stigmatizzazione nella nostra società, ma le cose non dovrebbero andare così. Ciò che succede tra due adulti consenzienti dovrebbe esser affar loro e basta. Permette a persone come me – un disabile queer con un sano appetito sessuale – di godere del proprio corpo e della propria sessualità in modi che ti fanno sentire forte, sexy, importante, aspetti che in genere non associamo alla disabilità.Sono fortunato ad avere una madre che mi accetta per come sono. So che non tutti hanno questa fortuna ma, forse, condividendo la mia storia e rivelando chi sono, avrò dato a qualcun altro il coraggio di parlare con i suoi cari e di essere più aperto.Se ci sono riuscito io, vuol dire che ne vale la pena!
L'interessantissima stazione radiofonica radio24 racconta nella trasmissione a ruota libera passione in movimento ( a cui rimando qui per il file audio intervista ) ha racontato l'iniziativa del Il musicista Sebastiano Dessanay. Egli è un compositore, contrabbassista e professore di musica residente a Birmingham (Regno Unito).Originario della Sardegna Dessanay da ottobre 2018 sta portando avanti l'iniziativa 377 giorni per 377 comuni. Un viaggio in bicicletta alla riscoperta di tutti i 377 comuni dell'isola che sta compiendo il musicista sardo Sebastiano Dessanay accompagnato dal suo ukulele e che darà vita a un progetto multimediale. E poi racconta de il Cammino 100 Torri un percorso che si snoda per 1284 chilometri, 105 torri, 88 comuni e 450 chilometri di spiagge lungo il perimetro dell'isola tra dune, chiese, fari e luoghi incantevoli. Un cammino percorribile a piedi e a cavallo oltre che in bicicletta. Ne parliamo con Nicola Melis presidente dell'associazione 100 torri. E infine proprio in Sardegna nascerà tra poco la prima pista ciclopedonale solare di Italia in grado di produrre energia elettrica dai pannelli fotovoltaici incorporati lungo il percorso. "Una modalità con cui si può mettere a reddito una strada ciclabile" come spiega Massimiliano Braghin, presidente di InfinityHub .
bicicletta, attraverserò la Sardegna: 377 paesi (tutti i comuni dell’isola) in 377 giorni. Non importa quanto vicine o lontane possano essere le mie tappe. Ogni giorno lo dedicherò a un comune (e al suo territorio).
Il viaggio del progetto 377 partirà da Nuoro, luogo di origine dei miei antenati, a ottobre 2018, e si concluderà a Cagliari, mio luogo di nascita, nel 2019.Alla fine di tutto, oltre alle memorie custodite nel blog, comporrò insieme i frammenti musicali quotidiani in un disco dedicato alla Sardegna che ho visitato e che mi ha ispirato.”
Vedendo ieri sera Raffaella Carrà che intervistava Riccardo Muti mi chiedo : Ma gli intellettuali ed artisti italiani non conformi al sistema anziché emigrare o andare a ricoprire incarichi all'estero farebbero meglio a lottare 🤼in Italia anziché esportare la cultura italiana all'estero e farcela clonare contro : i muri di gomma, i mulini a vento , burocrazia , analfabeti se mi culturale ,ed altri vizi italiani ?
Dopo questa elucubrazione mentale , me n'è venuta , dopo la vittoria della La Dinamo ( squadra di basket sarda ) che ha conquistato l'accesso alla sua prima finale europea ed entra nella storia.
Infatti Meno male che ci sono la dinamo Sassari (basket ) il vino anzi i vini ( visti i premi nazionali ed internazionali ricevuti dalla sardegna in ambito vinicolo ), e le birre artigianali sarde che ci tirano su contro questi cialtroni che sono da sue mesi dalla vittoria alle regionali che non riescono a fare una giunta . E i problemi della continuità dei trasporti con la penisola s'aggravano